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#Costituzione della Repubblica italiana
gregor-samsung · 1 year
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“ La scuola è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. È l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non son tutte giuste. Son vivi in Italia dei magistrati che in passato han dovuto perfino sentenziare condanne a morte. Se tutti oggi inorridiamo a questo pensiero dobbiamo ringraziare quei maestri che ci aiutarono a progredire, insegnandoci a criticare la legge che allora vigeva. Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori del vostro ordinamento giuridico. Il ragazzo non è ancora penalmente imputabile e non esercita ancora diritti sovrani, deve solo prepararsi a esercitarli domani ed è perciò da un lato nostro inferiore perché deve obbedirci e noi rispondiamo di lui, dall’altro nostro superiore perché decreterà domani leggi migliori delle nostre. E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. Anche il maestro è dunque in qualche modo fuori del vostro ordinamento e pure al suo servizio. Se lo condannate attenterete al progresso legislativo. In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. La leva ufficiale per cambiare la legge è il voto. La Costituzione gli affianca anche la leva dello sciopero. Ma la leva vera di queste due leve del potere è influire con la parola e con l’esempio sugli altri votanti e scioperanti. E quando è l’ora non c’è scuola più grande che pagare di persona un’obiezione di coscienza. Cioè violare la legge di cui si ha coscienza che è cattiva e accettare la pena che essa prevede. “
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Brano tratto dalla lettera del 18 ottobre 1965 rivolta ai magistrati incaricati di giudicare il priore di Barbiana per una sua lettera aperta a favore dell’obiezione di coscienza militare. Il testo è raccolto in:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 214-215.
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2 Giugno 2023, FESTA della REPUBBLICA ITALIANA. A che punto siamo? Sull'orlo di una crisi di nervi, ma resistiamo.
  Quest’anno celebro la Festa della Repubblica Italiana in equilibrio precario sulla nuvola Italia, (fotografia di Stefania Scamardi) Il 2023 registra alcune novità di rilievo. Quella che più minaccia il mio equilibrio (e spero solo quello) è l’urto del forte vento di destra che spinge con energia la nave di un governo guidato dalla prima donna nella storia italiana a ricoprire il ruolo di…
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arcobalengo · 11 months
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Paolo Gentiloni, uno dei peggiori falchi della Commissione europea, si avvicina al Pd, di cui potrebbe diventare il prossimo presidente per assicurare che quel partito voti, al momento giusto, l'invio dei nostri soldati in Ucraina. Ambiziosissimo e assetato di potere, vorrebbe diventare il prossimo presidente della Repubblica. Per costruire la sua candiatura al Quirinale, dà garanzie assolute a Biden che si lascerà telecomandare dalla Casa Bianca per le guerre che stanno preparando per i nostri figli. Diffidate di quest'uomo. Questo nemico assoluto dei valori di pace della Costituzione Italiana si avvicina all'Italia. E' il peggio di quello che potrebbe capitarci.
Alessandro Orsini.
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marcoleopa · 4 months
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Carabiniere a manifestante, “Mattarella non è il mio presidente” - Il Sole 24 ORE
Ripassino veloce veloce, della Costituzione Italiana per Carabiniere sarcastico, emulo del Vannacci di turno, al quale, affidiamo la sicurezza del paese (J.V.Borghese docet)
Titolo II - Il Presidente della Repubblica
Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.
Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici.
L'ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.
Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.
Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.
Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.
Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.
Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.
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⚠️ NOVITÀ IN LIBRERIA ⚠️
Pietro Cappellari
L’INVENZIONE DELL’ANTIFASCISMO
La nascita di un instrumentum regni che impedisce la pacificazione nazionale, genera odio e produce violenza
Nel 1948, con la vittoria della DC e la sconfitta dell’asse PCI-PSI, si conclusero le convulsioni scaturite dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La ricostruzione nazionale – però – dovette fare i conti con il Movimento Sociale Italiano, pronto a raccogliere i primi successi elettorali e ad impedire nei fatti l’applicazione della XII Disposizione della Costituzione voluta dagli Angloamericani.
Negli anni ’50, poi, si pensò che il contesto politico italiano fosse pronto per superare gli strascichi dell’odio antifascista: ciò sembrò concretizzarsi nel 1960, quando il MSI appoggiò solitario il Governo Tambroni. A questo punto, il PCI e il PSI si mobilitarono massicciamente, inscenando manifestazioni violente in tutta Italia e lanciando un inconsistente allarme sul ritorno del fascismo. In realtà, sobillando la piazza, la sinistra sbarrò la porta alla possibilità di un’apertura a “destra” della DC, costringendola al “compromesso storico”: venne così resuscitata la “epopea” dei Governi dei Comitati di Liberazione Nazionale e venne riscritta la storia della Resistenza, prontamente epurata delle pagine compromettenti e magicamente posta a base fondante della Repubblica Italiana. Il MSI venne definitivamente “ghettizzato” e diventò il bersaglio di un antifascismo militante organizzato e spietato, che porterà alla stagione di sangue degli anni ’70.
Ancora oggi, il sistema ciellenista – completato anche a destra – non smette di utilizzare l’antifascismo in assenza di fascismo come spauracchio per mascherare il proprio fallimento e perpetuare il proprio potere, scatenando allucinanti “cacce alle streghe” e diffondendo un livore inutile e pericoloso. Questo breve saggio, coraggioso e controcorrente, analizza la nascita e la creazione di uno instrumentum regni – quello dell’antifascismo – la cui retorica attesta la bassezza di un dibattito politico stagnante e incapace di proiettarsi in avanti.
INFO & ORDINI:
www.passaggioalbosco.it
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claudio1959 · 4 months
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Il *7 gennaio 1797* nasce a Reggio Emilia il Tricolore, come bandiera della Repubblica Cispadana, costituita dai territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.
A proporre che lo stendardo o bandiera cispadana, formato dai colori verde, bianco e rosso, fosse innalzato in tutti i luoghi soggetti alla sovranità della repubblica cispadana, è il sacerdote cattolico Giuseppe Compagnoni.
La bandiera rossa, bianca e verde, allora a strisce orizzontali con il rosso in alto, sarà confermata come vessillo della Repubblica Cisalpina. Adottato dai patrioti del Risorgimento già nei moti del 1821 e poi nel 1848 dal Re Carlo Alberto di Piemonte, il tricolore sarà la bandiera dell’unità d’Italia.
Ma perché vennero scelti il verde, il rosso e il bianco? L'Italia del 1796 era un agglomerato di piccole Repubbliche di ispirazione giacobina che si erano sostituite agli antichi assolutismi.
E per omaggiare la conquista delle libertà, e chiaramente il modello francese, quasi tutte le Repubbliche si dotarono di bandiere caratterizzate da tre fasce di dimensioni uguali. Mentre i tre colori derivano dalla Legione Lombarda i cui vessilli presentavano proprio con i colori verde, bianco e rosso, fortemente radicati nel patrimonio di quella regione; il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Ma anche la Legione Italiana, che accoglieva, i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, si era dotata di questi tre colori; motivo che probabilmente spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera.
Successivamente al Congresso di Vienna, il tricolore fu soffocato dalla Restaurazione. Ragione per cui assunse, nell'immaginario collettivo, un ruolo di libertà e di speranza; e ciò è testimoniato dai moti del 1831, dalle rivolte mazziniane; o lo si può ritrovare nella disperata impresa dei fratelli Bandiera e nelle sollevazioni negli Stati della Chiesa. E quando giunse la stagione del '48, e della concessione delle Costituzioni, la bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai nazionale, che investì l'intera penisola: da Milano a Venezia, da Roma a Palermo.
Nel 1997, in occasione del secondo centenario del Tricolore, il parlamento proclama il 7 gennaio “giornata nazionale della bandiera”.
Oggi ricorre il 227 anniversario della Giornata nazionale della Bandiera, un simbolo codificato nell'articolo 12 della Costituzione italiana che ne definisce la foggia: "verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni".
Consacrata nella Costituzione, la Bandiera è il simbolo dell’Unità nazionale, racchiude i valori di libertà, solidarietà ed uguaglianza sui quali si fonda la nostra Patria e incarna quello straordinario patrimonio storico, culturale e identitario che universalmente viene riconosciuto all’Italia.
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colonna-durruti · 3 months
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ALESSIO LEGA
ACAB: tutti i poliziotti sono bastardi (All Cops Are Bastards).
Che vuol dire “bastardo”? Vuol dire “figlio illegittimo”. Nella repubblica italiana i poliziotti (ma diciamo anche le forze dell’ordine nel loro insieme), non hanno mai, dico MAI, compreso la distanza fra il fascismo e la democrazia. Possiamo risalire molto più indietro di Genova 2001, alla polizia di Scelba e di Tambroni, che non si limitava a manganellare ma sparava per uccidere: a Melissa, a San Donaci, a Modena, a Reggio Emilia… Possiamo parlare dei carabinieri golpisti. Possiamo discutere di cosa successe la notte di Pinelli.
Molti poliziotti sono anche morti eroicamente nel contrastare la mafia? Certo… pensate che i poliziotti fascisti del prefetto Mori non lo facessero? Un esercito combatte contro il nemico che gli indica il generale non sta a pensare se esso è buono o cattivo: lo combatte senza testa, senza ragione. Perciò nessun esercito può essere democratico - anche se è al servizio di una repubblica e contro una dittatura - perché il concetto di democrazia popolare ti interroga sempre, individualmente, sul senso di ciò che fai. L’obbedienza in democrazia non è più una virtù (l’ha detto un prete, non un anarchico).
E vogliamo parlare dei poliziotti omertosi sui loro colleghi? Di quelli che collettivamente applaudono gli assassini (condannati in via definitiva) di Aldrovandi? Del fatto che, se vuoi avere una speranza di verità, devi far indagare i carabinieri sulle malefatte della polizia e viceversa, sperando che la rivalità fra corpi delle forze dell’ordine faccia ciò che non può fare il rispetto del mandato democratico? Vogliamo parlare della tortura usata regolarmente nelle questure e nelle caserme? (che fa schifo anche quando il torturato è a sua volta un torturatore, un fascista o un mafioso). Vogliamo parlare della polizia penitenziaria, fogna nella fogna: Modena e Santa Maria di Capua Vetere 2020? Vogliamo dire qualcosa di quella super-polizia che sono i servizi segreti, che non erano “deviati”, ma proprio concepiti così. Del loro ruolo nella storia repubblicana?
Quando si dice che “tutti i poliziotti sono bastardi” non si vuol negare che ci sia stato il fascista onesto ed il nazista che nascose in casa sua gli ebrei che conosceva. Si intende dire che le forze dell’ordine non hanno mai colto la distanza fra il sistema autoritario e quello democratico, sono “bastardi” nel senso che sono figli di una diversa e opposta concezione dell’ordine pubblico. Che per loro chi manifesta è sempre potenzialmente un criminale, un pericolo, nel migliore dei casi una scocciatura. Essi non hanno mai capito che sono al servizio dei cittadini e della costituzione, essi si ritengono al servizio del governo, più spesso della parte padronale e reazionaria del paese. Essi non sanno che nelle piazze si esercita un diritto democratico pari (se non superiore) che nel parlamento.
Per questo se quell’acronimo - nella sua schietta genericità - dà fastidio, è solo perché stringatamente esprime un giudizio storico preciso, meditato e inappellabile: la polizia italiana non è la prima figlia della democrazia, ma l’ultima bastarda del fascismo.
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klimt7 · 3 months
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Oltrepassato ogni limite.
Il Presidente della Repubblica costretto a intervenire con durezza contro un Governo incapace che semina solo odio e violenza
Studenti disarmati e a viso scoperto bastonati senza ritegno come fossero pericolosi "black blok"
Un governo autoritario che non tollera nessun tipo di dissenso e non rispetta il diritto alla libertà d'espressione stabilito da sempre della Costituzione italiana.
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ilfascinodelvago · 1 year
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Zanotelli: «Serve un unico, forte movimento per la pace e l’ambiente»
«Siamo sull’orlo di due abissi: l’inverno nucleare, basta un incidente e ci siamo, e l’estate incandescente per la crisi climatica. Serve un unico forte movimento per la pace e l’ambiente»: così il missionario comboniano Alex Zanotelli fotografa l’attuale momento storico.
Festeggiamo la Repubblica, che vieta la guerra come mezzo di offesa ma anche di risoluzione delle controversie, con una parata militare.
È assurdo e l’ho sempre detto in questi anni. Ma cos’ha a che fare la parata militare con la festa della Repubblica italiana? Una repubblica che è bastata sull’articolo 11, che ripudia la guerra, mentre invece siamo in guerra da tutte le parti. Una contraddizione totale.
Il conflitto in Ucraina va avanti da più di un anno, si riaccende l’ex Jugoslavia. In Italia non c’è un vero dibattito.
C’è una narrativa in questo paese in cui incredibilmente la parola pace è scomparsa. La guerra in Ucraina ha riarmato l’Europa, quello che sta avvenendo fa paura. Secondo il rapporto Sipri, nel 2022 la spesa militare degli stati dell’Europa centrale e occidentale è stata di 345 miliardi di dollari, per la prima volta ha superato quella del 1989. A questo ha contribuito anche l’imposizione dettata dalla Nato di impiegare il 2% del Pil in armamenti. Il presidente Usa Biden ha detto «voglio che la guerra in Ucraina continui per indebolire la Russia per poi fronteggiare la Cina» e questo sta infiammando tutto l’Indopacifico. Gli Usa hanno dato i sottomarini atomici all’Australia e hanno chiesto alle Filippine di installare altre 5 basi militari. Si sta armando fino ai denti il Giappone, che ha una costituzione pacifista. Si sta armando anche la Germania, che pure ha una costituzione pacifista, mettendo sul piatto 100 miliardi. Una Germania che si arma è pericolosa per l’Europa. Giochiamo tutti col fuoco.
Il parlamento Ue ha approvato il progetto di legge Asap a sostegno della produzione di munizioni anche con i fondi del Pnrr.
Una cosa di una gravità estrema. Quei fondi dovevano servire per scuola, sanità, creare possibilità di vita. Invece si potranno dirottare verso l’industria bellica, ci sono già 500 milioni di euro preventivati, una bestemmia. Mi preoccupa come il Pd sta votando: il Partito democratico e la sinistra devono svoltare su questi temi. Non è concepibile barcamenarsi tra visioni opposte.
La giustificazione del provvedimento sono gli arsenali vuoti. Stiamo ristrutturando l’industria europea verso il settore militare?
Siamo dentro un’economia di guerra, del resto basta vedere quante porte girevoli ci sono nel governo verso Leonardo, uno dei maggiori player della sicurezza. Papa Francesco ha detto «siamo già dentro la Terza guerra mondiale». E Gutierrez, il segretario Onu, afferma che stiamo andando «a occhi aperti» verso una nuova guerra mondiale.
Nel 2024 ci sono le elezioni europee che potrebbero segnare un cambio radicale verso destra.
Nel mio libro Lettera alla tribù bianca racconto come il suprematismo sta invadendo il mondo: Bolsonaro, Trump, i paesi europei come Polonia e Ungheria. Se in Spagna vincesse Vox rischiamo che l’ultradestra travolga le stesse istituzioni Ue. Dobbiamo dire «gente, vogliamo davvero andare verso il disastro totale?». Non solo l’olocausto nucleare ma anche l’estate incandescente. Spese militari, guerre, voli di aerei da combattimento stanno pesando sull’ecosistema tanto quanto lo stile di vita del 10% più ricco del mondo. Il pianeta non sopporta più la presenza dell’homo sapiens, divenuto demens.
Industria di guerra, cambiamento climatico provocheranno nuovi movimenti migratori a cui l’Europa risponde chiudendo i confini.
I migranti superano già i 100 milioni, immaginiamo cosa succederà quando il calore crescerà nella zona saheliana. La gente scapperà e vale lo stesso per i conflitti. Fuggono da guerre che facciamo noi, da cambiamenti climatici che provochiamo noi nel nord del mondo. L’Africa nel prossimo secolo potrebbe raggiungere oltre 2 miliardi di persone ma chi ci potrà vivere se si va avanti in questo modo? Ai nostri politici interessa il profitto, se arriva dagli armamenti non importa. Questi sono gli ultimi dati di spesa in Italia: 4 miliardi e 200 milioni destinati all’esercito per 200 carrarmati; alla marina 12 miliardi per la terza portaerei e il raddoppio della flotta; all’aeronautica 8 miliardi e 700 milioni per F35 e Eurofighter Typhoon. È follia.
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conte-olaf · 5 months
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12 attiviste in carcere per un blocco stradale
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Articolo 21 della costituzione della Repubblica italiana
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gregor-samsung · 1 year
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“ Dovevo ben insegnare come il cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande «I care». È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. «Me ne importa, mi sta a cuore». È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego». Quando quel comunicato* era arrivato a noi era già vecchio di una settimana. Si seppe che né le autorità civili, né quelle religiose avevano reagito. Allora abbiamo reagito noi. Una scuola austera come la nostra, che non conosce ricreazione né vacanze, ha tanto tempo a disposizione per pensare e studiare. Ha perciò il diritto e il dovere di dire le cose che altri non dice. È l’unica ricreazione che concedo ai miei ragazzi. Abbiamo dunque preso i nostri libri di storia (umili testi di scuola media, non monografie da specialisti) e siamo riandati cento anni di storia italiana in cerca d’una «guerra giusta». D’una guerra cioè che fosse in regola con l’articolo 11 della Costituzione. Non è colpa nostra se non l’abbiamo trovata. Da quel giorno a oggi abbiamo avuto molti dispiaceri. Ci sono arrivate decine di lettere anonime di ingiurie e di minacce firmate solo con la svastica o col fascio. Siamo stati feriti da alcuni giornalisti con «interviste» piene di falsità. Da altri con incredibili illazioni tratte da quelle «interviste» senza curarsi di controllarne la serietà. Siamo stati poco compresi dal nostro stesso Arcivescovo (Lettera al Clero 14.4.1965). La nostra lettera è stata incriminata. Ci è stato però di conforto tenere sempre dinanzi agli occhi quei 31 ragazzi italiani che sono attualmente in carcere per un ideale. Cosi diversi dai milioni di giovani che affollano gli stadi, i bar, le piste da ballo, che vivono per comprarsi la macchina, che seguono le mode, che leggono giornali sportivi, che si disinteressano di politica e di religione. Un mio figliolo ha per professore di religione all’Istituto Tecnico il capo di quei militari cappellani che han scritto il comunicato. Mi dice di lui che in classe parla spesso di sport. Che racconta di essere appassionato di caccia e di judo. Che ha l’automobile. Non toccava a lui chiamare «vili e estranei al comandamento cristiano dell’amore» quei 31 giovani. I miei figlioli voglio che somiglino più a loro che a lui. “
* L'11 febbraio 1965 un gruppo di cappellani militari in congedo della Toscana, riunitisi in assemblea a Firenze nell’anniversario della conciliazione tra Stato e Chiesa, votarono un ordine del giorno in cui dichiaravano, fra l’altro, di considerare «un insulto alla Patria e ai suoi Caduti la cosiddetta “obiezione di coscienza”, che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà». L’ordine del giorno, pubblicato dal quotidiano «La Nazione» di Firenze, fu fatto conoscere a don Lorenzo da alcuni giovani di San Donato e da un amico professore di Prato saliti a Barbiana la domenica successiva. Il Priore stava facendo scuola. Lesse il ritaglio del giornale insieme ai ragazzi. Se ne discusse un’intera serata, e maturò così la «Lettera ai cappellani militari toscani che hanno sottoscritto il comunicato dell'11 febbraio 1965». La Lettera, firmata da don Lorenzo, venne diffusa a stampa in forma di volantino e fu riprodotta parzialmente da vari giornali e per intero dal settimanale del P.C.I. «Rinascita» [ Nota del curatore ].
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Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976; pp. 213-214.
[1ª Edizione: 1970]
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diceriadelluntore · 1 year
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Compleanni
Oggi 1 gennaio 2023, la Costituzione Italiana compie 75 anni dall’entrata in vigore. Promulgata il 27 Dicembre del 1947 dal Capo provvisorio dello Stato De Nicola, la Carta Costituzionale  entra in vigore il 1 gennaio 1948, secondo quanto stabilito dalla XVIII disposizione transitoria.
La nostra Costituzione è piena di queste grandi parole preannunziatrici del futuro: «pari dignità sociale»; «rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana»; «Repubblica fondata sul lavoro»; «Diritto al lavoro”; «condizioni che rendano effettivo questo diritto»; assicurata ad ogni lavoratore e alla sua famiglia «un’esistenza libera e dignitosa»… Grandi promesse che penetrano nei cuori e li allargano, e che una volta intese non si possono più ritirare. Piero Calamandrei
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aitan · 2 years
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Il T-RIPUDIO DELLA GUERRA
Anche oggi, puntualmente, come ogni 2 giugno, celebreremo la Festa della Repubblica con una parata militare.
Ma io non capirò mai questa identificazione di una repubblica con un esercito. Tanto più in un Paese che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (articolo 11 della Costituzione Italiana).
Una repubblica fondata sul lavoro sarebbe meglio rappresentata da un corteo di disoccupati e di lavoratori che da file di soldati che avanzano a passo d'oca mostrando i loro fucili e i loro cannoni come esibizionisti ai giardinetti.
Lo dico ogni anno e lo ripeto con qualche fremito e qualche sussulto in più, nell'anno della terribile invasione dell'Ucraina.
Da ((( aitanblog )))
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marcoleopa · 2 years
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Il memorabile intervento del senatore Roberto Scarpinato al Senato. Lo riportiamo integralmente. Da incorniciare
"Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare"
"Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale.
Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita."
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levysoft · 2 years
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Ieri il riconoscimento del diritto a girare armati "senza bisogno di provarne la necessità", abolendo le restrizioni poste da alcuni Stati tra cui quello di New York e la California, oggi l'abolizione del diritto all'aborto.
Due sentenze storiche, in cui il profilo strettamente giuridico è schiacciato dall'enorme peso politico, quelle pronunciate nelle ultime 24 ore dalla Corte suprema degli Stati Uniti d'America. Fondata nel 1789, si tratta della più alta carica della magistratura statunitense, con ampia giurisdizione federale. In particolare, le spetta la judicial review, la revisione giudiziaria, ovvero il controllo di legittimità costituzionale. Un potere e le conferisce l'autorità persino di annullare gli ordini esecutivi presidenziali, in caso di violazione della Costituzione o della legge ordinaria federale. E' su queste basi giuridiche che, interpellata, la Corte suprema si è espressa in maniera vincolante su due argomenti così delicati. Questioni che scuotono le coscienze soprattutto in Europa, dove l'aborto è un diritto acquisito e, soprattutto, dove c'è una concezione dell'utilizzo delle armi totalmente diverso rispetto all'altra parte dell'Atlantico.
Questioni politico-ideologiche nel senso più alto e pieno del termine, non cavilli giuridici. Eppure, sulla base della judicial review, un organismo di nove persone si trova a dettare legge in un Paese democratico di 330 milioni di abitanti, con 50 Stati e altrettanti governatori, oltre ovviamente a un presidente e un Parlamento federale. Nove sono infatti i membri della Corte suprema degli Stati Uniti d'America, un numero stabilito nel 1869 e da allora mai più cambiato. I giudici, che salvo scandali o gravi problemi di salute restano in carica sine die, sono di nomina politica: il presidente li propone e il Senato, generalmente dalla parte presidenziale, li conferma. La composizione dell'organismo è dunque a tutti gli effetti politica, a differenza della Corte costituzionale italiana dove i 15 giudici sono nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica (figura super partes, a differenza che negli Usa dove il presidente equivale al nostro premier), per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalla Magistratura.
Un giudice della Corte suprema ha dunque un orientamento politico ben preciso, a seconda che sia nominato da un presidente repubblicano e democratico. Non è infatti un caso che sia la votazione sulle armi sia quella sull’aborto siano finite 6-3, con i giudici di nomina repubblicana tutti schierati da una parte e i democratici dall'altra: una clamorosa doppia coincidenza oppure, qui come in altri casi del passato, la lettura politica della prevale sull’interpretazione giuridica?
Il fatto che non ci sia una durata di mandato rende 'casuale' la composizione della Corte, che in certi periodi può essere a maggioranza repubblicana e in altri a maggioranza democratica. Oggi i rapporti di forza sono 6-3 per il Gop, grazie in particolare alle tre nomine che Donald Trump si è trovato a fare durante il suo unico mandato presidenziale, tra il 2017 e il 2020. […]
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realnews20 · 6 hours
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 "Una lettera pubblicata da alcune agenzie di stampa mi ha sollecitato a non includermi in quella che è stata definita la 'Torre d'avorio del rettorato'. Venendo ho visto un cartello che mi chiedeva cosa pensassi di cosa avviene a Gaza. Non voglio lasciarla senza risposta. La condizione e la questione della pace in medio oriente, dell diritto all'esistenza di Israele, è una questione che la comunità internazionale avverte con molta preoccupazione e non soltanto da oggi". Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della 'Giornata del Laureato' all'università La Sapienza a Roma. Su quanto avviene a Gaza, il presidente ha citato il suo intervento all'Onu e ha detto: "Ho reiterato la richiesta ad un'immediato cessate il fuoco".   "L'esigenza di rispettare il diritto umanitario è nella nostra costituzione - ha detto ancora il capo dello Stato -. È doveroso per la Repubblica Italiana, questo vale in tutte le direzioni. Questo vale per i civili, per il popolo palestinese, vale per i ragazzi stuprati e uccisi mentre ascoltavano musica in un rave lo scorso 7 ottobre, vale per i bambini sgozzati in quell'occasione, vale per Mahsa Amini e per le ragazze che dopo di lei sono state incarcerate e uscisse perché non indossavano il velo, vale per le ragazze che non possono studiare in Afghanistan. Per la nostra Repubblica tutte le violazioni dei diritti umani vanno contrastate, sempre'   "Da un millennio le università sono la sede del libero dibattito, della libertà di critica, talvolta anche del dissenso dal potere. La libertà, la pace, i diritti umani passano attraverso il dialogo e il confronto. Il potere, quello peggiore, desidera che le università del loro Paese siano isolate, senza rapporti né collaborazioni con gli atenei di altri Paesi. Perché questa condizione consente al peggiore dei poteri di controllare l'università, di comprimere la cultura e di impedire il suo grido e la sua spinta di libertà", ha affermato il presidente della Repubblica. Gli studenti a Mattarella: 'Presidente, da quale parte sta?' "Presidente da quale parte della barricata vuole stare? Dalla loro o dalla nostra?", chiedono i ragazzi in presidio davanti al rettorato. E ribadiscono il loro invito al Capo dello Stato: "questa è l'ultima chiamata presidente, ci vuole raggiungere?". All'interno degli aeroplanini di carta lanciati all'arrivo, i ragazzi hanno scritto la lettera indirizzata al presidente Mattarella che è stata letta nuovamente al microfono sul pratone di fronte al rettorato e all'aula magna dove si sta tenendo la Giornata del Laureato. Intanto gli studenti continuano a rimanere di fronte alle transenne, intervengono al microfono, espongono uno striscione verso l'ingresso del rettorato e spruzzano pistole ad acqua alla polizia davanti a loro.  Mattarella va via dalla Sapienza, gli studenti protestano contro la polizia  Al grido di "via via la polizia e vergogna" all'uscita del capo dello Stato dalla città universitaria, gli studenti hanno iniziato a seguire la polizia nei viali della città universitaria, intonando cori e seguendo di corsa le camionette della celere mentre lasciavano i viali della città universitaria. All'ingresso di viale Regina Elena i ragazzi hanno incontrato gli agenti in tenuta antisommossa; gli agenti li stanno respingendo con gli scudi all'interno della città universitaria.  Riproduzione riservata © Copyright ANSA [ad_2] Sorgente
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