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#Guido Dorso
gregor-samsung · 2 years
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“ Il 28 ottobre 1922 era arrivato alla stazione di Firenze il celebre scrittore inglese Israel Zangwill, che, essendosi rifiutato di consegnare il passaporto alle camicie nere, che avevan occupato la stazione, veniva fermato ed accompagnato alla sede del Fascio. Ivi il console Tamburini, che non conosceva l'inglese, e, d'altronde, non era in grado di conversare con un grande scrittore, non trovò di meglio che consegnarlo a Curzio Suckert, il quale riferisce il colloquio nella penultima parte del suo libro Technique du coup d'Etat. La tesi di Zangwill era quella di tutti gli italiani non fascisti: la marcia su Roma era conseguenza di un compromesso tra il re e Mussolini; l'insurrezione non era che una messa in iscena per nascondere il gioco della monarchia. Naturalmente la tesi di Suckert era diametralmente opposta, poiché tutto il libro è diretto a teorizzare la nuova tecnica del colpo di Stato, di cui quello fascista sarebbe stato una delle piú brillanti applicazioni. Ora a distanza di tanto tempo e specialmente dopo il nuovo colpo di Stato del 25 Luglio 1943, appare chiaro quanto fondamento avesse l'opinione di Israel Zangwill, nella quale le dissertazioni letterarie di Suckert, invece di dissuaderlo, avranno finito per confermarlo. Una rivoluzione che non abbatte e non distrugge il vecchio regime e si limita soltanto alla violazione di « vieti formalismi », non è certamente una rivoluzione, anche se formalmente si mostra ossequiente ai canoni della nuova « tecnique du coup d'Etat ». Per lo meno è un avvenimento « sui generis » che la scienza politica non ha ancora classificato, e per il quale bisognerà certamente trovare una nuova definizione. Per lo meno è una rivoluzione mancata, poiché il compromesso, intervenuto tempestivamente, ha impedito ad una delle parti di prevalere e tutto si è limitato a minacce di adoperare la violenza da una parte e dall'altra, eliminate per effetto della reciproca vigliaccheria. Ora, tutto ciò è tipicamente italiano, e Mussolini, nell'inscenare l'avvenimento, ha certamente seguito il genio della stirpe. Tutto il suo battagliare e il suo manovrare non era diretto a schiantare e distruggere la vecchia classe dirigente, ad innovare il costume politico, a sostituire alle vecchie nuove idee, ma era diretto a farsi chiamare dal re per formare un ministero di coalizione. Egli, dunque, si offriva come domatore di bestie feroci, e, come tale fu assunto al potere, poiché si ritenne un poco da tutti che potesse essere — proprio lui — l'affossatore del fascismo, il castigatore degli istinti bestiali ed anarchici dei fascisti. Che poi il suo pessimo temperamento di uomo e le sue profonde tare politiche abbiano in seguito messo in luce l'illusorietà del calcolo, non modifica il fatto che coloro i quali favorirono la marcia su Roma, ed in seguito si offrirono di fiancheggiarla, andavano in cerca di un nuovo Giolitti, di un Giolitti piú moderno, cioè di un dittatore legale, che avesse conservato il regime, togliendo alle masse ogni velleità di innovazione. “
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Brano tratto dal libro di Guido Dorso Mussolini alla conquista del potere (Einaudi, 1949).
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giuseppearagno · 4 years
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L’Arma dei carabinieri e la democrazia malata Diciamolo subito e poi lasciamoci dietro le discussioni inutili di chi si arrampica sugli specchi per giustificare i «bravi ragazzi che rischiano la vita»: è vero, ci sono carabinieri perbene che perdono la vita in servizio.
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lospeakerscorner · 3 years
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Premio Guido Dorso 2021
Premio Guido Dorso 2021
Segnalati dal Premio Guido Dorso giovani studiosi, personalità istituzionali, scientifico e culturale che hanno contribuito allo sviluppo e del Meridione  ROMA – Nella Sala Zuccari del Senato lunedì 25 ottobre saranno in dieci a ricevere il Premio Guido Dorso 2021 come “ambasciatori del Mezzogiorno”. Il riconoscimento, promosso dall’omonima associazione Guido Dorso, presieduta da Nicola…
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leparoledelmondo · 3 years
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Rifiuti. Cronache dal passato.
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Johann Wolfgang Goethe, poeta tedesco, nel 1786 decide di intraprendere un viaggio in Italia. Poche cose avevano colpito l’animo di Goethe in modo così forte come l’allegria, la cordialità, il fatalismo, unito a un ricorso continuo all’“arte di arrangiarsi” che aveva incontrato nel popolo di Napoli. Questo spirito si manifesta, tra l’altro, nella dimestichezza con il mondo dei rifiuti e con la capacità di trarre da essi tutto quello che si poteva ancora utilizzare (una vera lezione di riciclaggio).
“Moltissimi sono coloro – scrive Goethe – parte di mezz’età, parte ancora ragazzi e per lo più vestiti assai poveramente che trovano lavoro trasportando le immondizie fuori città a dorso d’asino”.
“Tutta la campagna che circonda Napoli è un solo giardino d’ortaggi, ed è un godimento vedere le quantità incredibili di legumi che affluiscono nei giorni di mercato, e come gli uomini si dian da fare a riportare subito nei campi l’eccedenza respinta dai cuochi, accelerando in tal modo il circolo produttivo”. Oggi potremmo dire -economia circolare - Goethe prosegue: “Lo spettacoloso consumo di verdura fa sì che gran parte dei rifiuti cittadini consista di torsoli e foglie di cavolfiori, broccoli, carciofi, verze, insalata e aglio”.
Naturalmente i napoletani dell’epoca non raccolgono solo residui di ortaggi, ma anche altri materiali organici, onnipresenti nelle città dove il mezzo di trazione fondamentale era costituito da cavalli, asini e muli, con grande vantaggio per la pulizia e l’igiene delle strade.
“V’è pure una massa di piccoli rivenduglioli girovaghi, che senza tante cerimonie offrono in vendita le loro cosucce disponendole su un asse di legno, dentro un coperchio di scatola, o addirittura sciorinando la loro mercanzia sul nudo terreno delle piazze. Non si tratta allora di merci vere e proprie, quali si troverebbero nelle normali botteghe, ma di autentico ciarpame: non c’è pezzettino inutilizzato di ferro, cuoio, tela, feltro, ecc. che non sia messo in vendita da questi robivecchi e non sia comprato dall’uno o dall’altro”.
Insomma, spontaneamente, la società napoletana del Settecento aveva organizzato un sistema di riciclaggio pressoché totale dei propri scarti: un sistema che si è andato perdendo con l’avvento della rivoluzione industriale e ancor più della civiltà dell’usa-e-getta. E che oggi dobbiamo ricostruire in maniera programmata se vogliamo porre un argine alla dissipazione delle risorse della Terra.
Tratto da “La parola ai rifiuti” di Guido Viale, Edizioni Interno 4.
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kon-igi · 4 years
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DEL PERCHÉ CERTE VOLTE È MEGLIO NON ESSERE NELLA MIA TESTA
Ho appena accompagnato Figlia N.1 in ufficio, fremendo all’idea che finalmente sia prossima a conseguire la patente e quindi non necessitare più dello Uber Dad.
La mattina è meravigliosa ma la strada per ritornare all’RSA di paesello è terribilmente trafficata in senso opposto da chi vuole spostare merci e servizi dalla periferia a Grancittà.
Mi crogiuolo al sole primaverile che filtra innocente dal parabrezza e guido con la calma rilassata di chi ha quei due o tre minuti di tempo da perdere, un lusso non da poco di questi tempi. Just My Imagination dei Cranberries amplifica il mio Gotterfunken, mai così espanso e fluente come ora.
Guardo i camion sull’altra corsia, bestioni immensi, quando improvvisamente la mia placida serenità si incrina - Pensa se quel tir sterzasse e invadesse la mia corsia...
E poi vedo il tir sterzare e invadere la mia corsia.
Il rumore che mi riempe gli occhi è quello sovrapposto delle lamiere che si schiantano e dell’airbag che mi scoppia in faccia, poi la sensazione di essere strappato da sedile e infine un silenzio sibilante nelle orecchie
Non provo dolore, solo torpore al braccio e occhi che bruciano.
La macchina non deve essere più sulla carreggiata perché il sole è scomparso e la cintura mi tira, come se fossi sdraiato di fianco.
Ricorda! - mi dico - Comincia con le dita dei piedi!
Si muovono. Provo a flettere le ginocchia ma devono essere incastrate tra il volante e il cruscotto. Mi scappa da pisciare, quindi la schiena è a posto. Forse. Ridacchio... mi troveranno pisciato e lo scriveranno sulla Gazzetta di Parma? Tiro su il braccio destro. Ecco! Una lussazione del cazzo di spalla! C’è sangue sulla mano... oh, il pollice... il goniometro articolare è nella borsa ma a occhio non dovrebbe flettersi sul dorso della mano. Me lo sono disarticolato contro il cambio quando ho impattato.
Dunque, adesso... ma perché non sento dolore?! Ah, sì... adrenalina, dopamina e cortisolo. Entro pochi minuti subentrerà lo shock... speriamo non sia ipovolemico. Starò sanguinando? Dove? Comunque preferivo una tigre dai denti a sciabola.
Il cellulare... ok, è nel vano portaoggetti vicino al cambio... lo sento con le dita. No... quella è la sigaretta elettronica. Ok, trovato... Dio come sarebbe stato utile un pollice opponibile!
Lo tiro su tra indice e medio... sì, la merda di pin con l’unghia chè l’impronta digitale è chiedere troppo. Ecco... niente campo! Diamo subito al regista l’oscar per la trama più originale.
E poi penso a quello che la sera non mi lascia dormire e che certe volte mi fa svegliare di soprassalto nel cuore della notte.
Sfioro col dito appiccicoso l’icona dell’app del registratore audio.
- Ciao, amore... sono sicuro che quest’audio ce lo ascolteremo molte volte nei prossimi anni e rideremo come dei coglioni insieme alle ragazze, intorno al tavolo della cucina, e io tutte le volte scuoterò la testa di fronte alla mia melodrammaticità. E alzerò il pollice che allora mi ero lussato e dirò Hey! come un Fonzie appesantito e fuori forma. Ma se per qualche motivo vi troverete ad ascoltarlo senza di me, sappiate che non c’è stato un solo attimo della vita passata assieme in cui avrei voluto qualcosa di diverso. Vi ho amato in modo incondizionato e ho gioito di tutte le vostre conquiste, sapendo che voi tre siete state l’unico motivo per cui sorgeva il sole ogni mattina e io potevo andare a dormire senza vergognarmi di nulla. Siete state tutto il mio mondo e il mio unico cruccio è non essere riuscito a farmi carico del vostro dolore e di tutte le delusioni che è inevitabile la vita porti con sé. Mi spiace non potervelo dire di persona... ma siate certe di una cosa: nel giorno più luminoso e nella notte più buia io sarò sempre accanto voi. Accarezzate Otto e Cthulhu per me, perché loro non capiranno.
Stop. Riusciranno ad ascoltarlo?
Fa freddo. 
Sento qualcuno urlare e forse delle sirene.
Ora chiudo gli occhi un attimo per riposarmi...
E poi arrivo nel parcheggio dell’RSA, abbastanza in anticipo per bermi quella merda catramata del caffè del distributore. Scendo dalla macchina, sgranchendomi la spalla e premendo col pollice il telecomando per chiudere la macchina. 
Adesso capite perché certe volte vorrei non essere nella mia testa in compagnia della mia immaginazione?
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plusdigital · 2 years
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Esencia
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Las percepciones sensoriales (vista, tacto, sabor, sonido y olor) son esenciales en las relaciones sexuales. El mercado erótico ha cubierto la demanda con estimuladores del deseo tales como juguetes, películas, revistas y feromonas. Vulva Original era el revulsivo que faltaba. La aplicación en el dorso de la mano de una mínima cantidad de esta sustancia basta para gozar de la “irresistible fragancia vaginal”.
Un laboratorio alemán (de Colonia) atrapa el “aroma íntimo de una mujer hermosa” para convertirlo en una “experiencia satisfactoria muy personal”. El fundador de Vivaeros, Guido Lenssen, tuvo el olfato de desarrollar un exclusivo producto capaz de estimular las fantasías más excitantes. Después de largas investigaciones y del éxito de su lanzamiento, la nueva Vulva Original se presenta en un elegante frasco cristalino con dosificador rolón. Su singularidad, fino diseño y extraordinario estilo se hacen visibles en una seductora web con tres vías de acceso. El dominio de una de ellas habla por sí mismo. Hay que teclear smellmeand.com (smell me and com), que traducido al español significa “huéleme y cómeme”. Una vez dentro, se puede disfrutar de un sensual vídeo y de una cachonda animación en la que a un joven le crece la nariz.
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tifatait · 2 years
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RICERCA SUL RADICAMENTO DELLA CAMORRA AD AVELLINO E PROVINCIA – Centro di ricerca "Guido Dorso" | www.centrodorso.it
RICERCA SUL RADICAMENTO DELLA CAMORRA AD AVELLINO E PROVINCIA – Centro di ricerca “Guido Dorso” | www.centrodorso.it
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alm3ndr4 · 6 years
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Adiós
La noche se termina
El reloj canta los segundos
El silencio llena la habitación
Tus ojos tristes saben lo que va a pasar
Y me dijiste:
“dejá de pensar en vos”
No puedo
Simplemente, no puedo.
 La noche se termina
No quiero que te vayas
Si estoy solo me olvido de mi nombre, y del tuyo
Me visitan fantasmas que juegan sobre la almohada
Las flores lloran, y las escucho
La canilla gotea
Y me dice que no me quede.
La noche se termina
Pero
¿Qué otra cosa puedo darte?
Agua, un beso, mi labio inferior
Caricias en el dorso de la mano
Un mensaje de whatsapp
Un caramelo de tiempo
Una mirada incómoda.
 La noche se terminó.
Te tuviste que ir
Me niego a desvestirme, a aceptar
Espero a mis fantasmas
Nuevos cuentos de terror
Hoy no duermo
Hoy no sueño.
guido
13.5.18
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sciscianonotizie · 5 years
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ILMONITO Il Premio Guido Dorso a Luigi Traettino, Presidente di Confindustria Caserta http://dlvr.it/R76Hk7 http://dlvr.it/R76Hk7
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giuseppearagno · 5 years
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Guido Dorso: sciogliere l’Arma Va bene, basta. Diciamolo e poi superiamo le discussioni inutili, che si fanno ad arte per giustificare i «bravi ragazzi che rischiano la vita»: ci sono carabinieri perbene o, per dir meglio, ci sono persino carabinieri perbene che perdono la vita in servizio.
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infosannio · 5 years
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Il premio Guido Dorso a Luigi Traettino presidente di Confindustria Caserta
Il premio Guido Dorso a Luigi Traettino presidente di Confindustria Caserta
“Sono davvero emozionato e onorato di ricevere un premio così prestigioso, che riconosce l’impegno a favore dello sviluppo e della crescita del Sud. Lo dedico alla mia famiglia e a tutti gli imprenditori della provincia di Caserta, che ogni giorno dimostrano grande coraggio nel puntare sul rilancio della nostra terra”. Così si è espresso il presidente di Confindustria Caserta, Luigi Traettino,…
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pangeanews · 6 years
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L’enigma dello Sparviero, l’aereo scomparso nel Sahara: la marcia nel deserto dell’aviere Romanini e la donna che lo attese per dieci anni. Dialogo con Antonio Zamberletti
Una lunga scia di sangue misto a petrolio cola, terribile, sotto ai nostri occhi miopi, dentro le geometriche linee di confine della Libia. La sabbia, del deserto e del tempo, insinuandosi, copre i solchi delle ferite. La storia è vecchia, puzza di una guerra lontana, il sangue, poi, ha perso il suo colore e le sue croste. È passato poco più di un secolo da quando Giolitti, ai primi di ottobre, 1911, allungava le mani, in forma extraparlamentare, sulla Libia. Conquistata e riconquistata, colonia italiana. E la guerra, la seconda guerra mondiale. In mezzo, massacri di civili. Spargimenti di sangue e petrolio. La guerra finisce ed è ottobre, del 1960. Enrico Mattei è ancora vivo, sarebbe morto due anni dopo – in volo da Catania, precipita nella campagna pavese, il 27 ottobre. Alcuni tecnici dell’Eni scoprono, tra le dune del deserto, la carcassa di un aereo da combattimento italiano, è il 5 ottobre 1960. E loro sono tecnici della compagnia CORI (Compagnia Ricerche Idrocarburi) del gruppo ENI, impegnato in ricerche petrolifere nel deserto libico. Nella squadra si trova anche Gian Luca Desio, il figlio del famoso esploratore Ardito. A bordo, ancora chiuso nella cabina di pilotaggio, il comandante, ormai uno scheletro mummificato. Sotto un’ala, due cadaveri dei soldati dell’equipaggio, al riparo dal sole. Non ci sono le piastrine di riconoscimento, sono state strappate via dai predoni del deserto. Una mitragliatrice invece rimane, un simbolo senza tempo, ancora sul dorso dell’aereo, probabilmente, senza munizioni, non interessa a nessuno.
Mentre mi racconta la storia senza tempo dello Sparviero, Antonio Zamberletti – autore di gialli e spy-story, due volte semifinalista al Premio Scerbanenco per il miglior noir italiano dell’anno, sceneggiatore e soggettista presso la Sergio Bonelli Editore, sulle testate di Zagor, Dampyr, Nathan Never e Tex – con la pazienza di un monaco, mi mette a parte dei misteri che ancora avvolgono questo velivolo che lui ha visto, fedelmente ricostruito, qualche anno fa, nel museo di Volandia, alla Malpensa. Oggi il modello non è più visitabile, resta, a Volandia, solo una manciata di sabbia e l’impronta del relitto. Faccio un’inutile fotografia. Immagino. Lo Sparviero era un bombardiere leggero, ricognizione a lungo raggio, trasporto tattico e aerosilurante. Sedici metri di lunghezza, apertura alare di venti, alto quattro metri, sei tonnellate di peso, tre motori e quasi duemila chilometri di autonomia. Lo spettacolo che ha ideato Zamberletti, “L’ultimo volo dello Sparviero” affonda le radici nel fatto storico, poi lascia il campo alle ipotesi. La carcassa – uno scheletro con qualche brandello di pelle – di un vecchio aereo di guerra. Così, probabilmente, appare nel deserto, a vent’anni dalla tragedia, lo Sparviero, quando viene ritrovato. Era scomparso, senza lasciare tracce, dopo il decollo dalla base italiana di Berka, in Libia. Base K2 a Berka, un sobborgo di Bengasi.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, lo Sparviero era uno degli aerei da combattimento più impiegati dall’Aeronautica Militare Italiana, il Savoia Marchetti SM 79. Soprannominato dagli inglesi della Royal Air Force il gobbo maledetto per via della sua forma che presenta una gobba sul dorso, dove è situata la postazione del mitragliere, ma anche per la sua incredibile capacità di incassare numerosi colpi e per la difficoltà, che hanno i caccia inglesi, gli Spitfire e gli Hurricane, ad attaccarlo da dietro. Lo Sparviero in questione aveva matricola MM 23881 (dove MM sta per matricola militare) ed era inquadrato nella 278^ Squadriglia Autonoma Aerosiluranti, il cui nome era I quattro gatti ed era schierata in svariate basi in prossimità del Mediterraneo. I quattro gatti hanno come simbolo quattro gatti su un siluro, ideato da un sottotenente della Regia Aeronautica, Alessandro Maffei, e un motto: pauci sed semper immites, pochi ma sempre indomiti. Era il 20 aprile del 1941- una data forte: il compleanno di Hitler – lo Sparviero arriva in Libia. Il 21 aprile – altra data forte: la nascita di Roma – il gobbo maledetto parte per la sua ultima missione. Prima di sparire dai radar. A bordo dello Sparviero sei uomini formavano l’equipaggio: di loro, dei loro resti, non si seppe nulla fino all’ottobre del 1960, quando alcuni tecnici dell’Eni fecero i primi ritrovamenti. Pilota, secondo pilota, osservatore, marconista, motorista e mitragliere.
Chi c’è a bordo dello Sparviero? “Ci sono il capitano Oscar Cimolini, 33 anni, comandante pilota, nato a Trieste il 26 novembre 1908, il Maresciallo Cesare Barro, 27 anni, secondo pilota, veterano della guerra nell’Africa Orientale Italiana. Barro è il più giovane dei marescialli piloti della Regia Aeronautica. Nato a Conegliano, provincia di Treviso, il 16 maggio del 1914, Cesare Barro ha una figlia, e sua moglie aspetta la seconda, che non conoscerà mai suo padre, il Tenente di Vascello Franco Franchi, 29 anni, Regia Marina Militare, osservatore, nato a Fiume l’11 ottobre del 1912, il Sergente Maggiore Amorino De Luca, 26 anni, marconista, nato a Frascati il 7 febbraio del 1915. De Luca ha in tasca una licenza già firmata, ma gli viene ordinata un’ultima missione, il primo Aviere Quintilio Bozzelli, 26 anni, motorista, nato a Pistoia il 5 maggio del 1915. Bozzelli è nell’equipaggio che il 15 agosto del 1940 partecipa all’incursione aerea sulla base navale inglese di Alessandria d’Egitto. Il Primo Aviere Giovanni Romanini, nato a San Polo di Torrile (Parma) il 28 ottobre del 1916”.
A Volandia, la ricostruzione dello Sparviero misteriosamente scomparso
Una ricostruzione fedele ed evocativa del disastro dello Sparviero, fino a pochi anni fa, si poteva vedere a Volandia, dove un SM 79 era stato prestato dall’Aereonatica dal 2010, anno di fondazione del museo, fino a novembre 2016, quando è ritornato all’Aereonautica per restauro. Ma – chiedo a Zamberletti – perché ti sei gettato, a capofitto, sulla storia dello Sparviero? “Il relitto esposto non era quello originale, ma la suggestione era enorme. Ho iniziato a informarmi sulla vicenda, che, sinceramente, fino ad allora ignoravo. Lo Sparviero avrebbe dovuto silurare una petroliera inglese. Quello che mi ha colpito di più è stata la marcia dell’aviere Romanini, partito alla ricerca di soccorsi e morto di sete e fatica nel deserto”. Com’era la situazione in Libia? La situazione tattica: attività aeronavale febbrile. Gli inglesi stanno iniziando l’evacuazione del loro corpo di spedizione dalla Grecia sotto continui attacchi aerei italo-tedeschi. Gli aerei italiani partono dalle basi in Sicilia, dalla Libia, da quelle nel Dodecaneso. A Sud di Creta, i ricognitori italiani avvistano un convoglio composto dalle petroliere Breconshire e British Lord e, da almeno quattro navi da trasporto, scortate da unità di superficie, fregate e cacciatorpediniere. In zona, a Sud di Malta, c’è la portaerei Formidable, in navigazione con i suoi settanta intercettori e il suo gruppo da combattimento, composto dagli incrociatori Orion, Ajax e Perth. Le condizioni meteo sulla costa libica sono difficili. Ci sono fortissimi venti da Nord Ovest e visibilità scarsa a causa di nubi basse e densa foschia. Un’altra ricognizione italiana avvista i trasporti inglesi Bankura e Urania con le relative scorte. Alle ore 16 e 50, da Berka, decolla lo Sparviero del Tenente Guido Robone, il quale attacca la petroliera British Lord, colpendola e danneggiandola gravemente, e fa rientro alla base. Con lui dovrebbe decollare il nostro Sparviero, che però ritarda la partenza, forse per problemi a uno dei motori, decollando solo alle ore 17 e 25, senza fare più rientro alla base. Dopo due giorni di ricerche in mare, la 278^ Squadriglia informa il Ministero della Difesa di quanto successo con il seguente comunicato: Comunicato dalla 278^ Squadriglia Aerosiluranti a Ministero Difesa Aeronautica. Comunicasi che giorno 21 aprile at ore 17,25 apparecchio S-79 mm 23881 partito da Berka seguito comando 5^ Squadra Aerea per attacco convoglio scortato segnalato quadratino 5881 precedente rotta Uno-Zero-Cinque velocità otto miglia, non è rientrato. Da questo momento, lo Sparviero e il suo equipaggio sono dati per dispersi. L’unico cadavere ritrovato con la piastrina è riconosciuto dai bottoni dell’uniforme.
“A più di novanta chilometri di distanza dall’aereo, era stato ritrovato il corpo di uno degli uomini dell’equipaggio, Giovanni Romanini, identificato grazie alla piastrina di riconoscimento, che era partito alla ricerca di soccorsi, camminando tra le dune del deserto per almeno quattro giorni prima di crollare, ucciso dalla sete, dal caldo e dalla fatica. Con una borraccia che poteva contenere mezzo litro d’acqua. Il suo corpo era a circa otto chilometri dalla pista di Gialo Giarabub, che porta dalla costa verso l’interno. I corpi di due uomini dell’equipaggio non furono mai più ritrovati. Gli altri quattro vennero riportati in patria”. L’aviere Giovanni Romanini da Parma, classe 1916, camminò per novanta chilometri nel deserto alla disperata ricerca d’aiuto. Ora Romanini è sepolto al Cimitero di Collecchio, mentre i suoi compagni, rimpatriati e rimasti ignoti, senza nome, sono al Sacrario dei Caduti d’Oltremare, a Bari.
L’episodio drammatico presuppone uno scenario più vasto, la Seconda guerra mondiale. “La storia dello Sparviero e del suo equipaggio verrà collocata, infatti, all’interno di un contesto storico molto più ampio. Si inizierà dalla campagna di Libia del 1911 per proseguire con la Grande Guerra e le imprese dei pionieri del volo, per poi entrare nella Seconda Guerra Mondiale. Il tutto sarà documentato in maniera rigorosamente storica, a parte, per ovvie ragioni, gli ultimi momenti dello Sparviero e, soprattutto, la lunga marcia dell’aviere Romanini. Dobbiamo immaginare i suoi pensieri nei novanta chilometri di deserto, da quando lasciò il relitto dello Sparviero, iniziando la disperata missione di soccorso, fino a quando, sparato l’ultimo razzo a illuminare la notte africana, si coricò sulla sabbia, attendendo la fine. Saranno momenti in sospeso sul labile, sottile confine tra l’eroismo di Romanini e il suo dramma, tra la desiderata normalità di un ragazzo di venticinque anni mandato in guerra e la missione che sta compiendo, tra i ricordi di casa, della sua terra, della famiglia e la durezza del deserto africano”. Qual è l’aspetto più problematico nella ricostruzione teatrale? “Ci sono molti aspetti problematici. Ad esempio, nessuno non è mai riuscito a spiegare con certezza come mai lo Sparviero sia finito fuori rotta, terminando il suo volo a quasi quattrocento chilometri di distanza dalla base. Noi ci affideremo chiaramente, nei limiti del possibile, a una documentazione storica ineccepibile, grazie anche all’aiuto dell’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare”.
Quale idea ti sei fatto su come siano andate veramente le cose, su cosa sia andato storto? “Il relitto si trovava a più di 400 chilometri a Sud della base di partenza e di rientro. Si presume che, spinti fuori rotta dal vento forte, i piloti abbiano scambiato il deserto per la superficie del mare, esperienza che hanno riferito equipaggi in volo non strumentale anche in tempi recenti. Terminato il carburante, lo Sparviero ha tentato un atterraggio di emergenza, finendo il suo volo nelle sabbie del Sahara. Romanini avrebbe a questo punto tentato di raggiungere la pista di Gialo Giarabub, l’unico posto dove trovare aiuto, camminando per quattro o cinque giorni tra le dune, percorrendo circa cento chilometri, prima di morire”. Dei sei membri dell’equipaggio, due sono i militari che ancora oggi risultano dispersi; cosa pensi che sia successo loro? “Anche questo è un particolare che nessuno è mai riuscito a spiegare. È probabile che altri membri dell’equipaggio siano partiti alla ricerca di soccorsi, ma siamo nel campo delle ipotesi”. Avete raccolto notizie sui familiari dell’equipaggio dello Sparviero? “Abbiamo svolto diverse ricerche. Sono ancora in vita le due figlie del secondo pilota dello Sparviero, il Maresciallo Cesare Barro di Conegliano Veneto, alla cui memoria è intitolata la locale sezione dell’associazione arma aeronautica, che sta collaborando in maniera entusiastica al progetto”. Come si spiega il fatto che questa vicenda non sia nota come altre tragedie di guerra? “È una vicenda nota soprattutto agli appassionati di storia del volo e della Seconda guerra mondiale. Probabilmente se ne è perso il ricordo nel corso del tempo, è finita con il diventare una delle molte, tantissime tragedie di quella guerra, dalle quali si differenzia, forse, per la marcia di Romanini. Anche se è giusto non dimenticare che sullo Sparviero perso del deserto c’erano altri cinque uomini, ognuno con la sua storia. La seconda figlia del Maresciallo Cesare Barro, ad esempio, non conobbe mai suo padre e la moglie attese per anni notizie del marito, ufficialmente disperso assieme ai suoi compagni di volo”.
Romanini aveva una fidanzata, a Parma, Carla, che attese il suo ritorno per dieci anni prima di sposarsi. Al rientro della salma in Italia, andò al suo funerale, di nascosto, e pianse lacrime amare. Quando è stato ritrovato, il corpo ormai mummificato di Romanini, non aveva in tasca la foto di Carla. La bella Carla. Forse qualcuno aveva rubato anche la sua foto. Il suo sorriso, i suoi begli occhi. Romanini aveva con sé una pistola lanciarazzi – ha forse lanciato l’ultimo razzo prima del sorgere del sole, prima di morire – e indossava due orologi. Forse non era solo durante la marcia, forse il secondo orologio apparteneva ad un suo compagno, che era morto prima di lui. Giovanni, per gli amici Gianni, e Carla erano fidanzati, prima della guerra, erano andati a ballare la notte in cui è nata Giovanna Romanini, la nipote del grande aviere, che è stata chiamata così perché lo zio è stato il primo uomo a prenderla in braccio, quando è nata. A cullarla, teneramente, fra le sue forti braccia.
Linda Terziroli
L'articolo L’enigma dello Sparviero, l’aereo scomparso nel Sahara: la marcia nel deserto dell’aviere Romanini e la donna che lo attese per dieci anni. Dialogo con Antonio Zamberletti proviene da Pangea.
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valeria-manzella · 6 years
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..IL VERO MESSIA È UN SERVO SOFFERENTE..Commento..La professione di fede di Pietro (..Tu sei il Cristo..) è posta al centro del Vangelo di Marco e rivela la vera identità di Gesù..Solo chi comprende chi è Gesù sa anche accogliere le esigenze radicali della sua sequela, fino alla croce..OGGI Gesù ci rivela quale Messia egli sia venuto ad incarnare..Ce lo fa comprendere quando ammonisce severamente Pietro e gli altri apostoli di non affermare di lui..Tu sei il Cristo!..(Vangelo)..Certamente aveva compreso che nei loro animi albergava, quale idea di Messia, quella di un liberatore che avrebbe riscattato Israele con la forza e la spada. Il messianismo di Gesù è differente. Esso coincide con l’esperienza del servo sofferente sulle cui labbra Isaia pone queste parole..Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi..(I Lettura). È questi il nostro Messia che con la sua sofferenza ha redento l’umanità prendendo su di sé i peccati del mondo..Anche noi siamo chiamati, desiderando imitarlo, ad amare e a servire i nostri fratelli .pagando di persona. come ha fatto lui. In che modo?..Necessariamente con un sacrificio cruento come il suo? Forse questo no, ma sicuramente offrendo ai fratelli tutta quella carità e vicinanza solidale che ha origine dal sacrificio del Signore, realizzando quelle .opere. che danno concretezza e tangibilità alla nostra fede..(II Lettura)..(Don Guido Colombo, ssp)..
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allnews24 · 6 years
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Schiaffo al prof: le testimonianze. Polizia: presidi segnalate
Schiaffo al prof: le testimonianze. Polizia: presidi segnalate
Avellino.  
  di Andrea Fantucchio 
Una calma solo apparente nel cortile di cemento della scuola superiore Itis Guido Dorso di Avellino. Un pomeriggio “come tanti”: all’interno i prof fanno lezione, un vociare sommesso, qualche alunno nei corridoi. Ma fuori non passa inosservata quell’auto della polizia. Sorveglia la porta principale dell’istituto, dentro alcuni agenti stanno raccogliendo altri…
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tifatait · 2 years
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Think Global and Act for a Sustainable, il seminario all’ITT Guido Dorso di Avellino - | www.binews.it
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