#Note Oscure
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Note Oscure  çímma
Note Oscure Note Oscure è un romanzo giallo scritto da Antonio G. Traverso  çímma  çímma è una canzone scritta e cantata da Fabrizio De Andre e Ivano Fossati. https://www.antoniotraverso.it/wp-content/uploads/2024/04/Fabizio-de-Andre-e-Ivano-Fossati-A-Cimma-con-testo-in-italiano-e-genovese-online-audio-converter.com_-1.mp3

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Sinners / I Peccatori: Ryan Coogler e un film-giocattolo che mescola la magia del blues con l'ottimo cinema

Di diavoli, di fango e di chitarre. All'orizzonte, le piantagioni di cotone si perdono a vista d'occhio, sovrastate da nuvole bianche in perpetua fuga (e che occhio dietro la fotografia di Autumn Cheyenne Durald Arkapaw!). Al centro della scena, quegli incroci tutti uguali, senza punti di riferimento. Intermezzi, tra un campo e l'altro. Polvere, cotone, e ancora polvere. Leggenda vuole che lì, in un crocevia del Mississippi, chissà dove e chissà quando, Robert Johnson vendette l'anima al demonio per diventare il più grande chitarrista della storia.

Michael B. Jordan in scena
Crederci o no, poco importa. Legenda, mito, vociare popolare, folklore, ossessione. Potremmo quindi dire che non c'è nulla di più cinematografico del delta del Mississippi, e non c'è nulla di più immaginifico del blues. Ryan Coogler lo sa bene e, dopo Creed e Black Panther, innerva di mitologia una concretezza inquieta, firmando il suo titolo forse più ambizioso, e quindi quello più rischioso: Sinners / I Peccatori.
Girato su pellicola da 65mm, alternando diversi aspect ratio, il film è, nemmeno a dirlo, estremamente cinematografico. Per storia, personaggi, struttura. Un enorme (e personale) giocattolo che Coogler costruisce seguendo una doppia strada (dobbiamo dirlo, molto originale), e quindi una doppia lettura: horror, certo, ma anche storia di fratellanza, di redenzione, di libertà artistica, oltre le leggi imposte (dai bianchi) e oltre le leggi imposte dalla religione.
I peccatori: Michael B. Jordan si sdoppia
Non poteva essere altrimenti, e I Peccatori si apre imponendo allo spettatore la sua metrica principale: la musica. Ryan Coogler parte dalla colonna sonora di Ludwig Göransson per adattare interpreti, sceneggiatura e paesaggi. Preparatevi: lo score del compositore svedese è pazzesco. Un crescendo di note blues, le corde di una chitarra (maledetta?) che vibrano e riempiono lo spazio dello schermo. In scena, i protagonisti: i gemelli Smoke e Stack, interpretati con bravura da un doppio Michael B. Jordan. Sono appena tornati da Chicago, dove hanno lavorato per un certo Al Capone.

Michael B. Jordan e Miles Caton
Ma il Mississipi degli anni Trenta non è mica liberale tanto quanto la città dell'Illinois. Ci sono le leggi Jim Crow, c'è il KKK, c'è la segregazione. Arrivati in città con le tasche piene di soldi, i gemelli mettono in piedi un juke joint - raccordo di musica, ballo e socialità afroamericana - coinvolgendo il cugino Sammie Moore (Miles Caton) con il dono per la musica (nonostante un padre pastore poco accondiscendente verso "i suoni del diavolo"). Ed è proprio Sammie che si prenderà la scena durante la serata inaugurale (in una scena che vale la visione del film). Tuttavia, dall'ombra escono forze oscure e ancestrali, decise a divorare qualsiasi cosa.
Diavoli, chitarre e il Delta Blues
Non c'è dubbio che, anche solo partendo dall'idea, Sinners sia un buon film. Certo è, per restare in tema di vampiri, sembra che manchi il morso definitivo, o il colpo della folgorazione, quello mortale (in senso figurativo, ovvio), che intravediamo nei 137 minuti (tanto che, a più riprese, sembra quasi che il film non parta mai davvero). Una durata importante, che tende ad allungarsi - per volere dell'autore - seguendo quasi pedissequamente la macchina a mano del regista, muovendo la sceneggiatura da punto all'altro, raccordando scene, dialoghi e svolte. Letteralmente, spostando la sceneggiatura dal tramonto all'alba.

I Peccatori: Hailee Steinfeld in una sequenza
Del resto, se si parla di vampiri, i richiami al cult di Robert Rodriguez sono palesi, così com'è palese il debito - confermato dallo stesso Coogler - verso Carpenter o lo stesso Rodriguez di The Faculty. C'è un'immersività capace di essere estremamente stimolante, affascinante nel suo essere sudata, sexy, magica e incredibilmente ritmata. Sotto la coltre da horror soprannaturale con occhiata al misticismo e all'hoodoo - che esplode negli ultimi quaranta minuti, anticipando un contro-finale un filo accessorio - Coogler punta a sintetizzare ed enfatizzare il concetto di comunità, resistente verso quella minaccia divisiva rappresentata dalla metafora, sempre efficace, del vampiro.
È qui l'anima dii Sinners: oltre l'azione e il sangue (e non manca la mattanza), Coogler utilizza il juke joint - quasi fosse il palco di uno spettacolo teatrale - come baluardo contro l'oscurità, e suonando quella musica blues capace di affondare le proprie radici tanto nel dolore quanto nella speranza. Un giro di note e una voce che gracchia, riecheggiando e resistendo, sfidando le tenebre in nome di un'identità impossibile da scalfire.
Conclusioni
Ryan Coogler con Sinners rivede il Mississippi degli anni '30, un luogo intriso di leggende blues come quella di Robert Johnson. Estremamente cinematografico (girato il pellicola), il film intreccia horror e temi di fratellanza, redenzione e libertà, in un contesto di grande fascinazione. Nonostante una certa lunghezza, e nonostante la sensazione latente che il film non inizi mai davvero, la struttura è immersiva e ritmata, utilizzando la musica blues come simbolo di resistenza e identità, focalizzandosi sul concetto di comunità e identità.
👍🏻
La regia di Ryan Coogler.
Il blues, chiaramente.
La sequenza che apre l'ultima parte: ritmo e musica travolgenti.
👎🏻
La durata.
E la sensazione che manchi comunque qualcosa.
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📚Dopo tanti anni di inattività sono felice di annunciare l’uscita di una nuova storia. Un romanzo che mi ha appassionato fin dalla prima stesura.
🖤 Un romance che non ha nulla della classica storia d’amore. Un sentimento che, per quanto bello e appagante, nasconde sfaccettature oscure che emergono nell’ombra di una villa.
✒️ Ho voluto esplorare i tormenti dell’amore, quello passionale che ti distrugge da dentro, con un tocco fantastico che ci porta in un atmosfera particolare dove luce e tenebre si alternano in questa dualità dalla quale non si può scappare.
E tu? Cosa saresti disposto a fare per amore?
🛒 “L’Uomo di Note” Amazon.it - lo trovi in formato Kindle o cartaceo (link in bio)
📖 Trama: seguimi nei prossimi post 😉
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Started Clair Oscur. Christ this game is depressing what was it made French people or someth- hold on I am getting a note.
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Yasha + Banana Fish Bundle
Yasha + Banana Fish Bundle
Yasha 1 + Banana Fish Perfect Guidebook Rebirth Perfect Edition PERCHÉ UN BAMBINO VIENE COSTRETTO DALLA MADRE A VIVERE SU UN’ISOLA, LONTANO DAGLI OCCHI DEL MONDO? Dall’autrice di Banana Fish, il mistero dell’esistenza di Sei, che attraversa sci-fi, dramma e le note più oscure del cuore umano, nella serie che ha vinto lo Shogakukan Manga Award. Il primo di sei volumi che andranno a raccogliere i…
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Per quattro anni, dal 2009 al 2012 compresi, chiunque frequentava le discoteche, i gay-club, i bar, l’università, la vita in generale sapeva che a fine anno sarebbe arrivato, puntuale come un orologio svizzero, il nuovo album di Rihanna. Che il disco sarebbe stato supportato da tre singoli spacca-pista e spacca-schermo (riguardo ancora oggi con piacere i video di "Disturbia" o di "Man Down"). Il lungo e fortunatissimo destino discografico di Rih-ri Fenty è da considerarsi davvero riuscito col precedente Unapologetic, un disco finalmente poco pasticciato, con una produzione avvolgente e tanti capolini fuori dal gangsta-world.
Anti esce supportato solo da un singolo, "Work". Poco prima viene rilasciato nn brano ("FourFiveSeconds"), nonostante i featuring altisonanti quali Kanye West e Paul McCartney, non comparirà in tracklist così come il successivo non-singolo "Bitch Better Have My Money", dall’incessante ritornello dubstep: famosissimo fra i giovanissimi ma anch’esso fuori dall’edizione standard dell’album. Il ragionamento e l’atteggiamento di Rih-ri è un bel fuck-off all’industria musicale, ai suoi ritmi e alle sue forzature. Anti è un album che vuol far vedere il contrario di tutta la Rihanna che conosciamo: a partire dall’anti-singolo per eccellenza, "Work" (con Drake), un brano che non ha che un soffio di strumentazione per lasciare tutto alla voce portante di Rihanna: una dolce e spensierata filastrocca che prende per mano l’ospite per lasciarlo subito, tanto poco egli lascia l’impronta sul brano. Le atmosfere post-dubstep (quelli erano gli anni) sono velate, e riescono a creare solo un amalgama dalla quale la voce è sempre e costantemente lo strumento principale: in primo piano ma senza mai primeggiare fra gli altri suoni. "Kiss it better" la vede sempre duettare con una chitarra elettrica creando forse le migliori melodie vocali in un brano che non avrebbe stonato in un album di Prince. Oscura e sensuale "Desperado" (da segnalare il remix di MK), Rihanna canticchia, urla, strilla, parla, balla, dà il ritmo e prende il tempo… tutto con la sua voce, a volte raddoppiata, a volte triplicata come un harmonizer. I suonini digitali di "Yeah I said it"; l’hip-hop/trap di "Needed Me" ci mostra una versione desaturata di Skrillex.
La bellezza minimale di Anti sta anche nella sua versatilità, nel modo in cui a volte prende sonorità psichedeliche, post-soul e anni ’60 come in "James Joint": synthpop da camera, sballo da CBD sexy e nebuloso. Anti tocca il punto più alto con la cover "Same Ol’ Mistakes" dei Tame Impala: un brano perfetto che difficilmente si distacca dall’originale, come se Rih-ri si divertisse semplicemente a cantare sopra lo stesso pezzo di Currents. "Never-ending" è il brano più vocale, solo chitarra e voce, quasi come Taylor Swift, con un piede nel blues e uno nel cantautorato. Ancora più filologicamente perfetto "Love on the Brain", struggente e dolce ninna-nanna quasi da road-movie, con gorgheggi blues, piano hammond e un registro pazzesco e vesatile. "Higher" ci riporta indietro ai grammofoni degli anni ’50 dove Rihanna canta a squarciagola tirando fuori tutto il suo registro fino a graffiare di passione; "Close to You tocca" forse le note più romantiche di una tipica colonna sonora americana: da serie tv, da film strappalacrime… poco importa: Rihanna ha fatto una panoramica della musica americana partendo dalle sue radici, riuscendo a trovare una chiave di lettura convincente senza far calare di un attimo l’attenzione per poi tornare alla fine sulle sue sonorità anche turbolente, oscure ("Goodnight Gotham") e sperimentali ("Pose"), per poi concludere con un altro brano psichedelico, nebuloso e sexy ("Sex With me") che ci fa ricordare chi è Rihanna oggi. Un’icona musicale e visuale (Instagram nel 2012 stava esplodendo), che sceglie i propri look guardando le nuove anti-icone di fashion (tanto somiglia ad una Natalia Vodianova o ad una Cara Delevigne in "Bitch Better Have my Money") o di arte (tanto somiglia a Jean-Miquel Basquiat nelle immagini promozionali dell’Anti Tour 2016). Anti è una delle cose più belle che è potuta accadere alla musica pop; forse il suo canto del cigno nonché orazione funebre.


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Fotografata la Mano di Dio nella nebulosa di Gum
La Mano di Dio immortalata dalla DeCam, un globulo cometario nella nebulosa di Gum. In questa immagine della Dark Energy Camera risalta il globulo cometario noto come Cg 4, una struttura solo apparentemente minacciosa a cui è stato dato il soprannome di "Mano di Dio". Non è ancora chiaro come queste nubi così difficili da individuare ottengano la loro struttura distintiva, ma gli astronomi ipotizzano che sia una conseguenza delle stelle calde e massicce che le circondano A circa 1300 anni luce di distanza, nella costellazione della Poppa, una mano spettrale sembra emergere dal mezzo interstellare e protendersi verso il cosmo. Questa struttura solo apparentemente minacciosa è Cg 4, un cosiddetto globulo cometario a cui è stato dato il soprannome di “Mano di Dio”. Si tratta di uno dei tanti globuli cometari presenti nella Via Lattea, la cui morfologia ha origini che sono ancora oggetto di dibattito tra gli astronomi.

Il globulo cometario Cg 4, soprannominato Mano di Dio, è uno dei tanti globuli cometari presenti all’interno della Via Lattea. Questa immagine è stata catturata dalla Dark Energy Camera montata sul telescopio di 4 metri Víctor M. Blanco presso l’Osservatorio Interamericano di Cerro Tololo. Crediti: Ctio/NoirLab/Doe/Nsf/Aura, T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab), D. de Martin & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) I globuli cometari sono una sottoclasse delle nebulose oscure note come globuli di Bok: dense nubi isolate di gas e polveri cosmiche circondate da materiale caldo e ionizzato. Sono tra gli oggetti più freddi conosciuti in campo astrofisico, con temperature interne dell’ordine di 10 kelvin. Quando queste nubi presentano una scia simile a una lunga coda e vengono chiamate globuli cometari per la loro vaga somiglianza con le comete, anche se di fatto non hanno nulla in comune. Le caratteristiche tipiche di un globulo cometario sono difficili da notare in questa immagine catturata con la Dark Energy Camera (DeCam), montata sul telescopio di 4 metri Víctor M. Blanco presso il Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio), del NoirLab dell’Nsf. La sua testa polverosa – con un diametro di 1,5 anni luce – e la sua debole coda – lunga circa 8 anni luce – fanno di Cg 4 un globulo di Bok relativamente piccolo. Individuati per la prima volta nel 1976 da immagini scattate con il telescopio Uk Schmidt in Australia, i globuli cometari sono rimasti a lungo inosservati dagli astronomi perché molto deboli. Le loro code, avvolte da scura polvere stellare, bloccano la maggior parte della luce. Ma con il suo speciale filtro H-alfa, DeCam è stata in grado di cogliere il debole bagliore rosso dell’idrogeno ionizzato presente all’interno della testa di Cg 4 e intorno al suo bordo esterno. Questa luce si produce quando l’idrogeno si eccita dopo essere stato bombardato dalle radiazioni delle stelle calde e massicce vicine. L’intensa radiazione generata da queste stelle massicce sta gradualmente distruggendo la testa del globulo e spazzando via le minuscole particelle che disperdono la luce stellare. Tuttavia, Cg 4 contiene abbastanza gas per alimentare la formazione attiva di diverse nuove stelle della dimensione del Sole.

In questo primo piano, sembra che Cg 4 stia per divorare la galassia a spirale Eso 257-19 (Pgc 21338). In realtà, questa galassia si trova a più di cento milioni di anni luce da Cg 4 e sembra esserle vicina solo per un allineamento prospettico. Vicino alla testa del globulo cometario si trovano due giovani oggetti stellari: stelle nella fase iniziale della loro evoluzione, prima di diventare stelle di sequenza principale, che spesso presentano caratteristiche come getti, flussi bipolari, dischi protoplanetari e altri indicatori della nascita di una nuova stella. Crediti: Ctio/NoirLab/Doe/Nsf/Aura, T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/Nsf’s NoirLab), D. de Martin & M. Zamani (Nsf’s NoirLab) Sebbene gli astronomi abbiano osservato queste strutture in tutta la Via Lattea, la stragrande maggioranza di esse, compresa Cg 4, si trova all’interno di un’enorme macchia di gas incandescente chiamata Nebulosa di Gum, un probabile resto di supernova esplosa circa un milione di anni fa. Attualmente, la Nebulosa di Gum è nota per contenere almeno 31 globuli cometari, oltre a Cg 4. Il meccanismo con cui questi oggetti assumono la loro forma distintiva non è del tutto noto, ma gli astronomi hanno sviluppato due idee sulle loro origini. La prima è che potrebbero essere state originariamente delle nebulose sferiche – come la ben nota Nebulosa Anello – successivamente sconvolte dall’esplosione di una supernova vicina, forse la stessa che ha creato la Nebulosa di Gum. La seconda idea è che i globuli cometari siano modellati da una combinazione di venti stellari e dalla pressione delle radiazioni provenienti dalle vicine stelle calde e massicce. In effetti, tutti i globuli cometari trovati all’interno della Nebulosa di Gum sembrano avere code che puntano lontano dal centro della nebulosa, dove si trovano il resto della supernova Vela e la pulsar Vela. Quindi è possibile che i venti stellari della pulsar e la pressione delle radiazioni stiano modellando i globuli vicini. La Mano di Dio, un globulo cometario forgiato da una pulsar, immortalato dalla Dark Energy Camera Read the full article
#DarkEnergyCamera#DECam#globulidiBok#globulocometario#ManodiDio#NebulosaAnello#NebulosadiGum#NoirLab#pulsardellevele
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La torre dei matti, Marco Scarlatti, Delos Digital. A cura di Barbara Anderson
Torna con un’inquietante storia la casa editrice Delos Digital e il suo autore Marco Scarlatti: un giallo dalle sottili note antiche e oscure, dalla trama intricata e tenebrosa, con risvolti davvero inaspettati. Un’atmosfera misteriosa, che sembra avvolgere il lettore con il gelo della morte e della paura. Se sei destinato a morire chi è il colpevole? 4 amici di vecchia data, 5 sconosciuti…

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Bukowski...
Ci sono innanzitutto i luoghi: i bar di terz'ordine, le logore stanze di logori motel, gli ippodromi e le sale per le scommesse, le strade secondarie, i vicoli. E poi ci sono naturalmente gli uomini e le donne che popolano questi luoghi: e sono quasi tutti esseri umani sconfitti, abbattuti, lasciati in un angolo dal mondo che prima li ha illusi e poi tragicamente derisi. Ma più forte e intensa di ogni altro luogo è di ogni altro uomo, c'è la voce del poeta che li racconta: Bukowski non tradisce la sua realtà, non abbandona i disperati al loro destino; anzi, la sua voce suona sempre come la voce del loro riscatto, siano essi operai <<senza volto>>, prostitute, alcolizzati, artisti morti senza aver conosciuto la gloria, vecchi abbandonati su una panchina di un parco o addirittura dove di Hollywood come Marilyn Monroe, <<fiore appassito e poi buttato via>>. Le poesie di Bukowski sono il controcanto al mondo del successo e del benessere, e sopra le sue rovine risuonano le note più oscure e straziate del sogno americano.

Charles Buk🖤wski
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Sweet Dreams: Immergiti in un mondo incantato di dolci sogni con la nostra straordinaria collezione "Sweet Dreams". Naviga tra morbidi cuscini e coperte avvolgenti, progettati per trasportarti in un sonno profondo e ristoratore. I nostri prodotti sono più di semplici accessori per il riposo; sono il ponte tra la realtà e il regno dei sogni. Scopri il comfort senza tempo e l'eleganza che trasformano la tua camera da letto in un santuario di tranquillità. Con "Sweet Dreams", la notte diventa un'esperienza sensoriale unica, dove il tuo riposo è avvolto in un abbraccio di sofficità e stile. Raggiungi la perfezione del sonno e regalati notti indimenticabili con la nostra gamma esclusiva. Entra nel mondo incantato di "Sweet Dreams" e preparati a sognare senza confini.
Esplora l'universo musicale unico di "Sweet Dreams" di Marylin Manson, una reinterpretazione magistrale del classico che incanta e trasgredisce. Immergiti nelle sonorità oscure e avvolgenti di Manson, mentre "Sweet Dreams" si trasforma in un viaggio affascinante tra il decadente e l'innovativo. Le potenti e suggestive note si fondono con la voce iconica di Manson, creando un'esperienza sonora avvolgente. Con "Sweet Dreams" di Marylin Manson, la musica diventa un viaggio psichedelico che sfida le convenzioni. Scopri l'interpretazione rivoluzionaria di questo brano intramontabile e lasciati trasportare in un mondo dove i sogni diventano oscuri e affascinanti. Sperimenta la potenza di "Sweet Dreams" di Marylin Manson e immergiti in un'esperienza musicale che va oltre i confini del comune.
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Yasha 1
Yasha 1 PERCHÉ UN BAMBINO VIENE COSTRETTO DALLA MADRE A VIVERE SU UN’ISOLA, LONTANO DAGLI OCCHI DEL MONDO? Dall’autrice di Banana Fish, il mistero dell’esistenza di Sei, che attraversa sci-fi, dramma e le note più oscure del cuore umano, nella serie che ha vinto lo Shogakukan Manga Award. Il primo di sei volumi che andranno a raccogliere i dodici originali.

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Note Oscure il Pulcinella
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Huronian, Lovecraft nightmares in musica
Rendere omaggio al periodo d’oro del death/black senza essere ripetitivi o banali non era compito facile. Gli Huronian ci sono riusciti. In che modo? Seguendo se stessi e quella che è la loro visione della musica prediletta. Ovvio che l’ambito stilistico è ben definito. Meno ovvio il risultato. Un disco interessante, che cattura fino all’ultima nota. E personalmente non sono un fan del genere. Stimolante anche la scelta del tema che anima i testi. Sono infatti liberamente ispirati a “At the Mountains of Madness” di H.P.Lovecraft.
La stessa copertina dell’EP raffigura i paesaggi in cui è narrata la storia. Questo descrive ancora meglio le atmosfere che si possono respirare tra i solchi. Cupe, pesanti, iperdistorte. Se avete letto il racconto ben potete immaginare i quadri sonori che i nostri hanno potuto costruire. Diversamente dovete immergervi all’interno di oscure grotte glaciali nel ventre delle quali sono addormentate entità sconosciute.
Sconosciute e malvage. Il disco apre con l’intro strumentale the Guild. Un delicato ricamo acustico con sottofondo di tastiere. Perfetto per la fase iniziale del racconto. Torture’s creed parte subito in quarta. Un melting pot del meglio del death. Le influenze sono riconoscibili ma perfettamente amalgamate a creare uno stile proprio dei nostri. Sfuriate intrise di melodia, break in mid tempo, a solo lancinanti, voce strappata. Tutto al posto giusto. La tecnica, il controllo dei mezzi da parte degli strumentisti è innegabile.
Soprattutto è a dei livelli davvero alti. Nessuna sbavatura. Nessun tentennamento. Un pugno in faccia. Poco meno di tre minuti per una corsa a perdifiato. Si prosegue con Over frozen heights Pt1. Si rimane su ritmi serratissimi. Anzi. Se possibile, si velocizza. Non parliamo di crust, ma di un black adrenalinico. Blast bit e mid tempo si alternano a creare atmosfere chiuse, claustrofobiche evidenziate da uno special rallentato all’interno del quale si inserisce il solo. Questo è dosato tra note lunghe e sweep repentini. Si riparte in velocità per accelerare ancora. Non c’è tregua. Si rallenta solo sul finale.
Over frozen heights Pt2 è un brano pesante, pesantissimo. La velocità resta sempre sostenuta ma i passaggi lento veloce si alternano maggiormente. Molto ben proposto il solo centrale. Melodico, circostanziato. La ritmica è inarrestabile. Dopo una nuova strofa subentra il secondo stacco solita. Le due asce si incrociano e si scambiano le parti. La ripartenza è su un mid tempo rotto dalla cassa in 16simi. Le chitarre sono inarrestabili. La ritmica incalza e trascina, come genere impone.
A chiudere il disco ci pensa Blazing bolt of hatred. Una discesa a rotta di collo verso gli inferi. O, più lovecraftianamente parlando, verso la follia. Nessuna tregua. Non c’è aria. Le gambe trasportano verso l’uscita dalla grotta mentre le mente si perde passo dopo passo. Verso i ¾ cambio di ritmo. Si rallenta. Si riprende fiato prima dello scatto finale. Pur se i muscoli fanno male, non ci si può fermare. Gli ‘antichi’ (non i Grandi antichi) sono alle calcagna. Una volta superata la bocca del baratro la sola certezza è di averci lasciato la parte sana dell’intelletto.
Concludendo. Come detto in apertura, quello degli Huronian è un disco che una volta avviato non si può fermare. E per la musica e per il coinvolgimento. Velocità, potenza, padronanza tecnica, consapevolezza del risultato. Sono tutte caratteristiche che si evincono ad ogni solco, ad ogni passaggio. Il lavoro non stanca neppure sulla distanza di ripetuti ascolti, anche consecutivi. Anzi. Ad ogni passaggio il viaggio va sempre più in profondità. Un disco che potrebbe accontentare, da una parte, i nostalgici di certe soluzioni ma che non vogliono sentirle iterate pedissequamente. Dall’altra chi non è avvezzo a certi suoni ma è curioso di sperimentarli. Non è un lavoro per palati delicati.
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Un duo intimista, sognatore, melanconico fino al midollo. Fiori dell'amore dentro note crepuscolari, canzoni intricate e oscure. Piu' che brani musicali sono storie di quieta disperazione, lacrime di paura. Perle di elettro-pop rinchiuse dentro ampolle di avorio e cristallo . Roland Orzabal e Curt Smith, due musicisti colorati di tinte dissonanti. Una musica che lascia intravvedere all'orizzonte le sponde dell'Acheronte sotto un cielo parte azzurro e parte nero..@ilpianistasultetto
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l’opera prescelta è “A babbo morto. Una storia di Natale” di Zerocalcare.
Natale… i regali, il cenone, i parenti… ma ci avete mai pensato alle condizioni di lavoro dei folletti nella fabbrica di Babbo Natale? Zerocalcare sì, e vi racconta per la prima volta la scabrosa verità dietro al business della consegna dei regali. Bonus! Le anziane rider della Befana scioperano insieme ai minatori sardi (le cui miniere di carbone vengono chiuse perché nelle calze i bambini preferiscono trovare gli orsetti gommosi), per ottenere migliori condizioni di lavoro!
Siamo di fronte ad appena 80 pagine in cui il fumettista Zerocalcare si destreggia tra una fiaba dalle tinte oscure, la politica e la critica sociale. La narrazione in bianco e nero è più volte spezzata da tavole a colori coronate da una breve spiegazione, dettaglio che punta il riflettore sull’evento appena raccontato, in modo allegorico. Come per tutte le storie di Zerocalcare le risate concesse hanno sempre un retrogusto amaro e non risultano mai fini a se stesse, ma sempre concentrate verso una più profonda riflessione proprio sul lato più grottesco della nostra società, abilmente messo in mostra. Con “A Babbo Morto” siamo di fronte ad una grande allegoria che comprende lotte sociali che passano per i lavoratori della fabbrica di Babbo Natale e che non hanno paura di citare anche i fatti del G8 di Genova. Non manca nemmeno una riflessione su quanto sia cambiata la società, sempre più pretenziosa e poco incline a gioire delle piccole cose; insomma, critiche di ogni tipo che provocano una risata, seguita da un inevitabile “oh no” quando ci si rende conto che in realtà Zerocalcare ci pone davanti ad una storia che di grottesco ha poco: è tutto già stato ampiamente superato dalla realtà.
La struttura della storia è particolare, anche per un autore come Zerocalcare che ha spesso abituato i suoi lettori a tipi di narrazione originali e diversi: “A Babbo Morto” è fatto di “quadretti” con descrizione, che di solito immortalano e ricordano un momento felice che si è vissuto, qui invece fissano nella memoria una serie di momenti critici del mondo che l’autore sta raccontando. Il tutto contornato sempre da decorazioni natalizie che contribuiscono ad una sensazione disturbante che Zerocalcare sicuramente, con l’andare avanti delle pagine, vuole instillare nel lettore. Gli episodi che poi meritano, o meglio, necessitano di un ulteriore approfondimento, presentano delle note a piè di pagina. Questa tipologia di struttura, che vuol raccontare solo i punti salienti di una storia ben più ampia ed estremamente tragica, mette in risalto le contraddizioni di un mondo fiabesco e, a livello puramente teorico, magico che altro non è che un focus su tutte quelle situazioni che hanno afflitto l’Italia negli ultimi anni...
In conclusione, “A Babbo Morto” è una storia di Natale che di natalizio, in realtà, ha ben poco. Zerocalcare racconta di paure, violenze e discriminazioni, e per assurdo sceglie il periodo più magico dell’anno per farlo, per basare tutta la narrazione su un gioco di contrasti disturbanti che mette in luce i retroscena di una società, fiabesca ma non troppo, che aspetta solo il giusto casus belli per esplodere.
Piccola nota a margine: Zerocalcare ha realizzato anche un audiolibro per “A Babbo Morto”: la storia è narrata dallo stesso Michele Rech e le voci secondarie sono affidate a Neri Marcorè e Caterina Guzzanti.
Zerocalcare, pseudonimo di Michele Rech (1983), è un fumettista italiano. Il nome d'arte "Zerocalcare" nacque quando, dovendo scegliersi un nickname per partecipare ad una discussione su Internet, s’ispirò al ritornello dello spot televisivo di un prodotto anti-calcare che stava andando in onda in quel momento. Alla fine del 2019 ha raggiunto il traguardo del milione di copie vendute dei suoi libri. Aderisce allo stile di vita straight edge (particolare filosofia di vita generatasi nell’ambiente hardcore punk), che prevede l’astinenza dal consumo di tabacco, alcool e droghe.
Con la recensione di oggi si conclude la rubrica dedicata ai tesori nascosti della biblioteca, uno spazio letterario inaugurato nel maggio 2020 che ci ha accompagnato, incuriosito e ispirato in questi due anni... Ricordiamo che ogni tesoretto è disponibile sulle pagine social (Facebook & Instagram), nonché sul sito web della biblioteca, https://www.bibliotecasanvalentino.it/tesori-nascosti/ (apposita sezione dedicata), per chiunque desideri consultarli e recuperarli!
Dal nuovo anno continueremo comunque a pubblicare e condividere pensieri, riflessioni e recensioni per rimanere sempre aggiornati sui temi della cultura, delle novità librarie o su varie curiosità del panorama letterario.
Stay tuned!
Grazie a chi in questo periodo ha collaborato alla realizzazione dei tesoretti.
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Jonathan Strange & il signor Norrell

Scheda informativa
Titolo originale: Jonathan Strange & Mr Norrell Autore: Susanna Clarke Editore: Fazi Editore Prima edizione: settembre 2021 Pagine: 966 Prezzo: € 18,00
Trama
Nel bel mezzo delle guerre napoleoniche, la maggior parte degli accademici crede che la magia sia ormai completamente scomparsa in Inghilterra. Tutto cambia quando il timido ed erudito signor Norrell rivela pubblicamente le sue abilità di mago, dando vita a un’ondata di entusiasmo che dilaga per tutto il Paese e lo trasporta fino ai salotti dell’alta società di Londra, dove mette i suoi poteri al servizio dei politici e scende a patti con un gentiluomo proveniente da un regno fatato. Un altro mago emerge allora sulla scena: è il giovane e audace Jonathan Strange, che prima diventa il discepolo del signor Norrell e poi ne mette in discussione tutte le teorie, attirato com’è dalle forme più pericolose e oscure dell’arte dell’incantesimo. Nel corso degli anni, la battaglia fra i due si fa più accesa di quella dell’Inghilterra contro Napoleone, finché le loro ossessioni e ambizioni segrete non metteranno a rischio la vita di molte persone e cambieranno per sempre la storia della magia inglese.
Recensione
Qualcuno dice che non è un libro da leggere sotto le coperte, la sera, prima di andare a dormire, o che non è un libro da leggere sui mezzi mentre si va a scuola, in università o al lavoro. Eppure, è chiaramente un libro di storia della magia, è da brava studentessa della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ritengo che sia appropriato leggerlo, o studiarlo, come prima o ultima cosa della giornata. Susanna Clarke, che con questo libro ha esordito, non è si dimostra qui una scrittrice qualsiasi, ma una ricercatrice e una storica minuziosa. Ti narra la storia di Gilbert Norrell e di Jonathan Strange, del loro rapporto in qualità di maghi e di uomini potenti grazie alla magia, dei loro intrecci con le creature fatate, e dei loro viaggi in Francia, Spagna e Italia, nonché nello stesso Regno Unito. Inoltre, approfondisce la storia con interessanti altre storie, senza dirti “Ma questa è un’altra storia”, rimandandoti magari a un altro libro che, però, non è ancora stato scritto, e forse non lo sarà mai. Jonathan Strange & il signor Norrell è anche un libro ricco di spunti, dal quale far partire altre avventure, nel quale immergersi, immaginandosi altre vite, magari la propria “in altro universo”, come pochi altri libri sanno davvero fare senza raccontarti di un modo diretto per farlo. È un libro intriso dallo humor inglese e costellato di antagonisti che sì fanno si odiare, ma con cui riesci a empatizare, perché capisci le loro ragioni. Ha un ritmo ottocentesco, così come l’epoca di cui parla, ma è scritto in modo moderno e contemporaneo, così da essere compreso con facilità da chi lo legge oggigiorno.
Valutazione
★★★★★ 5/5
Note aggiuntive
Dal libro è stata tratta una miniserie. Nel 2015, Jonathan Strange & Mr Norrell è stata scritta da Peter Harness e diretta da Toby Haynes.
Della stessa autrice
Piranesi, Fazi Editore, 2021
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