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#maurice frasi
princessofmistake · 10 months
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Lo attorniava uno stuolo di universitari illustri… tutti d’enorme intelletto e cultura. I compagni di Maurice avevano riso del Trinity, ma non potevano ignorarne lo sdegnoso splendore, o negargli la superiorità che quasi non si cura nemmeno di affermare. Lui ci era venuto a loro insaputa, umilmente, a chiedergli aiuto. La sua battuta di spirito svanì in quell’atmosfera, e il cuore gli batté violentemente. Ebbe vergogna, paura. Le stanze di Risley erano in fondo a un breve corridoio nel quale, non essendoci ostacoli, mancava l’illuminazione, e chi doveva percorrerlo scivolava lungo la parete finché non andava a sbattere contro la porta. Maurice vi sbatté più presto di quanto avesse calcolato – fu un cozzo spaventoso – ed esclamò a voce alta: «Accidenti!» mentre vibravano i pannelli. «Avanti,» disse una voce. Lo aspettava una delusione.
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schizografia · 10 months
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Ci interroghiamo sul nostro tempo. Questa interrogazione non si esercita in momenti privilegiati, ma procede senza soste, fa essa stessa parte del tempo, lo incalza nel modo assillante che è proprio del tempo. In un certo senso non è una interrogazione ma una specie di fuga. Sul rumore di fondo costituito dal sapere del corso del mondo, con cui esso precede, accompagna e segue in noi ogni sapere, durante la veglia e il sonno, proiettiamo delle frasi che si scandiscono in domande. Un ronzio di domande. Quanto valgono? Che dicono? Anche queste sono domande.
Maurice Blanchot
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daimonclub · 6 months
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Aforismi sui cani
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Aforismi sui cani Aforismi sui cani, citazioni, massime, pensieri, frasi celebri e riflessioni di autori e scrittori famosi e non sui nostri amici più fedeli e affettuosi. Smise di fumare allorché notò che al suo cane dava fastidio. Giuseppe Mazzini Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato. Arthur Schopenhauer Quando l'uomo si svegliò, disse: "Cosa sta facendo qui Cane Selvatico?". E la Donna rispose: "Il suo nome non è più Cane Selvatico, ma Primo Amico, perché sarà nostro amico per sempre e sempre e sempre." Rudyard Kipling Non esiste lealtà promessa e mantenuta in fondo, eccetto quella di un cane veramente fedele. Konrad Z. Lorenz Che il mio cane mi ami più di quanto io ami lui è un atto innegabile che sempre mi riempie di un sentimento di vergogna. Un cane è pronto in qualsiasi istante a sacrifgicare la sua vita per te. Konrad Z. Lorenz Quanto più brutto è un cane, tanto più i suoi padroni gli vogliono bene. Martyn Lewis Più gente conosco, e più apprezzo il mio cane. Socrate L'ideale di vita di Montmorency e mettersi tra i piedi della gente e farsi ingiuriare. Se riesce a introfularsi dove non è particolarmente ben voluto... allora avverte che la sua giornata ha avuto un senso. Jerome K. Jerome Il commissario Rex è un cane, perché gli altri cosa sono! Carl William Brown
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Aforismi celebri sui cani Chiamarlo cane non sembra fargli giustizia, sebbene ammetto che in apparenza lo fosse in tutto, avendo quattro zampe, una coda e abbaiava. Ma per quelli di noi che lo conoscevano bene era un perfetto gentiluomo. Hermione Gincold Ho scoperto che, quando sei profondamente turbato, è maggiore il conforto che ti da la compagnia devota e silenziosa di un cane di tutto quello che puoi trarre da altre fonti. Doris Day II piacere primo, il più precoce, è quello che deriva dal contatto fisico. Ed è il contatto fisico che rende un animale da compagnia così prezioso per le persone sole. Dilys Powell I cuccioli sono il rimedio naturale alla sensazione di non essere amati... e per numerosi altri dolori della vita. Richard Allan Palm Il genere umano è attratto dai cani perché sono così simili all'uomo - affezionati, confusi, facilmente delusi, avidi di divertimento, grati per ogni gentilezza e per la minima attenzione. Pam Brown È dolce sentire l'onesto abbaio del cane da guardia che ci lancia un profondo benvenuto quando ci avviciniamo a casa; è dolce sapere che c'è un occhio attento che cura il nostro ritorno e si illumina quando arriviamo. Lord Byron Hai visto quello sguardo. Il modo in cui un giovane pittore contempla un Rembrandt o un Tiziano. Il modo in cui Liz Taylor guarda Richard Burton. Il modo in cui Zsa Zsa guarda il visone. È così che un cagnolino da compagnia guarda il suo padrone. Jacqueline Susann I nostri cani amano e ammirano anche il più meschino tra di noi e nutrono la nostra colossale vanità con il loro atto di deferenza privo di critica. Agnes Repplier Nessuno apprezza il genio molto speciale della tua conversazione quanto un cane. Christopher Morley Non dobbiamo guadagnarci la sua fiducia o la sua amicizia: è nato per essere nostro amico; quando i suoi occhi sono ancora chiusi, lui già crede in noi: prima ancora di nascere, ha già dato se stesso all'uomo. Maurice Maeterlinck Signore, io faccio la guardia! Se non sono qui io, chi curerà la loro casa o sorveglierà il loro gregge? Essere fedele? Nessuno oltre a me e Te capisce cos'è la fedeltà. Loro mi chiamano "Cane buono!", "Beel cane!" Parole… Anonimo Dietro ogni terranova, boxer, danese c'è un cucciolo che desidera solo accoccolartisi in grembo. Helen Thomson Se mi siedo su una panchina, me lo trovo improvvisamente di fianco, prima che si sdrai su uno dei miei piedi. È tipico infatti del suo modo di fare correre intorno quando anch'io sono in movimento, mentre quando mi siedo, mi imita subito. Thomas Mann II cane comune rivolge un'unica richiesta a tutto il genere umano: amatemi. Helen Exley Un cane ha un unico obiettivo nella sua vita: donare il proprio cuore. J.R. Ackerley
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Frasi famose e ciotazioni celebri sui cani Un cane è l'unico essere su questa terra che ti ama più di quanto non ami se stesso. Josh Billings - Enry Wheeler Shaw I cani sono gli animali più socievoli, affettuosi ed amabili dell'intero creato. Edmund Burke Visitare un canile è un'esperienza estenuante - tutte quelle creature disperate che abbaiano a gran voce per catturare la tua attenzione. Per chi è tenere di cuore non è difficile venirsene via con una muta intera. Jilly Cooper La libertà individuale è la maggiore benedizione per un uomo, per un cane è l'ultima parola della disperazione. William Lyon Phelps Lo sapete che cosa hanno in comune un cane ed un ginecologo miope? ma è semplice, tutti e due hanno sempre il naso umido. Carl William Brown Lo sguardo fisso del lupo penetra nelle nostre coscienze. Berry Lopez Non sarà per molto non vuol dire nulla per un cane. Tutto quello che sa è che te ne sei ANDATO. JANE SWANLo spettacolo più triste del mondo è un cucciolo sperudoto che con la cosa tra le zampe se ne va in tondo. Arthur Gutterman No, Bobi! Non ho voglia di andare a fare una passeggiata - non mi sento in forma: preferirei starmene seduto a chiacchierare, o starmene seduto a leggere, o semplicemente starmene seduto. Fa molto caldo: c'è un sacco di polvere - non penso davvero di poter… beh, se fai quella faccia lì, devo - Sei il mio cane? No, sono io il tuo uomo. Robert Bell Una porta è quella cosa rispetto alla quale un cane si trova eternamente dalla parte sbagliata. Ogden Nash La creatura più affettuosa al mondo è un cane bagnato. Ambrose Bierce Montemorency arrivava e si sedeva sulle cose proprio quando volevi metterle a posto. Ficcava le zampe nella marmellata, tormentava i cucchiaini di caffè, faceva finta cheilimoni fossero topi e si tuffava nella cesta, uccidendone tre. Jerome K. Jerome Un cane crede che tu sia quello che pensi di essere. Jane Swan La maggior parte dei cani non pensano di essere umani, lo sanno. Jane Swan Qualsiasi cosa sia, è buona" - è il tuo benevolo credo. Il tuo ornamento, la tua gioia di vivere portata come fosse una corona. Dorothy Parker Cuccioli in vendita: l'unico amore che il denaro può comprare. Cartello affisso in un negozio. Compra un cucciolo e investirai il tuo denaro in un amore costante. Anonimo La storia offre più esempi della fedeltà dei cani di quella degli amici. Alexander Pope Il cane esitò un istante, ma quasi subito prese a fare qualche approccio con la coda. Il bambino allungò la mano e lo chiamò. In maniera plateale, il cane si avvicinò a lui, e i due ebbero uno scambio di amichevoli pacche e dondolii. Stephen Crane È così peloso! Gli ospiti si divertono un sacco quando si alza in piedi e si rendono conto improvvisamente di avere parlato all'estremità sbagliata. Elisabeth Jones Un cane è un sorriso e una coda che si agita. Tutto quello che c'è in mezzo e non è poi così importante. Clara Ortega
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Aforismi, massime, citazioni famose sui cani I bassotti sono cani ideali per i bambini piccoli, dato che sono già stati tirati e schiacciati così tanto che un bambino non potrà più fare loro molto male in un senso o nell'altro. Robert Benchley Guardate gli occhi di un cane che dorme e vergognatevi della vostra profonda filosofia. Elias Canetti Fa una vita da cani, dice la gente piangendo - ma perchè... fai tutto il giorno esattamente quello che ti va di fare; dormi prima di ogni pasto, e dopo. La gente dovrebbe saperlo! A.P. Herbert L'uomo era disteso sul pavimento, ubriaco fradicio e privo di conoscenza. Il cane, sdraiato al suo fianco, sembrava guardarmi con occhi tristi, imploranti. Sebbene il mondo intero disprezzasse quell'uomo, il povero animale lo amava e gli sarebbe stato fedele fino alla morte. Robert Service La maggior parte delle persone che hanno un cane alla lunga imparano ad obbedire al loro compagno a quattro zampe. Robert Morley Più conosco gli uomini e più mi piacciono i cani. Madame De Staël Il cane ha avuto raramente successo nel far salire l'uomo al suo grado di sagacia, ma l'uomo è spesso riuscito a trascinare giù il cane al suo livello. James Thurber Se raccogli dalla strada un cane che sta morendo di fame e lo rifocilli, non ti morderà. È questa la differenza fondamentale tra un uomo e un cane. Mark Twain Naturalmente, quello che lui sogna con più intensità è di essere portato a fare una passeggiata, e tanto più ti mostrerai indulgente, tanto più lui ti adorerà, e tanto più la bellezza latente della sua natura trasparirà. Henry James È arrivato un cagnolino! -arrivato a colmare il vuoto lasciato da amici falsi e interessati. Già vedo che è senza invidia, odio o malizia - che non tradirà i miei segreti e non soffrirà se avrò successo, né proverà piacere della mia sfortuna. George Eliot Ogni cucciolo dovrebbe avere un ragazzino. Erma Bombeck Il cane è stato creato soprattutto per i bambini: è il dio del divertimento Henry Ward Beecher Uno degli spettacoli più tristi è quello offerto da un danese malato. I suoi grandi occhi sono l'immagine della sofferenza: un danese fa di tutto, infatti, quando si sente malato, per ottenere amore e simpatia, esageran do i sintomi. Barbara Woodhouse Se fossero esaudite le preghiere di un cane, pioverebbero ossi dal cielo. Proverbio Un cane ben addestrato non tenterà di dividere con te il tuo cibo. Semplicemente, ti farà sentire così in colpa da non riuscire a gustarlo. Helen Thomson Un cane desidera il tuo affetto più della sua pappa. Beh - quasi. Charlotte Gray Forse ci sono dei paesi, nei quali, venendo paragonati a un cane, si acquista in breve maggiore importanza, salendo nella scala sociale. Essere chiamati cani potrebbe rivelarsi una cosa poi non così brutta. John Richard Stephens Durante gli scavi effettuati a Pompei per riportare alla luce le rovine della cittadina campana, investita dalla lava vulcanica nel 79 d.C., venne rinvenuto un cane sdraiato dopra un bambino. L'animale, il cui nome era Delta, portava sul collare il racconto di come avesse salvato per ben tre volte la vita del suo padrone, tale Severinus. John Richard Stephens Il sentimento per i cani è quello stesso che nutriamo per i bambini. Sigmund Freud La facoltà di compatire non è propria del solo uomo. In casa mia v'era un cane che dal un balcone gittava del pane ad un altro cane sulla strada. Giacomo Leopardi Sugli animali domestici potete anche leggere: Riflessioni e pensieri sui cani Aforismi e pensieri sui gatti Riflessioni sugli animali https://www.youtube.com/watch?v=7awj63Om8bA Aforismi per autore Aforismi per argomento Riflessioni e pensieri Saggi e aforismi Read the full article
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rraskolnikovv · 4 years
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«Strani rapporti. L’estremo pensiero e l’estrema sofferenza aprono forse il medesimo orizzonte? Forse soffrire è, in definitiva, pensare?»
-Maurice Blanchot
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vfts-352 · 5 years
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“Non era difficile scavare nel posto in cui ero. Ero una pianura coperta di sabbia. Spezzai la spada perché mi servisse a scavare, ma più ancora utili mi furono le mani. Scavai una larga fossa vi deposi l’idolo del mio cuore dopo averla avvolta accuratamente con tutti i miei abiti perché la sabbia non la toccasse. Ma prima la baciai mille volte con tutto l’ardore del più assoluto amore. Mi sedetti ancora accanto a lei. La contemplai a lungo. Non potevo risolvermi a colmare la fossa. Ma già le mie forze ricominciavano a declinare e temetti che mi venissero a mancare completamente prima di aver ultimato il mio compito. Seppellii allora per sempre nel seno della terra tutto ciò che la terra aveva portato di più perfetto e di più adorabile. Poi mi sdraia sulla fossa col viso sulla sabbia e, chiudendo gli occhi con la volontà di non aprirli mai più, invocai l’aiuto del Cielo e attesi con impazienza la morte." 
~La storia del cavaliere des Grieux e di Manon Lescaut, Antoine-François Prévost (il seppellimento di Manon)
Dipinto olio su tela di Maurice Leloir, La sepoltura di Manon Lescaut (1892)
@vfts-352 
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bosummers · 5 years
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Chi è il filosofo?
Le filosofie sono le conchiglie che i filosofi hanno abitato: lasciano appena indovinare la vita nascosta dell’animale. Al di là delle dottrine, essere filosofo significa sentire che le verità sono discordanti eppure solidali, cercarne il nodo, tenerle assieme nel mondo, è la decisione di dire tutto, una scommessa sulla chiarezza. Il filosofo, dunque, non sceglie? Spalle al muro, fa come gli altri. Ma, giustamente, non vuole che si metta nel conto della Ragione universale una scelta che si compie nel pressappoco. Quando le cose giungono al punto in cui non vi sono altro che soluzioni sbagliate, lui si decide per la meno sbagliata. Ma dice anche perché, e che si tratta di un ripiego. Se deve restare se stesso, bisogna che non cada, e gli altri con lui, nella trappola delle questioni mal poste, che non serbi per sé i suoi dubbi mostrando agli altri nient’altro che certezze, come si fa con i bambini, che non taccia le sue motivazioni fornendo unicamente le conclusioni. Proprio allora risulterebbe equivoco, ed è invece per mantenersi vero che deve avere l’aria ambigua. Né migliore né peggiore degli altri, ma votato, se la sua vita ha un senso, a manifestare e a mettere in parole i conflitti che gli altri vivono in silenzio, non accetterà il compromesso con l’irrazionale se non per trarne maggiore chiarezza, per saperne qualcosa, per dirne qualcosa. Tale è la sua regola, la sua azione, il suo partito.
M. Merleau-Ponty, Elogio della filosofia
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pensieri-ribelli · 3 years
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Non è la ragione che ci dà una guida morale, è la sensibilità. (Maurice Barrès) #frasi #pensieri #parole #poesia #arte #scrivere #instamoment #pensierieparole #style #seguitemi #instafollow #libro #artistsoninstagram #instagram #instalike #photography #afrorismi #mipiaceleggere #amicizia #art #amore #love #lifestyle #instagood #insta #instamood #instalove #tumblr https://www.instagram.com/p/CPk7so4nTrq/?utm_medium=tumblr
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luigicalzini · 7 years
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Maurice Blanchot per il post del giorno . La solitudine . #frasi #mauriceblanchot #frasibelle #citazioni #aforismi #frasicalzinimmobiliare #marketing #agenziaimmobiliare #roma #vialeippocrate28 #piazzabologna #postoftheday #solitudine (presso Calzini Immobiliare di Calzini Luigi)
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nicksalius · 7 years
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L’idea di giustizia nei vangeli - Maurice Nicoll - 1
L’idea di giustizia nei vangeli – Maurice Nicoll – 1
Esaminiamo nei Vangeli alcuni esempi dell’insegnamento di Cristo; essi riguardano ciò che è necessario fare per avvicinarsi a un livello superiore di Uomo e contemporaneamente cerchiamo di dare un senso, a una o due frasi usate da Cristo e che non sono completamente chiare. Cristo dice: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt.…
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princessofmistake · 3 years
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«Non funzionerebbe, Maurice. Non lo capisci, che sarebbe la rovina di tutti e due, la tua oltre che la mia?»   «[...] 𝐕𝐞𝐫𝐫ò 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐞, 𝐧𝐨𝐧 𝐦’𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐧𝐮𝐥𝐥𝐚. Sono pronto a vedere qualsiasi persona, ad affrontare qualsiasi situazione. Se gli altri hanno voglia d’indovinare, si accomodino pure, ne ho fin sopra i capelli. [...]  È 𝐮𝐧 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨, 𝐝’𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢𝐨 𝐜’è 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞, 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐮𝐧𝐪𝐮𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐚 𝐬𝐢 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚, 𝐞 𝐬𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚.  » 
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princessofmistake · 3 years
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La massa di fiori dirimpetto scomparve e ricomparve, e di nuovo Clive ebbe la sensazione che il suo amico, ondeggiando lì davanti come faceva, partecipasse dell’essenza della notte.
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schizografia · 5 years
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"Mi chiedo se queste righe abbiano veramente lo scopo di presentare un autore e un libro, oppure se non siano destinate a ritardare l'incontro che voi, amico lettore, state per fare con una sordidezza che potrà spaventarvi. Naturalmente questo fango possiede qualità rare, altrimenti non avremmo avuto il cattivo gusto né la cattiveria di farvici entrare [...]
Non avremmo osato presentarvi questo manoscritto così come ci è arrivato in mano: si, proprio come il bambino appena nato, tutto impiastricciato e sozzo. Non che si sia voluto trasformare in un pupetto incipiatro e arricciato. Abbiamo scelto la via di mezzo, chiedendo e ottenendo facilmente dall'autore che, delle 1.500 pagine del suo manoscritto, ne togliesse 150 ossia il dieci per cento. Si tratta naturalmente delle pagine più forti, non le meno pubblicabili ma quelle proprio impubblicabili, che non potremo mai dimenticare e che, per varie notti di seguito, ci hanno procurato incubi. E d'altro canto la guardia che vigila intorno alle mura della città non le avrebbe lasciate passare. Mi obbietterete che non si deve in questo modo prevenire la volontà dei censori. No, certo, per principio; e ci si ricorderà forse di averci trovato sulla breccia a proposito di Henry Miller, di Sade, di Jean Genet. Come allora, oggi non ci manca il coraggio di batterci. Ma chiedete a Jean Douassot se le pagine che gli abbiamo chiesto di sopprimere non erano veramente orribili. Senza avere il talento letterario di Sade, di Lautréamont, di Jean Genet, egli è andato più lontano di costoro, e la parola adatta è proprio orrore. Bisogna che la vista ne sia risparmiata a coloro che non leggono per non spaventarsi [...]
Quando un simile manoscritto vi cade dal cielo, o arriva con la posta, com'è accaduto, il primo desiderio è quello di far la conoscenza dell'autore. Chi è Jean Douassot? Dov'è? Che fa? Come vive? Abbiamo capito bene che, direttamente o no, egli parlava di sé; e che il suo romanzo ci sconvolge tanto perchè vi è dentro una parte di quelle confidenze che di solito non si mettono su carta. Che cosa è diventato il bambino che, in queste pagine, tremava di irrefrenabile paura davanti all'acqua che saliva, insieme ai topi, nella cantina dove viveva, sopra un chiusino, che è stato violato dalla Perny, che ha dato la sua manina e la sua fiducia allo zio poeta, che ha songnato, delirato per giornate e nottate intere al punto che, al pari di lui, non riusciamo a distinguere bene, in quello che dice, il sogno dalla realtà? Il suo caso è come quello di tutti i figli di poveri; ma sua madre l'ha veramente preso fra le braccia per gettarlo nella Senna, in un momento di disperazione? La chiatta dove, com'egli dice tremendamente, la sua nonna si fa "sbattere" dai vagabondi, è uscita dalla sua fantasia? E quel sanatorio prigione dove l'unico compagno che si sia fatto si chiama Pneumo senza dubbio per ricordare con delicatezza l'operazione che ha subito, non lo ha forse sognato, al pari di tanti e tanti episodi che sembrano uscire dal cervello d'un demente, mentre l'unica follia che qui regna è collettiva: è il mondo che è pazzo, il mondo nel quale si fanno entrare per forza i figli dei poveri.
Fatto è che queste domande non ho avuto il coraggio di farle al giovane che m'ha ricevuto in casa sua, una casetta di montagna, a quattordici chilometri da Parigi. Mi sono apparse tutt'a un tratto senza scopo, inutili, fuori posto.
Jean Douassot ha passato veramente l'infanzia nella cantina che ha descritto . Suo padre, operaio, sua madre e sua nonna erano portinai del casamento di quel quartiere periferico sulle rive della Senna. A intervalli ha frequentato la scuola, e non si ricorda di averci imparato molto. A quattordici anni s'è ritrovato in un'officina, come ogni figliolo di proletario per cui essa rappresenta, dopo la scuola, uno sbocco normale. Lì ha sofferto. Era caduto ammalato una prima volta, prima che la guerra, l'esodo e i suoi strascichi lo togliessero alla compagnia delle macchine. Scopre un'occupazione meno faticosa in una libreria di Marsiglia, dove fa il commesso. Fatto abile al servizio militare, parte per "pacificare" il Marocco. Dopo ricade malato, questa volta in modo grave: dovrà restare a letto per un anno. Questo anno di letto gli dà occasione di scrivere. Nella libreria dov'era rimasto per cinque anni è caduto sopra ogni specie di libri, che ha divorato a caso e di furia. Non classici (bisogna dire: purtroppo?) ma Sade, Lautréamont, Joyce, Genet, pare incredibile, e specialmente Miller. Si deve pensare che questi autori l'abbiamo scosso ben bene, ma Miller specialmente ha operato su di lui una rovoluzione: dunque è possibile scrivere, dice egli a se stesso, partendo dalla propria vita, denza dover costruire frasi, e mettendole giù come vengono, evitando di pensare all'effetto che fanno, alla buona, senza finzioni, spalancando le chiuse alla poesia. Una zia gli ha offerto la macchina per scrivere. A letto, posa la macchina su una tavola, e picchia sui tasti per quant'è lunga la giornata. Vengono fuori settecento pagine, che lui strappa; poi cinquecento, e anche queste le strappa (scrivere senza finzioni non è tanto facile); e infine le settecentocinquanta (che per facciata facevano millecinquecento) che mi ha mandato e che costituiscono La Gana [...] questa epopea della miseria d'un ragazzo, questo doloroso poema d'una ricerca di purezza e di speranza. Non protestate: questa non è letteratura, ricadreste nell'errore degli storici d'arte e degli amatori che per cinquant'anni e più hanno che quella del Doganiere Rousseau non era pittura. L'ineffabile dell'arte può somigliare alla sua evidenza, però non si ha il diritto di confonderli"
Maurice Nadeau, avvertenza all'edizione francese
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pangeanews · 4 years
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“Per molto tempo ho pensato di aver pagato la mia libertà con la sua morte…”. Esce “Les Inséparables”, il romanzo ritrovato di Simone de Beauvoir sull’amica Zaza. Sartre non lo voleva pubblicare perché non era abbastanza politico & polemico
Nel libro autobiografico del 1963, La forza delle cose, Simone de Beauvoir fa un riferimento fugace ma abbagliante a un romanzo abbandonato. Il soggetto riguarda una storia incentrata sulla vita di Elisabeth Lacoin, “Zaza”, la migliore amica di Simone, che morì troppo giovane a causa di una encefalite virale. Simone de Beauvoir cominciò a scrivere il romanzo nel 1954, cinque anni dopo la pubblicazione de Il secondo sesso, il rivoluzionario trattato femminista. Vi lavorò alcuni mesi, per poi mostrarlo a Jean-Paul Sartre. Sartre non ne fu impressionato. La storia “sembrava non possedere una necessità interiore, intima, fallendo nel tentativo di avvincere il lettore”. Simone fu d’accordo nell’obliare il romanzo.
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Nei decenni successivi gli studiosi si sono chiesti che fine abbia fatto quel manoscritto. Nonostante siano emerse diverse opere postume della de Beauvoir, quel romanzo è rimasto avvolto nel mistero. Ora, dopo che Sylvie Le Bon, figlia adottiva della de Beauvoir, ha scelto di editare le opere narrative dell’archivio che ha ereditato, quel romanzo, con il titolo Les Inséparables, viene alla luce. Il romanzo di 176 pagina uscirà in Francia in autunno e negli Stati Uniti il prossimo anno, illuminando, così, una relazione fondamentale nella crescita di Simone, che ha modellato le sue opinioni su diseguaglianza di genere e sessismo.
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“Ha fatto bene a mettere da parte quel manoscritto? Perché fu del tutto soggiogata dalle opinioni di Sartre? Non credo che il problema sia la scrittura”, ha detto Toril Moi, professore di letteratura alla Duke University e autore di Simone de Beauvoir: The Making of an Intellectual Woman, che ha letto il romanzo finora inedito. “Lo ha giudicato insignificante perché non è un romanzo politico”. Contattata telefonicamente, Sylvie Le Bon ha detto che Les Inséparables avrebbe dovuto essere pubblicato nel 1986, poco dopo la morte di Simone, ma “altre priorità editoriali hanno rallentato il mio intento: ora siamo pronti a lavorare sui romanzi e i racconti che giacciono nell’archivio”. La de Beauvoir ha scelto Sylvie Le Bon, sua stretta confidente per 26 anni, come esecutore testamentario, adottandola legalmente nel 1980. La Le Bon ha in programma, nei prossimi anni, di pubblicare ulteriori testi narrativi inediti della de Beauvoir. “Quando ha scritto questo libro, nel 1954, aveva già raffinato il suo talento di scrittrice. Simone ha distrutto alcune opere di cui non era soddisfatta: questa ha preferito conservarla. A proposito delle sue carte mi disse, ‘Farai ciò che ritieni giusto’”.
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Il manoscritto, in verità, non ha titolo. La Le Bon ha scelto la parola “inseparabili” perché ricorre costantemente nel testo, concentrato sulla relazione tra Simone e “Zaza”. Nate entrambe da famiglie cattoliche borghesi, si sono incontrare a nove anni, condividendo sogni di indipendenza e di istruzione superiore. Zaza, la più ribelle, ha spronato l’amica Simone: “Solo quando mi sono confrontata con Zaza ho deplorato con ferocia la mia banalità”, scrive in Memorie d’una ragazza perbene. La storia di Zaza come appare in Memorie d’una ragazza perbene (1958) è un’eco della versione romanzata, vi ricorrono identiche alcune frasi. In entrambi i libri la de Beauvoir racconta le pressioni familiari che hanno indotto Zaza a rinunciare agli studi e il rapporto sfortunato con il filosofo Maurice Marleu-Ponty (chiamato Jean nel romanzo). La morte prematura, a 21 anni, lasciò Simone devastata. La de Beauvoir interpreta l’ironia crudele del destino di Zaza, la ragazza che l’aveva ispirata a respingere le attese e le restrizioni convenzionali a cui erano obbligate le donne, schiacciata da quelle stesse forze, senza vivere abbastanza per superarle e farsi indipendente. “Avevamo combattuto insieme ribaltando il destino che ci era preparato… per molto tempo ho pensato di aver pagato la mia libertà con la sua morte”. Il romanzo sarà pubblicato in Francia da Les Éditions de l’Herne; i diritti de Les Inséparables sono stati venduti a editori di 17 paesi nel mondo.
Alexandra Alter
*L’articolo è una parziale traduzione di “Coming Soon: New Fiction From Simone de Beauvoir”, pubblicato su “The New York Times”
L'articolo “Per molto tempo ho pensato di aver pagato la mia libertà con la sua morte…”. Esce “Les Inséparables”, il romanzo ritrovato di Simone de Beauvoir sull’amica Zaza. Sartre non lo voleva pubblicare perché non era abbastanza politico & polemico proviene da Pangea.
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pangeanews · 5 years
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“Stupore e disgusto, questo è il suo ritmo”. D.H. Lawrence: o con lui o contro di lui
D.H. Lawrence è ancora, a 90 anni dalla morte, uno scrittore irresistibile. Sarà didascalico, frugale, fluviale. Ma incanta, conquista. Recentemente, le edizioni di Via del Vento hanno stampato un racconto altrimenti inedito in Italia, “Un sogno di vita” (del 1927), per la cura di Francesco Cappellini. Nel mondo anglofono, invece, esce una raccolta di saggi, “The Bar Side of Books”, per la cura di Geoff Dyer. “Leggere Lawrence è essere in contatto con una personalità che ha sfondato forma e retorica, che si confronta con una specie di sfrontata nudità”, diceva Anthony Burgess. Del libro hanno parlato in molti, abbiamo scelto di tradurre un articolo di Zachary Fine pubblicato su “The Nation”, dal titolo, “The Debauched, Sometimes Sublime Essays of D.H. Lawrence”.
***
D.H. Lawrence, per sua ammissione, era smisurato. “Non sono un uomo”, scriveva, “sono molti uomini, e anche di più”. Un appetito famelico, ‘whitmaniano’, giustificato dalla mole del suo lavoro: 12 romanzi, quattro libri di viaggio, svariati testi teatrali e di critica, molteplici racconti e poesie, per non parlare delle migliaia di lettere. Eppure, se lo leggi, non puoi fare a meno che incorrere in tratti piuttosto crudi del suo carattere. The Bad Side of Books, la raccolta di saggi di Lawrence curata da Geoff Dyer, rivela che lo scrittore inglese è stato un uomo, tra l’altro, che detestava la democrazia, ammirava l’uomo forte e il governatore deciso, celebrava gli impulsi e gli istinti rispetto alla ragione, il mito sulla storia, adorava gli indiani e le “razze oscure” quando non ne era disgustato, suggeriva che le donne – anche quando se la prende con gli uomini per i loro comportamenti odiosi – infine, sono poco intelligenti e devono essere sottomesse. Non lo elettrizzavano gli ebrei né gli inglesi.
*
Certo, ogni volta che Lawrence denigra le donne o la democrazia ce n’è un’altra in cui fa il contrario. Ha concesso ai lettori di navigare nelle sue contraddizioni. Nel 1930, dopo la morte, accaduta a 44 anni, alcuni ammiratori considerarono che il povero scrittore roso dalla tubercolosi doveva essere difeso. Ci furono necrologi, tributi, tentativi di salvare la sua eredità e di spostare l’attenzione dalla censura, dall’esilio, dalla chiacchierata mania sessuale. Negli anni Cinquanta, dopo anni di silenzio, il risveglio. F.R. Leavis cominciò a riscoprire Lawrence con energia febbrile; uscirono nuove biografie accanto a nuove edizioni dei suoi romanzi. Dopo che L’amante di Lady Chatterley trionfò, nel 1960, vincendo il processo per oscenità, la controcultura riscoprì Lawrence come il solo modernista della working-class della letteratura inglese, il figlio del minatore di carbone fuggito con l’aristocratica tedesca, il rosso-barbuto devoto all’arte di amare, il critico appassionato che si scaglia contro l’industria senza cuore e il compiacimento borghese. Negli anni Settanta ci fu La politica del sesso di Kate Millett che interpretava Lawrence come il pontefice “di un culto omicida fallico”. La sua fama è sempre stata in evoluzione, recuperata, ripresa. Il critico, così, è intrappolato e le urne guaiscono: sei con lui o contro di lui?
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Genericamente, il giudizio si basa sui romanzi. Alcuni amano Figli e amanti, L’arcobaleno, Donne innamorate, L’amante di Lady Chatterley, altri si innamorano delle poesie; la saggistica di solito è trascurata. Alcuni studiosi preferiscono i testi critici, formalmente convincenti come i romanzi. D’altronde, Lawrence disse a Catherine Carswell che il saggio del 1922 su Maurice Magnus era “il miglior pezzo che abbia mai scritto”. Ha ragione. Dagli spazio, a D.H., lascialo vagare nella vita dissoluta di antieroi come Magnus, dagli emozioni e dettagli da azzannare: ciò che accade è sbalorditivo. Il saggio è teso come un racconto, intenso, con personaggi imperfetti e vivaci e descrizioni liriche; è poetico e polemico al tempo stesso.
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Lawrence ha occhio chirurgico per i dettagli, sente le vibrazioni metafisiche, anche se a volte è difficile assolvere le sue cretinate. In A Letter From Abroad. The Death of D.H. Lawrence, Rebecca West descrive l’incontro con Lawrence a Firenze. West, insieme a Norman Douglas, scrittore e amico di Lawrence, lo saluta in un albergo sull’Arno. La stanza è squallida, senza finestre e Lawrence ticchetta sulla macchina da scrivere, indiavolato. Douglas scoppia a ridere e chiede a Lawrence se per caso non stesse scrivendo un articolo “sullo stato di Firenze, oggi”. Lawrence fa cenno di sì. “Era piuttosto imbarazzante”, scrive la West, “perché Douglas si mise a raccontare di come Lawrence era solito andare dalla stazione ferroviaria all’albergo, subito, per mettersi a scrivere articoli martellanti, descrivendo in modo esauriente il temperamento del popolo che era appena andato a visitare…”. Durante la lettura, ci sono momenti in cui vorresti perdonarlo. Le sue frasi, così sfrenate e fresche, così stranamente perfette. Anche quando riduce in cenere il proprio soggetto, la prosa fiammeggia, nell’aria, suprema.
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Stupore e disprezzo, stupore e disgusto – questo è il ritmo della lettura di Lawrence. È una strada da cui non sai mai dove scendere, ipnotica. Alcuni critici tendono a vanificare la differenza tra forma e contenuto, ma in Lawrence sembra esserci una feritoia. Bellezza scissa dalla bile: bellezza che oscura il contenuto biliare. Ma forse è una mia immaginazione. Forse c’è soltanto bile. La sua politica, infine, è disperante e terribile. Se c’è bellezza nei suoi scritti, è il lirismo a renderla possibile.
Zachary Fine
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pangeanews · 5 years
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Se analizziamo i testi di Franco Battiato ci ritroviamo classicisti a tutto spiano… Ovvero: sui rapporti tra poesia e canzone
Non sono suggestioni.  Se analizziamo i testi di Franco Battiato ci ritroviamo classicisti a tutto spiano: Delenda Carthago non solo è la ripresentazione musicale della nota orazione catoniana all’alba della terza guerra punica ma è anche una sua rimodulazione di medesimi sintagmi storiografici (cfr. conferendis pecuniis con Tac. Ann. XV, 45: interea conferendis pecuniis pervastata Italia). Le contiguità non toccano casi isolatissimi: il mito di Odisseo da Omero a Guccini insieme a quello di Orfeo ed Euridice da Ovidio a Carmen Consoli hanno lo stesso pubblico tra ieri ed oggi in un racconto vincente che sfama da sempre.
Dunque, se è vero che è difficile, in alcuni casi, documentare una volontaria trasmissione diretta di luoghi comuni, è altrettanto evidente che, volente o nolente, la tradizione che ci ha preceduto abbia lasciato tracce di sé in un ventaglio di idee e modi di dire che ad essa comunque riportano, come ad evidenziare un debito di riconoscenza che, ad un livello più alto, platonico, potremmo aggiungere, è ri-conoscere sul piano cognitivo.  Questione di magnetismo genetico, allora! Si sa poi che tante nostre espressioni camminano senza il nome dei loro autori: non per questo il retaggio culturale è meno forte!
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C’è un autore italiano, Francesco Melosio (Città della Pieve, 1609-1670), che può entrare a pieno titolo nel vivo di questa modesta discussione: un autore minore del panorama storico italiano che non è passato inosservato ai suoi tempi, malgrado le informazioni su di lui siano piuttosto digiune.  Delle notizie di cui siamo in possesso, fu colto umanista e profondo conoscitore delle leggi: entrò al servizio dei potenti non solo a Roma, ma anche a Venezia ed a Torino; del resto, era prevedibile questo mecenatismo, a mo’ d’invarianza per traslazione dei tempi! Attraverso le poesie denunciò, pur con apparente amenità, il profondo malessere del tempo. Tra le sue opere si ricordano: Discorsi accademici, Orione, Sidonio e Dorische e Poesie e prose. Un sonetto, per cominciare, sembra il background culturale di qualche canzone di un quarantennio fa. «Donne con carte a mazzo andar potete / mentre alle carte voi vi assomigliate, / che son di stracci, e voi in stracci andate, / elle dipinte, e voi pitture siete. / Voi le spade negl’occhi ogn’or tenete, / i danari di voi son chiome aurate, / i bastoni ne’piedi ognor portate, / e per coppe nel seno i sassi havete. / La fierezza è di voi cavallo fiero, / per re io stimo ognor vostra beltade, / ed ha per fante l’huom vostro pensiero. / Chi serve a voi ben tosto in asso cade, / e per parer di carte un mazzo intiero, / portate in prospettiva il due di spade»; per la cronaca è il componimento “Si paragonano le donne a un mazzo di carte”, quasi la versione femminile del Re di denari di Nada (1972): «Non cerco un re di denari / io cerco un fante di cuori / sai la mia reggia dov’è / sotto le stelle con te. / A chi mi offre denari / io gli rispondo picche / a chi mi offre dei fiori / tutto il mio cuore darò. / La vita è un gioco / mischia le carte / ride chi vince / chi perde piange / ma la partita / è solo una / nella vita ci vuole fortuna / una rivincita non ci sarà. / Addio bel re di denari / amo il mio fante di cuori / la tua ricchezza cos’è / quando l’amore non c’è. / La vita è un gioco / mischia le carte / ride chi vince / chi perde piange. / Se muore il sole / nasce la luna / nella vita ci vuole fortuna / io la fortuna l’ho avuta con te».
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Un altro testo lirico, intitolato «Grammatica amorosa», poi, è particolarissimo nel suo genere e lo scoprirete a seguire: «Superlativo di bellezze siete / cara Eurilla mia, mio sustantivo, / tra voi, e me non è comparativo, / ma nel mio cor solo il gerundio havete. / Di pene all’infinito mi tenete, /ben che di voi sia sempre all’ottativo, / senza arrivar gia mai al coniuntivo, / e ’l genitivo far, come sapete. / Quando havran fine i mei pensieri patienti. / che la mia vita fan, che omai declini, / per mandarli di morte a’deponenti? / Deh per finir questi crudei latini, / io bramo pur per imitar gl’agenti, / solo con voi un dì fare i supini». Colpisce l’osservazione sulla comunicazione che è tale nella misura in cui la conoscenza morfosintattica sia anche parente dell’Eros: guai fare strafalcioni quando si cucca, sarebbe imperdonabile! Come non ricordare Lorenzo Baglioni col suo Congiuntivo sul palco Ariston del Festival di Sanremo: un’irresistibile canzone pop che gioca con ironia e intenti didattici sul tanto bistrattato congiuntivo: «oggigiorno chi corteggia / incontra sempre più difficoltà / coi verbi al congiuntivo / Quindi è tempo di riaprire / il manuale di grammatica / che è molto educativo. / Gerundio imperativo / e infinito indicativo / molti tempi e molte coniugazioni ma / Il congiuntivo ha un ruolo distintivo / e si usa per eventi / che non sono reali / È relativo a ciò che è soggettivo / a differenza di altri modi verbali / E adesso che lo sai anche tu / non lo sbagli più. / Nel caso che il periodo sia della tipologia dell’irrealtà (si sa) / ci vuole il congiuntivo. / Tipo se tu avessi usato / il congiuntivo trapassato / con lei non sarebbe andata poi male / condizionale/ segui la consecutio temporum».
Addirittura, un po’ di Latinorum, chiosa il cantante, che me lo fa ammirare ancor di più, specie alla luce della considerazione che personalmente ho delle lingue antiche come rafforzamento del linguaggio materno. Certo la sua analisi si ferma a quest’unico modo verbale, emblema del dubbio socratico e della dialettica democratica: di certo si accoda ad una lunga eredità che è andata avanti, portando le proprie idee, pur non riconoscendo ad esse la paternità dovuta. Oggi corre l’obbligo di curvare sempre più l’attenzione sulla nostra parlata, ridotta ai minimi termini, con un lessico scilinguato e sgangherato, tra modi e tempi verbali scrematissimi rispetto alla nomenclatura con cui, da piccolissimi, li abbiamo appresi tra non pochi sacrifici. A proposito, c’è un romanzo noir interessantissimo, “La strage dei congiuntivi”, di Massimo Roscia, edito da Exòrma Edizioni, che denuncia il decadimento della conoscenza della lingua italiana, l’uso improprio e scorretto che se ne fa sia a livello scritto che orale. Calzante è un frustulo che sottopongo alla benevola attenzione dei nostri lettori: «soverchiante indicativo che soppianta il congiuntivo schiacciandolo sotto le sue forme grezze ed elementari. Maledetto vecchio che ancora dopo tanti anni non sa distinguere il modo della realtà da quello della possibilità, del dubbio, dell’incertezza. Vorrei acciuffarlo per il bavero e… urlare che il congiuntivo non è un’inutile o aristocratica complicazione da eliminare; il congiuntivo serve per esprimersi meglio, per comunicare correttamente il significato di una frase, farsi comprendere da coloro che ci ascoltano».
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La trama!? Provo a sviscerarla senza tramare contro di essa. In tempi di crisi, come questi, un uomo di una Giunta comunale, Gross Donkey (dall’inglese: asino, somaro, zuccone colossale), chiude il luogo in cui essa è ancora custodita: da qui al suo omicidio il passo si fa breve. Chi ha ucciso l’assessore alla cultura? Sembra l’eco di “chi ha ucciso Laura Palmer?”, interrogativo che è diventato il mantra degli anni ’90.  Sul banco degli imputati una spanna di bizzarri personaggi con un grande disegno criminoso a difesa di una lingua quotidianamente vilipesa, deturpata e ferita a morte: tutti pseudonimi di apologisti dell’antichità. Dionisio il Trace (al secolo Renato Scitio), Cratete di Mallo (Eric Vermillon), Partenio di Nicea (Liang Zitian), Eutichio Proclo, (William Popgun), Asclepiade di Mirlea (Maurice Bonnet): doppie personalità nel loro doppione storico. Paladini dell’analisi morfologica, logica e sintattica della nostra langue, potremmo chiamarli tutti in toto!  A perorazione di costoro la grammatica martirizzata come alibi vendicatore: congiuntivi invertiti con i condizionali, verbi intransitivi resi transitivamente, gerundi sfregiati, troncamenti confusi con le elisioni, concordanze e reggenze errate, frasi smangiate da ogni sorta d’errore e d’orrore: insomma, di tutto e di più! La poesia, a questo punto, può essere terapeutica: in effetti le farmacie letterarie, avviandomi alla conclusione, possono trarci fuori da nebulose indistinte e condurci sani e salvi. Parlare bene, e mi taccio, è anche sentirsi meglio, sicuramente!
Francesco Polopoli
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