Tumgik
#la parte pratica non la farò mai
omarfor-orchestra · 1 year
Text
Ho impulsivamente comprato un corso online di costume design per il cinema e le serie TV tenuto da due costumisti spagnoli che richiede anche una parte pratica? Maybe
5 notes · View notes
ideeperscrittori · 3 months
Text
HO UN LINFOMA E FARÒ DEL MIO PEGGIO
Fra un mese compio 51 anni e pochi giorni fa ho scoperto di avere un Linfoma Non Hodgkin. È una patologia abbastanza aggressiva ma è stata presa in tempo. Ed è ben curabile, perché la scienza sta facendo passi da gigante nella cura dei linfomi.
Vivo a pochi passi di distanza da un ospedale all'avanguardia che mi ha preso in carico. Sotto molti aspetti, sono davvero fortunato e privilegiato rispetto a molte persone.
Quale sarà il mio atteggiamento di fronte alla malattia? Mi conosco bene e posso prevederlo, perché c'è una parola che lo definisce con precisione. È una parola significativa, addirittura emblematica, che riguarda il mio tasso di maschitudine alfa. Come potete intuire, non mi riferisco a "guerriero", quindi le metafore belliche possiamo tranquillamente metterle da parte.
La parola misteriosa è "mammoletta". Sì, sarò una mammoletta. Questo vuol dire che non vi darò lezioni filosofiche. Non diventerò un maestro di vita pronto a snocciolare grandi verità come "quello che non ci uccide ci rende più forti", "le sofferenze fanno parte dell'esistenza", "l'importante è apprezzare le piccole cose".
Sarò una mammoletta perché lo sono sempre stato, per esempio quando ho scoperto di avere una massa all'inguine. Era un rigonfiamento, duro come un sasso, grande come una pallina oblunga. La mia reazione? Due settimane senza far nulla. Mi sono detto: "Magari passa. Vuoi vedere che fra qualche giorno non ci sarà più? Non ho voglia di affrontare visite ed esami per un falso allarme. Odio gli ospedali".
Questo mio atteggiamento nasce anche da un'idea completamente sbagliata e irrazionale: la paura che gli esami possano creare malattie dal nulla. In pratica una zona oscura del mio cervello ragiona (si fa per dire) più o meno così: sei perfettamente sano, fai l'esame e ti trovano qualcosa. Lo so, non c'è niente di logico in questa convinzione, ma la mia mente non è mai stata fatta di pura logica.
Per quasi due settimane ho cercato di non pensarci anche perché ero in preda all'imbarazzo. Tra tutti i posti, proprio all'inguine doveva capitarmi? Ma la massa non ha dato cenni di sparizione e alla fine mi sono attivato.
Ho riscritto cinquanta volte il messaggio su WhatsApp prima di inviarlo alla mia dottoressa per fissare una visita, perché ogni volta il testo mi sembrava una molestia sessuale: "Buona sera, dottoressa, ho questa massa dura all'inguine e vorrei chiederle un appuntamento per mostrargliela". "Buona sera, dottoressa, ho un rigonfiamento...". Dopo un numero incalcolabile di tentativi, ho trovato le parole giuste e ho scritto un messaggio asettico, inequivocabilmente sanitario, con un perfetto stile burocratico ospedaliero.
Sono stato una mammoletta nei tre mesi e mezzo necessari per giungere alla diagnosi.
Sono stato una mammoletta nel giorno della TAC con mezzo di contrasto. Quella mattina sono giunto all'ospedale in autobus, dopo una notte insonne. Alla fermata ho controllato la cartella che conteneva i documenti. C'erano referti di ecografie, pareri medici e soprattutto l'impegnativa da presentare per svolgere l'esame. Ho controllato perché sono una persona molto precisa, di quelle che tornano indietro mille volte per verificare di aver chiuso il gas. "Non manca nulla", mi sono detto. Ho rimesso i documenti nella borsa. Ho raccolto le forze, mi sono alzato dalla panchina e ho raggiunto l'accettazione dell'ospedale. Senza la borsa. Vi lascio immaginare questa sequenza di eventi: imprecazione, insulti molto pesanti rivolti contro me stesso, corsa a perdifiato verso la fermata. La borsa era ancora lì. Nessuno me l'aveva fregata.
Per fortuna scelgo solo borse brutte.
Sono stato una mammoletta in occasione della PET, che ha rispettato un copione simile a quello della TAC. Venivo da una notte insonne e non ero in grado di comprendere istruzioni elementari, perché la mia intelligenza svanisce quando affronto esami medici. Mi chiedevano di porgere il braccio sinistro e porgevo il destro. Mi chiedevano il nome e recitavo il codice fiscale.
Sono stato una mammoletta quando mi hanno comunicato il risultato della biopsia. Per un considerevole lasso di tempo non ci ho capito nulla. La mia coscienza era come una trasmittente che passava una musica di pianoforte triste sentita mille volte in TV: quella che certi telegiornali usano per le notizie strappalacrime.
Ora guardo al futuro e la mia ambizione non ha limiti: raggiungerò nuove vette nel campo del mammolettismo. So di essere fortunato per molti motivi: l'ematologo, un tipo simpatico, mi ha rassicurato. Le terapie esistono e sono molto efficaci.
Ma mi lamenterò tantissimo, perché non voglio correre il rischio di essere considerato una persona ammirevole da qualcuno. Non lo ero, non lo sono e non lo sarò mai. Rivendico il diritto di essere fragile e fifone. Lasciatemi libero di essere una mammoletta. Per citare un motto di Anarchik, il mio piano è questo: farò del mio peggio.
[L'Ideota]
127 notes · View notes
ross-nekochan · 1 month
Text
Ieri è stato il mio primo giorno in smartworking in questa azienda. Fortunatamente tutto è andato bene e siamo riusciti a connetterci alla intranet aziendale come previsto. Meno piacevole è stato il controllo assillante dei superiori: dal 2 Agosto per adeguarci al resto del mondo, hanno cambiato il sistema telefonico - non più il normale telefono, ma un software che guida chi telefona a chiamare il dipartimento giusto e fa girare le chiamate inbound automaticamente. Peccato che non funziona per niente come una telefonata normale e tu non hai nemmeno il diritto di accettare la telefonata; ad un certo punto senti "tu-tu" e sei direttamente al telefono con qualcuno dall'altra parte. A parte questo, ieri poiché tutto l'ufficio era in smart e poiché si vede che qualche chiamata è andata persa per qualche motivo (riescono a controllare pure questo), ci hanno buttato tutti in un gruppo su Teams e ogni volta che qualcuno si metteva "off" per troppo tempo, veniva taggato e ripreso chiedendosi di rimettersi in "disponibile". Alla fine si è capito che si cambiava lo stato dal semplice "off" a tipo "in pausa pranzo" o "in pausa" non venivi taggato e che il problema maggiore era mettersi su "off" (che non è off ma non so come tradurlo - è tipo "in preparazione").
A proposito di questo, non avete idea di quante lamentele ci sono stata e ci sono (ancora) su sto nuovo sistema di gestione delle telefonate. Tutti hanno l'idea dei giapponesi che non si lamentano mai, sono sempre composti ecc... o cazz. Questi si lamentano h24 su delle stronzate colossali, tipo ieri la mia tutor fa:"Quindi a pranzo devi mettere 'in pausa pranzo', quando vai al bagno 'in pausa'... che palle ogni volta dover mettere uno stato diverso".... aoh?!?!? Ma veramente fai?!? Vabbè che ancora non l'ho inquadrata lei come tipo e non so se e quanto sia 'falsa'... so solo che nun fa nu cazz ed è quella che lavora di meno di tutti. Ieri fa pure:"Grazie a Rossella e a Mochizuki le mail non aperte si sono ridotte tantissimo"... e grazie o cazz e tu che cazz e combinat? Boh, però a quanto pare fa pure gli straordinari quindi non so e non capisco (non ancora, almeno).
Alla fine il tifone di grado 7 di ieri non è stata poi chissà che cosa pericolosamente sensazionale: solo pioggia, pioggia, pioggia tutto il giorno e vento abbastanza forte. Come sempre in questo paese: tanto rumore per nulla. Ma capisco che è meglio prevenire che curare.
Alla fine tra le feste e il tifone questa settimana mi sono svegliata alle 6:40 solo giovedì ed è stata praticamente una settimana intera di dormite bellissime e rigeneranti. Come farò dal prossimo lunedì a vivere di nuovo con i soliti ritmi, non lo so. A cui aggiungiamo pure il caldo assassino che sta facendo (temperature percepite fino a 44°C e umidità sempre su 70/80%) - in pratica ci si scioglie, letteralmente.
Ultimamente sono veramente in dubbio se trasferirmi oppure no. Più che altro perché, dopo che il periodo di prova sarà finito, potendo utilizzare lo smarworking ogni tanto e l'orario flessibile non so se il tutto potrà diventare più vivibile. Ci penserò ancora, anche perché sta cosa delle spese iniziali esorbitanti prima di entrare in una casa nuova non mi vanno troppo giù (cioè in Europa sta cosa non mi pare si faccia manco per il cazzo... non parliamo delle spese per arredarla perché già solo per letto frigorifero lavatrice fornelli e microonde chissà quanto se ne va).
Detto ciò ho ricominciato a leggere un po'. Ridendo e scherzando, sono passati mesi su mesi dall'ultima volta e questa cosa mi mette una depressione assurda, oltre alla rabbia, perché fino a che sono arrivata qui un anno fa avevo preso la bella abitudine di leggere qualche pagina prima di dormire e invece adesso non faccio che perdere ore del mio tempo su quella piattaforma del demonio che è IG. Già il lavoro che occupa tutte le mie giornate mi fa sentire 'spenta' intellettualmente, se perdo quel poco di tempo che mi rimane col telefono in mano, la cosa non può che peggiorare. Ma il fatto è che per me la lettura è un momento molto intimo e non riesco per esempio a leggere nel treno come fanno alcuni giapponesi, mi da proprio fastidio essere circondata dalle persone mentre leggo, preferisco ascoltare musica o non fare niente. Invece loro non riescono proprio a stare sui mezzi senza fare niente per cui il 90% di loro si schiaffa letteralmente il telefono in faccia e guardano di tutto: la TV, gli anime, i drama oppure giocano ai giochi di ruolo, ai pokèmon... se li osservi sembrano tutti una massa di lotobotizzati. Non sanno vivere senza telefono e mi domando quanto sia il loro "screen time", io quando arrivo fino a 5h mi bestemmio e quando quelle poche volte nel weekend sono arrivata a 8h mi è venuto il mal di testa.
Tutto sto preambolo perché volevo dire che sto leggendo Byung-Chul Han e che le sue citazioni di Foucault e Heidegger mi sta facendo troppo venire in mente i tempi dell'università quando i loro concetti erano all'ordine del giorno... che bello che era dover usare il cervello tutti i giorni e studiare cose nuove.
Ci dicono dall'infanzia che quando saremo grandi e avremo un lavoro, saremo liberi di fare quello che vogliamo. Col cazzo, è l'esatto contrario: sarai forzato a chiuderti in uno spazio a spendere il tuo tempo facendo cavolate come fossi schiavo del nulla, anzi schiavo dei soldi che ti vengono addebitati e che ti fanno credere di essere libero.
Anche se mi sembrava insopportabile, avrei dovuto sfruttare di più il mio periodo di disoccupazione... ci si lamenta che si esce di casa sempre più tardi ma fossi io incoraggerei a non lasciare casa finché non muore chi ti mantiene, altroché. Prima o poi morirà chiunque e rimarrai solo, quindi dovrai lavorare per forza quindi perché non sfruttare chi ti ha messo al mondo fino alla fine? E se non gli sta bene mandateli a fanculo. Nessuno ha chiesto a nessuno di mettere al mondo altra gente e se pensavano di farlo perché così 'durante la vecchiaia non rimaniamo da soli' la prossima volta si fanno due conti in tasca prima di pensare a sfornare badanti a gratis. Certe volte più che ai sugardaddy penso che fare la badante a qualche coppia di vecchietti (non troppo burberi) possa essere una valida alternativa a sta vita d'ufficio di merda... e non sto scherzando.
11 notes · View notes
gone-with-the-syn · 10 months
Text
Sono lì che ci ripenso...e mi sembra che io non sia invecchiata di un giorno.
Certi amori possono scavare in profondità che senti ti cambino per sempre.
Eppure qualcosa di te ancora brilla in questa preziosa miniera scintillante.
La tua armatura, che dinnanzi a me indossi di nuovo,
ed io che vi bacio gli angoli, quelli che tu definisci ''spigolosi''.
Poi proverei a sollevarti il morale, tenterei di farti ridere.
Ti salterei in braccio presa da una confusa gioia ed esclamerei; ''portami fino a li'''
e tu lo faresti. Berremmo acqua da un ruscello incantato e ci guarderemmo negli occhi, ci accorgeremmo allora che siamo ancora gli stessi, e che esiste ancora una possibilità.
''Baciami finché le labbra son ancora rosee''
finché siamo ancora giovani, finché troviamo un angolo di forza o un briciolo di motivazione a scriverci.
Ti vorrei dire tutto su quello che significa per me, vivere senza di te.
Ed ogni volta la scelta sarà la stessa: lascerò puntualmente andare.
I sassolini che lanceremo sopra lo stagno faranno dei rimbalzi, tre, quattro, e i nostri desideri si mischieranno nelle notti più insonni.
Cos'é un desiderio, questa tenacia, questa esasperazione.
E quella voglia di correrti incontro e dirti che non è finita, non finirà mai. E tu mi darai un buffetto sulla spalla, farai un sospiro.
Mi sorriderai.
Ci sorrideremo come se non avessimo mai pianto.
Ti prenderò la mano e scuoterò la testa. Della neve mi cadrà dai capelli e ti toccherà i dorsi.
Avrai un brivido, ed avrai paura. Io avrò la stessa paura tua, spererò nel sole, nell'estate. Ci scioglieremo in un granello di malinconia.
E quella sigaretta che lanciai in mezzo alla pioggia: ''poverina, è tutta sola'' somiglierà al mio vano tentativo, di salvare un po' la tua salute, dimenticando la mia innumerevoli volte, aprendo le tende ad ogni visita illusoria in cui la tua anima bussava ai cancelli del nostro amore inconsumato per chiedere forse solo una carezza, magari niente, non una cosa in più, ed io avrei voluto sapertela dare.
Ti sistemerò la cravatta, mi lascerai le chiavi sulla scrivania, ti dimenticherai di segnare i giorni sul calendario. Ti scriverò una lettera piena di sentimenti che non leggerai, metterai della legna nel caminetto ad ardere, la farò sfumare al suo interno senza dirtelo. Penserai che il mio amore sia stato solo un illusione, ti scalderò con una coperta al mattino gelido prima di andare via. Guarderò l'orologio e sistemerò il tuo, le lancette sembravano essersi fermate.
I fiori sul davanzale della tua finestra profumeranno tutta la casa, saranno più vivi che mai. Prenderai alcune bollette tra le mani, detesterai l'ordinario.
Ma la vita è una cosa pratica, dirai sbucciando un frutto amaro, ogni pezzo che con l'unghia scavi via, sarà parte di una tristezza che senza guardare, distrattamente, avrai messo da parte.
Ed io danzerò, danzerò sull'asprezza. Danzerò sul non detto, danzerò per quella mia fiamma sempre scintillante come la tua armatura, danzerò sulle volte in cui non volevamo più saperne di avere a che fare l'uno con l'altra. Danzerò su quella volta che ti ho detto ad occhi lucidi e con voce rotta che ti amavo, e tu mi hai baciata.
I miei capelli si solleveranno in aria in un frame di pochi millisecondi dove avrò dimenticato per tanto poco, di aver annusato il tuo profumo addosso ai miei vestiti, tanti anni fa, e non aver desiderato esperire di meglio.
Soffierò sui miei guanti, ed un respiro di vita immaginata insieme a te lascerà la mia mente e le mie fantasie, per sempre.
Tuttavia il resto della vita arriverà,
Lo accetterò, lo saprò accogliere. Forse non ti saprò più in luogo alcuno.
Forse mi volterò e ti volterai, forse diremo solo... ''ehi''.
Nulla di più semplice, un esclamazione di riconoscimento.
ti scoprirò a credere in un nuovo amore, che forse prima o poi porterai al dito,
ed in quel momento finalmente saprò, che sarà possibile anche per me ricominciare, metterci di nuovo tanto impegno. Ti darò una pacca sulla spalla e sarò Felice per te con tutto il cuore, perché è questo che l'amore fa, dipinge sul volto gli stessi sentimenti di una persona cara.
Non c'é più possesso, oramai, non so amare che così, ed è solo così che voglio amare.
Forse è proprio questo che accade, quando il dolore scava tanto affondo. Si trovano pietre rare e preziose, ed allo specchio, ti senti etereo, ti pervade una cura miracolosa, che somiglia alla luce dell'alba, la quale sveglia ed irradia i pochi presenti.
#addiomapertuttalavita
1 note · View note
aritravel · 9 months
Text
Una volta sono rimasta chiusa in aereo. Lo so, le persone normalmente rimangono chiuse in ascensore. Io no: in aereo. 
È successo ormai diversi anni fa, al ritorno da una vacanza. Non è importante quale fosse la destinazione, e non lo dico come frase motivazionale: non è realmente importante ai fini del racconto. 
Io e altri trenta passeggeri eravamo seduti ai nostri posti (il mio era centrale, affianco al finestrino per puro caso) in attesa delle istruzioni degli steward e delle hostess, con la cintura già allacciata e i vari dispositivi messi in modalità aereo. Io ero rilassata e attrezzata con la mia serie scaricata sul cellulare da guardare durante il volo, un libro di supporto nel caso mi fossi stancata di guardare lo schermo, la mascherina per gli occhi se mi fosse venuto sonno.
Stavo tornando a casa dopo una di quelle vacanze che tutto sono meno che… vacanze! 20.000 passi al giorno di media, quasi tutta la giornata fuori casa. Una vacanza per cui serve una vacanza, in pratica.
Ad un certo punto si sparge la voce che non saremmo partiti prima di 30/45 minuti.  A me personalmente viene riferita dalla mia vicina di sedile a cui faccio spallucce e dico: “Nel frattempo inizio a guardare la mia serie, se sai altro aggiornami per favore”. Annuisce e io metto le cuffie e inizio a guardare. Ai titoli di coda tolgo le cuffie per capire se ci siano novità circa la partenza, ma ancora nulla. 
Io e la mia vicina iniziamo a familiarizzare. Siamo più o meno coetanee e ci raccontiamo del viaggio, dei posti visitati e, da buone italiane in territorio straniero, scherziamo sulle cose che ci sono mancate del nostro Paese in questi pochi giorni… soprattutto il cibo, naturalmente! 
Poi, quando le chiacchiere si sono esaurite da un po’, le chiedo di farmi passare per sgranchirmi le gambe. Passeggio nel corridoio dell’aereo e scambio qualche parola con la gente, quasi tutti italiani tra l’altro. La voce è unanime: siamo seccati dalla situazione. Ormai è passata un’ora e mezza e di decollare pare non se ne parli affatto. Il motivo sembrerebbe essere il maltempo, ma non capiamo perché non ci facciano almeno uscire fuori. Siamo stipati in questa scatola con le ali senza poter uscire a prendere una boccata d’aria: una situazione abbastanza alienante. Mi risiedo e provo a leggere. Quando risorgo dalla lettura, guardo l’orario e mi accorgo che sono passate quasi tre ore. “Incredibile!”, penso. La mia vicina non c’è, credo anche lei abbia deciso di sgranchirsi le gambe. 
Mi alzo anche io e vado verso il fondo dell’aereo, dove ci sono i bagni. Mentre cammino incrocio lo sguardo stanco di un signore anziano. Mi sorride e io ricambio, in qualche modo sono portata a fermarmi. In un inglese stentato mi dice che sente molta agitazione in quell’aereo. Annuisco e gli dico che in effetti siamo tutti agitati… qualche turista vuole iniziare la sua vacanza, qualcun altro come me vuole solo tornare a casa. Allora lui sorride e mi dice che quello è il suo primo volo: sta andando a trovare i figli, emigrati in Italia da ormai vent’anni, che non vede mai se non quando loro tornano a casa. Sua moglie è morta da qualche mese e lui si è deciso a superare la paura di volare che li accomunava, prima di raggiungerla. Quel disguido non lo fa demordere, anzi, crede gli dia coraggio. 
Ho come un’epifania e sento che quell’attesa serve a qualcosa: è fatta per questo simpatico vecchietto che non parla una parola d’italiano e vuole volare per la prima volta. E se un signore che sembra così saggio la pensa così, forse un fondo di verità c’è.
Perché vi ho raccontato questa storia? Non ne ho idea. Mi piaceva il pensiero di condividere un minuscolo spaccato di un mio viaggio con voi. In realtà non vi ho detto assolutamente nulla di quel viaggio, magari lo farò un’altra volta, ma vi ho anche detto tutto… la parte più importante.
0 notes
gcorvetti · 2 years
Text
Ed è finito.
Anche quest'anno come tutti gli altri sta per finire, cosa ho in serbo in questo post, niente, lo faccio in italiano come sempre, battutone.
In questi mesi sono cambiate alcune cose, come di solito capita quando si prova a fare qualcosa e attorno a te cambia tutto, in primis il gruppetto (oramai ridotto a 3 elementi compreso me) si è definitivamente sciolto, vuoi per gli impegni, vuoi per la differenza di visione che è cambiata in me, fatto sta che non li sento più, l'ultima volta ho chiesto se erano vivi uno ha risposto 'più o meno', l'altro mi ha fatto capire che loro si divertono come sempre anche senza di me, confermandomi che hanno una chat alternativa a quella dove scrivo io. Come dice Doc Spock :"Mandali a fanculo, diglielo, cazzo te ne frega", è vero caro amico, sarebbe da dirglielo ma vorrei farlo in gran stile in modo che loro capiscano che sono dei cazzoni e hanno perso una persona valida, questo sempre se gli interessa cosa che non credo proprio. Chiusa sta porta.
Dal primo del mese ho iniziato un corso di marketing, a che mi serve? Partendo che l'aspettativa per il corso era grande e invece alla fine non è altro che un'accozzaglia di informazioni buttate li in video che non spiegano niente se non una massa di concetti validissimi per carità, anzi preciso che sto imparando molte cose, ma il corso è fatto male (stringendo), non ti spiega niente, ti danno dei file (fogli di calcolo già compilati, PDF e word) dove devi inserire i dati per la maggior parte dei casi e da li crei la tua campagna marketing, si ok, li ho anche capiti i file, ma spiegarli sarebbe stato il massimo, invece di dare solo delle informazioni random su concetti e prassi da usare. Va bè finisce il 29 con un esame che onestamente non frega un cavolo di superare, anche perché il corso è pagato dal fondo di disoccupazione e quindi mi daranno sto foglio di carta che metterò nel cassetto insieme agli altri. Allora perché lo sto facendo? Un mese fa circa pensavo fosse una cosa indispensabile per l'andamento del mio business della stampa 3D, sicuramente una volta finito e messo in pratica quello che ho imparato qualcosa la riesco a tirare fuori, che poi il tutto si riduce in denaro, si l'idea è cercare di vendere le stampe 3D per sbarcare il lunario, come dico sempre da una vita 'non voglio diventare ricco, ma vivere decentemente'. Questa è un'idea che ho da qualche anno, quella di diventare indipendente da un lavoro tradizionale e crearmene uno che mi calzi a pennello. Farò un resoconto del corso alla fine.
In tutto questo si avvicina il natale, che chi mi ha letto in passato sa che odio profondamente, la fine dell'anno la festa più inutile che l'umanità abbia mai concepito, dopo il ferragosto naturalmente, sfido chiunque a dirmi quanti fine d'anno belli ha passato, io forse uno in diciamo 40 anni perché quando sei piccolo non credo che hai il concetto di fine d'anno, forse del natale perché ti becchi i regali.
La musica, questo mega tasto dolente, diciamo che la tendinite e il tunnel carpale sono quasi un ricordo, ho ancora qualche dolorino e problema ma ho già fatto alcune sessioni di chitarra, giusto un'ora, e devo dire che fra un pò sarà totalmente riabilitato a suonare, diciamo che dopo il corso e con l'anno nuovo mi ritaglierò un orario e mi rimetterò in carreggiata. Ora come ora non so con quale dei progetti che ho in cantiere inizierò questo nuovo segmento musicale della mia vita, l'ennesimo, forse il più difficile per via del posto, della gente ecc ecc, ma di sicuro quello che voglio di più, suonare. A tale proposito ieri ero andato a letto presto, perché nella mia mente volevo svegliarmi presto e fare più cose, sto corso mi ruba dalle 2 alle 4 ore al giorno non poco, ma invece mi sono messo a letto e non sono riuscito a prendere sonno se non alle 4 più o meno, quindi oggi niente sveglia presto. Ho pensato a quella frase della consulente per le idee imprenditoriali, no non quella che diceva direttamente cambia articolo questo non lo venderai credimi non otterrai nessun prestito ecc ecc, solita gente del cazzo che non fa altro che essere negativa nei confronti degli altri solo perché ha una vita di merda e deve rendere una merda anche quella del prossimo, va bè lasciamo perdere sto aspetto degli estoni che sono un popolo retrograde; la frase era :"Se dovessi fare una cosa sola, cosa faresti?" Questa notte mi sono interrogato su questa cosa, nel colloquio ci pensai un pò e risposi musica, perché è la mia specializzazione, ma dovrei cambiare posto, come quella storiella dell'acqua che costa di più a seconda del posto dove la vendono penso che non sono nel posto giusto e non riesco a valorizzarmi come dovrei. Non è la solita scusa, ho provato e ho tastato il terreno con le mie mani, questo paese non è un paese per artisti, si ci sono gli artisti se quelli che fanno il minimo del minimo si possono chiamare artisti, se quelli che non escono dalla loro confort zone si possono chiamare artisti, nonostante non mi interessi molto quello che fanno gli altri, lo trovo solo intrattenimento che è il minimo (come fanno loro), ma penso che in questo paese non ci sia ne la cultura ne la mentalità adatta a supportare gli artisti che fanno qualcosa di nuovo o di inedito. Detto questo e per concludere, invece di continuare a scrivere le stesse cose su quasi tutti i post tanto non penso che le cose cambiano, e, restando positivo (che è dire tutto e niente per me) vado avanti con le mie idee, che siano valide o no, che mi portino qualcosa o meno, ma sono idee mie e le coltivo in questo posto congelato.
0 notes
yescarlatommasone · 2 years
Text
Tumblr media
I voli dei sogni di Carla Tommasone
"Gentile Signora Bessy,
Sto elaborando questa lettera ben sapendo che non la spedirò. Non ho mai scritto a un giornale, anzi non ho mai scritto per nulla, neanche a un amico o a un familiare e dubito che lo farò adesso. Non credo in questa forma di comunicazione benché, per la prima volta e con sorpresa, per un caso fortuito, ho letto, apprezzato e condiviso, una risposta da Lei fornita attraverso le pagine del giornale. Mi riferisco alla lettera di “Giulio 55”, pubblicata su Klondike lo scorso 20 settembre. Le sue gentili, comprensive parole di risposta mi hanno indotto a credere che Lei sia una persona sensibile e interessata, disponibile e comprensiva, eppure, decisa pratica e concreta, una persona con la quale mi piacerebbe molto colloquiare, o meglio, confidarmi, sperando solo in un po’ di attenzione da parte sua. Ed è appunto questo il motivo per cui mi sto rivolgendo a Lei, solamente per parlarle di me. Mi rendo perfettamente conto che non può certo risolvere i miei problemi, né mi sognerei di chiederle le risposte che necessitano, perché volenti o nolenti ognuno di noi è responsabile delle proprie azioni e deve agire solo in base alle proprie convinzioni per poter poi accettare serenamente le conseguenze delle proprie scelte, e già così, diventa difficile non recriminare. Ed è questo che mi impegno sempre a osservare; non compiangersi né lamentarsi! Quel che è stato è stato e nulla può più cambiare ciò che è avvenuto nel passato e bisogna guardare avanti, al futuro, cercando di elaborare nuovi progetti per assicurarsi un domani migliore del passato.
Eppure, oggi sono giunto a un punto della mia vita in cui è tutto confuso ed è oltremodo difficile non recriminare. Sono perfettamente consapevole di aver sbagliato e di continuare a persistere nei miei errori e a questo punto dovrei solo trovare il coraggio per dare un taglio netto a tutto! Rammento a me stesso, risoluto, che se trovassi questo dannato coraggio, questa audace spinta, potrei reimpostare la mia vita e forse, avrei anch’io come tanti, la possibilità di essere ... felice. Ecco ciò che proprio non sono purtroppo, un uomo felice e soddisfatto della propria squallida vita.
E mi domando perché devo accettare questa condizione che cadenza la mia esistenza. Solo per non sconvolgere gli equilibri che regolano adesso la mia misera quotidianità e quella di coloro che mi circondano? Ed è giusto? Oppure ho il dovere di oppormi? Posso rifiutare questa catarsi e scuotere un po’ di animi provocando qualche catastrofe?
Non tema Bessy, sono domande alle quali riuscirò a fornire le risposte, però sentivo proprio il bisogno di esporre i miei pensieri a qualcuno che ...
La lettera s’interrompeva là. "
Da I voli dei sogni di Carla Tommasone https://www.amazon.it/VOLI.../dp/B00FC50TIG/ref=sr_1_1...
0 notes
Text
MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi - MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco Oro
New Post has been published on https://trucchigiochigratuiti.com/mlb-tap-sports-baseball-2021-trucchi/
MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi - MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco Oro
MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi – MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco Oro Gratuite
Puoi divertirti così tanto con questo nuovo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi e noterai che questa è la scelta migliore che potresti fare. Nella guida che abbiamo scritto vogliamo condividere con voi alcune cose importanti per quanto riguarda il gioco e poi il MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco. Se vi capita di conoscere già il gioco, allora sentitevi liberi di saltare direttamente alla seconda parte di questa guida. Continuate a leggere per vedere come funziona questo strumento.
youtube
Informazioni su MLB Tap Sports Baseball 2021 Questo è un nuovo gioco di baseball MLB che vuole catturare la tua completa attenzione e cambiare il tuo umore per l’intero periodo in cui stai giocando. È il momento di colpire fuori dal parco e poi continuare il tuo viaggio nella dinastia MLB insieme ai migliori giocatori di baseball che ci siano. Dimostra che puoi creare subito una squadra da sogno e viaggia con loro in autentici ball park in tutto il mondo. Vedrete che sarete in grado di giocare nove inning di intensa azione sportiva e anche di portare la vostra squadra in cima se siete davvero bravi a formare una strategia incredibile. Vedrete come è facile colpire un home run, semplicemente imparando i controlli e toccando di conseguenza. C’è una grande varietà di nuove caratteristiche aggiunte al gameplay e tutte loro renderanno sicuramente questo gioco più interessante. Per esempio, c’è l’evento Club Rally incluso dove noterete che potete ottenere enormi ricompense se lavorate in modo efficiente con il vostro club. C’è anche una nuova modalità, il lancio dove si può lanciare il calore per la prima volta nella storia di TSB. È la tua occasione per vedere se puoi lanciare l’inning perfetto o se hai bisogno di più pratica. Ci sono stagioni di classifica mondiale che troverete sicuramente molto eccitanti e dove potrete affermare il vostro dominio per vincere ogni singola ricompensa disponibile. Godetevi l’esperienza di gioco completa e ottenete quel livello di divertimento che sapete di meritare con l’aiuto del nostro strumento. Come usare MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi? Questo nuovo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi sta per offrire tutto l’oro di cui hai bisogno in pochi istanti. Le caratteristiche che questo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco ha incluso ti lasceranno stupito e sicuramente vorrai tornare ad esso in futuro. Per godere di un’esperienza di gioco più complessa vi sarà richiesto di ottenere queste caratteristiche in modo da diventare inarrestabili. Non avrete alcun tipo di problema con questo perché il nostro team ha lavorato molto duramente per farvi avere il pacchetto perfetto di caratteristiche integrate in esso. Vi assicuriamo che se volete diventare una versione migliore di voi come giocatore dovete provare MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi. Vi garantiamo che non avrete alcun rimpianto in seguito, perché avrete il giusto supporto. Un altro fattore decisivo quando si tratta di questo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi è la protezione. La maggior parte degli strumenti che troverete online non hanno questa caratteristica inclusa, l’Anti-Ban Feature che tiene nascosti i vostri dati privati e personali. In questo modo rimarrete protetti mentre raggiungete il successo come giocatore. Questo strumento funzionerà anche su qualsiasi dispositivo che possiedi. MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi può essere utilizzato sia su dispositivi iOS che Android senza alcuna restrizione. Basta scegliere quello che preferite di più e dopo aver inserito i vostri dati lasciate semplicemente che le caratteristiche fluiscano nel vostro gioco. Dobbiamo anche condividere con voi un’altra grande cosa che vi piacerà molto. Questo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucco è un generatore online quindi non c’è bisogno di scaricare nulla da noi. Non dovrete aspettare minuti, ci vorranno solo pochi secondi del vostro tempo prezioso per raggiungere le caratteristiche incorporate. Questo può essere utilizzato gratuitamente, dato che abbiamo deciso che, considerando i tempi che corrono, non hai bisogno di essere derubato da nessuno più soldi. Lasciateci cambiare le cose per voi più di quanto qualsiasi altra app o acquisto in-app abbia mai fatto. Raggiungete gli obiettivi che sicuramente avete come giocatore di questo gioco e ringraziateci dopo. Apprezzeremmo molto se tu potessi condividere questo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi con tutti i tuoi amici.
Qualche parola sul MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi
Ciao giocatori! Di fronte a voi c’è il miglior generatore di MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi che potete trovare online in questo momento! Finalmente possiamo presentarvi con orgoglio questo fantastico strumento generatore che può aiutarvi a ottenere molti Oro gratuite. So che questo suona ridicolo ma dopo tante ore di sviluppo di questo strumento di lavoro finalmente siamo in grado di godere in questo trucchi per MLB Tap Sports Baseball 2021! Premete il pulsante qui sotto e sarete reindirizzati alla pagina degli imbrogli. Seguire i passi sulla pagina del generatore o leggere tutto il post del blog sottomano per scoprire come hackerare MLB Tap Sports Baseball 2021 e ottenere Oro!
Come utilizzare MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi
Se state ancora leggendo, allora volete avere qualche informazione veloce su come usare questo trucchi, quindi cercherò di descrivere il vostro processo in poche parole. Non è mai stato così facile ottenerne Oro. Questo processo è così semplice che anche un bambino di cinque anni può completare interi passi in pochi minuti e ora vi farò sapere come fare. Il primo passo è già stato fatto. Sei finalmente sul sito migliore per MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi e ora puoi semplicemente rilassarti e divertirti, perché è davvero difficile trovare strumenti di hacking di lavoro al giorno d’oggi! Dopo aver premuto il pulsante ‘Accedi Trucchi’ verrai reindirizzato a questa pagina dove avrai il tuo MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi. Una volta cliccato il pulsante troverai la pagina del generatore e la prima cosa da fare è collegare il tuo account di gioco al generatore. Aspetta un paio di momenti che il generatore colleghi il tuo account. Assicurati di lasciare l’email/nome utente dell’account a destra e seleziona il tuo dispositivo! MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi è il modo migliore per ottenere Oro gratuitamente. Tutto quello che devi fare è usare il generatore collegato qui sotto. E’ molto semplice – devi digitare il tuo nome utente MLB Tap Sports Baseball 2021, scegliere quanti Oro gratuiti vuoi e poi cliccare sul pulsante Continua. L’intero processo è automatizzato e richiede fino a 5 minuti. La connessione con il server è protetta da server proxy e da una crittografia AES a 256 bit, in modo che il tuo account sia completamente sicuro. Spendere il tuo denaro è finalmente giunto al termine! È sempre la stessa situazione. Il gioco è nuovo, ma per andare avanti ci vuole troppo tempo. Sei stanco di giocare così a lungo per fare finalmente progressi. Ecco perché stai pensando di comprare il Oro. Ma non deve essere per forza così nel MLB Tap Sports Baseball 2021, perché con l’trucchi MLB Tap Sports Baseball 2021 ti diamo la possibilità di ottenere tutti i Oro gratuiti che vuoi. La cosa migliore di questo Generatore MLB Tap Sports Baseball 2021, tuttavia, è che siete completamente protetti e non dovete avere paura di incantesimi o altro. In Oro trucchi puoi decidere quanti Oro ne vorresti. In pochi minuti lo riceverete direttamente sul vostro smartphone. Per inciso, il Generatore MLB Tap Sports Baseball 2021 Oro funziona perfettamente per tutti gli smartphone iOS e Android. Vi fa risparmiare un sacco di tempo, pazienza e soprattutto denaro!
Perché il Oro è così importante?
Con questi potrete semplicemente includere molto più divertimento all’interno del gioco. Potrai ottenere driver migliori e persino sbloccare nuovi personaggi. Purtroppo il gioco è “Paga per vincere”. Questo significa che le possibilità di successo sono molto più alte nel caso in cui siate disposti a spendere dei fondi. Ecco perché abbiamo prodotto un MLB Tap Sports Baseball 2021 trucco che si può usare ovunque e in qualsiasi momento. L’trucchi vi offre la possibilità unica di ottenere tutte le cose e le costose valute straniere in gioco completamente gratis. Tutto quello che devi fare è cliccare sul particolare generatore online e non sei pronto ad andare. Scegliete voi stessi il numero di no cost Oro che una persona vorrebbe trovare. Nel giro di poco tempo potresti trovarli. In ogni nostro tutorial abbiamo spiegato esattamente come funziona. Conclusione Per la migliore esperienza, è possibile controllare le recensioni per la credibilità. Questo metodo vi sarà sicuramente utile e vi renderà un giocatore avanzato dello stesso. Speranza, questa guida vi sarà utile e vi permetterà di saperne di più sullo stesso. Se non sapete come progredire, allora potete ottenere gratuitamente Oro utilizzando questo strumento. Assicuratevi di non utilizzarlo più di cinque volte al giorno. In pochi mesi dal rilascio di MLB Tap Sports Baseball 2021 è già nella top 10 dei migliori giochi per cellulari per quest’anno. Qualcosa del genere ci si aspettava da un gioco che è stato rilasciato da una casa di gioco rispettabile. Il gioco ha avuto un successo esponenziale nonostante l’incredibile concorrenza che ha avuto nell’anno in corso. Continueremo a mantenere il nostro trucchi per mantenere felici i nostri visitatori. Grazie per aver letto il nostro articolo. Saluti!
MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi Caratteristiche:
Aggiungi un numero illimitato Oro Supporto iOS, Supporto Android, Sicuro al 100% con la nostra protezione Anti-Ban, Facile da usare, Un design fantastico, MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi ha ricevuto aggiornamenti regolari, Molto veloce – generare risorse in pochi secondi!
Come hackerare MLB Tap Sports Baseball 2021
Infine, lancia il nostro MLB Tap Sports Baseball 2021 Trucchi, quindi segui le istruzioni e goditi la quantità illimitata di Oro! Fare clic sul pulsante “Accedi Trucchi” qui sotto Digitate il vostro nome utente e scegliete il sistema del dispositivo e cliccate su “Connetti”. Inserire l’importo di Oro Aspetta qualche secondo, l’trucchi sta lavorando per te ora! Godetevi il vostro Oro su MLB Tap Sports Baseball 2021 In primo luogo, grazie per aver utilizzato i nostri strumenti – se vi piace, lasciate i simili, iscrivetevi ai nostri canali youtube e condividete il nostro lavoro sui social media. Questo ci spingerà a fare un altro strumento di hacking! Controllate anche i nostri altri imbrogli qui!
1 note · View note
Text
Che materie vuoi fare l’anno prossimo? (Gelateria Fortebraccio, 10 luglio 2076)
E | Una settimana. Ha resistito appena una settimana. [...] alla fine il richiamo del mondo dei maghi è stato più forte. La prima tappa doveva essere Fortebraccio: e infatti eccola qui, seduta a un tavolino non lontano dalla porta d’ingresso del locale, ad affrontare con coraggio grifondoro una coppa di gelato di dimensioni smisurate, con più colori che gusti e parecchie cialde di varie forme. [...]
C | E’ riuscita a convincere sua padre a lasciarla andare a prendersi un gelato, fa caldo ed è tutto il pomeriggio che girano per Diagon Alley. [...] «Emma?» La osserva per qualche momento portando lo sguardo azzurro soprattutto sulla gigantesca coppa gelato «Wow!»
E | Desiderio esaudito: dev’essere la sua giornata fortunata. Ma perché corre così tanto? « Chloe! » Un’ombra di divertimento le attraversa gli occhi scuri nel vederla correre così fin quasi alla porta del locale. « l’ho chiesto grande, ma non mi aspettavo una coppa troll-size »
[...]
Tumblr media
E | « contenta di essere di nuovo a casa? »
C | «Sì! Un sacco. Tu? A proposito, tu dov’è che abiti?»
E | «Abito qui a Londra, per fortuna. Almeno posso venire qui quando voglio! » spiega con orgoglio, fiera di quell’unica piccola fortuna che le è capitata. « ma non vedo l’ora di tornare a scuola, se vuoi saperlo. quest’anno inizio Divinazione e Babbanologia! » - « tu hai già scelto quali materie iniziare? »
C | «Oh, bello! Io invece abito lontano, vicino a Greenock, in Scozia. Ma è bellissimo, abbiamo il mare vicino e anche un bosco che ha un fiume e poi ci sono tanti prati e animali.» insomma, è cresciuta fuori dall’ambiente urbano. «Beh, alla fine mancano solo due mesi.» [...] «Credo Cura delle Creature Magiche e Divinazione, però non lo so ancora… Non ho deciso del tutto, ecco…»
E | « Hai qualche motivo particolare per sceglierne una piuttosto che un’altra? »
C | «Allora. Cura mi piacerebbe farla di sicuro perché ci sono gli animali e molta pratica e poca teoria, credo. Sulla seconda materia non saprei, vorrei scegliere quella più facile… Sicuro non farò né antiche rune né aritmanzia, farei solo un casino e non riuscirei a passarle di sicuro…»
E | « se parliamo di materie facili, beh... babbanologia dev’essere una passeggiata » ridacchia « però forse non per te, a pensarci bene! » e anche ora continua a ridere « divinazione non so se sia facile, sai? » - « sicuramente più di rune e aritmanzia, non ci sono dubbi » strane certezze puramente derivanti dal sentito dire: che ne sa lei? 
« Io la scelgo perché dev’essere bello poter predire il futuro »
C | «Forse hai ragione… Magari farò babbanologia…» annuisce mentre con il cucchiaio porta ancora gelato in bocca anche se ormai inizia a sentirsi più che piena. «Oh, sì. Predire il futuro…» interrompe la frase improvvisamente perdendo parte dell’allegria e abbandonando il sorriso. Non aggiunge nulla, riprende a mangiare portando lo sguardo pensieroso sulla sua coppa di gelato.
E | [...] assume però un’espressione perplessa quando l’altra non mostra grande entusiasmo all’idea di predire il futuro. « non ti piacerebbe sapere cosa ti succederà domani, fra un mese, fra un anno? »
C | La guarda, deglutisce e corruccia un po’ l’espressione, valutando cosa dire. «Non mi piace pensare al tempo che passa. Il futuro. Crescere.» scuote il capo con decisione mentre sposta lo sguardo sul topo e con la sinistra lo prende in mano. Solleva di nuovo lo sguardo. 
«Le persone cambiano crescendo.»
Tumblr media
E | « però, senza il futuro, il presente… non avrebbe senso » - « e poi, non so… io sono curiosa di sapere cosa mi aspetta »
C | «Ma a me piace il presente.» - «Io voglio rimanere così, non mi va di crescere. Non voglio diventare come quelli.» “quelli”, gli adulti che ora guarda e segue con gli occhi poi torna a guardare Emma, riflettendo. «Cosa vorresti sapere?» che potrà mai vedere Emma di così bello nel futuro?
E | « a me no » - « io voglio diventare grande, voglio fare un sacco di cose che non posso fare adesso! » - « vorrei sapere se… » parte in automatico, spinta dalla voglia di parlare, di confidarsi [...] «…te lo dico se vieni a Divinazione con me. » - « tu perché non vuoi diventare come gli adulti? »
C | «Perché voglio rimanere come sono.» 
«Lo so cosa succede alle persone quando crescono.» - «Lo ho visto cosa è successo a mia sorella…» scuote il capo «Io non voglio crescere perché non voglio cambiare. Mi piace come sono adesso.» - «E poi i grandi hanno tutte quelle regole… E devono fare scelte…» ora li occhi azzurri cercano quelli scuri della amica
«Sono i grandi a dire come devi o non devi essere quando cresci. Finché sei piccolo non ti dicono niente…»
E | Il fatto che l’altra voglia rimanere com’è adesso le è chiaro - crede - e ha senso. È il resto a suscitarle perplessità [...] « che co…? » Nel frattempo, ascolta - non per rispondere, ma per comprendere. « scelte? parli di scelte tipo l’università? il lavoro? » - « e cos’è successo a tua sorella? intendi Eloise? »
C | «No, no. Cioè, sì. Anche quello. Ma io intendo in generale. Le decisioni le prendono i grandi e prendere decisioni è difficile.» guarda Emma inclinando appena il capo, quindi lei non lo sa? «Sì, Eloise. Beh, ecco, sai. E’ cresciuta… E’ diventata… come si dice… una donna.» e di nuovo un espressione turbata anche solo al pronunciare quella parola come se fosse uno sforzo «Io non voglio diventare una donna.» mette in chiaro «E’ diventata così, diversa. Ma non solo fuori - anche tipo dentro? Da quando è cresciuta è diversa e dice che cambierò anche io. Ma io non voglio.»
E | « aspetta, non ho capito bene » - « tua sorella è una ragazza, come me e te » non che Chloe sia questo grande esempio di femminilità, ai suoi occhi, ma non si permetterebbe mai di farglielo notare, tanto più che per Emma non è certo un problema « è normale che prima o poi diventi una donna, come succederà anche a noi » - « e poi, se dovesse succederti di cambiare, non cambieresti… per forza, no? » - « nel senso » - « non cambiamo perché qualcuno ce lo dice, ma perché vogliamo noi »
C | «Beh, sì. E no.» - «Cioè…» Chloe sta evidentemente cercando di formare una frase sensata nella sua testa, lo sforzo è visibile sul viso pensieroso, il naso e la bocca un po’ arricciati mentre pensa. «Vedi.» si indica con la destra «Io» e poi indica Emma «E te --» - «siamo diverse.» la guarda fisso, come se quello che stesse cercando di esprimere fosse molto importante.
«Tu sei una ragazza. Io, non lo so. Insomma, fino a prima della scuola non era nemmeno importante, cosa fossi. Facevo quello che mi sentivo e basta. Ma quando è iniziata la scuola… La gente ha iniziato ad… aspettarsi cose da me. Solo perché sono una ragazza o questo loro dicono. Essere una ragazza… Cosa vuol dire? Tu, tu sei una ragazza. Cosa significa?»
E | E lei la diversità fra sé e la compagna la vede solo nello stile: lei così femminile l’altra così maschiaccio, ma pur sempre femmina: del resto si chiama Chloe, mica Ken. « quindi tu pensi di non essere una ragazza? » - « per me » - « essere una ragazza significa… » si accorge di doverci pensare, perché non se l’è mai chiesto « mettere i vestitini » cominciamo benissimo « avere i capelli lunghi » di bene in meglio « fare l’Ingo Brillae meglio dei maschi » si ricorda anche di avere poteri magici e una bacchetta, avanti così « saper cucinare, anche se io ancora non lo so fare » grazie, dottor Kim, per averle trasmesso tanta apertura mentale « guardare i ragazzi » perfetto! « ovviamente non i nostri compagni, che sono tutti orribili! » e comincia a ridacchiare, tanto per abbassare ulteriormente il livello della conversazione. Comprendiamola, ha tredici anni e mezzo, un padre tradizionalista e nessun problema con l’essere nata femmina. Almeno con questo.
C | E se per Emma la cosa sia terribilmente semplice per Chloe è terribilmente complessa. Annuisce una volta, due volte. Tre. «Sì, la penso così. Insomma, non so nemmeno se è possibile una cosa del genere ma… Ecco. Non mi sento una ragazza.» ascolta la risposta lunga ad una domanda che Chloe voleva fare da un po’ di tempo a qualcuno. Ascolta sì, ma ad ogni risposta si rabbuia. Non ride alla battuta finale, non sorride. La guarda, in silenzio, si sente come qualcuno di un altro pianeta. Lei non vuole mettere i vestitini, perché? Perché sono da ragazza. Lei non vuole avere i capelli lunghi perché? Stesso motivo. 
«Io… Devo andare. Il mio papà mi starà aspettando, è tardi.» rivolge un sorriso di cortesia frettoloso ad Emma e un cenno della mano sinistra «Ciao.» e detto ciò si alza dalla sedia e si allontana velocemente per poi mettersi a correre, scansando la gente, facendo slalom tra quelle persone grandi. Vuole tornare a casa subito. Dov’è papà? Vuole tornare a casa.
4 notes · View notes
interiorizzo · 4 years
Text
Caro Tumblr ti scrivo, in realtà non ti scrivo da un pò, si certo, ma ho appena visto su youtube un video in cui il tipo parlava di quanto sia importante tenere un diario e mi sei venuto subito in mente tu. Nel video poi si ponevano 4 punti utili che possono portare questa attività che, ahimè, compio sempre raramente. Questi punti sono: 1)Produttività (ormai andata a fanculo dalla fine della sessione, sto diventando sempre più un vegetale in pratica o, in alternativa, un pezzo dell’arredamento-più simile a un cuscino che ad un vero e proprio mobile d’arredo- Tuttavia non è per questo che ti scrivo mio caro Diario) 2)scrivere idee (Neanche questo punto mi interessa al momento, ma in futuro chissà) 3)sfogarsi (ecco, ci siamo quasi..) 4)razionalizzare Ed è per quest’ultimo punto che sono qui: scrivere i miei  pensieri per poi rileggerli e capire cosa diamine c’è che non va nella mia vita. Ora direi che potrei cominciare con il vero e proprio discorso caro Tumblr. Mettiti pure comodo e prendi- Okay, imprevisto, è tipo andato in corto un interruttore di sotto e la puzza di fumo è arrivata fin su ahahaha (okay non dovrei ridere sarei potuto morire arrostito ma vabbè) In ogni caso ho perso il filo del discorso, vedrò di riprendere dal ultimo capoverso..
Ora direi che potrei cominciare con il vero e proprio discorso caro Tumblr. Mettiti pure comodo e prendi i pop corn, perchè non sarà affatto una storia breve. Allora, da dove potrei mai incominciare. No dai, sai cosa? Non voglio star qui a raccontare la storia della mia vita. Sarebbe troppo deprimente e ancor peggio noiosa. In più uscirei fuori tema perchè in realtà oggi ho solo bisogno sfogarmi sugli ultimi eventi, non sulla mia intera vita. Magari questa storia un’altra volta eh? Prima però ho necessità di un piccolo preludio, altrimenti non capiresti. Tutto iniziò in una notte buia e tempestosa! Nah non va bene come inizio, troppo banale, e poi non so il meteo del giorno in cui nacqui.. Allora dai, seriamente ora.
Tu, grande T, ne hai conosciuta di gente strana, magari anche più di me. Però ultimamente inizio a considerarmi solo, nel mio genere. Dio mio, a volte nemmeno io riesco a comprendermi. Sto iniziando anche a credere di non essere tagliato per le relazioni, di nessun genere(nè amorose, di amicizia o familiari). Non riesco a gestirle e finisco sempre col ritrovarmi solo, in questo limbo infinito fino alla prossima persona con cui rovinare tutto. Credimi quando ti dico che è un ciclo davvero infinito. è capitato e ricapitato di continuo: trovo una persona con cui sto bene e stranamente la cosa è reciproca, abbandono chiunque altro per dedicarmi solamente a quella persona, passo da 1 a 6 mesi fantastici con questa persona per poi annoiarmi io o l’altra persona e il separarsi definitivamente tornando puntualmente ad una sostanziale solitudine. Di solito, amico mio, arrivato in questa fase cerco compagnia di altre persone che conoscevo prima fino alla prossima relazione da rovinare. Ma questa volta è diverso. Non c’è davvero più nessuno. Sono realmente solo. E la cosa peggiore è che questo non mi spaventa. Sono solo e mi sento bene. Mi sento solo, ma non sono triste. Sento solo un grande vuoto, non lasciato dalla persona che se ne è andata, ormai sono così abituato agli addii che non ci faccio neanche più caso, anzi, ad un certo punto del comportamento dell’altro so già come evolve, per cui spingo anche sul acceleratore affinché finisca prima. Potrei essere sociopatico? Forse. Mi vergognerei di esserlo? No di certo. Come dicevo, non sento assolutamente nulla. Ed è questo che mi spaventa. Per esperienza so che, nel momento in cui senti di non provare più nulla, è perché in realtà reprimi quelle emozioni, che si tratterranno fino ad esplodere più forti che mai. La psicologia è una delle mie passioni, ma di fatto la maggior parte delle mie conoscenze in materia sono frutto di pure e semplici osservazioni (si esatto, come si faceva nel XIX secolo durante l’era del positivismo e della nascita di molte materie umanistiche, so che anche tu ci stavi pensando). Il punto però è che, a tutti questi timori, se ne  aggiunge anche un’altra, e cioè la paura del domani, del futuro. Non metto in dubbio che sia una paura molto condivisa questa, di non riuscire a trovare una relazione stabile e fissa, a molti piace anche questa condizione se dobbiamo dirla tutta-questi ultimi la cercano addirittura, la bramano- ma io no. Io ho 20 anni Tumblr, lo sai, e di relazioni intime ne ho affrontate tante ormai, le conosci, e Dio solo sa quanto io ci abbia provato a creare qualcosa che potesse durare, dalla prima fino ad ora, eppure tutti i miei sforzi non sono valsi A UN CAZZO. Se solo ripenso a quante ne abbiamo passate, mi fa incazzare il fatto di ritrovarmi sempre qui nello stesso fottutissimo posto. è come non avere una memory card e rigiocare sempre lo stesso livello, a l’infinito. Può essere divertente la prima volta, stai scoprendo, anche la seconda e la terza, stai facendo esperienza, ma quando arrivi a tante volte da aver perso il conto ti accorgi che sta diventando frustante continuare a muovere sempre e solo i primi passi, senza mai arrivare al livello successivo; ritrovarsi sempre con un mattoncino da porre, alla base di una casa che progetti da anni e non riesci nemmeno a sapere se mai la porterai a termine; a costruire sempre da zero, per poi ritornare a non aver nulla. Tumblr, sono stanco davvero di essere solo. So che in tanti ti scrivono le stesse cose, ma non riesco a credere che tutti coloro che si sfogano con te per il medesimo motivo vivono ciò che vivo io, o abbiano vissuto ciò che ho vissuto io. Io che non so nemmeno cosa sia uscire a mezzanotte, o andare a fare una serata con amici, io che non ho mai conosciuto la libertà di “uscire con la comitiva”, io che ti scrivo da questa stanza da anni, e non ho mai cambiato posto, pur avendone le facoltà, nascondendomi sempre dietro la mia svogliatezza e diffidenza verso il prossimo, lottando ogni giorno contro la mia misantropia e asocialità, o meglio, incapacità di gestire più di una relazione alla volta. Mio caro Diario,  ora sono le 2:43, e solo quando ci siamo salutati era un’ora fa, sono un pò stanco di scrivere e ho a malapena completato il preludio, magari concluderò il discorso domani sera, o magari non lo farò mai. sempre tuo, G.
2 notes · View notes
ohmygwenhwyfar · 4 years
Text
Tre Manici di Scopa, 19/09
Certo che sono una coppietta stranamente assortita questi due, un po` come lo erano quando erano Prefetti assieme. Guinevere però è diversa, segno che è stato solo il settimo anno quello che l`ha resa scostante e silenziosa, perché è tornata quella di sempre tutta sorrisi e gentilezza. La Tassorosso mancata, sì. Difatti è stata adorabilmente carina sin da quando l`ha salutato.  [...] « Sì, vabbè comunque non intendo davvero usarti come psicologo » ci tiene a specificare così di punto in bianco, con quel suo marcato e grezzo accento gallese « Sarei andata al San Mungo, semmai. » e sorride persino « Però grazie di avermi assecondata. » E lo dice così carinamente che è proprio una bambolina.
Generalmente non esce con persone che amano abbigliarsi alla babbana, ma non si può certo dire che sia uno appassionato di caccia allo stato di sangue altrui. Specie quando queste persone sono molto carine, bionde e più grandi di lui. Sembra quasi uno stereotipo, considerando di chi stiamo parlando.  «Se ti serve» ghigna sottilmente, inarcando un sopracciglio nella sua direzione «faccio un fischio a qualche altro Medicine.» giusto perché tu sappia che la sanità è tutta a sua disposizione. Si dà una lieve spinta verso il tavolo, posandovi un gomito mentre con la destra rivela ciò che in realtà si stava rigirando tra le mani da un po’: due bustine, ognuna con una cioccolata al suo interno. Una la porge verso di lei, in attesa che la prenda, l’altra se la tiene rivolta verso di lui. «Lo so, sentivi la mia mancanza.» ha sempre avuto quell’aria un po’ da puzza sotto al naso, anche quando usa l’ironia come in questo caso. Ma si può dire che sia rimasto sinceramente stupito dal gufo della ex-concasata.
L’ insinuazione dell`altro la fa ridere, una risata genuina, secca. « Oh sì, lo ammetto » e finisce pure per alzare le mani, fintamente in segno di resa « Mi mancava tanto il mio compagno di spilla. » Però poi Helios le cose se le va a cercare, scudo empatico o meno. Il cuore della gallese perde un battito nel vederlo allungare la cioccorana verso di lei, l`ansia si dipinge sul suo volto pallido perché sembra una cazzata, ma lei è sinceramente terrorizzata dalle cioccorane. « Ah, l`hai fatto davvero. » butta giù un groppo di saliva, mentre le mani vanno a prendere la confezione e a rigirarsela tra le mani. « Come si fa » non è propriamente una domanda, ma torna a guardarlo, tenendo ancora il suo molliccio in formato tascabile tra le mani « Suggerimenti per non morire e disturbare tutta la sala? » o disturbare l`empatia di Helios, certo. « Che finché sta chiusa va tutto bene, è quando salta dalla confezione che fa troooppo schifo. » e lo dice con un tono vagamente troppo giulivo, che quasi cozza col suo essere tutt`altro che quello, e che non porta rispetto a un qualcosa che è molto più profondo.
Il fatto che lei rida gliele fa inarcare entrambe le sopracciglia, quasi perplesso. Non è abituato a sentir ridere davvero alla sua ironia? Probabile, anche perché non la capisce mai nessuno. Ma passato il primo momento di perplessità, si commuove persino a tal punto da regalarle un occhiolino, assieme al ghigno serafico che gli si dipinge sul viso, sbuffando appena tra le labbra. In ogni caso non ci ricama troppo sopra, occhiolino a parte. Sembra piuttosto preso dalla missione che è venuto a compiere con questo appuntamento, se così vogliamo chiamarlo. Non si azzarda ad aprire la sua cioccorana ma, questa volta, bada bene a tenersi molto lontano dalle ansie dell’altra. Gliela può vedere dipinta in viso, certo, lui che è bravo ormai ad interpretare le emozioni prima ancora di percepirle. Ma se ne tiene fuori. Non è in grado, emozionalmente parlando, di manipolare neanche se stesso in questo periodo. Figuriamoci qualcun altro. E’ bravo, però, a celare. Gioca con la carta della sua, ma ancora non la scarta. «Fa un solo salto buono.» le ricorda, snocciolando quelle parole molto chiaramente e con tono ironicamente affilato. E’ serio. «E di questi tempi, non credo che la sala sia disturbata da queste sciocchezze.» però lo lascia sottinteso ciò da cui potrebbero essere disturbati, nell’aria. Molto ben percepibile, come percepibile è ogni giorno di più quell’aria che urla che con i Babbani c’è qualche problema, senza mai dirlo tanto apertamente. Lui non lo direbbe mai ad una come la Cadwalader in ogni caso, ma dovrebbe saperlo da sola, ormai. Si inumidisce le labbra, deposita gli occhi azzurri su di lei e inclina appena il capo; poi, la interroga «Prima io?» proponendosi in maniera molto pavida di farle una dimostrazione pratica
A quanto pare lei comprende la tetra ironia del Medicine, forse perché ne è dotata a sua volta di una molto simile. Helios non ha mai avuto il piacere, chiedete a Jed semmai. Comunque lei ridacchia, quindi va per prendersi un sorso di birra scura. Meglio diluire con l`alcol l`ansietta. « Terzo anno, lezione pratica sui mollicci. Indovina in cosa si è trasformato il mio? » è retorica nella domanda, poiché subito torna a raccontare con quel terribile accento gallese « Un`enorme cioccorana. Immagina le risate della classe, anche il professore faceva fatica a restare serio. » i traumi di una giovane natababbana. « Poi me la dai la tua figurina? » che è l`unica cosa che sembra interessarle e per un momento soltanto, sembra dimenticarsi della sua paura assurda, perché gli rivolge un sorriso luminoso, tutto occhioni azzurri e labbra carnose che dovrebbe quasi invitarlo a dirle di sì per la figurina. Però qualcuno dovrà pur aprirle ste confezioni, oltre che guardarle. « Vai tu, io non ce la posso fare. » non poteva essere altrimenti, difatti la sua viene lasciata sul tavolo e l`attenzione viene posta tutta su Helios.
Tumblr media
«Salazar, Guinevere…» esala tra le labbra, trattenendo però a stento una risata a sua volta. Questo, bisogna dirlo, fa più ridere della paura in sé. Solo l’immagine di un molliccio grande quanto una cioccorana è esilarante, anche per chi non è propriamente dell’umore. «Regalamene il ricordo.» richiede, l’aria apparentemente seria e la mano destra che si porta all’altezza del cuore, solenne «Fallo per il mio Patronus.» Non è mai stato granché teatrale nei modi di dire, di fare. Anzi. E’ sempre piuttosto schietto. Quindi no, non sta recitando mica. «Mhm..» sulla figurina, invece, ci pensa. Diciamo che è quel sorriso ad attirare lo sguardo dell’adolescente sulle sue labbra e, poi, farlo risalire lentamente ai suoi occhi. Ma in ogni caso, la risposta rimane la stessa: «Dipende.» non dà mai niente per niente, lui. «Mi dai qualcosa in cambio?» inarca anche un sopracciglio, alzando il mento in un cenno di quelli che contribuisce alla solita faccia da schiaffi, quella che sembra non mancare mai. Specie quando ha a che fare con una bella ragazza. In qualche modo si dovrà pur consolare, no? Non se lo fa comunque ripetere due volte. Annuisce. «Se urli..» lascia la frase in sospeso, mentre porta entrambe le mani ai bordi di quella carta che scricchiola sotto le sue dita e osserva Guinevere di sottecchi; le due estremità della carta si separano, e da essa non esita ad uscire quella cioccorana animata che usa il suo unico salto buono per zompare con le sue lunghe zampette proprio sul tavolo, rivolta verso la ex-Serpeverde. E’ lui a bloccarne l’incedere, quand’è già in volo, posandovi sopra repentinamente l’indice della mano destra solo dopo aver probabilmente fatto prendere un bello spavento alla bionda di fronte a lui che, si spera, nel frattempo non abbia urlato magari presa dalla suspance di quello che potrebbe persino sembrare un incipit per una minaccia. Incipit che si conclude solo dopo questo avvenimento repentino: «..la prossima la lascio saltare.» ma solo se urli. Se sei stata brava e non hai urlato anche senza bisogno della sua manipolazione empatica, nel mentre, tutto a posto. Meglio così. E in tal caso, prenderebbe quella cioccorana tra le mani, per porgergliela, allungando il braccio visto che le sta di fronte.
Quindi è il turno di Helios quello di ridere al suo racconto del molliccio. « Ecco, ti ci metti anche tu » non è un pigolio ma quasi, quanto al ricordo per il patronus « Immagino ne troverai di migliori, che il mio che muoio di ansia e di vergogna per un maledetto molliccio. »  Ma le labbra velocemente si stirano in un sorrisetto, pari quasi a quello da faccia da schiaffi dell`altro. « Oh beh... » inizia stringendosi un pochino nelle spalle, prima di sciogliere la postura « Dipende da quello che vuoi. » i serpeverde e i loro giochetti. E ora sta tutto ad Helios. Che sia per la figurina o per la cioccorana. « Te lo prometto, non lo farò » urlare, anche se non sembra particolarmente convincente. Butta giù un altro groppo di saliva mentre gli occhi azzurri si riducono a due fessure mentre la scatolina viene aperta, lo sguardo si volta appena da un lato per non guardarla. « Non sto urlando. » dice, la voce tremola appena, ma la verità è che non la sta nemmeno vedendo. Si volta poco dopo, solo per ritrovarsi un Helios che le porge una cioccorana ormai immobile. Spalanca gli occhi sorpresa, fin troppo, mentre ancora il cuore le va più veloce del solito. « E che dovrei farci? Perché me la porgi? »  Nel frattempo allunga prontamente la mancina per tentare di sfilare la figurina dalla confezione, quindi la domanda per Helios è « Ma si muove quando si mangia o no? Sai che non l`ho mai fatto. » giornata di grandi confessioni, poi aggiunge così a caso « Comunque quando ridi o sorridi sei più carino, è un peccato che non te l`abbia quasi mai visto fare. » e lo dice tranquilla, anche se non c`entra nulla, un po` come prima, come se fosse solo un dato di fatto.
Si riserva la facoltà di pensarci, a quello che vuole, lui che non ha mai la risposta pronta e non è neanche un fan della suspance. Però non può fare a meno di notare l’atteggiamento dell’altra, con cui non interferisce, e ringraziare i riflessi pronti che si ritrova se intercetta quel movimento che cerca di sfilargli la figurina dal pacchetto e cerca di far morire il tentativo di furto sul nascere, continuando a reggere la cioccorana ormai stecchita con una mano, mentre con l’altra frenerebbe quella dell’altra, schiacciandola sul tavolo ma senza farle male. E con dei rapidi gesti delle dita, cercherebbe di scivolare tra le dita altrui per impedirle di sottrargli quella figurina del tutto che, intanto, s’è comunque mostrata. Sicuramente per lui è un doppione, ma non è uno che la dà vinta così facilmente. «Visto che non l’hai guardata..» ed era una delle cose che dovevi farci, non manca mica di fartelo notare, snocciolando l’evidenza con una faccia da schiaffi unica «Mangiarla.» gli sembra così ovvio, che neanche smette di porgergliela, mentre se fosse riuscito ad impedire quel furto cercherebbe comunque di accaparrarsi la figurina, e rigirandosela tra le dita la mostrerebbe agli occhi dell’altra. «E un altro appuntamento, al prossimo weekend.» ecco cosa vuole in cambio, furbo, di quella figurina. Niente di impegnativo. Ma questa volta lo chiamerebbe con il suo nome senza fare troppi giri di parole - o di gufi -, sfrontato. C’è pure da aspettare un mese. E non è abituato ai complimenti, ma sono okay. Infondo vanno solo a nutrire il suo ego, facendolo raddrizzare con la schiena con orgoglio. Per quanto la guardi, con gli occhi azzurri che studiano la sua espressione con una velata e molto ben celata diffidenza, non replica e resta in un enigmatico silenzio. Ogni buon ometto, come gli è stato insegnato, dovrebbe almeno rispondere ad un complimento con un altro complimento. E a Guinevere la bellezza non manca di certo. Ma Helios è strano, in uno strano momento. Passa qualche secondo prima che dica «Non quanto te.» che tuttavia ha il pregio di non suonare come una sviolinata, ma parole dette al punto giusto, un po’ oltre il momento giusto «Potresti convincere chiunque ad aprirti una cioccorana con quel sorriso.» non lo dice a caso. Infondo un po’ vittima ne è anche lui.  «La tua la apriamo fuori?» propone, infine.
Perciò riesce a sfilare un po` la figurina, quel tanto che basta per vederci Mungo Bonham raffigurato sopra e poi farsi schiacciare la mano dal caposcuola. Pigola appena, prima di mollare la presa sulla figurina e tentare di liberare la mancina per farla tornare al proprio posto. Quindi lontana dalla figurina. « Ho capito, anche meno, Helios. » replica, massaggiandosi la mano offesa. Anche se è più scena che altro, considerando che non dovrebbe averle fatto troppo male. « E sia, a ottobre. » sorride, di nuovo in quel modo luminoso, che a quanto sembra riesce ad abbagliare tutti i serpeverde con cui esce. Non ci ha pensato neanche per un secondo alla risposta sulla possibilità di rivedersi alla prossima uscita ad Hogsmeade. « Ti giuro che se mi salta nella bocca, poi urlo veramente e altro che banshee » minacciosissima, con quel suo accento gallese e gli occhi a fessura, perché no, non si fida minimamente di quella cioccorana che l`altro così gentilmente le porge. « Oh beh, spero sempre in qualcosa di meglio che aprire una cioccorana, ma posso accontentarmi. » e ridacchia di nuovo, in quel modo genuino, per poi soggiungere che « Sì, ma la figurina è sempre mia. » ok, l`altra cioccorana la possono aprire fuori, la guerra delle figurine però resta uno dei fulcri della giornata.
1 note · View note
moderata-crisi · 5 years
Text
stamattina ho appreso che devo lasciare casa dove vivo perché il mio proprietario guarda solo ai suoi interessi senza tutelare i miei. questo mi fa pensare che tutti i discorsi sull’amicizia e il rispetto fossero cose di facciata, ma per me non lo erano. io non sono abituato a pensare male a prescindere delle persone. dicevo, devo lasciare casa perché un mese fa ha stretto con me un accordo verbale in cui mi diceva “tranquillo, nel caso in cui dovessi vendere casa me la vendo con il contratto d’affitto ancora in corso, così tu ci puoi stare ancora per quanto ne hai bisogno”, per poi mandarmi la raccomandata di disdetta contratto e quindi questo vuol dire, nella pratica: una volta venduta la casa, il nuovo proprietario può mandartene da un giorno all’altro perché può impugnare la raccomandata di disdetta. io l’ho presa tutto sommato bene, ho constatato che è una merda umana, e mi va bene così, ero tranquillo, carico per la ricerca di una nuova casa, perché questa potrebbe essere un’opportunità per cambiare vita radicalmente. poi mia madre in macchina, che era presente stamattina, mi comincia a dire che se lo sentiva, che lui non gliel’aveva mai contata giusta, e poi mi dice la cosa peggiore che un genitore possa dire ad un figlio: “visto che lui si è comportato di merda, fai così, pagagli l’affitto fino ad aprile e poi riprenditi le cauzioni senza pagarglielo”, ed io “non lo farò, perché io gli ho dato solo una cauzione”, e lei “sì ma se lui è stato scorretto, sii scorretto anche tu”. sono scoppiato a piangere, e le ho detto che mi faceva pena il fatto che una madre dica al proprio figlio di essere una merda, perché l’abuso non si combatte con l’abuso, la violenza non (sempre) si combatte con la violenza, le persone di merda non si combattono essendo persone di merda. e non perché non lo meritino, perché a diventare una merda sei solo tu che ci vai a perdere. loro ci perderanno 3 mensilità, ma tu ci perdi l’anima, la faccia, l’onore e tutte le altre puttanate di questo mondo. io non voglio entrare in meccanismi relazionali che presuppongono la diffidenza, che presuppongono una minaccia da parte dell’altro, che mi vedono sulla difensiva perché chiunque è un nemico e allora perché questa cosa è così io devo contrastare queste minacce facendo la merda. e le ho detto che non dovrebbe essere un figlio ad insegnare alla madre certe cose, ma una madre ad insegnarle al figlio, che lei se mi avesse voluto bene avrebbe dovuto supportare me, e non contrastare l’altro. perché ho bisogno di supporto, non di prendermi una vendetta. non me ne frega un cazzo di prendermi una vendetta. le persone che non sono a posto con la propria coscienza fanno i conti con questa cosa ogni giorno, o lo faranno in punto di morte, e questa è la più grande giustizia che ci possa essere. mi ha chiesto scusa, mi ha detto che era solo arrabbiata per come sono stato trattato, io l’ho salutata di risposta appena arrivati in stazione, e le ho detto che non mi interessano le scuse, non devo scusarla, perché se lei si sente appagata a fare certi pensieri può farli, ma pretendo che non cerchi di inculcarmeli o di istigarmi a compiere azioni immorali e scorrette solo per vendetta. 
mi sento uno schifo per questa cosa, mi sento un schifo al pensiero di avere una madre che pensa certe cose, mi sento uno schifo perché in un momento in cui ero tranquillo (cosa non scontata, visto che ho sfiorato la depressione per via dell’ultimo cambio di casa) lei abbia rincarato la dose e mi abbia fatto crollare emotivamente. 
che schifo.
17 notes · View notes
daniinreallife · 4 years
Text
Crescita Personale
Sono molto indecisa se scrivere in italiano o in inglese. Quest’ultimo renderebbe i miei post accessibili e comprensibili da più persone, ma l’italiano è la mia lingua madre e le cose che ho intenzione di scrivere qui saranno piuttosto personali. Non scrivo su una piattaforma che non sia il mio diario o la mia agenda da anni. E anche lì tendo a scrivere in inglese, quindi questa cosa dell’esprimermi in italiano mi sta venendo un po’ strana. Questo post sta già andando in una direzione diversa da quella che volevo e ho appena iniziato, ma va bene così. Farò un punto della situazione generale per fini di contestualizzazione.
Da qualche settimana sto cercando di migliorare la mia vita. La quarantena e la situazione generale causata dal COVID-19 mi ha permesso di dedicare del tempo a me stessa, la persona con cui paradossalmente ho passato meno tempo da quando ci siamo affacciati al nuovo decennio. Con “dedicare tempo a me stessa” intendo che ho passato le prime tre/quattro settimane di quarantena a marzo guardando film, serie tv, mangiando il mondo e studicchiando. La cosa più sana che facevo per la mia persona era una doccia ogni tanto. E mi pesava anche. Non ero depressa, non lo sono (credo), sono solo estremamente pigra. Il non dover soddisfare nessuna aspettativa sociale mi aveva dato una libertà di cui ho abusato. Non dover organizzare gli impegni in base ai lavaggi di capelli, non doversi truccare o fare la ceretta, non dover far parte di situazioni mondane di scarsa importanza mi aveva reso una persona serena e libera. Libera di fare schifo. In quelle prime settimane devo essere ingrassata di almeno 4 chili, devo aver cresciuto metri e metri di peli e devo aver bruciato centinaia di neuroni appresso a film che ho già visto 5 o 6 volte.
Mi sono anche data allo shopping online che, sempre paradossalmente, è stato ciò che mi ha destato dall’ingiustificato ma prevedibilissimo letargo. Anzichè ordinare vestiti o superflui accessori da casa (nonostante la tentazione fosse forte), ho ordinato libri. Tenendo conto che non leggo forse dalle scuole medie, ho pensato bene di acquistare 8 libri al primo colpo, in preda ad un irrefrenabile impulso di migliorare la mia vita. Sette di questi sono libri di self-help, di crescita personale (l’ottavo è Profumo di Suskind, un romanzo che ho sempre voluto leggere). Sarà per il loro vivace tono, per i loro concetti motivazionali o la loro organizzazione step by step, ma dal 4 maggio ho letto 3 dei suddetti libri, e ci ho pure preso appunti. Non deve essere un grande numero per i lettori accaniti là fuori, ma per una ventunenne estremamente fuori forma è stato un bel traguardo. 
E’ raro che io mi guardi allo specchio e mi faccia schifo, sono generalmente soddisfatta della mia persona attuale, ma in quei giorni non importa quante frasi motivazionali leggessi, mi facevo comunque pena. Vedevo i chili in più, le occhiaie da orologio biologico completamente sballato, i capelli spenti e senza forma; la quarantena era riuscita a scalfire anche il mio spirito e la mia abilità di tirarmi su il morale, caratteristiche di cui vado molto fiera.
Insomma, dal 4 maggio ho deciso che avrei cambiato vita. Dalla camera del mio appartamento a Roma ho iniziato ad usare la scheda di allenamento settimanale che il mio amico culturista ha fatto per me (il 23 marzo...), ho dato i miei esami universitari, ho iniziato a leggere e ad implementare nuove, sane abitudini, cercando di abbandonarne altre meno sane. Nonostante la mia passione per le soddisfazioni immediate, il non vedere risultati dopo due giorni non mi ha fermato. Mi ritrovo oggi, nella casa della mia città natale, ancora a sfruttare ogni minuto per migliorarmi fisicamente o mentalmente. Da tre settimane seguo gli allenamenti senza eccezioni, continuo a leggere, a studiare per me stessa, ad implementare nuove abitudini. Sto bevendo più di 2 litri d’acqua al giorno! Non lo credevo possibile. Passo tre quarti delle mie giornate a fare pipì, ma dato che sono ancora in quarantena mentre il resto d’Italia è autorizzato ad uscire, la cosa non mi pesa molto. 
Sì, spostandomi dal Lazio alla mia regione di residenza sono dovuta restare chiusa in casa per due settimane, che scadranno questo mercoledì. Sono contenta, sto iniziando ad avvertire il peso di un lockdown durato più di quello delle altre persone, ma allo stesso tempo sono contenta di come ho sfruttato il tempo passato in casa. Ho fatto le mie cazzate, ho bruciato due mesi (marzo e aprile) che avrebbero potuto fare la differenza nel mio percorso di miglioramento personale. Ma quel che è fatto è fatto; ho iniziato in ritardo, questo vuol dire che dovrò lavorare di più per ottenere i miei risultati, ma la cosa non mi pesa. Mi sento mossa da una motivazione che ho avuto poche volte nella vita, ma che spero duri il più a lungo possibile. 
La questione ora è: perchè sto scrivendo tutta questa roba in un post su Tumblr? Prima di tutto, la scelta di piattaforma non è casuale, ma è stata alquanto necessaria: conosco e uso Tumblr da anni e so come funziona. Inoltre, creare un blog su Wordpress mi avrebbe tolto troppo tempo perchè sono una perfezionista che vuole avere la grafica e il layout perfetti prima di poter pubblicare cose. Non so perchè, ma se uso Tumblr non è così. 
Secondo di tutto, l’unica delle nuove buone abitudini che non ho ancora messo in pratica è quella di scrivere il più possibile. E non scrivere ciò che mi sta succedendo o cosa ho mangiato ieri sera, ma scrivere i miei pensieri, le mie riflessioni, i miei sentimenti. Scrivere è stata una delle mie più grandi passioni da quando ho memoria. Ricordo che a stento andavo alle elementari, e già giocavo sul vecchio catorcio che chiamavamo computer inventando e scrivendo storie su Word. Raccontavo le avventure di una bambina come me (la chiamavo sempre Stellina, un nome da incubo a ripensarci), che andava in vacanza con la famiglia e scopriva mondi incantati. Le mie storie non duravano mai più di una pagina, ma io smanettavo con le cornici, con il font e il colore del testo e chiedevo a mio padre di stamparle. Poi le leggevo alla mia famiglia e chiedevo di conservarle. Era il mio passatempo preferito insieme alle Barbie. Anche quelle simboleggiavano un insito bisogno di creare storie, mondi nuovi e fantastici in cui immergermi. Con gli anni la magia è andata svanendo, ai temi d’italiano delle medie davo il meglio di me, portavo a casa innumerevoli 10 e pensavo di essere destinata a fare la scrittrice. Poi è arrivato il liceo, che ha infranto tutti i miei sogni e mi ha fatto smettere di leggere, di scrivere, di voler creare. Ai temi di italiano vedevo raramente un 7. La mia professoressa era un demonio, la incolpo parzialmente per aver rovinato le mie passioni. Il resto della colpa è mia; mi sono lasciata andare alla pigrizia, ho trascurato tante cose e ho coltivato solo più pigrizia, che poi mi ha portato a tante tante esperienze che sarebbero potute andare meglio. Forse un giorno scriverò di esse. 
Per adesso, voglio solo scrivere quello che mi capita, ciò che sento il bisogno di buttare giù, le lezioni che imparo vivendo. E nonostante questo post sia ciò che di più lontano esiste dalla mia idea originaria, ho imparato che la chiave per fare cose che sembrano impegnative, che sia allenarsi, imparare a cucinare, a parlare una lingua, o a scrivere romanzi, è semplicemente di iniziare. Iniziare senza troppi fronzoli o pretese. Quando il 4 maggio ho capito che dovevo iniziare ad allenarmi, ho iniziando mettendomi un paio di leggings e un reggiseno sportivo. Poi ho messo le scarpe, e lì non c’era molto altro che potessi fare. Una volta vestita ho iniziato, ed è stata dura. Davvero dura e uno spettacolo pietoso. Non ho neanche finito il circuito di esercizi perchè sentivo di stare per andare in arresto cardiaco. Ad oggi, tre settimane dopo, a fine allenamento contemplo la possibilità di fare un set in più rispetto ai quattro previsti. Il mio corpo si sta adattando alla nuova abitudine di allenarsi assiduamente. Ora devo solo abituare le mie dita a scrivere di nuovo, e la mia mente a riversarsi su questa pagina bianca. Per questo tengo questo post, lo pubblico e ci aggiungo pure qualche hashtag. Avevo tante cose su cui volevo scrivere, tante lezioni che ho imparato e che voglio diffondere, o semplicemente scrivere per tenerle a mente. E lo farò. C’è tanto che mi frulla in testa ultimamente, e sento già le mie mani muoversi da sole sulla tastiera. Riuscirà la nostra eroina ad implementare un’altra nuova, buona abitudine nel suo processo di crescita personale?
-------------------------------------------------------------------------------------------------
Oh, un’ultima cosa, se qualcuno sta davvero leggendo i miei soliloqui: la pandemia che stiamo vivendo tutti nel mondo è stata dura (e lo è ancora) sulla maggior parte delle persone, ma molto più dura su alcune di esse. Qualcuno è stato costretto a restare chiuso in casa con una famiglia tossica, con qualcuno di non desiderabile o violento per settimane e settimane. Qualcuno con disturbi quali ansia e depressione, che già di per sè portano ad un’alienazione dalla sfera sociale, non è potuto uscire o vedere persone neanche le poche volte in cui ne ha avuto voglia. La mancanza di interazioni, di luce del sole, di vento sulle guance è stata deleterea su questi individui e molti altri in condizioni simili o peggiori. Io sono stata fortunata abbastanza da avere la voglia e la possibilità di provare a migliorare la mia vita, ma non tutti possono o ci riescono. 
La morale di questa postilla è che va bene se hai passato questa quarantena nel letto, a guardare film e serie tv, a mangiare popcorn per cena e a sentirti perso e triste. Non sentirti in colpa se è così. Nessuno ti obbliga a passare il tempo in più che sei stato obbligato ad avere facendo cose produttive. Il nostro cervello è meraviglioso, ma a volte anche lui ha delle difficoltà. Non devi soddisfare le aspettative di nessuno, non devi cercare di essere come l’influencer photoshoppata che passa la quarantena ad allenare il suo bel culo nella sua bella palestra personale. Nessuno ha scelto la quarantena, nessuno ha scelto la pandemia e nessuno ha scelto la propria condizione mentale. Quindi, nessuno può scegliere cosa è giusto che tu faccia. Trova i tuoi tempi, i tuoi ritmi, muoviti quando e se lo decidi tu. Sii paziente con te stesso, sii buono e perdònati. Passerà anche questa.
2 notes · View notes
strawberry8fields · 5 years
Text
“Non sai, quante volte mi definisco un "difetto",
non lo sai, quante volte vorrei sentirmi dire che sbaglio.”
Eugenio Montale
L’antidoto
Il dolore che si diffonde come un veleno. Il monologo nella mia testa. Il periodo di profonda depressione. Il buio che avanza. La rassegnazione degli ultimi tempi all'inadeguatezza, alle obiezioni e alle critiche. L’insoddisfazione di me crescente, il sentirsi sbagliata. Il guizzo di repulsione. Il senso di imperfezione. La malinconica inattività. I pianti nascosti tutt'altro che liberatori. Le esplosioni di rabbia. Le ferite. L’incapacità di sopportare la sofferenza degli altri per causa mia. Il sussulto del terremoto dentro me. L’equilibrio  alquanto precario tra ciò che vorrei essere e quello che di me arriva agli altri. L’abisso in cui sono sprofondata. Lo sguardo lucido sulla vita. La pura facciata di chi non prende niente alla leggera. Il coraggio di reagire. La voglia di farsi aiutare seriamente. Il riemergere della consapevolezza di quella che sono veramente e di ciò che mi rende diversa ma speciale. La risalita dall'abisso. Il dissolversi del buio. La rinascita dal dolore.
Sento come un nodo che mi stringe la gola sempre più e non mi permette di respirare. La paura va e viene. Il dolore, il senso di solitudine e di profonda incomprensione dei meccanismi che ultimamente regolano il mio sentire e il mio agire, rimangono in sottofondo come presenza costante. Quel dolore mi ha fatto sprofondare negli ultimi giorni e mi ha lasciato sempre più incerta, traballante, come un insetto senza zampe.
- «Tutti abbiamo i nostri fantasmi. So che sei nervosa. Agitata. Turbata. Sei furiosa anche. Ti sembra insopportabile che tutto si sia ingorgato quando volevi solo prendere la strada giusta. Non trovi appigli intorno a te. Ti senti sola.Non mollare. Tieni duro. Cerca aiuto. Non abbatterti. Sai bene dove cercare tutto il coraggio di cui hai bisogno ora. Non sai ancora bene come sopravvivere al veleno, a tutta la rabbia, alla frustrazione, al senso di impotenza e solitudine che ti porti dietro; pensi che non ci sia via d’uscita, pensi di meritarti tutto questo, tutta questa sofferenza ma ti assicuro che esiste dentro di te un modo per uscirne viva. Ce la farai. So che ce la farai. Sopravviverai.»
«Dove devo cercare?» penso mentre le parole mi tremolano nella mente e io continuo a sprofondare sempre più.
Lungo la strada, osservo i giorni morti. Ho un sacco di domande senza risposte. Sono disorientata. Sono delusa da me stessa. Mi sento sbagliata. Non mi riconosco più.
In quel momento di paura schiacciante, messa di fronte alla realtà del mio dolore, chiedo con voce soffocata e tremante: «Qual è l’antidoto?»
 - «Hai tu l’antidoto. Le risposte sono già dentro di te, solo che non riesci a scorgerle. Non cercarle fuori di te. Un luogo può solo aiutarti a ripescarle dall'abisso in cui le avevi confinate  ma quando sarai pronta a farlo, solo allora e non prima, ecco perché non le hai trovate dentro la città e ti sei sentita completamente sola. Non eri ancora pronta ad accettarle. In realtà, sono sempre state lì e saranno sempre lì fin quando non deciderai di farle venire a galla e portarle finalmente alla luce perché, pur di averle, non ti farai spaventare dal peso che dovrai sopportare. Far chiarezza dentro te è un’operazione che può essere molto dolorosa e che potrà causarti molti dispiaceri ma è un rischio che devi correre. Affermazioni come queste potrebbero risultare delle ovvietà o come segreti fin troppo manifesti perché funzionino veramente una volta messi in pratica. Credimi. La questione è a suo modo semplice. C’è la realtà di quello che sei. Inizia con il selezionare dal flusso continuo e infinito di emozioni che stai provando, inarrestabilmente mutevole ma costante nell'accezione negativa del lungo periodo down che stai vivendo, quella porzione di te altamente gestibile e manifesta. Quella visibile, quella che avviene alla luce del giorno e che mostri agli altri. Poi inizia a scavare più a fondo, nella porzione di te invisibile agli altri, quella preponderante, quella della sproporzione, della vertiginosa metamorfosi, quella insolubile che tieni celata dentro, quella sfuggente ma che unisce e determina tutte le altre parti e che è la vera causa delle tue sofferenze, del tuo senso di inadeguatezza crescente e dei tuoi comportamenti. Devi percepire la realtà delle tue emozioni nella sua interezza, senza filtri, nella forma più autentica. Guardati dentro, guardati solo attraverso queste. Lascia da parte la razionalità per una volta, la logica, il modo classico di pensare. Pensa ai momenti catartici, pensa alle tue epifanie, pensa agli episodi luminescenti più significativi e, poi, soprattutto a quelli disastrosi e particolarmente dolorosi. Rifletti intensamente sulle tue esperienze di vita passata, quelle molto personali che non hai mai raccontato a nessuno, quelle che hanno evidentemente a che fare con il dolore che stai vivendo in questo periodo in modo aderente e più specifico. Supera il timore di mettere piede in luoghi accantonati dove non sei voluta stare finora. Fallo con tutti i tuoi sensi. Lasciati trasportare dal vento impavida e coraggiosa con il sottofondo musicale giusto.Trova l’origine, fatti aiutare. Devi diventare consapevole delle convinzioni che stanno alla base dei tuoi comportamenti, dei meccanismi ripetitivi che attui, delle difese che innalzi, dei modi di agire che hai, del dolore che ti porti dentro da sempre. Ammettere la tua paura è stato il primo passo. Ascoltati sul serio, senti quello che hai dentro veramente, quello che vuoi davvero. Trova l’effettività di ciò che stai vivendo, trova la radice comune nel passato. Solo allora potrai plasmare le parti a tuo piacimento e dominare le emozioni negative di questo periodo, incanalandole in modo giusto per riemergere dall'abisso e dalla depressione profonda.
«E se l’antidoto non dovesse funzionare?», chiedo dominata dalla paura di non sopravvivere e dai tormenti.
- «Il modo in cui il tuo organismo reagirà all'antidoto dipende da molti fattori diversi, il modo in cui affronterai le risposte è imprevedibile e dipende solo da te. Ognuno reagisce a suo modo. Farà male trovarle, farà male scavare dentro tutto il dolore, farò male rivolgersi di nuovo al passato che non vuoi ricordare e che cerchi di tenere chiuso a chiave in un luogo inaccessibile, ma non c’è altro modo per sopravvivere al veleno, non c’è altro modo di ottenere risposte alle tue domande senza percorrere il tuo abisso personale, senza imparare a percorrere il tuo labirinto.»
«Quindi cosa devo fare per impedire che il veleno si diffonda? chiedo sorpresa dal dolore che provo.
- «Niente che tu non sia in grado di fare. L’antidoto, la vera chiave di svolta, lo possiedi solo tu. Non scomparirà tutto magicamente. Devi lasciare essere la tua anima. Devi lasciarti essere nel mondo. Devi lasciarti essere te stessa. Per farlo, devi liberarti dal dolore profondo che ti impedisce di essere te stessa, libera di essere ciò che sei veramente nella tua rara bellezza. Per liberartene in modo duraturo, devi farti aiutare, sai bene a cosa mi riferisco.»
«Dove sta la salvezza dal dolore? Sono precipitata sul fondo. «Come ritorno in superficie dal mio abisso?» domando in preda alla sofferenza fisica, al disordine emotivo e al desiderio di risalire.
- «Individua la natura del veleno, identificalo. Puoi salvarti, puoi risalire dal fondo se lo fai. La salvezza non può essere ottenuta e trattenuta come un possedimento materiale. È un evento che avviene dentro di te, nell'anima, solo quando sarai davvero pronta ed aperta ad accoglierla, senza però scappare dal mondo per rifugiarti solo dentro te stessa. Nel momento in cui lo farai, quando avrai le tue risposte, capirai anche come emergere dal buio profondo che ora ti porti dentro e risalirai pian piano, giorno dopo giorno.»
«Come faccio a sapere che l’antidoto sarà efficace? Come faccio a sapere che non è troppo tardi? Come faccio a sentirmi di nuovo bene con me stessa invece di sentirmi sbagliata?». Pronuncio le domande una dietro l’altra, rimanendo, speranzosa, in attesa di risposte convincenti e salvifiche.
- «Io credo che tu sappia già come fare a sentirti di nuovo bene con te stessa. C’è una parte di te che crede di non sapere, che oppone resistenza perché il senso di inadeguatezza predomina e ti senti sbagliata e da buttare. Tutto dipende dalla dose di veleno assorbita. Non lasciare che il veleno si diffonda ulteriormente, non lasciarti soffocare dal senso di inadeguatezza e dal disagio crescente che stai vivendo. Non può e non deve essere un limite per la tua vita. Non far sì che il buio diventi eccessivo, sproporzionato rispetto alla luce della tua bellezza interiore. Ritrova i punti d’appoggio certi e i riferimenti circa la percezione delle tue capacità uniche nel dare emozioni e nell'ascoltare come pochi sanno fare che ti rendono così tanto te. Ora lo sai, ora hai tempo per agire e per impedire la diffusione del veleno. Hai ancora tempo. Non aver paura. Non arrenderti. Non tirarti indietro. Prendi l’antidoto.»
«Con un po’ di fortuna, ti salverai e racconterai questa storia con un sorriso», mi dice ottimista.
-  Segue una pausa silenziosa piuttosto eloquente. Poi, riprende. Indirizza al meglio le tue energie. Ricordati: “Solo quando mi accetto come sono, posso cambiare (…) Noi non possiamo cambiare, non possiamo allontanarci da ciò che siamo, finché non accettiamo fino in fondo ciò che siamo. Allora sembra che il cambiamento avvenga quasi inavvertitamente. (…) Più mi sforzo di essere semplicemente me stesso in tutta la complessità della vita, e mi sforzo di capire e di accettare quanto c’è veramente in me e negli altri, più ho la possibilità di provocare un cambiamento maggiore.” 
4 notes · View notes
wendymotorcycle21 · 5 years
Text
La bestia nera. La DPP ESISTE E UCCIDE.
Un bambino di cinque mesi è stato ucciso da sua madre, a causa dello scuotimento eccessivo. Una fragile vita spezzata, e un’altra, completamente a pezzi, distrutta, senza possibilità di redenzione. C’è chi la chiama assassina. Ma nessuno può sapere veramente cosa sia successo nella mente di questa donna, ve lo garantisco. Andiamo con calma. 
Questo non è un trattato di psicologia né niente di lontanamente simile. È il racconto di una persona che ha attraversato momenti molto difficili e incontrato mostri impossibili da sconfiggere del tutto. È molto lungo e prolisso, quindi accomodati e leggi con calma.
Iniziamo dal presupposto che ogni persona è diversa, ogni donna è diversa. Non esiste un manuale o un metodo univoco e universale su come essere madri né su come essere donne durante i primi mesi di vita del proprio figlio, in barba a tutti i corsi pre-parto e alle centinaia di libri a tema maternità letti in attesa di mettere al mondo la nostra creaturina. Un grosso problema di noi umani è che idealizziamo tutto: predisponiamo il nostro nido d’amore, il lettino, il fasciatoio, i completini, la borsa dell’ospedale; passiamo le ore a guardare siti internet per il miglior seggiolino, il miglior passeggino, la fascia portabebé, addirittura per lo svezzamento, paraspigoli ovunque, compriamo i pannolini di tutte le taglie esistenti per andare sul sicuro, e la nostra isoletta felice con un pargolo idealmente perfetto prende forma. Già ci vediamo lì, rilassate, con i capelli decenti e sorridenti, accomodate sulla poltrona messa appositamente per allattarlo in cameretta con il cuscino allattamento, e tutto va liscio come l’olio. Nel nostro sogno d’amore il bebè mangia, fa il ruttino, si addormenta nella sua culletta e noi ci possiamo dedicare a noi stesse. Ma tutto questo, in realtà, non esiste. E se esiste i casi sono due, o siete la Ferragni e avete una super nanny/ostetrica a domicilio H24 che sa come consolare i pupi più inconsolabili, o avete solo un gran culo che comunque, sappiatelo, non durerà.
Poi arriva il momento tanto atteso, il parto. L’ospedale, il parto, ed eccovi belle zozze di sangue con il vostro sgorbio (perché, detto onestamente, appena nati non sono sta gran bellezza: chi dice il contrario MENTE) addosso. Nella migliore delle ipotesi il papà, la nonna o chi per essi lo laverà seguendo le indicazioni delle ostetriche, e ve lo riporterà bello lindo, profumato e vestito, mentre voi... beh, voi mamme sticazzi, vi dovete arrangiare. Puzzate di sudore, o siete sporche di sangue? Fatti vostri. Se avete qualcuno che vi aiuta a lavarvi (e qualcuno che vi tenga il piccolo - non è detto che ve lo tengano nella nursery) bene, altrimenti, zero. Le visite dei parenti, gli accertamenti, le torte di pannolini. Magari già le prime ragadi al seno per un attacco scorretto e le ostetriche che, al posto di aiutarti, sbuffano e ti liquidano con sufficienza se chiedi loro delucidazioni. 
Ecco, non sono in grado di allattare mio figlio, il capezzolo inizia a sanguinare. Come farò a fare tutto il resto? Sono anche bloccata a letto a causa dei problemi che mi dà la ferita del parto. Ecco che in una manciata di ore il sogno d’amore è andato completamente in pezzi, e non ho neanche la forza di raccoglierne i cocci. Un senso di impotenza e inadeguatezza inizia a farsi strada, e il nano è nato da neanche un giorno. ‘nnamo bene, proprio bene, direbbe De Sica.
Con non poche difficoltà finalmente ce ne andiamo a casa. E le difficoltà sono appena iniziate, per me. Il bambino non prende peso, esame delle urine (a un neonato di quattro, QUATTRO giorni), del sangue e anche a me giusto per stare sereni. E pure il vaccino antirosolia a me, che pur essendo favorevolissima, avere la febbre era l’ultimo dei miei desideri in quel periodo. Se avessi avuto un indicatore dello stress in quei giorni, sarebbe stato oltre la stratosfera. Ho abbastanza latte? Si attacca bene? Non capisco, si attacca letteralmente ogni 30 minuti, piange come un’aquila, inconsolabile. Ha solo 24 giorni, non ha ripreso i grammi persi dal calo fisiologico. L’ittero è passato ma niente, il pediatra ci liquida in 10 minuti con un foglietto: aggiunta 120ml ogni pasto di latte plasmon 1. E che roba è, penso io. L’ostetrica del consultorio non è d’accordo: continua ad allattare, e tutto andrà bene. Ma sta figliola non prende peso, io non riesco ad alzarmi dal letto, sono sempre sola a casa, sono bloccata a letto con la bambina e ogni movimento necessario alla sopravvivenza (mangiare io; fare pipì, prendermi cura della ferita, cambiarle il pannolino) è una sofferenza indicibile. Certo, prima o poi guarirà. Ma intanto mi sento uno schifo, vedo altre mamme prendersi cura dei loro piccoli in maniera ineccepibile, da manuale, sempre in ordine, sorridenti, con i capelli in ordine. Io non indosso una tuta né niente che non sia un pigiama dal giorno del parto, a fatica sono riuscita a lavarmi lo stretto indispensabile, mi sento ripugnante, il mio corpo è deformato. Chissà quando ritornerò ad avere una routine normale, un aspetto normale, ad essere bella per mio marito?
Sento che l’ombra avvolge la mia mente, piano piano. Lento, ma inesorabile. Il mio mondo ideale non ha preso vita, la mia mente non lo accetta, e come ogni essere umano a cui tutto crolla addosso cerco un colpevole. Chi è il colpevole? Non io, di sicuro. Ho fatto ciò che dovevo, ho preparato la casa, ho fatto la borsa per l’ospedale... la colpa è senz’altro del bambino. Sì, dev’essere così, è così. Dovevo esserci io al posto di quelle mamme perfette. Di sicuro hanno solo avuto più culo di me, avranno avuto più sostegno... più sostegno. Mia suocera non fa che ripetermi di alzarmi, e dare il latte artificiale. Mia madre l’esatto opposto, di prendermi il mio tempo e allattare, anche se ciò significa fare tre giorni di fila con due ore di sonno complessive, alternate a notti di solo dormiveglia, di ansia apparentemente immotivata che ti impedisce di chiudere occhio. No, mamma e suocera, non siete d’aiuto così. Forse non so neanche io cosa veramente mi sarebbe d’aiuto, ma per carità, smettete di dirmi cosa devo fare. L’ombra mi stringe sempre di più. Le sento come ovattate, le grida di mia figlia che ha fame. Santo cielo, ti ho allattato 10 minuti fa, dieci! Adesso stai lì e basta. La schiena mi fa un male terribile e appena mi sarò ripresa ti allatterò di nuovo, tra l’altro i capezzoli sono devastati. Ma non sono sicura fossero dieci minuti, probabilmente il lasso di tempo era molto più lungo. Ora però le sento chiaramente, la guardo con occhi sbarrati e la allatto subito. Come ho potuto pensare una cosa simile? Quanto tempo effettivamente era passato? La cosa mi spaventa. Ma succede di nuovo, e poi ancora, nei giorni successivi. Piano piano mi rendo conto che tutto ciò che riguarda lei mi sembra un peso enorme, ma proprio tutto, compreso allattarla o dare il biberon, cambiare il pannolino. Senza contare tutto il resto tipo fare la lavatrice (la quale avrà avuto le ragnatele ormai) o cucinare. Volevo solo stare a letto, lontana da ogni rumore. Ero in grado di ignorare il pianto di mia figlia per ore, e non è una skill da acquisire nel tempo né nulla di positivo, era un campanello d’allarme ma non me ne rendevo conto. 
Nessuno si accorse di questa situazione, ma se dico nessuno intendo nessuno. Mio marito lavorava tutto il giorno e la sera doveva arrangiarsi per mangiare, era come se io non ci fossi. La bambina diventava di sua unica responsabilità finché non andava a letto. Solo all’alba dei tre mesi della bambina, che sembrarono secoli, quando tornai a frequentare il consultorio con regolarità (avevo riacquisito parte della mia routine grazie alla completa guarigione della ferita e all’acquisto di un’auto), parlando dei metodi di addormentamento, dissi con nonchalance che “la metto nella culla e la lascio lì, se piange, la lascio piangere. Le lascio una lucina accesa perché mi spiace lasciarla al buio, ma se la tengo in braccio non si addormenta. Poi scendo a guardare la tv o a leggere” e alla domanda “ma non ti angoscia il fatto che pianga? Per quanto va avanti?” io: “boh, non lo so. Non ci ho mai fatto caso”. L’ostetrica mi ha suggerito un colloquio con la terapista del consultorio. È stato solo allora che mi sono resa conto di tante altre piccole cose alle quali non avevo fatto caso. La cosa che mi colpì di più fu quando, con molta dolcezza, la dottoressa mi disse “vorrei dirti che è solo un periodo no, ma ci sono i presupposti per parlare di DPP. Depressione Post Parto. Comunque continuiamo a vederci: ti darò una mano a capirci qualcosa.” 
Fu il primo spiraglio di luce, ma non me ne rendevo conto, anzi. Ero oltremodo arrabbiata con me stessa. Come era possibile, come era potuto accadere? Spesso saltavo gli appuntamenti, e non prendevo per verità assoluta ciò che la dottoressa mi diceva, perché nella mia testa non era accettabile. Ormai la bambina aveva 5 mesi e avevo iniziato lo svezzamento. Ero un orologio: orari precisissimi, cibo pesato al centesimo, mettevo in pratica tutti i consigli della cara ostetrica del consultorio e tutto sembrava andare bene, perché finalmente la bambina prendeva peso in maniera regolare e i parenti sembravano felici e avevano smesso di sindacare sulla questione latte. Ma l’insonnia, l’ansia costante che spesso mi attanagliava e mi impediva di dormire, il velo che mi si posava sulle orecchie quando mia figlia piangeva prima di dormire, erano sempre lì. L’ombra nera mi aveva ancora stretta nella sua morsa, e sfogavo questa cosa anche mangiando eccessivamente: mangiavo di tutto, mangiavo male, spesso vomitavo. Alternavo questo mangiare senza controllo a giorni di digiuno assoluto. Forse nella mia testa speravo che così facendo avrei riacquistato la forma fisica, ma ero arrivata a pesare ben 83 chili contro i 55 dai quali ero partita e che sarebbero il mio peso forma, il mio corpo mi disgustava. L’apatia aveva colpito anche il cane, il nostro cucciolo di chihuahua, al quale spesso mi dimenticavo di dare da mangiare o dimenticavo di farla rientrare dal giardino al pomeriggio. Non prendetemi per una pazza criminale alla quale piace fare del male agli altri: in quei momenti era come se niente altro oltre a uno stato di apatia esistesse nella mia testa. Stavo lì, sul divano o sul letto, a leggere, o a guardare il soffitto, di rado uscivo di casa ed era giusto per fare la spesa. Poi iniziai con lo shopping compulsivo e a strapparmi le sopracciglia con le mani, le crisi di pianto apparentemente immotivate e la sensazione di soffocamento. 
Un giorno, me lo ricordo benissimo. La bambina aveva un maglioncino blu notte coordinato a un leggins grigio, con la stampa di una rosa rossa. Quel pomeriggio qualcosa non andava. Piangeva in maniera disperata, inconsolabile, non sapevo se fossero le coliche, i dentini, fame, sete, chissà cos’altro, fatto sta che non c’era stato modo neanche portandola fuori in passeggiata di calmarla. Ero sola a casa, la presi tra le braccia e mi sdraiai sul mio letto, alzai gli occhi al cielo e iniziai a piangere. Un fiume di lacrime, inarrestabile. Ricordo le parole che le ho detto. “Ma perché? Perché non ho il controllo su ciò che succede? Perché le cose non vanno come avevo previsto?” era tutto nero, per me. Non c’era speranza, tutto andava a sfascio, ed era fuori dal mio controllo. “Ma se non mi aiuto io, chi lo farà? Chi ti crescerà?” e forse, in quel momento, qualcosa nella mia testa si è acceso, o si è rimesso in moto, non so dirlo. Mi sono alzata dal letto con la bambina che ancora piangeva e ho chiamato la dottoressa, che mi ha ricevuto mezz’ora più tardi. Le ho raccontato tutto esattamente così, parole testuali. Nel tempo le avevo omesso anche la questione cibo, ad esempio, cose fondamentali della quale avrei dovuto parlare. Mi ha semplicemente sorriso e mi ha detto: “non posso dire che sei guarita, ma il fatto che tu abbia ammesso a te stessa che qualcosa non va, è un enorme passo avanti. Diciamo che oggi è un giorno dove possiamo segnare una tappa del nostro percorso: abbiamo capito che voler avere il controllo su tutto nella vita è inverosimile, e può essere pericoloso, e distorce la nostra percezione della realtà. Ci vediamo a fine settimana, ti aspetto”. 
Cara, cara Gilda. Ti faranno santa. La dottoressa mi seguì fino ai 9 mesi della bambina, ovvero fino al mio rientro al lavoro. Ripreso il lavoro, e grazie alla dottoressa, alla sua infinita pazienza e ai suoi preziosissimi consigli, al suo supporto, piano piano mi sono ripresa. Come dicevo all’inizio, purtroppo non è qualcosa dal quale se ne esce del tutto, ad oggi mia figlia ha tre anni e io so di avere ancora l’ombra nera che talvolta mi prende, ma ho imparato a gestirla. È facile? No, per niente. Ci sono sere come queste dove desidero solo isolamento. E ora è solo più semplice trovarlo, perché riconosco la mia stessa necessità e la gestisco, senza perdere il controllo. Ma ci è voluto tempo, e fatica. 
Perché ho sentito la necessità di raccontare tutto questo? Perché molta gente non sa cosa sia la Depressione Post Parto. NON è quella condizione di “pianto facile” che capita di avere nei giorni successivi al parto, quello viene chiamato baby blues ed è semplicemente legata allo squilibrio ormonale, non porta conseguenze gravi, ed è ampiamente diffuso. La DPP è più rara, più difficile da riconoscere perché è viscida, infame, scaltra come un ladro nella notte, si infila nella quiete di casa tua, senza che tu te ne accorga. E ti deruba di una parte di te, e non ti è dato sapere quale. Molta gente non crede neanche esista questa condizione. Ho sentito cose agghiaccianti tipo “non può esistere perché noi donne siamo fatte per fare figli quindi se succede una cosa del genere allora una non è destinata a fare la madre, non doveva diventarlo”, e altre amenità simili. E frasi simili sono coltellate, per chi magari vorrebbe chiedere aiuto e finisce per non farlo per vergogna, per non sentirsi ancor più inadeguata e sbagliata di quanto non si senta già.
Perché prima di giudicare e chiamare assassina una donna che compie un atto inconsapevolmente estremo verso il proprio neonato che piange inconsolabile, bisogna capire che cosa veramente sia successo. Cosa stava passando quella donna in quel momento della sua vita? Se fosse stata lasciata da sola, alla mercé dei suoi demoni interiori, reduce di notti insonni, con l’ombra nera che la stringeva a sé? Non possiamo saperlo. Una cosa è certa: la DPP ESISTE. E UCCIDE, se non riconosciuta. Meno dita puntante, più mano tese ad aiutare. È l’unica soluzione possibile.
2 notes · View notes
waitthetimeyouneed · 5 years
Text
Agenzia Cuori Infranti: come predicare bene e razzolare male
Qualche amica mi chiede consigli in ambito sentimentale. La maggior parte delle volte rispondo che io non sono in grado di dare una risposta e che sono la persona meno indicata per questo genere di cose. Non sono pratica. La mia vita sentimentale fa acqua da tutte le parti, nel vero senso della parola. Anzi, sto prima a dire che non ho una vita sentimentale e quelle poche volte che sembrava una parvenza, che sembrava avvicinarsi un risultato sperato, la cosa andava alle ortiche praticamente. Che tristezza. Che situazioni incognite. Però me la cavo abbastanza quando si tratta degli altri, ci vedo giusto, la maggior parte delle volte, il problema è che non riesco a seguire i miei stessi consigli. Che cosa buffa. Probabilmente mi metterò in proprio, farò un’Agenzia dei Cuori Infranti: dispenserò consigli a destra e manca e se poi non andrà a finire bene, curerò i poveri cuori con del cioccolato. Il cioccolato risolve sempre tutto. Che cosa presuntuosa che ho detto: come posso dare consigli io, che di coppie e relazioni non ne so assolutamente nulla? Ho soltanto una cultura infinita di film e di romanzi e le storie sono sempre quelle. Peccato che nella realtà non funzioni così, proprio per niente. E a volte non so come muovermi. Non a volte. Sempre. Non so mai da che parte sbattere la testa. Non so mai come provarci, cosa dire, come reagire, cosa dire. Il mondo maschile è un mondo complicato e non so interpretarlo. Ma questo solo se si tratta della mia situazione. Nel caso invece di questa mia amica che mi chiede consigli invece sono sicura di quello che dico, della reazione che avrei io. Bah. Chissà se è così per tutti. Siamo tutti più bravi quando si tratta degli altri e ci troviamo in difficoltà quando si tratta di noi? Forse perché pensiamo che le nostre situazioni siano diverse da quelle degli altri, le consideriamo in un certo qual senso “speciali” e "uniche" anche se magari agli occhi degli altri sono esattamente uguali e normali a tante altre. Abbiamo una diversa considerazione delle nostre cose, rispetto le altre. Che cosa strana.
1 note · View note