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#Omicidi senza colpevoli
divulgatoriseriali · 1 year
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Delitti di provincia: Il Giallo di Villa Sassone - Il caso di duplice omicidio di Mornico Losana che ha Sconvolto gli Anni '60
Il duplice omicidio di Villa Sassone è il nuovo protagonista de la rubrica “Delitti di provincia“. Ismaele ed Eva, Douglas e Matelda sono i comprimari di una vera e propria vicenda noir da rotocalco che infiammò le cronache degli anni 60′. Teatro d’inaudita violenza e insoluto misfatto fu Mornico Losana: là dove nemmeno un fremito pare possa sentirsi, s’udì un urlo e tutto ebbe inizio.…
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siciliatv · 6 months
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La faida sull'asse Favara-Belgio, nessun colpevole per gli omicidi: Cassazione rigetta i ricorsi
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La faida sull'asse Favara-Belgio, nessun colpevole per gli omicidi: Cassazione rigetta i ricorsi Gli omicidi che hanno caratterizzato la faida sull'asse Favara-Liegi restano senza colpevoli.... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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rideretremando · 11 months
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«A Wittgenstein piacevano i romanzi gialli, leggerli lo distraeva dalle sue profonde riflessioni. Per un filosofo che aspirava a spiegare tutti i problemi del mondo mediante la logica, una storia che propone un enigma, un omicidio o svariati omicidi, mettiamo, e che si sviluppa in base alle regole del caso e della deduzione, scartando piste false, procedendo per tentativi, indagando sui fatti e i presunti colpevoli, fino a trovare la soluzione e risolvere il mistero (questo è l’assassino e questa la ragione per cui ha commesso il suo delitto) doveva essere gratificante: ci sono una causa, un fine e un metodo; un romanzo giallo su una morte senza spiegazioni, che può essere stata un incidente o un suicidio o un omicidio (ma allora chi l’ha commesso e per quale motivo?) e non risolve l’enigma, ha il sapore di una frode o di una truffa, una storia assurda che non serve nemmeno da cornice o da soggetto per un brutto B-movie, di quelli in cui recitava Sandra Mozarovski».
Così scrive Clara Usón in «L’assassino timido» (Sellerio 2018, cap. iv), un ottimo romanzo che ricostruisce la breve vita appunto di Sandra Mozarovski o Mozarowski (1958-1977), attrice spagnola (il padre era russo, fuggito dall’Urss per motivi politici, e faceva il diplomatico) la cui carriera consistette quasi tutta in brevi apparizioni in film di serie B (in genere sexy-horror nei quali appariva per lo più svestita e quasi inevitabilmente finiva sgozzata), e che morì cadendo misteriosamente da una terrazza. Il romanzo di Clara Usón è assai bello, e ovviamente la morte della ragazza rimane senza spiegazioni (o meglio: con troppe spiegazioni e con l’impossibilità di decidere per una di esse), ma il lettore non rimane insoddisfatto: perché si rende conto che tutto il possibile è stato fatto per togliere il velo al mistero, e non c’è stata dunque truffa né frode, e perché ben presto lo conquistano la solidarietà e la pietà verso la giovane donna che nella Spagna ancora franchista (Francisco Franco morì nel 1975) e ufficialmente cattolicissima e bigottissima, «si guadagnava da vivere bene facendo film che scandalizzavano la sua famiglia», come scrive Usón.
Ma torniamo a Ludwig Wittgenstein. Filosofo dall’intelligenza leggendaria («Il più perfetto esempio di genio che abbia mai conosciuto», scrisse Bertrand Russell nella propria autobiografia) e dalla vita romanzesca, autore di opere difficili e affascinanti, è noto a tutti – è diventato una citazione pop – se non altro per l’aforisma che chiude l’unica opera che pubblicò in vita, nel 1921, a trentadue anni, il «Tractatus logico-philosophicus»: «Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere». In realtà, dopo la pubblicazione del «Tractatus» Wittgenstein instancabilmente meditò – come dimostrano i numerosi manoscritti pubblicati dopo la sua morte – proprio su ciò di cui non si può, o non si riesce a, parlare. Ed era, Wittgenstein, un vero appassionato di letteratura gialla: il che, a prima vista, potrebbe sembrare un po’ contraddittorio. E invece no. Le storie raccontate nei romanzi gialli (a lui piacevano soprattutto le storie «hard-boiled»: gialli deduttivi, sì, ma non asettici e quasi striminziti come quelli di Agatha Christie, bensì pieni di rappresentazioni realistiche del crimine, della violenza, e magari anche del sesso: roba «pulp», insomma) non sono «reali» (benché possano essere ispirate a fatti ed eventi reali, eccetera), ma ciò non impedisce loro di essere «qualcosa di cui si può parlare».
Quando, nella mia prima liceo (vi parlo del 1976 o giù di lì), il professor Renato Bortot entrò nell’aula per la prima lezione di filosofia (e noi eravamo, giustamente, piuttosto intimoriti dall’idea di studiare filosofia: io, per dire, sono ancora adesso terrorizzato dalla violenza argomentativa dei filosofi), aprì la porta e si mosse come se stesse spingendo avanti un qualcuno: che non vedevamo. Poi si accomodò alla cattedra e disse: «Vi presento il mio elefantino rosa». Ce ne parlò a lungo, descrivendone l’aspetto e le abitudini (molto divertenti). E così imparammo, o almeno imparai io, e non mi scordai mai la lezione, che si può benissimo parlare di cose che non esistono – o delle quali non si sa se esistono o no: si tratti di elefantini rosa, di ruote celesti, di Dio, dell’Essere, dello Spirito, o dei personaggi di una storia inventata. L’importante è che la narrazione che se ne fa non sia una frode né una truffa. Addirittura, può accadere che un romanzo giallo non porti alla scoperta del colpevole e finisca nel nulla – come certi romanzi di Friedrich Dürrenmatt, da lui raccolti sotto il titolo significativo «Un requiem per il romanzo giallo» –; ma l’autore non deve mai dimenticare di mettere in scena «una causa, un fine e un metodo».
Per esempio, nei «Promessi sposi» ciascun personaggi ha la sua causa, il suo fine e il suo metodo. Don Rodrigo ha la libidine come causa, la vittoria della scommessa con il cugino (il conte Attilio) come fine, e la violenza come metodo. Renzo ha la propria gioia di vivere come causa, l’amore per Lucia – e quindi il matrimonio – come fine, e un suo certo senso di giustizia come metodo. L’innominato ha un greve senso di noia come causa, il desiderio di libertà come fine, e la propria umanità (sepolta, ma ancora viva) come metodo. Don Abbondio ha la fifa come causa, la fifa come fine, e la fifa come metodo."
Giulio Mozzi
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lamilanomagazine · 1 year
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“GIALLO al CASTELLO” il nuovo romanzo di A.B.Criss: un intrigo avventuroso in uno spaccato di vita contemporanea
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“GIALLO al CASTELLO” il nuovo romanzo di A.B.Criss: un intrigo avventuroso in uno spaccato di vita contemporanea. Un giallo da leggere “senza fiato”, uno n susseguirsi di colpi di scena, che porta gli eventi a un finale eclatante. “Giallo al castello” edito da OM EDIZIONI un giallo originale dello scrittore A.B.CRISS è un coacervo di intrighi e sotterfugi, colpi di scena e rivolgimenti inaspettati. La storia si snoda in un hotel che ha sede in castello irlandese che emana la sua aura di mistero e tutto il suo fascino ancestrale. L’architettura medievale abbinata con la presenza di opere d’arte degne di un museo crea una location di lusso che lascia un senso di meraviglia. Un lusso che fa da contrasto con le vicende dei personaggi, egocentrici e l opportunisti, disposti a tutto per i propri interessi. Furti, sparizioni e omicidi che si susseguono rendono intricata e ardua l’elaborazione dei fatti da parte di Claude Fontainebleau, giovane ispettore dell’Interpol, inesperto nella pratica, ma con un talento naturale per il suo lavoro. Con l’aiuto inaspettato di Dante Green, ispettore sul viale del tramonto, Fontainebleau acquisisce il bagaglio d’esperienza necessario per risolvere il caso e consegnare i colpevoli alla giustizia, facendo nascere una nuova coppia di investigatori. Ma non tutto si risolve definitivamente. Potete trovare GIALLO al CASTELLO e acquistarlo online a questo link .... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 3 years
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LA BANDA DELLA UNO BIANCA, QUEI POLIZIOTTI CHE TERRORIZZARONO L’EMILIA: 24 OMICIDI, STRANI DEPISTAGGI, INNOCENTI PROCESSATI, FALSE RIVENDICAZIONI E RAID RAZZISTI La banda della cosiddetta Uno Bianca era composta di sei individui che, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, hanno terrorizzato l'Emilia. A capeggiarla Roberto Savi, insieme a lui i due fratelli, Fabio e Alberto. E poi altri tre - Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli - che, in fasi diversi e a diversi livelli, partecipano a parte delle azioni criminali. Tutti tranne Fabio sono agenti della polizia di stato. 103 azioni criminali in otto anni, più di 100 feriti e soprattutto 24 morti. Efferati ed inafferrabili, vennero catturati solo nel 1994, alla fine di una lunga serie di gravi errori investigativi, processi completamente sbagliati, omissioni e depistaggi. La storia della Banda della Uno Bianca, infatti, non è una storia normale. È la storia di furti realizzati in taluni casi per pochi soldi e finiti con morti ammazzati ed è la storia di azioni criminali completamente scollegate da motivi economici. Pensiamo ad un raid nel campo nomadi di Bologna che provocò due vittime e diversi feriti, oppure all’omicidio di due operai senegalesi assassinati in un agguato. È la storia anche di moltissime leggerezze da parte della polizia di stato nelle ricerche dei colpevoli. Ne ricordiamo una che è forse la più grave. Dopo la rapina all’Armeria Ansaloni di Bologna, in cui vennero uccise la proprietaria e un suo collaboratore, una testimone fece una perfetto identikit di Roberto Savi, che fu riconosciuto dal proprietario dell’armeria, visto che il poliziotto si riforniva regolarmente da lui. Nessuno fece nulla. Alcuni crimini della Banda vennero rivendicati dalla “Falange Armata”, sigla terroristica di dubbia provenienza collegata forse ad ambienti dei servizi segreti. Vi fu inoltre un chiaro depistaggio da parte del brigadiere dei carabinieri Domenico Macauda che seminò falsi indizi per far ricadere la responsabilità di due omicidi compiuti dai Savi su Emidio Testoni. Alla fine saranno 150 le persone che, a vario titolo, vennero indagate e processate per reati commessi dalla Banda della Uno Bianca, risultando poi estranee. Insomma molti dubbi restano ancora sulla vicenda della Uno bianca, che somiglia sorprendentemente a quella della Banda Brabante Vallone, un gruppo di rapinatori che operava con la stessa efferatezza e lo stesso stile terroristico e che una commissione d’indagine del parlamento belga collegherà al tentativo di destabilizzare il paese. I Savi hanno sempre negato ogni tipo di lettura alternativa della propria storia criminale. Difficile contraddirli senza dati precisi. Sicuramente restano quei 24 morti, che, almeno in parte, si sarebbero potuti evitare con indagini meno superficiali, o con meno tentativi di depistaggio. Questo decidetelo voi. Cannibali e Re Cronache Ribelli
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paoloxl · 4 years
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Nella mattinata di sabato 7 aprile 1979, su ordine della Procura di Padova vengono eseguiti i primi 22 ordini di cattura contro esponenti dell’Autonomia Operaia. Si tratta di professori e assistenti della Facoltà di Scienze Politiche (ma anche di altre facoltà) dell’Università di Padova, di scrittori, giornalisti e poeti. Si va dai redattori della rivista “Autonomia” e di Radio Sherwood a militanti ambientalisti nella lotta contro il nucleare.
La tesi sostenuta dal Pubblico Ministero Pietro Calogero (che passerà alla storia come “Teorema Calogero”) è che l’Autonomia fossa la struttura di vertice decisionale (una sorta di cupola) delle Brigate Rosse e di altre bande armate operanti in Italia in quel periodo.
I reati contestati sono pesantissimi e vanno dall’insurrezione armata contro i poteri dello Stato alla banda armata, dall’associazione sovversiva a una serie di omicidi tra cui quello del giudice Emilio Alessandrini assassinato a Milano nel Gennaio ’79 da Prima Linea e…nientemeno che quello di Aldo Moro, rapito dalla Brigate Rosse (con l’uccisione dei 5 uomini di scorta) a Roma il 16 marzo 1978 e fatto ritrovare morto il 9 maggio dello stesso anno.
L’inchiesta era divisa in due tronconi: uno padovano e uno romano.
Nell’inchiesta romana Toni Negri, intellettuale ed esponente di primo piano prima di Potere Operaio e poi di Autonomia era addirittura accusato di essere l’autore materiale della telefonata in cui le Brigate Rosse annunciavano alla famiglia Moro lo scadere dell’ultimatum e l’imminente esecuzione del politico democristiano, telefonata effettuata da Mario Moretti, ai tempi uno dei dirigenti politici delle BR.
Gli arrestati verranno ben presto trasferiti nelle carceri speciali che a quei tempi erano disseminate lungo la penisola (il famigerato “circuito dei camosci”).
Il 7 aprile sarà solo il primo passaggio di una serie di operazioni repressive che tenterà di spazzare via per sempre Autonomia con centinaia di arresti. La seconda tranche dell’operazione avverrà il 21 dicembre ’79. Nuovi arresti costelleranno tutto il 1980. Altri blitz si susseguiranno senza soluzione di continuità fino a metà anni Ottanta.
Alcuni elementi contraddistinguono il 7 aprile come “laboratorio” repressivo capace di segnare un vero e proprio spartiacque tra due epoche. Li andiamo ad elencare per sommi capi:
-L’utilizzo massiccio dei media per schierare l’opinione pubblica contro gli arrestati designandoli come colpevoli ancora prima dei processi e delle sentenza (la famosa “giustizia mediatica”).
-Il ruolo fondamentale del Partito Comunista Italiano (salvo rarissime e lodevoli eccezioni) nel coadiuvare e difendere a spada tratta l’inchiesta e il teorema giudiziario anche quando questo cominciava a scricchiolare. Il PCI aveva sempre considerato l’Autonomia come un pericoloso avversario alla sua sinistra soprattutto in una fase di sacrifici e ristrutturazione industriale legati alla politica del “compromesso storico” (1976-1979).
-Il periodo lunghissimo di carcerazione preventiva in attesa di processo (si parla di svariati anni) inflitto agli imputati.
-L’utilizzo a piene mani della collaborazione dei pentiti (con relativi sostanziosi sconti di pena garantiti dalla legislazione premiale dei primi anni ’80) per trasformare in una storia criminale una storia sociale e politica. Utilizzo dei pentiti che poi diventerà una costante della giustizia italiana.
-Il ruolo di supplenza esercitato dalla magistratura nei confronti della politica. Un ruolo che crescerà esponenzialmente per tutti gli anni ’80 per poi esplodere con tutta la sua forza distruttiva durante Tangentopoli.
-Il rimodulare le accuse verso gli imputati con il passare degli anni di carcerazione preventiva via via che i vari pezzi del “Teorema Calogero” crollavano sotto i colpi delle dichiarazioni dei pentiti delle formazioni armate.
A quarant’anni dai fatti, guardando le carte, si viene colpiti dalla sciatteria dell’inchiesta con le sue accuse surreali e dalla pressoché totale mancanza di prove. L’inchiesta iniziale verteva infatti sostanzialmente sulla semplici analisi di scritti politico-filosofici e documenti teorici delle formazioni politiche come Potere Operaio e Autonomia.
Ci sembra giusto citare qualche paragrafo degli atti d’accusa per far comprendere la dimensione kafkiana dell’intera vicenda:
(…) Imputati A) del reato p.p dagli artt. 110, 112 n.1, 306 I e II co. in relazione agli articoli 283 e 284 c.p. per avere, in concorso fra loro e con altre persone, essendo in numero non inferiore a cinque, organizzato e diretto una associazione denominata Brigate Rosse.
(…) dalla sussistenza di elementi probatori che portarono a identificare nel Negri il brigatista rosso che telefonò a casa dell’onorevole Moro durante il sequestro di costui (…).
Insomma… Autonomia sarebbe stata la stessa cosa delle Brigate Rosse. Anzi! Le BR si sarebbero fatte dirigere da Autonomia… Una tesi ridicola e grottesca per qualsiasi persona ne sappia una minima dei movimenti politici e rivoluzionari degli anni ’70.
Le inchieste contro Autonomia si allargarono a macchia d’olio su tutto il territorio italiano con indagini e arresti di massa a Milano come a Roma e  altrove.
Un’ulteriore vittima di questi teoremi che ci sembra giusto ricordare fu Walter Maria Pietro Greco detto “Pedro”, militante dell’Autonomia veneta, coinvolto nelle inchieste dell’epoca e assassinato a Trieste il 9 marzo 1985 mentre era ancora latitante, da una squadra composta da agenti Digos e dei servizi.
I procedimenti giudiziari colpirono un movimento in fase di crisi e riflusso già evidente negli ultimi mesi del ’77, ma di fatto posero una forte ipoteca sulle lotte autorganizzate in Italia per molti anni. Fino a metà degli anni ’80 i pochi militanti rimasti a piede libero dovettero infatti spendere quasi tutte le loro energie nel sostegno delle centinaia di detenuti politici in un clima di dilagante desertificazione sociale. Difficile dire che influsso avrebbe potuto avere un’Autonomia non completamente scompaginata dalla repressione nei processi di lotta alla ristrutturazione e controrivoluzione neo-liberale nell’Italia dei primi anni ’80.
A Milano, la lotta dello Stato contro Autonomia vide il suo apice col processo Rosso-Tobagi coi suoi 152 imputati. Un processo in gran parte costruito sulle dichiarazioni dei pentiti, che nell’autunno ’80 avevano portato ad arresti di massa a Milano. Per chi fosse interessato, le vicende di quel periodo sono narrate da Paolo Pozzi in “Trittico milanese” (oltre che nel suo “Insurrezione” pubblicato da DeriveApprodi).
Per concludere giova ricordare che quella generazione di magistrati è la stessa che si è fatta carico, nei decenni successivi, di combattere le varie insorgenze sociali con nuovi teoremi, primo tra tutti quello contro il movimento NoTav in Val di Susa.
Come a dire: sono passati quarant’anni da quel 7 aprile 1979, ma i suoi fantasmi continuano ad agitarsi e provocare danni.
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carmenvicinanza · 3 years
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Alberta Odell Jones
https://www.unadonnalgiorno.it/alberta-odell-jones/
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Alberta Odell Jones è stata un’avvocata e un’icona dei diritti civili. In prima linea nella lotta per il cambiamento in Kentucky, è stata una delle prime donne afrostatunitensi a entrare nell’ordine degli avvocati dello stato e la prima giurista della contea di Jefferson.
Nata il 12 novembre 1930 a Louisville, si era laureata alla Howard University School of Law. Nel 1959, ha aperto il suo studio legale nella città natale.
Il primo cliente importante, all’inizio della sua carriera, fu un giovane pugile in ascesa di cui negoziò il primo contratto, diventato successivamente un mito mondiale, Cassius Clay.
Attiva sostenitrice di una maggiore partecipazione politica della popolazione afrostatunitense, aveva creato l’Associazione degli elettori indipendenti. Nel suo ufficio, teneva lezioni di formazione su come votare, il suo impegno portò a un importante sconvolgimento politico nel 1961, quando elettrici e elettori neri aiutarono a cacciare il sindaco e molti assessori della città. Due anni dopo la nuova amministrazione comunale emanò la prima ordinanza sugli alloggi pubblici per persone indigenti.
Ha partecipato alla celebre marcia su Washington.
Nel 1964, godeva ormai di una notevole influenza politica quando venne nominata procuratrice della città di Louisville, prima donna a ricoprire quella posizione.
Attiva anche nell’Associazione Nazionale per l’Avanzamento delle Persone di Colore, le sue cause più celebri riguardarono la violazione di diritti umani, molestie e abusi contro le donne, discriminazioni economiche e razziali.
Pochi mesi dopo la sua nomina a procuratrice, il 5 agosto 1965, il suo corpo venne ritrovato nel fiume Ohio, aveva soltanto 34 anni.
L’autopsia rivelò che Alberta Odell Jones aveva ricevuto diversi colpi alla testa prima di essere gettata in acqua, dove era morta per annegamento. La sua auto, contenente tracce di sangue, venne trovata a diversi isolati dal ponte dove era stata lanciata e la sua borsa, appesa allo stesso ponte, venne scoperta solo tre anni dopo.
La notte prima della sua morte, la madre sostenne che aveva ricevuto una telefonata da un’amica che voleva incontrarla per discutere di una causa. Dei testimoni dichiararono di aver visto un corpo gettato nel fiume da tre uomini non identificati.
Aveva pestato i piedi di persone molto importanti visto che le indagini relative al suo omicidio vennero manipolate. All’interno della sua auto fu rinvenuta un”impronta digitale appartenente a un giovane di 17 anni mai perseguito, i pubblici ministeri dichiararono la morte dei testimoni chiave che invece, in seguito, si sono rivelati vivi.
Nel 2017, la divisione per i diritti civili del Dipartimento di Giustizia fece riaprire il caso  grazie ai finanziamenti di una nuova legge preposta per indagare e perseguire gli omicidi senza colpevoli prima del 1970. Ma, ancora oggi l’assassinio di Alberta Jones rimane irrisolto.
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amattanzanews · 3 years
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Esclusivo: Le dichiarazioni di Capodieci sull'omicidio Zappulla svelano segreti e misteri
L’omicidio Zappulla è legato a doppia corda da una parte il tradimento al clan Bottaro-Attanasio, in quanto prima fidanzato con la figlia di un parente vicino al sanguinario clan, per essere passato al gruppo di Santa Panagia
Un omicidio premeditato e che va di pari con la storia e le metodiche degli omicidi di mafiosi in questa provincia, alcuni rimasti senza mandante e altri senza colpevoli, ma comunque legati alla criminalità organizzata. Il collaboratore di giustizia Francesco Capodieci ricostruisce incontri e sottigliezze, parla dei rapporti del gruppo Bronx con il clan Bottaro-Attanasio, tenuto da Garofalo…
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samdelpapa · 4 years
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Però nessuno dice i crimini degli alleati nei confronti degli italiani. Stragi nazifasciste, l'Armadio della vergogna adesso consultabile online - l'Espresso L’ “Armadio della vergogna”, adesso, si potrà quasi toccare con mano. Dal proprio computer si potrà entrare nei singoli fascicoli, leggere documenti, chiederne copia. Vedere, personalmente, senza intermediari, quello che per decenni è rimasto chiuso in un archivio, sepolto, sottratto alla ricerca della verità. Da domani, 16 febbraio, la Camera dei deputati mette online le tredicimila pagine dei documenti della Commissione parlamentare che aveva indagato sulle stragi nazifasciste e sull’occultamento dei fascicoli in quello che è stato poi chiamato l’ “Armadio della vergogna”. Fu Franco Giustolisi, che per primo, sull’Espresso, ne denunciò l’esistenza, a battezzare così un archivio ritrovato nel 1994 in uno scantinato della procura generale militare. Dentro vi erano 695 fascicoli che riguardavano gli eccidi commessi dai nazisti e dai fascisti durante gli anni della guerra in Italia, dal 1943 al 1945. Fascicoli con nomi e cognomi dei colpevoli, elenchi di vittime, testimonianze raccolte da carabinieri o da militari inglesi e americani, spesso anche a pochi giorni dai fatti. Fascicoli in cui è scritta la terribile storia della guerra condotta da nazisti e fascisti contro la popolazione italiana. La guerra contro i civili che causò almeno 15.000 morti. Quei fascicoli, nel 1960, furono “provvisoriamente archiviati”, un provvedimento abnorme non previsto da alcuna norma, e che è consistito, semplicemente, nella loro “sepoltura nell’ “Armadio della vergogna”. La ragione fu politica. Processi che mettevano alla sbarra ex ufficiali dell’esercito tedesco con l’accusa di centinaia di omicidi non avrebbero giovato ai buoni rapporti tra Italia e Germania occidentale. Nel 1994 i fascicoli riappaiono durante le indagini su Erich Priebke, poi condannato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Il primo articolo che ne parla, firmato da Alessandro De Feo e Franco Giustolisi, esce sull’’Espresso nel 1996. Da Roma i fascicoli partono per le procure militari competenti. Vengono riprese, dopo cinquant’anni, le indagini, si celebran https://www.instagram.com/p/CHj2xpuJ_Tv/?igshid=puqqfbpjqi48
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siciliatv · 1 year
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La faida sull'asse Favara-Belgio, nessun colpevole per gli omicidi: quattro condanne
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La faida sull'asse Favara-Belgio, nessun colpevole per gli omicidi: quattro condanne Gli omicidi che hanno caratterizzato la faida sull'asse Favara-Liegi restano senza colpevoli: gli... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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giancarlonicoli · 4 years
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28 set 2020 08:30
IL DRAMMA DI GAETANO: E’ USCITO PER DIVERTIRSI E ORA VIVRA’ PER SEMPRE SU UNA SEDIA A ROTELLE – COLPA DEL FAR WEST A NAPOLI: IL 21ENNE E’ STATO RAGGIUNTO DA 5 COLPI DI PISTOLA DOPO UNA LITE IN STRADA, ORA VIVRA’ SENZA GAMBE. I GENITORI DEL RAGAZZO: “AIUTATECI A TROVARE I COLPEVOLI”
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FULVIO BUFI per il Corriere della Sera
Gaetano ancora non sa niente. È in coma da una settimana. Dalla sera di domenica scorsa, quando è arrivato in ospedale già senza conoscenza e con le gambe massacrate da colpi di pistola.
È intubato e pieno di fili collegati a macchine che sui display registrano attimo per attimo il livello delle sue funzioni vitali. E non sa che se i medici riusciranno a salvarlo, se si sveglierà e ritroverà coscienza e consapevolezza, dovrà fare i conti con una tragedia che lo accompagnerà per sempre.
Gaetano non ha più le gambe. Hanno dovuto amputargliele dopo un paio di giorni di ricovero perché erano andate in gangrena. Eppure era sotto farmaci, in un letto d'ospedale, seguito costantemente. Ma un processo di necrosi devastante ha costretto i medici del Vecchio Pellegrini a una decisione drammatica e inevitabile. Gaetano sarebbe già morto se non fossero intervenuti in modo drastico. E anche così le sue condizioni ancora non danno sollievo né certezze.
Gaetano Barbuto Ferraiuolo ha 21 anni e vive a Sant' Antimo, uno dei tanti paesi che circondano Napoli e che, come la città, devono fare i conti con una presenza criminale fatta di grandi clan e piccole bande.
Ambienti dai quali Gaetano è però sempre stato lontano. Lui aiutava il padre nell'attività commerciale di famiglia. Il lavoro, gli amici, le uscite la sera. Come quella di domenica scorsa,una serata come tante, senza niente di particolare. Fino a quando, intorno alle 23,30, Gaetano e un amico si sono messi in macchina per tornare a casa. Che cosa sia successo quando hanno incrociato un'altra auto - forse una Opel Astra - gli inquirenti stanno cercando di stabilirlo con esattezza incrociando l'unica testimonianza che è stato possibile raccogliere con altri dati emersi dal lavoro investigativo affidato dal procuratore di Napoli Nord Francesco Greco e dalla sostituta Veronica Soriano ai carabinieri di Giugliano.
Il racconto del ragazzo che viaggiava in auto accanto a Gaetano è il punto di partenza delle indagini. Lungo la strada, ha riferito, lui e il suo amico hanno avuto un breve litigio, per una precedenza, con i quattro occupanti di un'altra auto. Poi Gaetano ha tirato dritto, gli altri invece no. Poco dopo quei quattro li hanno raggiunti e hanno iniziato a lampeggiare e a bussare.
Finché Gaetano non ha accostato, e a quel punto se li sono ritrovati tutti e quattro addosso. Uno aveva una pistola in mano e con il calcio dell'arma ha colpito Gaetano al viso, poi gli ha sparato ripetutamente, mirando alle gambe. Gaetano è stato raggiunto in pieno da sei colpi, uno solo è andato a vuoto. Sei proiettili calibro 9x21 che da soli basterebbero a far capire che gente è quella che ha sparato. Armi così devastanti non stanno in tasca a chi vuole fare lo sbruffone quando esce la sera.
Quello è un calibro da camorristi, da gente che con la pistola va anche a farci gli omicidi. E però appare anche strano che qualcuno abbia «sporcato» un'arma così in una lite stradale. Cioè: la pistola usata domenica non serve più, chi la teneva dovrebbe essersene immediatamente disfatto perché rappresenta una prova schiacciante. Perciò in questa storia ci sono ancora cose da chiarire.
E perciò i genitori di Gaetano ora lanciano un appello: «Qualcuno che avrà visto ci sarà. Per favore aiutateci a dare giustizia a nostro figlio». Altrimenti di questa tragedia rimarrà solo una certezza. E cioè che Gaetano, come Manuel Bortuzzo, è uscito una sera per divertirsi e ora dovrà vivere per sempre su una sedia a rotelle.
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corallorosso · 4 years
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Non capiremo mai il delitto di Novi Ligure Vent’anni fa in Italia il presidente del Consiglio era Giuliano Amato, nominato l’anno prima dopo una crisi di governo che aveva portato alle dimissioni di Massimo D’Alema. Nello stesso periodo in tutta Europa veniva attivato un piano per il controllo dell’encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come “morbo della mucca pazza”. Vent’anni fa, in un’Italia per alcuni aspetti simile a quella di adesso, i notiziari della sera diedero la notizia di un delitto che avrebbe segnato l’opinione pubblica per anni. A Novi Ligure, in provincia di Alessandria, una madre di 41 anni era stata trovata morta in casa insieme al figlio undicenne. Susanna Cassini e Gianluca De Nardo erano stati uccisi con quasi un centinaio di coltellate: un modo così brutale da turbare anche magistrati e carabinieri di lungo corso. Carlo Carlesi, procuratore di Alessandria, settantenne con quasi quarant’anni di esperienza, fu tra i primi ad arrivare sul posto: si sentì male dopo aver visto la scena del crimine e fece visibilmente fatica a riferire qualcosa davanti alle telecamere, quella sera: «È uno degli episodi più feroci che abbia visto in vita mia. Senza scopo, senza senso». I soccorsi erano stati chiamati dalla figlia sedicenne, Erika De Nardo, che apparentemente era riuscita a fuggire agli aggressori dal seminterrato allertando i passanti in strada. Secondo la ragazza, alle 20.40 circa due persone erano entrate in casa e avevano ucciso la madre e il fratello minore per poi fuggire nel nulla: «albanesi» aggiunse. La voce si sparse subito. All’esterno della villetta, sigillata dalle autorità in attesa dell’arrivo della polizia scientifica, si radunarono alcuni residenti della zona che all’arrivo del sindaco sfogarono la loro rabbia contro gli immigrati di cui «la città era piena» e ai quali «venivano regalate le case». De Nardo confermò la sua versione, che il procuratore di Alessandria, all’uscita della caserma la mattina seguente, descrisse alla stampa come «lineare e precisa», aggiungendo: «È una ragazza coerente, una ragazza veramente splendida». Aveva anche riconosciuto uno degli aggressori, un ragazzo albanese residente nella zona. Le dichiarazioni del procuratore alimentarono la rabbia degli abitanti del luogo, molti dei quali parteciparono a una fiaccolata contro l’immigrazione promossa dagli esponenti locali della Lega Nord. Da Novi il dibattito sull’immigrazione si spostò presto sui canali televisivi nazionali, dalla mattina alla sera, dove si dava ormai per scontato che i colpevoli fossero «albanesi», «stranieri» o al massimo «una banda di slavi». Ma non era andata così. Tra gli investigatori i dubbi sulla versione della ragazza erano molti. Gli assassini non avevano portato via nulla dalla casa: avevano quindi massacrato una madre e il suo bambino per nulla? E a chi sarebbe mai venuto in mente di rapinare una villetta a schiera al centro di un quartiere residenziale di provincia alle nove di sera, con tutti a casa? Il parere finale del medico legale che eseguì le autopsie eliminò gli altri dubbi: era stata la figlia, aiutata probabilmente dal suo ragazzo, Mauro Favaro, diciassettenne che tutti chiamavano Omar. Per farli vacillare e spingerli a confessare vennero portati entrambi a fare un sopralluogo nella villetta. Al ritorno li fecero stare per quattro ore all’interno di una stanza della caserma dove erano state piazzate telecamere e microfoni: De Nardo, già descritta come incredibilmente fredda e lucida per la situazione in cui si trovava, fu colta a rassicurare Favaro, molto più frastornato e impaurito, e a mimare il gesto di una coltellata, per poi chiedergli: «Ma quante gliene hai date?». Dopo tre giorni dall’accaduto, tutti quelli che stavano seguendo il caso si trovarono per le mani una realtà completamente diversa da quella ipotizzata all’inizio, e altrettanto inspiegabile. Come avevano fatto due minorenni a massacrare in quel modo, senza motivi apparenti, la madre e il fratello minore di lei, e a resistere imperterriti alle conseguenze? A rendere ancora più difficile la comprensione del delitto furono le conclusioni degli investigatori: Erika De Nardo e Omar Favaro progettavano da mesi di uccidere la famiglia di lei, compreso il padre Francesco, tra i responsabili dell’azienda dolciaria Pernigotti. E probabilmente ci avevano già provato con del veleno per topi, le cui tracce furono ritrovate in vari punti della casa durante i rilevamenti. Ci erano poi riusciti la sera del 21 febbraio, aspettando madre e figlio al loro rientro, nascosti al buio. La madre fu uccisa con oltre cinquanta coltellate, inferte da entrambi mentre la donna urlava alla figlia di smetterla, chiedendole perché lo stesse facendo e infine dicendole «ti perdono». Il fratello minore avrebbe dovuto salvarsi, ma dalla sua camera sentì i rumori, fece le scale e vide tutta la scena: De Nardo e Favaro, ritenendo di non poterlo più risparmiare, provarono ad annegarlo nella vasca da bagno. Non ci riuscirono perché continuava a lottare, come confermarono le tracce di sangue trovate sulle pareti del bagno. A quel punto lo uccisero con altre coltellate, lasciandolo poi sott’acqua. De Nardo venne valutata come una ragazza più intelligente della media, affetta però da «un disturbo di personalità di tipo narcisistico e guidata da una logica di controllo dei rapporti». Favaro, di minor quoziente intellettivo, presentava invece «un disturbo da personalità dipendente per cui era portato a compiacere l’altro e ad anticiparne i desideri». Secondo gli esperti i motivi dietro due omicidi così efferati e allo stesso tempo senza un vero e proprio movente «andavano ricercati nella profondità della loro psiche, una dimensione visionaria nella quale si vedevano come una coppia assoluta e ostacolata dalle regole imposte della famiglia di lei». Successivamente, alla domanda sul perché lo avessero fatto, entrambi risposero di non saperlo. (...) Dopo aver letto la sentenza, il giudice si rivolse ai due ragazzi dicendo: «Questa non è la fine. Se capirete potrete dare una svolta alla vostra vita». Il giornalista inviato di Repubblica che seguì il caso, Meo Ponte, presente in aula, raccontò in seguito: «Credo di aver capito la vera Erika quando, dopo aver cercato per mesi di mostrare un volto umano, al momento della sentenza esplose e aggredì gli avvocati». Le condanne di entrambi vennero confermate in appello nel 2002 e in definitiva dalla Cassazione nel 2003. Favaro uscì dal carcere il 3 marzo 2010 grazie ai benefici dell’indulto e agli sconti per buona condotta dovuti anche ai miglioramenti riscontrati in lui dagli esperti. Salvo un’intervista concessa al programma televisivo Matrix nel 2011, non si è più fatto vedere in pubblico. De Nardo, che in carcere si è laureata in filosofia con 110 e lode, è libera dal 2011. (...) di Pietro Cabrio
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preludioefuga-blog · 7 years
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L’altra Grace – Margaret Atwood
"Una storia, quando ci sei in mezzo non è una storia, è solo confusione; un fragore indistinto, un andare alla cieca, tra vetri rotti e schegge di legno; è come una casa che vortica in una tromba d'aria, una nave che si schianta contro gli iceberg o precipita giù per le rapide, e nessuno a bordo può fermarla. E soltanto dopo che diventa una storia, prende una forma. È quando la racconti, a te stessa o a qualcun altro."
Questo passaggio emozionante è dal romanzo L’altra Grace di Margaret Atwood, pubblicato nel 1996. Ha sviluppato il romanzo dalla sua sceneggiatura del 1974 “The Servant Girl” (“La domestica”) ed è stato candidato al Booker prize, premio letterario assegnato ogni anno al miglior romanzo scritto in inglese e pubblicato nel Regno Unito. La storia racconta i famosi omicidi canadesi del 1843 di Thomas Kinnear e la sua governante Nancy Montgomery. Grace Marks e James McDermott, entrambi domestici della casa, furono giudicati colpevoli. McDermott fu impiccato e Marks venne condannata all’ergastolo.
L’altra Grace è basato su dati di fatto. Tuttavia l’autrice spiega di aver utilizzato fatti verificabili quando possibile, ma dove non ce n’erano si è sentita autorizzata ad abbellire o inventare. Una delle sue creazioni è il personaggio di un medico, Simon Jordan, che svolge ricerche sul caso. Nonostante conduca ricerche sui comportamenti criminali, si lascia gradualmente coinvolgere dalla storia gradualmente svelata da Grace Marks. Trova sempre più difficile conciliare la donna gentile e controllata che vede tutti i giorni con l’omicida condannata.
Il romanzo segue la storia della vita di Grace, mentre lo racconta al dottor Jordan. Queste parti in cui vediamo il punto di vista di Grace sono elaborate con grande destrezza e senza punteggiatura. Per questo motivo, visto che sono scritte in prima persona, il lettore non è mai sicuro se Grace stia parlando o pensando. L’uso del linguaggio da parte della Atwood è toccante e suggestivo in queste descrizioni degli eventi. Colori, odori, sentimenti, tutto viene descritto nei minimi dettagli, che dimostra un’abilità espressiva strabiliante se espressi ad alta voce dalla stessa Grace. Un esempio di ciò è la citazione sopra. È attribuita a Grace, ma è stata pronunciata ad alta voce? Erano i suoi pensieri più intimi? O è indirizzata al lettore?
Altre parti sono scritte dal punto di vista del dottor Jordan, anche se Atwood utilizza in questi passaggi la terza persona, mentre per Grace è sempre “io”. Questi diversi punti di vista contribuiscono all’incertezza del lettore, mentre alla fine di alcuni capitoli si trovano autentici articoli di giornale e lettere tra medici e responsabili di Grace durante la sua reclusione in prigione e nell’ospedale psichiatrico. Questi documenti non sono presentati in ordine cronologico, il che accresce la frammentarietà del testo. La maggior parte dei dettagli sono di eventi precedenti agli omicidi, alcuni molto tempo prima, ma scopriamo anche cosa succede a Grace e al dottor Jordan dopo il loro incontro.
SPOILER
 Anche se alla fine del romanzo Atwood dichiara che l’inchiesta è stata inconcludente, per tutto il racconto il lettore cerca di capire cosa sia successo. Il mistero c’è: Grace era pazza, come alcuni credevano? Era una fredda assassina? Stava forse soffrendo, come cercava di provare il dottor Jordan, di una malattia mentale non identificata come la schizofrenia? Ormai è passato troppo tempo, quindi non lo sapremo mai, e comunque sia questo non è altro che un romanzo, anche se molto ben costruito e ben scritto.
 Voto: 8/10
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newsintheshell · 7 years
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Gli annunci natalizi di Dynit e VVVVID
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Ecco il riassunto degli annunci risultato della collaborazione fra Dynit e VVVVID per questo Natale 2017. 
SIMULCAST
Pop Team Epic
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Serie tv animata da Kamikaze Douga, ispirata al manga 4-koma “Poputepipikku” (Pop Team Epic) di bkub Ookawa.
Le protagoniste di questa commedia dell’assurdo, piena di ironia e citazioni, sono due studentesse delle superiori. Popuko è quella bassa e irascibile. Pipimi è quella alta e pacata. Entrambe fanno cose senza senso e imprecano come marinai!
La serie andrà in onda da gennaio.
FILM
Eureka Seven Hi-Evolution
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Nuova trilogia remake di “Eureka Seven”. La storia partirà da 10 anni prima degli eventi della serie originale, trattando il fenomeno solo citato della prima Summer of Love, per poi continuare con la storia di base che conosciamo e concludersi con un finale però inedito.
Renton Thurston è un ragazzino di 14 anni che vive una vita noiosa in una città noiosa. L’unica cosa che ama è il reffing, uno sport simile al surf, dove al posto delle onde si cavalcano le trapar , particelle presenti nell’aria che consentono evoluzioni aeree strepitose. Il suo sogno è entrare a far parte del gruppo di rinnegati Gekkostate, capitanati dal suo idolo Holland, un leggendario reffer. L’opportunità di realizzare questo sogno si presenta quando un robot, il Nirvash type zero, pilotato da una misteriosa ragazza chiamata Eureka, distrugge per errore la camera di Renton. Entrato così a far parte del gruppo, Renton si rende conto ben presto che la vita dei Gekkostate non è così affascinante come quella raccontata dalle riviste patinate, e insieme ad Eureka si imbarca in un’avventura che cambierà il loro futuro e quello del mondo.
Non è ancora stata comunicata una data di rilascio del primo film.
AGGIUNTE AL CATALOGO
Bleach - I FILM
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Disponibili sottotitolati i quattro film d’animazione ispirati al manga “Bleach” di Tite Kubo: Memory of Nobody, Fade to Black, The Diamond Dust Rebellion e Hell Verse.
Dopo il successo del manga di Tite Kubo, arrivano i film tratti dalla serie Bleach. Nel primo, “Memories of Nobody”, Ichigo e Rukia dovranno affrontare degli esseri non identificati e incontreranno Senna, una misteriosa Shinigami che saranno costretti ad inseguire. Sarà una corsa contro il tempo per evitare che il mondo dei vivi e quello dei morti si scontrino… Nel secondo, “The Diamond Dust Rebellion”, un potente e prezioso manufatto, il Sigillo del Re, viene rubato e con esso scompare anche il capitano Hitsugaya, che verrà accusato di esserne complice dalla Soul Society. I lati oscuri del suo passato verranno a galla, ma Ichigo, Rukia e gli altri cercheranno di difenderlo…
I primi due film sono disponibili anche nella versione doppiata in italiano.
Puella Magi Madoka Magica
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Disponibile la serie diretta da Akiyuki Shinbo presso lo studio Shaft che ha ridefinito il concetto di maghetta e dato uno scossone al genere. Prodotta nel 2011, la serie è nata da un concept originale del regista, dello sceneggiatore Gen Urobuchi, dell’artista Ume Aoki e del produttore Atsuhiro Iwakami.
"Due studentesse Madoka Kaname e Sayaka Miki, sono avvicinate da uno strano essere di nome Kyubey; questi offre loro di diventare delle giovani maghe in cambio di un desiderio… Lo scopo delle maghe è quello di affrontare e sconfiggere le streghe, creature malvagie nate da maledizioni, responsabili di omicidi, suicidi ed ogni genere di crudeltà. Per una qualche oscura ragione Homura Akemi, una loro compagna di scuola, cercherà in tutti i modi di impedire loro di sottoscrivere un tale contratto."
Tutti e 12 gli episodi doppiati sono già online.
Ghost in the Shell: Arise
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Serie OVA che precede il film “Ghost in the Shell: Arise -The Rsing”, che mostra la nascita della Sezione 9 e della leggenda del maggiore Kusanagi.
La IV Guerra Mondiale è tramontata insieme ai sogni di chi l'ha combattuta. Siamo nell'anno 2027. La città di New Port sta ancora medicando le ferite lasciate dalla guerra, quando l'omicidio di un militare apre scenari irrisolti. Durante le indagini, il bureau della Sezione di Sicurezza Pubblica incontra Motoko Kusanagi. Hacker dal tocco magico, Kusanagi verrà coinvolta nella ricerca dei colpevoli. Ma c'è chi diffiderà di lei fin dall'inizio… Questo è il prequel da cui è nata la leggenda: il Ghost in The Shell.
I quattro episodi sono già disponibili.
L’attacco dei giganti - I FILM
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Versione doppiata in italiano dei due film L’arco e la freccia cremisi e Le ali della libertà che riassumono la prima stagione de “L’Attacco dei Giganti”, serie anime prodotta da WIT STUDIO (The Ancient Magus’ Bride, Kabaneri of the Iron Fortress), tratta dall’omonimo manga di Hajime Isayama.
Alzando gli occhi al cielo, Eren vede solo il profilo delle imponenti mura che circondano la città in cui è nato. Oltre queste, c'è l'ignoto. C'è la paura di venire divorati da loro, i mostruosi Giganti. L'umanità è in trappola, senza rendersene conto. Ma un giorno, la mano di un titano si aggrapperà alle mura spazzando via ogni certezza e la pace conquistata. Voliamo sulle Ali della Libertà, nei film di Attack on Titan che riassumono gli eventi chiave della prima stagione.
Le due pellicole sono già disponibili in streaming.
Death Note
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Torna online la serie tratta dal popolare manga di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata, diretta da Testuro Araki e animata da Madhouse nel 2006.
Death Note, un quaderno dai poteri soprannaturali, che dona il potere di uccidere chiunque, semplicemente avendo in mente il viso della persona e scrivendo il suo nome. Light Yagami lo trova e intende usarlo per eliminare dal mondo tutti i criminali, ma i suoi piani saranno contrastati dall’intervento del detective Elle, chiamato ad indagare sul caso delle misteriose morti dei criminali.
Tutti e 37 gli episodi sono già disponibili.
No Game No Life | No Game No Life: Zero
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Confermato l’arrivo sia della serie tv “No Game No Life” che del film “No Game No Life: Zero” prodotti dallo studio Madhouse e tratti dall’omonima saga di romanzi scritta ed illustrata da Yuu Kamiya. 
I fratelli Sora e Shiro sono inseparabili, sia nel mondo reale sia in quello videoludico. Le loro abilità individuali, combinate insieme, li rendono un team invincibile: Sora è caratterizzato da intuizioni astute e da una profonda capacità tattico-analitica, mentre Shiro possiede un'intelligenza fuori dal comune che le consente un'incredibile capacità di calcolo e previsione. Nel mondo reale i due fratelli sono un paio di hikikomori e NEET, ma in quello videoludico sono delle vere e proprie leggende. Un giorno però, dopo aver ricevuto un'email di sfida a una partita a scacchi e dopo aver vinto ancora una volta, non senza difficoltà, ai fratelli viene domandato dal misterioso avversario quale sia l'opinione che nutrono riguardo al mondo reale. Subito dopo aver risposto che non è altro che un "gioco scadente" e che se esistesse un'altra realtà interamente regolata dai giochi apparterrebbero a quella, i due vengono teletrasportati in un'altra dimensione.
Non è ancora stata comunicata una data d’uscita per i 12 episodi della serie e per il film.
Kill la Kill
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Arriva finalmente in Italia la serie originale prodotta dallo studio TRIGGER nel 2013, diretta da Hiroyuki Imaishi e sceneggiata da Kazuki Nakashima.
Riuko Matoi è pronta a tutto pur di scoprire chi ha ucciso suo padre... anche a sfidare l’intero consiglio studentesco del Liceo Honnouji, guidato dalla terrificante Satsuki Kiryuin. Ma la sua “forbice-spada” sarà abbastanza affilata da tagliare le Ultradivise che rendono i suoi avversari pressoché invincibili?
Non è ancora stata comunicata una data di rilascio dei 24 episodi.
Panda! Go, panda!
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Online il lungometraggio ideato da Hayao Miyazaki e diretto da Isao Takahata fra il 1972 e il 1973 presso Tokyo Movie Shinsha.
La piccola Mimiko vive con la nonna dopo la morte dei genitori. Un giorno l'anziana signora parte per un viaggio in treno e la lascia, seppure con molta apprensione. Ogni giorno Mimiko le manderà una lettera per darle sue notizie. Le lettere saranno appassionate e fitte di avvenimenti, perché Mimiko incontrerà due panda con cui farà amicizia. Papanda e il figlio Pan sono appena scappati dallo zoo e insieme alla piccola costruiranno la famiglia che non ha mai avuto. Opera creata da Miyazaki e diretta dal compagno di sempre Isao Takahata.
Il lungometraggio è già disponibile doppiato in italiano.
Il gatto con gli stivali
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Online il film del 1969 diretto da Kimio Yabuki presso Toei Animation e che conta le animazione di un giovane Hayao Miyazaki.
Quando mai un gatto salva un topo? Succede a Pero, felino dai lunghi stivali, che per l'atto di bontà viene condannato a morte. Nella fuga incontra Pierre, umile figlio di mugnaio, innamorato della splendida principessa Rosa. Con un abile stratagemma, Pierre si finge il Marchese di Carabas per conquistare il cuore dell'amata. Rosa viene però rapita da un temibile orco-stregone, Lucifero, che vuole conquistare il trono del regno. È l'inizio di una gloriosa battaglia per coronare un sogno d'amore e di pace.
La pellicola è già disponibile sottotitolata in italiano.
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SilenziO)))
[FONTE]
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carmenvicinanza · 3 years
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Phoolan Devi. La Regina dei banditi
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https://www.unadonnalgiorno.it/phoolan-devi/
Questa è l’incredibile storia di Phoolan Devi, sposa bambina a soli undici anni è diventata la “regina dei banditi” a meno di venti per poi venire eletta nel parlamento indiano.
Una donna che provarono a schiacciare con tutti i mezzi, ma che continuava a risorgere e lottare, fino all’ultimo istante della sua vita.
Phoolan Devi nacque il 10 agosto 1963 in un villaggio sulle rive del fiume Yamuna, nel nord dell’India, in una famiglia povera appartenente alla casta più bassa della scala sociale. Sin da bambina dimostrò una forte personalità, a dieci anni affrontò uno zio e un cugino, colpevoli di aver sottratto una porzione di terra a suo padre falsificando dei documenti. Li accusò pubblicamente e organizzò una protesta contro di loro con altre ragazze del villaggio, la picchiarono fino a farle perdere i sensi per farla tacere.
Aveva undici anni quando venne costretta a sposare un uomo di oltre vent’anni più grande, in cambio di una mucca. L’uomo la violentava ripetutamente trattandola come una schiava. Dopo aver tentato più volte la fuga da quell’orco e sempre respinta al mittente, venne ripudiata.
Le sue imprese continuarono impavide fin quando negoziò le condizioni della sua resa, nel 1983. Chiese che non fosse applicata la pena di morte per i membri della sua gang e che non passassero più di otto anni in prigione. Come atto di rivalsa come donna considerata indegna per la sua famiglia, pretese anche un pezzo di terreno per sé consegnato davanti ai suoi parenti.
Ad attenderla c’era una folla di diecimila persone, tra cui oltre 300 poliziotti, giornalisti, politici e tanta gente giunta per vedere da vicino quella giovane donna ormai diventata una leggenda. Avvolta in uno scialle rosso, davanti alle migliaia di seguaci urlanti, consegnò le sue armi dopo essersi inchinata a mani giunte davanti al ritratto del Mahatma Gandhi e alla statua di Durga, la dea che rappresenta il potere e che venerava, con la quale veniva spesso identificata. Da lì proveniva il soprannome Devi, dea, con cui era comunemente appellata.
Fu accusata di 48 crimini, tra cui omicidi multipli, saccheggio, incendio doloso e rapimento a scopo di riscatto. Phoolan trascorse undici anni in prigione in attesa di processo, il suo atto di vendetta, per l’opinione pubblica, venne considerato come un atto di giusta ribellione. Mentre era detenuta subì un’isterectomia, il medico che l’aveva operata affermò che voleva impedirle di mettere al mondo altre donne come lei. La sterilizzazione forzata era una pratica sovente usata contro le donne socialmente emarginate o detenute.
Uscita di galera si dedicò alla politica, per dare voce alle caste più basse della popolazione dell’Uttar Pradesh. Nel 1996 venne eletta in Parlamento con il Partito Socialista Samajwadi, ma ebbe solo pochi anni per tentare di cambiare qualcosa nel suo paese.
Nonostante le numerose minacce subite, le venne tolta la scorta e il 25 giugno del 2001 Phoolan Devi venne uccisa da tre sicari davanti casa. Venne colpita da nove proiettili, vana fu la corsa in ospedale. Aveva 37 anni. Il principale sospettato, Sher Singh Rana, confessò di averla uccisa per vendicare i morti nel villaggio di Behmai. L’uomo, nel 2014 è stato condannato all’ergastolo, gli altri dieci imputati vennero assolti. Si parlò di depistaggio e occultamento delle prove.
A lei è ispirato il filmBandit Queen, del 1994, diretto da Shekhar Kapur. Phoolan Devi protestò affinché non fosse proiettato nelle sale. La scrittrice e attivista Arundhati Roy prese pubblicamente le sue difese affermando che non si può mettere in scena lo stupro di una donna vivente senza il suo permesso.Sono stati fatti altri film sulla sua rocambolesca vita. La sua autobiografia in italiano porta il titolo
Le mie cento vite. Da paria a eroina popolare, storia di una donna indiana diventata leggenda.
È stata una donna che ha subito ogni sorta di angheria soltanto per essere nata femmina, che in quella parte di mondo, ancora oggi è considerata la peggior disgrazia che possa capitare in una famiglia. Ma non si è mai arresa, non si è lasciata soggiogare, ha scelto la libertà, fino all’ultimo giorno della sua vita.
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simonettiwalter · 5 years
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Niños desaparecidos
Figli miei non c'è poesia in queste parole e forse, anzi senza forse, la mia poesia è finita tanto tempo fa' la poesia della provocazione senza un fine se non il sorriso vostro dei miei figli. Ora c'è solo tragedia, come quella greca, disperazione. Piango per voi Niños desaparecidos. Non avete colpa sono io che non sono riuscito a difendervi dal Leviatano che tutti dicono sia scomparso sostituito dalla democrazia iper-liberale che dona a tutti infinite possibilità, bisogni, sogni e desideri basta che paghi. Ma siete figli di un capro espiatorio a cui è stato impedito di vivere e di amare e poi torturato in ogni modo possibile come fossi un esperimento con cui giocare al dott. Frankestein. Segnato dalla prima Repubblica negli anni 70 lo Stato d'eccezione dove stupri e sevizie erano (sono) la regola fino agli omicidi mirati come in Argentina. Sono un lavoro sporco, qualcuno dal'America parla di predatore indicandomi. Ma non indica chi ha iniziato questa guerra chiamata pace. Non c'è bisogno di rispondere anche se tutti gridano al mostro io so come diceva Pasolini chi è il vero mostro il vero colpevole o colpevoli le Lobby la Frankista davanti a tutti, lui che credeva nel Partito Chiesa nella sua funzione di progresso che grande illusione l'euro-comunismo insieme alla DC e al PSI hanno portato il medioevo su questa penisola e poi hanno continuato i successori merde umane. Figlio mio penso a te che senza motivo sei stato torturato dai nostri eroi di carta pesta, figlio mio hanno voluto farti passare per pazzo, ti hanno venduto come uno schiavo ti hanno rinchiuso e fatto del male e non posso continuare, avevo promesso di proteggerti ma non sono riuscito hanno voluto che mi perdessi e che mi buttassi dal terzo piano ma sono qui ed ora penso a te. Figlio mio non ho altre parole sarebbero un continuo ripetersi del'uguale. Come in sogno ho sentito la tua voce ti sento vicino e spero di raggiungerti oramai non ha importanza più nulla e faccio forza su quel vuoto su quel Nulla Creatore, Figli figlio ridi ancora basta parlare del passato, ridi anche per me e stammi vicino con il tuo spirito. Non dimenticarmi come hanno fatto tutti Torna "Lei" ha detto torna.
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