Tumgik
#mi sembra di riuscire a respirare per la prima volta dopo mesi
campanauz · 8 months
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La frustrazione di avere un nodo in gola da mesi e non trovare le parole corrette per esprimersi.
Questo è uno di quei momenti in cui invidio gli intellettuali veri, quelli che scrivono per mestiere, quelli che fanno della comunicazione corretta un mestiere-mi viene sempre in mente la Murgia che si spiegava con milioni di termini e non ne sbagliava uno, che nella sua abbondanza era asciutta e perfetta, sapevi esattamente cosa intendeva dire- mentre invece io sono qui con un nodo in gola da mesi, dicevo, perché non sono abbastanza: non abbastanza ebrea da essere chiamata in causa, non abbastanza neutrale per poter sparare sentenze sui social, non abbastanza orfana per dare un dispiacere a mia nonna e dire apertamente cosa penso.
Non oso nemmeno dire di essere angosciata, guardo mia figlia e penso: se la perdessi per colpa di una guerra probabilmente mi farei esplodere, distruggerei tutto, e poi prego e mi sento in colpa perché mia figlia è al sicuro e il mondo è pieno di merda e io sono una sola e in mezzo a dichiarazioni orrende e nessuno con cui possa parlarne.
L'unica cosa che mi ha fatto sentire almeno un pochino meno stronza è questa lettera. (riportata dall'avvenire) dove per la prima volta qualcuno che appartiene al mio stesso gruppo genetico dice qualcosa in cui mi riconosco.
Poi dicono che le parole non sono importanti.
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gloriabourne · 6 years
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The one with the first time
Confuso. Ecco come si sentiva Fabrizio.
E la cosa non lo stupiva nemmeno, perché quando si trattava di Ermal era quasi ovvio sentirsi così.
Si era sentito in quel modo fin dalla prima volta in cui aveva parlato con Ermal, fin da quando avevano iniziato a lavorare insieme e lui pian piano si era reso conto di quanto gli piacesse passare del tempo con lui e di quanto forte battesse il suo cuore quando erano insieme.
Si era innamorato. E per mesi non aveva saputo come fosse stato possibile innamorarsi di qualcuno così in fretta. Poi si era semplicemente accorto che Ermal era una persona così speciale che non avrebbe potuto evitare di innamorarsi di lui.
Si era sentito confuso anche la prima volta che aveva l'aveva baciato e, contro ogni previsione, Ermal aveva ricambiato il bacio invece di allontanarlo.
Sapere che Ermal provava la stessa attrazione e lo stesso interesse che provava lui, l'aveva spiazzato ma aveva accolto quella novità a braccia aperte, convinto che da lì le cose sarebbero solo migliorate.
E invece, mesi dopo quel giorno, Fabrizio era più confuso di quanto lo fosse prima.
Era confuso perché il rapporto tra lui ed Ermal non era poi cambiato così tanto da quel bacio. Certo, entrambi si sentivano più liberi di invadere lo spazio dell'altro, di abbracciarsi, di toccarsi. Spesso lo facevano senza nemmeno rendersene conto.
Ma a parte quello - e qualche sporadico bacio scambiato in un camerino o in una camera d'albergo - non era cambiato nulla.
E Fabrizio non capiva perché.
Era ovvio che stessero bene insieme, che entrambi provassero qualcosa per l'altro, ma allora perché Ermal sembrava fuggire ogni volta che le cose diventavano più serie?
Fabrizio se n'era reso conto per la prima volta qualche settimana prima, mentre stavano sdraiati sul suo letto in una camera d'albergo, dopo aver partecipato a un evento.
Avevano passato la serata a chiacchierare di tutto e niente, e a un certo punto si erano ritrovati l'uno sull'altro a baciarsi come due ragazzini impazienti. Ma appena Fabrizio aveva azzardato ad infilare le dita sotto la maglietta di Ermal, il più giovane si era allontanato di scatto borbottando qualcosa sul fatto che fosse molto tardi ed era uscito dalla stanza.
Fabrizio non aveva detto nulla, né in quel momento né il giorno seguente, e aveva cercato di non pensarci. Ma il ricordo di quella sera era tornato a fargli visita qualche settimana dopo, quando si erano ritrovati a baciarsi contro la portiera della sua macchina, troppo impazienti addirittura per entrare in casa.
Non si vedevano da qualche settimana ed entrambi avevano sentito la mancanza dell'altro, così quando Ermal era arrivato davanti a casa di Fabrizio, il più grande non gli aveva dato nemmeno il tempo di entrare. L'aveva baciato premendo il corpo di Ermal contro la macchina e premendosi a sua volta su di lui, facendogli sentire quando fosse felice di vederlo.
Era stato proprio nel momento in cui Fabrizio si era schiacciato di più contro di lui - premendogli inevitabilmente la sua erezione contro la coscia - che Ermal lo aveva allontanato da lui di colpo. Aveva abbassato lo sguardo imbarazzato ed era entrato in casa, e per tutto il resto della serata aveva cercato di mantenersi a debita distanza.
Non avevano mai parlato di tutto quello, entrambi troppo spaventati per affrontare il discorso, ma ormai era passato parecchio tempo e Fabrizio cominciava a farsi delle domande sul loro rapporto. E più lo faceva, meno capiva per quale motivo Ermal scappasse in quel modo ogni volta che sembravano vicini a fare il passo successivo.
Sollevò lo sguardo e fissò Ermal per un attimo.
Era seduto sul divano di fronte a lui, con la chitarra tra le mani, e stava cercando di trovare la melodia giusta per quei versi che gli erano venuti in mente poco prima.
Fabrizio si perse a guardarlo, innamorandosi un po' di più di ogni piccolo dettaglio che lo riguardava.
Il modo in cui toccava la chitarra, il movimento che faceva con la testa per spostare un riccio finito davanti agli occhi, la ruga sulla fronte che gli veniva ogni volta che era preso a riflettere su qualcosa... Ogni singolo dettaglio di Ermal faceva battere il cuore di Fabrizio un po' più forte.
"Che c'è?" chiese Ermal sollevando lo sguardo per un attimo.
Fabrizio scosse la testa. "Niente."
Ermal rimase a fissarlo con la fronte aggrottata, confuso.
Fabrizio era strano quel giorno. Era palese che avesse dei pensieri per la testa e che sentisse il bisogno di parlargli di qualcosa, eppure c'era qualcosa che lo frenava.
Posò la chitarra e poi disse: "Bizio, che hai?"
Fabrizio sospirò mentre si grattava la nuca imbarazzato, e andò a sedersi sul divano accanto a Ermal.
Non aveva idea di cosa dire, di come affrontare il discorso, ma sapeva di doverlo fare.
"Non so da dove iniziare" disse Fabrizio, senza avere il coraggio di guardare Ermal.
Il più giovane gli posò una mano sulla gamba, stringendo leggermente per fargli capire che era lì e che non se ne sarebbe andato.
"Ho paura che, dopo che ti avrò parlato, penserai che voglio metterti fretta o che penso solo a quello... ma ti assicuro che non è così!"
Ermal non aveva la minima idea di dove volesse andare a parare Fabrizio, ma non disse nulla e aspettò che continuasse a parlare.
Fabrizio prese un respiro profondo e poi, facendosi coraggio, disse: "Voglio fare l'amore con te."
Ermal trattenne il fiato per un attimo di fronte a quella confessione, ma continuò a rimanere in silenzio.
"Lo vorrei davvero tanto. Ma ogni volta che le cose tra noi sembrano andare verso il passo successivo, tu scappi. Non capisco se lo fai perché non ti senti pronto, o perché non provi quello che provo io, o chissà per quale altro motivo, ma vorrei che ne parlassimo. E se davvero non ti va di andare oltre, a me va bene. Però vorrei saperlo" disse Fabrizio quasi senza respirare tra una frase e l'altra.
Ora che aveva finalmente tirato fuori ciò che lo preoccupava da mesi, si sentiva molto meglio. Si sentiva più leggero e, anche se temeva la risposta di Ermal, non poteva negare di essere pentito di non aver trovato il coraggio di parlare prima.
Ermal abbassò lo sguardo per un attimo.
Si era reso conto dei tentativi di Fabrizio di andare oltre e non poteva negare di essere felice che lo desiderasse così tanto, eppure era scappato. Fabrizio aveva ragione.
Si era fatto prendere dalla paura di quella situazione che per lui era così nuova ed era scappato.
Ma ora non poteva più scappare.
"Non mi era mai capitato di sentirmi così, di tenere così tanto a qualcuno. Tu hai sconvolto tutto il mio mondo e mi fai sentire come se fossi di nuovo un ragazzino impacciato che non sapeva come provarci con una per cui aveva una cotta" disse Ermal arrossendo di fronte a quella ammissione.
Fabrizio allungò una mano verso di lui e gliela passò lentamente tra i capelli, come faceva sempre quando cercava di farlo rilassare.
Ermal sorrise abbandonandosi a quel contatto, poi continuò dicendo: "È per questo che scappo e ti allontano ogni volta che le cose si fanno serie. Mi sento di nuovo come un adolescente che deve fare sesso per la prima volta. Mi sembra di non sapere più nemmeno come si fa, e forse non lo so davvero perché tu sei il primo uomo per cui provo qualcosa che va oltre l'amicizia. E quindi mi faccio un sacco di paranoie sul fatto che non sarò all'altezza, che sarò troppo impacciato, che farò la figura del cretino..."
Fabrizio bloccò il suo discorso posando gentilmente le labbra sulle sue e baciandolo lentamente, mentre teneva una mano affondata tra i suoi capelli.
Quando lo sentì rilassarsi contro di lui, si staccò e disse: "Sei perfetto in ogni cosa che fai. Lo sarai anche in questo."
Quella frase fu sufficiente a far rilassare completamente Ermal, che sentendosi improvvisamente più sicuro attirò Fabrizio a sé e lo baciò, mentre faceva scorrere le mani lungo il suo petto.
Fabrizio sospirò sentendo le dita del compagno scivolare su di lui - anche se la sua pelle era ancora coperta dalla stoffa della maglietta - e, tenendolo per la nuca, lo trattenne contro di sé.
Un attimo dopo, senza smettere di baciarsi, Fabrizio si alzò dal divano trascinando Ermal con sé e camminò lentamente fino alla camera da letto.
Era quasi certo di aver fatto cadere qualcosa lungo il corridoio, ma era talmente preso a baciare Ermal che quasi non se n'era accorto. E onestamente nemmeno gli importava.
Tutto ciò che contava davvero era tra le sue braccia.
"Se faccio qualcosa che ti dà fastidio, fermami" disse Fabrizio facendo scivolare le mani sotto la maglietta di Ermal.
Il più giovane annuì con un cenno della testa, mentre chiudeva gli occhi e si abbandonava totalmente alle attenzioni di Fabrizio.
Inclinò la testa di lato appena sentì le labbra di Fabrizio scivolare sul suo collo e, senza riuscire a nascondere un leggero tremore, infilò le dita sotto la maglia di Fabrizio accarezzandogli i fianchi.
Fabrizio sorrise contro la sua pelle sentendo quanto Ermal fosse impacciato ma allo stesso tempo desideroso di avere di più, di scoprire più porzioni di pelle, di amarlo totalmente.
Si allontanò leggermente da lui e si sfilò la maglietta, mentre Ermal percorreva con lo sguardo ogni traccia di inchiostro sul suo petto.
"Tutto bene?" chiese Fabrizio premuroso, mentre sollevava il viso di Ermal con una mano spingendolo a guardarlo negli occhi.
Ermal annuì. "Sì. Credo solo di essere un po' nervoso."
"Vuoi fermarti?" chiese Fabrizio con un filo di voce.
Sperava che Ermal dicesse di no, sperava che gli dicesse di continuare. Ma allo stesso tempo vedeva l'agitazione nei suoi occhi e temeva di averlo spinto a fare qualcosa per cui in realtà non era ancora pronto.
Ermal scosse la testa. "No. Ma non ho idea di cosa fare, ho bisogno che mi guidi."
Senza dire altro, Fabrizio riprese a baciarlo mentre gli stringeva delicatamente i fianchi.
Ermal si rilassò contro di lui, facendo scivolare le mani sulla schiena di Fabrizio e tracciando linee immaginarie sulla sua pelle.
Sentire le dita di Ermal su di sé, fece sospirare Fabrizio, che si staccò leggermente da Ermal giusto per sfilargli la maglia e dire: "Mi sa che non hai bisogno della mia guida. Sai esattamente cosa fare."
Ermal arrossì imbarazzato e sorrise, mentre iniziava a slacciare la cintura e i jeans di Fabrizio con fare incerto.
Fabrizio lo aiutò sfilandosi in fretta i jeans, e poi liberò anche Ermal degli ultimi indumenti rimasti fino a trovarsi inginocchiato di fronte a lui e con le dita incastrate nell'elastico dei boxer.
Cercò lo sguardo di Ermal, chiedendogli tacitamente se potesse andare avanti, ed Ermal lo fissò con gli occhi lucidi e carichi di aspettativa.
Quando Fabrizio gli sfilò anche quell'ultimo strato - provocando un sospiro quasi liberatorio al suo compagno - lanciò un'ultima occhiata verso Ermal, poi iniziò a toccare lentamente la sua erezione.
Ermal abbassò lo sguardo verso di lui, sentendo il respiro bloccarsi in gola quando Fabrizio sostituì la bocca alla mano.
Lo fissò per tutto il tempo, incapace di spostare lo sguardo da quegli occhi, incapace di concentrarsi su qualsiasi altra cosa che non fossero le labbra di Fabrizio su di sé.
Non che volesse davvero concentrarsi su altro, in realtà.
Ma quando Fabrizio si soffermò a stuzzicare la punta della sua erezione, Ermal capì che di quel passo sarebbe finito tutto troppo velocemente quindi si costrinse ad allontanarlo da lui.
Fabrizio si rialzò in piedi sorridendo e disse: "Tutto bene?"
"Anche troppo" disse Ermal prima di baciarlo.
Lasciò che Fabrizio lo spingesse verso il letto, che lo facesse sdraiare e che poi si appoggiasse delicatamente su di lui.
Era una sensazione strana avere addosso il corpo di Fabrizio quando, per tutta la vita, era stato abituato ad avere al suo fianco corpi femminili, totalmente diversi da quello del compagno.
Eppure, per quanto strano, Ermal doveva ammettere che non si era mai sentito a suo agio come in quel momento.
Fece scivolare le mani lungo il corpo di Fabrizio, arrivando all'elastico dei boxer che ancora indossava e spingendoli verso il basso.
Fabrizio lo aiutò a togliere quell'ultimo strato di stoffa e poi, finalmente pelle contro pelle, si prese un attimo per fissare Ermal.
Era così bello mentre se ne stava sotto di lui, con le guance arrossate per l'imbarazzo e i denti che continuavano a torturare il labbro inferiore.
"Che c'è?" chiese Ermal.
Fabrizio sorrise e scosse la testa, come a indicare che era tutto ok. Poi si sporse verso il comodino e afferrò un preservativo e la boccetta di lubrificante.
Si versò un po' di lubrificante sulle dita e poi iniziò a massaggiare lentamente l'apertura di Ermal.
Lo preparò con calma, mentre con l'altra mano toccava la sua erezione cercando di farlo rilassare e gli sussurrava all'orecchio che sarebbe andato tutto bene. Poco dopo, fu proprio Ermal a chiedere di più, a desiderare un contatto più profondo.
E anche se fino a quel momento Fabrizio era stato sicuro di ogni sua mossa, di ogni suo movimento, improvvisamente si sentì impacciato e insicuro, come se temesse di fare qualche errore.
Cercò di ignorare le mani che improvvisamente avevano iniziato a tremare - era certo che Ermal fosse già abbastanza agitato per entrambi, non voleva che credesse anche che non aveva la minima idea di cosa stesse facendo - e afferrò il preservativo.
Ma Ermal era un uomo attento ai dettagli, lo era sempre stato, ed era stato impossibile per lui non notare l'agitazione che improvvisamente aveva colpito Fabrizio.
"Ehi, tutto bene?" chiese tirandosi su leggermente, facendo leva sulle braccia.
"Sono un po' nervoso" ammise Fabrizio.
"Va tutto bene" disse Ermal, prendendogli dalle mani il preservativo e scartandolo.
Lo srotolò sulla lunghezza di Fabrizio, cercando di non imbarazzarsi all'idea che sicuramente il suo compagno non si era perso nemmeno uno dei suoi movimenti.
Quando risollevò lo sguardo, Fabrizio lo stava fissando con un sorrisetto malizioso stampato in faccia.
"Che hai da sorridere?"
"Niente, solo che sei bravo considerato che è la prima volta" disse Fabrizio divertito.
Ermal soffocò una risata, poi disse: "È la prima volta che metto un preservativo a qualcuno che non sia io, ma ricordo ancora come si mettono!"
"Me ne sono accorto" rispose Fabrizio abbassandosi su di lui e baciandolo, mentre avvicinava la sua erezione all'apertura del compagno.
Si spinse dentro di lui lentamente, consapevole che a Ermal sarebbe servito un po' di tempo per abituarsi all'intrusione.
Baciò ogni centimetro di pelle del suo viso - mentre rimaneva immobile dentro di lui - fino a quando, dopo un ultimo bacio sulle labbra, Ermal disse che poteva muoversi.
Fabrizio iniziò a muoversi lentamente, cercando di non cedere alla tentazione di spingersi sempre di più nel corpo del compagno, aspettando pazientemente che Ermal assecondasse le sue spinte, che gli venisse incontro.
"Fabri..." mormorò a un certo punto Ermal, sollevando il bacino.
Fabrizio affondò più velocemente, strappando a Ermal un gemito.
Continuò a muoversi sempre più velocemente, accompagnando le spinte con i movimenti della mano sull'erezione gonfia di Ermal.
Pochi minuti dopo Fabrizio si lasciò andare e mentre, ancora con gli occhi chiusi, si godeva gli ultimi strascichi dell'orgasmo, sentì Ermal venire nella sua mano.
Sapeva che era banale, ma si sentiva completo. Si sentiva bene come poche altre volte nella vita, e sapeva che il merito era solo di Ermal.
Ermal si era fidato di lui, permettendogli di guidarlo in una situazione completamente nuova. E lo aveva amato.
Ermal lo amava come nessuno lo aveva mai amato prima. Forse solo Giada lo aveva amato allo stesso modo, con la stessa intensità.
Si voltò verso Ermal e lo strinse a sé, facendogli appoggiare la testa sul suo petto e lasciandogli un bacio tra i capelli.
"Stai bene?" chiese mentre accarezzava lentamente la sua pelle sudata.
"Sì. Sto bene, grazie."
Fabrizio lo strinse un po' di più a sé. "Ti amo, lo sai?"
Ermal sollevò la testa e annuì. "Lo so. Ti amo anch'io."
E dire quelle parole, appena dopo aver fatto l'amore, fu come dirle per la prima volta.
A quel punto Ermal si rese conto che il sentirsi come un adolescente alle prime esperienze, non si limitava al sesso. Ogni cosa insieme a Fabrizio lo faceva sentire come se fosse tutto nuovo.
E faceva paura. Era terrificante ritrovarsi alla soglia dei quarant'anni e dover affrontare di nuovo quelle sensazioni che ormai sembravano sparite dopo l'adolescenza.
Ma se il prezzo da pagare per stare con Fabrizio - per essere felice - era sentirsi di nuovo un ragazzino ogni volta che erano insieme, Ermal lo avrebbe pagato volentieri. Avrebbe continuato a pagarlo ogni giorno.
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pleaseanotherbook · 6 years
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Il 2018 di Please Another Book
Il 22 dicembre, che per me in realtà poi è sempre il 29 dicembre (giorno in cui ho postato la prima recensione nel 2011), Please Another Book ha compiuto 7 anni, 7 anni di blogging, di studio, di costruzione un passo alla volta di un angolo di web fatto a immagine e somiglianza delle mie aspirazioni, dei miei sogni e delle mie letture. Ammetto che non avrei mai immaginato di raggiungere un simile risultato, un po’ perché come scrivo spesso inizialmente non ci credevo neanche a questa avventura del blog e poi perché gli ultimi anni sono stati un delirio tra laurea, lavoro, vita. Sono contenta però di essere ancora qui, aggrappata a questa impronta digitale che sembra sfuggirmi ad ogni passo. Un’orma sulla sabbia, pronta a sparire con un colpo di vento un po’ più forte o un’onda un po’ più viva. Non ho ancora smesso di investire energie in questo progetto, e sono un po’ più fiduciosa anche sul futuro di Please Another Book anche dopo aver parlato con i miei amici durante queste vacanze di Natale. In un pub per motociclisti, tra una birra e patatine fritte e partite di biliardo in cui sono state più le palle mancate che quelle colpite, i miei amici mi hanno fatto capire che no, non la devo dare vinta a nessuno, che in fondo questo “diario di letture e incedere” è un po’ come un figlio e non lo devo perdere. Anche se il ritmo è incostante e non ho voglia. Perché se non riesco a trovare spazi per me, allora che senso ha continuare ad andare avanti in questa direzione. E sì, è vero, affermarmi per quello che sono è uno degli scopi principali che mi spingono a non abbandonare Please Another Book. Perciò buon anniversario a me e a voi!
Il 2018 è stato un anno molto complicato per me e la mia vita, è stato uno di quegli anni strani, pieni di incidenti ma soprattutto di false partenze. Privatamente ho arrancato molto, lavorativamente parlando è stato un anno… da cancellare, ma ovviamente non siamo qui per questo o meglio non solo per questo. Perché alla fine siamo solo la somma dei momenti migliori o quelli meno migliori, purtroppo.
Gennaio si è aperto con una perdita che non avrei mai immaginato di vivere e non riesco neanche a credere che sia già passato un anno. Però nonostante questo, gennaio è stato l’inizio di una serie di viaggi stupendi che spero di poter surclassare quest’anno. Prima di tutto sono tornata a Praga la penultima settimana di gennaio per una serie fortuita di eventi, mandata dal mio capo a seguire un corso di formazione. È stata una settimana meravigliosa in cui ho riscoperto l’amore per una città che ha un fascino romantico e un’architettura che toglie il fiato. Girare per le strade di Praga è come perdersi in un’epoca lontana, dove il clamore della modernità sembra irraggiungibile.
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A febbraio invece con mia sorella sono approdata a Londra per la prima volta e pensavo di non tornare più da quel viaggio. Perché Londra è un miraggio, una possibilità, una immagine sfocata dalla pioggia. Ho sempre voluto andare a Londra, non quanto voglio andare a New York, ma questo è un tema per un altro giorno. Londra ha un fascino tutto malinconico per me, un fotogramma di pioggia e lacrime che si ripercuote in strade percorse da carrozze spinte da cavalli al galoppo. Ha quell’impronta gotica che non riesce a discostarsi dal mio immaginario, di assassini armati di pugnali e cimiteri inquieti. Londra più di tante città si porta dietro personaggi enormi, fossilizzati in leggende metropolitane che permangono nonostante tutto.
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A fine febbraio abbiamo organizzato anche un meraviglioso raduno con i Trentatré Anonimi (che mai come quest’anno mi hanno salvato la vita) a Ferrara in cui abbiamo avuto come ospite d’onore Alice Basso che non smetterò mai di ringraziare per la sua disponibilità e la sua verve e la sua ironia formidabile.
A marzo sono stata a Tempo di libri a Milano dove ho provato grazie a Audible la fantastica esperienza di leggere un brano in cabina di registrazione: e ovviamente io ho scelto una delle mie scene preferite tratte da L’ordine della Spada (Black Friars #1) di Virginia de Winter.
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Mentre Torino continua a regalarmi meraviglie, a maggio ci sono rimasta solo per il weekend del Salone del libro, per il resto sono stata in giro a festeggiare alla grande il mio compleanno: perché non farlo tra Ferrara e Roma eh? Il Salone del libro come al solito è stata un’esperienza semplicemente folle, con le mie fedeli compagne di avventura le Belle de La Bella e il Cavaliere e Purin e Salem di Il sospiro del Muflone,  Lorena di Petrichor e Martina di Liber Arcanus.
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In ordine Antoine Volodine, Jessa Crispin & Alice Basso
Tra giugno e luglio sono stata in giro a trovare tutti i miei amici in varie parti d’Italia, ma soprattutto a fine luglio sono andata al matrimonio di un mio carissimo amico, con tutti i miei coinquilini dei tempi di Bruxelles per un viaggio on the road che ci ha portato in provincia di Salerno.
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Ad agosto poi abbiamo anche organizzato il quinto raduno dei Trentatré Anonimi, in quel di Ferrara con annessa incursione della polizia sul terrazzo del mitico B&B che sempre ci ospita nelle nostre incursioni.
Finalmente a settembre, per le mie ferie, sono riuscita ad andare a Festivaletteratura di Mantova, e oltre al fatto che Mantova è una città bellissima, di cui mi sono innamorata senza colpo ferire, sono riuscita a incontrare Maja Lunde, l’autrice de La storia delle api.
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Poi negli ultimi mesi dell’anno sono stata molto in giro, come sempre, nel weekend per provare a non impazzire con il lavoro e con la vita di tutti i giorni, perché lo ammetto è sempre un delirio impressionante provare a far quadrare tutto. Ma ci sto provando, faticosamente e senza colpo ferire.
Per il 2019 mi auguro di essere più incline ad aprirmi con gli altri, più paziente con la mia irritazione, più generosa con me stessa e le mie confidenze. Vorrei riprendermi i miei spazi, riuscire a mettere dei paletti, collezionare momenti in cui tornare a respirare tranquillamente. Vorrei avere la serenità di essere più indulgente con me stessa, perdonarmi meglio le mie mancanze, riuscire a superare questa situazione di stallo che non mi permette di essere completamente felice. E soprattutto voglio continuare a leggere, viaggiare e vivere.
Buon 2019 miei cari, che possiate migliorarvi sempre e essere sereni e soddisfatti.
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isabelamethyst · 4 years
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     👑👠     —      𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄      𝐢𝐬𝐚𝐛𝐞𝐥 𝐚𝐦𝐞𝐭𝐡𝐲𝐬𝐭 & 𝐧𝐞𝐯𝐢𝐥 𝐬𝐭𝐞𝐩𝐡𝐚𝐧      ❪    ↷↷     mini role ❫      l    a     k     e      06.07.2020  —  #ravenfirerpg
Continuare a ripercorrere quei dannati ricordi era come continuare a girare il coltello nella piaga e prima sarebbe riuscita ad andare avanti, prima avrebbe ripreso in mano la sua vita. Aveva sviluppato una passione per la corsa ultimamente, e ad ogni falcata Isabel sentiva la mente sempre più libera, come se riuscisse per un momento a respirare come prima. Il senso di colpa era ancora lì, in agguato, ma doveva ammettere che quei primi insegnamenti di Loreen erano più che utili. Avrebbe dovuto seguire un percorso di allenamenti, i quali senz'altro sarebbero stati stancanti, spesso anche mentalmente, ma non voleva farsi schiacciare dal peso del suo essere sovrannaturale. Fin da piccola aveva capito che la determinazione sarebbe stata la sua arma vincente e anche questa volta le cose non sarebbero state diverse, lo doveva a se stessa ma soprattutto lo doveva a Jason. Continuò a correre prima di incappare in una testa bruna intenta a disegnare, talmente concentrato che sarebbe stato un peccato distrarlo. Isabel s'avvicinò lentamente alle di lui spalle sentendosi in qualche modo attirata, come era successo con Camille e successivamente Trisha, ed osservò il suo operato.
« Ehi, bel ritratto... »
Nevil Stephan Dekker
Chiunque sia vicino a Nevil sa quanto per lui il disegno sia importante, è ciò che più lo tiene in vita, una delle poche cose che gli permette di affrontare le cose a testa alta, e di svuotare la mente per qualche breve ora. Ha avuto un momento buio, quando ovvero si era lasciato con Dylan, in cui non riusciva più neanche a toccare una sola matita, in cui ha persino bruciato ogni cosa in preda alla disperazione. Poi è tornato il Seered, gli ha regalato persino dei blocchi nuovi, ed il Dooddrear è tornato ad esser il ragazzo artista che è sempre stato. Lo aiuta a combattere i flashback dolorosi, lo aiuta a distrarsi, e a sfuggir a tali dolorosi ricordi. Nessuno può capire ciò che prova, se non chi ci è passato a sua volta, e neanche all'uomo che ama ha potuto dirlo. È un pesante segreto che si porta nel cuore, un segreto che probabilmente si porterà nella tomba - sebbene l'altro sappia che non è nato dood, bensì vi è divenuto in seguito. Sospira con il capo chinato sul blocco mentre, per la prima volta in vita sua, si sta ritrovando a fare un disegno su commissione. È stata Michaela, la compagna di non-vita del caporazza dei fantasmi che - dopo averlo visto disegnare, dopo aver visto il talento che possiede - gli ha commissionato ben due disegni, due ritratti. Uno di Lincoln, e poi quello che sta svolgendo ora, ovvero della bellissima caporazza delle fate, Leah Blossom. La matita si muove leggera, ne definisce i contorni, ed è quasi pronto ad ultimarlo quando vien distratto da una voce femminile, cosa che lo induce a sollevare lo sguardo. “ Oh, ti ringrazio, non è niente di che -- ma son felice se qualcuno li apprezza. ,, Ed è naturale, per lui, sorridere a quella sconosciuta - non la conosce, infatti, ma gli sembra comunque di conoscerla, come gli era successo con Noah - con un entusiasmo palpabile. Nevil è fatto cosi, non si vanta delle proprie doti ma chiaramente è felice quando qualcuno apprezza i suoi ritratti, in cui davvero ci mette il cuore. “ Tu disegni? ,, C'è curiosità nel tono di voce, seppur il suo intento non sia quello di passare da ficcanaso, desidera solamente sapere se si trova dinnanzi ad un'altra artista.
Isabel Amethyst M. Hughes
Non conosceva il soggetto di quel ritratto ma quelle linee, quei chiari e scuri erano impossibili da non apprezzare. Isabel aveva sempre apprezzato il bello, ciò che era una gioia per gli occhi, eppure aveva sempre preferito le linee geometriche dell'architettura, la bellezza dei numeri e di quel sistema che sembrava ripetersi all'infinito. In fondo anche quella era arte, no? Chissà quanto avrebbe impiegato a riprendere la vita di tutti i giorni, a riprendere anche solo gli studi senza il senso di colpa che l'avvolgeva nei momenti meno opportuni. Troppi pensieri vorticavano nella di lei mente, ma col tempo stava riprendendo ad apprezzare piccole cose, esattamente come stava facendo con quel ritratto. « Oh, no... Credo di essere totalmente negata. Mi dilettavo con qualche fotografia tempo fa, ma ora... » Si limitò a scuotere il capo, un movimento che le fece muovere quei crini corvini che curava con tanta attenzione e un sospiro si elevò dalle di lei labbra. « Sono sempre stata attratta dalle linee rette, dalle forme geometriche e dall'architettura, ma so apprezzare anche un disegno artistico, ecco. » Non riuscì a confessare che il motivo del suo avvicinamento non era solo per la bellezza del ritratto ma anche per una sensazione che sembrava farle fare la cosa giusta. Sentiva una sorta di connessione con lo sconosciuto, ma si chiese se in qualche modo non stesse facendo un buco nell'acqua.
Nevil Stephan Dekker
Lui, al contrario, non ha mai amato le linee troppo dritte, non è fatto per le forme geometriche, preferisce di gran lunga la curva dolce di due labbra morbide, o di una collina, predilige i riflessi che può dar l'acqua cristallina e che si possono riprodurre tramite la matita, se utilizzata con la giusta attenzione. Nevil disegna qualsiasi cosa, preferendo comunque rimanere con il bianco e nero, che siano questi ritratti di persone o paesaggi meravigliosi, come quelli che può offrire la stessa Ravenfire, bella e maledetta al contempo. Maledetta perché una volta dentro non lascia via di scampo, neanche alle volte a dei semplici umani, il Dekker stesso lo era, agognava persino una carriera nell'ambito artistico, sino al momento in cui non si è trasformato in una creatura mostruosa. Una creatura che potrebbe infiltrarsi nella mente del prossimo, ed indurre alla morte tramite illusioni spaventose e dolorose per chi le subisce. È un destino a cui ancora non si è abituato, probabilmente non si abituerà mai e ciò lo spaventa tremendamente, teme di divenir nient'altro che una bestia. Sospira, osservando ancora un istante il ritratto, per poi innalzare le iridi scure verso il viso della sconosciuta, senza riuscire a scacciare quella sensazione di familiarità, ma decide di non darvi peso, almeno per il momento. “ Hai abbandonato la fotografia? È un peccato, alcune volte queste forme d'arte possono aiutare profondamente, possono aiutare a risalire dal baratro. E, come avrai visto, io non sono un amante delle forme geometriche, troppi spigolose per i miei gusti. ,, Un sorriso lievemente malinconico gli increspa le labbra, decidendosi quindi a riporre il disegno con cura nell'album, insieme a tutti gli altri che conserva, in fondo lo ha quasi ultimato e può permettersi di finirlo a casa, nella tranquillità delle sue quattro mura casalinghe. Può anche occuparsene in quei momenti in cui il cervello sembra scoppiare sotto i colpi dei flashback, nei momenti in cui non riesce neanche a prendere sonno, è un calmante che lo aiuta davvero tanto. “ Scusami -- ci conosciamo? Mi sembri... familiare, starò impazzendo. ,, Non riesce a trattenersi dal chiederlo, a costo di farsi prendere per pazzo, deve sapere quando qualcosa sembra logorarlo da dentro. È stato un periodo abbastanza strano, confusionario, non ha più intenzione di tener per sé le domande che in realtà vuole porre.
Isabel Amethyst M. Hughes
Quella dannata sensazione non sembrava voler andar via dal corpo della newyorchese che appariva quasi titubante nel rimanere ad osservare il lavoro del giovane. Senza alcun ombra il giovane aveva talento, il disegno presentava linee morbide, completamente diverse a quelle a cui Isabel era abituata, ma non per questo meno emozionanti. Aggrottò appena la fronte la Hughes, mentre si ritrovò a fare un piccolo cenno con il capo. « Non l'ho abbandonata ma... E' complicato ecco. » Quelle semplici parole erano decisamente l'eufemismo dell'anno e il fatto che liquidasse il discorso così velocemente non era un qualcosa tipico dell'esperimento. Avrebbe voluto confessare che le mancava quel mondo, ma che tutto sembrava essere andato a rotoli negli ultimi mesi. Alzò un angolo delle labbra ma fu quando il giovane le fece quella semplice domanda che Isabel dovette riscuotersi e tornare con i piedi per terra. Quella sensazione s'impadronì del corpo della newyorchese con più ferocia che mai, costringendola perfino a fare un passo indietro. Qualcosa le diceva che il giovane era come lei, ma i ricordi, la mente in subbuglio era tutto troppo da riuscire a gestire in quel momento. « I-io... Non credo. D-devo andare, scusami. » Frettolosamente Isabel fece un passo indietro, e un altro ancora, prima di voltarsi e allontanarsi definitivamente. Era stata lei ad avvicinarsi, era stata lei a fare il primo passo, ma evidentemente non era ancora pronta.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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myvanillabean · 8 years
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pt.3
La verità è che mi manchi, è che sento un bruciore all'altezza del cuore che porta il tuo nome, la verità è che sembra mancarmi l'aria ogni volta che con prepotenza entri nelle mie giornate, nei miei pensieri più profondi dove c'è posto solo per te. La verità è che con te al mio fianco avrei potuto conquistare il mondo, se c'era bisogno di una forza disumana io l'avrei trovata semplicemente guardandoti negli occhi, eri il mio punto di forza e la mia più grande debolezza. Dicevano che dopo di te sarebbe stato tutto più semplice, che forse non era stata poi una gran perdita, che avrei raggiunto tutti gli obiettivi in meno tempo perché non avrei più dovuto trovare il tempo per te. Ma ammetto che da quando non ci sei non ci sono neanche più gli obiettivi, eri il mio obiettivo principale, tutto ruotava attorno a quello che eri tu, a quello che ero io con te, a quel noi che eravamo. Avevo stabilito tutto per due, ogni mio alzarmi al mattino era per costruire un qualcosa per noi, mai per me sola, eravamo un'addizione già risolta, l'uno più uno era due, e adesso che abbiamo fatto l'operazione inversa l'uno non è più uno, ma è la metà di due, la metà incompleta di un numero, un'operazione che deve ancora essere risolta. Non tornerò mai più intera nonostante la regola dice che l'uno sia un numero intero. Sarò sempre la metà più grigia del mio cuore spezzato, la mia parte migliore sai che sei sempre stato tutto da quando ho incontrato la prima volta i tuoi occhi in quel bar i primi di novembre di un anno appassito. Circa poco più di una vita dopo che sei andato via sono uscita con un ragazzo, per mesi tanti si erano avvicinati a me ed io gli avevo bloccato il cammino già al primo incrocio, li scartavo già alla prima tappa o spesso anche non appena si presentavano. Mi piaceva starmene per le mie e se necessario pensare a te, la solitudine non mi spaventava perché ti portavo gelosamente con me ovunque andassi, figurati che anche adesso spesso parlo al plurale ‘arriviamo’, 'usciamo’, 'facciamo’, tutto è a misura di noi due insieme. Mi sembrava inutile persino fare conoscenza con altra gente, in fondo ti avevo con me sempre, certo, la gente non lo sapeva, ero sempre quella in disparte che non si apre, parla solo se obbligata, per sembrare gentile ed educata. La mia buona educazione però non si era persa, certe volte conoscevo casi umani improbabili che chissà come mai si avvicinavano con la presunzione di poter occupare il tuo posto, non sono mai stata troppo sgraziata, mi inventavo qualche scusa che potesse funzionare, sai, dopo tutte queste lune non funziona più 'sono uscita da poco da una relazione e non mi va’, è un po’ come chiedere il latte scremato al bar perché mi hanno svezzata da poco, da vent'anni circa, capisci? Quindi avevo sempre qualche alternativa educata e poco offensiva da proporre ai pretendenti che si azzardavano a pretendermi. Il tempo passavi e non tornavi mai, eri così lontano e mi provocava dolore fisico lo scorrere delle tue foto nelle home dei vari social, avevi un sorriso per tutti, per il tuo amico conosciuto da poco o per l'amica di sempre, il tuo cane e i tuoi familiari, ma io non c'ero mai. Certe volte m'immaginavo quante cose belle avremmo fatto insieme e mi chiedevo se avessimo postato foto, o lo facciamo adesso perché in fondo siamo soli anche se circondati da tante persone. Della vita trascorsa con te ho davvero pochissime foto, solo quelle delle occasioni s'intende, una a Natale, una a Primavera tra i fiori più belli dell'isola, una di un'estate poco felice, scorro sulle foto e vedo che saranno cinque o sei, sorrido perché in fondo non volevo un milione di foto con te da condividere col mondo, volevo condividere il mondo con te, senza sistemare filtri e ombre, senza sforzarci per pose perfette. Ti ho amato senza hashtag nell'era degli amori social. Quando qualcuno mi contatta è sempre via social, qualcosa che può essere utile ma che in fondo non è nulla, siamo contatti di utenti qualsiasi contrassegnati da numeri. Ricordo di averti scritto pochissime volte, non ne avevamo bisogno, chi arrivava per primo aspettava l'altro, senza dove sei, quando arrivi, ti sto aspettando. Dovrebbero innamorarsi tutti così. Sono uscita con un amico, era la persona che mi dava più sicurezza durante la tua assenza, quando l'ho conosciuto dormivo ancora nel tuo letto, tu lo conoscevi anche da prima anche se adesso so che vi salutate appena. Mentre non c'eri siamo usciti un paio di volte, con quegli amici che erano anche i tuoi, che poi li hai allontanati così, come hai allontanato me. Non gli sei mancato comunque. Però mancavi a me, spesso fissavo l'entrata del locale aspettando che entrassi, non so come facevi, ma sfidavi le leggi della fisica, sconvolgevi interi ecosistemi pur di non vedervi, ed io stavo lì, ad aspettarti, chissà poi alla fine dov'eri. Poi sono arrivati quei mesi freddi e bui dove uscivo di casa solo per fare la scorta di sigarette, era tutto un po’ uno schifo da quando non c'eri più, certe volte me ne restavo distesa a letto a fissare il soffitto e mi chiedevo perché con te fosse sempre bello persino fissare il soffitto e indicare con le dita costellazioni immaginarie. Le stelle in una stanza con te. E mi dicevo che forse era meglio immaginare le nostre notti stellate piuttosto che aprire gli occhi ad un cielo nuvoloso senza di te, così restavo sempre più spesso tra le mie quattro mura, dentro una fortezza dove era possibile solo a te accedere, solo che non ti sei curato di questo privilegio. I giorni diventavano notti poi di nuovo giorno ed era un po’ spendere la vita, spendere la giovinezza. Volevo continuare a vivere in funzione di te, diventare una persona grande solo per te, riempire la mensola dei trofei solo per te, perché tu possa tornare un giorno ed essere soddisfatto della me che hai perso e poi ritrovato migliore. Erano pensieri così stupidi, ma era l'unico modo per riuscire ad alzarmi la mattina, mi sentivo una stupida ad aver così bisogno di te per respirare, eri la mia aorta e senza di te il sangue non fluiva, stavo morendo poco a poco è solo perché tu non c'eri. Ho preso la patente per portarti a guardare le stelle. Mi dicevi sempre che volevi andare a vedere le stelle dal promontorio, non ci siamo andati mai. Così ho pensato che sarebbe stato bello vedere il cielo invernale dal promontorio nella nostra macchina al caldo, dico nostra perché saremmo rimasti un plurale, l'equazione perfetta dove due è uguale a uno. Così ho preso la patente e messo da parte tutti gli spiccioli che trovavo perché potessimo prendere quella macchina non bellissima ma che poteva andare bene per portarti a vedere le stelle. Poi alla fine sono andata da sola, ma ti assicuro che valeva davvero la pena, era come se non ci fossero lembi di terra, sembrava tutto cielo, solo cielo e stelle e se allungavo la mano potevo toccarle, mi sono sdraiata con te come quella volta in marzo, quando ancora non conoscevo l'odore del tuo collo, e siamo rimasti a guardare le stelle come due bambini, avrei voluto riscoprirlo, l'odore del tuo collo, magari dentro la nostra macchina che avevo comprato e imparato a guidare solo perché tu potessi lasciarci un po’ del tuo profumo.
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gloriabourne · 6 years
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The one with “Ercole”
Ermal si rigirò tra le coperte e controllò l'ora sul cellulare per l'ennesima volta.
Le 3:24.
Si era messo a letto da almeno tre ore e non era ancora riuscito a chiudere occhio.
La sua nuova canzone era online da mezzanotte, anche se sapeva che alcune persone erano riuscite ad ascoltarla già da prima. Aveva ricevuto diversi feedback - sia positivi che negativi - ma in realtà l'unico che gli interessava davvero non l'aveva ancora ricevuto e la cosa iniziava a preoccuparlo.  
Fabrizio era sempre tra i primi a chiamarlo per dirgli cosa ne pensava di un suo nuovo pezzo, ma non quella sera ed Ermal non riusciva a darsi pace.
Certo, aveva lavorato molto al nuovo album nelle ultime settimane quindi probabilmente era andato a letto presto. Probabilmente la canzone non l'aveva nemmeno sentita.
Probabilmente era per quello che non l'aveva chiamato e lui si stava solo facendo delle seghe mentali senza senso.
Sì, probabilmente.
Sbuffò mentre sbloccava lo schermo del cellulare e apriva WhatsApp, leggendo velocemente alcuni messaggi che gli erano arrivati nelle ultime ore.
Dopo aver letto l'ultimo - un messaggio di Pier che gli chiedeva un consiglio su alcune canzoni che aveva inserito nella scaletta per il tour in teatro - rimase a fissare la schermata principale di WhatsApp, particolarmente catturato dal nome di Fabrizio.
Sentiva la necessità di sentirlo, di sapere cosa pensasse della canzone, di ascoltare la sua voce o anche solo di leggere un suo messaggio.
Con un sospirò, aprì la conversazione mentre rifletteva su cosa scrivergli e si bloccò di colpo nell'istante in cui vide il suo ultimo accesso.
3:12.
Quindi non stava dormendo.
Ermal digitò velocemente un messaggio e lo inviò senza nemmeno rileggerlo, sperando di ricevere una risposta affermativa.
  Ehi. Sei sveglio?
  Vide apparire la scritta online sotto il nome di Fabrizio e un attimo dopo le spunte del suo messaggio diventare blu. Poi Fabrizio uscì dalla conversazione senza rispondere, lasciando Ermal a farsi mille domande.
Nemmeno cinque minuti dopo, il suo cellulare iniziò a squillare.
Ermal rispose appena vide il nome di Fabrizio apparire sullo schermo.
"Pronto?"
"Ehi. Che ci fai sveglio?" chiese Fabrizio.
Ermal lo sentì trafficare con un accendino e riuscì quasi a vederlo, mentre si accendeva una sigaretta usando l'accendino quasi scarico che teneva sul ripiano della cucina.
"Potrei farti la stessa domanda" rispose Ermal.
"Avevo un po' di cose per la testa."
"Già, anch'io."
"Vuoi parlarne?" chiese Fabrizio dopo qualche attimo di silenzio.
"No. Cioè, in realtà c'è una cosa che vorrei chiederti."
"Dimmi."
Ermal sospirò passandosi una mano sulla faccia. Poi disse: "Per caso hai sentito la canzone?"
Fabrizio rimase in silenzio qualche secondo, prima di sospirare e dire: "Sì, l'ho sentita."
Ermal si sistemò meglio appoggiandosi alla testiera del letto.
Sentiva improvvisamente le mani tremare e l'aria nella stanza stava diventando irrespirabile, sintomo di un'ansia che lo stava logorando nell'attesa che Fabrizio dicesse qualcosa di più.
"E che ne pensi?" chiese Ermal cercando di non far sentire l'insicurezza nella sua voce.
Teneva molto al giudizio di Fabrizio.
Sapeva dare buoni consigli e non si era mai fatto problemi a dirgli cosa pensasse davvero dei suoi pezzi, e quindi Ermal non si era mai fatto problemi a chiedergli cosa pensasse delle sue canzoni, anche quando sapeva che magari a Fabrizio non sarebbero piaciute.
Negli ultimi tempi però, le cose tra loro erano cambiate. O almeno, per Ermal erano cambiate. Non aveva la certezza di cosa pensasse Fabrizio, anche se spesso aveva pensato che fossero sulla stessa lunghezza d'onda.
Però non ne avevano mai parlato e l'unica cosa di cui Ermal era certo era che aveva iniziato a vedere Fabrizio sotto una nuova luce, e questa cosa lo faceva stare bene e allo stesso tempo lo rendeva nervoso.
Si sentiva come un adolescente alla prima cotta, come quando ti piace qualcuno è cerchi di fare di tutto affinché la gente non lo sappia ma poi puntualmente ti sfugge qualcosa e le persone iniziano a capire. E non lo fai apposta, ma semplicemente quella persona ti piace così tanto che vorresti urlarlo al mondo e non poterlo fare ti logora l'anima.
Sentiva la necessità di apparire sempre perfetto ai suoi occhi, motivo per cui avere la sua opinione su quella canzone lo rendeva più nervoso del solito.
"Non lo so, è diversa da quelle che scrivi di solito" rispose Fabrizio.
"Diversa in senso positivo o negativo?"
"Diversa, Ermal. È diversa e basta."
Ermal rimase un attimo in silenzio, colpito dal tono quasi scontroso che aveva appena usato Fabrizio.
"Che hai?" si azzardò a chiedere.
"Niente. È che... Non lo so, non riesco a capirla questa canzone. O forse la capisco anche troppo."
Ermal aggrottò la fronte confuso. "Che vuoi dire?"
"Sai quando senti la prima strofa di una canzone e ti sembra di capire subito di cosa stia parlando, poi però continui ad ascoltarla e ti fai un'idea diversa e quando arrivi alla fine non sai quale sia l'interpretazione giusta. Ecco, mi è successo così quando ho sentito la tua" disse Fabrizio.
"Quindi? Che idea ti sei fatto?" chiese Ermal curioso.
Fabrizio sospirò. "Sicuramente un'idea che vorrei fosse sbagliata."
Ermal rimase in silenzio, cercando di capire cosa volesse dire Fabrizio.
Ma appena riaprì la bocca per chiedergli ulteriori spiegazioni, sentì Fabrizio dire: "Devo andare. Anita si è svegliata e sta piangendo, credo abbia fatto un incubo. Ne parliamo in un altro momento."
"Va bene, non preoccuparti" disse Ermal prima di chiudere la chiamata.
E andava bene davvero. Anita aveva bisogno del suo papà e lui non aveva nessuna intenzione di tenerlo al telefono ulteriormente.
Ma non poteva fare a meno di domandarsi cosa intendesse dire Fabrizio.
  Nei giorni seguenti, Ermal ebbe la sensazione di non avere nemmeno il tempo necessario per respirare.
Il tour nei teatri era ormai alle porte, le prove occupavano la maggior parte del suo tempo, al punto tale che aveva smesso di pensare a qualsiasi cosa che non fosse il lavoro.
Fino a quando la mattina della sua prima data del tour, il suo cellulare si illuminò segnalando la presenza di un messaggio da parte di Fabrizio e il ricordo della loro ultima conversazione lo colpì riportandogli alla mente le parole che si erano detti e tutta la sua confusione.
Sbloccò lo schermo e una familiare sensazione di calore si diffuse nel suo petto quando lesse il messaggio.
  Buona fortuna per stasera. So già che andrà benissimo.
  Ermal sorrise mentre pensava a come rispondere. Poi, non riuscendo a trovare le parole giuste, avviò la chiamata.
Sentendo la sua voce, forse sarebbe riuscito a dire qualcosa di più di un semplice grazie. E poi non poteva negare di essere nervoso e sapeva che la voce di Fabrizio lo avrebbe calmato.
"Ehi."
Ermal sospirò sentendo la tensione scivolare via solo grazie al suono della voce di Fabrizio.
"Ehi. Ti disturbo?"
"Ma ti pare? Non disturbi mai" disse Fabrizio.
"Volevo ringraziarti per il messaggio. E sentire la tua voce."
"Sei nervoso?"
"Sì, un po'" ammise Ermal.
"Ermal, sai che..." iniziò a dire Fabrizio, venendo poi interrotto da Ermal.
"Sì, lo so che tu pensi che io sia in grado di fare qualsiasi cosa e che mi basterebbe salire sul palco e stare in silenzio e la gente penderebbe dalle mie labbra comunque. Lo so, me lo dici in continuazione. Ma mi sento comunque nervoso."
Fabrizio sospirò, consapevole che quelle parole che lui amava ripetere ad Ermal per rassicurarlo in quel momento non sarebbero servite.
"Posso fare qualcosa per farti stare meglio?" chiese dopo qualche secondo.
"Ti andrebbe solo di stare un po' al telefono con me?"
Fabrizio sorrise di fronte a quella richiesta, avanzata quasi timidamente. "Certo che mi va."
Non c'era momento della giornata in cui non avrebbe avuto voglia di parlare con Ermal. Se solo avesse potuto, avrebbe passato ogni singolo momento anche solo a parlare con lui.
"Senti, già che siamo qui..." iniziò a dire Ermal.
"Sì?"
"Non abbiamo finito di parlare della canzone."
Fabrizio rimase in silenzio.
Se avessero iniziato a parlare di quella canzone, avrebbe dovuto dire delle cose che non era sicuro di riuscire a tirare fuori. Non ancora, almeno.
Avrebbe dovuto dire che si aspettava di ascoltare una canzone che avesse qualche riferimento a lui, a loro. Non perché avesse manie di protagonismo, ma semplicemente perché negli ultimi mesi le cose tra loro erano cambiate. Fabrizio se n'era accorto, anche se non lo aveva mai detto ad Ermal perché voleva che se ne accorgesse da solo.
Si erano trasformati in due adolescenti con una cotta, completamente succubi l'uno dell'altro, disposti a qualsiasi cosa pur di far sentire bene l'altro.
E Fabrizio ormai conosceva bene Ermal, al punto che quando aveva iniziato ad accorgersi di quel cambiamento, quando aveva iniziato a capire che non era più solo un amico, aveva anche iniziato ad osservare meglio Ermal per capire se anche lui sentisse lo stesso. E gli era bastato uno sguardo per capire che sì, anche lui si trovava nella sua stessa situazione.
Però nessuno dei due aveva mai fatto un passo verso l'altro, forse troppo spaventati che rendere reale ciò che c'era tra loro avrebbe distrutto quell'equilibrio perfetto che erano riusciti a creare.
E poi era arrivata quella canzone.
Quella canzone che Fabrizio aveva iniziato ad ascoltare con il sorriso sulle labbra per poi rendersi conto pochi secondi più tardi che non parlava assolutamente di lui. Parlava di Silvia, era chiaro.
E allora forse tutte le cose che aveva provato e che era convinto che anche Ermal provasse, non valevano niente.
"Ermal, non c'è molto da dire. Non è ciò che mi aspettavo, ma questo non vuol dire che sia brutta" disse Fabrizio.
Perché forse quella era la parte peggiore di tutto. Escludendo il fatto che la canzone non fosse per lui - come aveva pensato e sperato -, a lui quella canzone piaceva.
"Qualche giorno fa hai detto che ti eri fatto un'idea che speravi fosse sbagliata" disse Ermal, riportando a galla la conversazione di qualche giorno prima.
"L'hai scritta per Silvia, vero?" chiese semplicemente Fabrizio.
Ermal rimase un attimo in silenzio, spiazzato da quella domanda arrivata all'improvviso. Poi rispose: "Sì. Perché?"
"Volevo solo capire se la mia intuizione era giusta."
Il tono di voce di Fabrizio era cambiato. Era diventato improvvisamente più freddo e scostante, cosa che fece insospettire Ermal.
"Che succede, Bizio?"
"Niente" rispose Fabrizio con un sospiro.
Avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto spiegargli qual era il problema. Se non per avere delle spiegazioni - che a questo punto non era nemmeno certo di volere - almeno per togliersi un peso. Ma sapeva anche che dopo quella confessione le cose tra loro sarebbero cambiate e non era certo di riuscire a sopportarlo.
D'altra parte però, le cose erano già cambiate. Almeno per lui.
"Bizio, riesco a capire quando menti anche se non ti guardo in faccia" disse Ermal.
"È solo che... Tutte le cose successe tra noi, il cambiamento nel nostro rapporto, questo nostro comportarci da ragazzini con una cotta enorme da nascondere... tutte queste cose le ho viste solo io?" chiese sinceramente curioso.
Perché era sempre stato convinto che tutto ciò che provava lo provasse anche Ermal, ma ora che Ermal aveva fatto uscire un nuovo pezzo dedicato alla sua ex fidanzata iniziava a pensare che non fosse così e aveva bisogno di conferme. Aveva bisogno di mettersi il cuore in pace.
Ermal non si aspettava una domanda del genere. In realtà, non si aspettava nemmeno che Fabrizio si fosse davvero accorto di quanto il loro rapporto fosse cambiato. Ed era talmente spiazzato da non riuscire a dire nulla.
Ironico, per uno che con le parole ci vive.
"Fabri..." mormorò soltanto, come se quel nome fosse qualcosa a cui aggrapparsi per trovare le parole giuste per spiegare ciò che sentiva.
"Senti, non importa. A quanto pare ho capito male io, va bene così. Ora non è il caso di pensare a queste cose. Concentrati sul concerto di stasera, noi ci vediamo a Sanremo" disse Fabrizio intenzionato a chiudere quella conversazione al più presto.
Ermal, ancora destabilizzato dal suo discorso di poco prima, si limitò ad annuire. "Va bene. Ci vediamo a Sanremo."
Ma sarebbe stata davvero una cosa positiva rivedersi a Sanremo, dove tutto era iniziato, dopo le cose che si erano detti?
Ermal non ne era convinto - così come non lo era Fabrizio - ma sperava che prima di Sanremo sarebbe riuscito a trovare le parole giuste per spiegare a Fabrizio ciò che provava.
  Tornare a Sanremo non era come Ermal l'aveva immaginato.
Aveva immaginato di tornarci con il sorriso e il cuore leggero, di ricordare con Fabrizio i momenti trascorsi insieme l'anno precedente, magari di scattare una foto alla loro targa e postarla sui social con una didascalia strappalacrime.
E invece, quel venerdì mattina aveva solo voglia di restare in albergo. Non voleva fare altro se non rimanere nella sua camera fino all'ora di pranzo e poi trascinarsi pigramente fino al Teatro Ariston per le prove.
Avrebbe voluto trovare il tempo di parlare con Fabrizio, ma non era certo che lui volesse riaprire quell'argomento e questo non faceva altro che aumentare la sua ansia e la sua voglia di chiudersi in camera fino al momento in cui sarebbe stato obbligato da cause di forza maggiore - quali Simone Cristicchi, che non l'avrebbe mai perdonato se non si fosse presentato all'Ariston - a uscire da quella stanza.
Ma si sa, il destino è beffardo e quella mattina sembrava particolarmente incline a rovinare i piani di Ermal.
Quando Ermal arrivò in albergo, capì subito che non avrebbe potuto scappare dai suoi problemi per molto.
A Fabrizio era stata assegnata la camera accanto alla sua, quindi era ovvio che si sarebbero almeno incrociati nel corridoio un paio di volte ed Ermal non aveva la minima idea di come affrontarlo.
Nemmeno il tempo di pensarlo.
Mentre Ermal stava per entrare nella sua camera, vide Fabrizio uscire dalla sua.
Si scambiarono un'occhiata quasi stupita, come se non si aspettassero di incontrarsi anche se entrambi erano consapevoli che sarebbe successo.
"Ciao" disse Ermal, aprendo la porta della camera e mettendo in mezzo il suo trolley per impedire che si chiudesse.
"Ciao. Stavo per andare a prendere un caffè" disse Fabrizio, senza sapere per quale motivo avesse sentito il bisogno di dare delle spiegazioni.
Ermal indicò la sua valigia in mezzo alla porta e disse: "Io sono appena arrivato."
"Vedo. Va beh, ci vediamo più tardi" rispose Fabrizio prima di iniziare a percorrere il corridoio che portava agli ascensori.
Voleva andarsene da lì dal più presto, non avrebbe potuto sopportare quell'imbarazzo un minuto di più.
"Bizio, aspetta!"
Fabrizio si voltò sentendo la voce di Ermal e sperando che non volesse rimettersi a parlare della loro ultima conversazione.
Speranze vane ovviamente perché non appena si voltò, Ermal disse: "Puoi venire un momento da me? Dovrei parlarti."
Per quanto Fabrizio avrebbe voluto dire di no, sapeva di non poterlo fare. Sospirò e raggiunse Ermal infilandosi nella sua stanza subito dopo di lui e chiudendo la porta.
Ermal sembrava nervoso e Fabrizio non riusciva a capire perché.
Insomma, che altro c'era da dire?
Aveva fatto uscire l'ennesima canzone per Silvia e lui si era immaginato tutto.
Stop. Non c'era altro di cui parlare.
"Che devi dirmi?" chiese Fabrizio fingendo indifferenza.
In realtà, indifferente non lo era affatto. Anzi, sentiva le gambe cedere sotto il peso dell'ansia e di una crisi di nervi che probabilmente lo avrebbe fatto sbottare da lì a poco.
Per evitare che Ermal si accorgesse del suo stato d'animo, si sedette sul letto con le mani appoggiate alle ginocchia, sperando che almeno così avrebbero smesso di tremare.
"Ti devo delle spiegazioni su quella canzone."
Fabrizio sbuffò. "Tu non mi devi niente, Ermal."
"Sì, invece!" esclamò Ermal, in piedi di fronte a lui.
Fabrizio rimase in silenzio e aspettò che Ermal continuasse.
"Quella canzone l'ho scritta più di un anno fa. Una parte almeno, visto che in realtà lì sopra ci abbiamo lavorato in cinque. E hai ragione, l'ho scritta per Silvia. L'ho scritta in un momento in cui le cose tra noi ormai andavano male e io sapevo che ci saremmo lasciati, ma continuavo a sperare che sarebbe arrivato un giorno in cui ci saremmo ritrovati. Ero talmente disperato che ho scritto un testo in cui faccio promesse, quando invece io di promesse non ne faccio mai. E l'ho fatto solo perché speravo che sentendomi dire che le promettevo di aspettarla per sempre, lei non se ne sarebbe mai andata. Ma poi la nostra storia è finita e quella canzone è rimasta chiusa in un cassetto. Fino a adesso, fino al momento in cui ho deciso di pubblicare il CD e il DVD del concerto" spiegò Ermal.
"Se l'hai lasciata in un cassetto tutto questo tempo, perché tirarla fuori ora?" chiese Fabrizio.
"Perché devo chiudere un cerchio. Devo mettere fine a questa storia una volta per tutte e l'unico posto in cui poteva stare quella canzone, era quello. Non avrei mai potuto pubblicarla in un altro album, perché la mia storia con Silvia è finita con questo. La fine della nostra relazione è tutta in Non Abbiamo Armi, non avrebbe avuto senso pubblicarla in un altro disco in cui sicuramente parlerò di nuove esperienze e..."
Ermal si interruppe e abbassò lo sguardo, rendendosi conto di essere andato troppo oltre, di essersi esposto troppo.
"E...?" chiese Fabrizio.
Ermal lo fissò per un attimo.
Fabrizio aveva parlato di un cambiamento nel loro rapporto, di aver notato che entrambi sembravano comportarsi come due adolescenti con una cotta.
A conti fatti, Ermal dovette ammettere che era stato Fabrizio il primo a esporsi e forse allora poteva farlo anche lui.
"E di un nuovo amore" disse guardandolo negli occhi.
Fabrizio rimase a fissarlo in silenzio, sentendo le mani sudare contro il tessuto dei jeans.
Sperava che Ermal si riferisse a lui, in un certo senso ne era quasi certo. Ma dopo tutto il casino che si era creato per quella canzone, non voleva esserne troppo sicuro.
Ermal si avvicinò a lui, costringendolo a puntare lo sguardo verso l'alto per riuscire a guardarlo, e gli accarezzò una guancia. "Il nuovo disco sarà pieno di canzoni che parlano di te, Bizio."
Fabrizio sorrise. "Allora tutte quelle cose non le ho viste solo io."
"No, non le hai viste solo tu" disse Ermal prima di chinarsi e baciarlo.
Fabrizio rispose al bacio con entusiasmo, per poi sdraiarsi sul letto e trascinare Ermal su di sé.
Ermal si lasciò scappare una risata mentre rotolava sul letto, sistemandosi accanto a Fabrizio.
"È davvero finita con Silvia? Non provi più niente per lei?" chiese Fabrizio allungando una mano verso Ermal e scostandogli un riccio dalla fronte.
"Proverò sempre qualcosa per lei. Siamo rimasti amici, le voglio molto bene e le sono grato per tutto quello che ha fatto per me. Ma non la amo più e non ho intenzione di aspettarla tutta la vita, come dice quella canzone" rispose Ermal.
Fabrizio annuì, mentre continuava a passare le dita tra i suoi ricci.
"Bizio" disse Ermal fermando la sua mano e attirando la sua attenzione.
"Eh?"
"Qualche settimana fa ho detto davanti a un sacco di persone che mi sono innamorato di Lisbona. Non l'ho detto tanto per dire. L'ho detto perché penso che quando vai in un posto nuovo insieme alla persona giusta, quel posto diventa speciale. Io a Lisbona ci sono andato con te e credo sia stato il posto in cui ho iniziato a capire che non eri solo un amico. Quindi forse mi sono innamorato di Lisbona perché prima di tutto mi sono innamorato di te" disse Ermal, intrecciando le dita con quelle di Fabrizio.
Fabrizio deglutì a vuoto, cercando di ingoiare il nodo in gola che gli avevano provocato le parole di Ermal.
Era vero che aveva notato un cambiamento nel loro rapporto, ma mai avrebbe creduto che Ermal si fosse innamorato di lui.
In fondo, lui cosa aveva da offrirgli se non il suo cuore?
E allora, visto che il suo cuore era l'unica cosa che avrebbe potuto dargli, fu una cosa naturale per Fabrizio posare di nuovo le sue labbra su quelle di Ermal.
Lo baciò lentamente, sentendo la mano di Ermal sciogliere la presa con la sua e poi scivolare sul suo fianco e insinuarsi oltre il bordo del suo maglione.
Sospirò sentendo le dita fredde di Ermal a contatto con la sua pelle e, prima che se ne rendesse conto, si ritrovò con la schiena premuta sul materasso ed Ermal su di sé.
Era una sensazione piacevole avere il corpo di Ermal addosso.
Gli dava calore e lo faceva sentire come se si trovasse davvero nel posto giusto, al momento giusto.
Appena Ermal si scostò da lui per riprendere fiato, Fabrizio si perse a guardarlo domandandosi come avesse fatto fino a quel momento a fingere che fosse solo un amico. Non riusciva proprio a capirlo, perché in quell'istante - sdraiato sotto di lui in una camera d'albergo di Sanremo - avrebbe solo voluto urlare al mondo quanto fosse innamorato di lui.
"Che c'è?" chiese Ermal notando il suo sguardo.
"Voglio fare l'amore con te" rispose semplicemente Fabrizio, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
E forse lo era davvero perché, senza dire altro, Ermal riprese a baciarlo interrompendosi solo il tempo necessario a sfilargli i vestiti.
Quando si ritrovarono senza più alcuna barriera a dividerli, Ermal si prese il suo tempo per guardare Fabrizio, per imprimere nella sua mente ogni più piccolo dettaglio del corpo dell'uomo che amava. E poi si chinò su di lui baciando ogni singolo tatuaggio, scoprendo nuove macchie di inchiostro di cui fino a quel momento aveva ignorato l'esistenza.
Fabrizio gemette sentendo la sua mano massaggiargli una coscia e poi posarsi delicatamente sulla sua erezione, mentre la sua bocca continuava a esplorare il suo petto.
"Mi farai morire" mormorò Fabrizio.
Ermal sollevò lo sguardo sorridendo imbarazzato.
Non avrebbe mai creduto di poter far quell'effetto su Fabrizio. Proprio lui, che si era sempre sentito come se non fosse alla sua altezza.
Continuò a toccarlo lentamente, mentre ritornava all'altezza del suo viso e riprendeva a baciarlo.
Fabrizio sussultò quando Ermal, sistemandosi meglio su di lui, fece scontrare l'erezione con la sua.
"Ti prego" mormorò Fabrizio scostandosi da lui e interrompendo il bacio.
"Addirittura mi stai pregando?" lo prese in giro Ermal, anche se in realtà si trovava nella stessa situazione.
"Stronzo" rispose Fabrizio chiudendo gli occhi. Un attimo dopo li aprì di scatto sentendo che Ermal aveva smesso di toccarlo.
"Che succede?" disse vedendo Ermal seduto tra le sue gambe con lo sguardo pensieroso.
Ermal sospirò. "Non ho i preservativi. E nemmeno il lubrificante."
Fabrizio gli prese la mano e lo attirò verso di sé. "A te va bene farlo senza? Io non ho problemi, mi fido di te. Ma se a te non va, ci fermiamo."
"Certo che mi va, ma..."
"Niente ma. E il problema del lubrificante, lo risolviamo subito" disse Fabrizio.
Tenendo lo sguardo fisso su di lui, portò alle sue labbra la mano che aveva stretto tra le sue un attimo prima.
Ermal lo guardò totalmente ipnotizzato, mentre Fabrizio prendeva tra le sue labbra due dita e iniziava a succhiarle, continuando a guardarlo. E per un attimo si domandò come avrebbe fatto a trattenersi, perché solo lo sguardo di Fabrizio era sufficiente a portarlo al limite.
Quando Fabrizio fu abbastanza soddisfatto, sfilò le dita di Ermal dalla sua bocca e con un sorrisetto malizioso disse: "Problema risolto."
"Smettila di fissarmi così" rispose Ermal, mentre portava le dita verso l'apertura di Fabrizio e iniziava a massaggiarla lentamente.
Fabrizio si morse il labbro mentre sentiva le dita scivolare dentro di lui.
Aveva immaginato quel momento così tante volte da perdere il conto, ma la realtà superava di gran lunga la sua immaginazione.
Ermal lo preparò con calma, lasciandosi guidare dalle espressioni sul volto di Fabrizio, e quando fu abbastanza convinto di poter andare oltre lanciò un'occhiata a Fabrizio e con la sua solita spavalderia disse: "Credo che ci sia di nuovo la questione del lubrificante da risolvere."
Fabrizio sorrise capendo a cosa stesse alludendo Ermal, e disse: "Sei furbo, eh. Dai, vieni qua."
Ermal si avvicinò a Fabrizio, il quale non perse tempo e senza preavviso fece scivolare quasi tutta la sua lunghezza tra le labbra.
Ermal si lasciò scappare un sospiro, mentre chiudeva gli occhi godendosi la sensazione delle labbra di Fabrizio attorno a lui. E avrebbe voluto godersi quella sensazione ancora per molto, se non avesse avuto il timore che di quel passo sarebbe finito tutto in tempi estremamente brevi.
"Fabri, basta..." mormorò richiamando l'attenzione di Fabrizio, anche se con tono non troppo convinto.
Fabrizio si allontanò da lui con un sorriso compiaciuto. "Paura di finire subito?"
"Vediamo se tra poco avrai ancora voglia di ridere" rispose Ermal, vagamente offeso dal fatto che Fabrizio si fosse reso conto di quella sua debolezza.
"Spero di no, amò" rispose Fabrizio, bloccandosi subito dopo sentendo Ermal entrare dentro di lui con un colpo secco.
Ermal rimase per un attimo immobile, memorizzando non solo la sensazione del corpo di Fabrizio attorno al suo ma soprattutto il nomignolo con cui l'aveva chiamato. Perché in quel momento - e soprattutto dopo le cose che si erano detti - per Ermal sentirsi chiamare così dall'uomo che amava era la cosa migliore che potesse succedergli.
Era meglio di Sanremo, dell'Eurovision, di ogni concerto avesse fatto in vita sua.
Era meglio di un bacio, di un sorriso e probabilmente anche meglio di un orgasmo.
Anche quando iniziò a spingersi lentamente dentro Fabrizio, quella parola continuava a occupargli la mente rendendolo più euforico ed eccitato di quanto lo sarebbe stato normalmente in quella situazione.
Sentendo che Fabrizio andava incontro alle sue spinte, Ermal accelerò il ritmo portando una mano tra di loro e massaggiando l'erezione del compagno.
Pochi minuti dopo, Ermal si riversò dentro di lui e Fabrizio lo seguì un attimo dopo, mordendosi le labbra per trattenere i gemiti.
Ermal crollò accanto a Fabrizio un attimo dopo, cercando di riprendere fiato.
Non riusciva a credere a ciò che fosse appena successo, quando fino a poco prima era convinto che con Fabrizio stesse andando tutto a rotoli.
E invece ora erano insieme, dopo aver fatto l'amore, dopo che Ermal gli aveva confessato di essersi innamorato di lui e Fabrizio l'aveva chiamato usando un appellativo che Ermal non era riuscito a immaginare nemmeno nella più ottimistica delle sue fantasie.
"Prima mi hai chiamato amò" disse Ermal a un certo punto, voltandosi verso Fabrizio.
"È un problema?"
"No, anzi mi piace. Non sono uno a cui piacciono molto i nomignoli, ma questo mi piace. Forse mi piace solo perché sei tu a dirlo" rispose Ermal, vergognandosi un po' per quella ammissione.
Fabrizio appoggiò la testa sul suo petto, all'altezza del cuore, e disse: "Di solito non do nomignoli a nessuno. Ma con te mi viene spontaneo. Direi che siamo pari."
Ermal lo strinse a sé sorridendo.
Sì, erano pari ed Ermal non poteva esserne più felice.
Sentiva che tutto ciò che era successo con Silvia ormai era chiuso definitivamente e che quel nuovo capitolo della sua vita - il capitolo che aveva il nome di Fabrizio - sarebbe stato fantastico. Non vedeva l'ora di viverlo e di scrivere canzoni su di lui, su di loro, su ciò che provava.
E un giorno sarebbe stato pronto a dire a tutti il vero significato delle sue canzoni, a spiegare cosa le aveva ispirate e a cosa si riferivano. Ma per ora stava bene così, in una camera d'albergo di Sanremo, con Fabrizio tra le braccia e la consapevolezza che, nonostante le difficoltà, sarebbe andato tutto bene.
Perché finché avrebbero avuto l'un l'altro, non avrebbero avuto nulla di cui preoccuparsi.
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