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#maria luisa di spagna
roehenstart · 17 days
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The Queen of Etruria and her children. By José Aparicio e Inglada.
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jacopocioni · 5 months
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Livia Raimondi, storia di un'amante.
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Ingresso delle truppe francesi in Firenze Era il 27 marzo 1799 quando i francesi entrarono a Firenze, passando attraverso quell’arco trionfale, che era stato eretto sessanta anni prima per la venuta dei Lorena, in piazza di Porta San Gallo, l’attuale piazza della Libertà. Recavano un ramoscello di ulivo nelle baionette perché era il giorno di Pasqua e perché si presentarono come “portatori di pace” . Il granduca di Toscana Ferdinando III di Lorena, che si trovava nel palazzo della Meridiana a Palazzo Pitti, fu invitato a lasciare la città ed in Firenze si stanziarono i “Nuvoloni”, termine con cui i fiorentini chiamarono i francesi dal “Nous voulons “ dei loro manifesti ufficiali. Dopo la parentesi del Regno d’Etruria, durato dal 1801 al 1807, la Toscana dal 1808 era stata formalmente annessa alla Francia e divisa nei tre dipartimenti dell’Arno, di cui Firenze fece parte, dell’ Ombrone e del Mediterraneo. Napoleone conferì il “governo generale del dipartimento della Toscana” alla sorella Elisa con il titolo di granduchessa e la giunta straordinaria di Toscana, presieduta dal generale Jean Francois, barone di Menou, approvò la prima delibera istitutiva del censimento generale della popolazione dei tre dipartimenti per motivi fiscali, di circoscrizione militare e per l’eliminazione del maggiorascato ed altro. Il Fallani, a seguito di questi considerevoli interventi, nel 1786 realizzò anche una nuova facciata in stile barocco fiorentino ed una nuova porta principale, contrassegnata, a patire dal 1810, dal n. 518 e che si apriva sull’allora piazza Imperiale, denominata in precedenza piazza del Granduca, ed oggi conosciuta come piazza della Signoria. Livia risultava residente a Firenze da ben 22 anni, vale a dire dal 1788, anno in cui aveva dato alla luce un figlio, nato dall’unione con il granduca. Il bambino non avendo potuto né essere riconosciuto come figlio naturale di Pietro Leopoldo, in quanto concepito fuori dal vincolo matrimoniale e per giunta da un legame con una donna definita “di basse origini”, né potendo avere il cognome della madre, per non rendere ufficiale il legame, risultò alla nascita uno dei tanti figli dello Spedale degli Innocenti ed al quale, solo più tardi, sarà assegnato il nome di “Luigi von Grun”. L’ 8 gennaio del 1788 era nato anche Rodolfo Giovanni, il sedicesimo ed ultimo figlio che Pietro Leopoldo ebbe dalla moglie Maria Luisa di Borbone, figlia del re Carlo III di Spagna, con la quale si era unito in matrimonio ad Innsbruck nel 1765. La sorte di questi due figli del granduca sarà molto diversa: Rodolfo Giovanni sarà avviato alla carriera ecclesiastica, mentre Luigi von Grun a quella militare a Vienna. Nel 1790 Pietro Leopoldo, in seguito alla morte del fratello, l’imperatore Giuseppe II, dovette succedergli al trono, col nome di Leopoldo II e per questo fu costretto ad abbandonare la Toscana. L’ imperatore prima della sua morte aveva assicurato già a lei ed al figlio Luigi una rendita che avrebbe permesso loro di vivere... Fine prima parte segue seconda parte il giorno lunedì 31/07/2017
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Marta Questa Read the full article
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sardies · 8 months
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“Dall’altra parte del mare”, Alghero si fa ponte tra Italia, Spagna e America Latina
Alghero. Dal 5 all’8 ottobre Alghero diventa crocevia di culture, di storie, di incontri e di scambi collegati dalla lingua spagnola in tutte le sue varianti, dalla Spagna ai Paesi dell’America Latina. Torna Tra due sponde, la sezione ispano-americana del festival letterario internazionale “Dall’altra parte del mare”, ideato e curato da Maria Luisa Perazzona e Elia Cossu dell’Associazione…
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josefavomjaaga · 3 years
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Letters from 1814. Murat and Bentinck
Next to the Austrians, the second power Murat had to deal with when he joined the cause of the Allies was “les Anglais”, who for years had protected the ex-king of Naples Ferdinand on Sicily. And if Austria was annoyed with Joachim Murat for his half-hearted support, Lord William Bentinck’s behaviour seems to have been almost hostile.
All documents again taken from Helfert, “Joachim Murat”.
Lord Bentinck's proclamations to the Italians
Italiani! La Gran Bretagna ha le sue truppe su i Vostri lidi; ella Vi porge la mano per liberarvi dal ferreo giogo di Bonaparte.
Il Portogallo la Spagna la Sicilia l'Olanda attestano i principj liberali e disinteressati che animano queste potenze.
La Spagna per la sua ferma risoluzione, per il suo valore, e per gli sforzi della sua Alleata è riuscita nella più bella impresa. I Francesi sono stati scacciati dal suo territorio, la sua indipendenza è assicurata. La sua civile libertà è stabilita.
La Sicilia protetta da questa potenza istessa riusci di salvarsi dall'universale diluvio per cui nulla ha sofferto; mediante il genio benefico del suo Principe passò dalla schiavitù alla libertà, e si affretta di far risorgere il suo antico splendore frà le Nazioni indipendenti..
L'Olanda vola a conseguire un uguale intento. L'Italia sola resterà dunque sotto il giogo?
I soli Italiani combatteranno contro gl' Italiani a pro di un Tiranno e per la servitù della patria?
Italiani, non più esitate, siete Italiani! E tu specialmente, Armata Italiana, pensa che la gran causa della tua patria è nelle tue mani. Guerrieri d'Italia, non Vi si domanda di venire a noi, ma Vi si domanda che facciate valere i Vostri proprje diritti e che siate liberi.
Chiamateci e noi accorreremo, ed allora i nostri sforzi riuniti faranno che l'Italia divenga ciò che nei suoi migliori tempi l'Italia già fù, e ciò che la Spagna è. .
Livorno 14 Marzo 1814.
William C. Bentinck Commandante in Capo delle truppe brittanniche.
***
Italians! Great Britain has her troops on your shores; she extends her hand to free you from the iron yoke of Bonaparte.
Portugal, Spain, Sicily and Holland bear witness to the liberal and disinterested principles that animate these powers.
Spain, by her firm resolution, her valour and the efforts of her allies, has succeeded in the most magnificent enterprise. The French have been driven from her territory, her independence is assured. Her civil liberties are secured.
Sicily, protected by this same power, succeeded in saving herself from the universal scourge from which she suffered nothing; through the beneficent genius of her Prince she passed from slavery to liberty, and hastens to resurrect her ancient splendour among the independent nations....
Holland is striving to achieve the same.
Will Italy alone remain under the yoke?
Will the Italians alone fight against Italians in favour of a tyrant and for the servitude of the fatherland?
Italians, do not hesitate any longer, you are Italians! And you especially, Italian Army, think that the great cause of your homeland is in your hands. Warriors of Italy, we do not ask you to join us, we ask you to assert your rights and be free.
Call on us and we will come, and then our combined efforts will make Italy what in its best days Italy was and what Spain is.
Livorno 14 March 1814.
William C. Bentinck Commander in Chief of the British troops.
This proclamation, especially the part about the “Italian Army”, seems to be directed more to Eugène’s Italians than to Murat’s, but it’s still interesting to note that Bentinck hints at a common Italian cause (”Don’t fight your Italian brothers!”) which his government will not support.
Austrian envoy Count Mier had followed Murat to Upper Italy and wrote to Metternich about the awkward situation.
Mier to Metternich [postscript]
Reggio 20 March 1814
My Prince!
Lord Bentinck has been here for several days; he refuses to abandon his idea and claim to take possession of the whole of Tuscany. I have done everything possible to arrange this affair, without having been able to succeed so far. The King has offered some modifications to this determination of seizing a country which he has occupied militarily, where he has established a provisional administration, and captured the strongholds by capitulation. He offered to supply whatever the English troops would need for the establishment of their magazines, their depots, their subsistence, their transport, etc. He offered that Lord Bentinck take the military command of the Grand Duchy, and of the Neapolitan troops which are there, to make them march with the English to occupy the country all along the coast up to Genoa, wanting only to keep the civil administration of Tuscany and to draw the revenues which are indispensable to him for the payment of his army, he having refused the subsidies which the Count of Neipperg had promised to obtain for him from England on condition that they would let him have the revenues of the countries occupied by his army. Lord Bentinck rejecting all these modifications, the King finally proposed to him to submit the arrangement of this affair to the arbitration of Lord Castlereagh, who would surely decide it in favour of the English, H.M. wishing by this to save appearances, his dignity and not to appear to yield solely to the will of Lord Bentinck. The latter still refused to do so, saying that the King only wanted to gain time, and declared that, if he was not first put in possession of Tuscany, he would drive out the Neapolitans, revolutionise the country, and embark with his troops to land in the Kingdom of Naples and there proclaim King Ferdinand. These and other similar declarations, made in a harsh manner, which were likely to alarm and excite the King's distrustful and hot-headed character, infuriated him, and he declared in his turn that he would rather lose his crown than disgrace himself in the eyes of his army and the whole world by complying with Lord Bentinck's arbitrary decisions. I employed every possible reasoning with the English general to urge him to desist from these pretensions; I told him that his obstinacy would confuse affairs in Italy; that it would paralyse the means and forces which were to be employed for the liberation; that it was the moment to act, and not to discuss secondary objects; that I was more than sure that his Government had sent him to Italy to fight the common enemy, and not to enter into discussions as to the future partition of that country; that in matters of this nature all personalities must be put aside; that his government and all the world would blame him in this matter, etc. To all these arguments and many others like them he replied that he did not care about any of this, and that he would not yield to Joachim in any way; that his honour and the dignity of his nation were at stake. This is where things stand, and I fear, knowing the character of the individuals, the most unfortunate consequences of this misunderstanding.
The two attached proclamations were distributed on Lord Bentinck's arrival in Livorno. The one addressed to the Sicilian troops is really of a nature to give the King the greatest suspicions on the good faith of the English. The difficulties made by Russia and Prussia in acceding to our treaty of alliance with the King of Naples, the declarations in this regard by England, the reports which the King receives on all sides about the intrigues of Queen Carolina to interest in her favour the Empresses and other influential persons, the pretensions of Lord Bentinck and his conduct in Livorno, all of this is working on the distrustful mind of the King who believes himself already sacrificed, and in this position of things it is difficult to count on an active cooperation. He must be relieved of his fears, which are not without foundation, and then I am sure that he will act frankly and vigorously.
I have the honour etc.
The “Queen Carolina” mentioned in the last paragraph would be “Maria Carolina”, wife of Ferdinand, and the empresses probably Empress Elizabeth of Russia (a former princess of Baden) and Austrian Empress Maria Luisa, a former princess of Modena-Este.
(And am I allowed to note that dear Joachim here has no problem seeing his troops under the command of somebody else, even of “the English”, just as long as this somebody does not happen to be the Beauharnais boy?)
Bentinck himself also summed up the situation, the way he saw it, in a letter to the Neapolitan Minister of Foreign Affairs:
Bentinck to Gallo (copy)
Bologna this 1st April 1814
In case the Neapolitan Government should require some written confirmation of the sentiments which Lord Castlereagh has already verbally enunciated, which confirmation has not been asked for, considering it unnecessary, the Undersigned is authorized to declare officially:
That the English Government fully approves the treaty concluded between the Austrian and Neapolitan Governments, that it consents to the addition of territory specified therein under the same condition made by Austria of the active and immediate co-operation of the Neapolitan army, and that, if the English Government refuses to sign a treaty "in limine", that this is only because of the feelings of delicacy and honour which oppose the sacrifice of the hereditary states of a former ally without an indemnity, and that the undersigned has orders, in consequence of which he must invite the Neapolitan Government to make its utmost efforts for the same object.
Such was the feeling of the British Government.
It would without doubt be opposed to the Undersigned's frankness if he did not express his individual opinion, that the expectations, which the treaty gave rise to, have unfortunately been only too much disappointed.
The principal object for which this alliance and these sacrifices were made, the prompt and active cooperation of the Neapolitan army, has by no means been obtained. The Austrian army is still paralysed on the Adige when, by the march of the Neapolitan army on the upper Po, it could have long since reached the Alps. The most suspicious negotiations take place directly with the enemy, and at the same time the British co-operation, which the Neapolitan Government, if it were genuine, would desire more than any other of the Allies, is rendered impossible by the withholding from it of the necessary means of safety and subsistence.
If such is the military conduct of the Neapolitan Government, its political conduct is no less inexplicable. The Neapolitan government pledges its consent to all the arrangements of the Allies in Italy; it begins by declaring that various states would be immediately ceded to their legitimate Sovereigns, but it officially declares that these states will be kept until peace, and at the same time the administrative organisation of these regions presents itself everywhere with the aspect of a permanent occupation, and everywhere the Neapolitan agents and papers reveal views of ambition and enlargement entirely opposed to the intentions of the Allies, and which might not be without objection, if even such an addition of power were to assume a proper direction, but which are certainly very dangerous when it is not yet decided on which side this power will be placed.
The undersigned is far from presenting these remarks in a hostile and reproachful sense; they are dictated by a friendly spirit and a desire to see the intentions of the Allies realised. The war is still going on, and there is still time to remove any doubts and dissatisfaction that may exist.
Thus the undersigned seriously recommends to the Neapolitan government
to effect its prompt and cordial co-operation with the Austrian army, to allow by the sacrifice of a part of Tuscany to the British expedition the means which are indispensable to it for co-operation, and which are due to the dignity of the British Government; if the cession of a territory belonging to somebody else can be called a sacrifice, it will be highly compensated by mutual assistance and trust -
to renounce all tendency to an isolated and separate policy -
and above all to restore the Sovereign Pontiff to his seat without delay. The cruel treatment suffered by this venerable personage, which has been highlighted by his inspiring virtues and extraordinary firmness, has aroused, as we have just seen, the greatest of passions.
If the conduct of the man who now governs France, in this respect, has attracted to him, more than any other act in his life, the hatred of the whole world, it would undoubtedly be a very bad policy to refuse a measure recognised as being of the utmost necessity by all those who would like to see the great foundations of the social order, religion and morality, restored.
The undersigned has the honour to express again the sentiments of his highest consideration.
L. Wm Bentinck.
To H. E. Mr. Duke of Gallo, Minister of Foreign Affairs.
Always cute to see the Brits protect the Pope. But all this in-fighting at least explains how the demoralized, war-weary Italo-French troops of the Kingdom of Italy (I understand ~40.000 men, at least on paper) still managed to hold out until after Napoleon’s abdication.
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Marcello Mastroianni.
Filmografía
1939 - Marionette, dir. (Carmine Gallone)
1941 - La corona de hierro (Alessandro Blasetti)
1942 - Regeneración (Mario Camerini)
1944 - I bambini ci guardano (Vittorio De Sica)
1948 - I miserabili (Riccardo Freda)
1949 - Vent'anni (Giorgio Bianchi)
1950 - Cuori sul mare (Giorgio Bianchi)
1950 - Domenica d'agosto (Luciano Emmer)
1950 - Vita da cani (Vida de perros) (Mario Monicelli y Steno)
1950 - Atto d'accusa (Giacomo Gentilomo)
1951 - Parigi è sempre Parigi (París, siempre París) (Luciano Emmer)
1951 - L'eterna catena (Anton Giulio Majano)
1952 - Le ragazze di piazza di Spagna (Tres enamoradas o Las muchachas de la plaza de España) (Luciano Emmer)
1952 - Sensualità (Clement Fracassi)
1952 - Storia di cinque città (episodio: Passaporto per l'Oriente, Romolo Macellini, [RE: 1949])
1952 - La muta di Portici (Giorgio Ansoldi)
1952 - Il viale della speranza (Dino Risi)
1953 - Gli eroi della domenica (Los héroes del domingo) (Mario Camerini)
1953 - Penne nere (Oreste Biancoli)
1953 - Febbre di vivere (Claudio Gora)
1953 - Lulù (Fernandino Cerchio)
1953 - Non è mai troppo tardi (F. W. Ratti)
1954 - Tragico ritorno (Pier Luigi Foraldo)
1954 - La valigia dei sogni (Luigi Comencini)
1954 - Cronache di poveri amanti (Carlo Lizzani)
1954 - Tempi nostri (Nuestro tiempo) (episodio: Il pupo, Alessandro Blasetti)
1954 - La principessa delle Canarie (Tirma) (P. Moffa, C. Serrano de Osma)
1954 - La schiava del peccato (La esclava del pecado) (R. Matarazzo)
1954 - Casa Ricordi (C. Gallone)
1955 - Giorni d'amore (Días de amor) (G. De Santis)
1955 - Peccato che sia una canaglia (La ladrona, su padre y el taxista) (Alessandro Blasetti)
1955 - La bella mugnaia (La bella campesina) (Mario Camerini)
1955 - Tam tam mayumbe (Cuando suena el tam-tam) (Gian Gaspare Napolitano)
1955 - La fortuna di essere donna (La suerte de ser mujer) (Alessandro Blasetti)
1956 - Il bigamo (El bígamo) (Luciano Emmer)
1957 - Padri e figli (Padres e hijos) (Mario Monicelli)
1957 - Le notti bianche (Noches blancas) (Luchino Visconti)
1957 - La ragazza della salina/Harte manner heisse liebe (Frantisek Cáp)
1957 - Il momento più bello (Luciano Emmer)
1957 - Il medico e lo stregone.
1958 - I soliti ignoti (Rufufú) (Mario Monicelli)
1958 - Racconti d'estate (Sirenas en sociedad) (G. Franciolini)
1959 - Un ettaro di cielo (Una hectárea de cielo) (Aglauco Casadio)
1959 - La legge (La ley) (Jules Dassin)
1959 - Amore e guai (Angelo Dorigo)
1959 - Contro la legge (Fiavio Calzavara, [RE:1950])
1959 - Il nemico di mia moglie (El enemigo de mi mujer) (Gianni Puccini)
1959 - Tutti innamorati (Papá se ha enamorado) (Giuseppe Orlandini)
1959 - Fernando I, re di Napoli (G. Franciolini)
1960 - La dolce vita (Federico Fellini)
1960 - Adua e le compagne (Adua y sus amigas) (A. Pietrangeli)
1960 - Il bell'Antonio (El bello Antonio) (Mauro Bolognini)
1961 - La notte (La noche) (Michelangelo Antonioni)
1961 - L'assassino (El asesino) (Elio Petri)
1961 - Fantasmi a Roma (Fantasmas de Roma) (A. Pietrangeli)
1961 - Divorzio all'italiana (Divorcio a la italiana) (Pietro Germi)
1962 - Vie privée (Una vida privada) (Louis Malle)
1962 - Cronaca familiare (Crónica familiar) (Valerio Zurlini)
1963 - Otto e mezzo - 8½ (Ocho y medio) (Federico Fellini)
1963 - I compagni (Los camaradas) (Mario Monicelli)
1964 - Ieri, oggi, domani (Ayer, hoy y mañana) (Vittorio De Sica)
1964 - Matrimonio all'italiana (Matrimonio a la italiana) (Vittorio De Sica)
1965 - Casanova '70 (Mario Monicelli)
1965 - La decima vittima (La víctima nº 10) (Elio Petri)
1965 - Oggi, domani, dopodomani (episodios: L'uomo dei 5 palloni, L'ora di punta, La moglie bionda) (E. De Filippo, Marco Ferreri, L. Salce)
1965 - L'uomo dei cinque palloni (Marco Ferreri)
1966 - Io, io, io... e gli altri (Yo, yo, yo... y los demás) (Alessandro Blasetti)
1966 - Spara forte, più forte, non capisco (Dispara fuerte, más fuerte, no lo entiendo) (E. De Filippo)
1967 - Lo straniero (El extranjero) (Luchino Visconti)
1968 - Questi fantasmi (Renato Castellani)
1968 - Amanti (Vittorio De Sica)
1968 - Diamonds for Breakfast (Christopher Morahan)
1970 - Giochi particolari (Franco Indovina)
1970 - Dramma della gelosia - tutti i particolari in cronaca (El demonio de los celos) (Ettore Scola)
1970 - Los girasoles (I girasoli) (Vittorio De Sica)
1970 - Leo the Last (John Boorman)
1971 - Fellini Roma.
1971 - Correva l'anno di grazia 1870 (TV) (Alfredo Giannetti)
1971 - Permette? Rocco Papaleo (Ettore Scola)
1971 - Scipione detto anche l'africano (Luigi Magni)
1971 - La moglie del prete (Dino Risi)
1971 - Ça n'arrive qu'aux autres (Nadine Trintignant)
1972 - Liza / La cagna (Marco Ferreri)
1972 - What? (Roman Polanski)
1973 - L'événement le plus important depuis que l'homme a marché sur la lune (Jacques Demy)
1973 - Allonsanfan (Paolo y Vittorio Taviani)
1973 - Mordi e fuggi (Dino Risi)
1973 - La Grande Bouffe (Marco Ferreri)
1973 - Muerte en Roma (Rappresaglia, de George P. Cosmatos)
1973 - Salut l'artiste (Yves Robert)
1974 - Ne touche pas à la femme blanche (Marco Ferreri)
1974 - C'eravamo tanto amati / Una mujer y tres hombres / (Nos habíamos querido tanto) cameo (Ettore Scola)
1975 - La pupa del gangster (Giorgio Capitani)
1975 - Per le antiche scale (Por las antiguas escaleras) (Mauro Bolognini)
1975 - La donna della domenica (Salvatore Santamaria)
1976 - Todo modo (Elio Petri)
1977 - Una giornata particolare (Ettore Scola)
1978 - Bye bye monkey (Marco Ferreri)
1978 - Cosi come sei (Alberto Lattuada)
1980 - Città di donne (Federico Fellini)
1981 - La piel (Liliana Cavani)
1983 - Gabriela, Cravo e Canela (Naib)
1983 - Historia de Piera (Marco Ferreri)
1985 - Le due vite di Mattia Pascal (Mario Monicelli)
1985 - Maccheroni (Ettore Scola)
1986 - Ginger e Fred (Federico Fellini)
1987 - Ojos negros (Nikita Mikhalkov)
1987 - O melissokomos (El apicultor) (Theo Angelopoulos)
1989 - Splendor (Ettore Scola)
1990 - Stanno tutti bene de Giuseppe Tornatore .... como Matteo Scuro
1991 - Le voleur d'enfants (Christian de Chalonge)
1992 - Used People (Romance otoñal), de Beeban Kidron
1993 - Un, deux, trois, soleil, de Bertrand Blier
1993 - De eso no se habla (Maria Luisa Bemberg)
1994 - Prêt-à-porter (Robert Altman)
1995 - Al di là delle nuvole (Michelangelo Antonioni y Wim Wenders)
1995 - Sostiene Pereira (Roberto Faenza)
1995 - Trois vies & une seule mort (Tres vidas y una sola muerte) (Raúl Ruiz)
1995 - Las cien y una noches (Agnès Varda)
1997 - Viagem ao Princípio do Mundo (Viaje al principio del mundo) (Manoel de Oliveira).
Premios y nominaciones
Premios Oscarː
1963 - Mejor Actor: Divorcio a la italiana
1978 - Mejor Actor: Una jornada particular
1988 - Mejor Actor: Ojos negros
Festival Internacional de Cine de Cannes
1970 Mejor actor
1987 Mejor actor
Distinciones honoríficas
- Caballero Gran Cruz de la Orden al Mérito de la República Italiana (1994)
- Gran Oficial de la Orden al Mérito de la República Italiana (1987).
Créditos: Tomado de Wikipedia
https://es.wikipedia.org/wiki/Marcello_Mastroianni
#HONDURASQUEDATEENCASA
#ELCINELATELEYMICKYANDONIE
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wgabry · 4 years
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Maria Isabella d'Orléans figlia di Antonio d'Orléans-Montpensier e dall'Infanta Luisa Fernanda di Spagna, sposa del Conte di Parigi Luigi Filippo Alberto  d’Orléans
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amnesicmnemosyne · 3 years
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Il "Patto di famiglia" di Anna Maria Luisa de' Medici
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Parliamo di Anna Maria Luisa de’ Medici, nata a Firenze l’11 agosto 1667 da Cosimo III Granduca di Toscana e Margherita d’Orléans (cugina di Luigi XIV di Francia). Cresciuta sotto le cure della nonna, la devotissima Vittoria della Rovere, e influenzata dal padre, il quale la idolatrava, ella dimostrò di aver ereditato l’amore per le materie religiose oltre che una personalità ferma ed autorevole. Per lei vennero vagliati vari possibili pretendenti ma, a causa della posizione di sostanziale sottomissione del Granducato nei confronti della Francia e dell’Austria, si giunge ad un matrimonio con Giovanni Guglielmo Elettore del Palatinato, celebrato per procura il 23 aprile 1691, quando la sposa aveva ben 24 anni, un’età relativamente avanzata per l’epoca e che può rendere l’idea di quanto tempo sia stato speso per trovare un marito che non fosse troppo “scomodo” per i progetti politici delle grandi monarchie europee.
A questa altezza cronologica il Palatinato è un centro di particolare importanza nel quadro diplomatico europeo e questo grazie a un’oculata politica matrimoniale che porta a formare legami con l’Imperatore, il Portogallo e la Spagna. Dal punto di vista culturale, Düsseldorf, divenuta il principale polo culturale del suo stato (celebre è la Pinacoteca dove raccoglie la sua collezione di opere di Rubens poi passate a Monaco). In questo senso, pur rimanendo infruttuoso dal punto di vista della successione, si può parlare di un matrimonio piuttosto armonioso: entrambi, infatti, sono amanti dell’arte ed essendo Anna Maria Luisa discendente di una famiglia famosa per il suo mecenatismo, mette in contatto il consorte con alcuni dei più importanti artisti toscani del suo tempo. Tra i regali di maggiore interesse inviato dal Gran Principe Ferdinando, fratello dell’Elettrice, al cognato vi è la serie delle Quattro stagioni del Soldani Benzi, quattro bassorilievi a tema mitologico destinati ad essere esposti tra le pitture della sua collezione.
Nel 1716 rimane vedova, perciò a causa delle pressioni del nuovo Elettore, Carlo Filippo, se ne torna a Firenze. Qui ritrova il padre, sempre più preoccupato dai problemi di successione della casata: il Gran Principe Ferdinando è morto nel 1713, mentre Gian Gastone si dimostra incapace di dare una discendenza alla famiglia. Nel 1723, quando il suddetto fratello sale al trono, Anna Maria Luisa si ritira a Villa La Quiete, passata dal 1650 in mano alle Montalve (un ordine laico dedito all’istruzione delle ragazze di buona famiglia), nella quale le Granduchesse di Toscana usano ritirarsi, e qui porta numerose opere prima disposte nei suoi appartamenti di Palazzo Pitti. Il 9 luglio 1737 Gian Gastone de’ Medici muore e il Granducato passa in mano ai Lorena, perciò, con una straordinaria lungimiranza, Anna Maria Luisa stipula il “Patto di Famiglia”, con il quale si dichiarano inamovibili le opere d’arte, mobili, rarità, ecc. che dovevano servire “per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri”. Quindi, non solo le collezioni dovevano servire allo studio, ma anche ad attirare i visitatori stranieri che dal XVII cominciano a visitare, in numero sempre crescente, l’Italia.
La modernità di questo provvedimento rimane ancora oggi inarrivabile. In un momento in cui i musei rimangono chiusi a causa di una disastrosa pandemia, mentre si specula sulla riapertura dei negozi per gli acquisti natalizi (soluzione controproducente dal punto di vista della protezione della salute pubblica e inutile per la ripresa economica), forse dovremmo prendere esempio da tali personalità.
Immagine: Antonio Franchi, Ritratto di Anna Maria Luisa de' Medici, 1690-1691, olio su tela, Firenze, Palazzo Pitti
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camfoc · 5 years
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Una famiglia anarchica
La vita dei Berneri tra affetti, impegno ed esilio nell’Europa del Novecento
Carlo De Maria - Collana: I libri di Viella, 318 - Pubblicazione: Marzo 2018
A partire dalla vicenda umana e politica di Camillo Berneri, il più importante intellettuale anarchico italiano del XX secolo, questo lavoro intende allargare lo sguardo alle protagoniste femminili, Giovanna Caleffi e Maria Luisa Berneri, di una family biography che si intreccia in modo profondo con le passioni e le ombre che percorrono l’Europa nel Novecento: dalla Prima guerra mondiale all’avvento del fascismo, dall’esilio in Francia alla guerra di Spagna, dall’avanzata dell’esercito tedesco su Parigi all’esperienza della deportazione nei campi di concentramento tedeschi, fino al difficile ritorno in Italia e alla faticosa difesa di posizioni indipendenti e anticonformiste negli anni della guerra fredda.
A emergere sono i network transnazionali di una sinistra eretica impegnata nella critica dei totalitarismi e i frammenti di una riflessione politica di “frontiera” sui temi dell’autonomia, del federalismo e dell’educazione alla libertà.
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bongianimuseum · 4 years
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#GlobalViralEmergency / Fate Presto L’arte tra scienza, natura e tecnologia
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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
“#GlobalViralEmergency / Fate Presto”
L’arte tra scienza, natura e tecnologia
a cura di Sandro Bongiani
con la collaborazione di Ruggero Maggi e Giuseppe Denti
Da lunedì  30 marzo a sabato 13 giugno 2020
 “La vita non è altro che un incessante e temporaneo succedersi di presenze e di azioni  in attesa di una possibile catarsi o di un prossimo dissolversi” Giovanni  Bonanno.
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S’inaugura  lunedì 30 marzo, alle ore 18.00, la mostra collettiva internazionale ad invito a cura di Sandro Bongiani dal titolo: “#GlobalViralEmergency / Fate Presto”, una mostra nata in soli 20 giorni con la partecipazione di 72 artisti contemporanei invitati che si sono confrontati da diverse latitudini del globo sul problema della pandemia planetaria da COVID-19,  mettendo in mostra le contraddizioni dell’attuale società dei consumi e dei valori calpestati.  
 Non è la prima volta che gli artisti prendono posizione in prima persona  riguardo i problemi esistenziali politici e sociali, ciascuno lo ha fatto con le proprie sensazioni contrastanti, mettendo in luce l’essenza problematica e vera del nostro esistere, nella convinzione di poter essere in qualche modo ancora utile a questa precaria società. Quello che noi stiamo vivendo con l’emergenza risulta molto complesso e quando mai difficile da cancellare. Oggi, l’intero pianeta si trova, impegnato in questa lotta contro il tempo, di come risolvere questa catastrofe che di colpo si è presentata all’orizzonte, che di fatto ha cambiato le nostre abitudini, la nostra percezione del mondo e di come progettare il prossimo futuro. Tutto non sarà più come prima, la vita, la cultura, l’arte e ciò che abbiamo attorno dovranno per forza di cose cambiare e rimodularsi per essere ancora credibili. Per essere partecipi e attivi a questo disastro planetario noi del Bongiani Ophen Art Museum di Salerno abbiamo attivato in soli venti giorni un progetto on-line di Net Art con una mostra interattiva virtuale visibile 24 ore su 24 in tutte le parti del mondo, sia per sollecitare la politica, la finanza, l’intera collettività e anche lo stesso mondo dell’arte ad un sussulto di orgoglio alla ricerca di una qualsiasi forma di riscatto e di rinascita. In questa sofferta condizione di disagio collettivo l’unica cosa importante che potevamo fare, utilizzando la rete di Internet, è stato chiedere agli artisti cosa pensavano dell’attuale  situazione, dello stato di isolamento collettivo e globale in cui ci siamo improvvisamente ritrovati. Dopo questa catastrofe, con tutte le gallerie e gli spazi culturali chiusi, questa è di fatto l’unica mostra possibile e realizzabile in tutto il pianeta terra. In mostra sono presenti in forma digitale gran parte delle ricerche artistiche in atto, un campionario significativo di riflessioni dell’attuale panorama dell’arte al di fuori da strategie precostituite e mercantili del già assuefatto sistema ufficiale dell’arte. Insomma, l’altra faccia nascosta della medaglia con le conseguenti dissonanze reattive e divergenti di diversi artisti non uniformati rispetto alle convinzioni di comodo che il sistema culturale e ufficiale dell’arte, in tutti i modi possibili, ha deciso da lungo tempo di celare e di lasciare volutamente fuori dalla porta.
Lo abbiamo fatto utilizzando, come sempre, la nostra importante piattaforma virtuale no-profit tutta italiana di arte contemporanea che da oltre dieci anni gestiamo, una realtà sperimentale altamente efficiente degna di essere considerata tra le poche e più interessanti startup presenti in tutto il mondo del web. Non una occasionale improvvisazione da web come fanno  oggi le gallerie ufficiali dell’arte che, di colpo, hanno riversato i contenuti del proprio lavoro nel web ben sapendo di aver poca competenza a tal proposito. Di fatto, siamo forse l’unica galleria, seppur virtuale, in grado di attivare oggi proposte ad ampio respiro.  Tutto ciò ci rende fiduciosi  permettendoci di fare cultura no-profit con un serio e ragionato programma di eventi, facendo conoscere gli artisti e l’arte contemporanea nel mondo senza alcun interesse speculativo e commerciale. La tecnologia per lungo tempo  osteggiata e considerata la rovina del nostro tempo, oggi ci viene in soccorso,  la ritroviamo  amica e partecipe in questa condizione di isolamento e di disagio sociale facendoci sentire  con internet e i diversi social più vicini in questo malaugurato e insopportabile isolamento diffuso. Come giustamente avverte Christian Caliandro in una sua annotazione “e difficile pensare che, al termine dell’emergenza, tutto tornerà come prima,” Tutto non sarà uguale a prima. E’ sicuro che da questa emergenza, da ora in poi, ogni cosa non sarà più come un tempo, dipenderà ovviamente da noi, da quello che sapremo fare per ritrovare la voglia di sopravvivenza e forse di rinascita da questo immane e problematico calvario collettivo. Che sia la nostra, davvero, di buon auspicio a una possibile e probabile rinascita del genere umano. Sandro Bongiani
  Artisti presenti: Adolfina De Stefani  ITALIA I Alberto Vitacchio  ITALIA I Alessandra Angelini ITALIA I Alessandra  Finzi  ITALIA I Alexander Limarev RUSSIA I Alfonso Caccavale ITALIA I Anna Boschi ITALIA I Antonio Sassu ITALIA I Bruno Cassaglia ITALIA I Calogero Barba ITALIA I Carl T. Chew USA I Carla Bertola ITALIA I Cinzia Farina ITALIA I Claudio Grandinetti ITALIA I Claudio Parentela ITALIA I Claudio Romeo  ITALIA I Coco Gordon USA I Emilio Morandi ITALIA I Enzo Patti ITALIA I Ernesto Terlizzi ITALIA I Fernando Aguiar PORTOGALLO  I Filippo Panseca ITALIA I Francesco Aprile ITALIA I Franco Di Pede ITALIA I Franco Panella ITALIA I Gabi Minedi ITALIA I Gennaro Ippolito ITALIA I Gianni Marussi ITALIA I Giovanna Donnarumma ITALIA I Giovanni Bonanno ITALIA I Giovanni Fontana ITALIA I Giovanni Rubino ITALIA I Giuseppe  Denti  ITALIA I  Guido Capuano ITALIA I Ina Ripari  ITALIA I Ivana Frida Ferraro ITALIA I Jack Seiei GIAPPONE I James  Felter CANADA I John M. Bennett USA I John Held  USA I Jose Molina SPAGNA I Kiki Franceschi ITALIA I  Lamberto Caravita  ITALIA I Lamberto Pignotti ITALIA I Lars Schumacher GERMANIA I Leonor Arnao  ARGENTINA I Linda Paoli ITALIA I Luc Fierens  BELGIO I Lucia Spagnuolo ITALIA I Luisa Bergamini ITALIA I Maria Credidio ITALIA I Mariano Bellarosa ITALIA I Maribel Martinez  ARGENTINA I Mauro Molinari ITALIA I Maya Lopez Muro  ARGENTINA I Natale Cuciniello ITALIA I Oronzo Liuzzi  ITALIA  I  Paolo Gubinelli  ITALIA I Paolo Scirpa ITALIA I Patrizio Maria  ITALIA I Pier Roberto Bassi ITALIA I Patrizia Tictac GERMANIA I Rachelline Centomo MESSICO I RCBz USA I Reid Wood USA I  Rosalie  Gancie USA I Ruggero Maggi ITALIA I Ryosuke Cohen GIAPPONE I Serse Luigetti ITALIA I Teo De Palma  ITALIA I Virgilia Milici  ITALIA I Vittore Baroni ITALIA.
 SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
#GlobalViralEmergency / Fate Presto
L’arte tra scienza, natura e tecnologia
Inaugurazione: lunedì 30 marzo 2020, ore 18.00
Via S. Calenda, 105/D  - Salerno,  Tel/Fax 0895648159
Archivio Ophen Virtual Art   2937380225
Web Gallery: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
#GLOBALVIRALEMERGENCY
 #GlobalViralEmergencyFatePresto
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metaforum-it · 6 years
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Sulla violenza ancora
“Il 25 novembre, giornata contro la violenza maschile sulle donne, ci sarà a Roma la manifestazione nazionale di Non Una Di Meno e la presentazione del Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza. Il Gruppo del Mercoledì lavora da tempo sulla violenza e i suoi differenti codici. Questo è un momento della riflessione che vogliamo allargare ad altre, altri.
SULLA VIOLENZA, ANCORA
Uccidere è decidere della vita e della morte di un essere umano. Lo ha fatto Vincenzo Paduano, ventisette anni, quando si è servito di una tanica di benzina per bruciare Sara Di Pietrantonio; l’hanno decretato i massacratori del Bataclan ricaricando, come nei film americani, le armi tre volte. L’azione dell’uno e quelle degli altri non sono sovrapponibili. L’unicità è data dalla parola violenza che tuttavia copre fenomeni differenti. Almeno per il modo in cui si impossessa della nostra quotidianità.
“””””””””””””””” Dominare un essere umano di sesso femminile; immaginare di tenere in pugno prigionieri, ostaggi, etnie, gruppi religiosi, oppositori politici, comunità, collettività di uomini, donne, bambini, famiglie che passeggiano nelle strade, nei mercati, nei luoghi turistici. In Spagna, Belgio, Australia, Somalia, Nigeria, Cameron, Iraq, Siria. E dall’elenco mancano certo molti nomi. Ci sono somiglianze e differenze, affinità e distanze incommensurabili tra chi uccide per “troppo amore” e chi per avere una contabilità dei morti. Emanuele Severino ha tagliato corto: “Il giovane terrorista che si sente emarginato dalla società sempre più complessa, è portato a vendicarsi in modo analogo a quello del maschio che si trova respinto”.
“””””””””””””””” C’è anche una violenza bellica più lontana, che investe “a pezzetti”, come dice il Papa, l’intero pianeta. Una guerra senza le antiche passioni eroiche dell’onore maschile, spesso indecifrabile, nella quale, ai soldati – e soldatesse – degli eserciti nazionali professionali, si mescolano i “contractors” nuovi mercenari, gli interessi di Stati e poteri economici globali, le passioni di popoli e sette religiose. Le vittime civili e i profughi si contano a milioni. Migliaia ogni anno muoiono nei nostri mari. Lo vediamo nelle tragedie dei migranti, nell’odio che suscitano, mascherato dietro l’ambiguo criterio della “sicurezza”.
“””””””””””””””” C’è una violenza verso la natura e l’ambiente. Le isole di plastica negli oceani, lo smog che avvolge interi continenti e soffoca le città, il clima impazzito che mette sempre più a rischio la vita degli umani, di metà delle specie di piante, di un terzo degli animali. Il furto di futuro verso chi verrà dopo di noi è violenza. L’uomo che governa gli Usa ha stracciato gli accordi sulla diminuzione delle emissioni. E gli altri paesi, anche quelli firmatari, non li rispettano. L’Italia è un paese fragilissimo. Potremmo essere noi, nei prossimi anni, i futuri profughi ambientali.
“””””””””””””” Sottrarre la vita è la forma estrema di quella violenza che si diffonde con analogie, contiguità e differenze profonde. Eppure, il rumore dei passi, di notte, sulla strada, ci provoca un sentimento di incertezza simile a quello che proviamo nel salire sul treno il giorno dopo un attentato. Una guerra non proprio dichiarata. Eppure, al di là di una parola che ne racchiude tante, chi pratica la violenza? I massacratori di umanità, come i nemici della sessualità femminile lasciano – generalmente – un’impronta maschile. “La responsabilità della violenza agita è degli uomini e gli uomini ne sono totalmente responsabili” (Marisa Guarneri). Possiamo azzardare che gli uomini tolgono la vita, aiutati da una strumentazione tecnica mortifera, perché vivono il loro corpo, e quello altrui, nel segno patriarcale del possesso e della disponibilità illimitata, comune alle diverse tradizioni culturali? Possiamo azzardare che questo avviene perché non sono in grado direttamente di generare la vita?
“””””””””””””” Tuttavia, non tutti gli uomini sono assassini. E/o carnefici. Non intendiamo crocifiggere un sesso che forse comincia a vedere e a rifiutare i comportamenti aggressivi. I comportamenti di una sessualità, quella maschile “fatta di amore e violenza” (Lea Melandri).
“””””””””””””””””””””””” Nella sessualità maschile c’è sempre, in primo piano, la questione del potere. Un legame cruciale, quello tra sesso, potere e denaro che da anni abbiamo denunciato (“Sesso potere denaro” convegno dell’ottobre 2009 indetto da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi e Grazia Zuffa). Ben evidenziato nella lettura del sexygate di Berlusconi (Ida Dominijanni), oggi troppo poco nominato. Il potere gli uomini lo esercitano sulla carne femminile, screditando (Rebecca Solnit) la parola delle donne. La tipologia non varia molto: insegnante-allieva; produttore-attrice; direttore-impiegata; caporeparto-operaia. “La voglia maschile di affermare la propria potenza sessuale è esplicita. Una virilità connaturata con il potere” (Edoardo Albinati). Finisce che i reprobi vengono cacciati dai loro simili che, in questo modo e contemporaneamente, si autoassolvono. D’altronde “Io non l’ho mai fatto”.
“””””””””””””””””””””””” Anche le donne non sono tutte da una sola parte: delle vittime, o delle indignate e solidali con le vittime; comunque innocenti, estranee alla violenza. Vi sono anche quelle che gli hanno dato “uno schiaffo”; quelle che hanno “sbattuto la porta”. Quelle che “se l’è cercata” e quindi pretendono prove certe, nero su bianco. Complicato muoversi in un gioco che è non solo di potere ma anche di seduzione. “ Vogliamo piacere, ma non è detto che vogliamo fare l’amore” (Cate Blanchett). Comunque, l’ondata di testimonianze, confessioni, denunce innescate dal #Me Too ha messo sotto gli occhi lo squilibrio che esiste nel rapporto tra i sessi.
“””””””””””””” Questa sorta di planetaria presa di parola non è una vendetta o un’invenzione isterica. Succede però che abbia esiti imprevisti. La gogna mediatica, certo. E una divisione che vede da un lato i carnefici, dall’altra le vittime. Le vittime, notoriamente, essendo vulnerabili, hanno bisogno di protezione. La protezione è la legge, unico strumento in grado di mettere un freno al potere. E pazienza se la libertà si riduce. Comunque, non è una legge, una condanna in tribunale che può fare giustizia tra uomini e donne. “Una lira” fu la richiesta di Tina Lagostena Bassi nel processo per stupro di Latina del 1978: “Non ci interessa la condanna. Noi vogliamo che in quest’aula ci sia resa giustizia, che è cosa diversa. Chiediamo che anche nelle aule dei Tribunali, e attraverso ciò che avviene nelle aule dei Tribunali, si modifichi la concezione socio-culturale del nostro Paese, si cominci a dare atto che la donna non è un oggetto”.
“”””””””””””””” Abbiamo scommesso sulla nostra capacità di “mettere al mondo il mondo”. Ed è questa la politica che ci interessa, che con altre continuiamo a praticare. Ma attualmente si fa sentire più forte la tendenza a restringere lo sguardo, ad aggrapparci “ai nostri temi”, concentrati sul corpo femminile, racchiusi nel grembo materno. Contrastare la violenza significa saper uscire dal perimetro del nostro corpo e del corpo materno. Usare ragione e sentimento per non ripetere le forme e i modi della sopraffazione, incominciando dal linguaggio.
“”””””””””””””” La violenza è sempre in agguato per danneggiare i nostri discorsi. Se permettiamo che vi si insinui quel virus, avremo compromesso la possibilità stessa di una trasformazione della vita che parla di desiderio, conflittualità, ricchezza delle relazioni. Per questo dobbiamo avere cura delle parole che scegliamo.
“”””””””””””””” La violenza non si contrasta se ci isoliamo. Si contrasta con le relazioni che sono il collante del legame sociale. Nessuna causa, pur giusta, legittima il gesto di uccidere. Avversare la violenza significa avere un’attenzione e un’apertura: a sé, all’altro/altra, al mondo e alla terra in cui viviamo, alle forme di convivenza un quotidiano pensiero per l’altro, l’altra. Prendersi cura è già politica.”
Il Gruppo del Mercoledì (Fulvia Bandoli Maria Luisa Boccia Elettra Deiana Letizia Paolozzi Bianca Pomeranzi Bia Sarasini Stefania Vulterini)
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freedomtripitaly · 5 years
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Ci sono posti al mondo che sono letteralmente condivisi tra più Stati – è il caso dell’Antartide, che ha ben 53 “coinquilini” diversi. Ma ce n’è uno che presenta caratteristiche davvero uniche: l’Isla de los Faisanes. Il piccolo isolotto sorge tra Francia e Spagna, nel bel mezzo del fiume Bidasoa, a pochi chilometri dal punto in cui le sue acque si gettano nell’oceano Atlantico. È un luogo particolare, dicevamo, perché il fiume segna il confine tra le due Nazioni, e come sempre accade quando si verifica una situazione di questo tipo la linea di demarcazione viene posta esattamente a metà del corso d’acqua. In questo caso, il confine taglia letteralmente in due l’Isla de los Faisanes – a proposito, in francese si chiama île des Faisans, mentre in italiano è l’Isola dei Fagiani. Dunque quello che è poco più di uno scoglio boscoso arenato nel centro di un fiume è in realtà un territorio condiviso tra Francia e Spagna, un vero “condominio” come l’Antartide. Ma c’è un dettaglio che lo rende unico al mondo: qui i due Stati non regnano contemporaneamente, bensì in maniera alternata. Per sei mesi all’anno, l’isolotto diventa di proprietà francese, mentre nei sei successivi passa sotto l’autorità spagnola. Una soluzione decisamente bizzarra, che ha origini storiche piuttosto importanti. Memoriale del Trattato dei Pirenei, Isola dei Fagiani – Ph. Tangopaso (Wikimedia) Nel 1659, infatti, qui vi venne sancito il patto che portò alla conclusione della lunga e sanguinosa Guerra dei trent’anni, il famoso Trattato dei Pirenei. Da quel momento l’isola venne considerata territorio neutrale, e fu sede di numerosi altri eventi diplomatici e non solo. Ad esempio, vi vennero celebrate le nozze reali tra Carlo II di Spagna e Maria Luisa d’Orleans, nel 1679. E molti fidanzamenti reali trovarono proprio qui la loro ufficializzazione. Ma la data sicuramente più importante è quella del 2 dicembre 1856, che segnò l’inizio della sovranità congiunta tra Francia e Spagna sul piccolo fazzoletto di terra chiamato Isola dei Fagiani. Con il Trattato di Bayonne, venne infatti decretato che il territorio dell’isola fosse soggetto all’autorità dei due Stati per un periodo alternato di sei mesi ciascuno. E così, il 31 gennaio di ogni anno ha luogo la cerimonia di passaggio dei poteri, che consegna l’Isola dei Fagiani all’amministrazione comunale della cittadina spagnola di Irun, mentre il 31 luglio avviene il contrario, con il passaggio alle autorità della cittadina francese di Hendaye. Una cerimonia che, per molti anni, è stata proibita al pubblico, ma che dal 2012 possiamo finalmente ammirare. D’altronde, non ci sono molte altre ragioni per visitare l’Isola dei Fagiani: è un lembo di terra di circa 3mila metri quadri, raggiungibile solo tramite imbarcazione. Ma vi si respira un’atmosfera decisamente particolare. L’Isola dei Fagiani – Ph. Zarateman (Wikimedia) https://ift.tt/2LR7Vio Tra Spagna e Francia, Isla de los Faisanes è un luogo unico al mondo Ci sono posti al mondo che sono letteralmente condivisi tra più Stati – è il caso dell’Antartide, che ha ben 53 “coinquilini” diversi. Ma ce n’è uno che presenta caratteristiche davvero uniche: l’Isla de los Faisanes. Il piccolo isolotto sorge tra Francia e Spagna, nel bel mezzo del fiume Bidasoa, a pochi chilometri dal punto in cui le sue acque si gettano nell’oceano Atlantico. È un luogo particolare, dicevamo, perché il fiume segna il confine tra le due Nazioni, e come sempre accade quando si verifica una situazione di questo tipo la linea di demarcazione viene posta esattamente a metà del corso d’acqua. In questo caso, il confine taglia letteralmente in due l’Isla de los Faisanes – a proposito, in francese si chiama île des Faisans, mentre in italiano è l’Isola dei Fagiani. Dunque quello che è poco più di uno scoglio boscoso arenato nel centro di un fiume è in realtà un territorio condiviso tra Francia e Spagna, un vero “condominio” come l’Antartide. Ma c’è un dettaglio che lo rende unico al mondo: qui i due Stati non regnano contemporaneamente, bensì in maniera alternata. Per sei mesi all’anno, l’isolotto diventa di proprietà francese, mentre nei sei successivi passa sotto l’autorità spagnola. Una soluzione decisamente bizzarra, che ha origini storiche piuttosto importanti. Memoriale del Trattato dei Pirenei, Isola dei Fagiani – Ph. Tangopaso (Wikimedia) Nel 1659, infatti, qui vi venne sancito il patto che portò alla conclusione della lunga e sanguinosa Guerra dei trent’anni, il famoso Trattato dei Pirenei. Da quel momento l’isola venne considerata territorio neutrale, e fu sede di numerosi altri eventi diplomatici e non solo. Ad esempio, vi vennero celebrate le nozze reali tra Carlo II di Spagna e Maria Luisa d’Orleans, nel 1679. E molti fidanzamenti reali trovarono proprio qui la loro ufficializzazione. Ma la data sicuramente più importante è quella del 2 dicembre 1856, che segnò l’inizio della sovranità congiunta tra Francia e Spagna sul piccolo fazzoletto di terra chiamato Isola dei Fagiani. Con il Trattato di Bayonne, venne infatti decretato che il territorio dell’isola fosse soggetto all’autorità dei due Stati per un periodo alternato di sei mesi ciascuno. E così, il 31 gennaio di ogni anno ha luogo la cerimonia di passaggio dei poteri, che consegna l’Isola dei Fagiani all’amministrazione comunale della cittadina spagnola di Irun, mentre il 31 luglio avviene il contrario, con il passaggio alle autorità della cittadina francese di Hendaye. Una cerimonia che, per molti anni, è stata proibita al pubblico, ma che dal 2012 possiamo finalmente ammirare. D’altronde, non ci sono molte altre ragioni per visitare l’Isola dei Fagiani: è un lembo di terra di circa 3mila metri quadri, raggiungibile solo tramite imbarcazione. Ma vi si respira un’atmosfera decisamente particolare. L’Isola dei Fagiani – Ph. Zarateman (Wikimedia) È francese, ma anche spagnola: l’Isla de los Faisanes appartiene rispettivamente all’uno e all’altro Stato a seconda del periodo dell’anno in cui la si visita!
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cripozzi · 5 years
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#spose a #siviglia in un torrido pomeriggio di fine estate, non per loro #spain #spagna #andalusia #andalucia #parcomarialuisa #travel #travelling #sistertravels #sevilla #mypics #picoftheday #spose2019 #spaintourism #spainstagram #instagrammer #instaday #instagood (presso Parco Maria Luisa Siviglia) https://www.instagram.com/p/B24fKQUIvd9/?igshid=122hmiro5mc2
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Nuovo post su https://is.gd/tPkMjI
Gli Arcadi di Terra d'Otranto (8/x): Donato Maria Capece Zurlo di Copertino
di Armando Polito
Il suo nome pastorale era Alnote Driodio e, se nella scelta di Alnote  non ho idea a chi o a cosa si sia ispirato, per Driodio posso solo ipotizzare che si tratti di un nome composto dal greco δρύς (leggi driùs) che significa quercia e ὅδιος  (leggi òdios) che significa relativo alle strade, per cui l’allusione sarebbe alla predilezione per i percorsi boschivi, abitudine più che legittima per un pastore arcade che, come vedremo, nei suoi componimenti nomina spesso la quercia. In Arcadia era entrato il 9 giugno 17051.
Di lui mi sono già occupato in http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/01/04/donato-maria-capece-zurlo-di-copertino-poeta-e-agente-del-fisco/,  dove il lettore potrà trovare più dettagliate notizie biografiche. Qui si intende integrare quanto lì già detto con la riproduzione del testo, con il mio commento, di tutti i suoi componimenti sparsi in raccolte e che sono stato in grado di reperire.
Un primo, cospicuo gruppo,  è in Componimenti in lode del nome di Filippo V monarca delle Spagne, recitati dagli Arcadi della colonia Sebezia il dì 2 di maggio 1706 nel Regal Palagio e pubblicati per ordine di Sua Eccellenza dal Dottor Biagio Majola De Avitabile, Vice-Custode della stessa colonia, Parrino, Napoli, 1706, pp. 40-46 e 59-62 (la numerazione romana è mia e continuerà  anche per i componimenti di altre raccolte).
I
Che merta1, e avrà di tutto il Mondo impero
dividendo il dominio egli2 con Giove,
giust’è, Lileia3; e a me forz’è, ch’approve
de la tua saggia mente il bel pensiero.
Vanti pur chi che sia superbo, e altero,
o le passate glorie, o pur le nove;
fiso è nel Ciel, che il gran Nome rinove
del primo Augusto i giorni; altro io non chero4.
E presso ‘l fonte, ove tu bella meni
l’armento ,teco assiso a l’aura fresca,
o qual nobil corona intesser voglio;
se delle antiche idee i’ non mi spoglio,
tra quercie, olivo, mirto, e lauri ameni
farò, che ‘l Giglio d’oro5 il pregio accresca.
  1 meriti
2 Filippo V
3 Alle pp. 397-405 di Rime scelte di poeti illustri de’ nostri tempi, Frediani, Lucca, 1709, vi sono alcuni sonetti di Biagio Maioli d’  (nome pastorale Agero Nonacride) , fra i qualia p. 403 quello in risposta ad uno di Teresa Francesca Lepoz (errore per Lopez; nome pastorale: Sebetina Lileia) per la tragedia Felindo.
4 chiedo; dal latino quaero.
5 Nello stemma di Filippo V compaiono gigli inquartati d’azzurro.
  II
Farò, che ‘l Giglio d’oro6 il pregio accresca7
d’ambe l’Esperie8 a le famose genti;
e l’alloro real serto diventi
di gloria, e di valore, e seme, ed esca9;
e tanto del gran Nome il vanto cresca,
sin che foran10 del Sole i raggi spenti;
o che l’Arcade11 in fin del Ciel rallenti
l’asse12, che di rotar non già gl’incresca13.
E solcando lassuso ormai Boote14
le celesti campagne, anco rivolga
le bellicose, e le benigne stelle.
Da polo a polo separando quelle,
dal nostro ogni maligno influsso tolga,
e mandi pace chi n’è donno15, e pote.
  6 Vedi la nota 5 di II.
7 In questo, come nei sonetti successivi fino al n. VII, viene ripreso il verso del precedente.
8  Ἐσπερία (leggi Esperìa), da ἐσπέρα (leggi espèra) che significa sera, occidente,  in latino Espèria, era il nome con cui i Greci definivano l’Italia posta ad occidente della Grecia. Qui (siamo in piena guerra di successione tra Spagna e Francia) la voce ha il significato estensivo di Europa.
9 alimento
10 saranno
11 il pastore d’Arcadia
12 Insieme con il precedente sin che foran del Sole i raggi spenti è la figura retorica (consiste nel subordinare l’avverarsi di un fatto a un altro ritenuto impossibile) detta adynaton, che è dal greco ἀδύνατον (leggi adiùnaton), che significa cosa impossibile.
13 rincresca
14 Una delle costellazioni.
15 signore, padrone (in questo caso è Dio); dal latino dominu(m)>*domnu(m) per sincope>donno per assimilazione.
  III
E mandi pace chi n’è donno, e pote
a l’Europa, che giace oppressa, e geme
sotto ‘l gravoso d’armi incarco, e freme
più fiero Marte, e regni abbatte, e scote;
e la porti volando a genti ignote
ne le lungi dal Mondo isole estreme,
o dove il Sol non giunge, o dove preme
le fiere il ghiaccio, e le contrade vote.
Che dove di Filippo il Nome impera,
e va col dì girando a paro a paro,
deve il Mondo goder tranquilla pace;
qual’è16 lungo il Sebeto17, ove si giace
l’armento a l’ombra, e ‘l Pastorello caro
presso a l’amata Safirena18 altera19.
  16 Sic, ma a quel tempo era forma regolarmente in uso.
17 Antico fiume di Napoli. La sezione napoletana dell’Arcadia Romana (Sebezia) prese il nome da esso.
18  Safirena è il nome dell’autrice del componimento che chiude la raccolta; non credo, però, che sia il nome pastorale parziale di una poetessa dell’Arcadia e perché non è presente in nessun catalogo di questa accademia e perché in Rime scelte di poeti illustri de’ nostri tempi Rime scelte di poeti illustri de’ nostri tempi, op. cit., a p. 400 in un componimento di Biagio Maioli d’Avitabile si legge: Appressarsi vid’io dal lato monco/due Ninfe altere, Safirena, ed anco/Silvia, delle più belle, e più vezzose. Vedi anche la nota 20 di IV.
19 superba
   IV
Presso a l’amata Safirena altera
cerca anco Agero20 pace, e intesse il serto
al gran Monarca Ibero21, ond’è, che ‘merto
maggior suo mostri, e la sua gloria intera.
Adorni il forte crin nuova maniera
di quercia, e alloro, che salito a l’erto
colle, ove per cammin dubbioso, e incerto
seco congiunse la gran donna fiera22.
Ond’è che ‘sacro olivo al capo augusto,
di perpetuo riposo i segni apporti,
e di feconda, e gloriosa prole23;
e così di trionfi e carco, e onusto,
dopo secoli molti a le sue sorti
cedendo no, ma vivo al ciel ne vole.
  20 Dietro Agero si nasconde Biagio Maioli d’Avitabile , che pubblicò la raccolta, il cui nome pastorale, come s’è detto, era Agero (perché nativo di Agerola)  Nonacride, fondatore della colonia Sebezia. Pubblicò Lettere apologetiche-teologico-morali scritte da un dottor napoletano a un letterato veneziano, Offray, Avignone, 1709. Un suo sonetto  è in Rime e versi per le nozze degli Eccellentissimi Signori Giacomo Francesco Milano Franco d’Aragona, Principe di Ardore, ed Arrighetta Caracciolo de’ Principi di Santobuono, Ricciardo, Napoli, 1725, p. XXXIX.; un altro in Francesco Martello (a cura di) Laudi Mariane, Tipografia all’insegna dell’ancora, Napoli,  p. 84. In rapporto a quanto detto nella precedente nota 18 si ha la conferma che Safirena sarebbe un nome di fantasia, non arcadico e, dunque non corrispondente ad una persona reale.
21 Filippo V di Spagna.
22 Maria Luisa di Savoia con cui Filippo V si era sposato nel 1701 in prime nozze.
23 Dalla coppia nacquero  quattro figli (il primo, Luigi, il 25 agosto 1707 (la recita cui fa riferimento il titolo della raccolta era avvenuta il 2 maggio dell’anno precedente).
  V
Cedendo no, ma vivo al ciel ne vole
dopo secoli molti il gran BORBONE,
e vincitor in fiera aspra tenzone,
scorra per quanto scopre, e gira il Sole.
Onde fia breve spazio l’ampia mole
per le sue glorie: e poche al paragone
del gran Nome saran l’alte corone
tutte, e quante pur darne il Mondo suole:
che maggior’è del gran FILIPPO il merto
emulator de l’Avo Re24, che Grande
poggiò sul colle faticoso, ed erto;
e giunse per sentier mai non impresso
col suo saper, con l’opre memorande,
ad altri, u’25 di salir non fu concesso.
  24  Luigi XIV, di cui Filippo V era nipote.
25 dove
   VI
Ad altri, u’ di salir non fu concesso,
fu Duce al gran NIPOTE26 il gran LUIGI27,
e segnando di lui gli alti vestigi28,
poggia su de la gloria un tempo istesso:
e con un marchio eternamente impresso,
a scorno del Danubio, e del Tamigi,
faranno i cuori tutti a’ lor piè ligi
per quanto mira il Sol lungi, e da presso.
Tornerà da per tutto il secol d’oro:
stillerà mele il bosco, e nutriranno
l’erbe fresche, a l’armento ora nocive.
Ed o qual de’ Pastor sarà il ristoro?
Qual sarà la mia bella? *29 e quai saranno
le Pastorelle ora ritrose, e schive? **
  26 Filippo V
27 Luigi XIV
28 orme
29 Non riesco a comprendere la funzione di quest’asterisco e dei due successivi (che, fra l’altro, non compaiono nel verso iniziale del componimento successivo)
  VII
Le Pastorelle ora ritrose, e schive
diverran tutte miti a’ lor Pastori,
e adorneranno co’ novelli fiori
le fronti sotto l’ombre a l’aure estive.
E pronta ogn’una al suon di dolci pive30
dirà l’istoria de’ passati amori;
spargendo a l’aria i suoi più cari ardori,
de’ fiumi innamorar farà le rive.
Benché tra duri affanni il forte Alnote31,
colpa d’empio destin, molto ha sofferto,
offre in tanto col cuor fido, e sincero,
bello vie più che mai quanto esser pote
d’olivo, quercia, lauro, e mirto il serto
tra gli aurei Gigli32 al gran Monarca Ibero33.
   30 zampogne
31 Alnote Driodio era il nome pastorale dell’autore.
32 Vedi la nota 5 del componimento I.
33 Filippo V di Spagna.
   VIII
Spirto gentil, che da celeste soglia
per sentiero di luce a noi scendesti,
cui sol di fregio, onde t’adorni, e vesti
non già d’incarco34 è la corporea spoglia.
Non t’incresca or, che lungo stame avvoglia35
per Te la Parca36, e l’abitar fra questi
confini, a l’ampio ingegno tuo molesti,
soffri  anco a nostro pro37 con lieta voglia.
Ch’accio ti sia men grave, e no ‘l disdegne
diè il suo maschio fulgor Giove al tuo volto,
Marte alla man de la sua spada il pondo38:
così fornito di divine insegne
non Tu terrestre abitator, ma volto
fia39 per Te in nuovo Cielo il nostro Mondo.
  34 peso
35 avvolga
36 In origine da sola, tutelava la nascita. Poi, sulla scorta delle Moire greche (Cloto, Lachesi ed Atropo, che, rispettivamente, filavano, misuravano e recidevano il filo della vita) divennero tre.
37 vantaggio
38 peso (latinismo, da pondus).
39 sarà
  IX
Sebethe blandule, atque vos Sebethides
nymphae, et venusta collium cacumina,
quos alluit Thetis alma, Sirenum parens,
quis iste vos insuetus afflavit decor?
Ut nunc nitetis? Ut recens auctà acriùs
nunc dignitate, ac lumine ardetis novo?
Nempè ille vos invisit, à Gallia prius
Iberiam usque, et inde ab ipsa Iberià
ad nos reductus. Ipse vos, teneo probè,
collustrat, ipse nunc PHILIPPUS vos beat.
Utinam tuae illae, Urbs alma, Sirenes, quibus
alios morandi creditur canora vis
inesse, habenda si senum est dictis fides,
tam suave cantent, ille ut intellectum suae
iam postmodum incipiat pigere Hispaniae.
Neu forte probro id ille sibi verti putet,
ille, inquam, honori natus, atque gloriae
quem non voluptas frangat, illecebraque.
Hic namque virtus, atque deliciae simul
constant. Italiae proprium hoc nostrae est decus,
cui larga utrumque contulere sidera
mite solum, et acre ad inclyta ingenium. Haec domus
veraeque virtutis, voluptatumque; ut his
perfusa mens, non obruta, illi etiam vacet.
  (Amato Sebeto e voi ninfe del Sebeto e vette leggiadre dei colli, che bagna la benigna Teti, genitrice delle Sirene, che cos’è questo inconsueto decoro che si è sparso su di voi? Come ora vi fate affidamento? Come da poco tempo ardete di una dignità ora alquanto fieramente accresciuta e di una nuova luce? Evidentemente vi ha visti lui riportato prima dalla Francia fino alla Spagna e poi a noi dalla stessa Spagna. Egli, ne sono giustamente convinto, vi onora, ora lo stesso Filippo vi rende felici. Alma città, voglia il cielo che quelle tue Sirene, nelle quali si crede, se bisogna dare fiducia alle parole degli antichi, che ci sia la forza canora di ammaliare gli altri, cantino tanto soavemente che egli subito dopo cominci a provare fastidio per il concetto di Spagna. E non per caso egli potrebbe pensare che ciò gli si rivolga a vergogna, egli, dico, nato per l’onore e la gloria, che non il piacere e le lusinghe potrebbero frantumare . Qui infatti ci sono nello stesso tempo la virtù e le gioie. Questo è l’onore proprio della nostra Italia, cui le stelle donarono l’una e l’altra cosa, il suolo mite e l’ingegno pronto a cose rinomate.  Questa è la casa della vera virtù e dei piaceri,  sicché la mente pervasa, non distrutta, da questi,  ha tempo anche per  quella)
  X
Monarchia Hispana Galliam alloquitur 
Misella Gallia, heus, quid hoc tibi accidit?
Quem tu edidisti, quemque virtutum omnium
lacte imbuisti, iamque suspiciens, tuà
maturiùs spe videras adolescere,
nobis repentè vindicavimus, tuum
in nos decus transtulimus. Ἅλλοι μὲν κάμον,
ὥναντο δ’ἅλλοι, dicimus proverbio.
En ille nunc adultus in sino tuo,
magnique confirmatus exemplis AVI,
germen PHILIPPUS inclytum à stirpe inclytà,
nostras decoraturus advenit plagas.
Sed si qua nostri te invidia pulsat, malam hanc
iam mitte curam. Quidquid est, aequi, ac boni
consulere praestat. An absque praemio hoc putas
abire tibi? Foedus meherclè inibimus,
quo nemo arctius, iam animos iuvat,
sociasque vires iungere. Ecquidnam additis
posthàc, amabò, impervium nobis erit?
Iam iam trucesque Mauri, et omnis Africae
nefanda pestis, Odrysiique, et quisquis est
quem nulla iuris sanctitas, nulla, aut fides,
Deùmve tangit religio, poenas luent,
timidaque nostro colla subiicient iugo.
Utinam quod auspicatus est olim Deus,
cum et mi PHILIPPUM, tibique LODOICUM dedit,
perficiat ipse, et iusta si vota haec probat,
concipere quae nos iussit, his ille annuat.  
(La monarchia spagnola parla alla Francia
Misera Francia, che ti è successo? Colui a cui tu desti i natali40, che educasti col latte di tutte le virtù e già contemplante avevi visto troppo presto crescere con la tua speranza, lo abbiamo all’improvviso rivendicato a noi, abbiamo trasferito il tuo onore nel nostro.  Alcuni si affaticano, altri ereditano41, diciamo con un proverbio. Ecco quegli ora adulto nel seno tuo e rafforzato dagli esempi dell’avo42, Filippo, germe famoso di stirpe famosa, è giunto alle nostre terre per portare onore. Ma, se qualche nostra invidia ti turba, manda via questa cattiva preoccupazione. Checché ci sia di equo e di buono conviene decidere. O ritieni opportuno per te star lontano da questo premio? Per Ercole, daremo inizio ad un patto con il quale nessuno ancora è capace di unire più strettamente gli animi e le forze alleate. Cosa mai, per favore, sarà impervio poi per noi dopo che ci saremo aggiunti? Ormai ormai  i selvaggi Mauri ed ogni nefanda peste d’Africa e i Traci e chiunque c’è che non è toccato da alcuna santità del diritto o da nessuna fede o religione degli Dei, pagano le pene e sottomettono al nostro giogo i timidi colli. Voglia il cielo che ciò che un tempo Dio auspicò quando diede a me Filippo e a te Ludovico, lo mandi a compimento e se approva questi giusti desideri arrida a quelle cose che ci ordinò di pensare)
  40 Filippo V era nato a Versailles.
41 Proverbio greco tramandatoci da Zenobio  (grammatico del II secolo d. C.) tratto da raccolte più antiche perdute.
42 Luigi XIV
  Un gruppo ancora più cospicuo è in Rime scelte di poeti illustri de’ nostri tempi, op. cit., pp. 238-251
  XI
Altri di Mida43 l’or, di Creso44 i regni
abbia, e serva45 Fortuna alle sue voglie,
altri in campo guerriero auguste spoglie
tolga, d’immortal gloria eccelsi pegni.
Ad altro Mondo alcun drizzi i suoi legni47,
e per fregiar l’antico, il nuovo spoglie48,
di Socratiche carte altri s’invoglie49,
e ‘l vanto involi50 a’ più sublimi ingegni,
altri canti di Marte i pregi, e l’armi,
e del fiato migliore empia le trombe,
e strider faccia il luttuoso Sistro51.
Degni il mio plettro52 di più molli carmi
Amore, e lieta al gentil suon rimbombe53
di Focide54 la sponda, e del Caistro55.
  43 Mitico re della Frigia, cui Dioniso aveva dato la capacità di trasformare in oro tutto quello che toccasse, compreso il cibo. Per non morire, chiese ed ottenne da Dioniso di perdere quel nefasto potere.
44 Re di Lidia famoso per la ricchezza.
44 sottoposta
47 Per metonimia: navi.
48 spogli
49 Può stare tanto per s’avvolga (parallelo all’avvoglia della nota 35; in tal caso vale per si lasci circondare dagli studi filosofici) oppure per s’invogli (si appassioni).
50 elevi
51 Strumento musicale dell’antico Egitto.
52 Per metonimia poesia.
53 rimbombi
54 Antica regione della Grecia; la sponda è quella del fiume Cefiso.
55 Fiume della Lidia.
  XII
Le corna al Toro, ed al Lion i denti,
al Cavallo le zampe, il corso56 a’ Cervi,
a’ Pesci il nuoto diè Natura, e servi
fe57 del mobile Augello58 e l’aria, e venti,
che ale diegli a cangiar i luoghi algenti59,
e dove, o Sol, co’ dritti rai60 più fervi,
all’Uom non l’unghie dure, o forti nervi,
ma fe57 sproni d’onor caldi, e pungenti.
Alla Donna per lancia, e per iscudo
diè61 ‘l vago62  viso, che sì il Mondo apprezza.
Così son le sue sorti a ciascun fisse.
E ‘n saldo marmo sì rea legge scrisse:
il ferro, e ‘l foco, non che un petto ignudo,
vinca, chi  armata sia d’alta bellezza.
  56 la corsa
57 fece
58 uccello
59 freddi, latinismo da algentes.
60 raggi
61 diede
62 grazioso
  XIII
Narri omai63 chi per prova intende Amore64,
qual’è65, come ci assale, e punge, e coce
quel suo dardo, che sì ratto, e veloce
entra per gli occhi, e si nasconde al core.
De’ sospir, dell’angoscie, e del dolore
dica, e del pianto, e d’amarezza atroce,
com’è ‘desio66, che qual 67 veneno68 nuoce,
se nell’Inferno sia pena maggiore.
Or’io bramo la vita, or di morire
son vago, or muto resto, ed ora sgrido
contro me stesso, e non incolpo altrui.
Scorrono tarde l’ore del martire,
e di godere un dì lieto diffido69,
perché, Donna, pietà non veggio70 in vui71. 
  63 ormai
64 chi per esperienza sa cos’è l’amore
65 Vedi la nota 16 di III.
66 desiderio; desio è forse dal latino *desedium, da desidia, (da desidere, che significa stare seduto, composto da de+sedere) che significa ozio, inoperosità, accostato per il significato a desiderium, che è da desiderare composto da de+siderare; questo secondo componente (che significa essere colpito da un malore o da una paralisi, cioè da un influsso maligno degli astri) è in comune con considerare ed è da sidus=astro. Nel latino medioevale, poi, anche assiderare (da ad+siderare), da cui la voce italiana. Riassumendo il rapporto semantico con sidus:  in desiderare e considerare  è prevalso il concetto di osservare gli astri per trarne auspici, in assiderare quello dell’influsso malefico.
67 come
68 veleno, dal latino venenum.
69 non spero
70 vedo
71 voi
  XIV
Amor vidi volar nelle tue gote,
Madonna72, e nido far negli occhi tuoi;
né degna ti credei di star fra noi,
ma del più alto Ciel sull’auree rote73.
Un’immago di sé forse far pote74
l’alma75 natura, e l’ha ritratta poi,
bella in te, qual cristal de’ raggi suoi
imprime il Sol, qualora in lui percote.
Se a rimirar di te mi volgo il vago76
lume77, che con sua luce ogn’altro oscura,
non ha, credo Beltà forme più belle.
E se poi quel rigor, che avare stelle
posero ne’ tuoi sguardi, anche m’appago,
non ha, dico, Onestà legge più dura.
  72 Composto da ma (riduzione di mia) e donna, che è dal latino domina(m), che significa signora, padrona, è l’appellativo generico della donna amata particolarmente caro al Petrarca.
73 Viene ripreso il concetto stilnovistico della donna angelo (in particolare e par che sia una cosa venuta 8da cielo in terra a miracol mostrare del famoso sonetto dantesco), con inversione del percorso cielo>terra).
74 può
75 che dà vita; dal latino àlere, che significa nutrire.
76 grazioso
77 sguardo
   XV
Poiché in dura prigion di ferro grave
ebbe quel Grande 78 il suo nemico avvinto,
gittonne in mar la chiave, e certo il vinto,
già del suo mal nulla più teme, o pave79.
Tal mentr’io di catena aspra, e soave
sento legato il core, e di duol cinto,
perché non esca mai dal laberinto,
ad Amor, chi l’avea, ne diè la chiave;
ed ei gl’impose legge assai più dura,
di quante a’ suoi prigion’ 80 unqua81 prefisse,
sicché ogni amante per pietà ne pianse
e ‘l mezzo, e ‘l fin della mia vita oscura
nel saldo marmo d’una fronte scrisse
col suo dorato strale82, e poi lo franse.
  78 Difficile l’identificazione con qualche personaggio famoso, per cui quel Grande potrebbe essere nenericamente riferito ad un detentore del potere.
79 prova spavento; latinismo (da pavere, che significa aver paura).
80 prigionieri
81 mai; latinismo da unquam.
82 freccia
   XVI
Al Sig. Niccolò Amenta83
Quando lo spirto uman per gran tragitto
dall’alto suo principio84 in noi discese,
sue rare doti in numeri comprese
di celeste armonia, siccome è scritto.
Ma poiché alla ragione il suo diritto
sentiero il van desio85 rivolse, offese
tosto, e sconvolse il bell’ordine, e rese
delle potenze discordi il conflitto.
Ma sia fortuna, o sia pur’arte, o incanto,
o portata dal Ciel la nobil Cetra,
Amenta, solo è tuo, non d’altri il vanto,
il di cui suon quella pietate impetra86,
qual non sper’io da un duro cor, e intanto
coll’ordin primo ci solleva all’Etra87.
  83 Niccolò Amenta (1659-1719), avvocato, autore di numerose commedie (La Gostanza, Il Forca, La Carlotta, Le gemelle, La Fiammetta, La Giustina, La fante, La Carlotta, La somiglianza), fu arcade col nome pastorale di Pisandro Antiniano. Due sonetti e un epigramma in distici elegiaci sono in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’Eccellentissima Signora D. Caterina d’Aragona, Roselli, Napoli, 1697, pp. 197-199. Fu autore anche di Capitoli, s. n., Firenze, 1721; ricordo qui, a riprova degli stretti rapporti di alcuni personaggi tra loro, che alle pp. 126-129 c’è un componimento (in pratica una lettera in versi) da lui dedicato a Francesco Capece Zurlo (a quest’ultimo Donato Maria dedica il componimento n. XXXVII).
84 da Dio
85 Vedi la nota 16 di III.
86 implora
87 cielo; dal latino aethra(m), a sua volta dal greco αἴϑρα (leggi  àithra), affine ad αἰϑήρ (leggi aithèr), da cui l’italiano etere, che significa aria.
  Seguono cinque sonetti di tema amoroso:
  XVII
Chiaro ruscello, ove la bianca mano
bagnò la bella fronte, ond’arso ho ‘l core,88
oh se temprar89 potessi in te l’ardore90,
per cui da morte vo91 poco lontano.
Ma rinfresco trovar io spero invano,
mentre al tuo dolce, e cristallino umore
arder sento nel cor foco maggiore,
che prima, e provo altro tormento strano.
Se dentro l’acque ancor foco ritrovo,
e ‘l foco l’aura accresce, onde respiro,
l’alma e qual mai più refrigerio attende?
Ma questo non è già miracol nuovo,
perché dovunque posa, e ovunque gira,
tutto Madonna92 del suo foco accende.
  88 Riecheggia il celebre Chiare, fresche e dolci acque/ove le belle membra/pose colei che sola a me par donna/…  (Petrarca, Canzoniere, 126).
89 mitigare
90 il fuoco d’amore
91 vado
92 Vedi la nota 72 di XIV.
  XVIII
Con piacevole, vago, e bello aspetto,
dolci parole d’accortezza piene
son l’armi, con cui Amor contro me viene
spesso leggiadro, e fere93 in mezzo al petto.
Ond’ardo, e agghiaccio insieme, e giungo a stretto
varco di morte, e vivo pur mi tiene
la doglia94 no, ma, che va per le vene,
non so che di soave, e di diletto.95
Or timore m’assale, e spero, ed amo,
e ‘l corso all’alma del desio sospende96
Così della mia vita i giorni vanno.
Or piango, or taccio, e gridar’alto bramo97:
Donna, quei dardi, Amor, che da te prende,
questi, e mille altri effetti al cor mi fanno.
   93 ferisce
94 dolore
95 da mettere in costruzione così: la doglia no, ma non so che di soave e di diletto che va per le vene.
96 e sospende per l’anima il corso del desiderio
97 Riecheggia l’or muto resto, ed ora sgrido di XIII.
  XIX
Sappia, chi del mio stato ha maraviglia,
non son questi miracoli d’Amore,
che vivo io sembri (avendo entro arso il core)
nella fronte, nel volto, e nelle ciglia.
E chi perciò di amor si riconsiglia98,
sperando non perir tra tanto ardore,
vo99, che conosca, come suol di fuore
lo stato mio al vivo si assomiglia.
Che come suol dal Ciel fulmine ardente
cenere far cadendo ovunque tocchi,
qual pria  ,lassando la sembianza esterna,
così riman la scorza, e quel lucente
raggio d’Amor, ch’esce di duo100 begli occhi,
e sol si strugge l’alma, ove s’interna.
  98 riconvince
99 voglio
100 due; dal latino duo.
  XX
Per vincer l’Onestà, che io tanto esalto,
ed aprir di sua rocca Amor l’entrata,
tre volte indarno101 della porta armata
percosse col suo strale102 il duro smalto.
Venne Pietà poi nel secondo assalto,
tutta del pianto mio molle, e bagnata;
ma perché le apra l’anima indurata,
non le val pianger forte, o gridar’alto.
Sicché lor vinti, io sol rimango assiso103
presso l’amato ostello104, e parto, e torno,
qual105 chi per via dubbiosa e tema, ed erri.
E invan nel mio pensier m’interno, e fiso106,
che, per entrare in sì dolce soggiorno,
è ancor chi batta, e non è chi disserri107.
  101 invano
102 freccia
103 seduto, fermo
104 rifugio; è l’amata.
105 come
106 fisso, concludo
107 apra
   XXI
O Rosignuol108, che tra quei verdi rami
spieghi i sospiri sì soavemente,
che l’acque fermi, e l’aure fai gir109 lente,
e a pianger teco il nostro mal ne chiami,
se110 l’aspra fiamma, ond’ardi, e quei legami,
onde forse sei preso, Amor rallente111,
né turbi il verno112con sua bruma113 algente114
quel lieto nido, ov’albergar più brami,
or che Madonna115 qui sospira, e geme
deh frena alquanto le amorose note,
e dal suo pianto altre dolcezze apprendi.
Sì vedrem poi per maraviglia insieme,
come meglio pietà destar si puote,
anche in rigido cor, de’ nostri incendi.
  108 usignolo
109 andare, procedere
110 nel caso in cui
111 rallenti
112 inverno
113 nebbia
114 fredda
115 Vedi la nota 72 di XIV.
Il tre sonetti che seguono sono dedicati Al Signor Bartolomeo Ceva Grimaldi Duca di Telese.
Bartolomeo Ceva Grimaldi (1670-1707) fu arcade col nome pastorale di Clarisco Egireo; morì nel golfo del Leone per il naufragio di una nave inglese durante l’inseguimento di un vascello francese. Un suo componimento in esametri  è in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’Eccellentissima Signora D. Caterina d’Aragona, Roselli, Napoli, 1697, p. 259-261.
  XXII
In questa selva, ove fuggì sbandita
ogni noia, ove solo albergo v’hanno
dolci Amor, dolci paci, e dolce fanno,
e più tranquilla nostra fragil vita,
teco gioir potessi, ed in romita116
parte teco sgombrar l’alma117 d’affanno,
e ristorarla dell’antico danno,
onde visse, e vivrà sempre pentita.
Di un lauro all’ombra, e non di quercia o d’elce
udirei poi, come al bel suon s’accorda
il canto tuo dell’Apollinea118 cetra.
La mia pianse al rigor di dura pietra:
ma al flebil suon trovandola più sorda
rotta a piè la gittai d’un’aspra selce119.
  116 solitaria
117 anima
118 di Apollo; la cetra, insieme con l’arco e le frecce, è un suo attributo.
119 roccia
   XXIII
Dura è la morte, e dopo lei mi pare
di mal gradito amore il colpo rio120;
pur non son, se tu volgi al viver mio
l’estreme noie, come amore, amare.
E chi tien fisi121 gli occhi, e può mirare
quel volto, onde in me il dardo, e ‘l colpo uscio,
e la candida man, che mi ferio122,
e le bellezze assai più che ‘l Sol chiare,
certo direbbe, è ben ragion, che morte
chiami ei sovente, e di costei si doglia,
che troppo a darle aita123 indugia, e tarda,
che di lei stando sulle avare porte,
non trova chi lo scacci, ed entro accoglia124;
tanto in tal pugna125 ogni difesa è tarda126.
  120 crudele
121 fissi
122 ferì
123 aiuto
124 accolga
125 battaglia
126 lenta, tardiva
  XXIV
Spesso col suo pungente acuto strale
mi sprona a gir127 sopra l’alpestre calle
Amor, che al basso oprar volger le spalle128
sforza129 chi vince, e vince ogn’un, che assale.
Non era la Beltà cosa mortale,
u’ il dardo raffinò, che mai non falle.130
Io vinto seguo; ei quasi da ima131 valle
mi scorse in suso132, e al pensier mio diè133 l’ale.
Ed ora stanco del cammin sì lungo
non torno indietro, anzi il tardar mi dole,
così caldo è lo spron, che ‘l fianco punge.
E quanto più par, che mi affretti, e vole134,
tanto dall’alta meta errando lunge
mi trovo sempre, e non so, se vi giungo.
  127 andare
128 fuggire, arrendersi
129 costringe
130 ove il dardo, che mai non sbaglia, rese più fine; u’ è dal latino ubi; falle per falla.
131 profonda, nascosta
132 su; da susum, variante di sursum.
133 diede
134 voli
Ancora quattro  sonetti sul tema dell’amore.
  XXV
Ed ancor nuovo flutto al mar ti spigne135
o Nave senza vele, e senza sarte136?
Vacilla la ragione, e manca l’arte,
soffian per ogni lato aure maligne137.
Al Nocchiero il pallor ambe dipigne
le gote: rare stelle ha il Ciel consparte138,
onde il corso si guidi, e d’ogni parte
la procella139, e l’orror ne preme, e strigne140.
Tu sei sdruscita141, e ‘l mare entro ti bagna,
e l’ancora pur cede al cieco orgoglio,
che ti mena a perir fuor di speranza,
e più d’ogni soccorso ti scompagna142,
e ‘l porto, ove tu aspiri143, è un duro scoglio.
  135 spinge
136 sartie
137 venti sfavorevoli
138 cosparse
139 tempesta
140 stringe
141 sdrucita, spaccata
142 separa, allontana
143 desideri giungere
   XXVI
Or che più non mirate il vago144 viso,
occhi miei, il vago viso, il viso altero,
ove colui145, ch’ha del mio cor l’impero146,
piantò il suo trono, e vi si adora assiso,
frenate il pianto omai, poiché diviso
a parte a parte dentro il mio pensiero,
men bello il veggo no, ma più severo,
dolce nell’ira, or qual saria147 nel riso?
Ed or la rotta148 fe par, che rammenti149,
e150quel fatal per me funesto giorno,
quando già caddi in altri lacci151 avvinto.
Deh perché non finì152gli aspri lamenti,
che all’udir tai querele, a tanto scorno
poco mancò, che io non rimasi estinto.
  144 grazioso
145 l’amore
146 dominio
147 sarebbe
148 rottura
149 ha fatto ugualmente che ricordi
150 anche
151 catene d’amore
152 pose fine a
  XXVII153
  Già mio dolce, ed amaro mio conforto,
occhi, che ‘l lungo e rio154 digiun pascete,
o fontane d’Amore, ove ascondete
quel rio152 veneno155, onde sarò alfin morto.
Che come suole Augello156 poco accorto
cader, cibo cercando, entro la rete,
mentre in voi bramo ore tranquille, e liete,
trovo lungo il penar, e ‘l piacer corto157.
Pur tal dolcezza in questo amaro io sento,
che da’ vostri bei rai158 nel cor mi piove,
che or godo del mio male, ed or mi pento.
Ma di quel, che altri scrisse, or mi rammento,
che, quando da principio il sommo Giove
creovvi, insieme unìo159 gioia, e tormento.
    153 Vedi n. XXXIX
154 crudele
155 veleno; dal latino venenum
156 uccello
157 lungo il penar/il piacer corto: chiasmo
158 raggi; gli occhi.
159 unì
  XXVIII
Spero dal tuo pennel nobil Pittore160
aver colei, che me fere161, e sovente
fugge, e seco ne porta audacemente
legata preda il tormentato core.
Via, mesci rose, e gigli, e dà colore
a fronte, a gote, a mento; ostro162 ridente
vivaci labbra esprima, e dolcemente
biancheggi il petto, ove risiede Amore.
Togli poi lo splendor di quella Stella
che gira163 il terzo Cielo, e poni a gli occhi
simile la pupilla, e questa, e quella.
D’oro il crin164, nero il ciglio, e in dubbio tocchi165
l’altro ferma ch’è dessa166. Ahi cruda, e bella
non fuggi, e più m’infiammi, e dardi scocchi.
  160 Pittore immaginario al quale affida il compito di ritrarre la sua donna.
161 ferisce
162 porpora;  ostro è dal latino  ostrum, a sua volta dal greco greco ὄστρεον (leggi òstreon), che oltre al significato  di ostrica, conchiglia aveva anche quello di porpora , perché essa veniva estratta da alcuni molluschi.
163 fa ruotare
164 biondi i capelli
165 in atteggiamento dubbioso tocchi
166 ferma com’è essa
Il sonetto che segue è dedicato Al Signor Giulio Cesare Cosma Nipote dell’Autore167
  XXIX
Se quel desio168, con cui te stesso accendi
di far tuo nome eterno, e chiaro in rime,
e gir169 di Pindo170 sulle alpestri cime,
pel cui sentier già il passo affretti, e stendi,
durerà alquanto, finché etade171 ammendi172
alcun173 difetto con più sode lime174,
vedremti 175 col gran Tosco176 andar sublime
di par col volo, che pur’alto or prendi.
E allor le tigri in Pindo170 far177 pietose,
e romper potrai un sasso per dolore,
non che in Donna destar fiamme amorose.
Se impresso ivi vedrai ‘l mio dolce errore
su qualche tronco in rime aspre, e noiose,
bacia in mio nome l’esca178, ond’arso ho il core.
  167 Difficile dire, oltretutto l’omonimia è sempre in agguato, se il dedicatario è colui che fu sindaco di Lecce negli anni 1681-1682.
168 Vedi la nota 66 di XIII.
169 andare
170 Monte della Grecia sacro ad Apollo ed alle Muse.
171 età; etade è latinismo da aetate(m).
Due sonetti del quale il primo sembra anticipare la concezione foscoliana di un’immortalità laica.
172 corregga
173 qualche
174 con un più solida revisione
175 ti vedremo
176 toscano; è il Petrarca.
177 fare, rendere.
178 la scintilla d’amore.
   XXX
Quando dopo più secoli, se tanto
viver potrà del nome mio la gloria,
su nobil marmo leggerà l’istoria
alcuno del mio amor sì puro, e santo,
bagnerà forse di soave pianto
le gote, a sì dolente, e pia memoria.
E, o beato, dirà, per cui si gloria
Pindo179, e lieto risuona al tuo gran canto.
Forse e fia180 chi di dolce invidia tinto
dica, felice te, che in stil sì terso
vivi immortale di sì chiaro spirto181.
Della morte trionfi, e ‘l tempo hai vinto;
e intanto il sasso182 mio miri consperso183
di bianci184 fiori, e di soave mirto. 
  179 Vedi la nota 170 di XXIX
180 pure ci sarà
181 spirito; spirto è per sincope.
182 la tomba; metonimia.
183 cosparso
184 bianchi
   XXXI185
Pietà, Signor, perdono al mio dolore,
onde tutt’ardo ,e al pregar mio dà loco186,
mira il mio pianto, odi i sospir, che infoco187
omai188 pentito del mio primo errore.
Di Musa giovanil mentito amore
(tu ben lo sai) fu sol trastullo, e gioco;
ma in vera fiamma presso un lento foco
poco mancò, che non ardesse il core.
Sulla tua Croce ecco il mio plettro189 appendo,
e intanto l’alma190 del suo pianto aspersa
si terge, e al vero Ben tutta si volta,
acciocché poi da quest’esilio uscendo,
dall’atro limo191, ove fu pria sommersa,
sen voli al suo Fattor192 libera, e sciolta. 
  185 Questo sonetto è presente anche in Tesoro cattolico. Scelta di opere antiche e moderne atte a sanar le piaghe religiose e politiche che affliggono l’odierna società, A spese della Società Editrice, Napoli, 1854, v. X, p. 91.
186 luogo
187 do alle fiamme
188 ormai
189 Per metonimia poesia.
190 anima
191 fango
192 creatore; Dio.
Il sonetto che segue è dedicato al Sig. Biagio Maioli de Avitabile in morte di Scipione Avitabile suo cugino. Biagio Maioli de Avitabile, come abbiamo visto, pubblicò a sue spese la raccolta in onore di Filippo V ed era arcade col nome pastorale di Agero Nonacride.
  XXXII
Quando su lance193 d’oro i fati appese
di nostre vite la Giustizia eterna,
onde parte i momenti, e giù governa
quanto ad occhio mortal non è palese194,
 Signor195 quei di Scipione a librar prese
sulla più alta region superna.
Con fisi occhi la Parca ivi s’interna196,
cui sol tanto mirar non si comprese197.
Di sua tenera età troppo era lieve198
il puro stame, onde accingeasi il fuso
di fil più lungo per far, che s’aggrave,
quando de’ suoi gran merti il pondo grave
si aggiunse, e piena di stupore in brieve
tremar vide la lance, e cader giuso.199
  193 Piatti della bilancia; dal latino lance(m); non a caso bilancia è da un latino *bilancia(m), che è dal latino tardo  bilance(m), composto da bis=due volte e lanx=piatto.
194 manifesto
195 Dio
196 Con occhi fissi qui la Parca s’introduce. Per Parca vedi la nota 36 di VIII.
197 per lei era incomprensibile guardare un sole così grande
198 leggero
199 il puro filo, per cui il fuso si accingeva a fare un filo più lungo per fare in modo che fosse più pesante, quando si aggiunse il notevole peso dei suoi (di Scipione) meriti e (la Parca) piena di stupore vide in breve oscillare un piatto e poi cadere giù 
Questo sonetto  è scritto in morte del proprio Padre.
  XXXIII
O selve, o fonti, o fosco aer, che accendo
co’ miei sospiri, o Ninfe, a cui sol noto
fu ‘l cantar mio, troppo or me indarno200 scoto201
dal grave affanno, e me stesso riprendo202.
Oimè , Spirto gentil, che te seguendo203
manca al desio ‘l vigor, la lena al moto,
onde io già torno204, e più lasso205 il mio voto206
a te consacro, e la mia cetra appendo207.
Tu alla vita mortal me generasti,
e tu all’altra immortal208  miei dubbi passi
scorgevi, u’ men periglio il corso spezzi.208
Or tu sei gito innanti, e me lasciasti
timido, incerto infra dirupi, e sassi.
O vita infausta, e pur v’è chi t’apprezzi!
  200 invano
201 scuoto
202 rimprovero
203 torno indietro
204 nel seguire te
205 stanco
206 la mia preghiera
207 e smetto di dedicarmi alla poesia
208 Tu mi generasti alla vita mortale e tu per l’altra immortale (quella del poeta)tenevi d’occhio i miei passi dubbiosi dove minor pericolo potesse spezzarne il corso
209 andato
  Segue un Epitaffio per S. Giovanni di S. Facondo morto di veleno appostogli nel  Sacro Calice.
  XXXIV
Se chiedi, o Passeggier, di chi sia l’alma
spoglia, che miri in quest’urna compresa210,
è di Giovan, non che far morte offesa
ardì all’albergo di sì ben nata alma.211
Ma Dio chiamolla212, e disse: io questa palma
vo darti, andrem’insieme a questa impresa,
e partirem213 la preda infra noi presa;
mio sia lo spirto214,tua la mortal salma.
Stupì natura, e in breve coppa accolta
vide la vita in un giunta, e la morte,
e rise il Ciel del venturoso inganno.
La morte andò, ma la noia, l’affanno,
l’orror, l’angoscia, e ‘l resto di sua corte
dietro rimase in gran spavento involta215. 
  210 sepolta
211 è di Giovanni, perché morte osò fare offesa al corpo di un’anima così ben nata
212 la chiamò
213 divideremo
214 spirito; sincope.
215 avviluppata
Questo è per l’elezione del Sommo Pontefice Innocenzo XI216.
  XXXV
Piangea la Chiesa, e in lutto vedovile
i dì traea con ansia, e con affanno,
e ‘l Lupo empio217, che veglia al comun danno,
cingea tutto d’insidie il Sacro Ovile.
Della maligna Luna anco218 il sottile
corno ingrossar tentava il fier Tiranno.
Dio scorgea il tutto, e dal superno scanno219
reggeva Ei sommo il nostro stato umile.
Sorga pur dunque l’Innocenza220, e Duce221
in mia vece ella al ver scorga222 le menti,
e ‘l Greco Imperio sia ligio al Latino223.
Sì disse e voci elle non fur224, ma accenti
di luce, e sì con note anco225 di luce
riverente a’ suoi piè scrisse il Destino.
  216 Innocenzo XI fu papa dal 1676 al 1689.
217 il demonio
218 anche
219 dal regno dei cieli
220 Gioco di parola tra innocenzo e l’innocenza divinizzata (anche per questo con l’iniziale maiuscola).
221 guida
222 illumini, metta in condizione di scorgere
223 E la Chiesa orientale sia obbediente a quella occidentale
224 e quelle non furono parole
225 anche
  Questo è dedicato a S. Orenzio primo. Protettore di Lecce.
  XXXVI
O di grazia celeste ornata, e chiara
alma226, il cui forte, e impenetrabil zelo
spunta, e rintuzza alla vendetta il telo227
che l’offesa Giustizia a noi prepara,
già non invidio il Ciel, che a questa amara
prigion228  ti tolse: era tua patria il Cielo.
Ma quel, che a noi lasciasti, il tuo bel velo,
perché ne asconde229 ancor la terra avara?
O marmo230 ancora ignoto, ancor negletto231,
ma prezioso del ricco tesoro,
che sì il nostro desio sforza, ed accende,
deh se il riveli a noi, fregiar prometto
il nome tuo di quel verace alloro232,
cui 233 nembo234 unquanco235, né saetta offende.
  226 anima
227 dardo; dal latino telu(m).
228 il corpo, la vita terrena
229 ci nasconde
230 sepoltura; metonimia
231 trascurato
232 vera gloria; alloro è metonimia.
233 che
234 nube minacciosa
235 mai
  Quest’altro è dedicato al Sig. D. Francesco Capece Zurlo236
   XXXVII
Ne’ suoi volumi eterni il gran Motore237
quando alle umane vite i fati scrisse,
agli Avi nostri alto valor prefisse,
o Francesco di lor Germe238 migliore.
Senno, e vole magnanimo d’onore
fur le sorti a ciascun segnate, e fisse;
e volle di tal’un nel cor si unisse
a quel di gloria caldo spron d’Amore.
Onde se per più secoli la bella
Partenope239 diè leggi240, e trionfante
rise, e di lauro241 ornò la sua corona,
lor fu sol vanto, e in te discese quella
Virtù242, che ora risplende in guise tante243.
E Amor per le sue vie me solo sprona.
  236 Non mi è stato possibile definire il rapporto di parentela con Donato Maria, ma di Francesco Capece Zurlo un sonetto è in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’Eccellentissima Signora D. Caterina d’Aragona, Roselli, Napoli, 1697, p. 153 e un altro in Componimenti recitati nell’Accademia a’ dì IV di Novembre, anno MDCXCVI ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II, Parrino. Napoli, 1697, p. 101. Questo, poi, si legge in Giovanni Bernardino Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Mosca, Napoli, 1748, tomo II, p. 74: L’altra [accademia fondata a Napoli nel 1679] fu detta de’ ROZZI … fu per qualche tempo governata da D. Francesco Capece Zurlo Cavaliere stimatissimo per l’erudizione, e per la pratica delle cose del Mondo.
237 Dio
238 discendente
239 Napoli; era inevitabile che i “meridionali” lì facessero carriera.
240 fu la culla degli studi giuridici
241 gloria poetica, letteraria
242 Allusione alla sapienza giuridica di Francesco cui nel verso successivo Donato Maria contrappone la sua, che è poetica.
243 in tanti modi
  Chiude la serie un sonetto Al Signor Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento244.
  XXXVIII
Spiega, e spira, Signor, soavemente
oh qual vaghezza, oh qual gradito odore
santissima Virtù, quasi bel fiore
della tua ben purgata, e nobil mente.
Onde in rubella a Dio perfida gente245
maraviglia non sol, ma desta amore,
a cui l’alma ravviva246, e il grave errore
quella scote aveduta247, e omai 248 si pente.
Oh pur si avanzi sì, che lasci addietro
quella de’ tuoi grand’Avi, e pace apporte249
al Mondo, che dall’armi oppresso geme,
da cui Regnante sopra il Tron di Pietro
di riportarne avessi anch’io la sorte
al mio torto giustizia, e grazia insieme.
  244 Vincenzo Maria Orsini (1649-1730), fu creato cardinale nel 1672, papa nel 1724 col nome di Benedetto XIII.
245 per cui in perfida gente ribelle a Dio
246 l’anima torna in vita
247 ravveduta
248 ormai
249 apporti
Per ultimo, a riprova della considerazione in cui era tenuto il nostro,  un suo sonetto è in una pubblicazione francese: Raccolta di rime italiane, tomo II, Prault, Parigi, 1744, p. 77.
  XXXIX
Esca mia dolce, ed amaro conforto,
occhi, che ‘l lungo e rio digiun pascete,
o fontane d’Amore, ove ascondete
quel rio veneno, onde sarò alfin morto.
Che come suole Augello poco accorto
cader, cibo cercando, entro la rete,
mentre in voi bramo ore tranquille, e liete,
trovo lungo il penar, e ‘l piacer corto,
Pur tal dolcezza in questo amaro io sento,
che da’ vostri bei rai nel cor mi piove,
che or godo del mio male, ed or mi pento.
Ma di quel, che altri scrisse, or mi rammento,
che, quando da principio il sommo Giove
creovvi, insieme unì gioia, e tormento.
  È il n. XXVII con queste differenze; al primo verso Già mio dolce, ed amaro mio conforto e nell’ultimo unìo. Il testo del XXXIX, è quello già presente in Comentari del Canonico Giovanni Mario Crescimbeni  custode d’Arcadia intorno alla sua istoria della volgar poesia, volume II, parte II, Basegio, Venezia, 1730, p. 263; esso dovrebbe essere quello definitivo soprattutto per l’immagine iniziale dell’esca mediata, come altre, dal Petrarca (Canzoniere, 37, 55, 90, 122, 165, 175. 181, 270 e 271). 
(CONTINUA)
 ______
1 Giovanni Mario Crescimbeni, L’Arcadia, Antonio de’ Rossi, Roma, 1711, p. 365.
    Per la prima parte (premessa)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/ 
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/ 
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/ 
 Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie)
http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/    
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria,  Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto) : http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò): http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
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I"NINOS ROBADOS": LE MIGLIAIA DI FIGLI DEI DISSIDENTI, DEI POVERI, DEGLI EMARGINATI CHE IL FRANCHISMO E LA CHIESA CATTOLICA RAPIRONO AI PROPRI GENITORI E VENDETTERO AGLI AMICI DEL REGIME - Cannibali e Re
Maria Luisa Torres ha 24 anni quando nel 1981 rimane incinta in una relazione clandestina. Ha paura e si vergogna, perché nella Spagna di quel periodo, da pochi anni uscita dalla dittatura, la tradizione e il perbenismo hanno ancora un grande peso. Per questo si rivolge a suor Maria, al secolo María Florencia Gómez Valbuena. Cerca aiuto per partorire in segreto, lontano dagli scandali. La religiosa la porta nella clinica di Santa Cristina. Il 31 marzo 1982 Maria Luisa da alla luce una bellissima bambina. Ma non potrà mai abbracciarla. Suor Maria le dice che la piccola è morta subito dopo il parto, che deve essere subito tumulata, che lei penserà a tutto. Ma non è vero. La bambina è viva. Viene venduta per circa 6500 dollari ad Alejandro Alcalde. Questo non è un caso isolato. Sono tanti, tantissimi i bambini che dalla metà degli anni ‘30 alla fine degli anni ‘80 in Spagna vengono tolti ai genitori per essere venduti. Qualcuno dice 10.000 bambini, altri 30.000, altri ancora parlano di centinaia di migliaia di casi. Si comincia alla fine della Guerra civile spagnola. Ci sono i figli dei "rojos", i comunisti, gli anarchici, i repubblicani, nemici del franchismo che vengono tolti alle proprie famiglie e consegnati ad amici del regime. Viene appositamente varata una legge, nel 1940, con cui lo stato rivendica la proprietà fisica dei figli degli oppositori politici. Poi dagli anni cinquanta tocca anche ai neonati dei poveri, dei miserabili, dei "disadattati", delle prostitute, di tutti coloro che sono troppo deboli o isolati per difendersi. Il metodo in questo caso è lo stesso utilizzato con Maria Torres. Si rilascia un falso certificato di morte e i bambini vengono ceduti o venduti a coppie fedeli al regime. La complicità della Chiesa in queste sottrazioni fu attiva e determinante. La firma di religiosi e religiose appare su centinaia di documenti irregolari per le adozioni. Le sottrazioni di bambini continuarono anche dopo la fine del Franchismo; fino a quando qualcuno cominciò a denunciare questo orrendo crimine. Tra loro anche Alejandro Alcalde che confesserà alla figlia Ines di essere una dei "niños robados". Così dopo ventinove anni Ines, potrà abbracciare la sua vera madre. Ma sono rari i casi come il suo, la maggior parte dei "bambini rubati" non conosce la propria identità. Per questo tante madri e tanti padri stanno lottando ogni giorno affinché sia fatta luce sulla sorte dei loro figli.
Cannibali e Re
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di PIERO PACCHIAROTTI ♦
International Tour Film Festival dal 9 al 13 ottobre: grandi numeri e ospiti favolosi, il connubio per un successo unico e cinque giorni sensazionali a Civitavecchia.
Quest’anno si contano ben 3600 opere iscritte da 110 nazioni, come ha evidenziato dalla prima serata – e prima ancora nella Conferenza Stampa del 3 ottobre a Roma presso la sede FUIS – il Presidente dell’International Tour Film Festival Piero Pacchiarotti; esattamente il doppio rispetto alla precedente edizione. 
Numeri davvero sorprendenti per non parlare delle peculiarità della kermesse: sette sezioni in gara di cui due riservate ai giovani ed un “vincente assoluto”, il premio della critica; due workshop, molte presentazioni di libri a tema, un meeting sulla costituzione e molto altro si è svolto in queste 5 giornate.
Il ruolo della madrina della manifestazione è stato ricoperto da Ester Vinci, poliedrica attrice di numerose fiction tra cui Squadra Antimafia; l’edizione corrente ha visto l’apertura ufficiale con Simone Gallo ed Anastasia Vasilyeva (conduttori della prima serata) mentre il ruolo del presentatore della serata finale è andato all’attore Roberto Luigi Mauri; accanto a lui sul palco la conduttrice Angela Achilli.
La prima serata è iniziata con l’inaugurazione della mostra  fotografica “Cinema e Mito” e le lambrette storiche della collezione di Silvestro Guida, passando dalle fasce di Miss Civitavecchia Elegance di Gloria Salipante e Miss Castelli Romani, per giungere alle note musicali dei cantanti Armando Caforio e Kumiko Yoshii, Roberta Manovelli e Sergio Grech dell’Ass.ne l’Arte del Canto; il film d’apertura è stato invece Il Signor Diavolo, opera ultima di Pupi Avati che vede fra gli attori Andrea Roncato il quale è stato premiato nella sera del 9 ottobre per i suoi favolosi 40 anni di carriera. Gli altri premi della prima serata che sono stati assegnati sono il Fashion Award a Daniela Poggi – che ha scelto a sorpresa di chiamare dal pubblico e di dividere il suo momento sul palco con un’attrice che ha preso enormemente a cuore, la giovane e bravissima Giulia Todaro con la quale sta lavorando attualmente su un set – e lo Special Award allo Chef Bruno Brunori che durante il giorno aveva incontrato i ragazzi dell’istituto alberghiero.
Giovedì 10 serata dedicata ai diritti umani ed al problema del razzismo, con la proiezione di Skin, di Guy Nattiv, fresco premio Oscar 2019 e di Caina alla presenza del regista e dall’attrice principale, rispettivamente Stefano e Luisa Amatucci.
Venerdì 11 ottobre dopo l’inaugurazione della  mostra fotografica “Cinema e Mito”, si è svolta la serata come sempre presso La Cittadella della Musica con due premi di prestigio previsti: uno è andato a Maria Grazia Nazzari e l’altro a Nicola Vizzini.
Sabato 12 serata interamente dedicata ai talenti locali con il Festival del Mare,  videoclip musicali inediti di altissima qualità grazie alla sapiente regia di Pietro Giorgetti, presentata dalla coppia Floriana Gigli e Gino Florio, vinta da Giuseppe Scaglione.
Domenica 13 ottobre si è svolta, infine, la premiazione di tutte le opere vincenti (vd. allegato) davanti ad un parterre internazionali con registi provenienti da Russia, Spagna, Croazia, Singapore, è così via; è stato consegnato il premio alla carriera a Gennaro Cannavacciuolo. Tra i nomi che occupavano le poltrone in prima fila, tanto per citarne i principali, i registi Christian Marazziti e Daniele Falleri, la regista Donatella Baglivo,  le attrici  Marilu’ De Nicola e Paola Lavini veterani amici del Festival; il sindaco di Civitavecchia Ernesto Tedesco, l’On. Alessandro Battilocchio, la fashion stylist e marketing manager di Como Monica Gabetta Tosetti – che ha curato l’outfit del presentatore Roberto – con la collega amica e professionista Laura Sonvico; e ancora l’artista Alexandra Del Bene responsabile della realizzazione dei premi e moltissimi altri.
Durante le giornate del festival oltre ai film in concorso si sono tenuti workshop attoriali con Simona Tartaglia; presentazioni libri con personaggi come Pino Scaccia, Raffaella Lanzetta e Manuela Del Zompo. Infine interventi nelle scuole per ricordare personaggi come Mario Monicelli a dieci anni dalla scomparsa e Leonardo Da Vinci.
Si ringraziano le Istituzioni, lo Staff , gli Sponsor, i partners dell’ITFF e tutti coloro che hanno collaborato. Tra le persone che hanno preso parte alla macchina organizzativa di quest’ultima edizione gli storici Francesco Capuano e Andrea Donato; i fotografi Carlo Piersanti, Giuseppe Andidero, Nicoletta Morici e Fabio Finco; i videomaker Cosimo Ricciolino e Benedetta Donsante.
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PIERO PACCHIAROTTI
Presidente ITFF Piero Pacchiarotti; Direttore Artistico Luc Toutounghi; Direttore del Festival Sonia Signoracci
Ufficio stampa Roberta Nardi.
Sito ufficiale: www.internationaltourfilmfest.it/
Di seguito l’elenco delle OPERE PREMIATE – 8^ EDIZIONE ITFF 2019
 ITFF MIGLIOR FICTION 2019
Мама (Mother) di Vasiliy Kiselev (Russia)
………………………………………………………………………………………………
ITFF MIGLIOR DOCUMENTARIO 2019
La fiaba perduta di Cristian Natoli e Giulio Gattuso (Italia)
………………………………………………………………………………………………….
ITFF MIGLIOR ANIMAZIONE 2019
The goodqueue di Roger Giménez (Spagna)
……………���……………………………………………………………………………………
ITFF MIGLIOR VIDEO DI PROMOZIONE TURISTICA 2019
RabskaFjera – MedievalSummer Festival
di SanjinBadurina (Croazia)
…………………………………………………………………………………………………..
ITFF MIGLIOR LUNGOMETRAGGIO ITALIANO 2019
Segretarie – Una vita per il cinema
di Raffaele Ragoe Daniela Masciale
…………………………………………………………………………………………………………
ITFF PREMIO DELLA CRITICA E VINCITORE ASSOLUTO DEL FESTIVAL
Be Kind
di Sabrina Paravicini e Nino Monteleone (Italia)
——————————————————————————————————-
ITFF MENZIONE SPECIALE
Switch di Andrea Vella e Martina Vacca
Laboratorio Cinematografico di Santa Marinella
…………………………………………………………………….
ITFF – VIDEOVERSI  (sezione Adulti)  1^ Classificato a:
Il cappotto verde di Fabio Lucarelli
——————————————————————————————————————
ITFF – VIDEOVERSI  (sezione Adulti)  2^ Classificato a:
Haiku n.2 di Paolo Di Luca
——————————————————————————————————————–
ITFF – VIDEOVERSI (sezione Adulti)  3^ Classificato a:
Io vedo con il cuore di Silvia Giampà
—————————————————————————————————————–
ITFF – VIDEOVERSI (Sezione giovani) 1^ Classificato
Assenza di Maria Laura Marino                   
———————————————————————————————————————
ITFF – VIDEOVERSI (Sezione giovani) 2^ Classificato
Amico Mio di Elisa Corti
———————————————————————————————————————
ITFF – VIDEOVERSI (Sezione giovani) 3^ Classificato
Sognatore straniero di Alessia Malinconici
………………………………………………………………………….
   ITFF  CITTADINI D’EUROPA   – 1^ Classificata a:
       La giovane Unione Europea, Lei, la sua storia, il suo futuro   
di Maria Rosaria Raucci e Alessandra Ommeniello – ISISS Terra Di Lavoro – Caserta
………………………………………………………………………………………
ITFF  CITTADINI D’EUROPA  2^ Classificata a
     Uniti a sostegno della legalità di Veridiana Cassarisi
IIS Via dell’Immacolata 47 – Civitavecchia
………………………………………………………………………………………………
  ITFF  CITTADINI D’EUROPA   3^ Classificata a:
                    Cittadini d’Europa di Angela Pernice
IIS Vespucci – ColomboLivorno
………………………………………………………………………………………………
ITFF  CITTADINI D’EUROPA   – Menzione Speciale a: 
   Ride – Liberi di muoverci  di Silvia Luciani
Istituto Comprensivo Enrico Fermi di Macerata
International Tour Film Festival dal 9 al 13 ottobre: grandi numeri e ospiti favolosi di PIERO PACCHIAROTTI ♦ International Tour Film Festival dal 9 al 13 ottobre: grandi numeri e ospiti favolosi, il connubio per un successo unico e cinque giorni sensazionali a Civitavecchia.
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italianiinguerra · 5 years
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“Fucilali, e non perdere tempo!”
Fu questo l’ordine che Giuseppe Marozin, nome di battaglia Vero, capo della Brigata partigiana Pasubio dichiarò di aver ricevuto direttamente dal C.L.N.A.I. nella persona di Sandro Pertini: «Quel giorno – 30 aprile 1945 – Pertini mi telefonò tre volte. Marozin responsabile della doppia esecuzione che andiamo a raccontare nel presente post, dichiarò nel corso del procedimento penale a suo carico per quell’episodio:
«La Ferida non aveva fatto niente, veramente niente. Ma era con Valenti. La rivoluzione travolge tutti.»
A detta di Marozin, Pertini si rifiutò di leggere il memoriale difensivo che Valenti aveva scritto durante i giorni di prigionia, nel quale erano contenuti i nomi dei testimoni che avrebbero potuto scagionare i due attori da ogni accusa.
Ma andiamo con ordine, la guerra sta per concludersi siamo negli ultimi giorni del tragico aprile 1945, i plotoni di esecuzione partigiani lavorano a pieno regime, si fucila senza andare tanto per il sottile, spesso senza nessuna giustificazione. I due protagonisti, loro malgrado sono due attori, accusati di collaborazionismo con la Repubblica Sociale Italiana, vediamo brevemente le loro storie e soprattutto come giunsero davanti al plotone di esecuzione che il 30 aprile del 1945 pose fine alle loro vite.
Luisa Ferida, pseudonimo di Luigia Manfrini Farné nacque a Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna, il 18 marzo 1914. Dopo alcune esperienze teatrali con le compagnie di Ruggero Ruggeri e Paola Borboni, esordì sul grande schermo con il film Freccia d’oro (1935) di Piero Ballerini e Corrado D’Errico. Si mise in evidenza quasi subito, interpretando numerosi film di registi minori, che le dettero però visibilità e successo di pubblico. Fra il 1937 e il 1938 costituì una coppia di successo con Amedeo Nazzari, col quale interpretò La fossa degli angeli, I fratelli Castiglioni e Il conte di Bréchard.
Quando venne richiesta da Alessandro Blasetti per il film Un’avventura di Salvator Rosa (1939), era già una giovane attrice conosciuta e apprezzata, ormai pronta per il salto di qualità. Nella pellicola sopracitata interpretò il ruolo della contadina Lucrezia, ponendosi all’attenzione della critica e del grande pubblico. Il film di Blasetti la proiettò rapidamente verso un orizzonte divistico di rilievo, permettendole di mettere in evidenza il suo temperamento grintoso e la sua recitazione asciutta e nervosa.
Osvaldo Valenti con l’uniforme della Xª Flottiglia MAS
L’incontro con Osvaldo Valenti, a cui si legò sentimentalmente sul set di questo film, coincise con il periodo di maggior successo della sua carriera. I registi più popolari dell’epoca iniziarono a offrirle ruoli di sempre maggiore importanza. Negli ultimi anni della sua carriera, vanno ricordate le sue interpretazioni nei film La corona di ferro (1941) di Alessandro Blasetti, Fedora (1942) di Camillo Mastrocinque, Fari nella nebbia (1942) di Gianni Franciolini, per il quale fu premiata come miglior attrice italiana del 1942, Gelosia (1942) di Ferdinando Maria Poggioli e La bella addormentata (1942) di Luigi Chiarini.
Durante il regime fascista i due attori non si erano distinti per le loro posizioni politiche. A seguito dell’Armistizio, Ferida e Valenti furono tuttavia fra i pochi divi del cinema dell’epoca, ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Lasciarono così Roma (e Cinecittà) per trasferirsi al Cinevillaggio, il neonato centro cinematografico della R.S.I. di Venezia, sorto per volere del ministro Ferdinando Mezzasoma, diventandone due dei più noti esponenti. Nel 1944 insieme a Valenti, girò Un fatto di cronaca, film diretto da Piero Ballerini. Sarà il suo ultimo lungometraggio.
Dopo si stabilirono per qualche giorno a Bologna, dove la Ferida, che aspettava un bambino, desiderava andare a trovare la madre. Mentre si trovavano all’albergo “Brues”, improvvisamente colta da forti dolori, ebbe un aborto spontaneo. Valenti fu colto da grande dolore e, come scrisse ad un amico: «Non voglio più sentir parlare di arte e di cinema, e non mi voglio più recare nella Spagna dove pur ho un contratto vantaggiosissimo. Io sento che il mio dovere sarebbe di fare qualcosa di positivo per questo pezzo di terra che ancora ci rimane.»
Nella primavera del 1944, i due si spostarono a Milano, dopo che Valenti era entrato col grado di tenente nella Xª Flottiglia MAS comandata dal principe Borghese. Come ufficiale di collegamento della Decima, Valenti ebbe contatti con la famigerata banda di Pietro Koch e in tali rapporti, secondo alcuni, fu coinvolta anche la Ferida; tuttavia, secondo altri, la frequentazione di “Villa Triste” da parte della Ferida, nonché la sua presunta complicità con i torturatori di partigiani, sarebbero solo calunnie prive di fondamento.
Pare, da testimonianze, che la Ferida sapesse delle torture, ma se ne tenesse alla larga; non così una delle amanti di Koch, la soubrette Daisy Marchi, e la segretaria del capo della “banda”, Alba Giusti Cimini. Entrambe si spacciavano talvolta, con i prigionieri, per la celebre Ferida, approfittando della penombra delle celle e della somiglianza fisica della Marchi con Luisa; è probabilmente questa l’origine della calunnia che costerà la vita all’attrice (mentre la Marchi e la Cimini non subiranno mai conseguenze).
Si arriva cosi agli ultimi giorni di aprile del 1945, i due vengono arrestati e dopo essere stati sottoposti a un sommario processo, vennero accusati di collaborazionismo e soprattutto di aver torturato alcuni partigiani imprigionati a Villa Triste. Per loro il destino era segnato, quando vennero fucilati, la Ferida aveva 31 anni ed era incinta, Osvlado Valenti, di anni ne aveva 39.
Dalla loro casa milanese, qualche giorno dopo i fatti appena raccontati, venne sottratto un autentico tesoro, del quale Marozin nel dopoguerra ammise la “confisca”, ma sostenendo di non ricordare dove tali beni fossero finiti: «Una parte fu restituita, credo, alla madre della Ferida, il resto andò a Milano». I due sono sepolti nel Campo X del Cimitero Maggiore di Milano, noto anche come Cimitero di Musocco e Campo dell’Onore.
Negli anni cinquanta la madre della Ferida, Luisa Pansini, fece domanda al Ministero del Tesoro per ottenere una pensione di guerra. Si rese necessaria, pertanto, un’accurata inchiesta da parte dei Carabinieri di Milano per accertare le reali responsabilità della Ferida, al termine della quale si concluse che:
«la Manfrini dopo l’8 settembre 1943 si è mantenuta estranea alle vicende politiche dell’epoca e non si è macchiata di atti di terrorismo e di violenza in danno della popolazione italiana e del movimento partigiano»
La madre di Luisa Ferida ottenne la pensione di guerra comprensiva di arretrati. Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
“Fucilali, e non perdere tempo!” la morte degli attori Luisa Farida e Osvaldo Valenti "Fucilali, e non perdere tempo!" Fu questo l'ordine che Giuseppe Marozin, nome di battaglia Vero, capo della Brigata partigiana Pasubio dichiarò di aver ricevuto direttamente dal C.L.N.A.I.
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