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#Ettore Fieramosca
di-biancoenero · 2 years
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Mario Ferrari è Graiano D’Asti nel film storico-cavalleresco Ettore Fieramosca (1938) di Alessandro Blasetti
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venustapolis · 1 year
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Ettore Fieramosca (Filippo Palizzi, 1856)
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giraffa48-blog · 1 year
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Ettore Fieramosca..!!!
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1234567ttttttttttt · 4 months
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Ettore Fieramosca - La Disfida Di Barletta FILM COMPLETO di Alessandro B...
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L'ITALIA CONTESA
Questo periodo è caratterizzato dalle invasioni straniere in Italia Carlo VIII di Francia apre le invasioni in Italia nel 1494 con l'obiettivo di conquistare il Regno di Napoli, ma il suo tentativo fallisce. Successivamente Carlo VIII muore ed è succeduto da Luigi VII Luigi VII, nuovo re di Francia, ritenta l'impresa di estendere il dominio francese in Italia e, nel 1499, conquista il Ducato di Milano. Anche la Spagna vuole conquistare l'Italia (in particolare è contesa soprattutto la zona meridionale) e si accende la guerra tra la Spagna e la Francia. Gli spagnoli riescono a conquistare il Regno di Napoli e ila parte settentrionale è conquistata dai francesi. (“Ettore Fieramosca” è un libro, scritto da Massimo D'Azeglio, che si ispira all'episodio della disfida di Barletta). PRIMA META' `500 L'Italia è ancora contesa tra le due potenze che cercano il predominio sull'Europa. Nel frattempo la Repubblica oligarchica di Venezia mostra una tendenza espansionistica sulla terraferma creando ostilità con i ducati vicini (come, per esempio, Milano). Il papa, Giulio II, e altri sovrani creano una unione anti veneziana guidata dal papa: la Lega di Cambrai. Venezia viene quindi sconfitta e deve rinunciare alle sue pretese egemoniche. (Il gioco delle alleanze si capovolge continuamente) e nel 1508 Giulio II stinge una alleanza tra la Repubblica di Venezia, la Spagna e la Svizzera, come lega antifrancese. Quindi i francesi vengono scacciati dal milanese. Nel 1515 Francesco I re di Francia vuole riconquistare il Ducato di Milano e riesce a raggiungere il suo obiettivo.
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personal-reporter · 11 months
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Enrico Toti, eroe della prima guerra mondiale
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Uno dei personaggi più noti della storia italiana della Grande Guerra… Enrico Toti nacque il 20 agosto 1882 a Roma, nel quartiere San Giovanni, terzogenito di Nicola, ferroviere di Cassino, e Semira Calabresi. Nel 1897 Enrico si imbarcò come mozzo sulla nave scuola Ettore Fieramosca e rimase in Marina fino al 1905, prima sulla corazzata Emanuele Filiberto, poi sulla nave Barbarigo e infine sull’incrociatore Coatic. In seguito Tori venne assunto nelle Ferrovie dello Stato come fuochista, ma il 27 marzo 1908 fu investito da un locomotore in manovra presso la stazione di Colleferro e gli si dovette amputare la gamba sinistra poco sotto il bacino. Rimasto invalido e disoccupato a 26 anni, Enrico, con forza d’animo e un notevole spirito d’intraprendenza, avviò una serie di piccole attività artigianali e si allenò con nuotate nel Tevere e giri in bicicletta, inoltre viaggiò in Europa e in Africa sulle due ruote, lavorando come artista e attrazione nelle fiere e nei circhi. Allo scoppio della guerra mondiale, vedendo molti amici partire volontari, Toti chiese per ben tre volte alle autorità militari di poter essere arruolato, ricevendo però un netto rifiuto, così decise di volontariamente al fronte e con la sua  bicicletta nel luglio 1915 raggiunse Cervignano, cittadina del Friuli austriaco occupata dall’Esercito italiano, sede del comando della 3a armata e di ospedali, uffici e magazzini militari. In breve il giovane fraternizzò con militari e graduati, compiendo piccoli servizi e ricevendo in cambio vitto e alloggio, oltre a svolgere alcune mansioni per conto degli uffici del comando di tappa, tra cui il ritiro della posta nei punti di raccolta dei reparti e il trasporto all’ufficio ferroviario di Cervignano, dove la corrispondenza era vagliata, censurata e poi smistata. Enrico frequentava uffici e officine militari e passava le serate con i soldati nelle osterie del paese inoltre, eludendo la sorveglianza dei militari, valicò il limite territoriale dove erano relegati i borghesi, per dirigersi verso le zone degli scontri ma un giorno, intercettato da una pattuglia di carabinieri, fu fatto ritornare a Cervignano e successivamente rispedito a Roma. Dopo e un’appassionata lettera al comandante della 3a armata, che era Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta Enrico riuscì a ritornare nuovamente a Cervignano nei primi mesi del 1916 e il  6 aprile ebbe il permesso di rimanere nella cittadina per lavorare all’ufficio postale militare presso il comando d’armata. Grazie al legame con soldati e ufficiali il giovane riuscì a farsi portare con il reparto in prossimità delle trincee, tra cui cave di Selz presso Monfalcone. In seguito, Toti passò dai ricoveri del 14° reggimento fanteria a quelli del III battaglione Bersaglieri ciclisti, con il compito di raccogliere la posta e consegnare giornali, sigarette, generi di conforto portati dalle retrovie, inoltre sbrigava piccole commissioni per i soldati che non potevano allontanarsi dal reparto. Il 6 agosto 1916, durante la sesta offensiva dell’Isonzo che portò alla presa di Gorizia e al crollo del primo fronte carsico, il III Bersaglieri fu incaricato di attaccare le trincee austro-ungariche di Quota 85, a est di Monfalcone, così Toti chiese e ottenne dai superiori, seppur in maniera informale e, il permesso di partecipare all’assalto. Durante l’azione Enrico fu visto sparare con il moschetto contro le mitragliatrici avversarie, poi, quando fu colpito, morì fra le braccia dei compagni. La storia di Enrico Toti resta viva ancora oggi, infatti nel 1958 la città di Gorizia gli dedicò  una statua in bronzo in piazza Cesare Battisti e la Marina militare italiana intitolò al giovane eroe il primo sommergibile del dopoguerra, costruito nei cantieri di Monfalcone, in servizio dal 1968 al 1999, che è esposto dal 2005 presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. Read the full article
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Ragazza scomparsa, la Procura di Ancona chiama Roma per i resti del Pigneto
La procura di Ancona ha contattato le autorità giudiziarie di Roma per avere aggiornamenti sui resti di un corpo umano ritrovati sabato scorso a Roma, al Pigneto, in un parco, in via Ettore Fieramosca 114. La pm Irene Bilotta vuole capire se si tratta di Andrea Rabciuc, la 28enne romena scomparsa nelle campagne di Montecarotto il 12 marzo 2022, dopo una lite con il fidanzato.    Si faranno…
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noisynutcrusade · 1 year
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Skeleton found in Rome, Ancona prosecutor: "It could be Andreea Rabciuc"
The Ancona prosecutor’s office contacted the judicial authorities of Rome to get updates on the remains of a human body found last Saturday in Rome, in Pigneto, in a park, in via Ettore Fieramosca 114. Irene Bilotta wants to understand if it is about Andrea Rabciuc, the 28-year-old Romanian who disappeared in the Montecarotto countryside on March 12, 2022, after an argument with her boyfriend.…
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gdacb · 4 years
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Ettore Fieramosca (Alessandro Blasetti, 1938)
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karmaleona · 4 years
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di-biancoenero · 8 months
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Primo di un trittico storico-avventuroso , con protagonista Gino Cervi, Ettore Fieramosca fu seguito da Un'Avventura di Salvator Rosa e La Corona di Ferro considerati  tutti e tre capolavori del cinema italiano.
Nel Cinquecento il suolo italico è terra di contesa tra Francia e Spagna e soldati mercenari italiani, su direttiva di Prospero Colonna, si propongono a fianco della fazione spagnola. Ma  il Colonna non è un buon pagatore e Ettore Fieramosca da Capua, che non è ancora stato saldato  per l'ultima scaramuccia , decide coi suoi uomini di presentarsi a Morreale, terra franca, dove Graiano d'Asti sta assoldando uomini per la causa di Francia. La rocca, inespugnabile per posizione e da tempo usa a concedere libero assoldamento, è ora governata da Giovanna, che ha fama di essere donna casta e risoluta. Presto la giovane diviene oggetto di contesa tra Fieramosca e Graiano, ma mentre il primo se ne innamora, l'altro ordisce intrighi e tradimenti con lo scopo di impossessarsi di terre e titolo, favorendo l'entrata in rocca dell'esercito francese. In un turbinio di duelli, eroismi alla Orazio Coclide, deliri visionari, metafore visive, scontri fratricidi, l'epica si conclude con la leggendaria disfida di Barletta in cui i 13 uomini superstiti dell'esercito del Fieramosca sfidano a singolar tenzone 13 uomini d'arme francesi, per vendicare l'onore italiano da questi ultimi deriso. 
Blandamente ispirato al romanzo risorgimentale di Massimo D'Azeglio, più feuilleton che epico, Blasetti mette in scena una storia dal piglio ariostesco e di una bellezza visiva che lascia stupefatti. Curato e controllato in ogni dettaglio -dalla sceneggiatura al montaggio, dai costumi alla colonna sonora, dagli attori ai fotografi- come solo il padre del cinema italiano moderno sapeva fare, uomo di ampia cultura, puntiglioso e autoritario , è possibile divertirsi a riconoscere in ogni quadro o composizione scenica, i riferimenti all'arte rinascimentale italiana ma anche ai preraffaelliti e allo stile liberty. La complessità dei dialoghi,  scritti  da Cesare Vico Ludovici, richiede agli attori una recitazione aulica, o parafrasando Sergio Tofano, una recitazione all'antica italiana, che tutto il cast soddisfa pienamente, ma  risalta in particolare un giovane Gino Cervi, del quale Blasetti amava molto la voce.  Emblematica è l'entrata in scena del protagonista: prima ne sentiamo risuonare l' imperiosa voce, abituata a rieccheggiare sulle tavole del palcoscenico, successivamente la camera ne inquadra il volto. Come dire : dal teatro al grande schermo ecco a voi l'Eroe, di fatto lanciando Cervi tra i divi del firmamento italiano, poichè se il film fu un enorme successo al botteghino, lo si dovette anche alla genuina e travolgente interpretazione dell'attore bolognese.
 Per i costumi, Blasetti si avvalse della collaborazione di Vittorio Nino Novarese assistito da Marina Arcangeli.  Nato non come i colleghi, pittore,  ma come letterato, per cui fu spesso anche collaboratore a sceneggiature inclusa questa, Novarese intendeva il costume non come mezzo per sfoggiare la propria preparazione storico-artistica, ma come elemento importante nella caratterizzazione del personaggio che lo va ad indossare, per questo si trovò perfettamente in sintonia col regista romano.
La colonna sonora fu affidata all'esordiente Alessandro Cicognini, che come i musicisti dell'epoca, risentiva delle influenze operistiche nell'utilizzo del leitmotiv, il motivo principale che si ripresenta nella composizione. Ma il Blasetti, figlio di un professore dell'Accademia di Santa Cecilia, e con idee precise su quale ruolo dovesse avere la muisca nel film sonoro, per la scena del torneo scelse di far risuonare solo il cozzare delle armi e lo sferragliare delle armature. Per le scene di guerra furono impiegati il Genova Cavalleria, la Legione Allievi Carabinieri, i Granatieri e la fanteria all'ordine del colonnello Pizzi, mentre per il torneo e i combattimenti, non menzionato ancora nei titoli di testa, il regista si avvalse della collaborazione del futuro maestro d'armi  Enzo Musumeci Greco, la cui famiglia  da generazioni era esperta di scherma e della pratica, ormai vietata, del duello.
Il girato, come si evince dalla lettura della ricca sceneggiatura originale, che oltre a delineare meglio le situazioni e il carattere dei protagonisti, dava molto spazio anche agli attori di contorno , superava abbondantemente le due ore e il regista dovette tagliare molto per ridurlo a tempi canonici. Ciò risultò in una narrazione frammentaria, a salti o lampi, dove molto è lasciato all'intuizione dello spettatore e questo fu da alcuni critici sentito come il difetto principale del film, da altri invece come una qualità di sintesi e agilità narrativa che andava a sommarsi alla straordinaria suggestione visiva di ogni singola scena nonchè alle significative inquadrature (dall'alto, dal basso, primissimi piani, lunghi carrelli) del Blasetti. Resta quindi un po' di rammarico per non aver mai recuperato, se ancora esiste, il tagliato quando il film fu restaurato e per quella disfida che originariamente avrebbe dovuto essere più cruenta e di tono passionale : lo scontro decisivo avrebbe dovuto essere tra  Fieramosca e Graiano, che si contendevano Giovanna imprigionata.
La pellicola è l'unica nel panorama cinematografico italiano a connotazione densamente patriottia che va oltre la retorica:  il percorso evolutivo a cui va incontro il protagonista, lo portano a incarnare  difetti e  qualità di un popolo contraddittorio, complesso o complessato, ricco di storia ma sprezzante di tutto, arrogante  e passionario,  autocritico e auto-indulgente, mercenario e generoso.
Per approfondimenti : Ettore Fieramosca-Segreti e passioni secondo Blasetti. A cura di Franco Prono e Ernesto Nicosia, 2007
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illustratus · 2 years
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Astolfo debella le Arpie - Astolfo vanquishes the harpies
by Massimo d’Azeglio
The painting was executed in 1835, as it is remembered as a recently completed work in a letter from Francesco Gonin to the artist dated 1 January, 1836. The subject is taken from canto XXIII of Orlando Furioso. D'Azeglio's predilection for Ariosto is clearly expressed in Ricordi, chapter VII, dealing with early readings of the classics: "I preferred Dante and Ariosto to everyone, and still today I prefer them". The relationship between literature and painting is a typical trait of Azeglian work, but it is all the more present in these Milanese years which coincide with the writing of the novel Ettore Fieramosca with the attendance of Manzoni and Grossi, with the resounding success of his landscapes animated by historical and romantic scenes. The painting was exhibited in Brera in 1837, where numerous paintings by d'Azeglio were presented, including three of Ariosto's subjects. In the work the interest in the landscape (mountainous and wild, just lightened by a grazing light) is preponderant; the winged figure, pointing downwards, suggests depths and hollows between the first and second floors.
Gift of the Marquis Emanuele Taparelli d'Azeglio, Turin 1877
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gregor-samsung · 3 years
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“ L’Italia è uno dei pochi paesi la cui identità moderna si è costruita intorno al fatto d’essere stata ripetutamente invasa. L’Inghilterra si vanta di non aver mai più subito un’invasione straniera dopo il 1066. Da noi, dopo quella data, ci sono state l’invasione dei Normanni, le calate di Federico Barbarossa e dei suoi successori, l’invasione di Carlo d’Angiò, quella di Carlo VIII, ripetute invasioni francesi e asburgiche fino a Napoleone e oltre, e poi l’invasione austriaca fermata sul Piave, quella nazista dopo l’8 settembre, e infine quella degli Alleati: l’ultima, finora, e una di quelle accolte con più sollievo da gran parte della popolazione. Le invasioni in Italia sono ossatura di manuali scolastici e spunto di riflessione storiografica, tanto che un fortunato libro di Girolamo Arnaldi s’intitola proprio L’Italia e i suoi invasori, e rilegge tutta la storia della Penisola attraverso questa peculiare prospettiva. Terra di conquista dunque, l’Italia, ma anche di reazione e di resistenza, dove la lagnanza sulla debolezza d’un paese femmineo e sempre pronto a farsi sottomettere si alterna con l’orgogliosa chiamata alle armi contro lo straniero. Nel Risorgimento nasce e si divulga una visione della storia nazionale tutta costruita intorno a vacui – e per lo più inventati – episodi di resistenza isolata all’invasore straniero, da Pier Capponi a Ettore Fieramosca, da Francesco Ferrucci a Balilla. L’applicazione al passato dello schema risorgimentale “italiani vs stranieri” comporta di necessità l’introduzione della nuova figura del traditore, che tale, ovviamente, non era nella logica del suo tempo. Così, nel racconto della disfida di Barletta diventa infame traditore quel Grajano d’Asti che combatte nelle file francesi, cancellando il fatto che Asti era all’epoca, e da un bel pezzo, possedimento degli Orléans e fedelissima ai suoi principi; diventa traditore e sinonimo di fellonia il Maramaldo, e addirittura austriaco l’occupante di Genova contro cui fischia il sasso di Balilla, Botta Adorno, a onta del fatto che quel generale era al servizio sabaudo oltre che imperiale e, soprattutto, di nascita era genovese. Tutte mistificazioni consolatorie, dunque; ma non del tutto inani, giacché in epoca risorgimentale suonavano comunque premessa a una fiera stagione di riscatto nazionale contro gli eredi degli antichi invasori. “
Maurizio Bettini, Alessandro Barbero, Straniero. L'invasore, l'esule, l'altro, EncycloMedia, 2012. [Libro elettronico]
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pinknachowitch · 2 years
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#ginocervi #alessandroblasetti #elisacegani #claracalamai #osvaldovalenti
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Straniero
- giugno 30, 2022
L’Italia è uno dei pochi paesi la cui identità moderna si è costruita intorno al fatto d’essere stata ripetutamente invasa. L’Inghilterra si vanta di non aver mai più subito un’invasione straniera dopo il 1066. Da noi, dopo quella data, ci sono state l’invasione dei Normanni, le calate di Federico Barbarossa e dei suoi successori, l’invasione di Carlo d’Angiò, quella di Carlo VIII, ripetute invasioni francesi e asburgiche fino a Napoleone e oltre, e poi l’invasione austriaca fermata sul Piave, quella nazista dopo l’8 settembre, e infine quella degli Alleati: l’ultima, finora, e una di quelle accolte con più sollievo da gran parte della popolazione. Le invasioni in Italia sono ossatura di manuali scolastici e spunto di riflessione storiografica, tanto che un fortunato libro di Girolamo Arnaldi s’intitola proprio L’Italia e i suoi invasori, e rilegge tutta la storia della Penisola attraverso questa peculiare prospettiva. Terra di conquista dunque, l’Italia, ma anche di reazione e di resistenza, dove la lagnanza sulla debolezza d’un paese femmineo e sempre pronto a farsi sottomettere si alterna con l’orgogliosa chiamata alle armi contro lo straniero. Nel Risorgimento nasce e si divulga una visione della storia nazionale tutta costruita intorno a vacui – e per lo più inventati – episodi di resistenza isolata all’invasore straniero, da Pier Capponi a Ettore Fieramosca, da Francesco Ferrucci a Balilla. L’applicazione al passato dello schema risorgimentale “italiani vs stranieri” comporta di necessità l’introduzione della nuova figura del traditore, che tale, ovviamente, non era nella logica del suo tempo. Così, nel racconto della disfida di Barletta diventa infame traditore quel Grajano d’Asti che combatte nelle file francesi, cancellando il fatto che Asti era all’epoca, e da un bel pezzo, possedimento degli Orléans e fedelissima ai suoi principi; diventa traditore e sinonimo di fellonia il Maramaldo, e addirittura austriaco l’occupante di Genova contro cui fischia il sasso di Balilla, Botta Adorno, a onta del fatto che quel generale era al servizio sabaudo oltre che imperiale e, soprattutto, di nascita era genovese. Tutte mistificazioni consolatorie, dunque; ma non del tutto inani, giacché in epoca risorgimentale suonavano comunque premessa a una fiera stagione di riscatto nazionale contro gli eredi degli antichi invasori. 
Maurizio Bettini, Alessandro Barbero, Straniero. L'invasore, l'esule, l'altro, EncycloMedia, 2012. 
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Inizia ora il Soldato di ventura, bud Spencer aka Ettore fieramosca, Bari batte Francia, e Spagna salva Puglia, storia di 13 eroi, #ladisfidadibarletta (presso Don Vito's Cats Bar Home) https://www.instagram.com/p/CTULHChjl3O/?utm_medium=tumblr
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