Tumgik
#Ne Fresco
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Rich 🤍
com'è tenero e carino 🤍 vederlo mi mette troppa gioia 🩵
dalle storie di ghali.amdouni_fanpage su IG
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anchesetuttinoino · 21 days
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Il vizio della parola
Il vizio della parola
Il divieto per le donne di usare la voce in pubblico nell’Afghanistan dei talebani. E noi ammutoliti da un diluvio di neologismi assurdi (vedi alla voce “maranza” o “sunshine guilt”)
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Se togli loro la parola, scompariranno. I talebani hanno recentemente emanato una serie di leggi inerenti la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Già questo proietta lo sguardo su un mondo che appartiene a una galassia lontanissima. E quando mai dalle nostre parti si parla più di vizi e virtù? In ambito legislativo, oltretutto.
In ogni caso, queste leggi sono state approvate dal leader supremo dei talebani, Hibatullah Akhundzada, e tra i provvedimenti ne spicca uno: «La voce di una donna è considerata intima e quindi non dovrebbe essere ascoltata mentre canta, recita o legge ad alta voce in pubblico». Per promuovere la virtù e scacciare il vizio, le donne non potranno esprimersi a voce alta nei contesti pubblici. Le imbavagliano, anzi le ammutoliscono, ma per il loro bene s’intende.
La scena è agghiacciante, ci costringe a una doccia terribilmente fredda. I talebani hanno chiaro chi sia una donna, a differenza della nostra situazione un po’ più aperta, cioè confusa. Abbiamo trascorso l’estate – ma è stata la ciliegina su una torta sfornata da tempo – a interrogarci su livelli di testosterone, Dna, intenzioni d’anima. Magari, al prossimo caso mediatico, potrebbe essere utile cambiare sfondo e ambientare tutti i nostri dubbi per le vie di Kabul e «vedere l’effetto che fa».
Se dai loro in pasto tantissime parole, scompariranno. Aggiungere vocaboli non è per forza segno di progresso, si può diventare muti per eccesso terminologico. L’aggiornamento dello Zingarelli per il 2025 prevede che il dizionario si arricchisca di nuovi termini, “maranza” e – udite udite – “gieffino” si conquistano un posto nell’Olimpo delle parole validate da definizione. Ma questo è solo un ritocco brutalmente onesto al nostro ritratto umano.
Il crimine terminologico è altrove, là dove spuntano espressioni che ci ritroviamo sotto gli occhi scrollando le notizie. “Coolcation” è la tendenza in crescita per trovare mete di viaggio al fresco. “Workation” è la scelta di lavorare da remoto scegliendo luoghi che offrano svago e servizi per il tempo libero. Una medaglia d’oro per l’assurdo spetta all’espressione “sunshine guilt”, il senso di colpa per aver sprecato una giornata di sole.
C’è, nel nostro intimo, un ribollimento senza nome. Sono scampoli di paura mescolati a slanci di affetto, pulsioni cattive e lacrime struggenti. È questa fucina scabrosa, feconda e indicibile che alimenta la libertà nel tumulto di gesti, scelte, responsabilità. Sono poche, devono essere poche e vertiginose, le parole a cui ricondurre il senso del nostro travaglio. Sillabe scottanti come “amore” o “invidia”. Frantumare il quadro in un mucchio di nuovi pezzettini lo riduce a un puzzle che resta scombinato.
Finiamo per scomparire ed essere muti se l’impegno di affrontare la novità di ogni nuova alba – l’ignavia che fa a pugni con la rabbia, i desideri che bevono sorsi di fiducia – viene sgonfiato dalla bugia che tutto affondi in un senso di colpa per il timore di perdere un giorno di sole.
via tempi.it
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yomersapiens · 2 months
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Pensavo fosse amore invece era un altro esame alla prostata
Tutto sta andando esattamente come deve andare ovvero molto storto. Niente segue i piani. Ci sono costanti ritardi e io non sono una persona puntuale, mi vanto sempre di avere un'enorme pazienza. Lo dico a ogni ragazza "Non hai idea delle dimensioni della mia pazienza" e poi si sorprendono e confermano "Accidenti, ma è gigantesca, non ne ho mai vista una così grande!" e io sorrido soddisfatto ma oramai mi sono rotto le palle di essere paziente. Lo penso mentre entro in ospedale, un controsenso. Entro perché sono un paziente ma vuoi sia il caldo, vuoi siano i ritardi e i rimandi: sono diventato impaziente.
Mentre ero in bici stamattina faceva fresco, quel bel fresco che di sicuro finisce che mi ammalo. Mi hanno fatto entrare in una sala piena di studenti della mia malattia o affezionati del settore. C'era un dottore giovane al centro, penso stesse cercando di fare colpo sulla classe perché era eccessivamente preciso nel descrivermi gli effetti collaterali della prossima terapia che dovrei iniziare. Questa volta sperimentale, quindi ci sono pochissimi studi al riguardo e io mi sento come un porcellino d'India, uno di quelli spelacchiati però. Aspetto mi riempiano il pancino glabro con pastiglie dai risultati imprevedibili ma sorrido, perché almeno, forse, finalmente, qualcosa si muove. Ho bisogno di una novità o di qualcosa che funzioni. O forse solo di qualcosa che mi distragga? Ecco, penso che sia più che altro questo. Io me lo sarei fatto quel dottore oggi, così, davanti a tutta la sua classe, per insegnare agli studenti che cosa è la disperazione. Che faccia ha. Ma non se ne è fatto nulla, mi hanno mandato via dicendo che è ancora troppo presto e che devo essere ulteriormente paziente. Sicuro se lo limonavo mi infilava il nuovo farmaco nella scollatura.
È vero, ultimamente latito molto da queste parti, sono colpevole. È che sto scrivendo per una specie di magazine online e allora quando voglio spremere la prostata della mia creatività lo faccio laggiù ma mica perché io mi sia scordato di questo luogo, accidenti no. Io vi guardo. Vi spio. Vi ammiro e nel privato, vi desidero. Però laggiù in teoria mi pagano, in pratica mi fanno promesse e io sono un giovane pieno di speranze e sogni che ha imparato a portare pazienza e pazientemente aspetto.
Ieri ho festeggiato due anni di Ernesto, il mio gatto. In pratica un giorno mio fratello suona alla mia porta con un gatto rosso in mano e mi dice "Da oggi tu hai un gatto, io devo partire per le ferie" e da allora quel rosso pezzo di merda controlla la mia vita. Sta male con il pancino, mangia poco, fa la pupù brutta e l'ho portato dalla veterinaria e ho speso più soldi per lui che per la mia salute fisica e mentale. Quanto cazzo costa mantenere un felino? Un altro essere vivente in generale. Cioè, poi mi chiedono perché non ho figli. Ma io ho passioni, ho una carriera da morto di fame da mantere, mica posso permettermi il lusso di far crescere una mia copia in miniatura. Sicuro mi uscirebbe ancora più stronzo del sottoscritto e magari che vuole studiare pure. Ma col cazzo. Una cosa buona di Ernesto è che è stupido come la merda ma bello come il sole. Proprio come suo padre (me).
Ho lavorato per quasi un mese e mezzo in una cucina. Ho fatto l'aiuto cuoco. Ricordo che undici anni fa, quando mi trasferii a Vienna, ero pieno di sogni e speranze ma al tempo stesso ero consapevole dei limiti umani di cui soffrivo (essere stupido come la merda, che è una condizione più grave delle mie malattie croniche) e allora me l'ero già messa via e ricordo che andavo in giro per ristoranti di finti italiani (una cosa che ho imparato vivendo all'estero: più grande è il tricolore, più ossessivamente il locale è decorato con la bandiera italiana, meno i proprietari saranno della penisola, una volta bazzicavo in questa pizzeria chiamata "Pizzeria il Vesuvio da Mario" che era un'accozzaglia di stereotipi e il proprietario era un mistro tra un panda, Lino Banfi e un libanese e c'erano poster delle Marche ovunque, cioè chi cazzo appende poster delle Marche pensando sia una buona idea? Solo questa chimera più occhiaie che talento nel fare la pizza) (dove ero rimasto?) (ah sì) andavo in giro per ristoranti a pretendere di venire assunto solo per via delle mie origini. Non portavo manco un curriculum, dicevo: "Sono italiano, sicuro sono più bravo di voi a cucinare". Undici anni fa credevo davvero un sacco nelle mie scarse potenzialità nonostante l'essere stupido come la merda. Beh, all'epoca nessuno mi assunse e invece oggi, pensate un po'? No, nemmeno oggi mi hanno assunto. Mi hanno usato per sostituire uno che se ne doveva andare e invece alla fine non se n'è più andato. Però ragazzi, quante cose ho imparato lavorando in cucina. Tipo a tagliare i datteri! Oppure che altro, ah sì, a farmi le foto sembrando uno che ci sa fare con i coltelli. Il tutto perché sto guardando la terza stagione di The Bear e se prima ho detto che mi sarei limonato il dottore che c'era oggi in ospedale beh, non avete idea di cosa farei a quel cuoco modello di Calvin Klein.
Insomma, ho migliorato le mie capacità culinarie. A resistere allo stress. A tagliare. Oramai taglio che è un piacere e perché, con quale fine, se non fare da mangiare al mio gatto del cazzo che ha la diarrea da una settimana e se non gli preparato il tacchino magro con le verdurine poverino non mangia? Ecco cosa sono diventato, il cuoco personale del mio felino. Tornerei anche domani a lavorare in cucina perché, per una volta, il mio cervello era in pausa. Non avevo tempo per dargli ascolto, c'erano troppe cose da fare contemporaneamente. Ora capisco perché tutti ci infiliamo in lavori del cazzo: perché dobbiamo stare lontani dai discorsi che il nostro cervello si mette a fare.
Io al mio cervello gli voglio bene. Ma non siamo fatti l'uno per l'altro.
Qualche giorno fa mi è stato chiesto qual è la parte del mio corpo che mi piace di più e io non ho saputo rispondere. Non c'è una singola parte di me che mi piace. Ok, mi ritengo una divinità scesa sulla terra per via di una punizione ma al tempo stesso, questo corpo terreno, mi disgusta. Una volta avrei detto "il mio cervello" ma oramai neanche quello. Ha troppi problemi. È un vecchio motore a scoppio che cerca di restare al passo con i tempi ma viene lasciato indietro da tutto. C'è stato un periodo in cui siamo andati d'accordo ma ora non fa altro che sabotare ogni cosa bella che mi accade e amplificare le cose brutte e distrarmi dalle cose importanti e soprattutto non mi fa smettere di cercare carte Pokémon. Dai, io già non ho soldi, perché mi fai questo? Avessi un figlio e non un gatto sono sicuro che prenderebbe la mia collezione di carte e ci vomiterebbe sopra. Almeno Ernesto mi vomita solo su i pavimenti. O nelle scarpe. O nello zaino. Per questo motivo sono andato a lavorare in cucina, per migliorare e farlo smettere di vomitare ovunque. Ha funzionato? Aspettate un attimo che pulisco il vomito dal tappetino della cucina e ve lo dico.
Il bello del passato, quando è veramente passato e smette di fare male, è che puoi ricordare selettivamente solo le parti che ti fanno comodo e pensare che poi, alla fine, non sia stato così una merda. Che gli anni di psicanalisi siano quasi stati divertenti perché ehi, sono passati! Per questo torna il fascismo e l'ignoranza e la demenza e persino io che sono stupido come la merda me ne rendo conto che qualcosa non torna. Il passato è passato e così deve restare ma se siete come me, una persona che è costretta a portare pazienza da tutta la vita, allora il passato sembra un luogo fantastico. È il momento in cui le cose non andavano così male. Il presente mi fa paura. Mi fa ancora più paura pensare al domani, con una terapia nuova che magari non funziona e un gatto che vomita e caga ovunque e io senza un lavoro decente ma una una collezione di carte Pokémon da fare invidia a qualche bambino alle soglie della pubertà. Poi anche lui andrà incontro al mio stesso destino, scoprirà la figa e Pikachu andrà a farsi fottere fino al momento in cui pure la figa perderà il suo potere e penserà "Oddio sono finalmente libero!!!" e invece no, torna Pikachu e 'sto giro costa il triplo.
Ho bisogno di certezze se voglio dare certezze ma al momento l'unica cosa che riesco a dare è la certezza di non starci con la testa. Da fuori sembro anche capace di controllare tutto ma se entrate un secondo dentro il cranio ci sono le matasse di pelo di Ernesto e la polvere. Io pensavo che dopo il libro tutto sarebbe stato in discesa e invece manco per il cazzo. Dopo che realizzi il tuo sogno ti rendi conto che la bestia di insicurezze che hai dentro non si placa. Il mio mostro vuole di più, non si accontenta e io come posso spiegargli che per me è già abbastanza così, vivere con la consapevolezza delle mie copie vendute sentendomi in colpa per non essere stato migliore delle mie aspettative. La mia bestia interiore è più vorace di Ernesto davanti a una scatoletta Gourmet Gold (mica cazzi per lui spendo) e poi divora e smembra e aspetta io mi volti soddisfatto per rigurgitare ogni brandello sul pavimento, fissarmi con i suoi occhi a feritoia per sfidarmi dicendomi "Voglio di più, ancora, meglio, questo non era abbastanza".
Ci ho riflettuto e io sono un figlio degli anni 80. Sono nato in un'epoca in cui ci hanno inculcato, come verme distruttivo, il pensiero che se non riesci a ottenere una cosa è solo perché non stai lavorando abbastanza. Devi lavorare di più e la otterrai. Fottuto verme del cazzo, io vorrei solo dormire la notte e avere una terapia che funzioni. A me, dei tuoi desideri non importa una sega. Però sai com'è, nella mia testa ci sei tu e io non sono un pozzo di intelligenza, sono stato cresciuto così dalla televisione e da quarant'anni di Berlusconi e dai fottuti americani e i loro film del cazzo e mi sono sempre identificato nell'eroe inaspettato, colui sul quale nessuno avrebbe mai scommesso e alla fine porta a casa il risultato e la partita e vince tutto e io cosa ho vinto? Ho più paranoie che parole e se siete arrivati a leggere fino a questo punto vi state rendendo conto dell'abisso. Il successo, la realizzazione del noi è un'utopia. La calma, la pace, il silenzio del verme nel cervello è l'obiettivo. Anche il proprio gatto che smette di avere diarrea e vomitare è un altro obiettivo ok.
Sono stato bene per un periodo e ora aspetto solo di avere nuovi sogni che accuratamente cercherò di non realizzare per tornare a stare bene.
Quando mi guardo intorno cerco di capire se sono il più vecchio nella stanza. Sono a quel punto dell'età dove non è facile capirlo. La maggior parte dei miei coetani appare vecchia come un 56k e io li guardo e penso "Cristo ma faccio schifo come loro?" e magari loro hanno una copia di se stessi che sta crescendo e che costa un sacco più del Giratina V che tanto desidero mentre io invecchio e basta e i miei tatuaggi sono stupendi perché ho una pelle magnifica ma il verme in testa mi ripete quanto dovrei fare (invece di bere solo alcolici che saranno controproducenti per la prossima terapia) è solo l'ennesimo prodotto del capitalismo che è servito ai nostri genitori per comprare casa quando avevano vent'anni mentre a noi cosa resta? Portare pazienza. Ecco cosa ci resta.
Il mio amico Matteo (che non sono io, è un altro Matteo, Matteo è un nome molto comune) mi ha detto che da quando ha divorziato ha perso interesse nell'uscire e conoscere nuove persone e mettersi in gioco perché ritiene di aver scopato abbastanza per questa vita. Lo invidio molto. A me scopare piace ma io, se c'è una cosa che metterei da parte per questa vita, è continuare ad avere sogni e desideri. Ne ho avuti abbastanza. Tutti figli del capitalismo e di una realizzazione di sè che non ha senso.
Finisco il mio ultimo vino, rileggo quello che ho scritto e maledico questo posto dove riesco, mio malgrado, a essere la versione di me stesso che vorrei essere sempre.
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tornasseungiorno · 20 days
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Oggi mi son svegliata con la pioggia. Dopo aver dormito un caz , perché mi sono addormentata alle 3 e alle 8:30 in numero sconosciuto mi ha chiamata .
Però son felice che c’è fresco, finalmente, non ne potevo più dell estate
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arreton · 21 days
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Sto rivalutando il mio aspetto. Se prima mi sentivo ai minimi storici della mia bellezza – che diventerebbe appunto bruttezza, se non lo fosse già stata da sempre – adesso, con questo nuovo taglio e questo nuovo colore mi sento invece all'inizio della creazione di una nuova immagine di me: ho un certo carattere ed un certo “stile” anche vestendomi in maniera abbastanza anonima e senza un filo di trucco, la mia figura inizia ad acquisire dei bordi. Da qui, allora, mi sembra che io possa iniziare a modellare quegli aspetti che vorrei cambiare di me o meglio, mi sembra che possa iniziare a lavorare sulla mia immagine senza necessariamente apparire “bellina”. Il viso dolce e gli occhi buoni non mi appartengono, ma non significa che non possa averli e riservarli a pochi eletti. Il viso fresco e puro di chi cerca disperatamente di farsi amare e accettare non mi appartiene, ma voglio imparare a guardare senza pregiudizio nella maniera più spietata – ovvero reale – possibile chi e ciò che mi circonda per accettarlo per quello che è. Ho l'impressione che mi sia passata la necessità di badare ossessivamente a quello che mi circonda, del giudizio delle persone. Voglio vedere solo ciò che mi interessa e che mi eleva. Faccio mia la frase della parrucchiera, mia coetanea, “per me sono questi gli anni migliori”. Ed in un certo senso lo sono anche per me. Sono appena iniziati gli anni migliori, dove finalmente sono arrivata ad un punto in cui mi sto scrollando di dosso il giudizio degli altri, l'ansia da prestazione, le esperienze passate che mi hanno segnata. O almeno l'obiettivo è questo, e cioè non continuare a vivere nel passato. Ed è per questo che sono tornata in Sicilia: per chiudere i conti con questa terra maledetta, per chiudere i conti con l'educazione fallimentare ricevuta dalla mia famiglia. Passati i trent'anni ormai non posso nemmeno far finta di essere una ragazzina con i daddy issues ma non significa che non possa acquisire una bellezza tutta mia che non passa necessariamente dalle mancanze del passato, da figure e situazioni mancate, e soprattutto sto vivendo in maniera quasi più spensierata adesso che quando avevo vent'anni ed ero un cumulo di paure ambulante. Adesso ho ancora paura, ma alla fine chi se ne fotte.
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mucillo · 1 month
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Girerò per le strade finché non sarò stanca morta
saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo accompagna il mattino.
Son lontani i mattini che avevo vent’anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo.
Da domani la gente riprende a vedermi
e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi
e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo,
ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo
di esser io che passavo – una donna, padrona
di se stessa. La magra bambina che fui
si è svegliata da un pianto durato per anni:
ora è come quel pianto non fosse mai stato.
E desidero solo colori. I colori non piangono,
sono come un risveglio: domani i colori
torneranno. Ciascuna uscirà per la strada,
ogni corpo un colore – perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero
dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi
e saprò d’esser io: gettando un’occhiata,
mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino,
uscirò per le strade cercando i colori.
(Cesare Pavese)
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i-am-a-polpetta · 2 months
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aspettando i fuochi d'artificio sul tetto del palazzo più alto del paese. c'è un vento fresco ma delicato, in mare hanno messo lumini per commemorare i caduti in mare. c'è un tramonto timido che si nasconde già dietro la punta della scogliera. ho in testa una canzone da giorni e non se ne vuole andare. ho bisogno di credere in cose belle per dimenticarmi della fatica che faccio ogni giorno. non riesco a dormire da un sacco e mi sento di star ricadendo in dinamiche che mi fanno sentire male.
però la focaccia bigiunta era buona, lavorare in smart dal mare è come non lavorare, la barca è sempre bellissima, io sono triste ma innamorata e qui si respira un'aria più leggera.
respiro e resto a galla.
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parolerandagie · 3 months
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Improvvisa la voglia di un bicchiere di vino bianco: la avverto con la ragione, che immediatamente la trasforma in un racconto, di profumi deliziosi, di freddo contatto tra il palmo della mano ed il calice, di sapore fresco, rinvigorente, ma soprattutto la sento nella pancia, nell'istinto, nel percorso dei nervi.
Non lo berrò, non aprirò nessuna bottiglia, non me ne verserò alcuna generosa quantità; perché è tardi, perché è lunedì, perché non è giusto, perché non si fa, perché sarebbero calorie gratuite ed eccessive, e con tutti questi perché zittirò la voglia, la ridurrò a migliori intenzioni a propositi più consoni e morigerati.
Rifletto, mentre lo faccio, su quante voglie ho zittito e quante ne zittisco quotidianamente, magari senza nemmeno averne piena coscienza di farlo, e quanto questa briglia all'istinto faccia di me una persona meno felice.
La risposta la so e la voglia, nel frattempo, offesa dal mio sminuirla, mi abbandona, portandosi via un poco di colore dal mio mondo e dal mio umore, adesso grigi entrambi.
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alessandrom76 · 2 months
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la bottiglia
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quella sera avevo tante cose da fare e restai in bottega fino a tardi.
nonostante l'estate allungasse le giornate, fuori iniziava già a imbrunire. capii quindi che doveva essere già passata anche l'ora di cena; non serviva neanche guardare l'orologio.
fu in quel momento che, tutto trafelato, entrò dalla porta un grosso signore, vestito con uno strano gessato marrone. era grottesco in quel vestito che, nonostante fosse di buona fattura, gli cadeva malamente addosso, complice il fatto che era palesemente di una taglia più grande.
«buonasera buon uomo», mi disse, «vorrei una bottiglia di buon vino; sa, uno di quelli da bere in compagnia. e poi un'altra di un vino ancora più buono, da bere da solo.»
benchè avessi voglia di andare via, la richiesta mi incuriosì tanto che dissipò la mia premura. sorridendo presi due bottiglie: una dal ripiano in basso e una dallo scaffale alto, piena di polvere.
«ecco... vede, questo è un vino fresco e amabile che è un piacere bere in compagnia, soprattutto nelle serate estive, mentre questo...» con la mano pulii l'etichetta coperta di polvere «... mentre questo è un vino che non perdona, è corposo e di buona gradazione. nella dose giusta i ricordi scorreranno come un fiume, ma se il fiume dovesse essere troppo tumultuoso... un altro bicchiere farà calmare le acque e piombare tutto nel buio.»
mi ringraziò, pagò velocemente e poi andò via.
pochi giorni dopo, stavolta nel tardo pomeriggio, lo vidi entrare di nuovo, come la prima volta con il suo consueto passo svelto, e subito mi abbracciò, nonostante io fossi dietro il bancone, quasi sollevandomi da terra.
«amico mio... grazie! L'altro ieri con amici ho bevuto il primo vino che mi hai consigliato, le lingue si sono sciolte e le risate scorrevano... davvero, siamo stati bene... ma poi ieri» continuò senza darmi modo di rispondere «... ieri ho assaggiato l'altra bottiglia ed è andata proprio come hai previsto tu, la memoria e i pensieri si intrecciavano e...»
a briglia sciolta iniziò a raccontarmi della sua vita e io, senza fare un fiato, presi un'altra bottiglia dal ripiano alto, la stappai e ne versai due bicchieri. Più i bicchieri si svuotavano, più la mia piccola bottega si riempiva dei suoi ricordi e di immagini che sembravano dipinti da un pennello intinto nel rosso del vino...
mi raccontò delle sue donne... di A., la donna che aveva sposato ancora acerbo, e che adesso «neanche più un bacio... da mesi», ma andava bene così, erano bravi genitori, e le cose funzionavano, e tanto gli bastava. come soldati nella stessa guerra, ognuno copriva le spalle all'altro pur sapendo dei peccati commessi.
e mi parlò di S., la ragazza ora cresciuta che ancora lo vedeva come un principe azzurro, mentre lui a ben vedere tutto sembrava, ma certamente non questo. e continuò con M., bella e giovane in cerca di se stessa, che si sarebbe concessa a lui ma che insomma... nonostante la testa veloce e la parlantina spigliata, con lui, oramai alla soglia dei 50 anni, avrebbe formato una coppia grottesca.
i suoi occhi poi si fecero sereni mentre parlava di L. mi parlò di lei con un sorriso sincero, lasciandosi andare a un «chissà cosa poteva essere»... fantasticò un po' con gli occhi fissi e poi aggiunse «lei adesso sta bene... e questo per me è abbastanza».
mi disse che a metà della bottiglia, ieri sera, aveva chiamato R. per ridere come scemi, e l'aveva sentita serena, rifiorita e libera, finalmente. erano stati importanti l'uno per l'altra, più amici che amanti, ed era bello avere una persona con cui non avere vergogne, ridere e potersi confidare.
poi si fermò un attimo e notai subito un cambiamento nella sua voce, ma quasi come a volersi togliere un peso dal cuore, subito mi parlò di C., la sua principessa guerriera che è infine uscita dal suo buio e che adesso ha trovato il coraggio di andarsene. e anche se lui adesso si sente buttato via, come una candela che non serve a nulla alla luce, in verità ne è davvero felice, perché la vede finalmente camminare nel sole dopo tanta pioggia. e anche se sono condannati ad una eterna danza in punta di spada, danzano insieme, sanguinano insieme, ma ridono, perchè stare vicini vale il dolore.
gli versai un altro bicchiere e restai ad ascoltare in silenzio poi chiesi
«… e quale di queste hai amato?»
«tutte» rispose senza esitazione, «un me diverso, in un diverso tempo, ha amato ognuna di loro, anzi, ama ancora ognuna di loro. Le ama pacatamente, nell'unico modo in cui sono capace, con un cuore senza eccessi. ma amico mio, non passa giorno in cui io non ringrazi il destino per tutte le occasioni che mi ha dato, anche per quelle che non ho avuto la forza o il coraggio di cogliere, e soprattutto per tutti i sorrisi che mi ha fatto scoprire...
...per le donne speciali, che il fato ha messo sul cammino di un uomo ordinario.»
detto questo, vidi di sfuggita i suoi occhi lucidi, finì il vino nel bicchiere con un grande veloce sorso, e prima che potessi controbattere si avviò fuori, zittendomi con un secco «grazie».
tutto sembrava irreale in quel pomeriggio, mi fermai un attimo, come rapito dalle ombre che si allungavano. quindi rassettai e misi a posto i bicchieri e poi... poi guardai in alto, sullo scaffale.
era rimasta solo una bottiglia. forse per me.
@alessandrom76
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mononokevalley · 13 days
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Schiarazula Marazula
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"Schiarazula Marazula" is a captivating piece of Friulian folklore, deeply embedded in the cultural and ritualistic practices of the Friuli Venezia Giulia region. This folk song, associated with rainmaking rituals and agricultural ceremonies, presents a fascinating case of historical and cultural evolution, reflecting both the vibrancy of local traditions and the impact of historical forces on folk practices.
Historical Origins and Lost Lyrics
The original lyrics of "Schiarazula Marazula" have unfortunately been lost to history. The earliest documented reference to the song appears in a denunciation letter dated June 10, 1624, addressed to the diocesan. In this letter, Don Bernardino Morra describes a ritual performed by women in Palazzolo della Stella, who sang a song starting with "Schiarazzola Marazzola" to invoke rain. The partial translation provided in the letter—“schiarazzola marazzola a marito ch'io me ne vo' et quello che segue si come son donzella che piova questa sera”—suggests that the lyrics were related to invoking rain and fertility.
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Giorgio Mainerio and the Renaissance Influence
In 1587, the Renaissance composer Giorgio Mainerio transcribed the melody of "Schiarazula Marazula" in his publication "Il primo libro de balli a quatro voci accomodati per cantar et sonar d’ogni sorte de istromenti." This collection, which includes various dance tunes, provides crucial insight into the musical aspects of Friulian folklore. Although Mainerio preserved the melody, the accompanying lyrics have been lost, leaving the song's full cultural and ritualistic significance partially obscured.
Inquisition and Cultural Suppression
The Inquisition's efforts to suppress folk traditions had a significant impact on "Schiarazula Marazula." The Church's crackdown on practices deemed superstitious or heretical led to the loss of many traditional songs and rituals. The ritualistic use of "Schiarazula Marazula" for rainmaking purposes was likely seen as a challenge to ecclesiastical authority. The Inquisition's disapproval, coupled with the timing of the ritual during Pentecost, a period associated with Church-led rain supplication, likely contributed to the suppression of this folk tradition.
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Modern Interpretations and Misconceptions
In the 20th century, "Schiarazula Marazula" experienced a revival through various artists. Notably, Italian singer Angelo Branduardi adapted the melody for his song "Ballo in Fa diesis minore." While Branduardi’s version popularized the melody, his lyrics, inspired by a fresco in Val Rendena, diverged significantly from the original context of the song.
The poet Domenico Zannier also contributed to the song's legacy by creating new lyrics in the late 20th century. Zannier's rendition, filled with assonances and nonsensical phrases, sought to capture the spirit of the original melody but did not accurately reflect the historical context. His lyrics include:
Friulian:
«Scjaraçule Maraçule la lusigne e la craçule, la piçule si niçule di polvar a si tacule. O scjaraçule maraçule cu la rucule e la cocule, la fantate je une trapule il fantat un trapulon. (rit: la fantate je une trapule il fantat un trapulon)»
English Translation:
«Stick and fennel, the firefly and the frog, the little one sways and gets dusted. Oh stick and fennel, with arugula and walnut, the girl is a trap (liar) and the boy a big trapper.»
Zannier’s lyrics, while imaginative, do not provide a historical or literal account of the original song's content. They reflect a creative interpretation rather than an accurate representation of the song’s traditional use.
[photos from the Internet]
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angelap3 · 5 months
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<3
Girerò per le strade finché non sarò stanca morta saprò vivere sola e fissare negli occhi
ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene
è un risveglio che mai nel mattino ho provato
così vero: soltanto, mi sento più forte
che il mio corpo, e un tremore più freddo
accompagna il mattino.
Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade,
ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo. Da domani la gente riprende a vedermi e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo, ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo di esser io che passavo, una donna, padrona di se stessa.
La magra bambina che fui si è svegliata da un pianto durato per anni ora è come se quel pianto non fosse mai stato.
E desidero solo colori.
I colori non piangono, sono come un risveglio:
domani i colori torneranno.
Ciascuna uscirà per la strada,
ogni corpo un colore, perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero
dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi
e saprò d'esser io: gettando un'occhiata,
mi vedrò tra la gente.
Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade
cercando i colori.
Cesare Pavese
Cesare Pavese nel cuore.❤️
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swingtoscano · 2 months
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Girerò per le strade finché non sarò stanca morta saprò vivere sola e fissare negli occhi ogni volto che passa e restare la stessa.
Questo fresco che sale a cercarmi le vene è un risveglio che mai nel mattino ho provato così vero: soltanto, mi sento più forte che il mio corpo, e un tremore più freddo
accompagna il mattino.
Son lontani i mattini che avevo vent'anni.
E domani, ventuno: domani uscirò per le strade, ne ricordo ogni sasso e le striscie di cielo.
Da domani la gente riprende a vedermi e sarò ritta in piedi e potrò soffermarmi e specchiarmi in vetrine. I mattini di un tempo, ero giovane e non lo sapevo, e nemmeno sapevo di esser io che passavo-una donna, padrona di se stessa. La magra bambina che fui si è svegliata da un pianto durato per anni ora è come quel pianto non fosse mai stato
E desidero solo colori. I colori non piangono, sono come un risveglio: domani i colori torneranno. Ciascuna uscirà per la strada, ogni corpo un colore-perfino i bambini.
Questo corpo vestito di rosso leggero dopo tanto pallore riavrà la sua vita.
Sentirò intorno a me scivolare gli sguardi e saprò d'esser io: gettando un'occhiata, mi vedrò tra la gente. Ogni nuovo mattino, uscirò per le strade cercando i colori.
Cesare Pavese
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libero-de-mente · 8 days
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LA LEGGENDA DELL'ANANAS NEL CARRELLO
Sabato pigro, sabato fresco in questa metà di settembre, con le temperature velocemente precipitate. Ma è anche sabato di spesa questo.
Entro al supermercato con il carrello, il primo reparto che trovo è quello della frutta. Distrattamente prendo un ananas, attratto da quel colore giallo e verde acceso, che mi ricordano i colori della bandiera brasiliana.
Non appena l'ananas è nel carrello, mi sento osservato. Mi giro, incrocio lo sguardo di una donna dall'aria vivace con un carrello colmo di prodotti biologici.
<Forse>, penso tra me e me, <approva la mia scelta di aver preso un ananas fresco e non di quelli inscatolati e già affettati.>
Mi fermo a osservare una piantina di basilico, lei mi si avvicina: "Hai il pollice verde?"
"Scusa?", le chiedo stranito, incredulo che mi rivolga la parola.
"Chiedevo se hai il pollice verde, vedendoti interessato al basilico", mi risponde.
"Mah, ci stavo pensando ma poi ho valutato che vivrebbe di più senza di me ed è meglio lasciarla qui al supermercato", le ho risposto con aria rassegnata.
Così dovrebbe bastarle. Dovrebbe capire che se faccio morire le piante di basilico figuriamoci i frutti dell'amore. Appassirebbero subito.
"Piacere, mi chiamo Monica", decisa con la mano allungata verso di me.
"Eh... piacere, Ri-Rino", le rispondo preso in contropiede.
"Ririno? Che nome strano."
"Mi hanno chiamato così perché non capivo mai niente, dovevano ripetermi le cose due volte da piccolo."
Lei ride. Ha capito la mia battuta, che non era una battuta, ma una vergognosa menzogna per mascherare il fatto di aver balbettato, davanti a lei, il mio nome.
Sorrido e riparto con il carrello, mi sento in imbarazzo, percepisco dal rumore che resta nei miei paraggi con il suo carrello.
Prendo una busta d'insalata e la butto distrattamente nel mio carrello.
"Quindi cerchi una relazione veloce e leggera", mi chiede incuriosita.
"Scusami ma non ti ho compreso."
"Allora", con un sorriso che stenderebbe chiunque, "se vicino all ananas metti l'insalata vuol dire che cerchi una relazione basata sul solo sess0, nulla di più."
"Ah... e se ci fosse della cioccolata?"
"Vuol dire che si cerca un'esperienza dolce e romantica."
"E se ci mettessi della conserva di frutta?", le chiedo incuriosito.
"In questo caso sei alla ricerca di una relazione dolce e duratura."
"Caramelle?"
"Passionale e sempre dolce."
A questo punto dal mio cervello sbuca un ricordo, quello della leggenda dell'ananas nel carrello. Nei supermercati era il modo di segnalare la propria disponibilità a conoscerci. Prima dei vari Tinder, Badoo e Meetic c'erano ananas e altri frutti.
Cazz0. Non me l'ero ricordato, a saperlo ci avrei messo subito dei limoni nel mio carrello, per segnalare una vita aspra. O dei kiwi, per indicare quanto ne avessi pieni gli 'zebedei'.
Deciso do una spinta al carrello, ora non so cosa metterci dentro. Ho paura a guardare la lista. Metti che ci fossero scritte 'zucchine', come interpreterebbe la cosa?
Entro nel reparto delle celle frigorifere, quelle aperte, dove in piena estate trovi quel refrigerio che ti riporta alle fresche serate d'ottobre.
Sento il suo carrello dietro al mio, dal fiato sul collo al carrello al culo è un attimo. Mi giro, lei sorride. Faccio la mossa di indossare la felpa in cotone che avevo appoggiato sull'impugnatura del carrello.
"Sai com'è", le dico mentre la indosso, "ho una certa età:"
Questo dovrebbe essere un chiaro segno della mia anzianità latente.
Velocemente mi fiondo nel reparto dolci, rimango in quella corsia fissando gli scaffali. Credo di aver avuto un'espressione abbastanza preoccupata.
"Tutto bene?", sento di nuovo lei prontamente a chiedermelo.
"Ehm, diciamo di si."
"Stai guardando gli ovetti al cioccolato, ti piacciono?"
"Si, il problema è quando arriverò alla cassa, mi creano più ansia gli ovetti al cioccolato che dei preservativi."
Ride, "Ma dai e perché?"
"Ti sembro uno che ha l'età per comprarsi degli ovetti al cioccolato? Mia cara... cara... scusami, già non mi ricordo il nome."
A quel punto mi mostra il cartellino di riconoscimento, appeso al suo collo, che le era andato sotto la sua felpa, "Ce l'ho scritto qui: Monica. Se vuoi tra poco vado in cassa, appena ho finito di rimuovere alcuni prodotti in scadenza dagli scaffali, così con me non dovrai andare in ansia."
"Ah, ma tu lavori qui!", ma dai ma che scoperta, ma cosa mi credevo? Illuso.
"Si, sei un nuovo cliente da noi?"
"Come fai a saperlo? Generalmente vado da un'altra parte."
"Si impara velocemente a riconoscere la gente che frequenta il supermercato dove si lavora. Chi sono, la frequenza e le assenze."
"Cosa intendi?"
"Intendo dire che lavorando in questo tipo di attività impari a capire il passare del tempo, della vita. Le persone anziane, per esempio, le noti perché ti fanno tante domande. Credo che a volte lo facciano perché sole, per parlare con qualcuno. Quando non le vedi per un po’ di tempo cominci a preoccuparti. Se non le vedi più capisci che potrebbero essere finite in un ospizio. O peggio morte. I bambini invece li noti perché corrono tra le corsie, li trovi spesso in quelle dei dolci o dove ci sono i giocattoli. Quando non li vedi più correre per le corsie vuol dire che sono diventati adolescenti, hanno la loro vita con gli amici. Non vengono più con i genitori a fare la spesa."
Rimango allibito e le chiedo, "E chi sta nel mezzo?"
"Quelli stanno nel mezzo, della vita, vanno e vengono come le offerte promozionali, spesso anche loro sono scontati", gli occhi di Monica sono lucidi, sembrano contenere il firmamento intero.
"Comunque", le rispondo per cercare di farla sorridere, "Non si è mai troppo vecchi e né troppo giovani, per lanciare prodotti a caso nel carrello di sconosciuti al supermercato mentre non guardano. Quando sarai in cassa e vedrai gente rinnegare quello che hanno nel carrello, ecco in quel momento pensa a me. Anche se non sono in offerta."
Non ho fallito, quel sorriso me lo porterò con me fino a che non mi addormenterò. Questa notte.
Oggi un ananas mi ha dato modo d'imparare, di conoscere. La frutta fa davvero bene. Anche se i nostri problemi sono iniziati da una cacchio di mela.
P.s. per questo racconto nessuna addetta alle vendite/cassiera è stata maltrattata
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nerudasullalingua · 5 months
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Ora che ti ho riaccompagnata a casa e chiudi la portiera e te ne vai sul sediolino, oltre ai tuoi capelli morbidi, mi lasci dei lillà che son caduti dai rami delle tue cosce profumate e soffici. Sul viso, ho ancora un tuo bacio fresco,  la tua bocca è un albicocca che disseta. Da domani ogni volta che entrerò in macchina penserò a te. 
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Dovete sapere una cosa che forse vi farà sorridere.
Circa tre settimane fa ho comprato delle scarpe nuove per la corsa, per la nuova stagione di allenamenti. Quel giorno, tornato a casa fresco di acquisto, ho pensato bene di fare tutto subito, buttando quelle vecchie. Ho quindi buttato le scarpe da ginnastica vecchie più vicine a me in quel momento, mettendo al loro posto il paio nuovo.
Qualche giorno fa ci ho pensato su, perché non vedevo le scarpe nuove in giro per casa. Nel momento stesso in cui mi sono ricordato dove avevo messo il nuovo paio ho scoperto di aver buttato un paio di scarpe buone. 👌 Non erano bucate, non erano consumate. Mentre le scarpe per la corsa vecchie, bucate e consumate, sono ancora in casa. 🥲
Stamattina ne ho comprato un altro paio. Ora vediamo che faccio quando torno a casa. Tra l'altro il paio che ho comprato e quello vecchio sono uguali, stesso modello. Controllerò 4 volte.
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precisazioni · 7 days
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nonostante ibuprofene e tachipirina, la febbre persiste: l'ipotesi della guardia medica è che si tratti di un colpo di fresco, credenza popolare sostenuta dai dottori per sbolognarsi i pazienti; oltretutto, mi sono reso conto che il primo giorno di gradi ce ne fossero ventisei, per poi ricordare che ventisei gradi, in effetti, per un palermitano equivalgono al freddo. qualunque sia la causa, è possibile che debba posticipare il volo di ritorno e che quindi debba chiedere di rimandare il set in radio
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