Tumgik
#disprezzo
gregor-samsung · 2 months
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“ La maestra puntò la bacchetta sull’immagine di una chitarra acustica. «Chi vuole sillabare questa parola?». Alzai la mano, col sorriso della certezza stampato in faccia. «g-h-i-t-a-r-e . Ghitare». La classe scoppiò a ridere. «Marilena, in italiano questa è una chitarra. So che in africano è diverso. Cerca solo di non confondere più le due lingue, va bene?». L’ africano raggruppava, a dire della maestra Pennacchia, le migliaia di lingue e dialetti che costellavano l’Africa intera. Ghitare fu la prima di tante parole che dovetti re-imparare a scuola. Cortero fu corretto in coltello, aise in aids. Mamma mi parlava in un italiano immigrato. Un misto di parole francesi, bergamasche e rwandesi. Era un italiano approssimato il suo, appreso da cartoni animati e vicini di casa che parlavano solo dialetto. Quel pomeriggio, di rientro dal lavoro, mamma accostò una sedia alla mia per leggere con attenzione ciò che stavo scrivendo. «Vai via, smettila di farmi sbagliare». La scansai, ma lei non accennò a muoversi. «Oggi la maestra ci ha spiegato che ghitare non è una parola. Si dice chitarra, e si scrive in questo modo…». Fu così che mia madre – lei che in Rwanda era stata direttrice e insegnante di filosofia, chimica, algebra, letteratura e lingua francese, corse a prendere carta e penna. Da brava studentessa, copiò la parola che avevo appena scritto cinque volte. Fu la prima di tante lezioni d’italiano a venire. “
Marilena Umuhoza Delli, Negretta. Baci razzisti, Red Star Press (collana Tutte le strade), 2020. [ Libro elettronico ]
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lonelygirl-97 · 7 months
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Che gusto ci trovate nel prendere in giro le persone?
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ragazzoarcano · 1 month
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«In nome degli interessi personali, molti rinunciano al pensiero critico, ingoiano insulti e sorridono a coloro che disprezzano. Anche smettere di pensare è un crimine.»
— Hannah Arendt
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tuportamiviareturn · 7 months
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Non basta dire ad alta voce, di certa gente, che la si disprezza. Il silenzio soltanto è sovrano disprezzo. E quello che ho detto qui è già troppo.
Charles Augustin de Sainte-Beuve (Boulogne-sur-Mer, 23 dicembre 1804 – Parigi, 13 ottobre 1869)
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soleberlandieri · 1 month
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Non ricordo la tua faccia - La pazienza dell'acqua (on Wattpad) https://www.wattpad.com/1428953934-non-ricordo-la-tua-faccia-la-pazienza-dell%27acqua?utm_source=web&utm_medium=tumblr&utm_content=share_reading&wp_uname=ChiccaTiaKiki ObiIta; Obito x Itachi IC, Canon Compliant, Canon typical behavior Dal testo: Cos'è che ti tiene sveglio la notte, Obito? Non è l'incessante ticchettio della pioggia di questo maledetto posto. [...] No, non sono le magagne del passato a farti sobbalzare nel cuore delle tue notti tormentate. [...] È un dito che spinge e gratta dentro il tuo stomaco. Un'immagine che resta indefinita dietro gli occhi di Rin e sotto le lacrime di Kakashi. Non affiora mai in superficie, non la decifri, ma sai che è lì. [...] Nonostante tu ti sia straziato le dita con le schegge del suo cuore, hai voltato la testa dall'altra parte pur di non ammettere che non sei l'unico a esserti forgiato nel dolore. Non hai l'esclusiva di niente, Obito. Molto più di quello che pensi vi accomuna. Una volta qualcuno non ha detto che a governare la vita non sono gli eventi, ma piuttosto la reazione di chi li subisce?
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openyoureyesbitch · 8 months
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È da tutta la mia vita che rincorro la perfezione...e ho fallito. Ho fallito non so quante volte. E l'aver fallito così tanto, mi ha portato a dubitare di me stesso. Perfino a disprezzarmi, senza mai dirlo a nessuno.
This Is Us, S2:E1
@openyoureyesbitch
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dinonfissatoaffetto · 10 months
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mostro-rotto · 11 months
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Non provo rabbia, nemmeno delusione, ho solo quel senso di schifo e disprezzo per aver dato importanza a gente inutile
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sunflowerkk · 2 years
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Il problema dei cinici non è l'incapacità nel provare sentimenti, quanto la difficoltà dell'affrontare il momento in cui ne provano; se non possono amare, finiscono per odiare. E quella no, non è una forma di disprezzo, è solo l'ulteriore prova della loro umanità.
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gregor-samsung · 11 months
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“ C'è una parte di Italia, la quasi totalità delle persone che avrebbero dovuto combatterlo sul piano politico e con una proposta alternativa di efficacia maggiore, che ha considerato Berlusconi non il capo di una coalizione opposta alla propria e poi il presidente del Consiglio di questo Paese; ma ha passato anni e anni a parlare di lui come di un essere spregevole, un pagliaccio, un corrotto, perfino un uomo basso (un nano), un puttaniere. Si è persa un'enorme quantità di tempo e di energie a creare formule sarcastiche per il nemico e quelli che aveva intorno. In fondo, la sequela di errori che sono stati commessi nei lunghi anni di dominio di Berlusconi deriva da questa doppia e insostenibile identità che gli si è attribuita: il mostro e il pagliaccio. Insieme. Erano tutti convinti che fossero due definizioni esponenziali, e nessuno ha immaginato che invece avrebbero potuto essere due pesi che si annullavano. Quindi, né l'uno né l'altro. Nessuno lo ha mai considerato un vero mostro, perché il disprezzo e la derisione ne abbassavano i connotati, neutralizzavano il senso della tragedia, lavoravano per renderlo poco credibile. E non si ha timore vero di chi si considera poco credibile. Se non si ha timore vero dell'avversario politico, non si mettono in atto delle strategie concrete, e alternative alla sua, per combatterlo.
Quando è comparso sulla scena, nel 1994, gli elementi per combattere Berlusconi c'erano già tutti: il conflitto di interessi - e soltanto su questo si sarebbe potuta concentrare tutta la discussione democratica; le idee e i programmi, che non solo erano distanti dalla sinistra, ma erano distanti dagli interessi della maggioranza degli italiani. A questo si è in seguito aggiunta la disinvoltura con cui ha fatto alleanze e ha promesso in cambio con leggerezza, per esempio, il federalismo rovinoso che chiedeva la Lega. In più si è aggiunto ancora il modo di pensare alla politica, di fare campagna elettorale e di promettere, che era facilmente contrastabile al confronto con i risultati ottenuti: la pratica del governo è stata mediocre, con leggi che se potevano essere gravi perché fatte ad personam, lo erano ancora di più (e su questo bastava concentrarsi) perché non erano vantaggiose per la comunità. Tutti questi elementi pubblici, politici, sarebbero bastati a fare un'opposizione chiara e senza nessuna collaborazione di qualsiasi tipo; e sarebbero bastati a organizzare una controproposta politica di altra qualità. Non erano questioni soltanto sufficienti; erano questioni decisive della vita democratica di un Paese; non erano concentrate su una persona, ma sulle regole della comunità. Ciò bastava a mettere in piedi una tale quantità di energia oppositiva da poter essere comparata a una rivoluzione. Le energie invece, sono state sbriciolate e spese a interessarsi di altro: atteggiamenti, gesti e modi di vestire e di parlare; e soprattutto processi, gradi di giudizio e condanne; in particolare, su alcuni eventi scandalosi della vita privata. Non ho mai creduto che si potesse lottare per tutte queste cose insieme. Ho pensato sempre che l'energia oppositiva, in un Paese, è limitata, va salvaguardata, va spesa con razionalità e precisione. La dispersione di energie oppositive in tutti quei rivoli sarcastici, pettegoli, intrusivi, ha tolto forza alla sostanza. La concentrazione su stupidaggini è stato il centro energetico del Paese che si è opposto a Berlusconi. L'unica medaglia al valore civile da sfoggiare, in questi anni, è stata quante volte avevi deriso Berlusconi, quante volte avevi riso di Berlusconi; quanti articoli avevi scritto contro di lui, quante volte avevi espresso pubblicamente il tuo odio. Berlusconi su di noi faceva l'effetto di un dittatore all'incontrario: entravi nell'elenco dei sospettati se non parlavi male di lui. Si è ridotto tutto a un esercizio retorico dell'opposizione, dell'estraneità: con ogni probabilità, questo fenomeno ha avuto luogo per combattere la paura della diversità, la paura verso il potere di quest'uomo, con una denigrazione sul piano personale che ne abbassasse il pericolo. Ma l'operazione di dissacrazione del mito ha soprattutto distratto dalla lotta politica, dal centro delle questioni. Dalla costruzione di un'alternativa più efficace che potesse piacere al Paese. “
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017 [1ª ed.ne 2013]; pp. 198-200.
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Prendono, usano e poi scompaiono.
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antanasias · 1 year
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Al sangue mio s'adatta meglio il disprezzo generale, che fingere contegno falso per estorcere l'amore di qualcuno.
Shakespeare “Molto rumore per nulla”
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ragazzoarcano · 2 years
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“Ho sempre avuto il massimo disprezzo per le ricchezze, non perché non mi piacessero, ma perché odiavo le fatiche e le preoccupazioni che ne derivano.”
— Francesco Petrarca
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Quando sei un disperato, disprezzato, ridotto a clandestino in un Pianeta in cui altri pensano, a torto, di meritare più risorse, più sicurezze, più agi, è più facile delinquere; lo sdegno va provato verso gli agiati, nati e cresciuti nell'opulenza, che delinquono comunque.
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Provo disgusto per gli intellettuali da versione ufficiale dei fatti, e ancor di più per gli intellettuali da rivoluzione occasionale, da rifiuto dei dogmi in nome di una giustizia indotta, esaminata e approvata; i rivoluzionari di una rivoluzione parlata nei salotti televisivi, gli anticonformisti conformi a un conformismo confermato nella sua antitesi inoffensiva e pantofolata; mi danno il vomito gli opinionisti a gettone, gli influencer da marchio di fabbrica, gli affabulatori senza contenuti. Tutti insignificanti e parassitari file di sistema innervati per la propagazione capillare dei software ideologici della memora centrale; odio coloro che credono e anche coloro che non credono e in entrambi i casi non sono sfiorati dal dubbio; disprezzo la mancanza di idee e la mancanza di libertà, assopirsi nella convinzione che non esista una alternativa, uno schema di vita diverso, una forma elevata d’esistenza liberata dai dettami delle consuetudini sociali e delle regole politiche, dalle ambizioni sterili e fini a se stesse e dalla indispensabile e corrosiva esigenza di un guadagno sempre maggiore; addormentarsi nella volontaria inconsapevolezza che la maggior parte dei soldi che faticosamente cerchiamo di ottenere, vengono spesi solo per produrre altri soldi, e poi ancora e ancora, in una vacua sequenza dissennata di giorni senza valore e senza significato, calpestando chiunque ci attraversi il cammino. Forse c'è più dignità a scatenare una guerra, a combattere, a uccidere, a delinquere, che a proclamare la pace sulla acquiescete serenità dei propri privilegi economici; vogliamo la pace nel mondo, purché resti cristallizzata in una utopia irrealizzabile e che non ci venga tolta neanche una briciola dal nostro sovrabbondante piatto di benefici esistenziali.
Ma disprezzo più di tutto me stesso e la mia vita; la mia ignavia, il mio girare la testa a margine della marea crescente di letame che opprime l'umanità; la mia pigrizia mentale che mi induce a smettere di combattere, la mia insopportabile tolleranza dei soprusi e di ogni abominio che infesta la storia; l'illusione di essere liberi dentro se stessi mentre fuori ci si stringe la catena ai polsi. Odio la mia insignificante presenza, colpevole e complice di questo disagio senza evoluzione. Perché la consapevolezza rende ancora più complici.
Ma almeno, se la verità rende liberi. nella mia infingarda miseria biologica, nel fondo buio della mia prigione gretta e senza luce, respirerò un fugace alito di libertà.
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tre-uno · 1 year
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Di tutto ciò che disprezzi, prova a prendertene più cura.
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