🌑 Ombre del Potere 3: Il Mistero dei Guardiani della Verità 🌑
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🌍 Trama Globale:
Cospirazioni internazionali 🕵️♂️
Società segrete millenarie 🏛️
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🦸♂️ Protagonisti:
Luca: l'intrepido detective 🔍
Marco: l'enigmatico esperto di crittografia 💻 #DynamicDuo #MysterySleuths
🎭 Un'avventura mozzafiato:
Antichi simboli da decifrare 📜
Tecnologia futuristica da padroneggiare 🚀
Tradimenti inaspettati da scoprire 🎭 #AncientMysteries #TechThriller
🏃♂️ Azione senza sosta:
Inseguimenti mozzafiato 🏎️
Enigmi impossibili 🧩
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HOSPITAL WAITING ROOM - capitolo 1
LA LETTERA
Le mattonelle bianche scintillavano sotto la luce abbagliante e fredda di quelle lampade enormi appese al soffitto, altrettanto bianco.
La luce delle lampade rispecchiava nel pavimento creando tanti piccoli riflessi, che davano un sottotono blu a quel corridoio che non sembrava avere né un inizio, né una fine.
Un ragazzo alto e ossuto con i capelli neri stava aspettando impazientemente, era nervoso. Batteva con frequenza il piede sinistro sul pavimento traslucido. Faceva un rumore assordante in quel silenzio infinito.
Il ragazzo era vestito in maniera elegante, ma si vedeva che aveva passato molto tempo seduto nel corridoio dell'ospedale ad aspettare, a preoccuparsi, a distruggersi pian piano, ed è per questo che aveva un’aria trasandata, abbandonata a se stessa.
Era seduto su quelle poltrone che si trovano lì, in un limbo, in quel posto dove si aspetta. Si aspetta che qualcuno esca da una porta e ci chiami, o che esca semplicemente dalla porta senza chiamarci, così da poter finalmente andare via. In questo limbo, o ancora meglio, girone infernale, sono presenti delle poltrone imbottite, di un colore indefinito, forse blu, forse nero, che volevano rendere l'idea di essere confortevoli e accoglienti, ma che in realtà erano decisamente scomode. Il nostro soggetto aveva i capelli spettinati e delle occhiaie profonde che gli segnavano il volto. Sul cappotto aveva un bigliettino da visita. Su di esso si intravedeva solo il nome scritto in grassetto “Yakhya Sheripov”.
Diventava sempre più nervoso, come se i suoi pensieri si accumulassero, l’uno dietro l’altro, come un secchio messo sotto un rubinetto che perde acqua, che accumula goccia dopo goccia, fino a che non straborda. Ciò era visibile molto chiaramente nella sua espressione e nei suoi movimenti.
Il suo telefono cominciò a squillare in una maniera stridente ed interminabile.
All'improvviso si alzò di scatto, come una molla. E si diresse avanti ed indietro per il corridoio con il telefono all'orecchio.
— P-pronto? Masaev? — aveva risposto al telefono dopo aver indugiato un po’.
— ... — la voce della persona al telefono era flebile, completamente inaudibile dall’esterno. Non è certo cosa venisse detto precisamente a Yakhya.
— No, non risponde al telefono perché si è sentita male — Yakhya continuava a rispondere a ciò che dall’esterno sembrava quasi un interrogatorio.
— Sono all’ospedale FNUSA — disse, con tono seccato e irritato.
— Non lo so! Non so che cosa cazzo gli è successo! Ero in macchina con lei e ad un certo punto ha cominciato a comportarsi in modo strano, e poi è svenuta — ci fu una piccola pausa, poi ricominciò a parlare.
— Calmo? Come cazzo faccio a stare calmo Masaev? È mia sorella cazzo! — l’acqua nel secchio continuava a fuoriuscire, come le emozioni di Yakhya.
— No, non è questo il problema. La cosa che mi preoccupa di più è il fatto che, pur essendo mia sorella, non sono usciti a dirmi che succede. Credo che la situazione sia molto grave, ho paura — sembrava sempre più preoccupato, i suoi movimenti, i suoi gesti, il suo tono di voce, la sua espressione, si facevano sempre più interessanti.
— La testa mi sta esplodendo, non ce la faccio più ad aspettare. Senti ti chiamo più tardi, parlare al telefono mi rende ancora più nervoso, buona serata Masaev, tu che puoi ancora averla… — Yakhya riattaccò la chiamata e si risiedette spazientito.
Era visibilmente stanco di aspettare, e probabilmente sperava che qualcuno potesse dare aggiornamenti sullo status di sua sorella.
Il corridoio era completamente vuoto. Fino ad allora. Un'ombra cominciò a sbucare dal fondo del corridoio, che si diresse a passi lenti verso Yakhya. L'uomo, la cui ombra si rifletteva sulle mattonelle quadrate di quel corridoio da incubo, era basso e magro. Era vestito in modo inusuale, sembrava uscito da un film. Aveva un cappotto lungo marrone ed un cappello enorme che copriva di un'ombra nera tutta la faccia, come se fosse effettivamente sprovvisto di ciò che comunemente esprime l’identità. Camminava a passi lenti, pesanti e rigidi. Una volta raggiunto Yakhya saltò direttamente le presentazioni. Parlò in maniera scarsa, raffazzonata, tanto da fargli perdere l'ultimo filo di quello che lo rendeva umano. Guardandolo dritto negli occhi gli disse, con voce fredda e secca — Sua sorella è stata avvelenata—
— Come prego? — rispose con aria stranita e seguitò — Scusi ma chi è lei? Ci conosciamo? —
— No lei non mi conosce, e io a dirla tutta non conosco lei. Però le sto dicendo ciò che so: sua sorella è stata probabilmente avvelenata ma devo ancora scoprire da chi, e mi piacerebbe avere più dettagli sul come — disse l’uomo che aveva assalito Yakhya in un momento così delicato. Poi riprese a parlare, come se si fosse reso conto, che avrebbe dovuto sfoderare ciò che aveva di umano per ottenere ciò che voleva — Mi scusi, che brusco noi non ci conosciamo, e non mi sono ancora presentato, ma pensavo che se le avessi detto subito quello che c'era da dire avrei attirato immediatamente la sua attenzione — fece una breve pausa, poi riprese il suo discorso — Sono Sakarias Holmgren, investigatore privato. Non mi è ancora chiaro chi sia stato ad ingaggiarmi per questo caso. —
— Lei ha veramente un carattere strano, signor Holmgren. Mi chiamo Yakhya Sheripov, comunque, piacere di conoscerla — disse il ragazzo con voce esausta causata dalla situazione circostante. Poi gli venne in mente, di quella fondamentale informazione, che gli era stata fornita all’inizio, e aggiunse — Come fa a saperlo? Come fa a dire per certo una cosa del genere? — non sembrava fidarsi completamente dell’informazione.
— Che sua sorella è stata avvelenata? Non lo so per certo, è proprio per questo che sono qui. Chi mi ha ingaggiato ha scritto una lettera, ed ha mandato le sue teorie, tracce, sospetti. Ed è il mio lavoro arrivare alla verità, prima di tutto, capire se la lettera stessa contiene la verità — rispose Holmgren.
— Quindi non lo sa per certo. Spero che lei si stia sbagliando signore. Sarebbe veramente molto bello se si sbagliasse — Yakhya pronunciò la frase con un tono enigmatico, era difficile capire a cosa stesse pensando. Il che rendeva ciò molto interessante.
— Come le ho già detto, sono qui proprio per questo — ribatté Holmgren.
All'improvviso, la porta di fronte a loro si aprì. Uscì dalla stanza un'infermiera con aria preoccupata e lo sguardo perso nel vuoto, con l’aria di chi ha una pessima notizia da dare a chi non se lo aspetta e non sa come farlo. Finalmente il presumibile momento così tanto atteso da Yakhya si stava per realizzare. Ma la notizia probabilmente l’avrebbe sconvolto. Non era decisamente quello che sperava sentirsi dire.
— Infermiera, menomale! Finalmente qualcuno è uscito da quella stanza! Mi scuso nel disturbarla sono Yakhya Sheripov, sono il fratello di Ayna Sheripov, mi potrebbe dire che succede? — Yakhya aveva gli occhi illuminati, presumibilmente aveva un piccolo e debole barlume di speranza, che ancora scintillava, pronto ad essere soffiato via, come la fiamma d'una candela.
— Sua sorella sta molto male, non siamo ancora riusciti a capire di che cosa si tratti, però… — si fermò di colpo, l'infermiera, come se non volesse andare avanti.
— Però? Me lo dica la prego, la scongiuro, anche se fa male… — Yakhya aveva gli occhi lucidi.
— …però sembra che stia peggiorando progressivamente... non è migliorata per niente. L'unica opzione possibile è che sia sorella sia stata avvelenata. Stiamo cercando di verificare questa ipotesi confrontando i veleni più comuni, ma non riusciamo a capire quale sia il tipo di veleno usato, al momento. E se lo faccia dire, in una situazione del genere bisogna agire velocemente. Stiamo cercando di fare il più in fretta possibile, perché sua sorella potrebbe non farcela — finì l'infermiera, che alla fine aveva rivelato quella verità che nessuno avrebbe voluto sentirsi dire. Poi ricominciò a parlare — Sa niente di che cosa può aver assunto questa sera verso le 20.00? Era con lei? —
— No mi dispiace non saprei, io ero da tutt'altra parte — rispose Yakhya visibilmente molto più preoccupato di prima.
L'infermiera tremante, si voltò e rientrò nella stanza da dove era appena uscita.
Il signor Holmgren si avvicinò di nuovo al ragazzo che adesso non si reggeva in piedi, le gambe gli tremavano visibilmente. E non solo le gambe, ma anche le mani. Yakhya si sedette immediatamente.
— Non penso che il momento sia dei più appropriati, ma vorrei sapere se l'ipotesi della lettera fosse corretta… e se lo fosse… mi dispiace davvero… — disse Holmgren, probabilmente anche lui, come Yakhya, aveva sperato che quella lettera fosse soltanto uno stupido scherzo.
— È corretta, signore. Mia sorella è stata avvelenata — disse Yakhya con voce tremante e gli occhi sempre più lucidi.
se ti interessa la storia e vuoi continuare a leggerla, puoi trovarla su wattpad oppure su neobook
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