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#La fuga dei corpi
ninoelesirene · 10 months
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Ho intercettato prima lui, perché aveva gli occhi come quelli di Vladimir, di chi bada al sodo e non ha pazienza per i sofismi. Sembrava stesse analizzando una qualche legge di natura, mentre puntava lo sguardo verso l’angolo in cui le Mura Vaticane incontrano la Passeggiata dei Gelsomini.
Poi ho notato lei. Appesantita dagli anni, priva di alcuna vanità, portava sul volto una lieve smorfia: una bolletta ancora da pagare? Una visita medica? Lavoro arretrato che attende al ritorno dalle vacanze? Una preoccupazione gestibile, ma fastidiosa come l’etichetta del maglione che ti fa prudere la schiena.
Guardavano in direzioni opposte. Se uno avesse isolato solo la parte alta dei loro corpi, avrebbe pensato che non si conoscessero e fossero paralleli solo per caso, per un momento. Invece le loro mani erano strette solidamente, unite nel punto di fuga di una prospettiva tutta loro. Ciascuno, libero di abitare e costruire ogni giorno il proprio mondo - un mondo in cui si è spesso soli - era accolto in un mondo più grande, condiviso, naturale, assodato; nascosto dentro un pugno che somigliava all’Universo.
Che bello un amore così: come un cielo che non cade, come una radiazione di fondo che possiamo quasi dimenticare, ma né noi né i nostri corpi dimentichiamo mai.
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ambrenoir · 20 days
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Recuperate la trasmissione News Room sul Fentanyl. Una umanità che muore inutilmente sotto i nostri occhi.
Quello che colpisce è la postura bloccata dei corpi, come colpiti da una paralisi inquietante; corpi sospesi, vivi ma senza vita, marmorizzati, imprigionati in un denso e infernale torpore, immobilizzati, specie di sculture morte, ripiegate su se stesse, accartocciate in posizioni irreali. Come i corpi pietrificati di Pompei in fuga dalla incandescenza della lava: corpi irrigiditi in una sorta di ultimo spasmo di vita, corpi senza scampo, senza più vie di fuga.
M.Recalcati
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pettirosso1959 · 1 year
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La musica trance, anche all'alba, pompa altissima. È uno dei momenti più intensi dello sballo al Rave di Sukkot, o più semplicemente la Festa della Natura, iniziata venerdì verso le ore 23 e durata tutta la notte fino al sabato mattina, vicino al Kibbutz Re'im, poco distante dalla Striscia di Gaza. Sono migliaia i ragazzi israeliani tra i 20 e 40 anni, arrivati da ogni parte del paese, ballavano liberi tra i gazebo del festival organizzato nel deserto nordoccidentale. Nessuno poteva immaginare cosa stesse per accadere da lì a breve. L'assalto di Hamas Tra i presenti qualcuno filma il momento dell'assalto, nel cielo da lontano si vedono delle macchie nere in movimento che si avvicinano, quei punti sono i combattenti di Hamas che usano i parapendii per infiltrarsi in Israele. Quando sono atterrati nella zona della festa scatta il panico generale. La musica non c'è più, lo speaker invita gli ospiti a lasciare l'area lentamente, i primi feriti vengono soccorsi sul posto, poi un nuovo attacco violento di Hamas che lancia i primi razzi, da terra i terroristi sparano colpi di arma da fuoco sulla folla, in migliaia tentano la fuga nel deserto. La fuga sotto i razzi I più fortunati riescono a raggiungere le proprie auto per tentare la fuga, altri invece hanno i mezzi lontani e corrono nel deserto. Una testimone ventenne al Times of Israel ha raccontato le scene di panico di massa mentre i razzi venivano lanciati in alto. La jeep sulla quale è riuscita a fuggire lungo la strada ha recuperato una coppia di giovani bloccata, poi la fuga veloce a sud di Nitzana. Secondo un rapporto del sito di news israeliano Ynet, molti feriti sono stati evacuati proprio negli ospedali del sud. Le amiche salve solo per essersi finte morte Un'altra testimonianza drammatica è quella di una ragazza salvata da un automobilista che l'aveva presa a bordo dopo che 5 uomini armati avevano aperto il fuoco sulla sua auto. Ha raccontato di come il gruppo ha sparato ancora e ucciso anche il conducente. Lei e una sua amica si sono salvate solo perché si sono finte morte. Dopo due ore dall'attacco, le ragazze hanno riconosciuto le voci di alcuni soldati che si muovevano tra i corpi delle vittime del massacro, gli hanno chiesto aiuto e sono state portate in ospedale. Le ragazze prese in ostaggio Durante il brutale attacco alla Festa nella Natura, è stato confermato dagli organi di sicurezza di Israele che decine di partecipanti sono stati catturati e, secondo quanto riferito, alcuni di loro sarebbero stati uccisi. Ci sarebbero anche numerosi dispersi. Come Noa Argamani, catturata mentre era aggrappata alla moto del suo fidanzato. Urla e disperazione, il suo ragazzo Avi Nathan, anche lui prigioniero, non ha potuto fare nulla contro la violenza dei membri di Hamas.
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pomegrenatefeedback · 6 months
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Tra gli autobus di Lampugnano, Milo de Angelis
La sera, nella grande stazione dei pullman, è una frenesia di corpi e di luci, tutto sta iniziando, tutto s'incammina, tra clacson e fanali, le ruote fremono, si aggregano le ombre e l'ho trovato qui, l'amico delle feste lussuose, l'amico dai golf di cashmere e le scarpe di Brigatti, che si avventura come un fanciullo di mille anni verso un'altra terra con una ferita che dilaga nel suo corpo e una fuga che vuole confondersi con il mondo e gioca a nascondino. "Tu dove vai?" "Non so, non so, il vento soffia dove vuole." "Vediamoci, una sera a cena, quando tornerai." "Non lo so, prima devo scordare tutto, tutto deve essere scordato."
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chez-mimich · 1 year
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IO CAPITANO
Ci sono film che sembrano non avere un regista, non perché il regista non abbia talento, ma perché sa farsi invisibile, sa nascondersi senza voler mostrare ad ogni costo la sua cifra stilistica, a tutto vantaggio della storia raccontata con le immagini. Questa volta però il soggetto della storia raccontata sembra uscito da un notiziario della sera, ma con l’epica drammaticità che solo il cinema sa mettere in campo. “Io capitano” di Matteo Garrone è un film che mette i brividi nonostante tratti di vicende che tutti conosciamo nel loro dipanarsi, ma che tutti cerchiamo di rimuovere dalle nostre coscienze. Due giovani ragazzi Seydou e Moussa, da Dakar in Senegal, intraprendono il loro viaggio della speranza che dovrà portarli in Italia e in Europa e paradossalmente il resto del film potrebbe anche non essere raccontato, poiché è facilissimo immaginarlo coniugando le informazioni fornite dai mezzi di comunicazione: la fuga dalla propria famiglia, i trafficanti di essere umani, gli stratagemmi, il deserto da attraversare, i predoni, le torture, le prigioni e, infine, quel Mediterraneo che fu chiamato non a caso dagli antichi “mare nostrum” e che i migranti potrebbero ribattezzare “mare monstrum”. Il film ha una dirompente e travolgente carica emotiva e ha la capacità di catapultare lo spettatore a fianco dei due protagonisti, facendocene percepire l’indomita volontà, la profonda umanità, ma anche le indicibili sofferenze, dal dolore delle membra percosse al bruciore della pelle torturata e brutalizzata, l’immane fatica dell’attraversamento del Sahara, la sete, il sudore…È indubbiamente questo che porta in dote la straordinaria pellicola di Matteo Garrone, cioè la sapienza di saper trasformare quelle che nelle nostre coscienze sembrano ormai essere “flatus vocis”, come i termini di “migrante”, “scafista”, “clandestino”, in qualcosa di tangibile. Il film non racconta solo una storia tra le tante, racconta la Storia, che non è fatta solo di politici, condottieri, generali, ma di persone senzienti che nutrono sentimenti e che hanno bisogni e necessità impellenti che è loro diritto cercare di soddisfare. Chi è un “clandestino”? Clandestino rispetto a chi? E chi è un “irregolare”? Irregolare rispetto a cosa? Era una domanda che aleggiava anni fa in una famosa canzone di Manu Chao. Il regista, senza alcuna necessità di esporre tesi o di supportare teorie o teoremi, ce lo dice con immagini chiare e dialoghi serrati (in lingua originale), senza troppi compiacimenti estetici. Non ci racconta di eroi (“Sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi” ammoniva Bertolt Brecht), ci racconta di anime e corpi che cercano il loro spazio vitale e che per trovarlo devono lasciare il loro sterminato continente, sfruttato da secoli dalle nostre civiltà (o inciviltà) capitaliste ed imperialiste. A fermare questo esodo non saranno certo qualche volenterosa signora della politica italiana o europea, né tantomeno qualche “capitano” da operetta. L”esodo” o “l’invasione” come ce lo fa immaginare la nostra cattiva coscienza, si fermerà solo quando verrà dispensata a quelle genti quel minimo di giustizia sociale che le nostre politiche ancora non considerano tra i diritti umani.
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susieporta · 1 year
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Una delle esperienze più comuni dell'esistenza terrena, che facciamo cioè tutti e sempre di nuovo, è la sua pesantezza.
La vita molte volte, anche durante una stessa giornata, si fa pesante, e ci stanca da morire.
"Sono stanco di soffrire" (Salmo 109, 107), geme il salmista.
Sono stanco, siamo stanchi, perché portiamo un carico molto pesante.
Ma cos'è questo carico? Cosa è così pesante?
La nostra vita biologica è di per sé pesante?
Non mi pare, a meno che non sorgano problemi fisici di rilievo.
Allora sarà la nostra psiche ad essere pesante?
Sì, in un certo senso Io sono pesante, l'Io, il mio Io, il mio pensiero, i miei malintesi, rendono pesante a volte perfino le circostanze più favorevoli.
Diciamola così: ciò che rende pesante questo momento è il modo in cui Io lo penso, lo lo capisco, Io lo interpreto, e così ne faccio esperienza.
L'Io ordinario, l'Io che si crede separato e autosufficiente è il vero Peso, è il Piombo che ci porta giù, nell'abisso della nostra disperazione.
Sotto sotto, magari a livelli semiconsci, tutti noi sappiamo benissimo che è il nostro stesso Io, la nostra coscienza che rende pesante tutto ciò che tocca, e perciò ricerchiamo qualunque forma di sollievo, che ci liberi da questa zavorra mortale.
Ecco perché ci ubriachiamo, ci droghiamo, ci stordiamo nelle discoteche o nei rave, ci annichiliamo nel lavoro, nella frenesia di mille comunicazioni o relazioni sessuali, ci ammazziamo gli uni con gli altri, e così via.
E questa società al collasso offre molteplici compensazioni, sempre più "digitali" ovviamente, per aiutare gli umani a perdere momentaneamente il peso insopportabile del loro piccolo io.
Questa civiltà cioè da una parte alimenta la separazione più radicale dei piccoli io dentro i loro corpi mortali, rendendo la nostra vita di una pesantezza ormai indicibile, e poi ci offre infinite vie illusorie di fuga in realtà virtuali di ogni tipo, che somigliano sempre di più semplicemente a vizi.
Poi quegli stessi personaggi che notte e giorno insegnano a se stessi e a tutti i poveri malcapitati che noi umani siamo solo "scimmie nude", robot un po' goffi e presto da sostituire con Meccani più efficienti, bambocci inutili da ingannare, da indottrinare, da asservire e da sfruttare senza scrupoli, in nome di Potentati Oscuri; questi stessi Brutti Figuri si meravigliano che i giovani si ammazzino tra loro o si distruggano con l'alcol, la prostituzione, e lo stupro, invece di inebriarsi delle guerre e degli spettacoli molto edificanti che i Buoni propongono loro.
La buona notizia, cari amici, è che possiamo liberarci dal peso del nostro piccolo Io senza doverci ubriacare di soldi, di informazione malsana, o di pornografia, e senza nemmeno dover mettere un punto finale alla nostra vita con una bella pallottola in testa, come fecero Majakovskij, e tanti altri poeti del Novecento.
No, amici, possiamo alleggerirci in ogni momento, possiamo imparare a lasciare andare le gabbie del nostro piccolo io, possiamo cioè aprirci volontariamente alla Sfera Leggerissima del nostro Sé più interiore, e da lì riprendere il cammino.
Senza peso.
Con le ali ai piedi, come Hermes-Mercurio, il dio alchemico del più rapido passaggio.
Nei nostri Gruppi in fondo non facciamo altro che sperimentare questo mistero: il peso è solo un carico che possiamo mollare.
Perciò vi invito fraternamente ad iscrivervi (https://www.darsipace.it/iscriviti-ai-gruppi-darsi-pace/)
Ramana Maharshi, un grande mistico Hindu del XX secolo, diceva che l'essere umano sembra una persona che si affatica da morire tenendo su con le braccia due valigie pesantissime, senza rendersi conto di trovarsi su un treno.
Quelle valigie cioè le possiamo posare.
Anche adesso.
Depositare, e lasciarci portare
Dal vento.
Marco Guzzi
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jacopocioni · 15 days
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Dante e il suo fantastico viaggio 5: Dante e i personaggi dell'Inferno.
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Prima parte Seconda parte Terza parte Quarta parte
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Dante ci descrive una scena assurda: in mezzo a dei serpenti disseminati ovunque, correvano terrorizzati completamente nudi dei peccatori, nella fuga si guardavano intorno con la speranza di trovare un posto dove potersi nascondere dai rettili, inutilmente. Avevano le mani legate dietro la schiena da serpenti, che penetravano dentro i loro corpi con la coda e con la testa attraverso le reni per poi riannodarsi davanti sul ventre.
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Improvvisamente Virgilio e Dante si trovano al cospetto di un dannato, proprio mentre questo viene trafitto da un serpente alla gola. L'anima di quello sventurato prende poi fuoco e si incenerisce. Dal mucchio di cenere il dannato riprende la sua forma umana, poi smarrito ed incredulo viene colto da una crisi epilettica. Una volta passata la crisi, il disgraziato si rialza visibilmente disorientato e ricomincia a subire da capo questa tremenda ed eterna punizione. Il dannato è Vanni Fucci, precipitato in questa bolgia piena di crudeltà, perché in vita era stato un uomo bestiale. Soprannominato non a caso la “Bestia di Pistoia”, era figlio illegittimo di Fuccio dei Lazzari; un militante dei Neri più volte condannato per omicidio, atti di brigantaggio e saccheggio; un uomo sanguinario e rissoso, ma che invece di trovarsi tra i dannati violenti, si trovava tra i ladri. Questo perché era stato responsabile del furto del tesoro del duomo di Pistoia. Lo citiamo anche se non fiorentino, perché ci interessa una sua profezia che colpisce particolarmente Dante. Il dannato annuncia al poeta, che Firenze cambierà popolazione e governo mentre un fulmine colpirà ogni Bianco… Il sibillino presagio svela velatamente che nella città trionferà la fazione dei Neri, la quale si macchierà di sopraffazioni e violenze. Mentre il “fulmine” di cui parla Fucci, altri non è che il marchese della Lunigiana, capitano dei lucchesi alleati dei Neri fiorentini contro Pistoia. Le sue vittorie avrebbero infatti significato la rovina dei Bianchi condannandoli all’esilio.
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Vanni Fucci la Bestia, nasce tra il 1295 e il 1300 a Pistoia. La sua fama è legata a Dante, che lo cita nella sua opera. Nel 1289 partecipò alla guerra contro Pisa e alla presa della Rocca di Caprona tra le file dei fiorentini. Fu probabilmente in quell’occasione che Alighieri ebbe modo di conoscere l’uomo, restandone negativamente colpito a causa delle inutili atrocità di cui si fece protagonista. Nel 1293, durante la notte di carnevale, Vanni entrò nel duomo con la sua banda di ladri e depredò la cappella di San Jacopo di tutti gli oggetti preziosi. Questo episodio viene raccontato dallo stesso Dante. Pare che in un primo momento venisse però incolpato del furto sacrilego il figlio di un suo amico, tale Rampino Foresi o Vergellesi, il quale era già stato condannato alla forca per altri crimini commessi. In seguito venne arrestato anche un complice del Fucci, tale notaio Vanni della Monna, che rivelò prima di essere impiccato, il coinvolgimento del Vanni nel furto. Nel frattempo il Fucci era fuggito e si era dato alla briganteria, terrorizzando la campagna pistoiese. Nel febbraio 1295 Vanni fu condannato in contumacia dal comune di Pistoia come omicida e predone, ma tornò comunque impunemente in città per compiere nuovi saccheggi contro i Guelfi Bianchi. Non si sa se la sua morte fu per cause naturali o violente.
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Più avanti Virgilio e Dante lasciando Vanni, vedono un serpente con sei zampe avventarsi contro un dannato per morderlo sulle guance. Stendendo le zampe posteriori, il rettile gli infila la coda tra le gambe e lungo la schiena, come fosse l’ edera avvinghiata ad un albero. Poi attraverso una mutazione i due si fondono insieme “come fossero di cera calda”. L’essere che nasce da questa trasformazione, assume una colorazione intermedia tra i due generando un mostro orripilante.
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Si tratta del fiorentino Agnolo Brunelleschi, ladro fin dalla gioventù. L’uomo in vita si travestiva da povero vecchio per ingannare le sue vittime e rapinarle. Ancora adesso nell’inferno continua ad aggirarsi travestito. Analoga sorte tocca a Buoso Donati, che si trova in compagnia di Puccio dei Ghaligai detto lo sciancato e di Francesco dei Cavalcanti, ucciso per vendetta. Vediamoli da vicino: Agnolo Brunelleschi, o Agnello visse nel XIII secolo, fu un personaggio storico fiorentino del quale si hanno poche notizie storiche. Viene collocato all’Inferno nella settima bolgia tra i ladri. È infatti uno dei cinque ladri fiorentini che farà pronunciare a Dante la celebre invettiva che inizia con “Godi Fiorenza!”
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Dante lo cita come Agnel. L’attenzione del poeta in questo passo è focalizzata però sulla mostruosa metamorfosi, così non viene data nessuna notizia biografica. Solo in seguito verrà identificato come un esponente della nobile famiglia dei Brunelleschi, che già da piccolo rubava dalla borsa del padre e della madre, per poi passare alle botteghe. Buoso Donati, è vissuto nel XIII secolo, un altro dei cinque ladri fiorentini citati da Dante e posto tra i fraudolenti. Il serpente-ramarro è “quel che tu, Gaville, piagni”. Si ha notizia di un Buoso Donati, firmatario della pace tra Guelfi e Ghibellini proposta dal Cardinal Latino nel 1280. Questi sarebbe stato il nipote dell’omonimo Buoso Donati il Vecchio. Francesco de’ Cavalcanti di Gaville è anche lui vissuto nel XIII secolo, sempre facente parte del gruppo dei cinque ladri, assassinato dagli abitanti di Gaville, un paesino nei dintorni di Firenze, non si sa per quale esatto motivo. Dopo l’accaduto i parenti di Francesco si vendicarono duramente sulla città, con omicidi e distruzioni di case. Ma seguiamo ancora Dante e Virgilio per incontrare altri personaggi legati a Firenze...
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Riccardo Massaro Read the full article
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m2024a · 1 month
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Il naufragio del super yacht. Ritrovato anche il corpo di Hannah. La famiglia Lynch: "Grazie, Italia" Il ritrovamento del corpo di Hannah Lynch, la settima vittima del naufragio del veliero Bayesian, segna una svolta. L’ambulanza che trasporta la salma della giovane diciottenne, che si era appena iscritta alla facoltà di Lettere a Oxford perché amava la poesia e il teatro, lascia il molo di Porticello tra il silenzio rispettoso e il dolore dei presenti, dirigendosi verso il cimitero dei Rotoli a Palermo, dove riposa già il corpo del padre, Mike Lynch. Il recupero del corpo di Hannah introduce la fase più delicata dell’inchiesta condotta dalla Procura di Termini Imerese. Nelle prossime ore verranno conferiti gli incarichi per eseguire le autopsie sui corpi delle vittime, esami necessari per chiarire le cause della morte e stabilire eventuali responsabilità penali. Le autopsie, affidate ai medici legali dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Palermo, coinvolgeranno non solo i corpi di Mike e Hannah Lynch, ma anche quelli di altre cinque persone: Jonathan Bloomer, presidente della Morgan Stanley International, sua moglie Jude, l’avvocato Chris Morvillo e la moglie Nada, e, infine, lo chef Thomas Recaldo. La famiglia Lynch, attraverso un comunicato, esprime il proprio profondo dolore per la perdita dei propri cari e ringrazia pubblicamente le autorità italiane e coloro che hanno partecipato alle operazioni di salvataggio e recupero. "Come componenti della famiglia Lynch – si legge nel messaggio – siamo devastati, sotto shock e siamo confortati e sostenuti dai nostri familiari e amici. Il pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte le persone colpite dalla tragedia". Un ringraziamento particolare viene rivolto alla guardia costiera italiana e ai sub per il loro instancabile impegno. I sommozzatori dei vigili del fuoco, protagonisti di 123 immersioni per un totale di 4.370 minuti sott’acqua, hanno svolto un lavoro straordinario e in condizioni difficilissime, culminato nel recupero dell’ultimo corpo. È un momento cruciale per l’indagine della Procura che, si prevede, porterà all’invio di avvisi di garanzia per i reati di omicidio colposo plurimo e naufragio colposo. Le iscrizioni nel registro degli indagati avverranno non appena saranno conferiti gli incarichi per eseguire le autopsie, un atto dovuto per consentire agli indagati di nominare i propri consulenti tecnici e prendere parte agli esami autoptici, che rappresentano una prova irripetibile. Nonostante le circostanze siano ancora da chiarire, si ipotizza che una serie di negligenze e una catena di errori umani possano aver contribuito alla tragedia. Durante i cruciali minuti in cui lo yacht di 56 metri è stato travolto dalla tempesta, l’equipaggio e i passeggeri hanno cercato disperatamente di mettersi in salvo. Tuttavia, per alcuni, lo scafo si è trasformato in una trappola mortale. Tra le vittime, il cuoco Recaldo Thomas è stato il primo a essere ritrovato, sbalzato fuori dal veliero. Le altre sei vittime, rinvenute in una zona opposta alle loro cabine, testimoniano un ultimo tentativo di fuga. Nel frattempo, le operazioni sul relitto continuano. I sub stanno ispezionando minuziosamente lo scafo, adagiato sul fondale di 50 metri, con l’obiettivo di documentare ogni dettaglio rilevante per l’indagine penale, ma anche per le inevitabili conseguenze civili e assicurative. Parallelamente, si apre la delicata fase di messa in sicurezza e recupero dello yacht, che include il prelievo di 18mila litri di carburante per prevenire possibili sversamenti. L’onere del recupero spetta all’armatore. E ci potrebbero volere mesi.
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jazzluca · 5 months
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WHEELJACK *ORIGIN* ( Voyager ) Generations LEGACY UNITED *G1*
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E con questo WHEELJACK Origins si può dire che si chiude il capitolo di quel pugno di Transformers apparso nel primissimo episodio dei cartoni G1 esibendo delle modalità alternative Cybertroniane, dopo i precedenti Bumblebee e Jazz Origins da una parte ed i Decepticon Seeker e Soundwave visti in WfC Siege dall'altra ( salvo che magari poi per sfizio non vanno a rifare pure questi, vai a sapere! ).
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Forse non è un caso che Saetta sia l'ultimo, dato che la sua modalità nativa era probabilmente quella più complicata da realizzare, ovvero una sorta di FURGONCINO hovercraft effettivamente poco attinente con l'alt mode di auto sportiva che assumerà poi sul nostro pianeta, ovvero la celeberrima Lancia Stratos Turbo.
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Col senno di poi, forse sarebbe stato più consono mettere un Ironhide al suo posto, nell'iconica scena iniziale dove carica su Maggiolino, ma rimpianti a parte, il veicolo si presenta davvero bene e fedele a com'era nei cartoni, forte anche della sua classe di Voyager, che magari inizialmente può sembra esagerata, ma a conti fatti è stata decisamente necessaria.
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Il veicolo infatti è bello grosso ed è nella media di un Voyager, così come aiutano a rimpinguare la massa i vari accessori, nella forma di una pistola laser da montare sul tettuccio ( che diverrà poi l'iconico cannone da spalla del robot ), più un paio di eliche da sistemare frontalmente a ricreare quanto visto nella sua breve apparizione iniziale, dove faceva uscire dal muso questi rotori per sbaragliare un "posto di blocco" Decepticon.
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E sempre come visto nel cartone, è possibile applicare un'apposito pannello a 3 pieghevole che simula la modalità blindata che il veicolo assume ad un certo punto della sua fuga dai Seeker: staccando e ricombinando i pannelli esterni questa diventa inoltre una sorta di pista, come le strade che i nostri due Autobot attraversano per le vie di Cybertron! Magari è un po' forzato quest'ultima cosa, ma è un modo come un altro per "trasformare" quei 3 pannelli che non solo nel succitato scudo.
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Ma la gimmick principale che giustifica la classe Voyager di questo Saetta è sopratutto quella di poter aprire il portellone posteriore e contenere così la modalità veicolare di Bumblebee Origins ( con le estremità debitamente ripiegate ) sempre come si vede in quell'iconica sequenza!
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Detto ciò, il veicolo non è che sia FEDELISSIMISSIMO a quello del cartone, a dire il vero: se da una parte abbiamo il bel tocco delle finestre laterali verticali in plastica trasparente, a dover spaccare il capello in quattro il parabrezza è un semplice rettangolo e non si estende verso i lati ( anche se in un'inquadratura dall'alto del cartone si vede così… ), così come l'alettone posteriore è chiuso posteriormente e non si allarga anche lui verso le pareti laterali, come ad esempio anche nel veicolo di Jazz Origins. In compenso, sempre per legarlo al modello di Bee, ai lati dell'alettone ci sono delle scalette apposite per potervi sistemare le barre di Energon che erano allegate al modello di Maggiolino Origins. ^^
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Anche la TRASFORMAZIONE omaggia le mitiche primissime sequenze del cartone, dato che il muso del veicolo si divide in due e diventa le braccia del robot, diversamente dalla trasformazione iconica del WJ terrestre, ma appunto mimando ciò che si vedeva in tv. Il resto del veicolo invece vede dispiegarsi i pannelli laterali e posteriori che in maniera egregia finiscono ripiegati nelle gambe, mentre parabrezza e tettuccio semplicemente si ripiegano sulla schiena.
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Ricordando che la bizzarria di quei pochi Cybertroniani che nei primi 5 minuti del primo episodio si trasformavano era proprio quella di avere i ROBOT con sui corpi i dettagli dei veicoli terrestri a venire, anche Wheeljack frontalmente è una bella resa del settei G1, ma ovviamente oberato da delle gambone e da un zainone non indifferente, come accennato sopra.
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Certo, riesce a mantenere dettagli fondamentali come le alette sulla schiena, così come il cannone si posiziona sulla spalla destra ( e solo quella, però, che solo lì c'è il foro, mah! ), ed è più fedele come forma rispetto all'Earthrise, ed anche il parabrezza sul torso, con la scusa che è farlocco, è più fedele che non quello squadrato sempre dell'ER. Peccato per l'assenza delle strisce verdi sugli stinchi, ed ironicamente è un millimetro più piccolo del Deluxe Generations precedente, nonostante sia un Voyager, ma appunto sappiamo dove va il grosso della massa…
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Però è snodato al meglio come Generations, con tanto di rotazione dei polsi, e riesce ad avere qualche foro per armi ai lati di gambe ed avambracci, oltre ai classici sotto i piedi e dietro la schiena / zainone: qui inoltre trovano posto a riposo le elichette di qui sopra ( che volendo possono sistemarsi sulla punta del cannone ), così come la copertura blindata, che aperta e con i pannelli esterni diagonali diventa… un bel paio di ali aggiuntive! ^^'
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Vabbè, perlomeno in qualche maniera non vanno persi sti accessori, ecco, e così tozzo questo Saetta sembra ancor più piccolo di quel che è, ma abbiamo già detto che il meglio di se' e la sua ragion d'essere è la modalità veicolare, anche se il robot è indubbiamente fatto al meglio di quel che si possa riuscire.
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Insomma, assodato che la sua mancanza di grazia robotica è dovuta all'ingombrante alt mode, e che questo rispecchia al meglio quanto visto in tv, in definitiva è un must per i fan della primissima apparizione di Wheeljack e di quei Tf in generale, un omaggio doveroso che accettiamo volentieri nei limiti del suo design originale.
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londranotizie24 · 6 months
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fashionluxuryinfo · 7 months
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OpenDDB presenta SCONOSCIUTI PURI un film di Valentina Cicogna e Mattia Colombo
prodotto da Jump Cut, Amka Films Productions, Sisyfos Film Production Finalista Premio David di Donatello – Cecilia Mangini 2024 per il miglior documentario, nella cinquina finalista dei Nastri d’Argento, categoria “Cinema del Reale” Ogni notte nella sala autopsie della dottoressa Cristina Cattaneo arrivano corpi senza nome. Sono spesso senzatetto, prostitute, adolescenti in fuga. Ultimamente sono soprattutto migranti. Di fronte a questa moltitudine crescente, nessuno sembra preoccuparsi del loro diritto alla dignità. Nessuno tranne Cristina.
IN TOUR NEI CINEMA DAL 14 MARZO 2024
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seminostorie · 10 months
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Mamma, chi bussa alla porta?
Amore, non tutte le cose si possono spiegare.
John Talbot era un marinaio inglese, arruolato nella Compagnia britannica delle Indie orientali. Durante il suo ultimo viaggio nella regione sud asiatica, tra il 1703 e il 1706, fu di base a Puri, nell’attuale stato federato di Orissa, nella zona orientale del Paese. Nel tempo libero, che coincideva solitamente con il fine settimana, John e i suoi compagni si dedicavano all’esplorazione e alla caccia, fortemente motivati dal Colonnello Saint-Thomas, comandante della spedizione. Un giorno, esattamente sul finire dell’estate del 1706, decisero di avventurarsi circa ottanta chilometri a nord di Puri, in direzione della foresta di Chandaka, già esplorata in parte l’estate precedente. Colpiti da un improvviso temporale, il gruppo di dieci uomini si disperse nella fitta vegetazione. John Talbot cercò riparo in una grotta infrattata nella boscaglia. Entrandovi, si rese conto che non si trattava di una semplice spaccatura nella roccia, ma che quella grotta, in realtà, era collegata a tante altre, attraverso un’intricata rete di passaggi sotterranei. Decise di passare lì la notte. Accese un fuoco e si sedette all’asciutto, ma, presto, si rese conto di non essere solo. Fu attaccato da una creatura dalle fattezze umane, ma dalla forza di dieci bestie. Un essere pallido come la luna, con lunghi canini, artigli affilati, bava alla bocca e peli diradati qua e là su tutto il corpo. Fu morso ad una gamba, ma riuscì a mettere in fuga la creatura grazie al fuoco. Scappò via e vagò tutta la notte sotto la pioggia, in preda al dolore. Il mattino seguente, passata la bufera, fu recuperato da alcuni dei suoi compagni e riportato a Puri. Nessuno credette al suo racconto e nessuno si chiese mai come fece a guarire in quattro giorni da quella lacerazione così profonda. Nei mesi successivi, John iniziò a provare un forte malessere, anche se la sua forza e la sua resistenza aumentarono a dismisura. Una notte di luna piena, in pieno solstizio d’inverno, pochi giorni prima della partenza per il ritorno a casa, in Inghilterra, John Talbot assunse le sembianze della Bestia e trucidò tre giovani sfortunati che avevano deciso di rincasare tardi. Impaurito, si rivolse a uno sciamano: “Porti il sigillo della Bestia, John Talbot. È inciso lì, sulla tua gamba.” Gettò della polvere sul fuoco e continuò: “Solo le persone che ami potranno salvarti. Gli spiriti mi dicono che fra cinque mesi sarà luna piena anche nella tua terra. Tu uscirai di casa per non far del male a chi ami e chiederai loro di non aprire la porta, mentre sarai fuori di notte. Busserai tre volte e per tre volte loro non dovranno aprirti. Poco prima del sorgere del sole, busserai di nuovo e allora, quando varcherai l’uscio, sarai salvo dalla maledizione.” Quattro mesi dopo, John rientrò in Inghilterra e un mese dopo, poche ore prima del calare del sole, prese da parte sua moglie Angela e le disse quanto accaduto mesi prima e quanto profetizzato dallo sciamano. “Tu sei matto, John - disse -. Credi davvero a queste cose?” Lui: “So cosa ho visto, so cosa mi è capitato e so cosa ho fatto. Amore, non tutte le cose si possono spiegare. Se non vuoi farlo per me, fallo per la piccola Lily.” Lei lo rassicurò con un velo di superficialità, pensando ancora che stesse scherzando. Lui uscì. Passata la mezzanotte, John Talbot bussò due volte, in due momenti diversi. Angela non aprì, ma, stanca dalle fatiche della giornata, dopo la seconda volta crollò in un sonno profondo. Quando John si presentò di nuovo alla porta, bussando con insistenza, Angela aveva ormai perso la cognizione del tempo. La svegliò Lily, chiedendole: “Mamma, chi bussa alla porta?” Lei: “È quel matto di tuo padre” - disse sorridendo. Girò la chiave e la Bestia balzò dentro trucidando lei e la piccola. Il mattino seguente, John si rese conto di ciò che aveva fatto. Raccolse i due corpi e li avvolse in due lenzuola bianche. Diede fuoco al tappeto in sala da pranzo, incendiando casa, andò in camera da letto e si sparò un colpo in testa. Non tutte le cose si possono spiegare.
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pettirosso1959 · 17 days
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“Ahò, allora, come è andata sta crociera?”
Beh, ti dirò, pensavo fosse male e invece… era anche peggio!
Prima di iniziare il resoconto tragi-comico, è giusto fare alcune premesse.
Essendo la prima (e ultima) esperienza non ho idea se le disfunzioni subite siano comuni ad altre compagnie di navigazione con difformi itinerari di viaggio, programmati in diversi periodi dell’anno.
Io mi riferisco esclusivamente alla MSC nella circumnavigazione del Mediterraneo.
Premetto altresì di aver perdonato tutti coloro che, prima di partire, mi avevano magnificato la sontuosa vita di bordo con i suoi manicaretti succulenti e gli ambienti rilassanti e raffinati.
In verità, mai ho dovuto ingoiare cibo-spazzatura peggiore e convivere, senza vie di fuga, in stipati gironi danteschi trasudanti buzzurraggine.
Ma, come dicevo, li perdono perché ho capito che nel passato le crociere non erano quel fenomeno di massa che è oggi.
Appena messo piede a bordo ho avuto lo shock di benvenuto.
Mi sono ritrovato in sale illuminate e fosforescenti strapiene di gente che si accalcava confusamente senza sapere dove andare, tampinata da figuri incravattati che li fotografavano per poi rivendergli la foto.
Chi saliva le scale, chi le scendeva, chi si ammassava alla reception per capire cosa fare.
Mi pareva di stare dentro un grande centro commerciale… che per me è uno degli incubi peggiori.
“Vabbè, dai, sarà un po’ di disorganizzazione iniziale, poi tutto si normalizzerà”, ho pensato.
Non si è normalizzata una ceppa! Quest’immagine è rimasta fissa per 7 maledetti giorni!
Eravamo 7.000 anime perse, ammucchiate in questo sfarzoso barcone colorato e scintillante, condannate a divertirsi.
E si passava la giornata a fare file interminabili.
La facevi per prendere l’ascensore, per andare al ristorante, al bar, per sbarcare, per rimbarcarti…
Vivevi immerso in questa massa amorfa di corpi intercambiabili e facce indistinguibili che si assiepavano schiamazzanti, mischiandosi profumi e fetori, caoticamente incolonnati verso il nulla festante, il niente luminescente.
E, non avendo possibilità di evadere, ero terrorizzato di amalgamarmi infine in questa melma primordiale, di divenire anche io parte di questo gregge pacchiano e chiassoso.
Ecco... per me questa è l'idea che più si avvicina all'inferno!
E poi il cibo!
Figuratevi che i soliti crocieristi di esperienza prima di partire mi avevano finanche redarguito di stare attento a non ingrassare, stante la prelibatezza delle leccornie a disposizione.
Ho fatto la fame!
Il ristorante era gestito da cuochi indonesiani che ti sfornavano piatti italiani rivisitati in maniera oscena.
Per esempio: guazzetto di pesce con pezzettini di würstel dentro, vitello tonnato con il ketchup sopra, frittelle con dentro lumache tritate…
Sì, se non volevi andare al ristorante c’era un buffet quasi sempre aperto.
Premesso che se non eri abile nelle arti marziali o nelle tecniche di sfondamento del Rugby eri tagliato fuori dalla massa famelica che lì ingaggiava lotte furibonde, il tutto si riduceva sostanzialmente a hamburger, hot dog, pizza e patatine fritte.
Io che aborro i Mac Donald che alternative avevo?
Come un sarchiapone avevo fatto anche il pacchetto per le bevande all inclusive da consumare al bar.
A parte il fatto che le marche dei liquori esposti erano sottomarche aliene così sconosciute che non si trovano neanche al discount o nei peggio bar di Caracas, erano più le volte che per evitare la fila vi rinunciavo.
Tralascio la descrizione delle piscine dove c’erano più corpi che acqua e le battaglie senza esclusione di colpi per la conquista dei lettini.
“Però, dai, almeno hai fatto felice tua moglie che voleva fare la crociera”
Ma anche no!
Lei si è rotta le palle quanto me.
D’altronde, come si dice a Napoli: gli uccelli si accoppiano in cielo e i fetenti in terra.
Se non avessimo avuto lo stesso carattere non saremmo passati indenni e uniti alle traversie della vita.
“Ma ci sarà stato almeno qualcosa di bello?”
Sì, le escursioni.
Ogni mattina ti svegli in posto del mondo diverso.
Ma sono come l’ora d’aria per il carcerato. Finiscono troppo presto.
L’unica cosa veramente bella della crociera è… l’approdo finale.
Scendere da quella prigione galleggiante sapendo che non dovrai più risalirci è una sensazione fantastica.
E, a tal proposito, per chiudere poeticamente, riporto una citazione di Paulo Coelho:
“Gli uomini sognano più il ritorno che la partenza”.
E volendo inserire anche una nota filosofica, cito anche Nietzsche:
“Tutto ciò che non ti uccide ti rende più forte... ma ti scassa parecchio la minchia” …non sono sicuro finesse così…
PS: Stanotte ho avuto un incubo terrificante.
Nel cuore della notte, mentre dormivo placidamente nel mio letto, irrompeva il comandante De Falco che urlava:
«Paternò! Torni a bordo, cazzo!»
Salvino Paternò.
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Morire poche ore prima della tregua
Lo scena catturata dalle telecamere è quella di tutti i giorni, da 47 giorni in qua: una potente esplosione, il fumo, le urla, la fuga scomposta dei civili, la corsa a rovistare tra le macerie in cerca di eventuali sopravvissuti o dei corpi delle vittime. Le bombe hanno lasciato un cratere enorme. Questa volta l’attacco aereo israeliano ha colpito un complesso residenziale a Khan Younis, nel sud…
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personal-reporter · 1 year
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Il decimo anniversario della strage di Lampedusa e l'intervista a Giusi Nicolini
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Il 3 ottobre 2013, un terribile naufragio al largo delle coste di Lampedusa, un'isola italiana nel Mar Mediterraneo, fece tremare il mondo intero. Quel giorno, un barcone carico di migranti provenienti principalmente dalla Somalia e dall'Eritrea, affrontò le acque insidiose del Mediterraneo in cerca di un futuro migliore in Europa. La tragedia che si è verificata è stata una delle più mortali nella storia delle migrazioni, causando la morte di oltre 360 persone. Questo ottobre segna il decimo anniversario di quella terribile strage e un momento cruciale per riflettere sull'umanità e la politica delle migrazioni. Lampedusa: Una porta verso l'Europa Lampedusa, con la sua posizione geografica strategica, è stata a lungo un punto di arrivo per migliaia di migranti che cercano di entrare nell'Unione Europea. Questa piccola isola, situata tra la Tunisia e la Sicilia, è diventata un simbolo delle sfide e delle tragedie legate all'immigrazione irregolare. La sua popolazione di circa 6.000 abitanti ha dovuto affrontare il flusso costante di persone in cerca di sicurezza e opportunità. Il naufragio del 3 ottobre 2013 è stato un punto di svolta nella percezione dell'Europa riguardo alle sfide delle migrazioni. La comunità internazionale si è trovata di fronte a immagini scioccanti di corpi senza vita che affioravano dalle acque intorno a Lampedusa. Questo ha scosso la coscienza pubblica e ha portato a un dibattito globale sulla politica delle migrazioni e sulle responsabilità dell'Europa nel fornire un rifugio sicuro per coloro che fuggono dalla guerra, dalla persecuzione e dalla povertà. Giusi Nicolini: Una voce per i migranti Durante il periodo critico seguito al naufragio del 2013, Giusi Nicolini è emersa come una figura chiave nella risposta di Lampedusa alla crisi umanitaria. All'epoca, Nicolini ricopriva la carica di sindaca dell'isola e ha lavorato instancabilmente per assistere i sopravvissuti e per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione disperata dei migranti. L'approccio umanitario di Nicolini ha attirato l'attenzione e l'ammirazione a livello internazionale. Ha lavorato instancabilmente per migliorare le condizioni di accoglienza sull'isola e per promuovere un dialogo aperto sulle migrazioni. Il suo impegno ha portato alla conferenza di Lampedusa nel 2015, che ha riunito leader mondiali, organizzazioni umanitarie e migranti stessi per discutere di soluzioni alla crisi migratoria. L'eredità di Lampedusa A dieci anni dalla strage di Lampedusa, molte domande rimangono senza risposta. La politica migratoria europea è ancora oggetto di dibattito e critica. Il destino dei migranti e dei rifugiati che cercano di raggiungere l'Europa rimane incerto, con molte persone ancora intrappolate in situazioni disperate nei paesi di origine o di transito. Tuttavia, il decimo anniversario della strage di Lampedusa ci offre l'opportunità di riflettere sul nostro dovere umanitario di aiutare coloro che sono in cerca di sicurezza e di una vita migliore. Giusi Nicolini, con la sua dedizione e il suo impegno, ci ricorda che possiamo fare la differenza, che possiamo offrire un futuro dignitoso a coloro che sono in fuga dalla tragedia. Nell'intervista esclusiva a Giusi Nicolini, l'ex sindaca di Lampedusa condivide le sue riflessioni sulla strage del 2013, sulle sfide delle migrazioni e sul ruolo dell'Europa nel garantire i diritti umani fondamentali. Per leggere l'intervista completa, clicca qui. Read the full article
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“Ma sai che ti dico?!
Che forse è meglio così
È meglio averti lontano che vicino
Si, ora sto soffrendo per la tua lontananza, ma è una sofferenza limitata, prima o poi sparirà. Ho perso molte persone importanti nella mi vita, ma ci ho fatto l’abitudine e sono andata vanti , e tu sarai una di quelle
Perché quando mi stavi vicino mi facevi stare a tratti bene e a tratti male
C’erano momenti in cui mi facevi sentire unica
E momenti in cui mi facevi sentire una delle tante
Purtroppo sei così simile a me, mi hai ammaliata, mi è parso di vedere me stessa riflessa nello specchio quando ti stavo accanto
Era una sensazione meravigliosa sapere di aver trovato qualcuno che finalmente mi capisse
Però su una cosa siamo diversi
Io sono superiore a te, sono una persona seria, con dei valori e principi da rispettare
Tu no
Quindi va bene così, semplicemente non eri alla mia altezza, non potevi starmi accanto
Però continuare ad averti come amico non mi sarebbe dispiaciuto affatto
Perché parlare con te era come parlare con me stessa
Subito dopo riuscivo a sentirmi più leggera
Purtroppo sei una persona superficiale, o perlomeno in passato lo eri, ora stai cercando di cambiare, e in parte ci stai riuscendo, ma quel minimo di superficialità ti è rimasto, per questo ti sei annoiato di me probabilmente
O forse ti sentivi inferiore a me e hai avuto paura e hai deciso di scappare
O forse hai visto che io ti stavo iniziando a guardare con occhi diversi, con occhi innamorati, e dato che ci tieni a me hai preferito non andare avanti per non farmi soffrire, e sapevi che da sola non mi sarei mai allontanata e l’hai fatto tu per tutti e 2 appena hai avuto la conferma di ciò?
O forse hai pensato che essendo così simili, così complici, con così tanta attrazione tra i nostri corpi, hai pensato che con il tempo ti saresti potuto innamorare e dato che in questo momento non è ciò che cerchi, hai preferito prendere la via di fuga, piuttosto che prendersi le cose come vengono e godersi questa bella cosa chiamata “amore”, che magari è vero… fa soffrire molto, ma anche gioire.
Forse hai avuto paura del legame che si stava instaurando tra noi…
Tra tutte le possibilità, l’ultima mi sembra la più plausibile, e io spero sia proprio questa la motivazione del tuo improvviso allontanamento
Perché io se ti ho chiesto di rimanere davvero solo amici è perché mi sono iniziata a rendere conto che non ti volevo solo bene…
Mi sono iniziata a rendere conto che i tuoi discorsi mi affascinavano
Che tu mi affascinavi
Ma non solo fisicamente
Proprio mentalmente
Il tuo cazzo di modo di ragionare, così simile al mio
E ti svelo un segreto, nella mia concezione di perfezione, tu eri appena un gradino sotto di me…
Per essere perfetto, ti sarebbe bastato essere una persona seria, come me, che non la da a chiunque.
Ma va bene così…
Evidentemente neppure tu eri quello giusto per me
Ora arriva l’inverno e ho intenzione di concentrarmi unicamente sullo studio, sulla palestra e su me stessa
Voglio continuare il mio percorso di maturazione e arrivare al massimo della perfezione (calcolata nel mio ideale)
Tu sei stato un altro tassello da aggiungere a questo grande puzzle
Ti ringrazio, perché anche tu mi hai aiutata a maturare
Ti ringrazio perché anche tu mi hai aiutata a fortificarmi
Ti ringrazio perché mi hai aiutata a capire meglio chi sono
Ti ringrazio perché mi hai aiutata a capire cosa voglio dalla vita
Ti ringrazio perché ho capito ancora una volta che tutto ciò di cui ho bisogno è solo me stessa
Quindi ti dico solo un’ultima cosa
Grazie, addio.
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