Una volta su vinted una tizia mi chiese le misure precise di un paio di levis, le mandai le misure, lei mi mi rispose con una foto in mutande e poi "secondo te mi stanno?", dissi grazie per la foto e risposi "si, penso di sì". Mi comprò i jeans a prezzo pieno, mi lasciò 5 stelle e non mi fece sapere se effettivamente le andassero bene.
Recentemente invece ho trattato per una polo diadora (mi sa), la tizia mi rifiuta l'offerta, le scrivo "dai ho deciso a 32 anni di mettermi le polo, vienimi incontro", mi mandò una risata e mi fece la mia stessa offerta. Aperto il pacco ho trovato una bustina di orsetti gommosi e un biglietto con scritto "grazie, sei stato simpatico". Lascio la recensione, lei mi contatta e mi chiede una foto in polo. Mando la foto con un po' di viso che non si sa mai, nessuna risposta.
Vinted è un posto random, un po' come quando racconto quello che mi succede. Eventi randomici che vanno per strade diverse. A volte penso alla teoria di Past Lives in cui nelle vite passate ci siamo trovati e forse amati, e a questo susseguirsi di vite in cui ci si trova continuamente. È un bel concetto, un po' estraneo alla nostra cultura ma a modo suo magico. Poi ripenso a un concetto mio che ho visto e sentito molte volte, cioè quella sensazione, quando c'è molta chimica, che se fosse stato un tempo e un momento diverso, ma all'interno di questa stessa vita, avremmo avuto una relazione (l'amore può nascere comunque). Non saprei come definirlo, non sono delle sliding doors, non è una nostalgia per qualcosa che non hai vissuto, non è neanche immaginare una vita che non hai e non avrai, è proprio un sentire questa cosa e andare avanti lo stesso perché questa comunque è una vita, e se non stiamo insieme è perché è andata così. Una volta ho provato a spiegarlo e mi hanno risposto che sono cinico, boh, io mi sentivo superficiale. Intorno a me molti pensano a come sarebbe andata, a come andrebbe, a un sacco di scenari diversi, a impersonare sé stessi in altre situazioni e io ripenso alla scena in cui Zalone dice "ma mang sta mozzarell" (sole a catinelle probabilmente), che è un po' un mantra di vita.
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Le pulci sognano di comprarsi un cane
e i nessuno sognano di non essere più poveri,
che un giorno magico piova all'improvviso la fortuna,
che piova a catinelle la fortuna;
ma la fortuna non piove né oggi, né domani, né mai,
né come pioggerella cade dal cielo la fortuna,
per quanto i nessuno la invochino
e benché pruda loro la mano sinistra,
o scendano dal letto col piede destro,
o comincino l'anno cambiando la scopa.
I nessuno: i figli di nessuno, i padroni di niente,
che non sono, nonostante siano.
I nessuno: i niente, gli annientati, affamati, morendo la vita, fottuti, fottutissimi:
Che non parlano lingue, ma dialetti.
Che non professano religioni, ma superstizioni.
Che non fanno arte, ma artigianato.
Che non praticano cultura, ma folclore.
Che non sono esseri umani, ma risorse umane.
Che non hanno viso, ma braccia.
Che non hanno nome, ma un numero.
Che non figurano nella storia universale, ma nella cronaca nera della stampa locale.
I nessuno che costano meno della pallottola che li uccide.
Eduardo Galeano-I Nessuno
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𝗪𝗲𝗲𝗸𝗻𝗱 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗼
Weeknd avete letto bene, no non è un errore. Niente titolo di un film del 1989. Weeknd è un cantate e il morto sono io.
Ora mi spiego.
Figlio 2 insieme alla sua Rebecca decidono di andare a un concerto, il concerto di Weeknd a Milano per l’appunto, in una serata di luglio rinfrescata dalle tempeste monsoniche dei giorni precedenti.
- Pa’
- Dimmi Gabriele
- Domani c’è il concerto, potresti venirci a prendere?
- Ci mancherebbe certo che sì
Furono le mie ultime parole famose, del resto lasciare due ragazzi diciottenni in piena notte ostaggio dei mezzi pubblici, non proprio vicino casa, non mi andava.
I ragazzi si alzano presto, l’andata al concerto sarà autonoma: treno, metro e poi una camminata di mezz’ora. Partenza la mattina presto, ore 7:00, per un concerto che inizierà alle ore 21:00.
Come sempre i messaggi su WhatsApp durante il giorno piovono a catinelle. In realtà da parte mia, da parte sua sporadici messaggi da decifrare. Manco stesse usando un dispositivo elettromeccanico di scrittura crittografata degna della famosa “Enigma”. Così si succedono risposte del tipo:
“Ben”
“Ok, arrivat”
“A post”
“Fa hot”
“Cojon”
“So seduto”
“Mo eating”
“Mo drinking”
“Mo piscing”
“Mo ‘nizia”
Mi sembra di chattare con Cattivik, il personaggio di un fumetto che si mangiava le lettere finali, eppure studia, ha anche dei bei voti, ambisce alla carriera lavorativa nel campo della medicina.
Mi immagino se fosse medico: “Rott falang, mo gess e ripos così impar. Statt attent la pross volt, cojon”.
La sera parto con anticipo per andare con calma e senza correre a recuperare Gabriele e Rebecca. Autostrada e arrivo alla zona del concerto a Milano abbastanza tranquillo. Mi posiziono fuori dall’auto appoggiandomi a essa, si sente chiaramente il concerto. Sono molte le auto parcheggiate in quella zona, tutte contengono almeno un genitore in attesa.
Li vedi subito quelli abituati ai concerti, hanno l’aria sicura e scommetto che hanno preparato il giusto ristoro e il kit da viaggio di rientro per i ragazzi che attendono (cosa che ho capito dopo e lo leggerete). Poi ci sono quelli social, che condividono l’attesa facendosi selfie e go go, oppure postando storie dove riprendono sullo sfondo le luci e i suoni del concerto. Si sentono giovani.
Poi ci sono quelli come me. I novelli. Quelli che si chiedono se la posizione trovata è strategica, se si fosse potuto fare di meglio. Mille dubbi.
Mentre osservo questo mi si avvicina un padre della mia categoria
- Scusa sai se il concerto è da quella parte? – darsi del tu in queste occasioni è alla base per sopravvivere all’ansia della prima volta.
- Si si, è di là.
- Ho usato questa diavoleria della geo localizzazione su WhatsApp mi troveranno?
- Fidati, quelli vivono di geo localizzazione. La usano anche per trovarsi in casa “Dove sei?”, “In cucina, aspetta che mi geo localizzo”.
- Davvero? – occhi sbarrati.
- Ma no scherzavo, ti troveranno questi sono il loro metodi per ritrovarsi anche in paese.
- Ah certo, noi dovevamo girare per le vie della città col motorino per trovare la compagnia se arrivavi in ritardo, te lo ricordi anche tu?
- Si, solo che io non li trovavo mai.
- Perché?
- Perché si nascondevano da me.
- Ah ah ah, bella questa. Sei un tipo a cui piace scherzare.
- Sono serio – il suo volto si pietrifica come se fosse stato colto da una paresi. Il suo imbarazzo e percepibile.
- Ehm, io ho qua due figlie tu?
- Figlio 2 maschio e la sua compagna.
Ed è in quel momento che dalle mie spalle, zona concerto, si sente un fortissimo “Grazie MiLLanoH!”.
Ok, il concerto è finito, io e l’altro genitore vergine di concerti ci guardiamo. Come a dire sei pronto? Con cenni da Marines, in silenzio indichiamo da dove potrebbero arrivare.
Passano pochi minuti e i primi ragazzi che hanno partecipato al concerto si palesano. Arrivano da lì, ma anche da là e pure da quell’altra parte. Siamo circondati. In breve l’orda di gnu che attraversa il Serengeti è arrivata.
Cominciamo a girare con la testa come se fossimo gufi, lui si alza sulle punte dei piedi.
Lo guardo, mi guarda – Sembri Roberto Bolle sulle punte – gli dico.
- Eh, le mie ragazze non sono molto alte, tuo figlio è alto?
- Non l’ho più misurato ma credo che sia 1,87 cm – dico con orgoglio.
Ma lo sguardo di quel padre che mi squadra come a dire “l’altezza non è il tuo forte, di sicuro avranno preso da tua moglie”, mi mette in ginocchio.
Arriva Gabriele e saluto padre ansioso un po’ stronzo con la mia altezza, augurandogli buona fortuna.
- Pa’ diciotto minuti di cammino, non potevi avvicinarti? – le prime parole di Gabriele
- Gabriele era tutto strapieno, anche il parcheggio di Lampugnano era pieno.
Ripartiamo.
Percorro cento metri. E lì ci rimango per un’ora abbondante, tutto bloccato sia sulla mia carreggiata che sull’altra. I ragazzi dopo avermi raccontato, soprattutto Rebecca, del concerto crollano nel sonno più profondo. Neanche lo strombazzare di genitori impazienti e arrabbiati li sveglia. Cavolo suonano il clacson, la coda non ha fine con chi se la prendono? Con un semaforo o un incrocio che crea colonne di traffico a due chilometri?
La gente continua a sfilare camminando sulla destra, dalla sinistra e pure in centro tra le due corsie di marcia. Alcuni ragazzini molto giovani sono stati accompagnati al concerto dai genitori. Li vedo molto provati sul volto.
Se lo avessi fatto io sarei sembrato Bob Dylan al concerto di Gigi D’Alessio. Un estraneo.
Sono stanco, stanco morto quando finalmente ho raggiunto la tanto agognata tangenziale.
L’ingresso all’Autostrada è chiuso per lavori in corso. Rabbia.
Deviazione su altra autostrada ma per arrivarci devo percorrere una tangenziale trafficatissima dove una corsia è chiusa per lavori in corso.
Sono più morto di prima.
Esco nelle zone di Monza. La circumnavigo e per altre chiusure per lavori notturni viaggio per paesi e comuni diversi attraverso strade provinciali. Vedo strade da 50 Km all’ora, prostitute, gente che barcolla ubriaca e l’orologio che indica le 3:00 del mattino.
Ricordo il tempo delle strade secondarie percorse il mattino presto e di musica condivisa con amici, mentre si tornava dalla discoteca. Avevamo ancora voglia di spaccare il mondo. Oggi vorrei spaccarmi a letto.
Arriviamo a casa che sono le 3:35, penso che alle 6:00 dovrò svegliarmi. Sveglio i ragazzi, e Gabriele nota subito l’orario – Papà perché così tanto tempo? –
- È stato un viaggio un po’ complicato. Domani ti spiegherò. Ora andate a dormire? – più che una domanda era una preghiera.
Sento la sua voce, quella di Rebecca che si rivolge a me sempre come se fossi un padre. La figlia che non ho me la ritrovo in lei – Io ho un po’ di fame – mi dice scusandosi con i suoi dolci occhi.
Hanno fame, si vede. In casa tutti gli altri esseri viventi dormono di un sonno profondo, preparo loro da mangiare e li saluto. Guardo l’orologio. Due ore. Me le farò bastare. Perché per loro mi farei anche la notte in bianco, morto (di sonno) ma felice.
Cerco di fare pensieri felici prima di addormentarmi e penso a loro due. Penso alla battuta di Gabriele che rivolgendosi a Rebecca gli ha detto – Mio padre quando andava ai concerti suonava ancora Beethoven.
Beethoven, me lo immagino a un suo concerto in chiave moderna:
- Siete caldi?
- Siiiiiiì!
- Non vi sento!
- Siiiiiì!
- Non vi sento, sono sordo! Ahahahahah!
Ok meglio dormire. Sono morto di sonno con Weeknd. Può bastare.
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