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#Film grottesco
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L'Écume des jours (2013, Michel Gondry)
28/04/2024
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bicheco · 9 months
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Fuori dal coro
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Ho appena visto (lo confesso: in streaming) "C'è ancora domani" della Cortellesi. L'ho trovato, per certi versi, imbarazzante. La premessa, e di questo ne sono certo, è che il tono del film VOLESSE essere parodistico, nel senso che tutti i personaggi dovessero deliberatamente risultare come delle figurine piatte ed unidimensionali, caratterizzazioni artificiose e sopra le righe: lei l'archetipo della madre/donna sottomessa, lui il padre/maschio aguzzino, e poi il suocero un totale troglodita, i due bambini la quintessenza dei rompicoglioni, l'ex spasimante bravo ragazzo, eccetera. Come detto tutti personaggi tratteggiati con una tale rozzezza da risultare - ripeto -volutamente come degli archetipi di nessuno spessore drammaturgico. La speranza della Cortellesi, immagino, è che poi il film "facesse il giro" e cioè che il tutto quanto così sfacciatamente e didascalicamente rappresentato, potesse, quasi magicamente, diventare autentico e credibile e coinvolgente. Invece, a mio modo di vedere, tutto questo non succede: il film rimane grottesco, i personaggi finti, le situazioni inverosimili, e il racconto appare puerile. La liberazione della donna può essere raccontata in un milione di altri modi e tutti quanti sarebbero più coinvolgenti di questo.
Alla fine del film la domanda che mi sono fatto è stata una sola: come ha fatto un bell'uomo come Mastandrea a sposarsi una morta di sonno come la Cortellesi? La vera vittima del film è il marito.
Preoccupa che un film così rozzo e ruffiano sia diventato campione d'incassi.
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unevaguedeprintemps · 11 months
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Non mi piacerebbe sentir dire che ho tentato di stupire, che voglio fare il moralista, che sono troppo autobiografico, che ho cercato nuove vie.
Non mi piacerebbe sentir dire che il film è pessimista, disperato, satirico, grottesco. E nemmeno che è troppo lungo.
La dolce vita, per me, è un film che lascia in letizia, con una gran voglia di nuovi propositi. Un film che dà coraggio, nel senso di saper guardare con occhi nuovi la realtà e non lasciarsi ingannare da miti, superstizioni, ignoranza, bassa cultura, sentimento.
Vorrei che dicessero: è un film leale.
La base del discorso presuppone un certo tipo di angoscia che non arriva alla coscienza di tutti. L'episodica invece è molto spettacolare, attinta com'è da una cronaca che ha interessato, commosso, irritato, divertito il pubblico... penso che La dolce vita possa venir accettato come un giornale filmato, un rotocalco in pellicola. Sono anni che i settimanali vanno pubblicando queste vicende.
Federico Fellini
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La dolce vita
Cit wikipedia
Gif davidlynch
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instabileatrofia · 2 months
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Ho sempre avuto la passione per il cinema e sono almeno vent'anni che vedo questi scialbi film italiani.
Queste rappresentazioni di storie, in qualche modo sempre le stesse, a prescindere dal genere.
Ambientazioni da ambire, fino al punto di rendere incongruente la trama.
Questa recitazione piangente e diciamolo pure, la scelta di raccontare improbabili storie del cazzo.
Avvocati, dottori, ma anche poliziotti che però vivono in attici in centro, tutti formalmente adeguati, se non altro per i prodotti che indossano, che utilizzano.
Le costose confezioni del vuoto.
Ovviamente, con i vostri soldi;
leggere "opera considerata di valore culturale e per questo pubblicamente finanziata"
sotto certi titoli,
ci cala nel grottesco
o in ciò che dovrebbe essere considerato tale.
La regione Lazio,
come maitresse di tutto questo.
Il cinema italiano non è morto,
è uno zombie.
L.
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mercantedispezie · 1 year
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Sabato scorso sono andato al cinema a vedere finalmente “Beau ha paura”. Alla fine dei titoli di coda, stavo ancora seduto alla poltrona sconvolto, atterrito, stordito. Sedotto.  Questo film è meraviglioso.  Ari Aster si conferma uno dei migliori registi odierni. La trama è semplice: Beau e un uomo che vive da solo, seguito da uno psicologo, e che un giorno deve andare a trovare sua madre che vive lontano da lui. Tutto qui.  Un film che parla di ansie. Di relazioni malate coi propri genitori. Di paura di vivere, di scegliere, di ignavia, di incapacità di prendere decisioni. Del dover sempre cercare la guida ed il consiglio degli altri. Di società, di cattiveria, di ignoranza. Di sessualità, della paura di questa. Di sogni, di desideri, di futuri alternativi. Di tutto questo e di molto ancora...e Aster scegliere il genere perfetto per girare un tale calderone di emozioni. Ho letto in giro recensioni che classificano questo film come “commedia”, altri come “horro”: no. No, sbagliano... è sia questo, sia ben altro. Il genere corretto è “Grottesco”. 
Beau ha paura sono tre ore di film di genere Grottesco, dove la tua mente viene messa ora a dura prova, ora viene sedotta. Con questo film io ho riso un sacco, mi sono commosso, sono rimasto sconvolto, mi ha disgustato, ho sofferto, ho sorriso, e tutte queste emozioni sono state perennemente amalgamate con la costante confusione e infinita voglia di scoprire, di capire! Perché Beau ha paura non è un film per niente lineare, e nemmeno chiaro. Né vuole esserlo! Non aspettatevi di vedere qualcosa di comprensibile, dovete guardarlo col cuore, non solo con la mente. Siamo davanti agli orologi molli di Dalì, non aspettatevi forme realistiche! Questo film non lo controlli, non puoi prevedere cosa avverrà dopo. Ti schiaccia contro la sedia, ti domina, ti butta davanti agli occhi un susseguirsi di situazioni assurde, pazze, paradossali, a volte persino oniriche, e tu non puoi fare nulla se non subirlo. Perchè l’arte non la controlli, non ti aspetti di capirla: l’arte la subisci!  Esattamente come questo film. Un’odissea di tre ore che una volta finita io ne avrei guardate altre dieci! Fotografia pazzesca, una musica ottima e sempre sul pezzo, un montaggio maniacale, e come muove la telecamera Aster la muovono davvero in pochi. Una meraviglia per gli occhi, che alla fine ti lascia più confuso di prima, con mille interrogativi e altrettante risposte. Ci sarà almeno un singolo momento nel quale ti immedesimerai -o quantomeno comprenderai- Beau. Un Joaquin Phoenix STUPENDO, forse nel suo ruolo della vita, chissà.  Io non lo so se questo film diventerà un capolavoro o meno, ma ci siamo vicini..l’aria è quella (e se persino Scorsese se ne é accorto, mi sa che non si parla di pizza e fichi). Fatevi un favore, andate al cinema, correte a vederlo! Se volete vivere una vera e propria ESPERIENZA, andate! Perché di film del genere se ne vedono sempre meno, e sempre meno registi hanno il coraggio di andare contro alle leggi commerciali, così come sempre meno produttori hanno voglia di investire in tali progetti (un enorme grazie alla A24 che ha dato fiducia a questo regista!). Non abbiate paura di non capirci niente, non abbiate paura di sentirvi spaesati, il film VUOLE fare questo! Viaggiate con Beau in questa odissea psicologica e onirica, fatta di ansie e paure, le stesse che abbiamo tutti noi! Questo film non vuole piacervi. Anzi spesso vuole spingervi via. E’ un film divisivo ed è del tutto giusto non apprezzarlo.   Ma rimane una esperienza che, secondo me, va vissuta.  Questo, per me, è il grande Cinema. Fatto di emozioni. Signore e signori, Ari Aster. “Beau ha paura” (2023).
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osmosidelladecenza · 2 years
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Ho visto "Crimes of the Future" di David Cronenberg.
Ho scoperto che guardare un film con lo spirito sbagliato può causare reazioni estreme e smisurate, renderlo molto bello o al contrario vomitevole.
Cronenberg abbraccia la fascinazione dell’orrore sul corpo umano come allegoria del malessere sociale.
Un malessere radicato che rende i corpi orribili anche se perfetti. Il sesso diventa vera e propria carne, organi scoperti e disponibili per essere leccati e penetrati.
Uno spaccato estremizzato (neppure troppo) dai colori opachi di cuori non irrorati di sangue, sempre sul filo del grottesco.
Bello, spinto, ma avrei dovuto guardarlo da sola!
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a--piedi--nudi · 10 months
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lunamarish · 1 year
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C’è un luogo dove accadono le cose più strane, dove il tempo e lo spazio sono oggetto di una beffa continua, dove convivono il tragico, il grottesco, l’assurdo. Questo luogo è il sogno. A metà strada tra preistoria e fantascienza, il sogno è anche il luogo di tutte le ambiguità, l’anagrafe di tutti i fantasmi che popolano la nostra mente, lo spazio dove si incontrano persone e cose della vita ma che più spesso esistono solo lì e non hanno alcun riscontro nella realtà. Come le figure di un film sullo schermo, le immagini del sogno si dissolvono con l’arrivo della luce. Talora non lasciano tracce sensibili e svaniscono nel nulla, in altri casi si imprimono profondamente nella memoria e ci perseguitano per giorni o per anni. Quali sono i rapporti dell’uomo con i propri sogni? E di quali messaggi i sogni sono messaggeri? Fino dai tempi più remoti l’uomo ha tentato di attribuire un significato alle immagini che gli apparivano durante il sonno. Ne è nata una lunga avventura interpretativa che attraversa i secoli alla ricerca dei segni e degli indizi capaci di dare, per mezzo dei sogni, un significato nuovo o diverso alle vicende della realtà quotidiana. Questa ricerca di un significato viene dunque esercitata proprio nel luogo dell’insensato e dell’arbitrario, una “zona d’ombra” dove agiscono gli stimoli provenienti dai sottolivelli della coscienza. Ma bisogna mettere in conto la facilità con cui si presta a una interpretazione simbolica tutto ciò che appare avvolto in un alone fantastico e privo di coerenza logica. 
Luigi Malerba, La composizione del sogno
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shambelle97 · 2 years
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Piccolo sfogo personale: ritengo inaccettabile che la migliore dinamica fraterna dell’MCU sia stata distrutta solo per puro e semplice shock value nei confronti degli spettatori a causa di un atteggiamento per nulla professionale e immaturo da parte di due registi per soddisfare il loro ego, manifestando l’odio nei confronti di due personaggi fumettistici e cinematografici. 
Ancora più ingiusto è che la Marvel abbia concesso un simile oltraggio, evitando di comprendere che il successo ottenuto nel tempo è solo grazie a colui che hanno ucciso come un povero idiota. 
Nonostante abbiano tentato di rimediare con una serie tv incentrata su una versione alternativa del Dio dell’Inganno, nulla servirà a colmare quel vuoto rilasciato in quei quasi cinque anni di sofferenza...per non parlare della totale cancellazione della sua esistenza negli spot tv di Thor Love And Thunder e la mancata menzione nello stesso film.
 Difatti i risultati si sono visti, permettendo il trionfo di un flop senza precedenti. Non servirà un tatuaggio dedicato in suo onore sulla schiena del fratello e un altro spettacolino grottesco che fungono entrambi da contentini per i fan, se poi viene trattato come il fantasma di una chimera inesistente. 
Hanno generato solamente confusione sulla loro storyline nel peggiore dei modi, lasciando intendere che il famoso sole non splenderà mai. Il motto “Non esiste Thor senza Loki” è nientemeno che un’illusione, una presa in giro. 
Spiace scrivere codeste parole, ma purtroppo è la cruda realtà dei fatti. Perlomeno Loki ha avuto la decenza di menzionare il Dio del Tuono qualche volta nella serie; cosa che in Endgame e in Thor 4 non è mai avvenuta da parte del fratellastro. 
Scritto ciò, vi auguro una buona giornata.
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ypsilonzeta1 · 1 year
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Ribaltati. Scossi,
nelle certezze, nelle abitudini.
Che su questa terra,
non ci si può più stare.
Che la realtà, la norma,
è ormai diventata un film grottesco
in cui tutti facciamo finta di essere seri.
Di crederci. Al futuro,
alla carriera, alle famiglie
allo stato dell’arte. Fate voi.
Tempo di partire.
Mettersi in mare.
Guardare la terra con l’occhio delle onde.
Raccogliere sull’acqua la plastica
che la terra vomita, ovunque,
E ascoltare:
voci di sirene e pesci,
e plancton e organismi piccolissimi,
diventare noi
parola e cuciture
di altri alfabeti, di altri mondi,
rammendare.
Essere voci di sole, di vento,
di pelle che respira, di muscoli
in tregua dalla guerra.
Un nuovo battesimo .
di blu assoluto,
nel mare trafitto da spade di luce,
scagliate fino al fondo dell’abisso.
Riappartenere a tutto quello
che non abbiamo mai conosciuto
che non abbiamo mai immaginato.
Gianluigi Gherzi
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a-tarassia · 2 years
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The Menu.
Idea abbastanza buona, non ho capito se vuole essere anche un'allegoria religiosa, oltre ad essere una denuncia alla banalizzazione di massa, il problema è che vuole essere horror e anche concettuale e anche grottesco e un po' commedia nera, ma alla fine è un impasto di tutto un po' e secondo me non bene.
Oltretutto sti ultimi film usciti so tutti denunce di derive umane, come se non fosse tutto un'unica cosa parte dello stesso flusso.
Mi sono quasi stufata.
Ralph Fiennes bravissimo, as usual.
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multiverseofseries · 3 days
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Kinds of Kindness: Lanthimos torna alle origini, scherzandoci su
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Kinds of Kindness è crudo, stravagante, solenne. Yorgos Lanthimos torna alla sua poetica originale.
Gli ultimi tempi sono stati intensi per Yorgos Lanthimos, dopo il successo di Povere Creature!, Il regista torna con un lungometraggio episodico, Kinds of Kindness, nel quale si percepisce quasi un bisogno da parte sua di tornare alle origini, riprendendo a raccontare storie che giocano con l'assurdo, con la violenza e con il grottesco, mantenendo un tono diverso, quasi scanzonato. Forse provocatorio, verso quel pubblico che lo ha conosciuto solo di recente, attraverso la larga diffusione che le scene di Poor Things hanno avuto sui social, restituendo l'idea ingannevole di un film (e di un autore) vicino al mainstream.
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Hong Chau in una scena del film
Ma Lanthimos non è nulla di tutto questo: il regista e sceneggiatore nel corso della sua carriera ha sempre prediletto una narrazione folle e cruda, proponendo vicende al limite del paradossale con una marcata componente violenta e oscura. Elementi che ritroviamo anche in questo lungometraggio per il quale ha selezionato un cast ristretto ma consolidato: volti come Emma Stone, Willem Dafoe, Margaret Qualley che insieme a Jesse Plemons, alla prima collaborazione con il regista, ricorrono in tutte le tre storie raccontate trasmettendo, in ognuna di esse, un ottimo feeling, sia tra loro, che con la regia del greco.
Tre episodi, un filo conduttore
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Emma Stone in un momento del film
Nel riprendere contatto con le sue radici artistiche, Lanthimos sceglie di essere di nuovo affiancato alla sceneggiatura da Efthymis Filippou, già sua penna per Dogthoot, Alps, The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro, concependo un lungometraggio in tre parti da un'ora ciascuna. Nel primo episodio Jesse Plemons e Willem Dafoe sono due uomini d'affari con un uno stretto rapporto di subordinazione, così stretto che quando Raymond (il personaggio di Dafoe) chiederà al suo sottoposto di creare un grave incidente si innescherà una spirale di disperazione e violenza che coinvolgerà tutte le parti in gioco.
Nel secondo, invece, Plemons interpreta un poliziotto, Daniel, la cui moglie (Emma Stone) è scomparsa dopo un incidente. Quando la donna viene ritrovata, dopo essere sopravvissuta a lungo su un'isola sperduta, l'uomo inizia a notare in lei alcune anomalie convincendosi che quella che ha davanti non sia la consorte. A concludere, però, il film è la vicenda di Emily, sempre interpretata da Stone, che dopo essersi unita ad una setta lasciando la famiglia, vaga per l'America in cerca di una donna in grado di resuscitare i morti.
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Willem Dafoe, Margaret Qualley e Jesse Plemons in una scena
Ovviamente non vi dirò altro sulla trama delle singole storie in quanto, essendo già piuttosto esili, rischierei di rovinarvi la visione del film. Se c'è una cosa che però si può anticipare è che nonostante siano indipendenti l'una dall'atra, ad unirle ci sarà un personaggio particolare che fungerà da filo conduttore donando all'intera pellicola una struttura quasi circolare. Nonché vi strapperà una strana, forse un po' inopportuna, risata in una delle stravaganti scene finali.
Una struttura debole ma convincente
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Mamoudou Athie nei panni di un poliziotto in Kinds of Kindness
A costituire forse l'unico, rilevante problema di Kinds of Kindness è proprio questa struttura episodica che non riesce a tenere lo spettatore nel film troppo a lungo. Le tre storie per quanto folli e macchinose, pagano lo scotto di avere una durata limitata risultando inevitabilmente esili. Nonostante la lunga durata del film (quasi tre ore), resta al termine della visione una sensazione di insoddisfazione verso tre vicende che rimangono in superficie tramutando l'intera pellicola in un esercizio di stile più che in un lungometraggio pienamente compiuto.
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Una scena del film
Ed in questo esercizio Yorgos Lanthimos ed Efthymis Filippou condensano molti degli elementi dei loro lavori insieme: si riscontra la paura di essere contaminati da un mondo malato propria di Dogtooth, la famiglia come aggregazione ambigua, il sovrannaturale che altro non è che frutto delle nostre storture e personaggi in crisi, perenne crisi, schiacciati dal peso del prossimo o delle incombenze della vita e che così finiscono per superare il labile confine tra ragione e follia.
Ribadire la propria estetica
Anche visivamente il regista lancia una sfida allo spettatore tornando alla sua estetica solenne e cruenta, costruendo immagini talvolta visivamente potenti, talvolta nauseanti che è in grado di dosare senza mai eccedere, misurato rispetto ad altre sue pellicole ma forte di una cifra stilistica consolidata che qui tende a ribadire per ricordare a chi lo guarda che, nonostante i suoi due ultimi lungometraggi adatti a più tipi di pubblico, è ancora capace di turbare e divertire con un cinema più "autoriale", anche prendendosi poco sul serio.
Conclusioni
In conclusione va precisato fin da subito che che in Kinds of Kindness il regista si allontana dal suo precedente lavoro, Povere Creature!, per tornare alle origini. Insieme allo sceneggiatore di fiducia Efthymis Filippou, richiama tutti gli elementi, visivi e narrativi del suo cinema per costruire un lungometraggio episodico che gioca con lo spettatore proponendogli orrore, violenza e situazioni assurde e grottesche con un tono sicuramente più scanzonato rispetto alle opere degli esordi. Unica pecca sta nel fatto che le storie proposte, a causa anche del tempo limitato, rimangono in superficie senza permettere a chi guarda una vera immersione nella pellicola.
👍🏻
La scrittura Lanthimos e Filippou, folle e oscura come alle origini ma più ironica.
Il cast coeso che regala momenti memorabili.
La cifra stilistica di Yorgos Lanthimos, forte come alle origini…
👎🏻
… e che proprio per questo potrebbe scontentare chi lo ha conosciuto solo con Povere Creature!
La struttura episodica che non permette allo spettatore di entrare nelle vicende.
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cartonionline · 8 days
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Sausage Party: Cibopolis la serie animata dall'11 luglio 2024 su Prime
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“Sausage Party: Cibopolis”, conosciuta anche come Sausage Party: Foodtopia, è una serie animata che prosegue le bizzarre e irriverenti vicende iniziate nel film Sausage Party - Vita segreta di una salsiccia del 2016. Creata da Seth Rogen, Evan Goldberg e Jonah Hill, questa nuova produzione si distingue per il suo umorismo nero e un approccio satirico a temi complessi, il tutto condito da battute provocatorie e situazioni surreali. La serie è diretta da Conrad Vernon e distribuita su Prime Video, ed è ambientata in un mondo post-apocalittico governato da cibi antropomorfizzati, i veri protagonisti di questa storia assurda. La trama principale si svolge dopo la grande rivolta dei cibi contro gli umani. La vittoria porta alla creazione di Cibopolis, una città utopica dove i cibi vivono senza la minaccia degli esseri umani. Tuttavia, come spesso accade in queste società immaginarie, le cose non vanno secondo i piani. Le sfide non tardano ad arrivare, con disastri naturali come piogge torrenziali e attacchi da parte dei corvi. Frank (la salsiccia protagonista, doppiata da Seth Rogen), insieme a Brenda e Barry, si lancia in una missione per trovare un essere umano che possa aiutarli a risolvere i loro problemi e a garantire la sopravvivenza del loro mondo. La serie, composta da otto episodi della durata di circa 24 minuti ciascuno, riprende il tono irriverente e sovversivo del film, ma lo amplia introducendo nuove tematiche e dinamiche tra i personaggi. Se da un lato la serie riesce a far ridere con il suo umorismo grottesco e politicamente scorretto, dall'altro tenta di affrontare questioni sociali e politiche in modo satirico. Alcuni personaggi, come Julius, una tirannica arancia che cerca di prendere il controllo di Cibopolis, sono chiari riferimenti a figure della politica contemporanea, con Julius che rappresenta una caricatura di Donald Trump. Altri personaggi, come la minuscola Jeri Rice, che ha perso la sua famiglia durante un’inondazione, mostrano un lato più drammatico e personale, seppur sempre all'interno di un contesto assurdo. Uno degli aspetti più interessanti della serie è come utilizzi la sua ambientazione per giocare con i concetti di utopia e distopia. In Cibopolis, la città dei cibi, tutto sembra perfetto all'inizio, ma le divisioni interne e i problemi strutturali non tardano a emergere. La storia esplora il delicato equilibrio tra libertà e potere, e come le migliori intenzioni possano essere corrotte dall'avidità e dall'ambizione. Non mancano, ovviamente, battute volgari e scene esagerate, ma la serie riesce comunque a porre domande interessanti su cosa significhi vivere in una società ideale e sui compromessi necessari per mantenerla. Dal punto di vista tecnico, Sausage Party: Cibopolis mantiene lo stile visivo distintivo del film originale, con un'animazione vivace e colori sgargianti che creano un netto contrasto con i temi cupi e l’umorismo nero. Le voci dei personaggi sono un altro punto di forza della serie. Il cast originale, che include attori del calibro di Kristen Wiig, Michael Cera ed Edward Norton, torna a dare vita ai cibi antropomorfizzati, affiancato da nuove voci come Will Forte e Sam Richardson, che aggiungono freschezza e comicità ai nuovi personaggi introdotti nella trama. Nonostante l’umorismo tagliente e le gag a tratti volutamente eccessive, la serie non è stata accolta in modo unanime. Le critiche si sono divise tra chi ha elogiato il coraggio di affrontare argomenti politici e sociali in modo così dissacrante, e chi invece ha trovato la narrazione poco coesa, con personaggi talvolta troppo superficiali o stereotipati. Tuttavia, per chi ha apprezzato il film originale, Sausage Party: Cibopolis offre esattamente ciò che ci si aspetta: una miscela di comicità grottesca, critica sociale e intrattenimento sopra le righe. Sausage Party: Cibopolis è una serie che spinge i confini dell'animazione per adulti, mescolando risate sguaiate con riflessioni più profonde sulla società. Non è una visione per tutti, ma per coloro che apprezzano l’umorismo nero e la satira sfrenata, rappresenta una tappa imperdibile nel panorama dell’animazione contemporanea.
Episodi di Sausage Party: Cibopolis
La serie animata Sausage Party: Cibopolis, sequel del film Sausage Party del 2016, continua le avventure surreali e provocatorie di Frank, Brenda e i loro compagni alimentari. In questo nuovo capitolo, i cibi diventano i padroni della Terra dopo aver sconfitto la razza umana, ma la loro tanto agognata utopia si trasforma presto in una distopia ricca di caos, tensioni e conflitti interni. Attraverso episodi pieni di umorismo nero, satira politica e momenti surreali, la serie esplora temi come il potere, la leadership e la natura stessa della società. Prima Portata: La promessa infranta Il primo episodio parte subito dopo la vittoria del cibo sulla razza umana, con i protagonisti che tentano di costruire una società utopica. Tuttavia, l’apparente armonia viene distrutta da un temporale devastante che causa un'inondazione e molte vittime. Gomma si sacrifica per salvare i suoi amici, e Barry si impegna a recuperare il cibo disperso. Frank e Brenda, i leader di questa nuova civiltà, si trovano in difficoltà a mantenere il controllo, mentre molti cibi decidono di tornare al decadente supermercato Shopwell's, insoddisfatti della gestione della "terra promessa". Seconda Portata: La ricerca di risposte Nel secondo episodio, Frank, Brenda e Barry partono alla ricerca di un umano che possa fornire loro risposte su questioni come la pioggia e gli altri eventi naturali. Barry, spinto dalla sua sete di violenza, finisce per uccidere l'umano Richie prima che possano ottenere informazioni utili. Questo porta a un ulteriore scontro con altri umani, Jack e Donny, durante il quale Barry utilizza metodi estremi per difendersi, ispirandosi a vecchie tattiche usate durante la rivolta. Intanto, Sammy, colpito dal lutto e dalla confusione, scopre una nuova vocazione nella stand-up comedy, con cui cerca di trovare un senso in questo mondo in continua evoluzione. Terza Portata: Il festival di Burning Man Nel terzo episodio, il cibo organizza il festival di Burning Man, durante il quale Jack, l'umano sopravvissuto, dovrebbe essere sacrificato. Tuttavia, un corvo minaccia il festival attaccando e divorando alcuni cibi. Grazie a Jack, che suggerisce di usare il cadavere di un umano come spaventapasseri, riescono a scacciare l'uccello. Questo porta Frank e Brenda a riconsiderare il sacrificio di Jack, proponendo di tenerlo in vita per eventuali future necessità. Barry, però, si oppone fermamente e vuole che il sacrificio avvenga. Nel frattempo, Julius, un'arancia carismatica, approfitta della situazione per accrescere il suo potere, introducendo una nuova valuta basata sui denti umani, scatenando il caos tra i cibi più piccoli. Quarta Portata: Il potere di Julius Nel quarto episodio, Julius usa la sua nuova ricchezza in denti umani per espandere il suo impero e comprare edifici. Sammy, in cerca di gloria, tenta di prendere il controllo di uno studio televisivo, ma viene respinto. Frustrato, finisce per attaccare un altro cibo e prendere il suo posto. Nel frattempo, Frank e Brenda scoprono che i cibi più poveri vengono derubati dei loro denti, portandoli a instaurare un sistema di polizia. Durante il processo per i furti, scoprono che i cibi accusati di furto sono prodotti deperibili, che vivono in condizioni misere a causa della mancanza di refrigerazione, offrendo una chiara metafora delle disuguaglianze sociali. Julius, presente al processo, riesce a manipolare l’opinione pubblica, incitando i cibi a tenere delle elezioni per un nuovo leader di Foodtopia. Conclusioni Sausage Party: Cibopolis è una serie che non solo mantiene il tono irriverente e provocatorio del film originale, ma lo espande con una satira più articolata, affrontando questioni come il capitalismo, le disuguaglianze sociali e la manipolazione politica. Gli episodi si sviluppano tra momenti di pura comicità e riflessioni profonde sul potere e la responsabilità, rendendo la serie un prodotto unico nel panorama dell’animazione per adulti. Read the full article
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carmenvicinanza · 10 days
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Rossy de Palma
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La poesia è stato il mio primo amore. I poeti dadaisti mi hanno aperto una dimensione di pensiero completamente nuova, grazie alla quale in un solo momento mi sono resa conto che mi aspettava un altro mondo. L’arte ci cura e ci aiuta a sopravvivere.
Attrice, modella, scultrice, pittrice, scrittrice, cantante e regista di video e spot, Rossy de Palma è una delle più importanti protagoniste del cinema di Pedro Almodóvar.
Dotata di una bellezza fuori dagli schemi, un viso dai lineamenti irregolari e atipici, di cui ha fatto il suo punto di forza e che sfoggia con grande ironia, è una personalità poliedrica, difficile da etichettare.
Nata il 16 settembre 1964 col nome di Rosa Elena García Echave a Palma di Maiorca da una famiglia di origine asturiana e basca, è cresciuta nelle Baleari per poi trasferirsi a Madrid, negli anni Ottanta, seguendo il suo gruppo musicale, Peor impossible. Il suo nome d’arte era Rossy Peor, poi modificato in Rossy Von Donna.
È stato in quel periodo che, frequentando l’ambiente artistico madrileno, è entrata in contatto con Almodóvar che, nel 1987 le ha chiesto di partecipare al film La legge del desiderio. Da allora è diventata una delle sue protagoniste preferite, tanto da volerla ancora in Donne sull’orlo di una crisi di nervi del 1988, Légami! del 1990, Kika del 1993 e Il fiore del mio segreto del 1995. Per questi due ultimi ruoli è stata nominata al Goya (l’Oscar spagnolo). È anche apparsa in un cameo di Gli abbracci spezzati.
Ha lavorato anche in Italia con Aldo, Giovanni e Giacomo, Giancarlo Giannini, Rupert Everett e Ornella Muti.
Ha avuto un ruolo in Prêt-à-Porter di Robert Altman e nel musical grottesco Franchesca Page, diretto dalla fotografa Kelley Sane, dove ha ricoperto uno dei ruoli più memorabili della sua carriera, interpretando una sadica e psicopatica produttrice teatrale decisa a far fallire lo spettacolo chiave della pellicola, al quale fa perno la rivalità tra madre e figlia (interpretate da due drag queen).
Parallelamente alla carriera di attrice, saltuariamente, si produce come cantante ed è stata modella di stilisti come Louis Vuitton e Jean-Paul Gaultier. Per la primavera/estate 2012 è stata, insieme a Pedro Almodóvar e a Mariacarla Boscono, protagonista della campagna Missoni, ambientata in Spagna. È stata anche madrina di A Shaded View On Fashion Film, festival di cortometraggi sulla moda, creato e curato da Diane Pernet.
Ha anche realizzato una linea di profumi e di make up che portano il suo nome.
Spesso ha legato il suo nome a campagne sociali sostenendo le battaglie per le persone migranti, contro la violenza sulle donne e per i diritti lgbtq+.
Nel 2015 è stata nella giuria del Festival di Cannes.
Rossy de Palma, ironica, intelligente e talentuosa, ha dimostrato che si può diventare un’icona di fascino anche con una bellezza che va fuori dai classici canoni estetici.
Il suo naso strano è stato, a sua detta, il segreto del suo successo.
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agrpress-blog · 18 days
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Venezia 81: Il premio "Persona Lavoro Ambiente" va a "Peacock" di Bernhard Wenger Il 6 settembre 2024, durante l'81ª Most... #BernhardWenger #mostradelcinema #mostradelcinemadivenezia #onofriorota #premio #vincenzoconso https://agrpress.it/venezia-81-il-premio-persona-lavoro-ambiente-va-a-peacock-di-bernhard-wenger/?feed_id=6711&_unique_id=66dcc9bf0890a
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cinquecolonnemagazine · 6 months
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Il Cinema Anni '60: Un Decennio di Rivoluzione e Sogni
Il decennio degli anni '60 rappresenta un periodo di grande fermento e innovazione per il cinema, sia in Italia che nel resto del mondo. È un'epoca di rottura con le convenzioni del passato, di sperimentazione e di nuovi linguaggi, che riflettono i cambiamenti sociali e culturali in atto. In Italia: - Il decennio si apre con la "commedia all'italiana", genere satirico e grottesco che denuncia i vizi e le contraddizioni della società italiana del boom economico. Film come "La dolce vita" di Federico Fellini (1960), "Divorzio all'italiana" di Pietro Germi (1961) e "Il sorpasso" di Dino Risi (1962) diventano icone di un'epoca. - Michelangelo Antonioni emerge come uno dei maestri del cinema d'autore con la sua "trilogia dell'incomunicabilità": "L'avventura" (1960), "La notte" (1961) e "L'eclisse" (1962). - Sergio Leone rivoluziona il genere western con la sua "Trilogia del dollaro": "Per un pugno di dollari" (1964), "Per qualche dollaro in più" (1965) e "Il buono, il brutto, il cattivo" (1966). - Pier Paolo Pasolini porta sullo schermo la sua poetica visionaria e politica con film come "Accattone" (1961), "Mamma Roma" (1962) e "Il Vangelo secondo Matteo" (1964). Nel resto del mondo: - La Nouvelle Vague francese, nata alla fine degli anni '50, continua a influenzare il cinema con il suo stile anticonformista e la sua attenzione alla soggettività. Film come "Fino all'ultimo respiro" di Jean-Luc Godard (1960) e "Jules e Jim" di François Truffaut (1962) sono esempi emblematici. - Il cinema americano vive una fase di rinnovamento con la nascita del New Hollywood, che si contrappone al classicismo hollywoodiano. Registi come Stanley Kubrick ("2001: Odissea nello spazio", 1968), Arthur Penn ("Bonnie and Clyde", 1967) e Mike Nichols ("Il laureato", 1967) realizzano film che affrontano temi controversi e sperimentano nuove tecniche narrative. - Il cinema sovietico vive un periodo di rinascita con registi come Andrej Tarkovskij ("L'infanzia di Ivan", 1962) e Aleksandr Sokurov ("La madre e il figlio", 1966). Nuove tecnologie e generi: - L'introduzione di nuove tecnologie, come il dolly e la steadicam, permette una maggiore libertà di movimento e fluidità nelle riprese. - Nascono nuovi generi cinematografici, come il film di fantascienza ("2001: Odissea nello spazio", "Il pianeta delle scimmie" (1968)), il thriller psicologico ("Psyco" (1960), "Rosemary's Baby" (1968)) e il film horror ("La notte dei morti viventi" (1968)). Un'epoca di grandi film e grandi registi: Il cinema degli anni '60 è un'epoca di grande creatività e innovazione, che ha dato vita a film che sono rimasti nella storia del cinema. È un decennio che ha visto la nascita di alcuni dei più grandi registi di tutti i tempi, come Fellini, Antonioni, Leone, Pasolini, Godard, Truffaut, Kubrick, Penn e Tarkovskij. L'eredita del cinema degli anni '60 Il cinema degli anni '60 ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema. È un decennio di rottura con le convenzioni del passato, di sperimentazione e di nuovi linguaggi, che ha dato vita a film che continuano ad essere ammirati e studiati ancora oggi. Foto di Mohamed Hassan da Pixabay Read the full article
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