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#ci vorrebbe l’uno e l’altro
ufficiosinistri · 1 year
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No stress
Sono ormai almeno quattro giorni che trovo, al mio ritorno dal lavoro, i volantini del circo nella buca delle lettere. Non ho nemmeno controllato dove lo facciano, il circo, perché ci sono stato solo una volta in vita mia, quando andavo alle elementari, e non mi ero divertito. Era uno di quei circhi grandi, con una platea vastissima e la terra ocra che puzzava di sterco caldo al centro dell’anfiteatro. Mi piacevano, però, gli animali. Vederli, dico. Ero un grande osservatore di animali. Anche se puzzavano. Io e i miei compagni di classe sentivamo la loro puzza sin sugli spalti, dove eravamo seduti a guardare lo spettacolo. L’odore del loro sterco si mischiava ad un vago profumo di sudore trattato, ma non fu quello a far sì che non provassi mai più, in vita mia, attrazione verso quel mondo e a quel tipo di divertimento. Fu piuttosto il senso di precarietà e incostanza che gli uomini che animavano e creavano quello spettacolo mi trasferirono. Ne venni investito e penetrato mentre tutti gli altri, compagni di classe e maestre, ridevano, divertendosi come se ne fossero immuni, presi nel loro osservare numeri, frustate e volteggi. Quella fu l’unica volta in vita mia che andai al circo.
Mia madre è da sempre stata contro il circo con gli animali. Un’estate, addirittura, aveva paura che i miei nonni mi portassero a qualche spettacolo di quel genere, dato che passavo sempre due settimane con loro in Romagna. Loro in realtà non avevano la minima idea di portarmici, non sapevano nemmeno di circhi in zona, ma li misi in guardia ugualmente e mi sentii un po’ uno stupido nel farlo, un po’ ingrato.
Domenica scorsa trovai, insomma, per la prima volta questi dannati volantini nella mia buca delle lettere. Non avevo idea che sarebbe stato il primo di una serie di almeno quattro giorni così. Li avevo sino a quel momento trovati tra i tergicristalli dell’auto, oppure li vedevo distribuiti dai circensi ai semafori, rifiutandoli cortesemente quando era il mio turno. Così direttamente, a casa mia, non mi era mai capitato. Stavo uscendo di casa per andare a vedere il Derby allo stadio, vidi un’ombra nella cassetta della posta, la aprii e una decina di volantini colorati mi cadde prima addosso, poi per terra. Li raccolsi, feci il giro dalla taverna e li gettai nel bidone giallo della carta, dove io e mia moglie avevamo scritto i nostri cognomi, in modo che nessuno ce lo rubasse per strada. Come potevo essere distratto da dei volantini colorati lasciati dal circo in città, quando stavo per assistere al primo Derby di Dardan Vuthaj?
Esiste davvero un altro modo grazie al quale i miei concittadini si possano divertire o possano trovare una valvola di sfogo dai dolori di ogni giorno, che non sia una partita contro la città rivale?
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Era una domenica di sole di gennaio che sembrava primavera inoltrata. Il cancelletto di casa mia e la cassetta delle lettere erano diventate addirittura roventi, dopo aver assorbito i raggi del sole, che sorge dietro le case dall’altra parte della strada, sin dalle prime ore del mattino. Ma l’atmosfera, dentro e fuori le persone, era spazzata da un vento gelido, che sembrava arrivare addirittura da un altro mondo. Le foglie e i rimasugli dei bicchieri  di plastica, abbandonati alla città dopo i bagordi del sabato sera, venivano portati in giro da continui e turbinanti refoli, in mezzo alle strade. Come se nessuno di noi, il giorno dopo, dovesse andare a lavorare, o si dovesse recare all’ufficio di collocamento perché il lavoro non ce l’ha. A fare la fila, prima sugli scalini e il marciapiede e poi allo sportello. A parlare di cosa si sia fatto nelle vite precedenti e di cosa si vorrebbe fare da quel momento in poi, dei desideri e delle aspettative che si hanno.
Per strada, poi, non c’era anima viva. Volgendo le orecchie verso le case e i palazzi, lungo il percorso, cercai di captare qualche suono tipicamente domenicale e confortante, che mi desse testimonianza di vita: i piatti che cozzano l’uno contro l’altro tra le portate, i rimproveri delle madri, il telegiornale a tutto volume. Niente. Con il ritorno a casa di Vuthaj, tutto sembrava attendere un segnale, un’indicazione. Eravamo tutti, senza volerlo, immersi in una fase di stallo immanente. Sarebbe stato, di lì a poco, il suo primo derby, ed era come se quella presenza in campo se la fosse guadagnata da solo, senza aiuti, segnando decine di reti in quella devastante stagione in Serie D, con una squadra che non aveva praticamente nemmeno fatto preparazione atletica. In estate, poi, per colpa dei soldi, se n’era andato, verso una società che sì, quella avrebbe giocato per passare in Serie B. Poca, pochissima, vita social quando giocava a Foggia. Le ultime foto sul suo profilo Instagram risalivano ancora al periodo di Novara, di quando giocava per noi. Ho guardato tutti i video delle reti segnate per i pugliesi, ho sentito che era in trattativa anche con il Pescara e ho pensato “Se la sua famiglia abita a Foggia, ancora, Pescara è a un’oretta di macchina, è plausibile come soluzione." È un comportamento da fan, lo so. Che poco ha a che vedere con lo sport o il tifo. Ma quando si ha poco, per poco si va.
Non interessa a nessuno, fa più comodo rimanere in uno stato di mancanza di stress. Una partita dura novanta minuti, magari col vento che ti taglia le labbra e l’ombra che si avvicina, sulle gradinate, sempre più alla tua figura, gelida, a testimoniare che il mondo e la vita, nonostante tutto, vanno avanti.
Nonostante gli stipendi, tuo e dei calciatori. Nonostante le nonne che si lamentano e si disperano per i morti ammazzati in televisione. Nonostante l’aver perso quel Derby, alla fine. Sono tornato a casa mezzo congelato con pensieri violenti in testa e il mal di gola. Vuthaj aveva giocato meno di mezz’ora, sfiorando il gol un paio di volte. Non importa.
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corallorosso · 4 years
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Si, lo sappiamo benissimo che la mascherina all’aperto non serve a niente, se non sei molto vicino a qualcuno. E ho il forte sospetto che lo sappia pure il governo, non serve che glielo spieghiate voi. Il punto è che, in questi giorni, i contagi stanno risalendo. E con i contagi salgono anche i ricoveri e i pazienti in terapia intensiva. Adesso c’è ancora posto, ma se continua così la crescita esponenziale del virus ci potrebbe portare ai livelli della Spagna nell’arco di pochissimi giorni. E cosa c’entra con il fatto che si obblighi la popolazione ad indossare la mascherina anche in strada, mi chiederete voi? C’entra. Perché il contagio, in situazioni di prossimità fisica, avviene anche all’aperto. E credetemi: in strada, di tizi che chiacchierano amabilmente a 30 centimetri l’uno dall’altro, ce ne sono in abbondanza. Non sarebbe bastato chiedere di mantenere le distanze? Lo hanno fatto. Ma molte persone se ne fregano alla stragrande. Ed è molto più facile individuare e sanzionare uno senza mascherina rispetto a uno che si è avvicinato troppo all’amico. E poi basta con queste cazzate della “libertà personale”. Il diritto alla salute di tutti è più importante delle paturnie dei cretini che frignano di “dittatura” per una mascherina. Tra l’altro, in media, questi personaggi sono anche gli stessi che dicono che “per riportare l’ordine ci vorrebbe il DVCE”. Le cinture di sicurezza sono una dittatura? Il limite di velocità per le auto è una dittatura? Il casco in moto è una dittatura? No, è roba che serve ad impedirvi di nuocere a voi stessi e agli altri, esattamente come la mascherina. Mettetevela e fatela finita, buffoni. Emiliano Rubbi
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nineteeneighty4 · 3 years
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Un amore felice
Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano –
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Szymborska.
Esattamente*
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solosepensi · 4 years
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Bau! Bau!...”. Non trovo altre parole per raccontarvi le strane cose che accadono in questi giorni. Non le trovo anche perché sono Poldo, un Golden Retriever di quattro anni e questo è il mio modo più naturale di esprimermi. Cose strane, abbaiavo, perché i miei umani (quei singolari ma simpatici bipedi che mi sono stati affidati dalla Canina Provvidenza) da qualche settimana hanno comportamenti davvero mai visti prima.
Volete un elenco di queste stranezze? Eccolo: stanno tutti a casa, non vanno a lavorare e parlano sempre della stessa cosa, uno strano vermetto con la corona che chiamano virus e sembra porti una grave malattia. Ne hanno tutti una paura matta e anche le loro scatole piene di suoni e colori non parlano d’altro mentre prima discorrevano sempre di calcio, Renzi e Salvini, tre argomenti che, fortunatamente, sembrano scomparsi dall’orizzonte. Ne hanno paura, ma, nello stesso tempo, se lo passano tra di loro con grande facilità. La questione mi risulta di difficile comprensione: c’è questo vermetto, qualcuno ce l’ha e qualcuno non ce l’ha. Chi ce l’ha non lo vorrebbe e rischia di morirne, chi non ce l’ha non lo vorrebbe ma può riceverlo dagli altri che possono passarglielo col respiro, la parola, la tosse o semplicemente toccando le mani degli altri.
E’ un bel problema per questi umani del Sud Europa abituati ad abbracciarsi, baciarsi, gridare, agitare le mani. Un mio amico Schnauzer mi ha detto che i suoi umani svedesi non si toccano quasi mai. Io preferisco i miei che, però, adesso, indossano misteriose mascherine (se è un gioco, con me non funziona perché li riconosco dall’odore) e descrivono strani balletti per la casa cercando di mantenere una distanza di un metro e mezzo gli uni dagli altri. I primi giorni pensavo che fosse un nuovo divertimento e mi mettevo in mezzo saltando e abbaiando. Poi ho capito che non era il caso: davo solo fastidio. Così si muovono circospetti e attenti quasi senza far rumore, ma, siccome non ci sono abituati, finiscono spesso per sbattere l’uno contro l’altro e, allora si mettono le mani davanti alla faccia, si girano lanciando gridolini di paura. Tutti, poi, stanno particolarmente attenti a non toccare l’umana più anziana, quella che chiamano “nonna”. Lei se ne sta seduta in un angolo sulla sua poltroncina, gli altri (che di solito, con lei sono particolarmente affettuosi) si avvicinano il meno possibile e la “nonna” mi sembra un po’ triste. Così, ogni tanto, le faccio qualche festa in più che lei sembra gradire.
Sì, perché da questa storia del vermetto che passa dall’uno all’altro e fa gravi danni, io sono escluso. Sembra che su di me non attecchisca, che non possa riceverlo né passarlo. Sembra sia successo una sola volta con un cane in Estremo Oriente, ma dicono che fosse una “fake news”. Così, mentre loro non possono toccarsi, tutti possono toccare me. Mai ricevute tante coccole come in questi giorni.
Sarà per questo che tutti (l’umano con la barba, l’umana bionda e i due umani più giovani e la “nonna”) sembrano volermi più bene. Anzi, a differenza di quanto accadeva finora, tutti vogliono portarmi a passeggio. Prima l’incombenza toccava all’umano con la barba che, ogni tanto, cercava di rifilarla ai due ragazzi (una femmina e un maschio) che facevano di tutto per evitarla. Adesso no, adesso tutti mi vogliono. E’ un continuo: “Poldo, usciamo?”, “Poldo, devi fare i tuoi bisogni?”, “Poldo, vuoi fare una passeggiata?”. Così finisce che si esce anche quattro o cinque volte al giorno. E la mia capacità di “marcare” il territorio ne risulta molto ridotta. Ma loro non ci badano e mi fanno avvicinare al solito albero o al solito palo. Io alzo la zampa ma non esce niente. Gli altri cani mi guardano e ridacchiano…. Figure barbine…
E i miei amici che incontro a villa Ada mi dicono che cose simili succedono anche a casa loro. Ci sono cani da guardia che non hanno più nulla da fare perché sembra che anche i ladri se ne stiano a casa loro; ci sono dogsitter disoccupati e cani quasi stanchi di coccole e passeggiate.
Ma anche al parco, gli umani devono mantenere le distanze e il balletto ricomincia all’aperto: vecchi amici che si abbracciavano a ogni incontro, adesso si salutano da lontano con la manina; care amiche che non smettevano un attimo di parlare fitto fitto tra loro, adesso si scambiano poche parole con la mano davanti alla faccia; ragazzi che non vedevano l’ora di baciare certe ragazze, adesso le guardano da lontano con occhio lubrico. Si gioca a pallone restando a un metro e mezzo di distanza, si cammina evitando accuratamente il prossimo, si corre cambiando continuamente traiettoria per evitare di passare troppo vicino agli altri.
Anche lato cibarie ci sono dei vantaggi. Ieri, i miei quattro umani (nonna esclusa) sono usciti quattro volte per andarmi a comprare scatolette e croccantini. Risultato: io navigo nell’abbondanza, ma non riesco a capire perché. Che mi stiano usando?
Non voglio pensarlo e, riabbaio, in futuro potrò raccontare che “ai tempi del vermetto con la corona”, noi cani stavamo meglio. Potrò, ma se ci penso bene, preferivo prima. I miei umani sono meglio un po’ sciatti e egoisti come sono sempre stati: un po’ caciaroni e agitati, che si baciano e si abbracciano. Anche perché, la Canina Provvidenza mi ha assegnato il compito di tenerli a bada e di mettere un po’ d’ordine nelle loro vite esagitate. Se non escono, non lavorano, non si coccolano e mi portano fuori ogni due per tre, come faccio io a continuare a lamentarmi di loro quando incontro i miei colleghi cani? Come faccio a sperare di riuscire prima o poi a cambiare questi imprevedibili umani?
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Mezzi busti pixellati: vaghiamo come satelliti nella galassia
Osho scrive che “la consapevolezza è la chiave che aiuta a vivere in armonia” e può essere utilizzata come strumento per un nuovo equilibrio. L’invito è quello di ri-guardare alle cose con uno sguardo diverso da quello di prima. Per farlo ci occorre questa lente d’ingrandimento tra le mani che è la consapevolezza stessa. Il nostro sguardo si apre così al mondo in modo più aperto e al contempo più profondo di prima, riuscendo a riscoprire la bellezza che caratterizza quei dettagli che ci siamo persi lungo il cammino della frenetica esperienza pre-pandemica. La bellezza delle piccole cose, diventa il piano sul quale concentrare i nostri sforzi per tessere un filo capace di tenere agganciata l’esperienza passata con quella presente. Il tempo e l’identità umana, non possono essere frammentati, ma dobbiamo essere curiosi di scoprire i significati che sottendono alla natura del loro divenire. È in virtù di questa curiosità, che s’impone una riflessione e una metaconoscenza su quanto sta accadendo, affinchè possiamo continuare ad essere attori e non spettatori, soggetti e non oggetti, all’interno di questo cambiamento che in modo così inaspettato e imprevedibile si è presentato. In particolare, ciò che si presta ad essere pensato, mentre scrivo sulla consapevolezza, è quanto, paradossalmente, la ricerca del dettaglio continui ad abitare nella relazione con gli altri. Scambio fotografie, conversazioni e videochiamate e ho il tempo di con-dividere sia l’esperienza sia le scelte strategiche con cui costruire la nuova routine. Mi ispiro alla volontà e allo sforzo con cui anche gli altri cercano di non essere preda degli eventi. Così facendo, riscopro la bellezza nell’abbracciare quel tempo per accingermi ad amalgamare con cura degli ingredienti per preparare una torta in cucina, lasciando agli altri l’interrogativo se sarà buona o meno. Condivido e scambio con loro questo particolare come se fosse l’evento dell’anno. Ebbene sì! Lo faccio perchè quando hai una lente di ingrandimento tra le mani, tutto assume una visione e un significato più ampio e probabilmente più autentico. Assaggio quella torta e mi accorgo che potevo prepararla meglio, correggendo le dosi degli ingredienti che la compongono. Così la mia scelta è quella di utilizzare il tempo per curare le piccole cose
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Sono davanti all’edicola, in fila insieme ad altre tre persone: ognuno di noi con la sua mascherina e i suoi guanti, tutti a distanza di almeno un metro l’uno dall’altro, ci scambiamo sguardi e piccoli sorrisi, consapevoli di vivere una straniante condizione comune.
Mi trovo a pensare come questa fosse una scena a me estranea fino a tre mesi fa, prima dell’arrivo di una pandemia globale, che ha reso le nostre vite nuove.
Sì… nuove, non mi piace dire che le ha stravolte, perché vorrebbe dire essere spettatori di quello che accade, vivere passivamente gli eventi.
Essere consapevoli vuol dire essere a conoscenza di ciò che viene percepito, ed anche se la conoscenza non potrà mai essere globale e solo singolare nell’accezione di non totalità, averne comunque un buon quadro permette di controllare o prevedere meglio gli eventi.
La coscienza di ciò che ci sta accadendo, lo sguardo lucido, l’utilizzo preciso delle parole, sono gli strumenti che ci possono salvare dall’essere trascinati dalla corrente verso lidi perduti. 
In un cambio di scenario così repentino, imprevisto, inaspettato, ognuno di noi ha trovato dentro di sé le sue forze per poter rimanere integri, per non essere scissi e infranti dal cambio di tutto ciò che fino al giorno prima era conosciuto e dato per assodato.
Nel mio piccolo, la prima ancora di stabilità mi è arrivata dall’individuare lessicalmente, in modo quasi “chirurgico”, la parola per dare sostanza a ciò che stavo vivendo… non era paura, non era stravolgimento, non era cambiamento… era angoscia.
Termine che ha un senso negativo nel comune sentire. Io la trovo, invece, paradossalmente rassicurante. Se si ha il coraggio di dire a se stessi che ci si sente completamente persi, perché non si hanno più riferimenti e non si hanno esperienze pregresse per capire, si prova una grande incertezza; ma ironicamente, come solo la vita sa essere, hai la certezza di non averne nessuna ed è già un ottimo punto di partenza. 
Da quella base che è tanto concreta quanto inesistente puoi ricostruire il tuo agire del domani, puoi identificare te stesso in modo più veritiero ed assoluto, la creazione si genera solo dalla distruzione, quando noi compiamo un atto creativo lo facciamo in modo imprescindibile da un precedente atto distruttivo. 
Ed è su queste consapevolezze, l’angoscia affrontata con il coraggio di guardarla in faccia e la capacità creativa, che questa imprevista nuova condizione di vita ci dà la straordinaria possibilità di ricostruire noi stessi, le nostre relazioni, il nostro agire, le nostre giornate fatte di amici, famiglia e relazioni.
La nostra consapevolezza non può essere arrogantemente singolare, pensando di aver compreso tutto, ma può essere plurale, una pluralità di piccole consapevolezze che messe insieme ci danno le navi per costruire la flotta con cui navigare nello sconosciuto oceano del domani. 
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Sarebbe interessante indagare come l’uomo riesca ad adattarsi non solo a contesti nuovi, ma a contesti inaspettatamente nuovi. Immersi in un tempo sconosciuto, tutto da rinnovare e da ri-costruire, a partire dalle coordinate che scandivano le nostre giornate. Tolta la sveglia, tolto l’appuntamento di lavoro fisso, tolte le passeggiate domenicali, tolte le relazioni fisiche. Un uomo denudato da tutte le sue certezze. Da qualcosa bisognava pur partire, abbiamo la necessità impellente di avere un appiglio che ci sorregga mentre tutto intorno sta cambiando. L’unica cosa che ci accomuna tra il mondo pre-pandemico e il mondo post pandemico è la rete internet. Con i tutti i suoi strumenti, nei quali si sostanzia. Cellulari, tablet, computer. Ecco quello che ci è rimasto, ed ecco da che cosa è stato necessario ripartire. Tutto del nostro vivere deve/dovrà essere mediato da un dispositivo elettronico a casa, di sicurezza fuori di casa. È una svolta epocale, il cui punto focale sarà capire quali strascichi relazionali ci porteremo nel prossimo futuro. Per interloquire con l’altro occorre una mediazione, una barriera, fisica e ben tangibile. E le relazioni sono immerse in un tempo espanso, poco definito e difficilmente definibile. Ma non tutto ha risvolti negativi, o, per lo meno, dobbiamo essere capaci di ritrovare una bellezza formale e sostanziale nei nostri percorsi di vita. Ripensarci partendo dalla consapevolezza della nuova cornice che ci definisce, che è quella di un quadro di Dalì, che cambia forma repentinamente correndo il rischio di crepare anche il dipinto. Se non abbiamo potere sulla cornice, abbiamo il dovere di trasformare il materiale usato per dare sostanza al quadro, un materiale morbido, che non produce spaccature, ma si allinea in maniera naturale ai cambiamenti. Il tempo di vita quotidiana scandito rigidamente, dovrà quindi diventare non un tempo flessibile ma oserei dire flessibilmente rigido; il pregiudizio insito nelle sovrastrutture cognitive di ogni uomo, dovrà mutare i propri riferimenti pregiudiziali, in un mondo che ha aumentato relazioni orizzontali, se non in qualche modo, capovolto le competenze che ci attribuivamo e pre-attribuivamo all’altro; dovremo necessariamente fare ricorso alle nostre migliori doti empatiche, perché dietro al tuo schermo siede una persona, che è però una persona diversa da quella che conoscevamo fisicamente; dovrà necessariamente cambiare il nostro modo di interpretare la realtà.
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Lo spazio delle idee coincide con quello del lavoro, dello svago, dell’intimità. 
In questo quadro confusionario abbiamo dimenticato i nostri riferimenti spazio-temporali ed essi sono diventati fluidi, non più facilmente definibili. 
In un attimo noi esseri umani siamo tutti uguali: mezzi busti pixellati vaghiamo come satelliti nella galassia sconfinata della rete Internet, sotto forma di immagini -formato fototessera-  arriviamo in ogni angolo del mondo. 
In questa realtà virtuale parallela all'isolamento del corpo, i ruoli cambiano e le gerarchie si appiattiscono: bambini che insegnano agli adulti, adulti polifunzionali che si ritrovano a governare i punti di riferimento, dirigenti che esprimono le medesime incertezze dei loro dipendenti. La situazione di immobilità che ci circonda attiva la nostra adattabilità, in certi casi anche assumendo un adeguato riconoscimento.
Gli unici strumenti per stare in relazione sono i cosiddetti “beni di prima necessità”, pochi e molto simili per tutti: oltre al cibo, s’ intende un telefono, un pacchetto abbondante di giga a disposizione, e se possibile un computer. Tutti interagiamo senza sosta con questi mezzi tentando di prenderci confidenza, perché solo pochi sanno realmente utilizzarli con agilità. 
Su tutti i fronti ci è stata richiesta un’estrema dose di autonomia personale, ma noi siamo stati in grado di trasformarci e creare nuove alleanze. L’individualità si organizza, si rimette insieme e fonda forme evolute di comunicazione. 
La relazione è combattiva, si riconferma modulare e flessibile, sa rigenerarsi e costruire nuovi contesti e nuove modalità. E’ possibile sempre, anche quando tutto ciò che abbiamo intorno di conosciuto si trasforma, si estrania e si annulla.
Questo strano viaggio sul posto che stiamo facendo ci rinnova. Il livello di competenza, ovvero saper attivare determinate risorse per pianificare le nostre azioni, è un prerequisito dell’autonomia e della maturità delle nostre strutture e delle nostre stesse funzioni corporee, emozionali e cognitive. Questo significa avere la consapevolezza di sé e del proprio agito nello spazio e nel tempo, qualunque esso sia.
Ecco come abbiamo potuto vivere e affrontare questo imprevisto.
Ecco come è possibile ripartire per andare avanti.
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swingtoscano · 4 years
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Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano −
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Wislawa Szymborska
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svediroma · 4 years
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RIFLESSIONI SULLA SOLIDARIETÀ: DUE PUNTI DI VISTA
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L’Europa che ci piace: l’UE funziona solo se è solidale. Parola di volontario europeo
Vito Poredoš
La “solidarietà” è una parola che sentiamo spesso di questi tempi. è una delle prime reazioni dopo che qualcosa di terribile accade. Pensiamo ad un disastro naturale oppure ad una catastrofe come la distruzione di un paese. In ogni caso, le persone che soffrono diventano incredibilmente dipendenti dall’aiuto degli altri. In questi giorni, quando sentiamo le notizie su ciò che sta succedendo a causa della crisi, fino a poco fa impensabili nel mondo, abbiamo l’occasione di vedere il meglio, ma anche il peggio dell’uomo: lo stoccaggio di beni essenziali, i furti di attrezzatura sanitaria, l’egoismo… Al di là della tristezza per questi episodi, si riesce a comprendere tali comportamenti perché in caso di pericolo il nostro corpo attiva istinti naturali del tipo “si salvi chi può”. Ma quando questi modelli di comportamento si spostano a livello nazionale o internazionale e quando gli Stati si comportano nella stessa maniera, c’è davvero ragione di preoccuparsi. I primi stati membri dell’odierna Unione Europea volevano assicurare la pace nel Vecchio Continente e dopo due terribili guerre crearono un’unione che si fonda sul mercato unico, sulla comprensione e sulla vicinanza tra culture diverse. Dobbiamo tenere presente che la creazione di questa formazione politica, con le sue istituzioni e le sue regole, è stata un lungo processo, cominciato negli anni Quaranta e basato sempre sul consenso totale. Quindi ogni trattato che viene implementato deve avere il sostegno di tutti gli Stati membri. E dobbiamo ricordarci che viviamo in democrazia, dove ogni voce – per fortuna o purtroppo – conta. Il Trattato di Lisbona del 2007 ha instaurato la solidarietà come uno dei principi fondamentali che regolano i rapporti nell’Unione. Una sua clausola dispone che gli Stati membri agiscano insieme, “in uno spirito di solidarietà”, quando uno Stato membro in difficoltà chiede assistenza. In particolare, l’UE utilizza tutti i mezzi di cui dispone per prestare assistenza allo Stato che l’ha richiesta. Le modalità di attuazione della clausola di solidarietà sono decise dal Consiglio dell’Unione Europea a maggioranza. Ma la solidarietà, non va data per scontata. La si deve anche imparare già da piccoli, insieme all’empatia e alla comprensione degli altri. Una delle cose che ci porta fuori dal nostro paese e dall’orizzonte limitato è la conoscenza delle lingue e delle culture straniere. Dobbiamo ammettere che l’UE ha fatto grandi passi in questa direzione, ad esempio con il progetto Erasmus oppure con i servizi volontari. Uno dei progetti che ha avuto un grande effetto sulla vita sociale è stato il Servizio Volontario Europeo, fondato nel 1998, nel frattempo sostituito da un altro progetto, il Corpo europeo di solidarietà. Gli scopi di tale programma sono sviluppare la solidarietà, promuovere la tolleranza, rafforzare la coesione sociale all’interno dell’Unione, migliorare la comprensione e migliorare le competenze dei giovani in modo che possano accedere più facilmente al mercato del lavoro. In vent’anni circa, 20mila volontari e volontarie tra i diciassette e i trent’anni d’età hanno partecipato a questo progetto e hanno avuto la possibilità di viaggiare, vivere in un altro paese, ricevere un piccolo contributo ed essere assicurati in caso di malattia. Ma soprattutto hanno avuto la possibilità di fare conoscenze e di lavorare in un nuovo ambito. Dopo il termine del progetto, il bilancio ha mostrato che gli effetti più importanti per i giovani di tutta Europa sono il perfezionamento della conoscenza delle lingue straniere, il miglioramento della competenza interculturale, la consapevolezza che i volontari hanno arricchito le comunità locali e che il volontariato ha aumentato la consapevolezza dei valori europei. Ingredienti fondamentali per creare una vera solidarietà europea, che non rimane sulla carta per poi essere dimenticata quando emerge una crisi. Il progetto che porta avanti il servizio volontario oggi si chiama Corpo Europeo di Solidarietà e dispone di un budget di 375,6 milioni euro per il periodo 2018-2020. Dal 2016 fino a oggi più di 30mila giovani volontari hanno intrapreso il proprio servizio. I paesi che in questi anni hanno accettato più volontari e sono stati più attivi in quest’ambito sono Italia, Spagna, Romania e Polonia. Cosa fanno questi giovani in giro per l’Europa? Lavorano ad esempio nell’Italia centrale, dove aiutano a ricostruire i paesi colpiti dal terremoto; in Grecia danno aiuto e lezioni ai migranti fuggiti dalla guerra; in altri paesi assistono persone disabili e svolgono aattività che sostengono le comunità locali. Per i prossimi anni la Commissione Europea vorrebbe destinare ancora più soldi a questo progetto, complessivamente 1,26 miliardi di euro per dare la possibilità a 350mila giovani di tutta Europa di partecipare a questo progetto comune. Non è tutto oro quel che luccica, soprattutto stando al numero dei giovani che si sono registrati, ma che non sono stati necessariamente accettati nel Corpo Europeo di Solidarietà. La maggior parte delle registrazioni, dal 2016 in poi, proviene da paesi come la Turchia, la Spagna e l’Italia. Se pensiamo agli eventi accaduti in Turchia nel 2016, quando tantissime persone sono state arrestate e accusate di partecipare a un presunto colpo di stato contro il regime di Erdogan, e al peggioramento della situazione politica ed economica da allora in poi, dobbiamo prendere in considerazione che i motivi per cui si partecipa a progetti di volontariato deriva forse anche dalla possibilità di allontanarsi da situazioni difficili nel paese di origine. Frequenti anche le registrazioni provenienti da paesi europei meridionali e orientali, nei quali i giovani non trovano facilmente lavoro. Al di là delle speculazioni, la solidarietà in ogni caso è una cosa reciproca e viene in aiuto quando le istituzioni non possono oppure non vogliono fare niente per chi ha bisogno di aiuto o chi ha buone idee per migliorare il mondo. Perciò, nonostante le politiche sbagliate di alcuni paesi in questo momento, la traccia segnata con i progetti come quello del Corpo Europeo di Solidarietà rimane giusta e ci porta verso l’Europa in cui vogliamo vivere.
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Ma cosa è davvero la solidarietà? Una volontaria europea cerca di definire l’atto dell’aiuto
Barbara Sanieres
Le riflessioni del mio collega di volontariato Vito riflettono una visione ottimistica sul tema della solidarietà. Quello che scriverò io, invece, potrebbe suonare più critico e cinico. Vorrei iniziare parlando del termine “solidarietà”. Quando mi sono resa conto di non essere in grado di definirlo, ho cercato la sua definizione sul dizionario: “Rapporto di fratellanza e di reciproco sostegno che collega le singole componenti di una collettività nel sentimento, appunto, di questa loro appartenenza a una società medesima e nella coscienza dei comuni interessi e delle comuni finalità” (Treccani). Le parti di questa definizione che hanno innescato in me una riflessione sono “il sentimento di appartenenza” e la “coscienza dei comuni interessi”. Mi sembra di capire che la solidarietà non sia un concetto universale, ma relativo, a seconda della persona. Infatti, ognuno e ognuna definisce la propria appartenenza ad una categoria in maniera diversa: sono umana, francese, italiana, europea, volontaria, giovane, laureata…? Secondo me, definire un’appartenza vuol dire escluderne altre. Infatti, per esistere, ogni persona ha bisogno di sapere a quale gruppo appartiene, ma soprattutto a quale gruppo non appartiene. Cioè, per definire la nostra identità abbiamo bisogno di un “Altro” o “Altra”, che ci permetta di rivelarci: sono francese perché non sono inglese, sono giovane perché non sono vecchia… L’uno deve escludere l’altro. Ovviamente le nostre identità sono complesse e composte da diverse categorie, ma ogni categoria ha il suo contrario. Questa premessa mi sembrava importante perché “solidarietà” è un termine che utilizziamo molto, senza veramente sapere cosa significhi. Secondo me, fa parte delle cosidette “parole ombrello”, cioè delle parole conosciute da tutti, ma che abbiamo difficolta a definire. Questo provoca un problema, ossia che la parola diventa facilmente utilizzata in retorica perché nessuno sa definirla molto bene e quindi la sua sostanza resta sfumata. Dopo essermi soffermata sulla forma, vorrei affrontare il cuore dell’argomento. Vito ha menzionato il legame tra crisi e solidarietà e questo mi sembra essere un potente rivelatore, che pone l’accento sulla mia difficoltà con tale parola. L’esistenza stessa della parola “solidarietà” significa, per me, che non si tratta di un atto “naturale”, quotidiano, bensì di un’azione che prevede uno sforzo. Mi sembra più o meno di ritrovare la stessa dialettica dell’aiutare: una persona che prende la sua energia, il suo tempo, la sua voglia eccetera per dare una mano ad un’altra persona. Dal punto di vista grammaticale, tra le due parti coinvolte nel rapporto della solidarietà o dell’aiuto, l’accento è sulla persona che compie l’azione, che è solidale: “Sam ha aiutato…” nella forma diretta; “Sam è stato aiutato da…” nella forma passiva. Non esiste neanche una parola per rappresentare la persona che riceve solidarietà. Da questa relazione deriva una forma di gerarchia. Le due parti non sono uguali perché tra le due nasce un “dovere” sociale di gratitudine della persona aiutata nei confronti della persona che aiuta. Ma anche una forma di decisione: chi aiuta lo fa attraverso i suoi occhiali, attraverso quello che trova giusto. Tanto per fare un esempio, è meglio dare una moneta o comprare cibo ad una persona senzatetto? In altre parole, se diamo un valore ai comportamenti di solidarietà mettendoli in luce, significa che si tratta di cose fatte “in più”, e che quindi le persone fanno uno “sforzo” – che non intendo in senso negativo -. Perché non è semplicimente naturale fare tutte queste cose? Perché non diamo una moneta ad una persona senzatetto che incontriamo? Perché non compriamo produzioni locali, invece di arrichire le grandi multinazionali? Perché non doniamo un po’ del nostro tempo ad un’associazione ? Perché rifiutiamo di accogliere persone bisognose? Io ritengo che tutte queste azioni rappresentino forme di solidarietà. C’è una sorta di tacita gerarchia tra i diversi modi di essere solidale. Prendiamo l’esempio del coronavirus: decidere di fare la spesa per le persone anziane o con disabilità, prestare le camere del proprio albergo per le infermiere e gli infermieri che devono lavorare lontano da casa… Sono tutte cose dovute e di forte impatto sociale. Ma chi è solidale verso i lavoratori e le lavoratrici in nero, che non hanno più niente per vivere ? Chi è solidale verso i prigionieri che vivono nella paura della contaminazione perché non riescono a rispettare la distanza di sicurezza di un metro? Sono solo alcuni esempi che, secondo me, mostrano che la solidarietà non è solo un bel valore ma che nasconde anche delle dinamiche sociali. Semplicimente perché non abbiamo abbastanza soldi, energia, voglia per essere solidali verso tutte le cause, dobbiamo scegliere. Ma mi sembra che questa scelta si appoggi su una costruzione sociale già disuguale. Alla fine credo che, se il senso di solidarietà non è così “naturale” per le persone, è semplicimente perché non viviamo in un mondo in cui questa è uno dei valori principali. Anzi, il capitalismo, il liberismo ci insegnano ad essere persone individualiste. Tutta la nostra vita è una lotta perpetua per essere migliori degli altri, avere uno stipendo più alto, una casa più grande, un lavoro con più vantaggi, dei bambini di cui andare orgogliosi… Come potremmo essere in grado di passare dall’individualismo nel quale nuotiamo ogni secondo della nostra vita, ad una forma di solidarietà disinteressata, altruista e giusta? Per me la risposta è semplice: non si può fare. La solidarietà ci permette di valorizzare una parte della nostra personalità, del nostro impegno a livello sociale. Per questo, non tutti gli atti di solidarietà hanno lo stesso valore: i prigionieri e le prigioniere, i lavoratori e le lavoratrici illegali sono già invisibili nella nostra società. Quindi, se vogliamo davvero essere solidali, forse dovremmo pensare a ricostruire un mondo più colletivo, più giusto, nel quale l’umano avrà più importanza dell’economia. Prima di concludere, vorrei chiarire che riconosco l’aspetto positivo della solidarietà e delle azioni fatte finora. Ciononostante, voglio proporre una riflessione sulle modalità di attuazione di questa solidarietà. Anche perché, mi sembra che le cittadine e i cittadini abbiano il compito di alleviare le mancanze dello Stato che dovrebbe proteggerci. E questo non è altro che l’origine del “contratto sociale” di Hobbes: rinunciamo ad alcune libertà individuali per costruire lo Stato che dovrebbe proteggerci (a volte da noi stessi).
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millepiccolinsetti · 5 years
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dovresti smetterla di pensare che siano creature mitologiche perché non lo sono, davvero. davvero. mettitelo in testa. non c’è nulla di straordinario, in loro, esattamente come non c’è nulla di straordinario in te. non mi pare troppo difficile. siete entrambi umani. poveri, luridi, schifosi umani. nient’altro che questo. siete pelle e ossa, vi riproducete per mandare avanti la razza umana, morite lasciando sul pianeta terra l’ultima e l’unica impronta del vostro passaggio: una tomba in finto marmo da far curare ai vostri figli finché campano - e chissà se lo faranno, e chissà se lo faranno controvoglia, lasciando seccare i fiori, se avranno almeno voglia di buttare via le foglie morte che si accumulano tra una visita e l’altra, e chissà quanto tempo passerà, tra una visita e l’altra, e chissà se sentirai la loro presenza, quando saranno davanti alla tua tomba in finto marmo, cioè davanti a te, quando loro saranno in cerchio e in silenzio e con le mani incrociate in preghiera, chissà se sentirai i loro ave maria o i loro padre nostro o i pezzegoli della loro vita quotidiana alla quale tu non puoi più accedere perché sei spirito, angelo, vapore - oltre alla tomba lascerai qualche migliaio di euro di debito con la banca, e questo è quanto, ecco, come tu avrai questa fine indegna e francamente spaventosa, lo stesso sarà per lei. l’unica cosa che cambiano sono le foglie sul marmo, caro mio. o il debito in banca. è zero. è mille. diecimila. ci son le foglie. non ci sono. c’è una lapide in finto marmo, in marmo vero, un mausoleo, c’è una corona di fiori rari o una comprata da un discount pochi minuti prima. piccole inezie. siete entrambe persone che avranno un impatto zero sul mondo. non cambierete il pianeta né lo sposterete di un millimetro. vi limiterete ad assecondare la gravità. vi siete limitati ad assecondare la gravità. allora semplicemente parlale, e dilli quello che provi per lei, e sii sincero, e ricordati della tomba e delle ossa e delle ceneri e dei debiti perché è questo quello che siamo, davvero. d’accordo. avrai ragione. sarà così che stanno le cose, immagino. il fatto è che temo di avere qualche piccolo impedimento, ecco. temo sia successo qualcosa, nella mia crescita. un fattaccio grave. qualche spintone alle elementari, all’intervallo. forse la mancanza di fiducia dei miei genitori nei miei confronti. forse qualcos’altro ancora. io non lo so. pago uno psicoterapeuta per scoprirlo. lo pago fior di quattrini. duecento euro a seduta per stare steso su un lettino marroncino appiccicoso che ho ritrovato su amazon a non più di quaranta euro da un rivenditore cinese di quarta categoria - lo stronzetto ti fa pagare una seduta duecento euro e non ha nemmeno la dignità di comprare un vero e proprio lettino coi controcazzi, quindi stai steso come un baccalà per quarantacinque minuti su un dannatissimo lettino appiccicoso che odora di pelle finta chiusa in una fabbrica che viola qualsiasi regola umana morale e fisica in tema d’inquinamento e iriciclaggio di materiali e così via, insomma stai lì immobile paralizzato all’idea di fare un movimento strano agli occhi del terapeuta perché hai il timore che possa segnarselo, analizzarlo e sviscerarlo e giudicarti e tu, io, temo molto il giudizio altrui, e quindi cerco di evitare qualsiasi giudizio quantomeno superfluo in un ambiente in cui comunque devo mettermi alla prova: da uno psicoterapeuta non puoi certo aspettarti di non uscirne giudicato. ecco, sei steso lì come un tonno che soffoca all’aria aperta e il coglioncello con la capigliatura gellata fino al midollo ti chiede perché cazzo hai così paura delle femmine e perché ti viene da vomitare quando vedi delle gambe di donna e cos’è che ti fa così paura dell’intimità e perché quando fai sesso o sei estremamente freddo o fingi all’inverosimile o costruisci un’immagine virile nella tua mente per riuscire a godere e perché quando hai avuto la tua prima cotta alle elementari di giorno la facevi ridere un sacco e di sera piangevi pensando che non ce l’avresti mai fatta a darle un bacino, e perché quel piccolo stand up comedian in erba capace di fare ciò che tanti uomini non riescono a fare, cioè far ridere una donna, ragazza, femmina, bambina, ha sviluppato gambe e braccia e cuore e polmoni e naso e organi genitali ed è diventato un semi-uomo così attaccato al giudizio femminile nei suoi confronti e per il quale, allo stesso tempo, prova una repulsione viscerale, così profonda che riesce a passare da anni di amore incondizionato verso il genere femminile ad anni di totale distacco e riflesso di vomito al contatto visivo con le gambe nude, alla totale freddezza e alienazione nei confronti delle ragazze, e perché piangi quando di notte non pensi più al bacino che manca nella tua vita con la cotta della tua vita, ma al fatto che non potrai sposarti, amare davvero, figliare e insegnare ai tuoi figli a giocare a calcio e a guidare la macchina quando avranno scollinato la maggiore età, e perché ti intristisci quando sei a lavoro e pensi che il denaro che accumuli in quantità non inferiori a 3000€ ogni mese sudando ogni giorno in uno sporco e asettico ufficio con un capo stronzo che non ti molla non serviranno a niente, mai a niente, se non a stare meglio per un attimo il giorno successivo ordinando qualche ammennicolo tecnologico su amazon come la macchina degli smoothies o quella che ti permette di cuocere la carne sottovuoto o le luci smart che si accendono col battito di mani, ecco una cosa dico al poveretto coi capelli leccati da una mucca in calore, ecco sa cosa vorrei fare in un vicino futuro, vorrei battere le mani e accendere le luci e vedere mia moglie con un sorriso da qui a qua (e faccio il gesto con la mano per fargli capire: da guancia a guancia, un arco perfetto) perché dio, è talmente felice di vedermi che non ne poteva più, perché io sono la sua vita e lei la mia, lei è la mia vita assieme alla macchina degli smoothies e alla luce che si accende col battito di mani, che mio figlio accenderebbe col battito di mani. ma non potrò farlo, in un prossimo futuro. perché sono rotto. manca un ingranaggio. quello fondamentale. non mi funziona l’ingranaggio dell’intimità. sarà che mi hanno picchiato all’intervallo per fottermi la merenda o che mi sono accorto che qualcosa io faccia in un rapporto umano è quella sbagliata, tanto che a un certo punto quasi potrei convincermi di essere semplicemente un esperimento dello stato per vedere come sopravvive un essere umano che non sa relazionarsi con gli altri, ed ecco, vorrei andare da questo ipotetico e fantasioso Team Esperimenti Molto Segreti - la prego, non pensi che io mi invento delle teorie del complotto e nemmeno che io ci creda, si tratta di un discorso ipotetico e fantasioso, lo sa che ho una mente molto creativa - e dirgli beh, ve lo do io l’abstract del paper, il riassuntino è semplice: un-umano-così-non-fa-un-cazzo-di-niente. ed ecco, non si tratta di creature mitologiche. è che ho il terrore, marco, ho il terrore di deludere qualcun altro. non voglio più deludere nessuno. capisci cosa intendo? sì, lo capisco. non mi va più di far soffrire nessuno. voglio solo una famiglia...voglio stare sereno. voglio dire allo psicanalista gellato che sono guarito. voglio accendere le luci col battito di mani. voglio andare in ufficio e affrontare le schermate di compilazione dati anagrafe con un piglio nuovo, sorridendo perché so che a casa mi aspetta un bel polpettone da mangiare con la famiglia. voglio sorridere davanti ai raggi del sole. voglio correre felice su un prato. voglio amare qualcuno sinceramente. voglio le corone di fiori rari sulla tomba. voglio un piccolo bacino sulle labbra, voglio che mi ami senza nessun timore, voglio digitare il numero e dirle che l’ho amata dal primo giorno che l’ho vista che al club aveva un vestito bellissimo e non ho vomitato per le gambe e ho sentito di voler vomitare per quanto avessi voglia di amarla e che voglio fare un bambino con lei e voglio fare l’amore senza immaginarmi macho o senza pensare che la odio o senza distaccarmi e pensare di essere appeso alla parete come l’uomo ragno mentre guardo l’amplesso in terza persona e che anzi voglio viverlo in prima persona come fanno nei migliori film, con le coperte sui nostri corpi nudi mentre ci guardiamo negli occhi come se fossimo una cosa preziosa l’uno con l’altro e poi ci diciamo cose talmente sdolcinate che se glielo dicessi ora, a lei, probabilmente non vorrebbe mai più fare l’amore, ma è così che voglio che vada perché voglio una cosa finta e indesiderabile, voglio un ideale inconcepibile, voglio il bacino sulle labbra.
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femmenoir-red · 5 years
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Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano −
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
©Wisława Szymborska...Premio Nobel
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Abbi Cura Di Me
Sono di nuovo Milena e sono qui di nuovo ad ammorbarvi con le mie cazzate. Premettendo che la sere dei duetti mi sono addormentata male prima di vedere Ermal (poi ho guardato da YouTube e che magia ragazzi, pura magia) e che al momento dovrei star facendo tutt'altro, ringrazio quella buona anima di Cristicchi per averci detto che Ermal e Fabrizio si sono abbracciati ieri e mi appropinquo ad usare questa bellissima canzone come titolo per una cazzatina che pensavo di dover assolutamente scrivere dato l’anniversario. E quindi, con la mia cioccolata al caramello salato e il mio panda mug heater, il cuor non si spaura e sono pronta! Colgo inoltre l’occasione per ringraziare le 324 persone che sono qui a leggere le mie stronzate. Vi voglio bene. Buona lettura!
Ermal sta cercando Fabrizio.
Gira per i camerini di Sanremo, guardando le facce degli ospiti e dei partecipanti, in cerca di degli specifici lineamenti che però non ritrova in nessuno dei visi che incontra con lo sguardo
Alcuni di loro gli fanno quasi tenerezza, particolarmente i più giovani: si aggirano per le stanze con i visi smunti e le labbra strette, le mani strette a pungi per non farle tremare. Non che altri siano messi meglio: chi più chi meno, avvertono tutti la tensione della competizione, lo stress e la stanchezza di quei giorni dove il sonno è un lusso che non possono concedersi a lungo.
Ad Ermal viene quasi da sorridere al ricordo dell’anno prima, quando era lui che girellava come una bestia in trappola in tondo in quel camerino che gli sembrava opprimente e soffocante, quasi claustrofobico, le pareti che si stringevano attorno a lui come alla sua gola, impedendogli di respirare. L’ansia e la paura che l’avevano preso allo stomaco insieme alla rabbia per le accuse di plagio e che l’avevano fatto rimettere mentre Fabrizio gli scostava i capelli dal viso e gli accarezzava la schiena, preoccupato; gli sguardi altrui sul suo viso stanco e smunto, gli amici che gli davano una pacca sulla spalla e lo rassicuravano e altri che non osavano fare molto di più che guardarli da lontano come se fossero un disonore per la competizione o come se provassero pena per loro
Ma era tutto passato e alla fine avevano vinto ed ora, ad un anno di distanza, si trovano lì per accompagnare altri amici sul palco.
E’ un peccato che Fabrizio non canterà con lui e Simone, ma capisce il suo bisogno di stare vicino a Niccolò. Se ci fosse stato Cordio su quel palco, avrebbe avuto una bella gatta da pelare a sua volta dato che probabilmente l’altro gli avrebbe fatto la stessa richiesta.
Con quel pensiero si avvia verso il camerino di Niccolò, in cerca dei due romani. 
Bussa delicatamente alla porta e quando ottiene il consenso del più giovane-che mormora “avanti” con voce sottile e tremula-apre delicatamente l’uscio, sporgendovi il capo. 
“Ciao” lo saluta, sorridendogli appena, anche se i suoi occhi volano a percorrere la stanza rapidamente e non è senza delusione che si rende conto che Fabrizio non c’è “Bizio?” chiede, guardando il ragazzo che si sta nervosamente passando una mano tra i capelli scuri, scompigliandogli, con già addosso un completo bianco. Non sembra particolarmente nervoso a primo impatto, ma il piede che tamburella senza sosta sul pavimento e le mani incapaci di stare ferme in grembo dicono in realtà il contrario: è in ansia e come dargli torto. E’ il palco di Sanremo, quello, ed è in gara con i big e canterà con Fabrizio quella sera. Da quel che ha potuto vedere è stato bravo a gestire il palco dell’Ariston fino a quel momento, ma ciò non toglie che l’agitazione pre performance sia legittima e totalmente normale da parte sua. Una parte di lui si sente quasi in colpa per non avergli nemmeno chiesto come sta.
“Sta fuori” gli risponde lui dopo essersi schiarito la voce e essersi leccato le labbra secche “E’ venuto a cercarti” gli fa presente Niccolò ed Ermal annuisce, sorridendo appena
“Grazie” gli mormora in risposta “Scusa se ti ho disturbato” aggiunge e poi si avvicina. L’altro lo guarda, curioso, e rimane sorpreso quando gli posa una mano sulla spalla, annuendo “Sta’ tranquillo, che sei bravo” lo rassicura “Andrai bene. Sali sul paco, fai un respiro e canta. C’è Bizio lì, e ci sono tutti quelli che ti vogliono bene con te, anche se non fisicamente. Dai su” dice, dandogli un’altra piccola pacca “In bocca al lupo” 
“Grazie” replica Niccolò con qualche secondo di ritardo, mentre lui si è già avviato verso l’uscita “E...ermal?” lo richiama, cosa che lo fa voltare con curiosità “Fabbrì... voglio dire... Fabrizio” balbetta il ragazzo “Era contento, di vederti. Io... insomma m’ha detto che...ecco. Cioè un po’ ‘o pensavo già però m’ha proprio spiegato e... E... cioè... niente te volevo dire che... so contento. Cioè non che io c’entri qualcosa ma sembra felice con te per cui... ecco” tartaglia, imbarazzato, improvvisamente rosso in viso, cosa che fa sorridere ancora di più Ermal, che gli fa un leggero cenno d’assenso, riconoscente “A dopo. Vai e spacca, mi raccomando” lo saluta, uscendo e riprendendo la sua esplorazione.
Prosegue, sempre più frustrato di non trovarlo
Dove mai puo’ essere finito? 
Si avvicina circospetto a Drigo, provando a chiedergli se l’ha visto, ma l’altro scuote il capo in segno negativo e rispondendogli che no, non ha visto Fabrizio 
Continua a girellare, sempre più nervoso: scorge un sacco di persone, ma non lui. C’è Motta, gli Zen Circus, Arisa, ma di lui nemmeno l’ombra.  Gli viene il sospetto che sia uscito a fumare, ma quando riesce a sporgere il capo dalla porta non lo trova tra i volti di chi, appoggiato al muro, fuma nervosamente o pacificamente le proprie sigarette. Nei visi avvolti dal fumo e dalla luce pallida del pomeriggio, Fabrizio non c’è.
E’ non senza una punta di delusione che ricaccia la capoccia dentro, sospirando e ricominciando a gironzolare in cerca del compare.
Alla fine, dopo altri dieci minuti decide di tornarsene in camerino dato che Simone lo sta aspettando e non è nemmeno giusto da parte sua abbandonarlo con un “Scusami un attimo, vado a salutare Fabrizio e torno” e sparire mezz’ora senza, per altro, ottenere nulla. Si vedranno dopo, gli tocca. 
“Ermal”
Ecco, a proposito di Simone, lo sta chiamando. Con il viso già contrito nella richiesta di perdono per il ritardo dietro a cui maschera il proprio fastidio e la propria delusione si volta, ma le parole gli muoiono in gola nel momento stesso in cui pronuncia la prima s delle sue scuse
Infatti, non appena si è voltato i suoi occhi hanno colto due cose: la prima sono stati i capelli di Simone, sempre voluminosi, e la seconda è stata la sagoma della persona che gli camminava a fianco, tenendo quella sua tipica andatura
E’ già vestito, con i pantaloni neri che gli avvolgono perfettamente le gambe, la maglia con gli inserti scuri che sembra essergli dipinta addosso da quanto gli calza a pennello e la giacca che sembra essersi stata cucita direttamente su di lui tanto è perfetta e gli sta bene. Quel colore gli dona, pensa, ma non ha troppo tempo di farci caso perché Fabrizio si apre in un sorriso che, lo sa, è palese specchio di quello che sente formarsi sul proprio viso, luminoso e enorme
Ermal sente il cuore acceleragli bruscamente nel petto: vorrebbe corrergli incontro, urlare il suo nome e gettargli le braccia al collo; posare le sue labbra sulle sue, sentire le sue mani stringerlo e le sue braccia circondarlo, ma si tiene fermo sul posto usando tutta la forza di volontà che ha, ondeggiando appena sui talloni mentre gli altri due gli si avvicinano
“Ermal” lo saluta Fabrizio mentre cammina verso di lui. Sorride, Ermal, notando come gli occhi altrui gli stiano scorrendo addosso con maliziosa fretta ma anche lenta delizia, felice di vederlo quanto probabilmente lo è lui. E poi, mentre lo guarda e si fa sempre più vicino, alza le braccia, lentamente, allargandole in una richiesta chiara come il sole a cui adempie subito, colmando quei pochi passi con un piccolo sprint e gettandosi in quell’abbraccio che lo stringe non appena si ritrova con il petto premuto contro quello altrui e il viso al lato del suo, il mento posato sulla sua spalla e le braccia strette attorno a quel corpo che più di una notte ha circondato con le proprie membra e stretto a sé
“Bizio” saluta di rimando, senza nemmeno più fare caso al fatto che ormai usa sempre quel soprannome
Si abbracciano, stringendosi in silenzio, godendo solo l’uno della presenza dell’altro e di quello scudo di intimità fatto dai loro corpi uniti che si sono costruiti attorno, immuni a chiunque, intorno a loro, li guardi
Si stringono e respirano un po’ meglio, sentendo l’aria espandere comunque i loro polmoni compressi dalla presa e pure se non riescono a farlo decentemente è meglio del solito perché stare insieme fa sembrare tutto più facile e l’ossigeno non è solo ossigeno, ma anche aria permeata dal loro profumo, e respirare non è solo un atto fisico e meccanico, ma anche un atto del cuore e della mente
Stanno meglio, quando sono insieme, e questo è quanto
Non possono fare molto altro davanti a tutti, ma quel contatto è sufficiente perché si dicano tutto quello che dovevano
La mano di Fabrizio gli accarezza dolcemente la schiena, scorrendo sul tessuto della sua giacca, mentre le dita di Ermal rimangono arpionate alla stoffa, che stringono come se avesse paura di sentirlo svanire sotto al suo tocco
Sospira Ermal, e chiude gli occhi, appoggiandosi meglio a lui, sfregando appena il viso contro la sua spalla
“Mi sei mancato” bisbiglia e subito la voce di Fabrizio accarezza il suo orecchio con un bisbiglio dolce, basso e roco che ha la forma delle parole “anche tu”
“Era venuto a cercarti nel nostro camerino” sorride Cristicchi che, nel rispetto loro, si è tenuto a un paio di passi di distanza, senza invadere la privacy da quel momento tanto pubblico quanto intimo “te l’ho portato non appena ho capito dove fossi andato” 
Ermal annuisce, ringraziandolo con un sorriso e uno sguardo che gli lancia da sopra la spalla di Fabrizio. 
Anche Simone sorride, le dita incrociate davanti a sé e lo sguardo che indugia verso il basso, probabilmente per non disturbarli troppo anche se, discretamente, non può fare a meno di osservarli di sottecchi ogni tanto
Rimangono lì per qualche minuto, dondolandosi appena sul posto, senza dire nulla, in quella stretta che agli occhi altrui ora sta diventando anche fin troppo lunga e imbarazzante ma a loro non importa perché, lo sanno, hanno bisogno di sentirsi e quando sarà sufficiente lo decideranno solo loro
Alla fine, Fabrizio scivola piano all’indietro, ma non si tira su a sufficienza per guardarlo in faccia, almeno non prima di avergli stampato un bacio leggero e discreto, ma comunque sentito, in quel punto dietro l’orecchio che è solo suo e che ha rivendicato tutto per sé.
Un brivido lo attraversa appena a quel gesto mentre si tira leggermente indietro, rendendosi conto solo in quel momento di essersi teso verso di lui più che poteva, quasi sforzandosi per stargli il più vicino possibile, annullando così quello spazio tra loro che, seppur esiguo, faceva sempre male come quando si componeva di chilometri
Non erano mai abbastanza vicini, mai, non con i vestiti addosso e senza essere uniti e anche in quel modo a volte gli sembrava di essere distante anni luce da lui, di trovarsi vicino a un universo bellissimo ma per lui inaccessibile
Tira appena su con il naso a quel pensiero e all’idea che hanno un’intera serata davanti prima di potersi concedere ancora qualche ora di totale e profonda intimità, ma nonostante ciò sorride a Fabrizio, guardandolo adorante e sa che deve essere quasi imbarazzante visto dall'esterno ma il fatto che lui ricambi quello sguardo da sottone basta ad annullare tutto il resto e a fargli ignorare chiunque abbiano attorno
È solo allora, dopo qualche altro secondo, che Simone si schiarisce appena la voce, per richiamare la loro attenzione mentre, cautamente e appena ingombrante nella sua imbarazzata tenerezza, si avvicina per posare una mano sulla spalla di ermal, cautamente. Un tocco leggero e delicato, quasi timoroso 
“Io vado un attimo...” mormora, facendo un generico cenno verso un indefinito punto “Puoi tornare in camerino, se vuoi. Starò via una decina di minuti” 
Ermal sorride, grato, annuendo appena: lo sa che quello è il modo di Simone di lasciargli un po’ di intimità in uno spazio nascosto agli occhi del mondo in cui possono, finalmente, salutarsi a dovere e il fatto che l’altro gli offra così spontaneamente quella possibilità gli scalda il cuore nel petto. 
“Va bene” annuisce, posando piano la mano sulla schiena di Fabrizio mentre si volta, spingendolo appena verso il camerino “Ci vediamo tra poco” asserisce, iniziando già ad allontanarsi mentre Cristicchi annuisce, facendo ondeggiare la massa riccioluta di capelli che ha sulla sommità della testa.
Percorrere quei pochi metri lentamente gli costa fatica. 
Ermal vorrebbe correre, verso quel camerino. Vorrebbe fiondarcisi dentro trascinandosi Fabrizio appresso, per poter così arrivare subito alle sue labbra, ma sa che non possono farsi vedere mentre se la danno a gambe ridendo come due ragazzini ebbri d’amore per andare a chiudersi dentro a un camerino. Sarebbe troppo ovvio, il perché.
Per cui si costringe a mantenere un’andatura dignitosa, rilassata, anche se per ogni secondo in più che bruciano in quella sorta di passeggiata di fuoco gli fa accelerare il cuore nel petto e aumenta la bruciante urgenza di avere ciò che sta aspettando 
Lanciando un’occhiata a Fabrizio, si rende conto che anche lui non è messo esattamente meglio: cammina con fare appena impacciato, guardandosi mestamente attorno e posando saltuariamente lo sguardo su di lui.
Incrocia gli occhi con i suoi nocciola lucidi e ardenti, colmi di un qualcosa di indefinibile che però è capace di smuovere ogni sua più piccola e microscopica parte e che ritrova sempre ogni volta che fissa lo sguardo nel suo 
Stringe appena la presa delle dita sulla stoffa della sua giacca, arricciandole, mentre finalmente scorge la porta del loro camerino
Suo e di Simone, certo
L’anno scorso, invece, era loro loro, suo e di Fabrizio, ma ora che quello può esserlo anche solo per qualche minuto gli va bene lo stesso
Non appena posa la mano sulla maniglia sospira, spalancando la porta e quasi spingendovi dentro Fabrizio, che si volta per guardarlo appena accigliato da quella foga, per poi entrare a sua volta e chiudersela alle spalle
Il tonfo che fa quando la sbatte con un po’ troppa veemenza forse non ha ancora finito di risuonare che già a colmare il silenzio è il rumore del leggero sospiro che ha la forma del nome di Fabrizio e che Ermal emette mentre, subito, gli afferra i bordi della giacca e lo attira verso di sé, posando finalmente le labbra sulle sue.
C’è una certa irruenza in quel gesto, ma non per questo vi manca una agrodolce e disperata dolcezza, una sorta di agognata tenerezza che si accompagna alla felicità del rivedersi e al bisogno di sentirsi 
Fabrizio non ci pensa un attimo a stringerlo a sé, una mano che corre sulla sua schiena e premervi fermamente contro e l’altra che si infila nei suoi ricci, le dita che vi si incastrano e stringono, tirandoli appena, il dolore che gli attraversa il capo che è gradito quanto la forma delle sue labbra stampata sulle proprie.
Le loro bocche si muovono dolcemente l’una sull’altra, fameliche quanto appaganti, avide nel chiedere ma generose nel donare, e non appena Fabrizio schiude la propria Ermal fa lo stesso, concedendogli accesso nella propria e cercandolo nella sua, le loro lingue che si intrecciano subito, quasi a volersi accarezzare anche loro.
Anche una mano di Ermal è finita tra i corti capelli castani di Fabrizio, alla base della nuca, e le sue dita lunghe e sottili si muovono appena, grattando con affetto il suo cuoio capelluto, come se invece di un uomo fosse un grosso gatto 
Sospirano piano, rubandosi e restituendosi l’aria, riluttanti perfino all’idea di allontanarsi per respirare e in quei sospiri nascondono sussurri che hanno la forma del nome altrui, di un dolce chiamarsi e di un rassicurarsi sul fatto che sì, si sono mancati in egual misura, di quella mancanza che ti toglie il fiato e che ti fa dolere il petto ad ogni battito. Quella che anche quando sei circondato da persone ti fa sentire sempre un po’ solo, che non sai scrollarti di dosso in un abbraccio amico quanto in un letto vuoto per metà; quella che fa sembrare ogni spazio un’immensità, pure quel mezzo millimetro che intercorre tra i loro corpi il più possibile premuti insieme 
Si mormorano che non vedevano l’ora di rivedersi e che sì, l’attesa infine vale sempre la pena di essere sopportata se poi porta a quel momento e per quanto dura diventi ogni giorno di più l’importante è che ora sono lì, l’uno tra le braccia dell’altro.
Si spiegano che si vogliono bene e si riconfermano che si amano e tutto questo non se lo dicono semplicemente a voce, ma se lo imprimono addosso, sulla pelle, con le mani che accarezzano e stringono, che dolcemente percorrono ogni spazio dell’altro a volerlo reimparare a memoria per l’ennesima volta, pure se in mezzo, questa volta, ci sono i vestiti a fargli d’ingombro.
Se lo dicono con le bocce che baciano quella altrui quanto il suo viso, le labbra di Fabrizio che stanno posando infiniti baci sulle sue guance, sul suo mento, sul suo collo; dietro le orecchie, sulla fronte corrugata, perfino sulla punta del naso.
Se lo dicono senza dirselo, perché tra loro è sempre stato così e spesso le parole sono state più un intralcio che un aiuto perché non hanno bisogno di tirar fuori certi concetti vocalmente quando basta uno sguardo o un tocco per capirsi
Come quando Fabrizio l’aveva rassicurato passandogli una mano sulla schiena o quando gli aveva stretto la mano alla vittoria. Quando l’aveva abbracciato, quando l’aveva sostenuto. Quando c’era, semplicemente c’era, nel bene e nel male. 
Ed Ermal aveva fatto lo stesso, toccandolo piano con fare rassicurante quando a Lisbona sapeva che era nervoso, facendolo ridere nel momento in cui gli aveva posato la mano sul ventre, in segno di scherzoso ma sincero affetto. 
Come quando avevano fatto l’amore la prima volta e allora si erano scritti sulla pelle in punta di dita ogni cosa che non avevano avuto le parole per dirsi, percorrendosi, imparandosi e amandosi, imprimendosi addosso ogni sentimento provato, ogni grazie e ogni scusa, sussurrandosi sui corpi baci e sospiri che valevano più di ogni superflua parola. 
Si sono sempre presi cura l’uno dell’altro in quel periodo e hanno continuato a farlo anche poi, ogni giorno sempre di più, ed Ermal sapeva quanto Fabrizio si fosse preso cura della sua anima e del suo cuore, di quanto li avesse risanati e rimessi insieme, alleviando il dolore, medicando quelle ferite che vi si erano aperte fino a quando non avevano smesso di sanguinare e si erano, pian piano, richiuse, lasciando solo delle immaginarie cicatrici che a volte pizzicavano un po’ ma che comunque non erano più fonte di un costante e profondo dolore, debilitanti quanto difficili da chiudere.
Si erano presi cura l’uno dell’altro in quel percorso, abbracciando le paure e le sicurezze altrui, placandole quando potevano o semplicemente restandogli accanto in sostegno. Si erano curati a vicenda e si erano fatti bene, tanto bene e questo era innegabile a chiunque li conoscesse. Insieme avevano accettato ciò che avevano davanti, passo dopo passo, imparando ad accettarsi anche a vicenda e facendo di tutto per sostenersi e supportarsi, per aiutarsi e incoraggiarsi, gioendo ad ogni traguardo, facendosi forza ad ogni sconfitta e quando il loro viaggio professionale era finito avevano continuato a farlo da amici e da amanti, senza mai lasciarsi andare.
Fabrizio lo spinge lentamente indietro ed Ermal si lascia guidare fino a quando la sua schiena non tocca il muro, una mano di Fabrizio che si posa sul suo fianco mentre l’altra tira appena i ricci scuri per fargli inclinare la testa e baciarlo meglio, potendo così anche raggiungere il suo collo, cosa che lo fa sospirare 
Ma Ermal non accetta a lungo quelle attenzioni perché subito lo riporta alle sue labbra, quasi con la stessa disperazione di un assetato che vuole bere alla fonte che ha a portata di mano
Scorre la mano più in basso, fino alle sue natiche, cosa che fa ridacchiare Fabrizio mentre, con fare piuttosto sbrigativo e bucchino, gli infila una gamba tra le sue, facendolo sussultare e gemere appena.
E’ solo quando devono staccarsi per forza di cose per respirare che aprono gli occhi, guardandosi, aprendosi immediatamente in due sorrisi luminosi quanto tremuli per le lacrime che sentono pizzicare negli occhi e che tentano in ogni modo di rimandare indietro.
Ermal tira appena su con il naso, prendendogli il viso tra le mani e carezzandolo con i pollici, tirandosi appena indietro dalla sua gamba contro la quale, in realtà, vorrebbe invece sfregarsi, ma c’è luogo e tempo per ogni cosa
“Simone starà per tornare” mormora, tirando appena su con il naso “E non possiamo traumatizzarlo così come non possiamo sparire a lungo” soffia, posandogli un leggero bacio sulla guancia ruvida per la barba
Fabrizio lo guarda ma, dopo qualche istante, annuisce, comprensivo, tirandosi indietro con la gamba
“C’hai ragione” mormora, carezzandogli dolcemente il fianco e portandogli l’altra mano sul viso
E’ con un sorriso che Ermal si appoggia al suo palmo ruvido e caldo della sua mano, sospirando leggermente
“Ci rifacciamo appena finiamo, va bene?” chiede, sorridendo ancora di più quando lo vede annuire “mi eri mancato così tanto” sussurra poi 
“Anche tu” mormora Fabrizio in risposta, la voce bassa e roca mentre i suoi occhi gli scorrono dolcemente sul viso, donandogli un abbraccio che va oltre al fisico e che ha più a che fare con l’anima 
“Ermal” mormora poi, con gli occhi lucidi, più di prima, e il tono che trema appena “Io voglio-” soffia, tirando su con il naso.
“Lo so” lo interrompe, carezzandolo più energicamente “Stanotte” mormora Ermal “Stanotte ce ne prendiamo cura, di questa cosa. Promesso. Tiriamo via tutto quello che fa ancora male” gli promette, baciandolo poi piano piano
Dopo un istante Fabrizio si tira su, annuendo, guardandolo quasi con gratitudine per la sua rassicurazione
Ermal ricambia dolcemente quello sguardo, continuando ad accarezzarlo 
Lo sanno entrambi che hanno bisogno, ancora una volta, di prendersi cura l’un dell’altro, di levarsi di dosso quel dolore schiacciante e di ritrovarsi uniti del tutto, una volta di più.
Se lo aspettavano, certo, ma quando la porta si apre timidamente e delicatamente, sobbalzano tutti e due, voltandosi, incapaci però di staccarsi a dovere e per fortuna è solo Simone che scivola nel camerino, sorridendogli impacciato 
“Mi spiace interrompervi” mormora lui, tormentandosi appena le mani “Ma Fabrizio, ti stanno cerando” ammette, guardandoli con un sorriso che trasuda scuse
Ermal sorride appena di rimando, sospirando stancamente ma comunque annuendo 
“Va bene” mormora “Grazie Simone” soffia, mentre anche Fabrizio annuisce
“Grazie. Mo’ sarà meglio che vada” mormora, guardando Ermal che, di nuovo, compie un leggero cenno d’assenso
Esita un attimo, lanciando un’occhiata a Simone che sta guardando insistentemente una lampadina rotta sul soffitto come se fosse la cosa più interessante del mondo, e poi si china in avanti per posare un’ultima volta le labbra sulle sue, in un bacio casto e leggero ma ricolmo di così tanto significato che probabilmente pure l’altro può sentirlo.
Ermal sospira, socchiudendo gli occhi mentre accetta quel bacio, sentendo un brivido che non ha nulla a che fare con l’eccitazione percorrerlo, e quando Fabrizio scivola indietro lo accompagna nel movimento, le sue mani che lo accarezzano mentre si allontana e lui che sembra volerlo seguire per non staccarsi da lui 
Ma alla fine Fabrizio si allontana e lui lo lascia fare, sospirando pesantemente, quel macigno che aveva addosso che torna a pesargli parzialmente sulle spalle
“Ci vediamo dopo” promette Fabrizio, guardandolo un’ultima volta prima di scivolare via.
Quando la porta si chiude dolcemente alle sue spalle, Ermal si lascia andare a un leggero singhiozzo, che è quasi stupito lui stesso di sentirsi uscire dalla gola
“Scusa” mormora, all’indirizzo di Simone che, seppur un po’ stupito, scuote il capo e si affanna per tendergli un fazzoletto
“Non preoccuparti” dice rassicurante “E’ stato bello vedervi riabbracciarvi è stato... emozionate” mormora a mezza voce “Si capisce che vi volete bene e... non lo so, mi avete smosso qualcosa dentro. Fare parte di quell’istante, anche se da esterno, è stato più di quanto avrei immaginato” gli mormora, carezzandogli piano una spalla, mentre Ermal si soffia il naso e ricaccia indietro le lacrime “Penso che voi siate l’esempio migliore di quel che intendo con cura” mormora poi dopo un istante di silenzio, ed Ermal volta il capo nella sua direzione, stupendosi quando lo trova con gli occhi appena lucidi 
“Si vede che ci siete sempre l’uno per l’altro, anche quando non siete lì fisicamente” mormora a mo’ di spiegazione Simone “Si percepisce, il vostro affetto, e in quell’abbraccio si percepivano tante cose... tutte molto belle. Vedi per me la cura non è solo una cosa fisica, ma anche una cosa dell’anima e non è fatta da grandi gesti, quanto da piccoli particolari. Semi, che si piantano e coltivano con piccoli gesti d’amore che gli consentono però di sbocciare e prosperare. Questo intendo, quando dico che niente è più grande delle piccole cose: non servono cose eclatanti, per prendersi cura di un’altra persona. Basta un sorriso, un gesto d’affetto. Basta esserci, sia fisicamente che non. Questo, è il vero miracolo. Ho la sensazione che siate quel tipo di persone che capiscono a fondo cosa vuol dire che non esiste giorno che sia uguale a ieri e che per questo siate davvero capaci di dare valore a ogni singolo attimo. Come in quell’abbraccio di prima: in un istante, ci avete messo un universo intero” gli sorride, prima di tirasi su “Si capisce che avete coltivato la vostra amicizia, insieme a tutto il resto. Che avete superato le difficoltà che avete trovato insieme e insieme siete andati oltre. Oltre alle.. come dite voi? le vostre stupide guerre” cita “Avete costruito un ponte tra i vostri due mondi e tra i vostri cuori, riuscendo a costruirne uno ancor più grande tra voi e le persone. Le avete unite come vi siete uniti voi. Siete un bell’esempio di cosa sia l’amore, in qualsiasi forma lo si voglia guardare” asserisce prima di sospirare
“Comunque, ora dobbiamo andare” osserva “Ce la fai?” gli chiede dolcemente
Ermal annuisce, gettando il fazzoletto nel cestino e raddrizzandosi a sua volta, commosso dalle parole rivoltegli “Sì, grazie” mormora, prima di ricomporsi, regalandogli poi un sorriso mentre si avvicina “Adesso” afferma, mettendogli le mani sulle spalle con fare solenne “tocca a me prendermi cura di te e  della tua canzone, per cui andiamo” afferma, guardando Simone sorridergli di rimando mentre mette piano le mai sulle sue braccia
“E di questo, io ti ringrazio. So che lo farai bene” lo rassicura “E sarei onorato di dire di aver trovato un nuovo amico” gli rivela, guardandolo annuire e mormorare “anche per me sarebbe un onore” prima di sistemarsi appena la giacca, togliendo le mani da lui
“Andiamo allora” mormora, uscendo dal camerino con Ermal a seguito 
E mentre camminano in silenzio l’uno affianco all’altro, Ermal sa che prima tocca a Simone e che deve resistere solo qualche ora prima di potersi prendere cura anche di Fabrizio 
Ma come sempre, varrà la pena aspettare.
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cirouge · 5 years
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Sei la mia felicità
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Un amore felice. È normale? è serio? è utile? Che se ne fa il mondo di due esseri che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito, i primi qualunque tra un milione, ma convinti che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo – perché proprio su questi, e non su altri? Ciò offende la giustizia? Sì. Ciò offende i principi accumulati con cura? Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici: se almeno dissimulassero un po’, si fingessero depressi, confortando così gli amici! Sentite come ridono – è un insulto. In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza. E tutte quelle loro cerimonie, smancerie, quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano – sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe se il loro esempio fosse imitabile. Su cosa potrebbero contare religioni, poesie, di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe, chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario? Il tatto e la ragione impongono di tacerne come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita. Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto. Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra, capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice. Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Wisława Szymborska
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osandoconprudenza · 5 years
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COMPLICITA' DI COPPIA
“L’amore rende possibile il paradosso di due esseri che diventano uno, e tuttavia restano due.” (Erich Fromm)
Spaventa molte persone, invece per me è una condizione imprescindibile per la donna che intenda percorrere la strada al mio fianco: io la chiamo COMPLICITA', e l'ho provata.
Un sunto (si fa per dire) dei passaggi più importanti ...
Il primo aspetto da considerare è senza dubbio la reciprocità, che consiste nel ricevere reazioni positive, nel sentirci riconosciuti e apprezzati e nel vederci come figure importanti agli occhi dell’altro; tutti questi elementi conformano di certo un’attrazione notevole
Una autentica amicizia fra l’uomo e la donna è un’esperienza assai più rara, ma ancora più intensa e gratificante: vi è, in essa, non solo l’affiatamento, ma anche la complicità; non solo il capirsi al volo, il saper leggere perfino il silenzio dell’altro, ma qualcosa di più: l’intuire quel che l’altro sta pensando, quel che l’altro desidera senza che nemmeno lui lo sappia.
È una magia.
Nella più bella amicizia fra due uomini o fra due donne, l’uno intuisce quel che l’altro sente, quel che l’altro vorrebbe, quel che l’altro spera o teme; ma nella amicizia profonda fra l’uomo e la donna, l’uno intuisce addirittura quel che l’altra sente, pensa, spera o teme, senza esserne lei stessa del tutto consapevole: e nessuno può dire come ciò avvenga.
Ma avviene.
Talvolta bastano appena uno sguardo, una frazione di secondo, un gesto insignificante; ed anche meno di questo: un silenzio, un certo modo di stare in silenzio. In un attimo, il tempo di un batter di ciglia, tutto appare chiaro come se fosse scritto in parole sulla carta, senza alcuna possibilità o margine di errore.
Chi non ha fatto questa esperienza almeno una volta nella vita, non sa di quali immense, stupefacenti potenzialità sia depositario il mistero dell’altro sesso: quello maschile per la donna e quello femminile per l’uomo.
Può accadere che un uomo e una donna si pensino nello stesso istante, che si cerchino nel medesimo momento, che avvertano quel che passa nell’anima dell’altro con la stessa chiarezza e, a volte, con chiarezza persino maggiore, di quel che passa nella propria.
Non può essere un caso; non può essere una serie di mere coincidenze. Non esistono coincidenze, tanto meno a simili livelli di intensità.
"NON POSSONO ESSERE LE SINCRONICITA' DI JUNG", a mio avviso, quelle sono casuali ...
Ci deve essere qualcosa d’altro: qualcosa che ha a che fare con la polarità che si crea nella dialettica fra uomo e donna; qualcosa di simile a un campo energetico nel quale la polarità positiva e quella negativa si incontrano e si equilibrano perfettamente, esaltando le energie più riposte e insospettate di entrambe.
"AVETE PRESENTE IL SIMBOLO DEL TAO, o DELLO YIN e YANG, IL SUO PERFETTO EQUILIBRIO"?
È una esperienza che confina col sublime.
Forse un uomo e una donna non possono dire di avere realmente vissuto la propria vita, se non l’hanno fatta almeno una volta.
Tornando alla complicità, che è il presupposto di ogni ulteriore intimità, psicologica e affettiva, tra due esseri umani, quella che si può instaurare - in presenza di determinate condizioni - fra un uomo e una donna, coincide con la forma più alta e gratificante di intesa che possa mai realizzarsi tra loro: più alta anche dell’amore, dato che questo porta sempre in se stesso anche elementi di possessività, di gelosia, di paura della perdita, che ne intorbidano la limpidezza.
Tuttavia la complicità immediata, istintiva, affettuosa, che si crea fra l’uomo e la donna, quando essi si sentono attratti l’uno dall’altra e quando son consapevoli sia di tale attrazione reciproca, sia del grande e commovente mistero ad essa sotteso, non è di un tal genere; eppure è giusto chiamarla con quel nome. Ma perché?
Crediamo che ciò dipenda dal fatto che la poderosa corrente energetica che si sprigiona da certi incontri fra l’uomo e la donna, li rende depositari di un segreto che chiunque altro ignora; per cui essi si trovano, quasi di colpo, nella condizione privilegiata di sapere, con lo stesso grado di certezza di una verità matematica, se non anche maggiore, una serie di cose che gli altri, tutti gli altri, anche coloro i quali, in un certo momento, si trovano lì accanto, non potrebbero neppure immaginare.
Al tempo stesso, essi sanno che il fatto di condividere quella consapevolezza, contemporaneamente e intensamente, li pone nella impossibilità di venire compresi dagli altri: se pure la volessero esprimere, gli altri non capirebbero, per il semplice fatto che non si tratta di una esperienza che si possa DIRE, ma soltanto VIVERE.
Improvvisamente, magicamente, quell’uomo e quella donna, grazie al loro incontro e alla presenza l’uno dell’altra, si sono trovati proiettati fin sulla soglia di un grande mistero, un mistero che invano la mente razionale si sforza, da tempi immemorabili, di sondare e di forzare: il mistero dell’unità nella diversità.
Essi sono due; ma, in quei momenti, è come se fossero divenuti uno.
Diciamo meglio: essi erano sempre stati uno, ma credevano d’essere due entità separate: ed ora, così, per lo scoccare di una scintilla inaspettata, sono rientrati nella consapevolezza della propria unità profonda.
Non loro soltanto, ma tutte le cose sono distinte solo in apparenza; sotto la superficie, esse sono connesse in modo indissolubile: perché la realtà, tutta la realtà, è non duale.
Ed essi l’hanno intuito proprio in quell’istante, con quello sguardo, con quel sorriso di complicità.
Fonte: Arianna Editrice, da un articolo di Francesco Lamendola.
p.s. Per moltissimi è impossibile comprendere questo: ebbene, a mio avviso, queste persone non hanno mai vissuto, ma soprattutto non hanno mai amato in vita loro.
osandoconprudenza
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seideegiapulp · 5 years
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OTTOLENGHI Oseresti sostenermi che, se mi si prende con la forza contro ogni mia volontà, con le armi alla mano, e mi s’impone di giurare, io mi disonoro, se giuro con il proposito di non osservare il giuramento? AVELLINI E chi ti prende con la forza? Nessuno può forzare la tua coscienza. COMANDANTE DELLA 12 a Se ne hai una. OTTOLENGHI Nessuno? In tempo di guerra, se io, chiamato sotto le armi, mi rifiuto di prestare il giuramento, io vengo deferito ai tribunali militari e mi si passerà per le armi alla prima occasione. Il mio giuramento è una menzogna necessaria, un atto di legittima difesa. Ciò posto, poiché non c’è scampo, io preferisco essere ufficiale e non soldato. AVELLINI E perché mai? OTTOLENGHI Si presenterà certamente una occasione favorevole, per quell’occasione io voglio avere in mano una forza con cui agire. UN SOTTOTENENTE Bevi un bicchiere e va’a letto. OTTOLENGHI Io non sarò allora un fucile e una baionetta, ma cento fucili e cento baionette. E, alla tua salute, anche un paio di mitragliatrici. COMANDANTE DELLA 11 a Contro chi vuoi impiegare quelle armi? OTTOLENGHI Contro tutti i comandi. COMANDANTE DELLA 11 a E dopo? Aspireresti tu ad essere il comandante supremo? OTTOLENGHI Io aspiro solo a comandare il fuoco. Il giorno X, alzo abbattuto, fuoco a volontà! E vorrei incominciare dal comandante di divisione, chiunque esso sia, poiché son tutti, regolarmente, uno peggiore dell’altro. COMANDANTE DELLA 11 a E dopo? OTTOLENGHI Sempre avanti, seguendo la scala gerarchica. Avanti sempre, con ordine e disciplina. Cioè, avanti per modo di dire, poiché i veri nostri nemici non sono oltre le nostre trincee. Prima quindi, dietro front, poi avanti, avanti sempre. UN SOTTOTENENTE Cioè, indietro. OTTOLENGHI Naturalmente. Avanti sempre, avanti, fino a Roma. Là è il gran quartiere generale nemico. COMANDANTE DELLA 11 a E dopo? OTTOLENGHI Ti pare poco? UN SOTTOTENENTE Sarà un bel pellegrinaggio. OTTOLENGHI Dopo? Il governo andrà al popolo. COMANDANTE DELLA 10 a Se tu farai marciare l’esercito su Roma, credi tu che l’esercito tedesco e quello austriaco resteranno fermi in trincea? O credi che, per far piacere al nostro governo del popolo, i tedeschi rientreranno a Berlino e gli austro-ungarici a Vienna e a Budapest? OTTOLENGHI A me non interessa conoscere quello che faranno gli altri. A me basta sapere ciò che io voglio. COMANDANTE DELLA 10 a Cotesto è molto comodo, ma non chiarisce il problema. Che significherebbe, in sostanza, la tua marcia all’indietro? La vittoria nemica, evidentemente. E tu puoi sperare che la vittoria militare nemica non si affermerebbe, sui vinti, anche come una vittoria politica? Nelle nostre guerre d’indipendenza, tutte le volte che i nemici hanno vinto, non ci hanno essi portato, sulle loro baionette, i Borboni a Napoli e il Papa a Roma? Quando gli austriaci ci hanno battuto, a Milano e in Lombardia e nel Veneto, è il governo del popolo che essi hanno messo o lasciato al potere? Con i nostri nemici vittoriosi, in Italia son ritornate le dominazioni straniere e la reazione. Tu non vuoi certo tutto questo? OTTOLENGHI Certo, io non voglio tutto questo. Ma non voglio neppure questa guerra che non è altro che una miserabile strage. COMANDANTE DELLA 10 a E la tua rivoluzione non è anch’essa una strage? Non è anch’essa una guerra, la guerra civile? COMANDANTE DELLA 11 a Sinceramente, non vorrei né l’una né l’altra. COMANDANTE DELLA 10 a Ma Ottolenghi no. Egli depreca l’una ed esalta l’altra. Ora, non sono tutt’uno? OTTOLENGHI No, non sono tutt’uno. Nella rivoluzione, io vedo il progresso del popolo e di tutti gli oppressi. Nella guerra, non v’è niente altro che strage inutile. COMANDANTE DELLA 10 a Inutile? Qui siamo in parecchi ad essere stati all’Università. Alla mia Università, noi bruciavamo i discorsi di Guglielmo II che invocava, in ogni occasione, il Dio della Guerra e che sembrava non volesse pascere i suoi sudditi che di baionette e cannoni. Inutile strage? Se non ci fossimo opposti agli imperi centrali, oggi, in Italia e in Europa, marceremmo tutti a passo d’oca e a suon di tamburi. OTTOLENGHI Gli uni valgono gli altri. COMANDANTE DELLA 12 a E la democrazia? E la libertà? Che sarebbe il tuo popolo senza di esse? OTTOLENGHI Bella democrazia! Bella libertà! COMANDANTE DELLA 10 a Eppure è per esse che molti di noi sono stati per l’intervento, hanno preso le armi, affrontano tutti i sacrifici e si fanno uccidere. OTTOLENGHI La strage non compensa il sacrificio. COMANDANTE DELLA 12 a E gli interessi dell’Italia? OTTOLENGHI E noi, che siamo? Non siamo l’Italia? COMANDANTE DELLA 10 a Le ragioni ideali che ci hanno spinto alla guerra son venute forse a mancare perché la guerra è una strage? Se noi siamo convinti che dobbiamo batterci, i nostri sacrifizi sono compensati. Certo, noi siamo tutti stanchi e i soldati ce lo hanno proclamato ad alta voce oggi. Ciò è umano. A un certo punto, ci si scoraggia, si pensa solo a noi stessi. L’istinto di conservazione ha il sopravvento. E la maggior parte vorrebbe veder finita la guerra, finita in qualsiasi modo, perché la sua fine significa la sicurezza della nostra vita fisica. Ma, è ciò sufficiente a giustificare il nostro desiderio? Se cosí fosse, un pugno di briganti non ci avrebbe perennemente in suo arbitrio, impunemente, solo perché noi abbiamo paura della strage? Che ne sarebbe della civiltà del mondo, se l’ingiusta violenza si potesse sempre imporre senza resistenza? OTTOLENGHI Ammettiamolo pure. COMANDANTE DELLA 10 a È che tu devi ammettere che bisogna difendere la moralità delle proprie idee, anche a rischio della vita. Quello della stanchezza e degli orrori non è un argomento valido a condannare la guerra. I soldati, stasera, si sono ammutinati. Hanno ragione o hanno torto? Forse hanno torto, forse hanno ragione. L’uno e l’altro assieme, forse. La massa non vede che il bene immediato. Ma che avverrebbe se la loro condotta dovesse essere presa, nell’esercito, come una norma di condotta generale? OTTOLENGHI La loro rivolta è legittima, perché la guerra è quella insopportabile strage che noi vediamo, a causa dell’incapacità dei nostri capi. COMANDANTE DELLA 11 a Questo è vero. COMANDANTE DELLA 12 a Qui, Ottolenghi, ha ragione. UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI È la verità. AVELLINI Neppure io posso negarlo. OTTOLENGHI Lo vedete? Anche voi siete costretti a darmi ragione. COMANDANTE DELLA 10 a Noi siamo entrati in guerra con i capi politici e militari impreparati. Ma questo non è un argomento per indurci a gettare le armi. OTTOLENGHI I nostri generali sembra che ci siano stati mandati dal nemico, per distruggerci. UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI È vero. COMANDANTE DELLA 11 a È purtroppo così. OTTOLENGHI E attorno a loro, una banda di speculatori, protetti da Roma, fa i suoi affari sulla nostra vita. Lo avete visto l’altro giorno con le scarpe distribuite al battaglione. Che belle scarpe! Sulle suole, con bei caratteri tricolori, c’era scritto «Viva l’Italia». Dopo un giorno di fango, abbiamo scoperto che le suole erano di cartone verniciato color cuoio. UN GRUPPO DI SOTTOTENENTI Questo è vero. COMANDANTE DELLA 12 a Disgraziatamente è cosí. OTTOLENGHI Le scarpe non sono che un’inezia. Ma il terribile è che hanno verniciato la stessa nostra vita, vi hanno stampigliato sopra il nome della patria e ci conducono al massacro come delle pecore.
Emilio Lussu, Un anno sull'Altipiano (1938)
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astrogeomantica · 3 years
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Un amore felice
Un amore felice. È normale?
è serio? è utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri che non vedono il mondo?
Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito, i primi qualunque tra un milione, ma convinti che doveva andare così – in premio di che? Di nulla; la luce giunge da nessun luogo –
perché proprio su questi, e non su altri?
Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò offende i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’, si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie, quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano – sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie, di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe, chi vorrebbe restare più nel cerchio?
Un amore felice. Ma è necessario? Il tatto e la ragione impongono di tacerne come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto. Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra, capita, in fondo, di rado.
Chi non conosce l’amore felice dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
** Wisława Szymborska
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Perfect Kick 2 Trucchi - Perfect Kick 2 Trucco Gemme e Monete Gratuite
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Questo nuovo Perfect Kick 2 Trucchi è fuori e pronto a rivelare tutti i suoi segreti sul tuo dispositivo. Tutto cambierà in meglio quando inizierete a usarlo e funzionerà senza alcun problema. Abbiamo compilato nel prossimo testo un elenco di motivi per cui questo Perfect Kick 2 Truco è il migliore. Continuate a leggere per saperne di più.
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Informazioni su Perfect Kick 2 Siete pronti a godervi un divertente gioco di calci di punizione contro giocatori di tutto il mondo? Allora questa avventura di gioco è esattamente quello che stavate cercando. Avete la possibilità di fare azioni diverse e divertenti in questo gioco, come aggiornare il vostro stadio o sbloccare attrezzature uniche e anche power-up. Fate il meglio che potete per rendere il vostro nome nella Star Hall of Fame il più presto possibile. Noterete quanto siano veloci l’attacco e la difesa e quanto sia facile giocare a questo gioco allo stesso tempo. La strategia che devi avere impostato deve essere sorprendente poiché avrai molti avversari che saranno difficili da sconfiggere. Ognuno di essi è una partita 1V1 che si alternerà tra calciatore e portiere. Scoprite la diversità dei potenziamenti insoliti che potrete scegliere come il Runner, Banana Kick o Tornado. È una selezione bella ma anche stravagante da cui potrete scegliere. Entra in una grande lega e unisciti ad altri giocatori globali da cui potrai sicuramente imparare. Migliora la tua League Division lentamente ma costantemente per poter godere dei vantaggi della Timed League. Riunisci tutti i tuoi amici che amano questo gioco quanto te e unisciti a un club. La prossima mossa dovrebbe essere quella di reclutare talenti da aggiungere a questo club, proprio come farebbe un manager di calcio. Tu sei l’unico che può portare questo club alla grandezza. Non essere timido ora, scegli lo stile che più ti si addice dalla gamma di costumi e attrezzature stravaganti. Seleziona il look che ti piace e mostralo a tutti. Ti viene anche data la possibilità di chattare con qualsiasi giocatore tu voglia. In seguito potrete lanciare partite amichevoli per giocare l’uno contro l’altro. Sarete sicuramente stupiti dalla grafica 3D ad alta definizione con cui questo gioco è stato sviluppato e siamo sicuri di avervi incuriosito abbastanza. Questo gioco ha recentemente aggiunto una nuova caratteristica e ci sono tante altre cose eccitanti da scoprire. Ci sarà sicuramente un momento in cui vi sentirete bloccati e non potrete andare avanti nel gioco. È allora che avrete bisogno del nostro aiuto. Utilizzo di Perfect Kick 2 Trucchi Questo nuovo Perfect Kick 2 Trucchi aggiungerà tutte le gemme e le monete che stavi desiderando. Funzionerà alla grande perché migliorerà la tua esperienza di gioco e tornerai da noi molto presto. Pertanto, la vostra scalata al successo sarà raggiunta in un breve periodo di tempo. Sono sicuro che hai avuto obiettivi di gioco fin dall’inizio e raggiungerli è stato difficile fino a questo momento. Potrai raggiungere tutti i tuoi obiettivi grazie a questo Perfect Kick 2 Trucco, pur rimanendo protetto. La funzione Anti-Ban inclusa in questo programma nasconderà tutti i vostri dati privati e personali. In questo modo non sarete sorpresi a barare e la vostra attenzione può rimanere sul divertimento che state avendo. Un altro vantaggio di questo Perfect Kick 2 Trucchi è il fatto che funzionerà su qualsiasi dispositivo che possiedi. Anche se è un iOS o un Android, sarete in grado di godere dei suoi vantaggi subito. Non c’è semplicemente nulla che vi trattenga dal provare questo Perfect Kick 2 Truco e siamo sicuri che poi non ve ne pentirete. Usa questo Perfect Kick 2 Trucchi gratuitamente, perché non ti chiederemo soldi né ora né in futuro. Questo Perfect Kick 2 Trucchi è l’aiuto che stavi cercando per diventare il giocatore che hai sempre desiderato. Questo Perfect Kick 2 Trucchi non ha difetti perché il nostro team ha lavorato molto duramente su di esso per renderlo perfetto. Provatelo e scoprite i benefici che porterà al vostro gioco. Vi offrirà un’esperienza di gioco incredibile e non c’è bisogno di tenerlo segreto. Condividete questo Perfect Kick 2 Trucchi con tutti i vostri amici. Apprezzeranno sicuramente il tuo gesto gentile. Questo Perfect Kick 2 Trucchi è pronto a cambiare le cose quando si tratta della parte divertente.
Qualche parola sul Perfect Kick 2 Trucchi
Ciao giocatori! Di fronte a voi c’è il miglior generatore di Perfect Kick 2 Trucchi che potete trovare online in questo momento! Finalmente possiamo presentarvi con orgoglio questo fantastico strumento generatore che può aiutarvi a ottenere molti Gemme e Monete gratuite. So che questo suona ridicolo ma dopo tante ore di sviluppo di questo strumento di lavoro finalmente siamo in grado di godere in questo trucchi per Perfect Kick 2! Premete il pulsante qui sotto e sarete reindirizzati alla pagina degli imbrogli. Seguire i passi sulla pagina del generatore o leggere tutto il post del blog sottomano per scoprire come hackerare Perfect Kick 2 e ottenere Gemme e Monete!
Come utilizzare Perfect Kick 2 Trucchi
Se state ancora leggendo, allora volete avere qualche informazione veloce su come usare questo trucchi, quindi cercherò di descrivere il vostro processo in poche parole. Non è mai stato così facile ottenerne Gemme e Monete. Questo processo è così semplice che anche un bambino di cinque anni può completare interi passi in pochi minuti e ora vi farò sapere come fare. Il primo passo è già stato fatto. Sei finalmente sul sito migliore per Perfect Kick 2 Trucchi e ora puoi semplicemente rilassarti e divertirti, perché è davvero difficile trovare strumenti di hacking di lavoro al giorno d’oggi! Dopo aver premuto il pulsante ‘Accedi Trucchi’ verrai reindirizzato a questa pagina dove avrai il tuo Perfect Kick 2 Trucchi. Una volta cliccato il pulsante troverai la pagina del generatore e la prima cosa da fare è collegare il tuo account di gioco al generatore. Aspetta un paio di momenti che il generatore colleghi il tuo account. Assicurati di lasciare l’email/nome utente dell’account a destra e seleziona il tuo dispositivo! Perfect Kick 2 Trucchi è il modo migliore per ottenere Gemme e Monete gratuitamente. Tutto quello che devi fare è usare il generatore collegato qui sotto. E’ molto semplice – devi digitare il tuo nome utente Perfect Kick 2, scegliere quanti Gemme e Monete gratuiti vuoi e poi cliccare sul pulsante Continua. L’intero processo è automatizzato e richiede fino a 5 minuti. La connessione con il server è protetta da server proxy e da una crittografia AES a 256 bit, in modo che il tuo account sia completamente sicuro. Spendere il tuo denaro è finalmente giunto al termine! È sempre la stessa situazione. Il gioco è nuovo, ma per andare avanti ci vuole troppo tempo. Sei stanco di giocare così a lungo per fare finalmente progressi. Ecco perché stai pensando di comprare il Gemme e Monete. Ma non deve essere per forza così nel Perfect Kick 2, perché con l’trucchi Perfect Kick 2 ti diamo la possibilità di ottenere tutti i Gemme e Monete gratuiti che vuoi. La cosa migliore di questo Generatore Perfect Kick 2, tuttavia, è che siete completamente protetti e non dovete avere paura di incantesimi o altro. In Gemme e Monete trucchi puoi decidere quanti Gemme e Monete ne vorresti. In pochi minuti lo riceverete direttamente sul vostro smartphone. Per inciso, il Generatore Perfect Kick 2 Gemme e Monete funziona perfettamente per tutti gli smartphone iOS e Android. Vi fa risparmiare un sacco di tempo, pazienza e soprattutto denaro!
Perché il Gemme e Monete è così importante?
Con questi potrete semplicemente includere molto più divertimento all’interno del gioco. Potrai ottenere driver migliori e persino sbloccare nuovi personaggi. Purtroppo il gioco è “Paga per vincere”. Questo significa che le possibilità di successo sono molto più alte nel caso in cui siate disposti a spendere dei fondi. Ecco perché abbiamo prodotto un Perfect Kick 2 trucco che si può usare ovunque e in qualsiasi momento. L’trucchi vi offre la possibilità unica di ottenere tutte le cose e le costose valute straniere in gioco completamente gratis. Tutto quello che devi fare è cliccare sul particolare generatore online e non sei pronto ad andare. Scegliete voi stessi il numero di no cost Gemme e Monete che una persona vorrebbe trovare. Nel giro di poco tempo potresti trovarli. In ogni nostro tutorial abbiamo spiegato esattamente come funziona. Conclusione Per la migliore esperienza, è possibile controllare le recensioni per la credibilità. Questo metodo vi sarà sicuramente utile e vi renderà un giocatore avanzato dello stesso. Speranza, questa guida vi sarà utile e vi permetterà di saperne di più sullo stesso. Se non sapete come progredire, allora potete ottenere gratuitamente Gemme e Monete utilizzando questo strumento. Assicuratevi di non utilizzarlo più di cinque volte al giorno. In pochi mesi dal rilascio di Perfect Kick 2 è già nella top 10 dei migliori giochi per cellulari per quest’anno. Qualcosa del genere ci si aspettava da un gioco che è stato rilasciato da una casa di gioco rispettabile. Il gioco ha avuto un successo esponenziale nonostante l’incredibile concorrenza che ha avuto nell’anno in corso. Continueremo a mantenere il nostro trucchi per mantenere felici i nostri visitatori. Grazie per aver letto il nostro articolo. Saluti!
Perfect Kick 2 Trucchi Caratteristiche:
Aggiungi un numero illimitato Gemme e Monete Supporto iOS, Supporto Android, Sicuro al 100% con la nostra protezione Anti-Ban, Facile da usare, Un design fantastico, Perfect Kick 2 Trucchi ha ricevuto aggiornamenti regolari, Molto veloce – generare risorse in pochi secondi!
Come hackerare Perfect Kick 2
Infine, lancia il nostro Perfect Kick 2 Trucchi, quindi segui le istruzioni e goditi la quantità illimitata di Gemme e Monete! Fare clic sul pulsante “Accedi Trucchi” qui sotto Digitate il vostro nome utente e scegliete il sistema del dispositivo e cliccate su “Connetti”. Inserire l’importo di Gemme e Monete Aspetta qualche secondo, l’trucchi sta lavorando per te ora! Godetevi il vostro Gemme e Monete su Perfect Kick 2 In primo luogo, grazie per aver utilizzato i nostri strumenti – se vi piace, lasciate i simili, iscrivetevi ai nostri canali youtube e condividete il nostro lavoro sui social media. Questo ci spingerà a fare un altro strumento di hacking! Controllate anche i nostri altri imbrogli qui!
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ilcervoelalupa-blog · 6 years
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La storia del vero amore eterno
Racconto questa storia, una storia accaduta realmente, una storia che ho potuto vivere sulla mia pelle, una di quelle storie che accadono raramente e si raccontano ancor meno. Questa storia inizia con due ragazzi, due ragazzi molto diversi eppure perfettamente identici, tutti e due ebbero una vita travagliata, una vita molto diversa ma piena di sofferenze e dispiaceri, uno dei due, ricordo bene, aveva due occhi paurosi, questi erano pieni di dolore e forza, erano pieni di odio e amore, quegli occhi parlavano...da quegli occhi si poteva vedere l’infinito. Un giorno, una domenica qualunque si videro e da li nonostante tutti i problemi e il dissenso delle persone si continuarono a vedere, a loro non importava degli altri, gli importava solo di loro. Questi due ragazzi già dalla prima volta capirono che non era un legame comune, non era un legame effimero questi due ragazzi non lo sanno ancora ma la verità è che si amano da una vita, loro sono uniti e legati dalla nascita. Il loro amore dura da 6 mesi, questo è un amore puro, sincero, non è un amore banale, sono giovani ma non è un amore infantile, loro hanno solamente 18 anni eppure sono convinto che veramente poche persone abbiano mai provato un amore così sincero, sono talmente perfetti che vogliono sposarsi ed avere una vita insieme, sono determinati, forti e raggiungeranno il loro obiettivo. Come si potrebbe ben immaginare durante il percorso ci furono moltissimi ostacoli, tra cui uno veramente imponente. Questa ragazza ebbe problemi molto gravi fin da bambina che purtroppo dovette affrontare sempre da sola, questa ragazza ha solamente 18 anni ma ne ha viste “di tutti i colori” questa ragazza ha visto veramente di tutto. Molte persone non immaginano nemmeno quali sono i veri problemi della vita finchè non possono assaporarne l’amaro gusto, un gusto che ti corrode dentro, un gusto che dopo la prima volta non si vorrebbe mai più sentire. Questa ragazza non è solamente forte, questa ragazza è veramente la reincarnazione di un diavolo, con il cuore di un angelo, è la persona migliore che abbia mai incontrato in vita mia. Questa ragazza dopo aver lottato per anni e anni oramai si sente stanca, debole, affaticata...è sempre stata forte sconfiggendo tutti i problemi da sola, non ha più voglia di lottare da sola....lei però ora ha una persona al suo fianco, un ragazzo che sa di non essere perfetto, che nonostante i suoi mille difetti è pronto a combattere per lei, al suo fianco, a costo di morire, lui vorrebbe aiutarla, lui vuole vivere una vita con lei...questo ragazzo non sopporta vedere le lacrime della sua amata, non sopporta vederla soffrire, non sopporta vederla ferita dentro, lui la vuole curare.. questo ragazzo darebbe la vita solo per vedere un sorriso su quel viso tanto dolce e puro. Questi ragazzi si amano da impazzire, sono una persona sola e se ne dovesse morire uno morirebbero entrambi. Loro vogliono lottare, loro devono lottare contro tutti i problemi. Loro sconfiggeranno tutte le insidie della vita per crearsi un futuro solido e per curare il loro amore, l’unico vero amore della vita, la cosa più bella e sincera di quest’ esistenza.  Questi due ragazzi si chiamano Giorgia e Riccardo e sono pronti a lottare contro qualsiasi cosa, anche contro il Mondo intero per stare insieme per sempre. Il loro amore è vero, fortissimo, sincero, il loro amore proviene dal profondo dell’anima. Hanno un futuro speciale e formidabile che li attende, pieno di gioia, amore e serenità. Darebbero la vita l’uno per l’altro. Io sono convinto che ce la faranno perchè il loro amore è talmente forte che batterà qualunque cosa. Questo ragazzo sono io, e darei la vita per la mia amata. 
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