Tumgik
#no non ho visto mare fuori ma devo
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why would i waste my time writing my thesis when i can use that precious time to write a shit ton of jjba fics?
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aigiornileggeri · 7 months
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Mi ritrovo a 25 anni e l’idea dell’amore come quella dei bambini.
Mi sono ritrovata a parlare con una bambina di amore.
È fidanzata, da un anno, con Francesco.
Prima di lui c’è stato un altro che però è stato rubato dalla sua migliore amica.
Penso che se questo le fosse successo alla mia età si sarebbero strappate i capelli a vicenda e lui ne sarebbe uscito illeso, come succede il 99,9% dei casi. Anche se la colpa non è mai da una sola parte.
Non so perché ora senta la necessità di scrivere quello che mi sta passando per la testa, forse perché ora scrivere a mano non mi basta di più, ho tanto da dire e poca voce per farlo.
Ho sempre preferito scrivere che parlare.
Continuo a scegliere le parole con la stessa accuratezza con cui le mie coetanee scelgono l’outfit (ora ci siamo tutti inglecizzati) che indosseranno per una serata in discoteca.
Io in discoteca non ci sono mai stata, non ho mai fumato una canna, fumo sporadicamente le sigarette, giusto per infliggermi un po’ di dolore.
Dicono che ogni sigaretta fumata accorci la vita di 7 minuti, sto sperimentando la veridicità di questa affermazione.
Non voglio morire.
Sia chiaro.
Quando ci penso ho onestamente paura.
Chiudi gli occhi e tutto finisce.
Non si pensa più.
Le connessioni tra neuroni si fermano.
Niente stimoli.
Niente input.
Niente output.
Tutto tace.
Eppure quante volte aspiriamo nella vita ad un po’ di silenzio?
Sono consapevole che per quanto voglia ciò è impossibile. Almeno da vivi.
Motivo per il quale mi sto quasi abituando all’idea che troverò la pace a cui aspiro una volta morta.
Il discorso sta prendendo decisamente una piega tetra.
Sono una persona abbastanza noiosa.
Non amo il casino.
Mi piacciono le pantofole calde, le coperte, le tisane e i libri.
Non mi piace andare a mangiare fuori, mi piace l’intimità delle mura di casa.
Ma sono consapevole che sono in rotta di collisione con il resto del mondo.
Questo mondo di oggi che deve ostentare tutto.
Ieri sono uscita e c’era un tramonto stupendo a Roma, il volerlo immortalare mi stava quasi distraendo che stavo dimenticando di vivermelo.
E invece l’ho vissuto.
Ho notato ogni piccola sfumatura presente. Nei minimi dettagli.
Io sono così, guardo i dettagli e cerco di leggerli tra le righe.
Sono sempre stata una che ha visto nel piccolo prima di vedere nel grande.
Questa società ci ha abituati ad avere tutto e subito. Pretendiamo di conoscere le persone con lo schiocco delle dita.
PRETENDIAMO.
Non penso ci sia niente di più brutto che pretendere un qualcosa da qualcuno.
È come se lo obbligassimo a fare qualcosa che non vuole per un tornaconto solo nostro.
Ne lede ogni libertà di scelta e di pensiero.
Lo stesso errore si commette quando parlando si dice “io al posto suo…”.
Al posto suo non ci sei.
Al posto suo c’è solo la persona.
Non tu.
Per fortuna o per sfortuna, dipende dai casi, ognuno ha una propria testa e ragiona come meglio crede.
Io ho sempre pensato di ragionare con la testa di una ragazza di 60 anni fa.
Non mi sono mai sentita a mio agio in questa società.
Come un pesce fuori dall’acqua che cerca di tornare al mare.
Non mi sono voluta adeguare alla massa.
Non mi sono mai voluta adeguare a qualcuno.
Per qualcuno.
Rimarrò sola? Non so.
Ho paura? Non so.
Perché le persone cercano di cambiarsi per andare bene a qualcuno?
Capisco lo smussare gli spigoli, ma perché cambiare rinnegando quello che si è?
Io non voglio rinnegare niente di quello che sono.
Qualcuno una volta mi ha detto che siamo la somma delle esperienze che ci sono capitate. Beh, non per vittimismo, ma potrei scrivere un libro per tutte le volte che sono caduta in tutte le maniere in cui una persona può cadere e con la sola forza delle mie braccia mi sia rialzata.
Non penso di avere una vita tragica, ma penso di avere una vita in cui il coraggio le ha fatto da padrona.
Sì, sono coraggiosa.
Questo me lo devo.
In fondo credo che un po’ io mi voglia un po’ di bene, per quanto a volte litighi con me stessa sul perché non riesca a cambiare alcune cose di me che davvero non mi piacciono.
Sono abituata a fare l’elenco dei miei difetti, e non riesco a trovare mai un pregio.
Ecco, coraggiosa è il primo pregio.
Ma tornando al discorso di prima…
Vanno a scuola insieme.
Non si sono visti e neanche sentiti per tutto il periodo dell’estate.
Le ho chiesto allora perché non gli avesse scritto per tutto il periodo e la sua risposta è stata: “Avevo da fare con le amichette.”
Di risposta le ho chiesto se dopo tutto questo tempo lontani era sicura che anche da parte sua ci fosse lo stesso sentimento.
Penso di aver impiantato in lei il seme del dubbio.
Se magari prima ne era convinta, adesso non più.
Eppure 60 anni fa partivano per la guerra, passavano mesi senza vedersi e, se Dio voleva, riuscivano a mandarsi una cartolina ogni tot di tempo.
Ora il dubbio sorge non appena si ha un messaggio non visualizzato.
Maledette spunte blu.
Sorge il dubbio se non si risponde entro un tempo predefinito.
Ed ecco che la vipera del tradimento si insinua nelle nostre menti.
E distrugge tutto.
Con questo non voglio dire che prima non si tradiva, anzi forse era anche più facile tradire prima.
Senza Instagram, senza storie, senza localizzazione, senza messaggistica istantanea, senza chat segrete di Telegram (che ancora non so come funzionino).
Forse c’era una cosa che oggi è difficile trovare: il rispetto.
Ecco, forse ho trovato un altro mio pregio.
La mia famiglia mi ha insegnato a rispettare tutto e tutti.
Non so ammazzare neanche una mosca senza sentirmi in colpa.
Ho imparato il rispetto per ogni forma vivente: animali, piante, persone.
Ho imparato il rispetto per ogni forma non vivente.
Grazie mamma, grazie papà, grazie nonna e grazie zia.
Forse non gliel’ho mai detto.
Prima o poi lo farò.
Loro sono le colonne portanti della casa che sono.
E gliene sarò per sempre grata.
Mi hanno insegnato il senso di sacrificio. E rispettare chi ne fa.
Cerco di mantenere ogni promessa, di renderla reale.
Ma in un mondo che ti fa lo sgambetto più e più volte è difficile, ma continuo ad apprezzare la buona volontà di chi ci prova.
È un mondo malato che sta facendo ammalare anche le persone che ci vivono. Forse gli animali sono gli unici che ne restano illesi.
Quanto può essere cattivo l’essere umano?
Einstein diceva che l’uomo ha inventato la bomba atomica, ma nessun topo inventerebbe mai una trappola per topi.
Siamo davvero così stupidi?
Perché soffriamo di queste manie di grandezza?
Perché questa necessità di prevalere sull’altro e di doverlo sventolare ai quattro venti?
Comunque, continuando il nostro viaggio nella mente di una bambina di 7 anni, dopo aver impiantato in lei il seme del dubbio ho cercato di sistemare la situazione, ormai già distrutta, affermando che in caso contrario avrebbe comunque potuto trovarne un altro. O anche due. Così da avere la riserva.
Lei ha fatto spallucce.
Non penso abbia apprezzato la mia affermazione.
In realtà non l’apprezzo neanche io.
Non nutro grande simpatia per coloro che decidono di intraprendere relazioni parallele. Anzi, direi che (sì, lo so che è brutto da dire), le schifo. E non poco.
Se una persona non ti fa stare bene, bisogna avere il coraggio di lasciarla andare.
Può essere doloroso, ma anche le ferite più dolorose guariscono.
E questo lo so bene, forse daranno un leggero fastidio ogni qualvolta il tempo cambierà.
Ogni qualvolta ti ci soffermerai a pensare.
Mamma dice sempre: “Le cose che non si fanno sono le migliori.”
Ma con quanti punti di domanda ci lasciano?
Quanti finali alternativi si alternano nella mente di una persona?
Sono una persona curiosa.
Ma non nel senso che sia impicciona, mi sono sempre fatta i fatti miei e continuerò a farlo visto che aspiro a campare 100 anni.
Sono spinta da curiosità costruttiva, non mi limito a sapere il fatto in sé, ma mi piace capire, scavare nel profondo. Forse la parola più corretta da usare sarebbe comprendere il perché di una scelta piuttosto che un’altra.
Mi astengo dal dare qualsiasi giudizio.
Mi limito a dare un consiglio, senza aspettarmi che la persona lo segua, anche perché chi è che segue i consigli?
Io sono la prima a non farlo.
Mi piace sbatterci di testa, di faccia, rompermi le ossa, il cuore e l’anima.
Si dice si impari meglio sbagliando e io voglio sbagliare nel modo giusto.
Voglio passare la vita imparando, crescendo, diventando sempre più saggia.
Avrei voluto dire a quella bambina che poi tanto male non è stare soli, conoscersi.
Capire quello che realmente vogliamo.
Quello di cui abbiamo realmente bisogno.
Avrei voluto dirle di non piangere alle ginocchia sbucciate perché il cuore sbucciato quando crescerà farà ancora più male.
Avrei voluto dirle di godersi ogni attimo della sua età.
Avrei voluto dirle di avvicinarsi al mondo dell’amore il più tardi possibile.
Avrei voluto dirle che ha fatto bene a godersi l’estate con le amichette piuttosto che pensare al fidanzato.
Avrei voluto dirle che l’amore se è vero supera ogni ostacolo, ogni distanza, ogni tempo.
Avrei voluto dirle che non deve mai dare nulla per scontato, perché nel momento in cui lo fai tutto perde di valore e non è più come prima.
Non aspettatevi che una persona vi stia accanto per sempre, che vi ami per sempre.
L’amore è un fuoco di paglia, di solito la passione brucia velocemente.
La vera scommessa è alimentarlo.
Vorrei essere brava in questo.
Invece credo che tra le mie mille mila cose da fare non riesca mai ad alimentarlo come si deve, e niente.
Fa la famosa vampa e si spegne.
Azzarderei a dire che quasi a volte l’acqua per spegnerlo sopra l’abbia messa io.
Perché l’amore si identifica con il cuore?
Un muscolo involontario.
Probabilmente perché così come non abbiamo la possibilità di controllare il suo battito non possiamo decidere di chi innamorarci.
Ed ecco lì che capita di innamorarsi di chi probabilmente non avremmo mai detto.
Nel mio caso penso che avrei messo la mano sul fuoco che non sarebbe mai successo, ed invece è successo.
Ho imparato il mai dire mai proprio in questo caso.
E chi l’avrebbe detto che avrei messo le armi per distruggermi in mano a qualcuno.
Mi meraviglio con quanta facilità l’essere umano sia capace di buttare giù tutto quello che costruisce senza nessuna pietà e rimpianto.
Mentre io mi sono ritrovata a dire addio ad una macchina e a dare il benvenuto ad un’altra.
Ho provato il senso di colpa nell’averla quasi tradita per qualcosa di nuovo.
Perché è questo quello che succede nella vita, buttiamo il vecchio per fare spazio al nuovo.
Io sono così legata al vecchio che provo dolore quando lo butto.
Ecco, forse questo invidio a quella bambina, la facilità con cui nel momento in cui il piccolo Francesco deciderà di lasciarla lei troverà qualcun altro e riuscirà a chiudere Francesco in un cassettino della sua memoria che probabilmente non riaprirà mai più.
Io i miei cassetti della memoria li apro e anche spesso.
Maledette domande che attanagliano la mia mente e non la lasciano riposare.
Forse se riuscissi a lasciarmi scivolare tutto addosso sarebbe più facile.
E invece il Padre Eterno ha deciso di farmi cocciuta, testarda e con la necessità di sapere come, quando, dove e perché.
Vorrei poter chiudere tutto a chiave, buttare la chiave in un qualsiasi posto e perderla così da non poter riaprire niente, anche volendo.
Sono masochista.
Non mi taglio, non mi infliggo dolore fisico perché mi basta il dolore dell’anima.
E se per i tagli questi cicatrizzano, non so come possa guarire un’anima mal concia.
Lana Del Rey canta: “Mi amerai lo stesso quando non avrò nient’altro che la mia anima dolorante?”
Mi chiedo se davvero esista qualcuno capace di amare una persona nonostante l’anima che non si regge in piedi.
Ci vuole tanto amore ad amare chi non ci ama.
E ci vuole grande forza di volontà a lasciare andare le persone.
Lasciare andare qualcuno è la più grande forma di generosità.
Come può un rapporto cambiare per “colpa” di una frase sbagliata?
Dicono che la lingua riesca a ferire più di un coltello.
E perché le permettiamo di ferirci?
Sento ancora quel formicolio al cuore quando ripenso ad alcune frasi, che siano belle o brutte.
Nella maggior parte dei casi sono tutte le parole che più mi hanno ferita.
Quelle che più mi hanno fatta sentire inadatta.
Ma non penso di essere inadatta per davvero.
Penso sinceramente che alcune situazioni non vadano con altre.
Ecco di nuovo quella sensazione.
La me di dentro urla, si sta spolmonando. E la me di fuori non riesce a tirare fuori niente.
A volte penso se possa essere liberatorio salire sulla prima montagna e urlare, fino a non avere più aria nei polmoni. Fino ad essere stremati per l’urlo e non per altro.
A volte vorrei farlo.
Poi penso che le persone mi prenderebbero per pazza.
Anche se è mio uso e costume credere che i pazzi stiano fuori e le persone mentalmente stabili siano chiuse nel primo reparto di psichiatria disponibile.
Forse in mezzo a loro troverei la mia pace, chissà.
Vorrei fare un appello a me stessa: smettila di provare a fidarti delle persone.
Sono destinate tutte ad andare via. E tu speri ancora nelle cose irreali.
Chiudi gli occhi e immagini cose che sai anche tu non succederanno mai. E ti addormenti con il cuore un po’ più leggero, perché quello ti da pace.
Perché sono così?
Cos’è che realmente voglio?
O sono solo lo specchio di quello che gli altri vogliono da me?
Vorrei bastare a me stessa.
Essere sicura di me, delle mie capacità, senza il bisogno che qualcuno mi ricordi quanto valga.
Amo stare da sola, e non capisco perché continuo a far entrare persone nella mia vita che la mettono sottosopra.
Inizio ad essere quasi certa di essere masochista.
Sto per prendere il treno.
L’ennesimo.
Quanti treni ho preso, e non ne ho mai perso uno.
Anche quando ero in ritardo.
Sono stata sempre brava a prenderli.
A farli coincidere con altri.
Ad aspettare il meno possibile alle coincidenze.
Non mi è mai piaciuto aspettare.
Non sono una che sta con le mani in mano aspettando che arrivi la manna dal cielo.
Mi sono sempre data da fare, ho organizzato la mia vita in ogni minimo dettaglio e la vita ci ha provato ripetutamente a far saltare ogni mio piano.
A volte ci è riuscita.
A volte no.
Mi chiedo dunque, perché se non riesco ad aspettare un treno che dovrebbe portarmi altrove dovrei riuscire ad aspettare una persona?
Beh, il treno prima o poi arriva e anche se in ritardo a destinazione ci porta.
Ma le persone?
Arrivano?
Tornano?
Riescono a portarti realmente dove vuoi che ti portino?
Non si può decidere dove queste ti porteranno. Bisogna lasciarsi guidare.
E io non sono brava in questo.
Sono stata abituata a guidare, e non riesco a far sì che le persone guidino me.
Eppure io vorrei qualcuno che mi portasse al mare.
Scorrendo la ricerca di Instagram in una di quelle pagine di frasi fatte e depresse ho letto trova qualcuno che ti faccia dimenticare di avere un telefono.
Chissà com’è prendere il treno della vita.
Quello che dicono passi solo una volta.
Quello del hic et nunc, del carpe diem.
Non penso di aver mai colto un’occasione, troppo presa ad organizzarmi la vita che probabilmente mi sono dimenticata di viverla.
Ho messo da parte tutti i sentimenti, cercando di reprimerli.
Li ho messi così schiacciati bene in un cassetto che pensavo di averli sistemati lì a vita.
E invece il cassetto è esploso, lasciando venire fuori tutto quello che credevo di non poter provare.
La depressione.
Se mi avessero detto che un giorno ne avrei sofferto sinceramente gli avrei riso in faccia.
E invece sono qui, a distanza di due anni, con questo mostro dietro le spalle che mi attacca all’improvviso, quando sono più vulnerabile.
E so da me che la spinta per “guarirne” devo darmela da sola, ma le persone che, intorno a me, si limitano a dire: “Dai, su. Muoviti. Se ti fermi è perché sei tu che vuoi stare male” mi istigano sempre di più ad isolarmi.
Mi piace stare sola.
Mi piace l’equilibrio che raggiungo.
Se sto male non devo dar conto a nessuno.
Se sto bene non devo dar conto a nessuno.
Solo a me stessa.
Chissà quale organo ne risente di più.
Il cuore?
Il cervello?
Penso che i miei siano andati entrambi in sovraccarico e il mio esplodere ne è stata semplicemente una conseguenza.
Come se nel cassetto avessi messo più di quanto avrei dovuto e ora non si riesce più a chiudere e tutti i sentimenti repressi siano usciti uno dietro l’altro, sovrapponendosi anche a volte.
Tocco un po’ anche di bipolarismo probabilmente.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che ho riso quando avrei voluto piangere.
Meriterei un oscar come migliore attrice per aver mentito sul mio stato di salute mentale a tutti, compresa la famiglia.
Meriterei un oscar come migliore attrice per tutte le volte che mentre ridevo pensavo a come sarebbe stato buttarsi dal Canale di Mezzanotte.
Ci sono andata.
Mi sono seduta sul bordo del ponte.
Penso che più di una volta sia stata sul punto di farlo.
Perché non l’ho fatto?
Probabilmente perché io sono ancora qui e posso scegliere di vivere, lei non ha avuto scelta.
E se l’avesse avuta sicuramente avrebbe voluto vivere.
Per cui, mossa da un minimo di lucidità, sono scesa giù e sono tornata a casa, mettendo la maschera perfetta.
Ma non a tutti si può mentire.
E gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Non vedo i miei occhi brillare da un po’.
Chissà se ricapiterà.
E se la nostra vita fosse un libro scritto a penna?
Un cosiddetto manoscritto.
Senza bozza.
Senza margine di correzione, perché si sa, non si può cancellare con la gomma e riscrivere tutto.
Si può solo mettere una linea e andare avanti, fino alla fine del racconto. Fino alla fine del libro.
E lì, dove la penna inizia a incantarsi, arrivano le decisioni prese d’istinto.
Quegli scarabocchi che nessuno riuscirà mai a decifrare, neanche noi.
Perché quelle decisioni prese di pancia sembrano così sensate nel momento in cui le prendiamo mentre con il senno di poi si rivelano dei veri flop?
Perché, a volte, l’istinto prevale sulla ragione, perché autoinfliggersi dolore sperando in qualcosa che sicuramente non capiterà.
La legge di Murphy parla chiaro: se c'è una possibilità che varie cose vadano male, quella che causa il danno maggiore sarà la prima a farlo; Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andare male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto; lasciate a sé stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio.
E allora mi chiedo, perché si molla la presa in alcune situazioni?
Perché non siamo più così bravi da lottare per quello in cui crediamo?
Perché non mi fido più delle mie sensazioni?
Ho sempre viaggiato con il mio sesto senso.
A volte bene, altre male.
Penso faccia parte del gioco.
Non credo nemmeno si possa pretendere che la vita giri sempre bene, penso sia impossibile vivere una vita senza cadere.
Dovrebbero essere le imperfezioni a rendere le cose perfette.
Il sudore dei sacrifici rende tutto più bello.
Ma ai sacrifici bisogna essere abituati.
E come ci si abitua?
Come può una persona abituarsi alla sofferenza per avere cose belle.
Ma perché si deve soffrire per arrivare al bello?
Per apprezzarlo di più?
E perché non godere delle piccole cose, ma aspettarsi sempre cose plateali?
Perché non compiacersi dei gesti ripetuti, seppur piccoli, ogni giorno, ma riempirsi gli occhi e soprattutto la bocca per un qualcosa che accade una sola volta e per un tempo breve.
Ho rivisto la piccola Giada.
Le ho chiesto di aggiornarmi sulle sue vicende amorose.
Mi sono così appassionata a questa storia d’amore che mi sembra quasi di viverla in prima persona.
Ci siamo sedute a terra.
Ha trovato dietro la tenda del salotto i regoli.
È stato come tornare indietro di quasi 20 anni.
Ricordo l’emozione, quando arrivava il momento dei regoli alle elementari.
La felicità nell’aprire quella scatola che sembrava magica perché quei piccoli rettangoli avrebbero dovuto insegnarmi a contare.
Anche se, diciamocelo sinceramente, tutti li abbiamo usati per costruire la famosa torre.
Apprezzo dei bambini in genere lo stupore davanti alle piccole cose; il trovare il buono e il bello anche nelle piccole cose.
Quelle più insignificanti.
Poi com’è che si diventa così materialisti?
Qual è il preciso istante in cui le piccole cose, anche le più stupide, smettono di bastarci e iniziamo a volere e a pretendere sempre di più?
Ho sempre avuto paura di crescere, di perdere il mio contatto con l’innocenza della tenera età, non essere più considerata la bocca della verità, diventare agli occhi del resto degli adulti una persona che sputa veleno perché dice quello che pensa.
Io non credo di sputare veleno, non penso nemmeno di essere così vipera come mi dipingono. Credo che la verità tendenzialmente faccia paura, fa paura a tutti, anche a me che sembro così dura e tosta.
La verità quando ci viene detta, nuda e cruda, ci spoglia di ogni maschera e ci costringe a guardarci allo specchio, come se fossimo tanti vermi privati di un guscio protettivo.
L’adulto è viscido, e di questo ne sono sempre stata convinta.
Ha sempre secondi fini, non sa bastarsi a sé stesso, cerca perennemente il confronto con altri per sentirsi superiore, non sa competere in modo sano, è cattivo e diventa egoista, egocentrico, cercando di creare una storia in cui risulta essere il protagonista assoluto.
Per non parlare degli adulti nelle relazioni: è un continuo prevalere sull’altro nel 90% dei casi, non si sa più viaggiare l’uno accanto all’altra.
Ho quasi 25 anni e la voglia di provare gli stessi sentimenti di Giada, la voglia che qualcuno provi per me gli stessi sentimenti che prova Giada.
La purezza.
Non perché servo a qualcuno, non mi piace essere sfruttata.
Ho sempre fatto mio il detto: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, ma puntualmente ricevo altro. Ricevo quello che probabilmente se fossi realmente stronza farei alle persone.
Non so sfogarmi, non so buttare giù quello che provo se non scrivendo.
Mi sento così bene quando scrivo.
Non saprei come fermarmi.
Ho tanto da dire, continuo ad avere sempre tanto.
E continuo ancora a meravigliarmi delle mie capacità paragonate a quelle di persone più grandi.
Perché continuo a sottovalutarmi?
Apriamo i regoli, con l’intenzione (ovviamente) di fare la Tour Eiffel.
Iniziamo a mettere da parte tutti i pezzi che ci servono e intanto penso che vorrei essere circondata una vita intera da bambini e animali, dalle anime pure, da chi non fa male a qualcun altro per il puro scopo di goderne; voglio essere circondata da chi se fa male a qualcuno sa chiedere scusa.
Arriva il momento della fatidica domanda, chiederle come fosse andato il ritrovo con Francesco.
Ne ho quasi timore, soprattutto dopo l’ultima chiacchierata, ma i bambini hanno quell’innocenza disarmante contro cui nulla vince.
Il sospiro di sollievo tirato dopo aver saputo che ancora ad oggi stanno insieme è stato rumoroso, tanto da scambiare uno sguardo complice con la mamma.
A distanza di circa un anno io e Giada ci siamo riviste.
Qualcosa è cambiato, io sono cambiata e anche lei.
Se lei è cresciuta in altezza, in bellezza e anche in intelligenza, io sono diventata più vecchia, scorbutica e meno paziente verso ogni genere umano.
Non vedo Giada da un anno e quanto vorrei poter parlarle ancora. Interfacciarmi con lei e con l’ingenuità con cui vede il mondo: senza malizia, senza cattiveria, senza alcun melodramma irrisolvibile.
Mi chiedono spesso perché sia così attirata dai bambini e dagli animali, probabilmente la risposta si trova in questo: non fanno melodrammi e se dovesse accadere la situazione si placa in un tempo così breve da non destare nessuna preoccupazione.
Quanto sarebbe bello tornare piccoli, dove le uniche preoccupazioni sono soltanto i giochi non comprati da mamma e papà, le merende e il pisolino pomeridiano fatto controvoglia.
A ventisette anni il pisolino pomeridiano è quasi diventato un default per me, senza il quale non saprei neanche sopravvivere alle persone che mi sono intorno.
Vorrei tanto sapere di Giada, dei suoi amori, se è riuscita a continuare la sua storia con Francesco, mi piacerebbe dirle che ho trovato probabilmente l’equilibrio a cui aspiravo, ma so che mi guarderebbe interrogativa perché: come lo spieghi l’equilibrio ad una bambina?
Ho paura a dirlo forte, non tutte le persone sono felici se lo sei anche tu, ma ho trovato quella sorta di pace interiore che sembrava non potesse arrivare per me.
Sto per iniziare a fare una cosa che mi piace. Non mi interessa della fatica. Ho scoperto che con le persone giuste accanto sono ancora più forte di quello che credevo. Ho capito chi sì e chi no. Chi mi fa fiorire e chi cerca di estirparmi come un’erbaccia.
Grazie delle delusioni, dei momenti no, dei momenti in piena sbronza, delle scelte sbagliate, dei viaggi in macchina, del mare che calma in inverno e abbronza l’estate. Grazie dell’amore, delle amicizie nate dal nulla, del cuore rotto, dello scudo contro le parole che fanno male. Grazie per le serate a guardare le stelle in balcone con la sigaretta accesa, i lividi addosso per l’equitazione che libera la mente, i lividi dello stress mentale. Grazie per gli addii e le riscoperte di alcune persone. Grazie per il mio essere leggera, saper capire quando essere pesante e quando no, quando farne melodramma e quando no. Grazie perché ho capito quanto valgo, ho capito che non mi accontento di tutti e che chi mi sta accanto lo fa per scelta, per amore e ha rubato un pezzetto del mio cuore e lo custodisce preziosamente. Grazie anche a chi il pezzetto del mio cuore lo ha preso a pugni, a cazzotti e ci ha ballato sopra con la speranza di vedermi a terra strisciare come magari fanno loro. Mari splende anche grazie a voi. Soprattutto grazie a voi.
L’ultima foto non poteva non essere il mio panorama sul mio golfo preferito.
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gcorvetti · 6 months
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Punti di vista.
Stamane mentre prendevo il caffè, in realtà una mezz'ora fa :D, sono passati dei tizi con un camioncino e dal megafono dicevano "Raccolta ferro vecchio, qualsiasi cosa di ferro la prendiamo", giorni fa più o meno la stessa cosa ma non l'ho visto è passato l'arrotino, ho sentito un megafono che annunciava "Arrotino, ammola fobbici e cutedda" (traduco, arrotino affila forbici e coltelli), penso che era dalla fine degli anni 70 che non sentivo tale annuncio, quando vivevamo al borgo e i tempi erano estremamente diversi. Lavori che tornano in auge in un periodo di crisi, come un caro amico che vive a Torino ed è diventato calzolaio, si torna all'arte di arrangiarsi visti tempi.
Ieri ho passato una giornata fuori, prima ad aiutare mio zio che aveva problemi ad inviare alcuni documenti urgenti via whatsapp e via mail (ha 86 anni ed è tanto che è tecnologico), pranzo da loro e poi inizio a camminare, incontro un amico e passo parte del pomeriggio con lui, poi ricevo un messaggio di un'amica che mi invita ad unirmi a lei e il fidanzato per vedere una jam session, non torno neanche a casa, mangio un arancino ed una cipollina e li raggiungo. Poi visto che anche loro erano a piedi, vado a prendere il bus che teoricamente doveva partire alle 23:06, è arrivato dopo un'ora ed è partito a mezzanotte e mezza, normale amministrazione in una città poco puntuale come questa, oppure forse sono troppo abituato agli orari precisi che ci sono negli altri paesi (Estonia e Londra), alla fine sono tornato a casa comunque anche se ero quasi partito per farmi questa lunga camminata tutta in salita verso casa, poco male.
Stamane sono stato svegliato da un sogno orribile, già, le paure nonostante la giornata passata in relax mentale e compagnia non vanno via in una giornata, ma ci sto lavorando su e penso di aver trovato la strada giusta, almeno credo. Oggi? Non so, c'è una bellissima giornata di sole, magari faccio un giro zona mare che mi rilassa il suono delle onde.
Un amico argentino, che vive qua a Catania, un cantante molto bravo tecnicamente e con una bella voce, peccato si sia trasferito qua, posta un video di Geolier o come si scrive, il rapper napoletano, che canta senza base, o almeno dal video si vede che ha i celentanini (gli auricolari da palco, come li denominava Fiorello anni fa), ma il risultato è afono e dimostra scarsa tecnica e una voce poco intonata, copio e incollo il mio commento "La mediocrità c'è sempre stata in ogni campo artistico e in ogni periodo storico, la differenza forse che ora è accettata perché così la massa si può avvicinare a quello che gli artisti fanno, mentre una volta per noi gli artisti erano inarrivabili." Beh ci sarebbe tanto da dire sia sul video che sul mio commento, lo so, ma sto fortemente pensando di aprire il famoso blog dove parlo solo di musica, in ogni caso penso che ci siano così tante distorsioni sul mondo dell'arte in generale in questo periodo storico e tanti che si innalzano a sapientoni o esperti del settore che è anche difficile intavolare un dialogo aperto senza poi finire in un litigio, cosa che trovo molto infantile soprattutto quando si parla d'arte che è soggettiva, come per esempio la jam session jazz di ieri, si bravi per carità, ma dopo 3 brani basta, l'interesse si perde se non c'è innovazione anche nella performance che diventa un'auto celebrazione di scale e assoli poco improvvisati triti e ritriti, almeno per me. Fino ad ora e per quel poco che ho sentito, dal vivo, il migliore resta Palumbo, il tizio un pò dadaista che ho postato un pò di tempo fa e che mi è veramente piaciuto in toto dai brani alla performance in se, nonostante la scarsa preparazione tecnica che cade in secondo piano quando si hanno degli argomenti migliori di fare vedere quanto si è bravi a fare le scale.
La giornata è lunga e troppo bella per chiudersi in casa, quindi faccio la mia routine per il fisico ed esco, buona giornata.
youtube
P.S. Si lo so, devo aprire il blog musicale.
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canesenzafissadimora · 8 months
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E il tuo sorriso sembrava quasi la felicità, perché io sapevo già che te lo saresti riportato via.
Oggi, ogni volta che mi vieni in mente, sento sempre lo stesso brivido.
Mi assale come fosse un guerriero a turbare
i miei anticorpi, e mi ammalo di te, con la febbre nel pensiero.
Mi commuovo più facilmente se scruto un’emozione in giro per le strade, ti sento
lì con me, te la regalo nel silenzio.
Ti stringo accanto, come fossi piccolissima
e mi stessi nella tasca della giacca vicino al cuore, a stretto contatto con il mio sentire.
E certo che no, non saremmo stati perfetti, anzi, avremmo litigato un casino, forse proprio perché siamo molto simili.
Al mio “grillo parlante”, quando torna
a bussare, non apro quasi mai, ma a volte
mi spiace lasciarlo fuori al freddo, così lo faccio entrare e mentre inizia a obiettare
gli chiedo una tregua, una tregua
fra la mia vita e il mondo, così si arrende
e si addormenta.
Beata incoscienza, dicono dei giovani.
Beata fortuna, dico io, è un’incoscienza preziosa.
Osservo i ragazzi per strada, quando si baciano, quando nei loro occhi c’è l’eternità, quando nei loro occhi c’è l’immortalità degli dei, la luminosità del :” Resto anche domani, ci sarò”, con una convinzione, una sicurezza che a stento ritroverai se non nei folli come me, perché io, alla mia età, la possiedo ancora.
A volte devo distogliere lo sguardo, perché
è troppo forte l’emozione, perché rivedo te, respiro il mare, mi entra nelle narici di prepotenza con un capogiro incontrollabile
e mi fa sentire insieme male e bene non averti mai dimenticata.
Allora quei ragazzi li fotografo di nascosto
e vale per tutte le fotografie che non abbiamo.
Ho dei rapporti meravigliosi con le donne con cui ho avuto una storia.
Ho visto nascere il bimbo della mia prima fidanzata, ho visto il matrimonio della donna che credevo avrei sposato io, molti anni fa.
Con te non ho voluto veder appassire un fiore mai sbocciato.
Non ti avrei mai regalato dei fiori strappati alla tua terra, perché tu meriti la vita.
Eppure, anche se non credo a un’altra vita dopo questa, l’energia di questo sentimento resterà, si mescolerà agli elementi naturali
e continuerà a vivere sì, anche dopo di noi.
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Massimo Bisotti
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reginadeinisseni · 1 year
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Iron Maiden - The Number Of The Beast (Official Video)
Il Numero Della Bestia Te misero, Oh Terra e Mare Perché il diavolo invia la bestia con l'ira Perché lui sa che il tempo è breve Permetti a colui che ha comprensione di considerare il numero della bestia Perché è un numero umano Il suo numero è 666
Ero rimasto solo, la mente vuota, avevo bisogno di tempo per pensare, per tirar fuori i ricordi dalla mente Cosa ho visto? Posso credere che ciò che ho visto quella notte fosse reale e non soltanto fantasia? Quello che ho visto nei miei vecchi sogni, erano riflessioni della mia mente distorta che mi fissavano a loro volta? Perché nei miei sogni è sempre lì, il volto del male che mi contorce la mente e mi porta alla disperazione
Sì!
La notte era nera, era inutile trattenersi, ho dovuto proprio vedere, c’era forse qualcuno che mi guardava? Nella nebbia figure nere si muovono e si contorcono era tutto reale o una specie d’inferno?
666 il numero della bestia inferno e fuoco furono generati per essere liberati
Le torce luccicavano e inni sacri venivano innalzati, quando cominciarono a gridare, le mani rivolte verso il cielo Nella notte i fuochi bruciano luminosi, il rituale è iniziato, il lavoro di Satana è compiuto 666 il numero della bestia Sacrificio è offerto stanotte
Questo non può continuare devo informare la legge, sarà reale o è un sogno folle? Ma mi sento trascinato verso l’inneggiante moltitudine del male, sembrano ipnotizzare, non riesco a evitare i loro occhi
666, il numero della bestia 666, l’unico per me e per te
Torno indietro, ritornerò, possiederò il tuo corpo e ti farò bruciare Ho il fuoco, ho la forza, ho il potere di far avere al male il suo corso
The Number of the Beast Iron Maiden Track 5 on The Number of the Beast Produced by
Martin Birch This song was the band’s second single from their 1982 album. It was influenced by the 1978 horror movie Damien: Omen II, which is about the 13-year-old Antichrist. It is… Read More Mar. 22, 1982 1 Viewer 266K Views
72 Contributors The Number of the Beast Lyrics [Intro: Barry Clayton]
Woe to you, o'er Earth and Sea For the Devil sends the beast with wrath Because he knows the time is short Let him who hath understanding reckon the number of the beast For it is a human number Its number is six hundred and sixty-six
[Verse 1] I left alone, my mind was blank I needed time to think, to get the memories from my mind What did I see? Can I believe That what I saw that night was real and not just fantasy? Just what I saw, in my old dreams Were they reflections of my warped mind staring back at me? Cos in my dreams, it's always there The evil face that twists my mind and brings me to despair Yeah
[Verse 2] Night was black, was no use holding back Cos I just had to see, was someone watching me? In the mist, dark figures move and twist Was all this for real, or just some kind of hell?
[Chorus] Six-six-six, the number of the beast Hell and fire was spawned to be released
You might also like Run to the Hills Iron Maiden ​​​vampire Olivia Rodrigo Flowers Miley Cyrus [Verse 3] Torches blazed and sacred chants were phrased As they start to cry, hands held to the sky In the night, the fires are burning bright The ritual has begun, Satan's work is done
[Chorus] Six-six-six, the number of the beast Sacrifice is going on tonight
[Instrumental Break]
[Verse 4] This can't go on, I must inform the law Can this still be real, or just some crazy dream? But I feel drawn towards the chanting hordes Seem to mesmerize, can't avoid the eyes
[Chorus] Six-six-six, the number of the beast Six-six-six, the one for you and me
[Outro] I'm coming back, I will return And I'll possess your body and I'll make you burn I have the fire, I have the force I have the power to make my evil take its course
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bergamorisvegliata · 1 year
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LA NAVIGAZIONE CONTINUA...
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Terminata la prima parte del "viaggio", la nostra amica Paola prosegue la sua "navigazione" attraverso le sue splendide riflessioni che offre a "bergamo risvegliata"...Non più "Diario di bordo" ma:
DIARIO DI NAVIGAZIONE
una navigazione "particolare" attraverso quegli spunti pregevoli che la vita ci offre.
Buona "navigazione" nel periglioso mare della nostra esistenza e soprattutto BUONE LETTURE, e...Grazie Paola!
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'Viviamo in un tempo in cui l'empatia e l'umanità vengono messe al secondo posto...'
Confermo!!!
La mia esperienza in ospedale è stata positiva, ho trovato persone gentili e preparate ad assistere mia figlia... ma, se devo dirla tutta, non ho rispettato proprio tutte le regole ...
Ho questo difetto... se una cosa non la capisco io non la faccio... non finché qualcuno mi spiega il senso.
Mi rifiuto di ascoltare chi mi dice 'si fa così e basta' o peggio... 'si fa così perché lo dice la legge'.. i tre anni di età li ho superati da un bel po'... e pretendo coerenza e un minimo di logica.
Ho passato gran parte della lunga permanenza in ospedale ad osservare...
Spesso restavo lì, ferma in un angolo e osservavo....
Osservavo le contraddizioni che ormai sono parte integrante delle nostre istituzioni (nessuna esclusa)
Anche io ho visto negare la visita fuori orario di un parente a madri sfinite che chiedevano solo un'ora per farsi una doccia, ho visto padri impotenti lasciati fuori da una porta sapendo che pochi metri più in là c'era il proprio figlio magari piccolissimo e sofferente lasciato alle cure di una madre sola ed esausta.
Ho visto persone seguire in modo remissivo i protocolli e le norme senza condividerle (per loro stessa ammissione)...
.. a volte ho visto persone seguire regole senza alcuna logica senza farsi domande...
Il tutto in nome di cosa?
Di un'emergenza?
No... Non funziona così.. non più ormai..
Si sta verificando una nuova emergenza...
La mancanza dell'umanità che sembra non esserci più soprattutto nei luoghi dove dovrebbe essere la priorità,
e la totale mancanza di senso critico, che è la cosa che mi spaventa di più...
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Io non ci sto! Io mi dissocio da tutto questo...
Continuerò a farmi sgridare come quando ho abbracciato mio figlio senza mascherina anche se non si poteva, o come quando ho aperto la porta ad un papà preoccupato anche se non si poteva, o come quando ho abbracciato chi veniva a trovarmi anche se non si poteva...
Continuerò a resistere e a disobbedire perché la vita è fatta di priorità e io ho scelto quali sono le mie.
Saluti a tutte/i voi!
-Paola-
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albertoblog · 2 years
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A salvarmi è stato il mondo
di Mario Calabresi
Mancava solo un anno alla pensione e Jack, dopo averne passati quaranta a fare il pendolare con Manhattan, per lavorare come revisore contabile di una multinazionale, aveva un solo progetto nella testa: passare tutto il tempo che gli restava con sua moglie. Fu in quel momento che lei scoprì di essere malata. Jack non fece nemmeno in tempo a rendersene conto che lei non c’era già più. Rimase solo e senza nessuna idea di futuro. «Andare in pensione era il mio sogno, invece si trasformò in un incubo di solitudine e depressione». Tredici anni dopo Jack ha appena finito un giro della Sicilia durato quindici giorni, mi racconta che si è innamorato delle saline di Marsala, dei templi greci e di Taormina. Non c’è posto dell’Italia in cui non sia stato e sono pochi i luoghi del pianeta che non ha visitato. Scoprire il mondo è stata la sua medicina: 69 Paesi in dodici anni.
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La foto che ho scattato alle prime luci dell’alba dalla camera d’albergo a Catania 
Ci sono mattine in cui la prima cosa che vedi ti ricorda quanta bellezza ci sia nel mondo. Ho aperto la finestra della stanza dell’albergo di Catania alle 5:34 e l’alba sul mare, dietro le palme, mi ha detto che sarebbe stata una giornata fortunata. Alle 6:30 ero seduto in aereo e il caso mi ha regalato come vicino di posto Jack e i suoi racconti. Io detesto il sedile centrale, non hai la vista dal finestrino e non hai la libertà di alzarti quando ti pare del corridoio: sei incastrato lì in mezzo. Avevo sperato che il posto 4D, accanto a me, rimanesse libero, ero stato quasi esaudito nel mio desiderio e stavo per spostarmi quando è salito l’ultimo passeggero e si è seduto proprio lì. Ho notato solo che aveva una camicia a scacchi, delle sopracciglia bianchissime e non capiva cosa gli dicesse lo steward che gli parlava in italiano. Poi mi sono addormentato. Mi sono svegliato perché servivano il caffè, c’era anche un cioccolatino. L’uomo con la camicia a scacchi ha preso il suo cioccolatino e lo ha messo sul mio tavolino. L’ho ringraziato e gli ho chiesto da dove venisse: “New Jersey”. «Ho 78 anni e nelle ultime due settimane ho fatto tutto il perimetro della Sicilia, ieri sono salito sull’Etna e lo spettacolo di vedere il mare con i piedi nella neve è incredibile. Ti dirò una cosa strana, sognavo di venire in Sicilia dal 1972 quando ho visto il film “Il Padrino” con Marlon Brando. Mi sarebbe piaciuto capire come possano stare insieme un’isola bellissima e la mafia. Cinquant’anni dopo ho scoperto che un tour operator americano, oltre al giro classico dell’isola, offriva la possibilità di incontrare il figlio di un boss della mafia per capire come funziona il sistema. Così sono venuto e devo dirti che il racconto di quest’uomo, che ha preso da sempre le distanze dal padre, non è mafioso e parla un ottimo inglese, è stato davvero interessante». Gli chiedo se ricorda come si chiamasse. Scuote la testa: «Il nome non lo ricordo, ma era davvero un boss molto noto». Poi tira fuori un foglio dalla tasca interna del giubbotto rosso, è il programma del viaggio, mi fa vedere il nome della persona che ha incontrato - Angelo Provenzano – e mi guarda: «Non ricordo il nome del padre, ma dicevano che era veramente importante, lo hai mai sentito?». «Tutti in Italia conoscono il nome di quell’uomo, Bernardo Provenzano, l’uomo delle stragi e degli omicidi dei giudici più amati in Italia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino».
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Le saline di Marsala di cui Jack, nel suo viaggio attraverso la Sicilia, si è innamorato
Jack (ma il nome lo scoprirò solo quando ci saluteremo dopo l’atterraggio a Linate), resta un po’ in silenzio, forse si è reso conto che la mafia è una cosa un po’ meno filmica e romantica di quello che gli hanno raccontato, poi mi spiega di quanto ami l’Italia, tanto che c’è venuto cinque volte negli ultimi anni. «Ma non è solo l’Italia, io sono sempre in viaggio, ho già visitato 69 nazioni, più di un terzo di quelle che ci sono nel mondo, ma non lo faccio per collezionare bandierine ma per osservare le persone, per stare in mezzo alla gente, per non stare a casa da solo». Jack è nato a Mumbai nel 1945, quando si chiamava ancora Bombaye in India c’erano gli inglesi, a 22 anni partì per New York con un permesso di studio per fare un master nel New Jersey e da allora quella è la sua casa. Negli Stati Uniti ha studiato, lavorato per tutta la vita nella stessa azienda, si è sposato e ha avuto due figli, un maschio e una femmina. «Lei ha studiato ad Harvard e oggi vive con la sua famiglia a Singapore, lui ha fatto un master alla Columbia University e ora lavora alla Ibm in Germania. Sono stati bravissimi, io non mi sarei mai potuto permettere di farli studiare in università così prestigiose, in cui la retta di un anno era superiore al mio stipendio, ma loro lo hanno fatto chiedendo un prestito in banca e restituendolo in pochissimo tempo». Così quando è rimasto vedovo ed è arrivato il giorno della pensione si è trovato completamente solo: «Tra me e i figli e nipoti c’erano due oceani, sentivo un vuoto pazzesco. Un amico, per provare a tirarmi fuori da casa, mi ha chiesto se volessi andare con lui al bridge, io ho pensato al ponte, al George Washington Bridge, quello che collega il New Jersey con Manhattan, e non capivo che senso avesse. Lui si è messo a ridere e mi ha spiegato che era un gioco di carte». In due anni Jack ha imparato così bene da diventare maestro professionista di bridge e si è trovato a giocare un torneo a Las Vegas in squadra contro Bill Gates: «Mi ha stupito molto, è un uomo davvero gentile e disponibile e mi ha stretto la mano quando l’ho battuto». Ma le carte non gli bastavano, quando tornava a casa si sentiva soffocare, aveva bisogno di cambiare aria. Così ha deciso di partire, il primo viaggio è stato di tre settimane: Norvegia, Finlandia e Svezia. Da quel momento non si sarebbe più fermato. Quest’anno, dopo la Sicilia, andrà con suo figlio una settimana sulla costa pacifica del Canada, in British Columbia, poi dopo l’estate tre settimane in Messico e prima di Natale in Costa Rica. «Posso permettermi di girare il mondo perché sono solo, faccio una vita semplice e non spreco soldi, questa camicia e questi jeans avranno trent’anni, e poi anche quando viaggio sto molto attento. La più grande stupidaggine è spendere per alberghi di lusso: in un hotel ci passerai al massimo otto ore, ci vai per dormire, e allora contano solo due cose, un letto comodo e pulito e l’acqua calda per fare una doccia. Tutto il resto è inutile: perché devo pagare centinaia di dollari per avere una camera di design con dei rubinetti di un artista famoso che a malapena guarderò per tre secondi? I soldi preferisco spenderli per andare in un ristorante o a fare un’escursione. I miei figli vorrebbero aiutarmi economicamente ma non ne ho bisogno, allora mi dicono che non vogliono trovare nulla nel mio testamento, deve essere vuoto: “Papà spendi tutto, goditi la vita”».
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Il sito archeologico di Machu Picchu, in Perù, secondo Jack il posto più bello del mondo
Non posso non fargli la domanda che gli fanno tutti: qual è il posto più bello che ha visto nel mondo? «Sono tantissimi e ci sono luoghi meravigliosi in ogni Paese, ma se proprio devo scegliere rispondo: Machu Picchu, in Perù. Più dei posti e delle architetture a me piacciono le storie delle civiltà, i misteri, le atmosfere. E quel sito archeologico abbandonato in cima alle montagne a 3000 metri di altezza è l’emozione più potente che abbia incontrato nei miei viaggi. Qualcosa di simile l’ho provato solo a Petra, in Giordania, un luogo fuori dal tempo e dallo spazio». E quello che ancora vuole vedere? «Il mio sogno sono i parchi africani, quelli che stanno tra Kenya e Tanzania, forse ci andrò nel 2024, per il mio compleanno dei 79. Mi sono lasciato una delle cose più belle alla fine. Penso anche spesso a dove andrei se decidessi di lasciare gli Stati Uniti e sono indeciso tra Irlanda e Nuova Zelanda». Perché l’Irlanda? «Per i suoi spazi verdi, i suoi abitanti e la birra. Amo la birra scura Guinness e ho una mia piccola tradizione: in ogni Paese che visito, prima di ripartire, cerco un pub irlandese dove farmi una pinta». Lo guardo e non dimostra assolutamente i suoi anni, glielo dico e mi interrompe: «Sai cosa mi tiene giovane? Un Gin Martini ogni sera dopo cena».
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Il selfie che ho scattato insieme a Jack prima che il nostro aereo atterrasse
La cosa che gli piace meno dei suoi viaggi sono i voli aerei: «Mi annoio tanto, non mi piace guardare i film e purtroppo quasi tutte le compagnie hanno tolto il solitario di carte dagli schermi. Allora ripulisco il telefono dalle foto che ho scattato». Mi racconta che ne fa pochissime e poi ne cancella la maggior parte: «Tengo solo quelle davvero più significative, non più di una ventina per viaggio. Se tu vai in un posto e cominci a fare le foto con il telefono sprechi il tuo tempo e non ti godi il momento, non ti metti in sintonia con il luogo e l’atmosfera. Preferisco vedere, immergermi nelle cose e emozionarmi. Mi tengo le immagini più belle nella testa e nel cuore. Dio mi ha regalato la memoria, devi tenere i ricordi vivi dentro di te. Se io penso a mia figlia a quattro anni, non ho bisogno di andare a cercare dentro un album, un computer o un telefono, mi basta chiudere gli occhi e me la vedo davanti bambina. Allora mi sento felice». Stiamo per atterrare e gli chiedo se possiamo fare un selfie, mi dice che non li fa mai e non accetta di farli con degli sconosciuti: «Chi mi garantisce che tu non sia un truffatore o magari un trafficante di droga? Ma lo faccio volentieri perché la risposta ce l’ho: un narcotrafficante non sarebbe stato un’ora ad ascoltarmi e non mi avrebbe mai chiesto cosa abbia di così speciale Machu Picchu».
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maref-pics · 2 years
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Una delle prime foto dell'anno, fatta esattamente l' 1\01\23. Durante una passeggiata in quel di Santo Stefano al Mare, dove ero andata con la mia famiglia per trascorrere qualche giorno, mi sono imbattuta in questo tronco. Appena l ho visto mi sono detta ridendo "mi piego ma non mi spezzo" e ho scattato. . Non immaginavo che 2 giorni dopo mi sarei bloccata. Eh già. . Il 2022 è stato un anno davvero difficile, molto duro, a tratti triste e doloroso. Ho perso del lavoro, sono mancate persone a cui ero molto legata o ero stata legata in passato, persone conosciute sotto casa portando fuori i miei 2 pelosetti e con cui chiacchieravo del più e del meno. Ho perso amicizie solo per avere idee diverse (io non ho mai condannato né giudicato chi non la pensava come me, ci mancherebbe ma il mondo è cambiato). . Il 2023 è iniziato bene si.....ma soltanto i primi 2 giorni. Al terzo giorno....noooo non sono resuscitata, mi sono bloccata. Una forte cruralgia questa volta alla gamba destra (e mica poteva essere da meno della sinistra) mi ha fatto vedere le stelle anche a mezzogiorno e con il cielo nuvoloso. Cosi ho trascorso la mia mini vacanzina in camper senza più mettere il naso fuori. . E allora mi è venuto in mente quel tronco, una foto bruttarella lo so, ma per me rappresentativa. "MI PIEGO MA NON MI SPEZZO" che è un po' il motto della mia vita. . L'anno che è appena iniziato mi ha già messo alla prova, ma non ha capito con chi ha a che fare. Anzi, mi ha dato uno stimolo in più per cercare di realizzare quei progetti che ho sino ad ora preso con troppa calma, mi ha dato la spinta ad affrontare le prove che si presenteranno con più determinazione e coraggio, mi ha dato la consapevolezza si proprio la consapevolezza che io valgo e non sono meno degli altri ma devo solo tirare fuori le unghie (anche se mi piace tenerle corte) e farmi valere. . A noi due 2023. [MF] . . . #mythoughts #mylife #lamiavita #lifelessons #life #MariaFotiphotography https://www.instagram.com/p/CnK7HvDtsj0/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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corallorosso · 3 years
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“Ragazzi scuoiati vivi, bambine abusate. Io piango e vomito”… – Sacchi pieni di morti, ragazzini scuoiati vivi, bimbi morti di fame, e le donne tutte violentate. Difficile persino riconoscere questi corpi: molti non hanno più nemmeno le impronte digitali. Questi sono i “pazienti” del dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, che da decenni ormai accoglie i migranti stremati dalla traversata, quelli vivi e quelli morti. Il racconto di quanto ha vissuto nei suoi anni di servizio lo ha fatto Virginia Di Vivo, una studentessa di Medicina dell’Università di Modena. Questo il suo post su Facebook. “Mi reco molto assonnata al congresso più inflazionato della mia carriera universitaria, conscia che probabilmente mi addormenterò nelle file alte dell’aula magna. Mi siedo, leggo la scaletta, la seconda voce è “sanità pubblica e immigrazione: il diritto fondamentale alla tutela della salute”. Inevitabilmente penso “e che do bali”. Accendo Pokémon Go, che sono sopra una palestra della squadra blu. Mi accingo a conquistarla per i rossi. Comincia a parlare il tale Dottor Pietro Bartolo, che io non so chi sia. Non me ne curo. Ero lì che tentavo di catturare un bulbasaur e sento la sua voce in sottofondo: non parla di epidemiologia, di eziologia, non si concentra sui dati statistici di chissà quale sindrome di lallallà. Parla di persone. Continua a dire “persone come noi”. Decido di ascoltare lui con un orecchio e bulbasaur con l’altro. Bartolo racconta che sta lì, a Lampedusa, ha curato 350mila persone, che c’è una cosa che odia, cioè fare l’ispezione cadaverica. Che molti non hanno più le impronte digitali. E lui deve prelevare dita, coste, orecchie. Lo racconta: “Le donne? Sono tutte state violentate. TUTTE. Arrivano spesso incinte. Quelle che non sono incinte non lo sono non perché non sono state violentate, non lo sono perché i trafficanti hanno somministrato loro in dosi discutibili un cocktail estroprogestinico, così da essere violentate davanti a tutti, per umiliarle. Senza rischi, che le donne incinte sul mercato della prostituzione non fruttano”. Mi perplimo”. A quel punto la studentessa si domanda: “Ma non era un congresso ad argomento clinico? Dove sono le terapie? Perché la voce di un internista non mi sta annoiando con la metanalisi sull’utilizzo della sticazzitina tetrasolfata? Decido di mollare bulbasaur, un secondino, poi torno Bulba, devo capire cosa sta dicendo questo qua. “Su questi barconi gli uomini si mettono tutti sul bordo, come una catena umana, per proteggere le donne, i bambini e gli anziani all’interno, dal freddo e dall’acqua. Sono famiglie. Famiglie come le nostre”. Mostra una foto, vista e rivista, ma lui non è retorico, non è formale. È fuori da ogni schema politically correct, fuori da ogni comfort zone. “Una notte mi hanno chiamato: erano sbarcati due gommoni, dovevo andare a prestare soccorso. Ho visitato tutti, non avevano le malattie che qualcuno dice essere portate qui da loro. Avevano le malattie che potrebbe avere chiunque. Che si curano con terapie banali. Innocue. Alcuni. Altri sono stati scuoiati vivi, per farli diventare bianchi. Questo ragazzo ad esempio”, mostra un’altra foto, tutt’altro che vista e rivista. Un giovane, che avrà avuto 15/16 anni, affettato dal ginocchio alla caviglia. Mi dimentico dei Pokémon. “Lui è sopravvissuto agli esperimenti immondi che gli hanno fatto. Suo fratello, invece, non ce l’ha fatta. Lui è morto per essere stato scuoiato vivo”. Metto il cellulare in tasca. ”Qualcuno mi dice di andare a guardare nella stiva, che non sarà un bello spettacolo. Così scendo, mi sembrava di camminare su dei cuscini. Accendo la torcia del mio telefono e mi trovo questo..”. Mostra un’altra foto. Sembrava una fossa comune. Corpi ammassati come barattoli di uomini senza vita. “Questa foto non è finta. L’ho fatta io. Ma non ve la mostrano nei telegiornali. Sono morti li, di asfissia. Quando li abbiamo puliti ho trovato alcuni di loro con pezzi di legno conficcati nelle mani, con le dita rotte. Cercavano di uscire. Avevano detto loro che siccome erano giovani, forti e agili rispetto agli altri, avrebbero fatto il viaggio nella stiva e poi, con facilità, sarebbero usciti a prendere aria presto. E invece no. Quando l’aria ha cominciato a mancare, hanno provato ad uscire dalla botola sul ponte, ma sono stati spinti giù a calci, a colpi in testa. Sapeste quanti ne ho trovati con fratture del cranio, dei denti. Sono uscito a vomitare e a piangere. Sapeste quanto ho pianto in 28 anni di servizio, voi non potete immaginare”. Ora non c’è nessuno in aula magna che non trattenga il fiato, in silenzio. “Ma ci sono anche cose belle, cose che ti fanno andare avanti. Una ragazza. Era in ipotermia profonda, in arresto cardiocircolatorio. Era morta. Non avevamo niente. Ho cominciato a massaggiarla. Per molto tempo. E all’improvviso l’ho ripresa. Aveva edema, di tutto. È stata ricoverata 40 giorni. Kebrat era il suo nome. È il suo nome. Vive in Svezia. È venuta a trovarmi dopo anni. Era incinta” ci mostra la foto del loro abbraccio”. Di Vivo spiega la preoccupazione di Bartolo: “La gente non capisce. C’è qualcuno che ha parlato di razza pura. Ma la razza pura è soggetta a più malattie. Noi contaminandoci diventiamo più forti, più resistenti. E l’economia? Queste persone, lavorando, hanno portato miliardi nelle casse dell’Europa. E io aggiungo che ci hanno arricchito con tante culture. A Lampedusa abbiamo tutti i cognomi del mondo e viviamo benissimo. Ci sono razze migliori di altre, dicono. Si, rispondo io. Loro sono migliori. Migliori di voi che asserite questo”. Fa partire un video e descrive: “Questo è un parto su una barca. La donna era in condizioni pietose, sdraiata per terra. Ho chiesto ai ragazzi un filo da pesca, per tagliare il cordone. Ma loro giustamente mi hanno risposto “non siamo pescatori”. Mi hanno dato un coltello da cucina. Quella donna non ha detto bau. Mi sono tolto il laccio delle scarpe per chiudere il cordone ombelicale, vedete? Lei mi ringraziava, era nera, nera come il carbone. Suo figlio invece era bianchissimo. Si perché loro sono bianchi quando nascono, poi si inscuriscono dopo una decina di giorni. E che problema c’è, dico io, se nascono bianchi e poi diventano neri? Ha chiamato suo figlio Pietro. Quanti Pietri ci sono in giro!”. Sorridiamo tutti. “Quest’altra donna, invece, è arrivata in condizioni vergognose, era stata violentata, paralizzata dalla vita in giù… Era incinta. Le si erano rotte le acque 48 ore prima. Ma sulla barca non aveva avuto lo spazio per aprire le gambe. Usciva liquido amniotico, verde, grande sofferenza fetale. Con lei una bambina, anche lei violentata, aveva 4 anni. Aveva un rotolo di soldi nascosto nella vagina. E si prendeva cura della sua mamma. Tanto che quando cercavo di mettere le flebo alla mamma lei mi aggrediva. Chissà cosa aveva visto. Le ho dato dei biscotti. Lei non li ha mangiati. Li ha sbriciolati e ci imboccava la mamma. Alla fine le ho dato un giocattolo. Perché ci arrivano una montagna di giocattoli, perché la gente buona c’è. Ma quella bimba non l’ha voluto. Non era più una bambina ormai.” (…) “Ci mostra un altro video. Dei sommozzatori estraggono da una barca in fondo al mare dei corpi esanimi. “Non sono manichini” ci dice. Il video prosegue. Un uomo tira fuori dall’acqua un corpicino. Piccolo. Senza vita. Indossava un pantaloncino rosso. “Quel bambino è il mio incubo. Io non lo scorderò mai”. Non riesco più a trattenere le lacrime. E il rumore di tutti coloro che, alternandosi in aula, come me, hanno dovuto soffiarsi il naso. “E questo è il risultato” ci mostra l’ennesima foto. “368 morti. Ma 367 bare. Si. Perché in una c’è una mamma, arrivata morta, col suo bambino ancora attaccato al cordone ombelicale. Sono arrivati insieme. Non abbiamo voluto separarli, volevamo che rimanessero insieme, per l’eternità”. Il post si conclude con le parole della Di Vivo: “Penso che possa bastare così. E questo è un estratto. Si, perché il Dottor Bartolo ha parlato per un’ora. Gli altri relatori hanno lasciato a lui il loro tempo. Nessuno ha osato interromperlo. E quando ha finito tutti noi, studenti, medici e professori, ci siamo alzati in piedi e abbiamo applaudito, per lunghi minuti. E basta. Lui non ha bisogno di aiuto, “non venite a Lampedusa ad aiutarci, ce l’abbiamo sempre fatta da soli noi lampedusani. Se non siete medici, se non sapete fare nulla e volete aiutare, andate a raccontare quello che avete sentito qui, fate sapere cosa succede a coloro che dicono che c’è l’invasione. Ma che invasione!”… (ninofezzacinereporter)
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gcorvetti · 1 year
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Lunedì di fuoco.
Sembrava che questa estate fosse più finlandese visto che pioveva spesso e di giornate calde tipiche estive non cer ne sarebbero state, invece tra l'umido di ieri e il caldo di oggi sembra che la bella stagione voglia farsi perdonare, speriamo che non sono i classici due giorni belli e poi dieci di pioggia e freddo, l'estate deve essere estate anche se qua non c'è il mare, cosa che mi porta una tristezza infinita. Ma non importa perché ho comunque molte cose da fare e non sto a bighellonare o a cercare scuse le devo fare. Leggendo le notizie, più o meno sempre quelle, leggo che un tale Angelo Duro che di mestiere fa il comico ha imbrattato i suoi stessi cartelloni pubblicitari, quelli del suo spettacolo, a Taormina dove si esibirà questa sera niente poco di meno che al Teatro Antico, quella meraviglia costruita dai greci con scenografia naturale dell'Etna. Ricordo che sto tizio era all'ultimo sanremo come ospite e tanti lo applaudivano online, pensai mai sentito nominare vediamo cosa dice per fare ridere, lo cerco e con mio stupore vedo che oltre a non fare ridere, se lui è un comico io sono Buster Keaton, è un cretino che dice solo brutte parole e ha dei monologhi terrificanti che i miei temi delle medie erano scritti meglio. Li per li, ai tempi del festival, pensai "Va bè tanto il festival è oramai un baraccone di saltimbanchi e nulla a che fare con la musica" ma dimenticai che è comunque una piattaforma mediatica potente, ma sto idiota non pensavo avesse ancora spazio, ripeto se questa è la comicità che vi fa ridere c'è un grosso problema, senza fare nomi ma penso che parecchi comici del passato vorrebbero uscire dalle tombe e prendere sto idiota a calci nel culo. Siamo alla frutta, direbbe qualcuno, no, dico io, stiamo andando verso Idiocrazy su un piano inclinato, nei tempi che viviamo è semplice andare da un qualsiasi social alla tv o sui giornali come fenomeno del momento o nuovo fenomeno perché è una questione di numeri, fai 47836875103847305 visualizzazioni e quindi sei popolare, magari per quei famosi 15 minuti di cui Andy parlava, aveva ragione, perché magari nel video che diventa virale dai il massimo di te, hai il tuo top, il tuo momento magico dove riesci ad esprimerti al meglio, ma se sei un coglione resti un coglione, come quel tizio. Semplicemente direi a Cateno, sindaco di Taormina, di non fare esibire sto stronzo e bloccargli lo spettacolo, una cazzata i politici riescono sempre a tirarla fuori in ogni occasione.
Cambiando discorso, ieri ho visto Il ritorno di Casanova ultimo film di Salvatores, una storia che profuma di tempi che passano, Gabriele è un grande regista e come sempre conferma questa mia frase, mi è piaciuto molto, l'intensità delle immagini e la bravura degli attori principali e dei secondari, Servillo-Bentivoglio ho detto tutto, da al film quell'impatto emotivo che elimina anche i dialoghi intensi che alcune pellicole mettono in risalto per raccontare allo spettatore una storia che si cela dietro tutto il film, dando a chi guarda la possibilità di riflettere sui temi che affronta la pellicola. Bello molto bello, l'ho già detto? Guardatelo, vi metto il trailer.
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nottinsonni · 3 years
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sono entrata in cerca di qualche foto ma visto che ho stranamente un sacco di domande (un sacco si fa per dire, è che sono abituata a zero) vi faccio un po' sapere come sta andando la mia vita da quando ho smollato certi social (con lo scopo di dedicarmi a determinate cose che ultimamente stavo trascurando)
sono tornata a leggere tanto! mi alzo alle sei e la prima cosa che voglio fare è leggere fuori! negli ultimi anni ero passata dal leggere un libro ogni due giorni al leggere un libro ogni due mesi. invece, nell'ultimo mese, ho letto e recensito tre libri #proud !!
sono tornata in terapia. la nuova psicologa è molto carina. è giunta alla conclusione che il mio inconscio abbia innalzato un muro per fermarmi dall'eccellere nelle cose in cui sono brava e perseguire i miei obiettivi. voglia matta di menare questo inconscio, ma lei dice che insieme cercheremo di capire il Perchè di questa cosa!
un anno fa tornavo a vivere da mia madre terrorizzata perchè qui non conosco nessuno. adesso ho una vita sociale così piena che a volte devo supplicare la mia amica di non fare piani per la giornata dopo perchè la mia barra della socializzazione si è quasi svuotata. paradossalmente sono anche sempre l'anima della serata e questo mi porta ogni sera a conoscere e parlare con persone nuove. chi l'avrebbe mai detto? poi la mia amica canta e sono ormai la sua manager, praticamente. però mi becco tutte le serate in cui canta accompagnata dalla sua band che ADORO. più di lei. ma non lo deve sapere.
sono tornata a scrivere? si e no. uno dei motivi principali della mia pausa era quello. e sto scrivendo. ma tanti prompts. niente di mio. ancora non ho deciso quale dei miei tre progetti portare avanti e provare a rendere un libro.
sto suonando tanto. prima o poi provo anche a fare un video ma ho imparato come una dodicenne l'intera discografia di olivia rodrigo per la kalimba. sto rivivendo i miei anni pop punk.
ho ritrovato il piacere di studiare! sto studiando di nuovo qualche esame che ho già dato qualche anno fa quando non ero al massimo della mia persona, giusto per far mente locale su fatti che dal mio cervello sono effettivamente scomparsi.
mamma mi ha fatto una bellissima sorpresa e mi ha comprato dei pattini come regalo in anticipo per il compleanno. purtroppo sono solo degli impala di cui sento tutti i difetti quando li ho addosso (e per cui lancio tante bestemmie perchè CHI ha pensato di mettere il freno così giù? fortuna che ricordo ancora come frenare correttamente e non lo uso per frenare come farebbe un principiante altrimenti probabilmente sarei morta)
togliere twitter ha tolto un po' di negatività dal mio animo. essendo una persona MOLTO opinionated ogni giorno mi facevo il sangue acido per qualche drama in voga in italia, quindi meglio così. accedo ogni tanto dal pc giusto per vedere se c'è qualcosa di cui vale la pena informarmi.
tra una settimana faccio la terza e ultima (dopo tre mesi, si, un'odissea) visita con l'odontotecnico che mi dirà che apparecchio devo mettere e quanto costa, così che io e mamma decideremo se è una cosa che possiamo fare o meno.
stranamente ho voglia di andare al mare quest'anno ma che non si dica troppo in giro!!!
il blog che ho creato va super bene - anche se cerco altra gente che possa recensire per me - e recensire libri mi mette tanta gioia!
fisicamente potrei stare meglio ma sono anemica con la pressione a terra e vivo in puglia. niente da aggiungere.
a breve farò sviluppare il primo rullino della mia nuova macchinetta - nuova si fa per dire perchè è dei nonni, ritrovamento storico che apparentemente però vale più dell'analogica di mamma che è una samsung con lo zoom automatico - e sono felicissima perchè ho tanto da scattare finalmente.
ah!! mi sono fatta il vaccino ♡
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mudimbi · 3 years
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LA MIA SECONDA PRIMA VOLTA
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Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
È passato così tanto tempo che non ricordo nemmeno più come ci si agita. Credo di esserlo un po', ma forse non abbastanza.
Non manca tanto allo spettacolo. Non so. Due ore, Forse tre. Credo quattro.
Le prove sono andate così così, nel senso che sono andate bene credo, ma anche quelle non mi ricordo più com'è che andavano una volta. Ricordo che non gli davo nemmeno peso "tanto lo so come si fa, figurati se mi servono le prove". Oggi non mi ricordo nemmeno più come si fanno le prove. Dovrei stare attento ai volumi? Mi sento troppo? Mi sento troppo poco? Ci sono le spie, ma io non canto più con le spie non so da quanto. Usavo gli in-ear. Gli in-ear mi hanno rammollito. Sono un viziatelo da in-ear. Sta a guardare. No, ora dimostro a me stesso che sono ancora quello tosto di una volta, che cantava nei rave sotto cassa, nelle serate d'n'b gonfio di droga o nelle dancehall in spiaggia ubriaco e fumato. Sono sempre io. Ce la facevo una volta, ce la faccio ancora. Spero.
"Pier mi puoi alzare solo un po' la voce in spia?"
"Purtroppo no, perché dalle spie esce quello che esce anche fuori e se alzo la voce a te la alzo anche al pubblico."
"Ah."
Sono fottuto.
Sono fottuto.
Sono in un mare di merda.
Già non so se mi ricordo i testi. Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Credo fosse l'estate del 2018. Cristo è dal 2018 che non tengo un microfono in mano?! Ma com'è possibile?! Ma che sono stato criogenizzato per tutto questo tempo?!
E poi io la maggior parte delle canzoni che canterò stasera non le ho mai cantate proprio se non quando le ho registrare, due anni fa. Sono fottuto, lo sento.
Sono due settimane che le canto tutti i giorni e tutti i giorni sbaglio qualcosa. Le ho cantante anche un paio d'ore fa, in camera. Stavolta mi sono anche mosso un po' per vedere se mi reggeva anche il fiato mentre mi muovevo. Risultato? Sono in un mare di merda. Avrei dovuto farmela qualche corsetta. Non sono più il ghepardo di una volta. Fottuto divano. Fottuto lockdown. Fottuto io più che altro.
E poi sono un po' preoccupato per i testi. Perché questo non è il mio pubblico. A proposito:
"Ste ma che tipo di pubblico c'è stasera?"
"Vario."
"Ah."
Che cazzo vuol dire vario? Sicuro che al primo "troia" che dico mi arriva una shitstorm di proporzioni bibliche. Però con Gio abbiamo rivisto la scaletta. Credo che così qualche speranza di salvarmi ce l'ho. Iniziare con Ballo era decisamente troppo hardcore. La mia idea era entrare a gamba tesa, ma non sapevo che prima di me ci sarebbe stato uno spettacolo di burlesque. Entrare in scena dopo due ore di burlesque con un "Tra te e la tua amica non so chi è più troia. Girate in due tu succhi lei ingoia." a un non so che di terroristico. Io non faccio musica per questo. Meglio entrare con Il mago. Così mi scambiano per un bravo ragazzo.
Quanto manca?
Un'ora.
Diciamo un'ora.
Bello il burlesque, non l'avevo mai visto.
Sono agitato? Non capisco se sono agitato o meno. Sta a guardare che cinque minuti prima di salire sul palco mi viene il cagotto. Sicuro. Matematico.
Però ho voglia di salire sul palco. Sì, mi sa che ho voglia. Vorrei salire ora. Però ora sul palco c'è Gonzalo completamente nudo con palle e pisello in un sacchetto tempestato di paillettes. Forse aspetto a salire.
Ma non manca molto.
Sento che da un momento all'altro inizio ad agitarmi. Che tra l'altro avrei anche ragione a farlo. Mi agitavo prima quando ero in tour da tre anni, provavo in continuazione le mie canzoni, cantavo con gli in-ear, avevo un...microfono radio! Cazzo non hanno il microfono radio! Glielo avevo anche chiesto! È l'unica cosa che avevo chiesto. Non canto con il microfono a filo dal 2013. Sicuro che con quel filo mi lego per le caviglie come un agnellino. Sicuro. Una volta l'ho strappato con i piedi mentre saltavo sul palco. Che giovane. Che energia. Ok devo ricordarmi di muovermi poco per due motivi: il fiato e il cavo. Ok. Ma se non mi muovo che cazzo faccio? Magari canto.
"Mudimbi!"
Che è?! Ah devo salire. Cazzo, mi sono scordato di agitarmi. Merda. Partiamo male.
Ecco il microfono col cavo. Che bello, mi ci posso impiccare. Ora dico qualcosa di simpatico.
Fatto.
Vabbè cantiamo.
Il mago la so abbastanza dai. Sarà che l'ho cantata sul peggiore, nel senso di ansia, dei palchi. Direi che su questa sono a prova di bomba. Dai sto andando bene, anche il fiato regge. Si alla fine ho fatto bene a cambiare la scaletta. Ballo è complicata anche a livello di fiato, oltre al fatto che non l'ho mai cantata prima in pubblico. Il mago è il migliore dei rodaggi. Ah ok, questo è il buco strumentale dopo il secondo ritornello. Faccio il balletto. Mi sento un coglione. Madonna mi sembro un ciocco di legno. Che schifo. Mi dispiace che sta gente abbia pagato per vedere sta roba. Vabbè. Devo cantare lo special adesso. Comunque dai, è quasi finita. Intendo questa canzone. Alla fine la prima ce la siamo quasi tolta.
"...il mago, c'est moi!"
Finita.
Mo che cazzo dico?
Improvviso.
Meglio se improvviso che quando mi preparo le cose sembro ancora più legnoso di quanto già non mi senta.
Comunque gli devo far capire che le cose che dico non vanno prese alla lettera. Per forza, glielo devo far capire, che sennò entro domani finisco a testa in giù su una croce. Simpatia. La butto sulla simpatia e sul non prendermi troppo sul serio che io sto qua a cantare canzoni mica a fare un comizio.
Simpatia...simpatia...
Chissà se gli sto rimanendo simpatico? Secondo me invece gli sto andando più sul cazzo che altro. Fammi cantare va.
"Muoviti muoviti come se nessuno qui guardasse te."
Cazzo questa è tosta. Parte in extra-beat. E io non so manco se mi basta la saliva che c'ho in bocca. Alla fine de Il mago mi si stava attaccando il labbro superiore alla gengiva tanto mi si era seccata la bocca dall'agitazione. Devo ricordarmi di bere.
Oh ce l'ho fatta. Ho fatto l'extra-beat. E non è stato manco na merda dopotutto. Dai che un po' ho capito come regolarmi con queste spie. Però mi sento sempre un ciocco di legno. Ma com'è che facevo prima? Mi ricordo che ero così agile, così sciolto. Bò.
È già finita?
Cazzo.
Quindi adesso Ballo.
Faccio una premessa? Non la faccio? La faccio breve che le premesse mi stanno sempre sul cazzo, sembra che ti stai a giustificà quando nessuno t'ha ancora detto niente. E che c'hai la coda di paglia?
Ok vado. La canto.
"..........................troia..........................."
Nessuna m'ha tirato una scarpa.
Forse non l'hanno sentito.
Effettivamente l'ho detto veloce.
Vabbè mejo così.
"......ma non è colpa mia se sei una vacca quella non è una vulva è una baracca..."
Aridaje.
Ma che c'avevo quando ho scritto sta canzone? Perché io lo so il significato che sta dietro alle parole che uso, ma davanti a un pubblico che non conosco, dopo quasi tre anni, un po' di ansia che all'improvviso parta un plotone della morte per asfaltarmi mi viene.
".......mi avvicino alla vecchia puttana..."
Ho finito!
Basta. Ce la siamo tolta dal cazzo.
Madonna.
Però sono vivo. Senza segni di percosse. E la gente? La gente era presa bene. Non li vedo tutti perché c'ho i fari puntati al centro delle pupille che anche se mi muovo mi seguono, ma ho percepito della presa a bene.
Dai.
Dove sono quei due ragazzi che mi sono venuti a salutare prima? Mi sa che mi avevano detto dove si sarebbero seduti ma forse l'ho dimenticato. Vabbè, meglio quello che i testi delle canzoni. Comunque mi ha fatto troppo piacere vedere che almeno due stronzi si ricordano di me e si sono fatti la sbatta di venirmi a vedere stasera. Chissà se l'hanno capito che ero veramente felice e anche un po' imbarazzato? Magari avranno pensato che recitassi, il finto cordiale. Sono contento che almeno loro due siano venuti per me stasera.
"Supercalifrigida!"
Questa me la canto davvero da Dio. Bé la canto da quando avevo diciott'anni, se non canto bene questa non canto bene niente. Il fiato c'è. Non mi devo nemmeno muovere troppo, perché questa mi piace cantarla stando abbastanza sul posto. Granitico. La canto da paura. Quanto gli voglio bene a questa canzone. È stata la mia croce e la mia fortuna. Al mio funerale suonate questa per favore. Ma poi, posso dirlo? La canto molto meglio adesso che quando l'ho registrata. Senti che voce che ho adesso. Riesco a tenere un timbro molto più basso, senti come vibra. Quando l'ho registrata c'avevo na voce di uno a cui non sono ancora scese le palle. Forse la devo ri-registrare va.
"...ma siccome tutte le cose belle finisco, siamo già arrivati all'ultima canzone."
Ammazza, già è l'ultima.
Qua mi devo impegnare. El Matador è complicata. Devo fa un sacco di voci diverse. Non so se me le ricorde tutte. Vabbè mo qualcosa m'invento. Oh, comunque alla fine sbaglio sbaglio, mica ho sbagliato così tanto. Sì giusto 2 parole mangiate, ma tanto la gente mica sta a sentì a me, figurati.
Ok vado.
"Sono il più amato dai poveri. Apro ricoveri. Regalo vestiti Coveri."
Dinamicità fratello, dinamicità. Qua ti devi muovere. Ma non mi ricordo come si fa cazzo. Quando torno a casa mi guardo due tutorial di danza.
Aspetta, qui mi ero preparato un passo.
Eccolo.
No.
Non lo sto facendo come me l'ero preparato.
Vaffanculo Michel.
Ok, tra un po' c'è un altro momento identico. Ci posso riprovare.
Eccolo.
Vai.
Lo sto a fa uguale a prima porca di una troia puttana.
Vabbè a casa me lo provo.
Tanto loro non lo sanno che volevo fare un'altra cosa, quindi tranquillo.
Finito.
Non ci sto a capì un cazzo.
Ma com'è andata?
Già che non ho sentito un vaffanculo per me è stato un successo.
"Bis!"
Che ha detto?
"Bis!"
Ma sai che ti dico? Ma chi cazzo se ne frega, stasera vale tutto. So arrivato vivo fino a qua. Famo il primo bis della mia vita.
Supercalifrigida.
Che bellezza. Non avevo mai fatto un bis. È una bella sensazione. È bello vedere che la gente non vuole farti scendere dal palco. Forse non ho fatto così schifo come penso. Che poi non penso di aver fatto schifo. Sicuramente sono stato sottotono per i miei standard. Ma è pure passato del tempo. E c'ho pure n'età.
"Grazie!"
E adesso che succede?
Devo scendere dal palco, ok. Ma dopo?
Mi spaventa questa parte.
Scendere dal palco è sempre un momento decisivo. Più che salirci. Parlo per me almeno.
Scendo pieno d'adrenalina. Pieno di entusiasmo. Pieno di speranza.
Speranza in cosa? In qualcuno che mi dica "Cazzo sei stato bravissimo! Hai spaccato!". Perché io sono il primo a dire che dei complimenti non me ne frega niente, ma solo finché me li fanno.
Comunque ora vedremo.
Spero che vado bene.
Spero davvero che vada bene.
Sono agitato? Forse.
Sì, credo di sì.
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ilmerlomaschio · 3 years
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rossoscarlatto.net
Tatuata
"Allora hai deciso..."
"Sì".
"E se poi ti stancassi ? Volessi levarlo ? Non ti piacesse più..."
"Non credo...e in ogni modo, lo sai, non do peso al mio corpo, non mi guardo allo specchio..., non m'importa cosa ne penserò domani o fra vent'anni, ho solo bisogno di un segno..."
"Un segno...?"
"Devo segnare questo tempo...ricordarlo..."
"Ricordarlo ? Puoi farlo comunque...perché sulla pelle ?"
"Definitivo..., questa fuga non è con la testa nel sacco, so che sto fuggendo e da cosa..."
"Tu hai troppi uomini..."
"In questo periodo ? Sì...sempre... quando sono così..."
"Tu li usi..."
"E loro usano me...normale...".
"Non sei innamorata, è vero...?"
"Ho bisogno di sogni, lunghissimi, interminabili..."
.................
Ore 16.35. Sono in anticipo.
"Ciao..."
"Ho appuntamento alle 17.00..., posso aspettare ?"
"Accomodati, lui è di là...nel frattempo puoi guardare i cataloghi, hai già un'idea ?"
"No. Nessuna."
Il divanetto è molto piccolo, e davanti una tendina trasparente, nera su un vetro. Dietro intravedo un'ombra. E un rumore, quasi un ronzio. Forte, insistente. Che cosa succede di là ? Nessuno parla...solo il ronzio.
Sfoglio le pagine piene di simboli scuri, linee, curve, punte, e piccoli totem, simbologie di mondi passati, qualche animale, e piume, ali. Che fare ? Che tipo di segno sul mio povero polso ? Un sole ? Questo piccolo pesce ? Questa spirale appuntita ?
"Hai bisogno d'aiuto ?"
Lei è vestita di nero, come me. Al naso, sopracciglia, e labbro inferiore anelli e altri piccolissimi oggetti.
"Fra poco tocca a te... è quasi pronto..."
Arriva. E' qui vicino. Mi guarda. Lo guardo.
Alto. Magro abbastanza. Le maniche corte della maglietta blu, larga, scoprono ogni forma incisa, e incredibile, sulle sue braccia. E colori. Anelli ad ogni suo dito. E il viso. Rugoso, ma giovane, con occhi chiari e una bocca grande, non ben delineata. Senza barba.
"Ciao...che cosa posso fare per te...?"
Huuummm, che cosa puoi fare per me ?...devo dirtelo subito... o dopo?
"Credo che un occhio...forse...ma molto stilizzato...una forma semplice, pulita...non troppo grande..."
"Ok, vieni..."
Si muove piano e sparge in giro un po' del suo profumo di muschio. La sala degli orrori ora è davanti ai miei occhi. Arrivandoci senza sapere cos'è può essere scambiata per lo studio di un dentista. Ma la musica ovunque, e forte, i disegni alle pareti, le sue foto nudo con esibizione d'ogni piccola e grande opera d'arte, mi fanno sentire finalmente a casa.
"Siediti qui...vicino a me..."
Mi accomodo, un po' timorosa sulla poltroncina vicino al tavolo, dove lui sta disegnando il mio occhio. Con la matita su una velina trasparente.
"Così... ti piace ?"
"Sì.....va bene..."
Si alza. Più in là la poltrona da esecuzione, il patibolo, quasi un lettino, di pelle imbottita rossa. Mi allungo, e lui prende il mio polso. Non parla, e da un cassetto tira fuori un rasoio. In un attimo graffia via i pochi peli sul mio braccio fino alla mano. Io tremo, sono già spaventata.
"Posso... scappare... se...?"
"Scappare ? e dove...stai tranquilla... ci penso io... non sentirai male... non troppo...sopporterai...vedrai..."
La decalcomania ora è sul mio polso, bella disegnata, e blu.
"Ecco...questa è la giusta posizione... potranno vederlo bene, tutti..."
Comincio a sudare, la ghigliottina è lì davanti a me, e sta iniziando il suo ronzio terribile.
L'ago. Mio dio. L'ago.
Punge. Punge e colora la mia pelle. E lui preme, e striscia per seguire il tratto del suo disegno, il mio occhio.
Non voglio scappare. Sono immobile e senza respiro.
Il mio braccio sulla sua gamba, e lui curvato a tenerlo fermo. E incidere.
"Ti fa male...?"
La sua voce adesso è bassa, e lenta. Tutta la pelle del mio capo freme.
So che la mia spina dorsale sta iniziando a gioire. La sento.
Il piacere che sale dai miei fianchi sino alla nuca, e poi scende sino all'interno delle mie cosce.
Ancora immobile.
Ma con la mente sono già ad accarezzare la lampo dei suoi pantaloni, e tutta la meraviglia che gli sta sotto.
"Ti fa male...?"
Sì. Mi fa male. Tu sai che mi stai facendo male. E anche come.
Conosci il tipo di dolore che procuri alle tue vittime.
E sono certa che la tua erezione è già cominciata.
Non mi chiedi se voglio sospendere per un attimo. No. Non lo fai.
E io non vorrei. Non devi fermarti, ora. Non più.
Che bello. E' bellissimo. Non potevo immaginarlo, sai ? Proprio non ne avevo sospetto.
Il segno che lasci sulla mia pelle vergine, è il tuo segno.
Il passaggio di te, su di me.
Molto più di una prima penetrazione. Altro tipo di verginità persa.
Quella di un angolo della mia testa, che ti lascia entrare dentro di me, e modificare il mio corpo.
Perché ho sempre sfuggito ogni mostra di body art ?
Stupida. Molto stupida. Ora capisco il piacere infinito.
E ne sto vivendo solo una piccola goccia.
E il senso di potere. Gigantesco. Voglio coprire il mio corpo di segni. Non smettere mai.
Aaaahhh... il tuo ago...come spinge... e striscia....e colora...
Ancora. Non fermarti. Non smettere mai. Fammi bruciare, ancora.
E incidi. Segnami. E segnami ancora...
"Ancora... un po' di grigio...qui...è troppo vuota...questa forma..."
Sì...ancora. Grigio...azzurro...rosso...verde....Tutti i colori che vuoi. Riempi i miei pori. Senti che vuoti ? Senti che voglia di essere pieni... di te... e dei tuoi colori...?
Perché non mi tagli, ora ? Potresti...sai ? Non scapperei. No.
Qualsiasi lama nelle tue mani.
Oltre ogni pene, oltre ogni lingua e ogni mano.
Potresti farmi scoppiare, sai ? E sono già molto vicina. E la schiena mi trema.
E le gambe sono spalancate sai? Senti come sono bagnata ?
Allagata. Per te.
Potresti tirare fuori il tuo pene mentre continua il ronzio ?
Oppure allungare la tua terza mano, quella con le dita sensibili, e infilarmele tutte, una per una, e riempirmi ? Le sento già tutte dentro di me. Vuoi farmi venire ? Così ?
E allora anche la tua lingua. Ti prego. Non risparmiarti. Dammi tutto di te.
Lo prenderei, sai ? Il tuo tutto, e anche di più...
Ma...non hai ancora finito ? Allora anche tu non vuoi smettere. Ti piace.
Allora... sei sadico... è per questo che il tuo pantalone è così gonfio, qui proprio davanti a me ? E io sono masochista ? non so... Ma che piacere sottile... e inciso sulla mia pelle...
"Ti rifaccio questa riga... perché..."
Perché ? Hai capito quanto mi piace ? Grazie. Sei buono. Continua allora. Forse riesci a farmi venire. Mi piacerebbe sai ? Cosa direbbero quelli di là, che stanno aspettando, se ad un tratto oltre al ronzio del tuo ago, sentissero anche l'urlo ? Il mio urlo, quello più forte, e lungo. Quello che stai costruendo sulla pelle del mio povero polso. Lo vuoi ? Vuoi sentire il mio urlo ? E poi che faresti ? Lasceresti ogni cosa...? Smetteresti... per allargare le mie gambe ancora di più ? E affonderesti dentro di me ? Lo vorresti ? O forse è già troppo il piacere che senti nella tua mente mentre mi incidi... incidi il tuo segno su di me ?
"Ti piace ?"
"Sì...è bellissimo...sei stato bravo"
"Posso fotografarti ?"
Puoi fare quello che vuoi, lo sai.
Sei il mio cavaliere, ora... il cavaliere degli aghi.
E asciugami ora. Non posso uscire da qui, tutta bagnata.
"Torna, per ogni eventuale... io sono sempre qui...".
Sono troppo bagnata. Aspetta. Non mandarmi via, adesso, solo perché c'è qualcuno che deve entrare ora, e al mio posto.
"Ciao, ti aspetto allora..."
Esco. Ma piano. E i sogni sono ancora con me.
Sta piovendo una pioggia discreta, e non ho ombrelli da aprire.
Cosa faccio ? Vado subito in auto ? O forse è meglio camminare un po'. Sì magari sulla riva del mare. E' sempre bello in inverno, e con la pioggia tutto sembra più morbido.
La piccola ferita che brucia sotto la fasciatura... non stavo sognando, ora c'è un tatuaggio sul mio povero polso. Povero ? Superbo, come dice il mio amante migliore, "superba giornata amica mia".
E sono bagnata, è vero. E non solo di pioggia. Bagnata di me.
E ho voglia. La reprimo ? Perché...?
Ricordo una volta, da ragazzina...l'amore sulla spiaggia, sotto una barca capovolta. Era sera come ora. E le luci lontane da noi, passavano appena da sotto, giusto per farci vedere le nostre mani che si toccavano. E le risate. "Ci avrà visto qualcuno...? ...e se ci fosse qualcuno qui fuori...?" Nessuna paura allora. Ma adesso ? Mi infilerei sotto una barca capovolta per darmi piacere ? No. E non ci sono più le barche dei pescatori su questa spiaggia. Ora è un porto di lusso. Ma le panchine, quelle sì, ci sono.
Vado più in là, dopo l'ultimo lampione. Quella panchina isolata proprio vicino allo scoglio.
Eccola. Perfetta.
E la pioggia mi aiuta. Questa mano destra, così libera, che mi cerca. Se la lascio entrare sotto lo slip, potrà aiutarmi ? Sì. Penso di sì. Di solito è il mio letto il posto migliore, e meglio sotto il piumone d'inverno. Posso allargare le gambe nude e sentirmi tutta. Riconoscere ogni pelo, e bagnarmi le dita di miele. Ma ora arrivo subito e soltanto alla mia clito. E' qui, proprio qui sotto, e già mi fa male. La scopro, la apro, nel punto più impazzito di tutto il mio corpo. Da lì è impossibile tornare indietro. Quando arrivo su quella punta di piccolo cazzo infuocato, la testa mi scoppia.
E allora, sì. Mi lascio scoppiare.
E' stata una bella giornata.
E qui la pioggia è diversa dal solito. Calda, caldissima tra le mie cosce.
Dedicato ad Alex Tatu, tatuante in Sanremo.
FalcoSirene
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girasoledivetro · 3 years
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La testa fa male e mi sei venuto in mente oggi.
Tu sei il ricordo che persiste nella mia mente e nel mio cuore per ciò che mi hai fatto provare,la leggerezza mista all'emozione ma anche perché resti il mio più grande dolore e no,non tanto per come è andata o per ciò che provavo ma per come mi sono comportata.
Non ti odio ma provo ancora rabbia verso di te. Provo rabbia per tutte quelle frasi che hai detto,colme di speranze guardandomi dritta negli occhi con i tuoi,con scaglie di marroni diversi mescolati come una tavolozza di colori mentre un artista sta dipingendo. Ricordo un frammento nello specifico *abbasso la musica per non coprilo*. Mi avevi chiesto di vederci dopo avermi lasciato nuovamente ed io non potevo certo dirti di no,quindi sono arrivata colma di speranze e mi sono seduta di fronte a te fingendomi incazzata e tu sei passato da quel tuo sguardo freddo ad un sorriso ed hai cambiato tono. Mi hanno costretto a sedermi su di te, nell'angolo di quel bar che ormai era nostro,quasi ti mettessi ad urlare quando ti dissi che non volevo alzarmi dalla mia sedia. Sei stato buffo ma lo volevo,volevo farti sudare appena prima di ricadere dentro te. Ricordo il tuo modo di accarezzarmi lentamente la schiena,il fissarmi occhi negli occhi mentre parlavi e ti fermavi con le labbra socchiuse e la lingua che premeva leggermente sul palato sorridendo. Mi hai chiesto se potevi fare una cazzata ed io che già sapevo ti ho risposto che se non lo avessi fatto tu lo avrei fatto io e così mi hai baciata.
L'altro ricordo così lucido che ho di te è stato quella mattina,sono arrivata a passo svelto ed il cuore già a pezzi.
Ti ho guardato qualche secondo,maglione a righe,jeans neri,le tue tipiche Vans nere dai lacci colori oliva,cappello nero che lasciava uscire i ricci e sigaretta in bocca.
La prima sigaretta che ti ho visto fumare davanti ai miei occhi.
Li,in quella strada che porta alla stazione,ho conosciuto la disperazione,il coraggio che mi ha spinto ad urlare on mezzo a gente che non conoscevo che non poteva finire così.
Quella mattina parlavi piano e probabilmente ti stavi divertendo anche se dicevi che non stavi bene e che ti dispiaceva. La mia disperazione era la tua linfa.
Mentre io sfioravo le tue mani ed accarezzavo le cicatrici violacee tu scavavi dentro di me il vuoto.
Ti ho baciato in continuazione per fermare il fiume di parole che uscivano dalle tue labbra e che mi si appiccicavano addosso tagliandomi.
Sono scappata di fronte al tuo muro di ghiaccio che aveva lanciato una scheggia nel mio cuore,lasciandoti il mio telefono in tasca e ritrovandolo nelle sue mani con quel messaggio nelle note,aperte.
Non ti odio,sono solo arrabbiata. Sono arrabbiata per il dolore che mi hai inflitto,per le paura che hai seminato e di cui ora altri raccolgono i frutti ma sono arrabbiata anche con me per come mi sono comportata. Vorrei chiederti scusa per il male che inconsapevolmente ti ho arrecato.
Sarai sempre importante perché mi hai insegnato a vivere fregandosene delle persone,anche se sono consapevole che nemmeno ti ricorderai di me e probabilmente non ti cerco proprio perché so che mi brucerei ancora,non perché ti amo ma perché le nostre parti stupide coincidono e so che nemmeno tu puoi dire il contrario. Vorrei solo poterti riabbracciare ma devo abituarmi ai rimpianti direi.
Tu mi hai insegnato cosa era l'amore,hai alzato tutti i miei standard,non hai superato le linee,ci hai scarabocchiato sopra. Sei un artista e spero tu sia felice. Ricorda,tu sei bianco.
Lei è colori. Lei è urti i colori messi insieme.
Lei ha rimesso insieme con tanta pazienza,infinita ogni frammento di me. Non ho parole per descrivere perché descrivere ciò che mi rende felice mi fa paura.
Io vedo ciò che fa,non sempre ma ci provo e tante volte basterebbero cose molto più semplici.
Io la amo,sinceramente anche se il mio cuore ha paura,si ancora,dopo due anni ha paura.
Ho paura perché troppe volte mi hanno detto miliardi di frasi belle,colme di significato e speranza ma leggi su come è andata a finire.
Mi dispiace amore mio se sono sbagliata. Mi dispiace se mi arrabbio,se scoppio e distruggo. Mi dispiace se non sono più forte,se non parlo più come prima,quando ancora tu non mi conoscevi. Mi dispiace se ora riesci a dire solo le cose brutte che penso mentre quelle belle le tengo dentro e so che mi dici tante parole belle,davvero belle ma mi spaventano.
Ti ho scritto questo per farti capire il perché veramente non mi fido,perché non credo più alle parole.
Scusa se mi arrabbio ma quando qualcuno ti bacia le cicatrici e poi è la ragione per cui incidi la parola "delusione" addosso non è facile e forse non lo hai notato ma c'è davvero.
Non è facile per me non cadere ogni volta che sto male e con cadere intendo proprio allungare la mano nel cassetto e cominciare a tagliare fino a che le mani non diventano rosse ed il sangue non brucia.
Non è facile resistere quando il sangue ti chiama e lo senti pulsare ma per te ci sto provando,provando davvero.
Per te sto cercando di migliorare,giorno dopo giorno e lo so che sono un mostro comunque perché il dolore non fortifica a volte ma distrugge e basta.
Sei splendida e spesso non te lo dico. Non ti dico che hai dentro agli occhi raggi di sole che probabilmente non sai di avere. Amo il tuo viso e quelle che tu definisci imperfezioni ed amo vederti fare le cose perché hai una leggerezza incantevole. Mi diverto a vederti camminare con quella camminata buffa da scaricatrice di proto ma che sceglierei giorno dopo giorno.
Probabilmente pensi che non ti ami davvero e che questo sia solo un modo per giustificarmi ma non sai che ho cercato di incastrare le cose per partire sabato sera ma purtroppo non sono riuscita ma ho convinto i miei a farmi dormire fuori,se vorrai. Vorrei chiederti di sposarmi,organizzare tante cose perché si,sei tu la persona giusta ma purtroppo non riuscirò a farlo perciò sappi che avrei voluto portarti al mare,portarti a cena fuori in un bel ristorante e passeggiare fino all'hotel oppure ordinare la cena in camera e poi fare un bel bagno nella vasca per rilassarci,portarti sul balcone a guardare il cielo e le stelle abbracciate per poi inginocchiarmi e porti la famosa domanda. Purtroppo il mio fallimento con la patente mi incatena qui e so che falliró ancora ma sappi che voglio riuscire a portarti giù prima o poi,andare a Roma,farti stare con la tua famiglia per farti capire che davvero mi importa vederti stare bene.
Non riesco ad esprimere bene ciò che provo e tutto ciò che provo ma spero tu riesca a leggere tra le righe.
Ho paura,tanta paura. Ho paura che tu faccia come Lui che lui possa diventare più importante,o che tu mi nasconda ciò che lo riguarda e che ciò venga fuori all'improvviso.
Non sono il tipo di persona che ti sa chiedere ciò di cui ha bisogno in questi casi ma tu sei casa quindi spero davvero tu possa capire ed amarmi comunque.
Mi hai insegnato ad amare ma ti prego,non distruggermi tu.
Scusa se sto male e ti faccio male,non lo faccio apposta, sto cercando di migliorare,ti prego credimi.
Ti amo,follemente ed irrazionalmente tanto.
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erosioni · 3 years
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Cortesie per gli ospiti
-          E mi raccomando, pulisci bene la sala perché stasera voglio che sia tutto a posto, siamo d’accordo? –
-          Sì, mamma, non preoccuparti –
-          E la moussaka in forno, controllala eh? Non me la fare bruciare…
-          Sì, mamma, la moussaka…
-          E bla bla bla bla bla…
Despina si trattenne a stento dallo sbuffare, alla sua età non sopportava proprio di essere trattata come una bambina, ma i genitori continuavano a raccomandarle sempre le stesse cose come se avesse tredici anni. Comunque era meglio far finta di niente visto che i suoi avevano deciso di andare al Pireo per recuperare la nonna e portarla alla cena di compleanno di papà.
Con il Covid c’erano state ben poche occasioni per godersi un po' di solitudine. Ora all’improvviso, con l’allentarsi delle restrizioni, il fratello era scomparso dietro alla sua fidanzata e i genitori di buon mattino avevano deciso di farsi un giro romantico verso il mare. La nonna era tutta una scusa, visto che anche a ottant’anni guidava benissimo da sola e Despina scommetteva che si sarebbero fermati da qualche parte a mangiare il pesce fresco. Sarebbero ricomparsi solo nel tardo pomeriggio, in tempo per la cena e i regali.
Insomma, finalmente un po’ di pace! Mise Spotify a tutto volume e ballò un po’ in giro per la casa fingendo di pulire. Ci sarebbero stati solo loro e la nonna, chi se ne fregava di tirare tutto a lucido?
Le venne in mente di colpo che ora poteva occupare il bagno quanto le pareva! Si concesse un generoso bicchiere di vino dalla bottiglia già stappata e pronta all’uso mentre si spogliava al suono di Drunk and I don’t wanna go home, immaginando di farlo davanti a una folla plaudente.
Si portò il bicchiere nel bagno e riempì la vasca. Da quanto tempo non si concedeva un bel bagno? Dopo dieci minuti qualcuno cominciava a bussare perché ne aveva bisogno subito. Si lavò accuratamente i lunghi capelli e poi si concesse all’abbraccio ristoratore della vasca.
Dopo un’oretta uscì dal bagno levigata e rilassata come non era da tempo, avvolta in un asciugamano bianco e con un altro arrotolato in testa. Non le andava neppure di usare il phön, faceva abbastanza caldo.
Si sentiva una principessa e non aveva ancora nessuna voglia di mangiare, si versò un altro bicchiere di vino e si gettò sul divano col cellulare. Mandò vari messaggi, soprattutto a Yorgos, cercando di convincerlo a passare da casa prima che tornassero i suoi, ma il ragazzo non era molto convinto. Despina si indispettì. – Che cacasotto! Sarebbe stata l’occasione giusta per combinare qualcosa. In due mesi mi ha dato due baci! Che cazzo di spreco!
Cominciò a scorrere Instagram e poi passò a Tumblr. Era un po’ brilla per il vino a stomaco vuoto. Le immagini di Tumblr erano vagamente eccitanti, soprattutto quelle di ragazzi che stringevano il collo di ragazze o mettevano loro la mano sulla bocca. Cominciò a sentire il tipico languore dell’eccitazione. Forse si sarebbe toccata un po’ e poi avrebbe fatto un pisolino. Invece si addormentò di colpo.
Si risvegliò come riemergendo da sott’acqua. Suonavano alla porta e chiunque fosse aveva già suonato più volte. Chi poteva essere? Corse alla porta, scalza, poi si ricordò che era ancora in asciugamano e turbante in testa. – Chi è? – Chiese attraverso la porta.
-          Sono Stavros – rispose una voce profonda e conosciuta – Scusate il ritardo… -
Stavros era un vecchio amico di suo padre, che ora comandava un rimorchiatore al porto. Ma che ci faceva alla porta a quell’ora? Despina aprì la porta, anche se con riluttanza. Stavros era spesso ospite a casa sua ed era come una specie di zio. Anche se la imbarazzava che l’avesse trovata conciata così non se la sentiva di farlo aspettare fuori dalla porta.
Stavros entrò e la guardò con occhi ironici, era alto, con la barba brizzolata. Un vero marinaio. Despina arrossì sotto il suo sguardo fermo. – Eh scusa, stavo facendo la doccia… -
-          La doccia? Ma è l’una, io pensavo di trovarvi tutti a tavola. Non è il compleanno di tuo padre? Ho anche portato una bottiglia di vino… -
-          A tavola? Ma lo festeggiamo a cena…
Stavros fece un’espressione strana. – Tuo padre mi aveva invitato a pranzo una settimana fa, lo ricordo benissimo… -
-          Che casini combina sempre papà, l’avrà detto e poi si sarà dimenticato che aveva cambiato programmi. – Despina sbuffò.
-          Possiamo accomodarci? – La voce di Stavros la scosse, effettivamente erano ancora in piedi nell’ingresso.
-          Ma certo, scusa, entra pure, ma papà e la mamma sono usciti…
-          Davvero? E quando ritornano?
-          Eh non so, ma certamente non per pranzo, mi dispiace…
Stavros poggiò la bottiglia di vino sul tavolo e si sedette su una poltrona accavallando le gambe. Socchiuse gli occhi segnati da alcune rughe di espressione. Despina sentì lo sguardo che le scivolava sulle spalle nude, sull’asciugamano e poi sulle gambe. Non si ricordava che l’uomo l’avesse mai guardata così: come se fosse il dessert alla crema alla fine di un banchetto. Avvertì con imbarazzo che stava diventando rossa in faccia. Addirittura sentiva le orecchie calde.
-          S-scusami un attimo, vado a vestirmi perché ho un po’ freddo…
-          Strano, a me pare faccia abbastanza caldo. Comunque aspetto qui, non preoccuparti.
Despina corse in camera sua. – Che imbarazzo – pensò – Mi avrà preso per una scema, ma non mi era mai capitato che un uomo di quell’età mi guardasse così. Comunque chi si crede di essere per mettermi in difficoltà a casa mia? Mica sono un’infante!
Con uno scatto di orgoglio indossò una maglietta blu con le bretelline senza reggiseno e un paio di pantaloncini rosa, comodi. Se Stavros voleva guardarla bene si accomodasse pure, l’avrebbe rimesso a posto lei quello sfacciato.
Al suo ritorno in sala l’uomo era ancora seduto come se fosse a casa sua, anzi si era messo anche a leggere un libro di suo padre che aveva trovato poggiato sul tavolino. Questa volta Despina sostenne il suo sguardo ironico. – È interessante il libro? -  chiese la ragazza con tono provocatorio.
-          Parla di viaggi di mare… lo sai che tuo padre e io eravamo insieme in marina? –
-          Uff, me l’avete raccontato mille volte, da quando ero bambina… -
-          Ah, scusa. Certo che ora non sei più una bambina, vero Despina? –
La ragazza si sentì presa in contropiede. Cosa voleva dire? E di nuovo quello sguardo sfacciatamente puntato verso le sue tette. Despina si accorse che i capezzoli le sporgevano decisamente dalla maglietta. Possibile che quella situazione assurda la facesse anche eccitare? Basta, doveva farla finire!
-          Senti, Stavros, perché non vai via e non torni più tardi? Non per essere scortese, ma devo preparare un po’ per la cena e come vedi qui non c’è nessuno…
-          Ah sì, la cena… ma per pranzo non vuoi offrirmi nulla?
-          Per pranzo non c’è proprio niente! –
rispose piccata la ragazza, possibile che non ci fosse verso di cacciarlo di casa?
-          Eppure si sente un forte odore dalla cucina… sei sicura che non ci sia qualcosa sul fuoco?
-          Oddio, la moussaka della mamma! Si starà bruciando!
Despina corse disperata verso la cucina. – Che stupida! Ho rovinato la cena per papà! –
Con sua sorpresa la moussaka era già sfornata e si stava raffreddando sul piano cottura. Sobbalzò quando sentì la voce di Stavros, vicinissimo, dietro di lei.
-          L’ho tirata fuori io appena in tempo, non preoccuparti… -
Despina si sentì tanto piena di sollievo e di gratitudine che le venne spontaneo abbracciarlo. Nell’attimo in cui sentì le braccia di Stavros che si chiudevano attorno alle sue spalle e l’odore di colonia e tabacco che le invadeva le narici, si riscosse e si allontanò. L’uomo non la trattenne ma sorrise. Lo sguardo un po’ colpevole di Despina lo intenerì e le passò le dita sulla guancia sinistra, per poi alzarle il mento in modo che tornasse a guardarlo negli occhi. – Neanche un bacetto di ringraziamento, signorina? –
- Cosa sta succedendo? – Pensava confusamente la ragazza, Stavros non le aveva mai detto cose del genere, né lei si era mai sentita attratta da lui come in quel momento. Avrebbe potuto essere suo padre e, in effetti, i due avevano la stessa età. Era tutto sbagliato! Però era una situazione eccitante, non si aspettava che venisse fuori così all’improvviso, le faceva girare la testa. Ma poi cosa sarebbe successo? Dopo il bacio cosa avrebbe voluto? All’improvviso si immaginò le grandi mani del marinaio che le frugavano impietose sotto la maglietta – No, no, no! – Disse una voce nella sua testa, piena di allarme.
- Stavros, per piacere, non mi mettere così in imbarazzo… - Avrebbe voluto che la voce le suonasse decisa, ma invece aveva un tremito quasi infantile. In quel momento dimostrava la sua vera età, se non qualche anno di meno.
Stavros socchiuse gli occhi – Mhh, il tuo imbarazzo è anche più eccitante… comunque… -
Despina deglutì. Ora si sentiva veramente come il dessert a fine pasto. - Comunque, puoi sempre prepararmi qualcosa per pranzo. Non hai fame, signorina? – Concluse con un tono sornione.
Despina si rilassò un po’. Tutto sommato aveva fame anche lei. Aprì il frigo e prese delle uova. – Ti va bene una frittata al formaggio? Tanto tra qualche ora ceniamo… -
In poco tempo la frittata fu pronta e si sedettero in cucina per mangiare. Stavros versò del vino per entrambi dalla famosa bottiglia di rosso che ormai era quasi vuota. Despina pensò a cosa avrebbero detto i suoi, ma scacciò il pensiero: con tutta quell’emozione di quella strana giornata sarebbe stato l’ultimo suo problema. Stavros era allegro e scherzoso e le raccontò aneddoti divertenti di quando lui e suo padre erano in marina. Storie imbarazzanti e buffe, che Despina non aveva mai sentito. Al momento del caffè pareva che lui si fosse rassegnato e che tutto fosse tornato alla normalità. I due si sedettero a conversare sul divano. L’imbarazzo di Despina era ormai quasi sparito. Si rannicchiò da una parte del divano mentre Stavros ricominciava a parlare del passato. – Tuo padre ti ha mai detto che quando ha conosciuto tua madre c’ero anche io? Eh sì, signorina… tua madre era bellissima. Nella stessa festa piena di musica e di balli prima ha baciato tuo padre e poi, di nascosto, ha baciato anche me… - L’espressione di stupore della ragazza fu immediata e arrossì con violenza. – E tu le somigli tanto, Despina… veramente tanto. -
La mano ruvida dell’uomo si mosse lentamente lungo la gamba nuda, dal polpaccio indugiò sul ginocchio e risalì verso l’interno della coscia. Despina sentì una contrazione e il calore fra le gambe. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Stavros la anticipò: - Fino a quando pensi di sfuggirmi, signorina? Stai morendo dalla voglia… -
Despina avrebbe voluto rispondere qualcosa ma la voce le morì in gola quando Stavros la abbracciò per baciarla. Le sue mani andarono immediatamente sotto la maglietta e si strinsero come una morsa attorno ai seni. Mentre l’uomo la schiacciava sotto di sé sul divano sentiva la durezza del suo cazzo attraverso i vestiti. Era come se fosse diventata una bambolina di pezza nelle sue mani. Avrebbe dovuto dire e fare qualcosa, ma la verità è che era già bagnata e Stavros aveva ragione: stava semplicemente morendo dalla voglia.
- Erano mesi che ti volevo, signorina… - Le sussurrò in un orecchio la voce ferma dell’uomo. Le strinse leggermente il collo con una mano e le strappò via la maglietta. La spallina semplicemente si lacerò, lasciando Despina a seno nudo. – Ti piace vestirti come una sgualdrina per arrapare gli uomini? – La ragazza non rispose, aveva il fiato corto per l’eccitazione. – Stai già ansimando, una sculacciata non te la toglie nessuno… - Stavros la prese di peso e la voltò come un sacco, mettendola sul bracciolo del divano. Le abbassò i pantaloncini e le mutandine. Sciaff! Improvvisamente, Despina sentì il dolore secco della prima sculacciata. Le mani del marinaio sembravano fatte di ferro. – Ahhh! Nooo! – Le sfuggì. – Ah, hai recuperato la voce, signorina, ma tanto non ti sente nessuno: chiedi perdono! – Sciaff! Un altro colpo secco si abbatté sul culetto di Despina – Perdono! Perdono! – Sciaff! – Di cosa stai chiedendo perdono, troietta? – Il tono volgare dell’uomo la fece bagnare ulteriormente – Non so! Non so! Di quello che vuoi per piacere! Ahh! – Sciaff – Chiedi perdono perché volevi farmi arrapare! – Sciaff! – Ahh BASTA STAVROS! PERDONAMI! PERDONAMI! – Stavros si mise a ridere e la lasciò andare, mentre Despina sentiva il rossore del viso che uguagliava quello che probabilmente dovevano aver assunto le sue natiche. Si girò a guardarlo, si sentiva umiliata sul punto di piangere, ma non si era mai sentita così arrapata in vita sua. – Povera Despina, dai, vieni fra le mie braccia che ti faccio dimenticare il dolore…- Il suo tono era improvvisamente dolce. In un attimo fu nudo anche lui. Aveva un cazzo rigido, pieno di vene. Despina ebbe appena un attimo per vederlo, poi, come aveva detto lui, le fece dimenticare il dolore. Spingeva dentro di lei con costanza, mentre la divorava di baci. La ragazza balbettava cose incoerenti e si sentiva completamente nelle sue mani. Non le era mai capitato prima, nelle sue poche esperienze.
Le mani pesanti di Stavros le lasciavano il segno nelle carni, ma quel misto di dolore e piacere la stava portando fuori di testa. Despina venne ripetutamente tra le braccia del marinaio che le scavava dentro, infaticabile e ansimante. A un tratto lui smise e si ritrasse. Era chiaro che stava per venire. – Mhh, Stavros, vienimi addosso per piacere… - L’uomo aprì la bocca lasciandosi sfuggire un mugolio e la accontentò, bagnandole la pancia col suo seme bollente.
-          Dio, Stavros! – ebbe la forza di dire.
-          Non te l’aspettavi questo, eh Signorina? –
-          Oh Dio! Ma è tardissimo! Cazzo cazzo! Se ci trovano così i miei siamo spacciati! –
Stavros si fece una risata, ma si rialzò lasciando che la ragazza filasse di nuovo in bagno a ripulirsi. Despina si cambiò e cercò di lavarsi alla bella e meglio. Il culetto le faceva ancora un po’ male. Cercò di guardare se le era rimasto il livido, ma poi si vergognò. - Come faceva a essere così imbarazzante ed eccitante al tempo stesso? - Smise di farsi domande perché fuori dalla porta del bagno sentì le voci familiari dei genitori e della nonna.
Uscì immediatamente, sperando che non le leggessero nulla negli occhi. Si era messa una camicetta pulita e il jeans. – Stavros! Ma che sorpresa! Ti sei ricordato del mio compleanno! – Stava dicendo tutto allegro suo padre. – Ah, sono passato un attimo e Despina mi ha detto che stavate per tornare. Vi ho aspettato per darvi questa bottiglia… - Ah, come sempre sei stato gentilissimo! Dai, rimani a cena con noi, tra poco torna a casa mio figlio: hai visto che c’è la moussaka? La bottiglia ce la dividiamo, come ai vecchi tempi. – No no – si schermì l’uomo – ti ringrazio, ma ho un impegno al porto, Despina è stata gentilissima mentre aspettavo, mi ha già offerto anche del vino, anzi ho quasi svuotato la bottiglia… - Tutti risero, anche Despina che in realtà si sentiva molto in imbarazzo. Cosa sarebbe successo ora? Come avrebbe fatto a guardare in faccia Stavros le volte successive? – Tua figlia è diventata una vera donna, somiglia sempre più a te – disse il marinaio con galanteria alla mamma di Despina (che arrossì). Poi abbracciò tutti prima di andare via. Baciando sulla guancia la ragazza le sussurrò: - La settimana prossima torno, signorina, aspettami…-  Despina sentì le gambe che le tremavano un po’. Però la settimana prossima non le era mai sembrata così interessante.
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xsavannahx987 · 4 years
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- Resta con me - cap. 4
“Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra.” DOUGLAS MACARTHUR
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Helena si ritrovò seduta sul freddo pavimento in pietra del piccolo studio, il corpo del comandante privo di sensi poggiato contro il suo. Il cuore di Cullen batteva lento e il respiro era flebile. Nonostante la forza particolare di ogni cacciatrice, Helena non riusciva a spostare l'uomo e fu costretta a chiedere aiuto. Dorian arrivò in soccorso qualche minuto più tardi. Aveva corso per i lunghi corridoi di Tiamaranta's fortress cercando di non mettere nessuno degli altri membri dell'Organizzazione in allarme, prima di sapere cosa fosse accaduto. Entrato nella stanza la scena che gli si presentò davanti fu l'ultima cosa che si sarebbe mai aspettato di trovare. "Dorian aiutami per favore!" esclamò Helena preoccupata. "Ma che è successo?" domandò Dorian inginocchiandosi di fronte a lei. "Cullen ha avuto un malore all'improvviso. Stavamo parlando e si è accasciato al suolo. Non sapevo cosa fare. Ho tentato di svegliarlo, ma non risponde agli stimoli" dichiarò la cacciatrice tutto d'un fiato, col respiro corto di chi si trova in uno stato d'ansia. "Comandante mi senti? Cullen! Avanti rispondi maledetto idiota!" chiamò Dorian a gran voce. Helena osservava il mago cercare in tutti i modi di ridestare il comandante, invano. Continuava a non aprire gli occhi e il suo respiro si faceva sempre più flebile. "Ti prego aiutalo!" esclamò la ragazza, gli occhi pieni di lacrime. Non riusciva a dare una spiegazione a quel suo stato d'animo. Era semplice preoccupazione per il comandante o qualcosa di più?! Dorian sollevò Cullen di peso ed invitò Helena a seguirlo. Senza farsi notare da nessuno salirono una lunga rampa di scale e condussero il comandante nelle sue stanze. Una volta adagiato il corpo di Cullen sul comodo letto con le coperte color porpora, Dorian iniziò a spogliarlo per vedere la gravità delle ferite. "Helena ho bisogno che tu vada a chiamare Amelia" annunciò poi rivolgendosi verso la cacciatrice. Helena uscì di corsa dalla stanza e iniziò a cercare la maga per tutta la fortezza, ma si imbattè in Josephine e Leliana, intente a giocare a scacchi nel piccolo giardino. "Helena, dove vai così di corsa?" domandò Leliana sorpresa nel vedere la cacciatrice aggirarsi come una pazza. "E' successo qualcosa?" le fece eco Jo. Helena fu costretta a mettere al corrente la due donne della situazione al piano di sopra, tentando di allarmarle il meno possibile. "Sto cercando Amelia" dichiarò concludendo. "Vado a chiamarla io" si offrì Leliana "Voi andate dal comandante a vedere come sta" e si allontanò.
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Mezz'ora più tardi Helena se ne stava fuori dalla camera di Cullen, mentre Dorian e Amelia constatavano la gravità delle ferite e tentavano un incantesimo per risanarle. Leliana era andata in cerca di erbe sotto richiesta della maga, mentre Josephine era nella stanza a sincerarsi che tutto andasse per il verso giusto. In tutto quel movimento nessuno aveva avvisato Cassandra, che riposava tranquilla. Il sole iniziava a scendere dietro la linea del mare, baciando il viso infreddolito della cacciatrice, schiena poggiata contro il muro di pietra e un turbinio di pensieri che volteggiavano sotto la massa di capelli biondi. La preoccupazione per lo stato di salute di Cullen la teneva costantemente in ansia e non era soltanto per il ruolo che egli ricopriva tra quelle mura. C'era dell'altro, ma Helena non riusciva a spiegarsi come fosse possibile. Lo aveva appena incontrato, avevano scambiato a malapena due parole, eppure quegli occhi avevano fatto breccia dentro di lei. In tutto quel tempo lontana dagli affetti aveva imparato a costruirsi uno scudo di difesa, soprattutto dopo Matthew si era ripromessa che non avrebbe più permesso a nessuno di entrare nel suo cuore e di farle del male come lui aveva fatto, ma Cullen con i suoi modi gentili e quello sguardo capace di sciogliere anche il ferro era riuscito a penetrare le sue protezioni. "Sei una sciocca" mormorò guardando lontano oltre le mura di Tiamaranta's fortress. "Un uomo così...non devo mischiare la missione con la vita privata" e tacque sospirando. In quel momento qualcuno chiamò il suo nome e Josephine apparve sulla soglia della porta. "Come sta?" domandò Helena destandosi dai suoi pensieri. "Dorian e Amelia hanno cercato di risanare le ferite, ma è debole. Ha bisogno di riposo" dichiarò la donna, una smorfia di preoccupazione sul volto. "Posso vederlo?" chiese ancora la cacciatrice muovendo un passo in direzione della porta. Josephine fece un segno d'assenso con la testa e si fece da parte affinchè la ragazza potesse entrare nella stanza. Vedendola varcare la porta, Dorian invitò Amelia ad uscire: "Vi lasciamo un pò soli" annunciò poi il mago. Helena ringraziò tacitamente con un sorriso, rimanendo immobile a pochi passi dal grande letto dove giaceva il comandante. "Più tardi cerca di riposare anche tu" disse sottovoce Jo "Ti ho preparato una camera in fondo al corridoio centrale." e se ne andò richiudendosi la porta alle spalle.
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Rimasta sola Helena avanzò qualche passo verso il letto. Il viso di Cullen era rischiarato dalla luce di alcune candele e sembrava essersi rilassato grazie alle cure dei due maghi. Sul suo corpo scolpito dai muscoli grossi segni rossi macchiavano la pelle candida, insieme a vistose cicatrici di ferite ormai cauterizzate. "Che ti hanno fatto" sussurrò Helena avvicinandosi a lui. Si inginocchiò accanto al letto e poggiò la sua mano fredda sul petto del comandante dove il cuore batteva piano. Neppure il tocco delle dita di lei riuscì a ridestarlo, nonostante fossero ghiacciate contro la pelle calda di lui. Nel frattempo fuori dalle mura della fortezza il sole era scomparso dietro la linea del mare e le nubi prima sparse si erano unite creando uno strato grigio a coprire il cielo. La neve cominciò lentamente a cadere di nuovo danzando nel vento che soffiava da nord. Helena si alzò e aggiunse altra legna al fuoco affinchè non si spegnesse e la stanza rimanesse sufficientemente calda per favorire il riposo di Cullen. Si sentiva molto stanca benchè fosse ormai quasi notte e i suoi doveri di cacciatrice cominciavano a reclamare la sua presenza, ma tornò ad inginocchiarsi accanto al letto del comandante, incapace di andarsene.
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La sua mano ormai riscaldata si poggiò sui capelli arruffati dell'uomo e, con fare amorevole, iniziò ad accarezzarli piano. Per un attimo provò l'istinto irrefrenabile di baciarlo, ma usò tutte le sue forze per trattenersi, timorosa di una reazione contrariata. Accarezzava i capelli di lui sussurrando piano di svegliarsi al più presto e di rimettersi in piedi, finchè la stanchezza iniziò ad avere la meglio. Decise così di stendersi accanto a lui, rannicchiandosi sul bordo del letto per evitare di stargli troppo vicino e si addormentò sognando una vita normale accanto a quell'uomo.
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"Ero salito a vedere come stava" disse Dorian, sedendo al tavolo della cucina. Josephine lo ascoltava interessata, mentre il profumo del caffè appena fatto inondava l'aria della stanza. "E li ho trovati uno accanto all'altra" aggiunse poi con un sorriso quasi trionfante sul viso. "In che senso?" domandò allora Jo, incuriosita da quella novità. "Credo che tra i due sia scattata la scintilla" asserì Dorian convinto. "C'è della chimica tra loro. Lo sento" "I tuoi sensi di mago ti suggeriscono quest'affermazione?" chiese la donna divertita. "Anche. Credimi Jo, quei due finiranno insieme" dichiarò Dorian battendo la mano sul tavolo "E se dovessi sbagliarmi inizierò a frequentare le donne". Josephine rise di gusto a quella dichiarazione, ma le sue risa furono spezzate dall'arrivo di Cassandra. "Chi è che finirà con lo stare insieme?" domandò alzando un sopracciglio. Josephine tentò di far capire a Dorian di tacere, ma il mago che amava alla follia i pettegolezzi non riuscì a trattenersi e spifferò tutta la storia a Cassandra. "Sorvolerò sul fatto di non essere stata informata subito delle condizioni del comandante e ti pregherei Dorian di non mettere in giro certi pettegolezzi tra queste mura" lo ammonì, sebbene desiderasse vedere Cullen felice. Gli voleva bene, era il suo comandante, ma era anche un buon amico e in tutti quegli anni che avevano lavorato insieme lo aveva visto sempre un pò malinconico e tremendamente solo. "E' quasi buio. Vado di ronda" annunciò poi prendendo una tazza di caffè. "Vado a chiamare Helena" disse svelta Jo. "No. Per stasera lasciatela riposare. Anche la cacciatrice ha bisogno di recuperare le forze ogni tanto. Non credo si sia mai fermata prima di ieri notte" e lo comunicò con estrema convinzione e con una nota di protezione nella voce.
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La notte trascorse tranquilla ed Helena dormì come non faceva da un tempo immemore. L'ultima volta che era riuscita a dormire col buio risaliva a prima di diventare una cacciatrice e ne erano passati di anni. Ricordava benissimo il giorno che il suo osservatore l'aveva avvicinata. Aveva 16 anni. C'era un sole che avrebbe tranquillamente spaccato le pietre per quanto era caldo ed Helena sedeva all'ombra di un grosso albero mangiando un gelato in compagnia di alcuni compagni del liceo. Rideva e scherzava con loro, come qualsiasi adolescente con una vita davanti ricca di avventure, di viaggi lontani e di amori fugaci. I suoi unici pensieri erano figli della frivolezza tipica di quella gioventù scapestrata, fatta di serate in discoteca e di shopping nel centro a caccia delle scarpe più appariscenti da sfoggiare in giro. Mai avrebbe pensato che la sua vita potesse cambiare così drasticamente. Il suo osservatore era un uomo di circa 40 anni, dall'aspetto piuttosto giovanile. Aveva capelli ben curati di un castano scuro con qualche filamento argento, gli occhi dello stesso colore nascosti dietro un paio di occhiali da vista. Nell'abbigliamento sembrava il tipico damerino inglese, con il panciotto e tutto il resto. Quando l'avvicinò per condurla incontro al suo destino di cacciatrice, Helena lo guardò ridendo con quel cinguettio di una ragazzina svampita. "Helena devi venire con me. Devi andare incontro al tuo destino" le disse. "Destino? Io non ho un destino" fu la risposta della ragazza. Due notti dopo camminava in un cimitero buio, rischiarato appena dai mille lumini ai lati delle lapidi. Reggeva un paletto di legno tra le mani tremanti e la paura le si poteva leggere negli occhi. Quando il primo vampiro l'assalì, Helena urlò spaventata ed iniziò a colpire alla rinfusa, sperando di riuscire a difendersi. Le sue doti di cacciatrici, seppur non ancora affinate, vennero alla luce e lei uccise il vampiro senza troppa difficoltà "Vedi il tuo potere? Lo senti?" fu tutto ciò che il suo osservatore le disse, rimasto in disparte e pronto ad intervenire solo in caso di estrema necessità. Venne allenata ed istruita a dovere sul mondo delle tenebre, entrando a farne parte a tutti gli effetti. Divenne anche lei una creatura della notte, dimenticandosi totalmente della sua vita da adolescente comune e perdendo anche i pochi amici che aveva.
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Quando le prime luci dell'alba rischiararono la camera da letto, nonostante la neve non avesse smesso di cadere, Cullen si ridestò finalmente da quel lungo sonno. Si sentiva frastornato e confuso di trovarsi nella sua stanza, ma il dolore che aveva provato il mattino precedente era quasi del tutto scomparso e si sentiva decisamente più in forze. Guardò oltre la finestra alla sua sinistra notando il tempo esterno e maledicendo il fatto di aver passato tutta la notte a dormire, senza adempiere al suo compito. Un fruscio di coperte alle sue spalle lo fece voltare. Lo stupore nel trovare la cacciatrice ancora addormentata e abbracciata al cuscino lo fece sussultare. Era così bella, i capelli leggermente arruffati dal sonno e una ciocca che le copriva il viso. Sembrava così serena cullata dai suoi sogni che Cullen non riuscì a distogliere lo sguardo da lei. "Dio com'è bella" mormorò e il suo cuore ebbe un battito lungo e sordo, prima di accelerare. Spinto da un istinto che non pensava più di avere, Cullen poggiò la mano sulla spalla di Helena in una sorta di abbraccio. Chiuse nuovamente gli occhi assaporando quell'istante che sapeva di eternità e ritrovando la pace che si era negato per troppo tempo.
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