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#pelle mista
sololupojacksblog · 8 months
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Era fatta di istinti.Da ogni poro della pelle
trasudava una sorta malinconia mista a furore.
Nelle pieghe di quella carne morbida si celava
ogni sorta di promessa.🔥🐺
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Losers Tributes
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It is with great saddness that I finally announce the losers of the Sudden Death round. Thank you to everyone who submitted characters, and hopefully this little tribute to those who are fallen but nor forgotten will help to soften the sting. And I hope you stick around as we - finally - begin to get into the bracket-proper!
quick note that I finished making this video three and a half hours ago but apparently this glorified slideshow was too much and took that long to upload
Full list of characters under the cut.
Juliet Capulet Skoodge Connor (DBH) Batman Shiro The Masked Man Helmut Fullbear Lestat Monster High Franchise Okuyasu Nijimura Robert Downey Jr's career Zane Aria Fiora Godzilla Looks to the Moon Obito Uchiha Tecna C! Wilbur Soot Kenny McCormick Majima Goro Santa Paws Choptail Leonard Church Gypceros Marcus (DBH) Mista Smurfette Will Byers Cobb Avery Frankie Stein Indou HIkaru Jasnah Kholin Jaylen Hotdogfingers Jean Grey Queen Scarlet Shen Qingqiu Gordon Freeman Cure Passion Echo Kite Morgana Sniper Superman Corypheus Foggy Nelson (Comic) Norman Promised Neverland Randall Ascot Sherlock Holmes BBC Starscream Tron Wen Ning Yuji ItadoriBrian Thomas Bruno Bucciarati Jack Manifold Laios Naegi Makoto Sooga Vergil Cassandra de Rolo Fawful The Mayor Afterall Kaladin Stormblessed Lysandre Benjen Stark Cancer Cell Thancred Toji Zero Almond Basim Bruce Banner Gabriel Geth Myotismon Sabo Scam Likely Keiji Shinoji Killian Jones Luke (Tales Of) Maxwell Mona Simpson Ahmad Byakuran Forge Laphicet Leif Zeno Julian Chase Mr. 2. Bon Clay Rivulet Rohan Kishibe Battler Ushiromiya Beelzemon Bender Palamedus Sextus Rakushen Yuri (Tales Of) Antauri En (Dorohedoro) Owen Carvour Skullduggery Pleasant Tenkuuji Takeru Eli Shane Harumi Juro Izumi Mata Nui Mikaela Kyakuya Owen Harper Pina Beastars Rumplestiltskin Akaboshi Bisco Avan Monkey D. Luffy Nedrick Zeno yae Galvus Guy Gardner Kabande Kusaka Sugimoto Astel Leda Daemon Spade Eunie Pell (One Piece) Sara Lance Shaxs Superbi Squalo Kaburagi Obey Me MC Osamu Kashiwagi Pillar Men Serge Vyland Ro'meave Hak Yatonokami Nayuta Rokuro Yamkagshi Sophi Foster and Dex Dizznee Tailgate Tsukasa Okino Kevin Yamagata Rea Van Grants Youko Player Tora Olafsdotter Jugglus Juggler
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unparadisoblu-22 · 9 months
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La tua vita sul palco.
È inspiegabile. È un insieme di emozioni che arrivano e mi attraversano forte senza chiedere il permesso. Vivere la preparazione e lo spettacolo per osmosi dà una carica enorme se chi sale sul palco è la persona che ami.
Tu perfetto, dal dettaglio allo scenario più gigantesco. Nessuna distrazione, tutti i valori impostati sullo zero e la massima concentrazione per mantenerli ghiacciati li. Io con l'adrenalina, massima felicità e ammirazione infinita verso di te.
Sei inspiegabile. Ogni luce, ogni suono, ogni rullo sulla batteria porta con sé occhi, orecchie e cuore dove gli pare fino a tornare su di te raggiungendo quel poco che di fisico in me era rimasto nella realtà. Ogni muscolo sprigiona potenza e carica da rilasciare sulla chitarra e ai piedi del palco. Impossibile non sentirlo, quando mi sfiori con le dita è come una potente scossa che fa vibrare anche me. Ti cambia la luce negli occhi e diventa quella del chitarrista. Cambi postura per sostenere la tua chitarra sulle spalle. I timpani diventano antenne di ricezione a cui non scappa nemmeno la più piccola frequenza. Ti trasformi nel più bel chitarrista di sempre, il più figo.
Le prove hanno una carica molto simile a quella sul palco, ma si ricerca più il dettaglio e il tempo giusto. Con la chitarra in mano ti muovi come se foste un'unica cosa e sorridi diventi bellissimo e tutto si fonde insieme ai suoni, agli odori. Anche la tua pelle cambia sapore, diventa più forte, carico di energia.
Ed io non posso stare lontano da tutto questo. Lo vivo forte. Tu me lo fai vivere forte, con tutta la serietà mista a divertimento. Ci sarà chi non ci crede, chi si domanda se quella magia c'è davvero o se è solo un'illusione dello spettatore, chi la sente e se la vive fino in fondo. La magia c'è e sei tu. ❤️✨
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Introduzione
Rossana è una candela, un camino, una cura, magma, lava, dragonessa, una rosa selvatica, un albero di cacao, una musica un teatro, una principessa ribelle, un diamante, un arcobaleno, un umore, un colore, l'iridescenza, un fuoco d'artificio, una stella nella notte, un raggio di sole, la luce nel buio, la luminosità nell'oscurità.
§candela
Rossana è una candela accesa che illumina una camera buia; è una candela decorata in un luogo grigio; è una candela fiammante in mezzo all'acqua; è una candela con un calore in un stanza fredda con delle finestre rotte che fanno entrare umidità a causa delle stagioni portando muffa
§camino
Rossana è un camino logorato di una casaccia o capanno o un rifugio di una famiglia grande e povera con i topi e gli insetti in inverno con uno o due strati d'abbigliamento soffrendo il freddo, è un camino piccolo di una casa piccola con una famiglia piccola e un piccolo cane a natale tutti con 4 o 5 strati d'abbigliamento, è un camino grande di una casa grande con due piani con una famiglia grande e un grande cane a natale con un solo strato d'abbigliamento, è un camino gigante di un castello con una famiglia piccola ma con tanti ospiti e un cavallo a natale vestiti leggeri ed eleganti per il caldo
§cura
Rossana è una cura naturale fatta di frutta ed erbe con il rapporto degli elementi contro il cibo spazzatura ed i farmaci, è una cura artistica fatta di sensi contro la mancanza di sensi ed arte, è una cura motoria fatta di danza e sport contro i blocchi motori
§magma
Rossana è il magma incandescente del sottosuolo come il sangue caldo nel corpo contro l'acqua del cielo come la pelle fredda del corpo, è il magma che sale in un vulcano attivo come la rabbia negli esseri emotivi contro la neve che scende in una montagna passiva, è il magma dell'attrazione sessuale contro la castità
§lava
Rossana è la lava luminosa di un vulcano nell'oscurità della notte, è la lava bollente nel freddo di una montagna, è la lava di fuoco nella neve.
§drag
Rossana è una draghetta che abita in una grotta grande sottoterra e vive nella costa, è una draghessa che abita in una grotta media e vive in pianura, è una dragonessa che abita in una grotta piccola sopraterra e vive in montagna, è una draghetta in un isola magica, è una draghessa sapiens dei quattro elementi che va in una scuola mista, è una dragonessa divina con tutti gli elementi che vive nell'universo
§rosa (fiore)
Rossana è una rosa selvatica multi-petali di multicolore nata in un edificio lineare e grigio, è una rosa selvatica osservata da tutti contro l'indifferenza, è una rosa selvatica che una persona vuole accarezzare ma si punge con le spine poi tocca i punti giusti e c'è la in mano
§albero di cacao
Rossana è un albero di cacao in Africa tra gli africani contro un grattacielo, è un albero di cacao che da gioia a tutto il mondo contro la tristezza mondiale, è un albero di cacao come un essere vivente pieno di frutti amari ma buoni
§musica
Rossana è una musica mista fatta di tante emozioni e tanti sentimenti e non solo suoni, è una musica multipla contro la musica monotona e la discriminazione musicale, è una musica di tante origini, è una musica con personalità
§teatro
Rossana è un teatro in cui siamo tutti spettatori : siamo tutti stelle che guardano il cosmo, luci cittadine nelle strade buie che guardano i passanti, umani passivi che guardano altri umani attivi;  è un teatro greco-romano che con la sua forma ad orecchio ascolta il mondo umano; è un teatro naturale della montagna che innalza il protagonista e scende il pubblico
§principessa ribelle
Rossana è una principessa ribelle che scappa dal suo regno, è una principessa ribelle che rivoluziona il suo regno, è una principessa ribelle che combatte per il suo regno
§diamante
Rossana è un diamante che riflette la luce creando una scia di colori, è un diamante grezzo sottoterra che nessuno vede ma la natura conosce, è un diamante lavorato in laboratorio che tutti vedono nella vetrina di un negozio ma nessuno può toccare tranne gli addetti e il compratore
Rossana è un arcobaleno che crea un ponte tra la mente e il cuore, è un arcobaleno dopo la tempesta o un temporale o una pioggia abbondante, è un arcobaleno tra il passato e il futuro, è un arcobaleno contro il grigio delle nuvole
Rossana è un umore positivo su uno negativo, è un sorriso dopo un pianto abbondante, è una risata dopo un lamento, è una coccola dopo un dolore, è un abbraccio dopo una separazione,
Rossana è un colore arancio fiamma contro l'azzurro metallo, un colore rosso fuoco contro il ciano ghiaccio, è un colore rosa, è un colore fucsia elettrico, è un colore viola, un colore blu elettrico contro un giallo
Rossana è l'iridescenza del futuro umano universale, è l'iridescenza dell'anima di ognuno di noi, è l'iridescenza naturale dell'universo, è l'iridescenza del meta-verso bioecologico
Rossana è un crepuscolo astronomico mattutino che dalla scura notte inizia ad esserci luce, crepuscolo nautico mattutino che intermedia come una transizione con la prima stella nel cielo, crepuscolo civile mattutino che spegne le luci delle città per accogliere la luce naturale; crepuscolo civile serale che accende le luci della città creando l'inquinamento luminoso nell'oscurità e luminosità naturale, crepuscolo nautico serale che intermedia creando una linea verde, crepuscolo astronomico serale da la buona notte con l'ultimo raggio di Sole.
Rossana è un fuoco d'artificio in cielo nella sera rumoroso ed abbagliante come la folla in festa, è un fuoco d'artificio in acqua nella sera, è un fuoco d'artificio in terra nella sera
Rossana è una stella nella notte che crea una costellazione e che rientra in un sistema della nostra galassia o un'altra galassia, è una stella spettacolare in un palcoscenico enorme nella notte più speciale, è una stella nella sera vista da tutti perché è la prima ha brillare
Rossana è un raggio di Sole quando è nuvoloso, è un raggio di Sole all'alba dopo una notte gelida, è un raggio di Sole in una caverna di stalactiti
Rossana è la luce nel buio
Rossana è la luminosità nell'oscurità.
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apatiap0rtamivia · 11 months
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Bruciature.
Bruciature sui polsi, bruciature sulle braccia, bruciature sulla coscia sinistra.
Marchiata a fuoco, il dolore reso rabbia, rabbia ardente, rabbia bruciante.
Rabbia mista a malinconia, piccoli punti di cenere sparsi dappertutto.
Coloro di rosso quella distesa candida fatta puramente di bianco, la mia pelle fragile come foglie spazzate via dal vento.
Coloro di nero catrame quella che in realtà....sono io. Un angelo bianco dalle ali spezzate.
Sono incapace di colorare luce, dipingere stelle brillanti su una tela in attesa di essere abbellita.
I pastelli chiari si trovano oramai molto distanti, distanti anni luce.
E adesso mi ritrovo qui, distesa, quasi persa, intenta a sfiorare quei piccoli solchi fatti di cenere.
Quasi persa, a sfiorare due braccia segnate da una storia.
Storia al mondo sconosciuta ma impressa nei cuori di chi soffre.
Fammi sapere cosa ne pensi!❤️
molto bella e mi dispiace che tu stia passando tutto questo, ma non smettere mai di scrivere, la scrittura è sempre qualcosa di positivo ❤️
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È estate, hai la pelle mista e utilizzi l'acido ialuronico. Diventi una lampadina.
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Era fatta di istinti .
Da ogni poro della pelle trasudava una sorta di malinconia mista a furore.
Nelle pieghe di quella carne morbida si celava ogni sorta di promessa.
Era inconsapevole di quanta dannazione stavo divorando per ingoiarla tutta, per bere ogni stilla che sarei riuscito a spremere dal suo frutto caldo e succoso.
Affondai i denti e la sentii urlare in uno spasimo che assaporai fin in gola.
E poi mi chiese di farlo ancora.
Era dolce .
Era perversa.
E mi avrebbe condotto giù fino all'inferno.
Elisabetta Barbara de Sanctis
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ilbeautyblogdianna · 2 years
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𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐩 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧𝐚 𝐛𝐮𝐨𝐧𝐚 𝐫𝐢𝐮𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐤𝐞 𝐮𝐩: 𝐥𝐚 𝐒𝐤𝐢𝐧𝐜𝐚𝐫𝐞!
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La skincare... quel momento davvero speciale dove ci prendiamo cura di noi e ci regaliamo una coccola quotidiana. In realtà la skincare è davvero fondamentale se vogliamo avere una pelle "da star".. Perfetta, senza troppe discromie e soprattutto PULITA! Abbiamo bisogno di una buona base per il nostro amato maquillage che solo una corretta skincare ci può dare. Oggi analizzerò, step by step, i tipi di pelle più comuni e come prendercene cura.
PELLE NORMALE: Beata/o chi ha la pelle normale! Questo tipo di pelle non ha bisogno di troppe considerazioni, se non una semplice pulizia molto soft giornaliera e ogni tot anche delle maschere ma attenzione! MAI alterare il PH!
PELLE MISTA: Questo tipo di pelle si presenta oleosa sulla zona t e secca sulle guance (è la mia skin type). Questo genere di pelle ha bisogno di una detersione delicata e della multimasking, ovvero possiamo utilizzare due maschere differenti nello stesso momento. Per esempio, possiamo utilizzare sia una maschera idratante, sia una maschera purificante purché la pelle ritrovi il suo equilibrio e la sua opacità.
PELLE GRASSA: La pelle grassa espelle quantità eccessive di sebo su tutto il viso e questo comporta l'aumento di impurità. Questo tipo di pelle ha bisogno di una corretta esfoliazione! Per questa skin type abbiamo bisogno di prodotti che riducono l'eccesso di sebo, che opacizzi e soprattutto che riduca drasticamente la possibilità di formare impurità. Le maschere adatte a questo tipo di pelle sono quelle in argilla.
PELLE SECCA: Se dall'altra parte abbiamo visto l'eccesso di sebo, qui invece vediamo l'esatto opposto. La pelle secca è molto soggetta ad arrossamenti e screpolature nelle stagioni fredde. Abbiamo bisogno di evitare tutto ciò con una buona dose di idratazione, di nutrirla in profondità!
PELLE DELICATA: Infine abbiamo la pelle delicata. Richiede maggiore cura e attenzione per prevenire irritazioni. Non solo dobbiamo prenderci cura di lei con prodotti molto mirati, ma dobbiamo anche bere molta acqua perchè spesso e volentieri la pelle si secca anche a causa della mancanza di liquidi. Fate molta attenzione quando inizia il freddo e cercate di bere molta acqua!
Oggi vi ho parlato a grandi linee delle skin type più comuni. Settimana prossima vi porterò una lista di prodotti da utilizzare secondo la tipologia di pelle!
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pizzettauniversale · 1 year
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Hey! :) Ho appena visto il tuo post sulla skincare e volevo farti una domanda. A parte la pelle da vera queen che hai, di base hai la pelle secca o grassa? Giusto per capire se la tua stessa routine ha più possibilità di funzionare per me o no. Grazie 🌸
A me hanno fatto consulenza quelle di Veralab e ho una pelle mista/normale 🌸🌸
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unastanza · 2 years
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La ragazza con un solo occhio
Non mi piace quando lo fa.
Lo detesto. Detesto la sua barba, le sue mani tozze, volgari.
Mi guardo intorno e detesto tutto di questo posto: le luci soffuse, gli eleganti centrotavola floreali, l’orchestra che suona dal vivo un brano di Glenn Miller, le coppie attorno a noi, così perse in passioni e desideri, così lontane, in un mondo a parte e distaccato da quello su cui io ora poggio i piedi.
Ma più di ogni altra cosa, detesto me stessa.
Non so neanche perché mi trovo qui, con lui. Qual è la ragione che mi ha spinta ad accettare? Non lo so.
Ero stanca della sua insistenza, forse. Ero stanca del suo fiato caldo come quello di una bestia famelica, che puzza sempre di bourbon scadente e sigari, dritto sulla mia faccia.
Così ho detto sì.
Ed implicitamente, ho detto sì alle sue mani, al suo fiato putrido, al suo viso già rubizzo per i fumi dell’alcool, ai suoi capelli laccati di gel, che a me paiono così unti, schifosamente sporchi, ai suoi occhi acquosi, storditi, annebbiati da un’unica voglia malata, che di ora in ora si manifesta sempre più palese.
È un uomo schifoso, lo sanno tutti. Ma nessuno fa niente.
Ricordo le occhiatacce di disprezzo e di disgusto delle mie colleghe dattilografe, alla notizia che avevo accettato l’invito, i discorsetti alle mie spalle, come se io non potessi sentire, come se il mio handicap peggiore fosse l’udito.
E non la vista.
Non le biasimo.
Le parole cattive uscite in miasmi di risentimento dalle loro gole, gli sguardi carichi di incredulità mista ad avversione, sono gli stessi che ho riservato a me stessa, una volta tornata a casa.
Eppure, nonostante questo, ho spazzolato i capelli, truccato il viso, acceso guance e labbra di rosso, indossato il mio miglior vestito – con il mio stipendio, è difficile spendere in lussi da ragazzetta vanitosa – e preso il taxi che mi ha condotta qui stasera.
Lui era alla porta ad aspettarmi, nel freddo sferzante di Gennaio.
Un vero galantuomo, ho pensato. Ironica.
Il suo braccio teso verso di me, una richiesta avanzata con arroganza.
L’ho ignorato, con un sorriso gentile.
Non azzardarti a toccarmi.
Lo ripetevo come un mantra, come una maledizione che speravo lo colpisse, che le sue braccia e le sue gambe e il resto del suo corpo disgustoso potessero per sempre smettere di funzionare, cedere e liquefarsi se solo avesse provato a toccarmi.
Non sta funzionando: continua a spostarmi i capelli dal viso.
Non mi piace quando lo fa.
Espone la mia parte vulnerabile, la deride, si prende gioco di me.
La mia ragazza con un solo occhio, è così che mi chiama, sorride con la speranza di trasmettere simpatia e non schifo.
Schifo, schifo, schifo.
Mostra a tutta la sala il mio difetto genetico, il peggiore che la natura avrebbe mai potuto imputarmi.
Quasi li vedo smettere di mangiare, alzarsi dai tavoli, venirmi incontro per deridermi con i loro visi perfetti, con una bocca normale, con un naso normale, e cosa più importante, con due occhi.
Io ne ho solo uno, il destro. Lì dove dovrebbe esserci il sinistro, una membrana tesa e screpolata, tirata come la pelle di un vecchio, circonda e protegge un buco scuro, vuoto, dove oltre non si riesce a vedere.
Ossa, cervello, cranio, muscoli.
Ci sono, sono lì, si sviluppano e pulsano e si contraggono, ma non si vedono.
La ragazza con un solo occhio.
Per colpa di questa deformità – o forse dovrei dire per totale assenza di forma – il lato sinistro del viso si sviluppa in modo irregolare, sgraziato.
Un’incrinatura ambulante, con le grosse labbra che lasciano intravedere le gengive e parte dell’incisivo e il canino sinistro; sbeccatura e caricatura di me stessa, con la narice che asseconda la piega distorta della mia bocca, puntando verso l’alto.
Un viso che si sviluppa all’insù, sollevato, evasivo; la mia stessa carne ribelle che vorrebbe scappare, che non accetta l’irregolarità.
Uso sempre i capelli per coprirmi il volto, rossi e lucenti, sono la mia massima soddisfazione.
Ma lui non vuole lasciare le cose così come sono adesso. Sposta e scopre ed evidenzia, mi espone come un fenomeno da baraccone.
Non mi piace quando lo fa.
Si avvicina, annaspa, goffo ed ingombrante, mi mette una mano sulla coscia, l’altra in vita, spaventosamente vicino al seno.
Stringe e cinge, la sua pelle di maschio puzza già di sudore, emana l’olezzo della carne euforica, pregusta quello che sta per avvenire, quello che vorrebbe che accadesse, proprio qui, in questa sala, su questo tavolo, sul pavimento, spinta contro una finestra, contro il mio stesso volere.
Perché è così che lui fa, è così che agisce.
Non chiede, esige.
Sfonda e si appropria di tutto ciò che vede, che tocca, che bacia, lecca.
È la caccia, ad eccitarlo, più di ogni altra cosa. Gioca con me, mi saltella intorno, mi prende di mira. È il vedermi sua preda, schiacciata sotto la forma possente e grossa del suo corpo, a piacergli. Non io.
«Spero che la serata sia di suo gradimento, signorina Welch.»
Ridacchia. Pronuncia il mio nome con beffarda ironia.
Mentre penso alla risposta da dare, il mio sguardo indugia sul coltello alla mia sinistra.
È fermo in bilico sul piatto, la lama lucente, intinta dei succhi di un anatra all’aceto balsamico che a stento ho avuto il coraggio di sbocconcellare.
Mi rendo conto solo adesso di aver maltrattato la carne, così sottile, così tenera; l’ho sfilacciata, ridotta in pezzettini piccoli, adatti alla boccuccia di un uccellino.
Quei pochi bocconi che ho ingerito, l’ho fatto masticando e frantumando sotto i denti, deglutendo a fatica.
Realizzo in questo istante di aver fatto al mio pasto ciò che avrei voluto fare a lui.
Il coltello, di nuovo, lo fisso, intenso e brillante. Divento la sua allodola. È ipnotizzante.
Mi scopro a pensare, per niente terrorizzata, se solo potessi ficcarglielo in gola, aprirlo da parte a parte, sgozzarlo come un maiale, far scendere la lama lungo il suo petto ed eviscerarlo, sventrarlo, svuotarlo sempre di più, sempre più giù, fino a raggiungere i suoi genitali!
Sarebbe una liberazione, penso. Enorme sollievo.
«Molto, signor Thorne» rispondo, muto la mia forma, divento malleabile ed accomodante, modifico il tono di voce, degradandolo a sfumatura civettuola.
Mimo un flirt che non intendo veramente, mi lascio andare.
Sto per sgozzarlo.
«La ringrazio molto per questo invito, sono così lusingata. Una ragazza come me...»
«Sprovveduta» aggiunge, mi blocca, completa erroneamente la mia frase. «Sprovveduta» ripete, «Rammento ancora il suo primo colloquio nella mia azienda, era così persa. Sprovveduta.»
Lo rammento anche io.
Mani, bocche, saliva, fiato che puzza.
Stringe la presa sulla mia coscia. «E guarda invece adesso dove sei arrivata! Immagino, signorina Welch, quanto fortunata lei possa sentirsi in questo momento.»
Termina con una risata gutturale, interrotta da un colpetto di tosse.
Lo guardo sorpresa, gelido senso di sopraffazione mi corre lungo la spina dorsale. «Già, sono molto fortunata.»
È compiaciuto adesso, me ne accorgo dal modo in cui si lecca le labbra e le fa schioccare. Una goccia di saliva mi arriva sul mento.
Per un breve attimo, sussulto.
Non se ne accorge; sono anzi sicura e certa, che abbia scambiato il mio ribrezzo per brivido di eccitazione.
«Le piace l’orchestra?»
Annuisco.
«Anche me, è deliziosa. E Glenn Miller?»
«Sì.»
«Nel tempo ho collezionato i suoi vinili più famosi.»
Ammicca, saliva bianca si accumula e si incrosta ai lati della sua bocca larga e secca.
Capisco immediatamente dove vuole andare a parare, e mi sta quasi bene.
Ho bisogno di privacy assoluta ed intimità, se voglio mettere in pratica il mio piano.
Navigo nell’indefinita, vaga eppure persistente voglia di toglierlo di mezzo, di farlo collassare, di svuotare le sue carni.
Così la smetterà di toccarmi. Così la smette.
La smette di essere così sporco e schifoso, la smette di spostarmi i capelli da davanti il viso.
Un gesto che ripete senza considerazione, io nata per compiacerlo e nella mia anormalità mostruosa divertirlo ed affascinarlo.
Non so ancora come ma avverrà.
Lo farò.
Stanotte.
È questo esacerbato istinto di sopravvivenza, questo desiderio di vendetta, che mi porta a sorridere. Gli angoli della bocca si incurvano verso l’alto, la mia eccezione sfuggente diventa più evidente, virgolette di alterazione che lo fanno infiammare.
«Le andrebbe di proseguire la serata in un luogo più...»
Esita, ma è una mossa studiata. Si aspetta che lo guardi con trepidazione.
Lo esaudisco, lo soddisfo.
Il mio atto finale più atteso sta per andare in scena.
«Appartato?» lo sorprendo.
Alza un braccio e con un cenno rapido dell’indice richiama a sé un cameriere annoiato e ondeggiante a ritmo di musica.
Paga il conto e lo vedo alzarsi, pingue e goffo, il forte e pesante graffiare della sedia mi fa quasi ridere.
Lui è così fuori contesto, così anacronistico, costretto nel suo doppiopetto blu.
Per una frazione di secondo, sbircio sulla stoffa tirata e sugli affaticati bottoni e cuciture che la tengono insieme.
Sta per esplodere, penso.
E la risatina che ne consegue arriva proprio nel momento in cui con disarmonica, inutile, deludente eleganza sposta la mia sedia in un gesto che vorrebbe essere di cortese galanteria, ma che in realtà, a momenti, mi fa quasi cadere in avanti.
Non devo neanche sforzarmi di soffocare la mia ilarità, il suo ego è preponderante, così proporzionato e contemporaneamente adatto alle dimensioni del suo girovita, che pensa io sia sorridendo con lui, non di lui.
Stupido nei suoi disgustevoli errori.
Con la stessa maldestra premura, apre la portiera della sua auto dal lato del passeggero. La carrozzeria è ben lucidata e nera, come il cuoio delle sue scarpe da signore raffinato, poco adatte ai suoi piedi da porco.
Il tempo in macchina, l’anello di congiunzione tra una cena sazia di tensione e la fine della sua stupida esistenza, trascorre in maniera sorprendentemente anonima.
Nessun batticuore, nessuna ansia, sono stata concepita dai miei genitori, in tutta la mia menomazione fisica, proprio per essere qui, per portarlo al limite e poi annientarlo, fino al parossismo acuto, fino alla sua estinzione.
Una supernova che brillerà e in poco tempo collasserà, si spegnerà, per sempre.
Non allunga le mani, non accenna a nessuna porcheria lasciva, non sfiamma prepotente in elogi carnali.
Quasi mi dispiace.
Sì, un po’ mi dispiace.
Provo pena per l’essere molliccio e sfibrato, scomposto ed obeso, che sfreccia nel silenzio di una città già addormentata, che non sa, che ignora, una città bambina ignara e che serena non si aspetta di incontrare la Dea Morte per mano mia.
Per mano di una menomata, abituata all’oscurità e agli angoli più polverosi e angusti dell’esistenza.
Uno in meno, illustre cittadino con la maschera della rettitudine incollata di forza sul viso.
Uno in meno.
Penso anche che forse, dopotutto, non è colpa sua.
Se agisce da stupratore e maniaco, da molestatore indefesso e concentrato nella sua macabra missione.
Magari è stato abituato fin da piccolo a cacciare, a dimostrare la propria condizione di maschio.
Lo vedo traslato in una realtà passata, bambino, già grassoccio e impacciato, nei boschi, intento a far del male a cervi, cinghiali, creature selvatiche che richiedono libertà per poter sopravvivere, condizione, questa, per cui l’uomo è letale, impietoso.
Lo osservo bene, adesso, nel presente, è sudato e con gli occhi appannati.
Non sa cosa farsene di una donna consenziente, penso con orrore.
Non è abituato all’accettazione, non deve sgomitare per imporre la propria presenza.
Non con me.
Non sa cosa farsene di me, adesso che ho detto sì.
Non posso smettere di pensare alle sue mani lascive sulla mia coscia, sui miei fianchi, vicino al seno.
Sul mio viso.
All’esasperazione di affermare la mia dignità, attraverso il rifiuto di mostrare il mio volto per intero.
Me lo ha negato.
E mi ha offesa.
Immorale, vizioso, un’onta che non accenna a placarsi.
Il mio odio per lui.
Il vialetto che conduce al suo appartamento è immacolato, non una singola foglia fuori posto; e anche l’interno della casa mostra una faccia candida, sterile.
È fredda, come se le mura e i pavimenti stessi si preparassero ad accogliere il fiato gelido della morte.
Ho fretta di concludere, l’anticipazione, il pregustare, sono cose che mi innervosiscono e mi danno modo di riflettere.
E non posso permettermelo, è un lusso che mi è stato precluso.
Devo concludere.
Non posso avere ripensamenti.
Mi guardo attorno. «Saltiamo i convenevoli?» dico, ammiccando in direzione del divano. Studio la stanza, subito adocchio la statuetta spigolosa di una venere, languida e placida sul tavolino basso.
Un sorriso affiora sulle mie labbra.
Lui è fermo davanti a me. «Non vuoi bere qualcosa, prima?»
«Abbiamo bevuto abbastanza.»
Il tuo copione con me non funziona, ti sto cambiando le battute, sono io la direttrice di questa commedia, il teatro, il palcoscenico, la platea non ti appartengono più.
Si passa una mano tra i capelli, è insicuro, è incerto.
L'altra mano la porta all’inguine, vedo l’abbozzatura grossa del suo membro eretto.
Se ne accorge e mi fissa come un ragazzino alle prime armi, impacciato. Non sa come proseguire; lo disorienta, procedere in questa certa direzione senza sfogare la forza bruta che adesso non trovo sbocco, che evanescente si è ritirata, sembra quasi sparita.
«Ti piacerebbe un po' di musica, Mary?»
«No.»
Lo prendo per mano, sfioro il suo rigonfiamento, lo strizzo. Emette un gemito, un rantolo cavernoso che mi fa accapponare la pelle.
«Piano», mi intima.
Il disgusto che provo per me stessa, adesso è nulla in confronto alla ferocia del mio odio.
Ci ritroviamo avvinghiati sul divano, il suo peso mi schiaccia, faccio quasi fatica a respirare.
È violento anche nel suo roco ansimare.
«La mia ragazza con un solo occhio», geme, mentre muove i lardosi fianchi su di me, su e giù, destra e sinistra.
Ondeggia e dà solidi, duri colpi di reni, una sorprendente scioltezza di movimenti, in netto contrasto con la sua mole da toro, che mi verrebbe da definire armoniosa, se solo la circostanza fosse diversa.
Se io fossi diversa.
Se lui fosse più umano.
Mi tocca il viso, fa scorrere le dita lungo il profilo irregolare della mia deformità.
Sento il rumore della zip che si abbassa, il suo arrochito boccheggiare diventa ora più intenso.
Avverto la violenza montarmi in corpo, assecondo il suo funereo, straziante galoppare. Mi invade e mi scuote, fa vibrare i miei muscoli, i miei arti elettrici, pronti a scattare.
Lo voglio uccidere, proprio qui, proprio ora, essere misero, eretto, insignificante come un verme.
Lo voglio schiacciare.
È dentro di me, si fa spazio, mi invade con arroganza.
Sospiro, fa male, voglio che la smetta.
«Chiudi gli occhi», gli ordino.
Mi obbedisce, non si chiede perché.
Lo fa e basta.
Questo mi soddisfa, il piacere che ne deriva mi sfrigola in pancia.
Lo incito, «mi piaci con gli occhi chiusi», lo prendo in giro. Non se ne accorge, è perso. Aumenta la velocità, assesta colpi con smanioso desiderio di concludere.
I suoi baci umidi puzzano e lasciano una patina bavosa, appiccicosa, sul mio collo.
Allungo la mano verso la statuetta, la impugno saldamente.
Oscilla, sferza l’aria, la squarcia.
Lo colpisco sul cranio, sulle tempie.
Sussulta.
Non mi fermo.
Una, due, tre volte.
Smetto di contare, è un istinto irrefrenabile. La violenza ha trovato la sua valvola di sfogo e adesso è impossibile arrestare il flusso di determinata, lucida spietatezza.
Materia cerebrale schizza sul soffitto; è sui miei vestiti, sul mio viso, sulla pelle nera del divano, sulla statuetta della Venere, mia Venere di salvezza.
Il sangue, denso e caldo, e il suo odore metallico sono richiami ferali.
Mi libero del suo peso, scalcio via da me la creatura morta ed estinta; lo osservo adesso, supino, il cranio fracassato.
Il mio ragazzo con un occhio solo.
Il suo volto trasformato e simile al mio, sono la sua Madre Natura.
L’ho modellato, l’ho riformato, convertito nella mia replica, con il suo occhio sinistro mancate, maciullato.
Mi lascio andare ad una risata folle, isterica.
Sono ricoperta di sangue e cervello e rido.
Anche la sua bocca ora muta, spalancata e storta, sembra che stia ridendo con me.
Non riesco a frenare questo eccesso, me lo porto dietro anche mentre penso a cosa fare.
Potrei costituirmi alla polizia, con gli storpi è difficile fare i cattivi, i mal pensanti, penseranno sia stato un atto di legittima difesa.
Sono pronta per le conseguenze?
Potrei lasciare l’appartamento e andarmene come se niente fosse mai successo, come se non fossi mai stata qui, ma le mie impronte mi tradirebbero, sono ovunque, ed in quel caso neanche il mio occhio mancante e il mio viso sfuggente potrebbero fare da attenuante.
Non saprei neanche come disfarmi della Venere, incrostata di sangue, pelle e capelli.
Rido, rido fino a farmi scoppiare i polmoni, il mio stomaco implora pietà, i nervi e i muscoli sono tesissimi.
Mi sento come un elastico lasciato in pericolosa trazione, le fragili mani che mi tengono sospesa potrebbero stancarsi e allora cadrei, precipiterei.
Lo guardo ancora una volta, la sua forma sgraziata, nudo, sconcio e ricoperto di sangue come il giorno in cui è venuto al mondo, in modo da poter elaborare un piano.
Prendo atto della crudezza del momento, faccio permanere questo senso di disagio ed inevitabile rovina, sarà questo a spingermi ad agire, lo so, lo sento, ma non riesco a smettere di ridere.
Lacrime affiorano sulla mia pelle, sono copiose, sono acide, salate, bruciano, si mischiano al sudore che imperla mento e collo.
Incerta, zoppa, claudicante mi avvicino al carrellino dei liquori, poco distante.
È uno sforzo enorme.
Vado alla ricerca di qualcosa con cui stemperare l'isterismo. Anche le mani tremano, mentre afferrano la bottiglia che contiene liquido ambrato, riesco ad avvertire il suo calore anche prima di stapparla e bere grandi sorsi.
Grazie tante.
L'effetto calmante e soporifero dura per poco, l’adrenalina continua a farmi ridere.
E ridere.
E ridere.
Cado sulle ginocchia, la vista appannata dall'alcol e da qualcosa di più sinistro che preme contro la gabbia toracica, un presagio, un avvertimento che non riesco a decifrare.
Mi trascino fin tra le gambe dell'uomo che ho ucciso.
Potrei chiamare un’ambulanza, simulare un atto di aggressione, ladri che sono entrati in un particolare momento della nostra intimità di coppia nascente.
Ma non c’è nessun segno di effrazione, realizzo subito dopo, nessun segno di intrusione, l’appartamento è perfettamente, dannatamente in ordine, come se io, l’uomo che morto continua ad accogliermi tra le sue cosce grosse, il liquore che sbatte e ribatte nel mio stomaco, la statua della Venere, fossimo solo dei fantasmi.
Sto impazzendo.
E forse me lo auguro.
Sto impazzendo perché mi sembra di scorgere un rapido movimento alla mia destra.
Lo ignoro, do la colpa alla perenne risata, all’alcool forte.
Perché non può essere vero.
Perché adesso vedo le dita dei suoi piedi muoversi, si arricciano, piccolo accenno e prosecuzione del mancato orgasmo.
Si ritrae da me, si alza, lo vedo brandire la statuetta, lo vedo colpirmi in viso, nello stomaco, sulla schiena, sul collo.
Eppure io sto ferma.
Eppure lui è ancora fermo.
Siamo due e siamo uno. Siamo divisi. Brandelli di spazio e di tempo sconnessi, che scorrono alla rinfusa, disordinati, che cercano un appiglio, un piccolo angolo in cui disporsi in ordine.
Scampoli di anime condannate.
È il terrore, è l'orrore di ciò che ho fatto.
Mi colpisce e mi penetra, in un confuso marasma che mi sfugge, che non vuole farsi comprendere.
Ogni atomo è in fibrillazione, tremo e sussulto, vomito.
Lo sforzo mi è fatale.
Mi irrigidisco, l’ombra di un sorriso bruscamente smorzato mi aleggia sul viso.
Lui davanti a me, l’ultima cosa che vedo.
Senza un occhio, rotto, fracassato, spezzato.
Ed io qui, interrotta. A metà.
Sorpresa nella morte, dalla morte.
La sua ragazza con un solo occhio.
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scontomio · 3 months
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carmenvicinanza · 3 months
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Zaynab Dosso
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Sono italiana, sono ivoriana, quando vado là dicono “è arrivata l’italiana” e quando sono qui “è arrivata l’ivoriana”.
Zaynab Dosso, velocista, è stata quattro volte campionessa nazionale dei 60 e 100 metri piani.
È nata il 12 settembre 1999 a Man, in Costa d’Avorio. A dieci anni si è trasferita a Rubiera, in provincia di Reggio Emilia, per ricongiungersi con i genitori, arrivati in Italia nel 2002.
Appassionata di basket, ha iniziato a praticare l’atletica leggera a 13 anni. Nel 2016 è diventata cittadina italiana e nel 2021 si è trasferita a Roma.
Dalle sue prime apparizioni in pista ha dimostrato una quasi costante superiorità sulle coetanee. Agli Europei U18 del 2016 ha mancato il podio individuale per un centesimo, ma ha contribuito con una frazione di 200 metri al bronzo della staffetta mista.
Nella stagione indoor 2018 ha sfiorato il record italiano dei 60 juniores con 7.36.
Nella stagione indoor 2022 nei 60 metri ha eguagliato due volte il record italiano di 7.19, fino a migliorarlo con 7.16 ad Ancona e 7.14 ai Mondiali di Belgrado, poi nei 100 è scesa a 11.19, seconda azzurra di sempre.
Bronzo nella 4×100 agli Europei di Monaco dove ha corso in finale sui 100 metri, ha pareggiato nel 2023 il suo record italiano di 7.14 nei 60 indoor mentre ai Mondiali con la 4×100 si è piazzata quarta dopo il record di 42.14 in batteria.
Nel 2024 ha migliorato tre volte il primato italiano dei 60 indoor fino a 7.02 conquistando la medaglia di bronzo ai mondiali indoor di Glasgow.
La sua splendida carriera agonistica non le ha certo risparmiato insulti razzisti e intimidazioni, una volta le hanno addirittura lanciato dei sassi solo per il colore della sua pelle.
In un’Italia sempre più multiculturale, dove ormai siamo alle seconde e anche terze generazioni di giovani di origine straniera, è vergognoso che ancora si debba fare i conti con l’ignoranza e la discriminazione. 
Applaudita in campo e molestata nella vita comune. È questa la triste realtà di una campionessa che vive in un paese che non guarda avanti e ancora si sofferma alla pigmentazione della pelle per esternare la propria bassezza e deriva reazionaria. Quando le cose cambieranno, per lei e per tutte le altre persone ancora vittime di discriminazione, sarà sempre troppo tardi.
Per lei e per tutte le persone che ancora devono guardarsi le spalle quando camminano per strada, non bisogna smettere di indignarsi e educare al rispetto delle differenze.
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comevolertibene · 6 months
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cocoetlavieenrose · 7 months
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zarfel · 8 months
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"Mi stai evitando." Constatò Derfel sedendosi dietro di me su uno dei banconi liberi, tra un vaso di Mandragora e uno di belladonna. Alzai la testa di scatto nell'udire la sua voce.
Nonostante mi fosse arrivato alle spalle, l'avevo visto entrare e ora lo stavo guardando nel riflesso del vetro della serra, dalla mia posizione su uno sgabello di fronte al lungo tavolo appoggiato alla vetrata, su cui stavo lavorando ad uno dei miei progetti personali.
Avevo finto di non essermene accorto, finché non aveva preso l'iniziativa per parlarmi. Per fortuna si era seduto abbastanza lontano per non rendere la situazione scomoda, ma abbastanza vicino perché sentissi una scarica di adrenalina che mio malgrado mi fece accelerare il battito del cuore. Mi sforzai di allentare la presa sul coltello che stavo usando per tagliare una delle radici della pianta, per non mutilarla.
"Noto che hai almeno un neurone funzionante." Commentai senza alzare lo sguardo dal vaso. Mi congratulai con me stesso per essere riuscito a mantenere un tono di voce indifferente, nonostante la mia risposta al vitriolo. Tuttavia per poco non mi trapassai da parte a parte un dito col coltello, ma per fortuna i guanti di pelle di drago che stavo indossando erano resistenti.
Certo, come no, congratulazioni Zach: proprio il ritratto dell'autocontrollo e dell'indifferenza. E perché Derfel dovesse apparire proprio nel momento in cui stavo lavorando su una pianta estremamente delicata e terribilmente velenosa, era un mistero che avrebbero potuto risolvere i posteri, visto che stavo praticamente rischiando la morte. Misi giù il coltello e allontanai il vaso con la pianta. Non era il caso di lavorare con l'aconito in quel momento: qualcuno avrebbe sicuramente rischiato di morire, e non necessariamente il sottoscritto.
Lo sgabello su cui stavo appollaiato cigolò, mentre mi toglievo i guanti con gesti nervosi. Sentii Derfel sospirare dietro di me, ma continuai risolutamente a dargli le spalle, anche se si doveva essere accorto che avevo interrotto il lavoro. Tamburellai le dita sul tavolo.
"Ho sentito dire che tu e Rosaleen..." Lasciai la frase in sospeso, incerto su come continuare.
"È finita." Passarono dei secondi di silenzio. "Da chi—?"
"Riaghal, ovviamente." Lo interruppi girando appena la testa verso di lui. Derfel era serio, ma non sembrava disperato o col cuore in pezzi o sull'orlo delle lacrime. Sembrava stranamente rilassato, come se si fosse tolto un peso di dosso. "Sono in camera con lui, difficile che non venissi a saperlo." Spiegai piatto, continuando a osservare Derfel.
Quando i nostri sguardi si incontrarono, mi voltai di nuovo e abbassai gli occhi sul tavolo; afferrai poi il mio taccuino degli appunti e lo aprii a caso, fingendo di essere molto concentrato a consultarlo. "Mi dispiace. Spero che sia stata una rottura pacifica." Dissi continuando a sfogliare le pagine, ma senza vederle per davvero.
"Sono già passate un paio di settimane." Rispose Derfel vago, sottintendendo qualcosa per cui non mi andava di chiedere chiarimenti. Continuai a fissare il taccuino, senza dire nulla e accorgendomi per la prima volta che lo stavo tenendo al contrario. Per forza non ci stavo capendo niente.
Passò più di qualche minuto, ma finalmente Derfel si schiarì la voce. "Mi chiedevo se..."
"No." Replicai senza nemmeno pensarci.
"No? No cosa?" Chiese Derfel con una punta di sorpresa mista a irritazione.
"Non sono un gioco che puoi prendere e poi mettere giù a piacimento. Anche se non sembra, ho dei cazzo di sentimenti." Dissi con acredine, chiudendo il taccuino con un gesto secco.
"Non mi hai nemmeno lasciato finire la frase. Non sai cosa stavo per chiederti." Protestò Derfel.
Sembrava irritato dalla mia risposta, ma d'altronde chi non lo sarebbe stato: stavo dando troppe cose per scontate. Tuttavia, sebbene ignorassi cosa potesse spingere un ragazzo a venirmi a cercare per parlarmi privatamente, potevo forse immaginare il motivo, e in tal caso preferivo rimanere nell'ignoranza.
Questa volta fui io a sospirare, puntellai un gomito sul tavolo e misi il mento sul palmo della mano, con lo sguardo fisso sul vetro della serra. Nel riflesso osservai Derfel: si stava massaggiando una tempia e lo vidi strizzare gli occhi e stringere i denti in una smorfia di dolore.
Mi girai immediatamente di 180 gradi sullo sgabello. "Stai bene Derfel?"
"No, ho mal di testa." Borbottò lui chinando il capo e coprendosi gli occhi con una mano.
"È stato quel bolide che ti ha colpito in testa durante l'ultimo allenamento?" Domandai allora di getto e con una certa petulanza. "Lo so che non te ne frega niente della mia opinione, Derfel, ma per la tua salute, ti consiglio di darci un taglio col quidditch, perché ti si bruciano tutti i già pochi neuroni che possiedi."
Derfel alzò di scatto il capo e raddrizzò la schiena. "Il bolide non mi ha colpito, mi ha solo sfiorato!" Esclamò con alterigia, "e poi, da quando in qua ti interessa così tanto il quidditch da venire a vedere gli allenamenti?" Aggiunse con una nota di incredulità.
"Il Quidditch mi interessa quanto prima, cioè zero." Sbottai nervosamente. "Sono solo venuto a vedere gli allenamenti della tua squadra."
"E perché vieni a vedere gli allenamenti dei Corvonero se non te ne frega niente del quidditch?" Sbottò Derfel di rimando, facendomi davvero dubitare del funzionamento dei suoi neuroni, se non capiva perché a uno come me interessasse prendersi la briga di andare a vedere degli stupidissimi allenamenti di Quidditch.
"Perché..." iniziai con foga, per poi esitare. Mi morsi il labbro inferiore. Perché mi interessi tu, idiota. "Passavo di lì per caso." Terminai con un gesto vago della mano.
Derfel roteò gli occhi, sbuffò e infine scese dal bancone. "Ok. Ho capito che non sono benvenuto. Scusa se sono passato a disturbarti." Disse con stizza girando i tacchi e procedendo verso la porta della serra.
"Derfel, vai a farti controllare quella testa." Gli urlai dietro con preoccupazione quando aveva già un piede sulla soglia.
"Sì certo, ma vacci anche tu!" Mi urlò di rimando sbattendo la porta alle sue spalle.
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La Differenza Tra un Salone di Bellezza e una Barbieria: Cosa Scegliere?
Nel mondo della cura personale e della bellezza, ci sono molte opzioni tra cui scegliere quando si tratta di tagliare e stilizzare i capelli. Due delle scelte più comuni sono il salone di bellezza e la barbieria. Sebbene entrambi offrano servizi di taglio dei capelli, hanno caratteristiche uniche che li distinguono l'uno dall'altro. In questo articolo esploreremo le differenze tra una peluqueria e una barberia, in modo da poter fare la scelta giusta per le vostre esigenze di cura dei capelli.
La Peluqueria: Un Mondo di Versatilità
Una peluqueria è un luogo in cui si offrono una vasta gamma di servizi di cura dei capelli per uomini e donne. I parrucchieri di una peluqueria sono addestrati a lavorare con tutti i tipi di capelli e possono eseguire tagli, acconciature, colorazioni, trattamenti per la cura dei capelli e molto altro. Ecco alcune delle caratteristiche distintive di una peluqueria:
1. Versatilità nei Servizi
Una peluqueria è un luogo ideale se desiderate servizi di cura dei capelli che vanno oltre il semplice taglio. Potete ottenere colorazioni, permanente, trattamenti di condizionamento e molto altro. Le parrucchiere nelle peluquerias spesso sono specializzate in servizi di styling e possono aiutarvi a trovare l'acconciatura perfetta per voi.
2. Clientela Mista
Le peluquerias servono uomini e donne di tutte le età. È un luogo ideale per le famiglie, poiché offre servizi per tutti i membri della famiglia. Inoltre, molti saloni di bellezza offrono anche servizi di estetica, come manicure e pedicure.
3. Ambiente Accogliente
Le peluquerias tendono ad avere un'atmosfera più femminile e accogliente, con una varietà di servizi e prodotti per la cura dei capelli e della pelle in bella mostra.
La Barbieria: L'Arte della Rasatura e del Taglio Maschile
Una barbieria è un luogo specializzato nella cura dei capelli e della barba degli uomini. Mentre in passato le barbierie erano più comuni, oggi stanno vivendo una rinascita, diventando luoghi di ritrovo per gli uomini alla ricerca di un taglio di capelli classico e di una rasatura precisa. Ecco alcune delle caratteristiche distintive di una barbieria:
1. Specializzazione
Le barbierie sono specializzate nella cura dei capelli e della barba degli uomini. I barbieri sono addestrati per eseguire tagli di capelli maschili, rasature tradizionali con il rasoio a mano e la cura della barba.
2. Atmosfera Maschile
Le barbierie tendono ad avere un'atmosfera più maschile e retro, con arredi in stile vintage e spesso offrono anche bevande come caffè o birra.
3. Taglio di Capelli Classico
Se cercate un taglio di capelli classico o uno stile retrò, una barbieria è il posto giusto. I barbieri sono esperti nel creare look maschili tradizionali.
Quale Scegliere?
La scelta tra una peluqueria e una barbieria dipende dalle vostre esigenze e preferenze personali. Se siete alla ricerca di servizi di styling versatili, trattamenti per la cura dei capelli e un ambiente accogliente, una peluqueria potrebbe essere la scelta giusta. D'altra parte, se cercate una rasatura tradizionale, un taglio di capelli maschile classico e un'atmosfera maschile, una barbieria potrebbe soddisfare meglio le vostre esigenze.
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