Tumgik
#non ho voglia di entrare al lavoro
odioilvento · 8 months
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Ma se dici a qualcuno:
...ti sento dentro come la costola incrinata quando respiro...
dici che capisce il complimento o si offende?
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kon-igi · 5 months
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Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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yomersapiens · 4 months
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Sempre ansieme
Quando l'ansia prende il sopravvento l'unica cosa che riesco a fare è sparire, diventare una goccia di umano in un fiume di umani. Perdere ogni riferimento della persona che sono quando c'è luce, non esisto, la folla è la carne, sono uno di quei pesciolini che si fa forza insieme a mille altri pesciolini in un banco di miei simili indifferenti. Non voglio essere notato, il che è strano dato che ho dedicato la mia intera esistenza all'essere notato ma quando l'ansia sale e si mette al timone a comandare vince la corrente e andiamo dove capita. Sono finito ad una mostra di arte transmediale contemporanea e stavo messo così male che ho pure capito le opere. Cioè ho parlato con l'artista e gli ho posto delle domande e lui ha detto "Hai proprio compreso il mio lavoro non serve che io ti risponda" e io ho pensato che cazzo di paraculo dai, siamo tutti bravi a fare così. Però davvero i suoi video strani di esseri tridimensionali generati al computer mi hanno fatto sentire meglio. Ne avevo bisogno. I bar attorno alla galleria d'arte erano pieni di altri pesciolini e nessuno mi ha degnato di una parola se non l'artista che probabilmente sperava di vendermi una sua opera. L'ansia mi ha fatto fare un altro paio di migliaia di passi inaspettati e i piedi iniziano a fare male. Qualche settimana fa ero dentro al tubo della risonanza magnetica e io odio fare la risonanza magnetica perché penso sempre che troveranno qualcosa di nuovo nel mio cervello e che non saranno i resti di altrettante lampadine frantumate al suolo in un cimitero di idee geniali mancate, ma qualcosa di grave. O di nuovo. Odio le novità, basta una novità e vado in ansia. Mentre ero nel tubo e con gli occhi fissavo le mie dita e le facevo giocare ho pensato che se esiste una vita dopo la morte ecco, io spero non sia così. Spero che morire non voglia dire rendersi conto di essere in uno spazio piccolissimo e incapace di muoversi. Immagino di venire seppellito e di sentire ancora quello che accade attorno a me, qualcuno piange, qualcun altro mi rinfaccia i soldi che gli devo, poi prendono i chiodi, fissano la bara, mi calano nella fossa e poco alla volta, infarinatura di terra dopo infarinatura, resto lì, mente e anima attive, nel buio del nulla, finché i vermi non decidono di ricondizionarmi e immettermi nel mercato del concime. Nel bus ascoltavo i discorsi degli altri e immaginavo chi sarebbe andato a casa con chi, ho formato coppie casuali solo per non costringerli alla solitudine nelle mura domestiche. Ho pensato al male che ti ho fatto. In stanza mi aspetta la larva umanoide informe come sempre, questa volta però ha parlato, ha emesso un suono simile a un lamento, "Allora?" ha detto e una colata di bava gli è scesa dalla bocca priva di labbra. Ha aperto un locale a luci rosse sotto casa, qua a Vienna la prostituzione è legale, ha un nome impronunciabile e mi sono chiesto se posso fare come quando vado a mangiare il gelato ma non posso chiedere più di una pallina (due palline qua sfiorano i cinque euro) "Che mi puoi fare assaggiare cannella e granella di zolfo?" stessa cosa con le lavoratrici del locale a luci rosse "Posso assaggiare quella che sembra avere meno autostima?". Io non ho esperienza di locali a luci rosse, solo una volta ho assistito a uno spogliarello e mi sono addormentato davanti alla povera addetta ai lavori di smantellamento lingerie. Ero molto ubriaco, non era colpa sua. Sarei curioso di entrare e chiedere come funziona, è tipo prendere o lasciare o uno può scegliere? Ecco io sceglierei di finire annullato anche lì, perché l'ansia vince sempre e voglio diventare carta da parati, una di quelle figure appena abbozzate negli sfondi dei quadri impressionisti che non capisci se è un albero o un palo della luce o un uomo pieno di ansia.
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ross-nekochan · 1 month
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Finalmente sono un ferie.
Niente di che per l'Europa, ma qui avere più di 3 giorni di fila di festa è un miracolo di dimensioni astronomiche e di cui dovrei ringraziare tutti i kami giapponesi (anche se non se lo meritano).
Domani cerco di fare l'italiana pure io e vado al mare, anche se non ho un costume e, tra il mio odio per lo shopping e il fatto che molto probabilmente avrò una XXL giapponese, mi sa che è meglio se per una volta non compro su internet (ultimamente sta diventando il mio unico modo per non rimanere senza niente da mettere - e non sto esagerando).
Vorrei già andarmene pure da sto lavoro, ma vabbè che lo diciamo a fare. Ho fatto così tanto per trovare qualcosa che avesse orario flessibile e smartworking e invece comunque lo standard è l'ufficio. Poi ovviamente io ho avuto il grande culo di stare nel dipartimento dei visti quindi c'è sempre un via vai di passaporti immane, per cui se non ci sei tu, il lavoro va sugli altri che già hanno la loro merda da fare, già fanno gli straordinari e quindi via di senso di colpa e di responsabilità... poi uno si chiede perché questi so strani e si ammazzano di fatica: eccovelo spiegato facile facile.
Per questo motivo ultimamente sto pensando di traslocare. Ho trovato un monolocalino bellino a 10 min A PIEDI dall'ufficio (che è centralissimo) con un affitto abbordabile... peccato che qui esiste questa cosa magica chiamata "spese iniziali" per cui tu prima di entrare devi pagare tutta una serie di cose che loro faranno per te (tipo cambio chiavi di casa, pulizia generale, disinfestazione ecc) al prezzo che dicono loro pure se tu non vuoi. Peccato che ste spese iniziali ammontano a MEZZO STIPENDIO e se ti metti a pensare a tutte le cose nuove che vanno comprate (dato che qui gli appartamenti si vendono completamente vuoti e senza elettrodomestici), insomma, non lo so se voglio buttare uno stipendio così. Però dall'altra parte sto vivendo veramente male con sti viaggi continui in treno e ora con sto caldo che ammazza la voglia di vivere di chiunque... se ripenso all'anno scorso in cui non mi avevano ancora assegnato a nessun posto e sono stata tutta l'estate a casa... Madonna che culo che ho avuto e solo ora lo sto realizzando perché è veramente impossibile vivere così.
Ah poi vabbè parliamo in verità di buchi di monolocali dato che sono 20 m2 e sono pure TANTI. Ho visto annunci di appartamenti singoli di 13/15 m2 SENZA ARMADIO a prezzi che manco vi sto a dire. Poi dite la crisi abitativa a Milano e che la gente vive nei buchi a prezzi folli... che ve devo dì.
Inizialmente volevo fare un viaggio al sud per vedere delle amiche che abitano lì però poi tutte loro si sono impegnate con altre persone (perché giustamente le ferie queste sono e se non ci si muove addio) e quindi vaffanculo non sono andata da nessuna parte. Un poco me ne pento, un poco sono talmente stressata che veramente voglio solo morire sti giorni.
Poi considerando che in 1 anno sono stata a Tokyo meno di 10 volte nonostante ce l'abbia potenzialmente a 2 passi, direi che è meglio se me la comincio a girare un poco in più finalmente.
Per il resto come sto? Boh io mi sento sempre peggio. Questa non è vita, questa non è la mia vita. Però che devo fare, che posso fare? Niente posso fare. Posso solo patire, fare come quelli che non ho mai capito: fare finta che vada tutto bene, che questa sia vita; lo fanno tutti quindi lo devo fare anche io.
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ronny1994 · 5 months
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Sai quando mi manchi di più? Quando vorrei raccontarti qualcosa ma non posso farlo. Ti ho amato così tanto che anche quando mi hai ferito, ho cercato di capirti. Mi manca la persona che ero quando eri al mio fianco e che non tornerò mai più. Pieno di vita, con tanta voglia di fare, che non si fermava davanti a niente. Adesso mi blocco al primo ostacolo, mi demoralizzo alla prima cosa negativa, non sono felice di niente, non mi sento mai soddisfatto. Io e te non ci lasceremo mai del tutto, sono convinto di questo, o almeno io non riuscirò mai a farlo, so che ci sarà sempre uno spiraglio in cui tu potrai entrare. Sei stata il mio grande amore e lo posso affermare con certezza. Magari non mi crederai ma io lo sento dentro di me, nel più profondo. Sei stata la mia salvezza e la mia rovina allo stesso tempo, hai salvato il mio cuore, sei stata la mia luce. Ma l’hai anche distrutto e calpestato più volte. Io sono un caso perso, un trauma unico che cammina ma mi hai cambiato ,sei dentro di me e non posso fare nulla per cambiare questo. Sei stata la prima persona che ho fatto entrare dentro di me, ti ho dato tutto quello che potevo, il nostro amore mi ha consumato però. Sei riuscita a salvarmi, l’unica con la quale mi sia aperto davvero, le mie paure più grandi le sai solo tu. E per quanto io voglia, e ci abbia provato e sperato tu non mi vorrai mai come io voglio te. Ti auguro tutto il bene che posso, spero tu possa realizzare i tuoi sogni arrivare dove vuoi con il tuo lavoro da onicofecnica, e sopratutto spero che un giorno svegliandoti la mattina ti sentirai finalmente felice e contenta di ciò che sarai diventata, vali tanto te l’ho sempre detto ricordalo sempre. Ti amo follemente e so che sempre sarà così. Per tutte le volte in cui hai detto di amarmi e non lo pensavi, per tutte le volte in cui hai smesso di farlo. Per tutte le volte in cui mi hai trattato male, per tutte le lacrime che mi hai fatto versare e che non meritavo. Per ogni cattiveria che mi hai detto e per ogni pensiero che ho avuto per te, per ogni attenzione che neanche notavi ma che forse ora ti manca perché ti sei accorta che quelle piccole cose non ci sono più. Per i quattro anni passati con te, e che forse sarebbe più corretto dire dietro di te perché magari neanche mi amavi poi così tanto. E soprattutto per tutti quelli che pensavo avrei vissuto con te. Per i progetti. Per il futuro. Per una famiglia con te. Per i nostri quattro gatti. Per aver distrutto tutto questo, ora voglio solo addormentarmi e non svegliarmi più, e la colpa è nostra, perché sono convinto che tutto si poteva sistemare TUTTO.
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vogliediprimavera · 2 years
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Quotidianità - parte 1
È qualche giorno che ho pensieri per il lavoro e lui si accorge subito quando è così. Mi conosce bene, non c'è bisogno che parli, mi guarda in faccia e lo legge nei miei occhi. In più gli occhi mi fregano perché si riempie una venina sotto l'occhio destro quando sono molto stanca o pensierosa.
Siamo a tavola e la mia mente vaga in mille cose da fare e mille soluzioni da trovare. Lui sente il mio silenzio, vede che sono persa da qualche parte, mi guarda e dopo poco sento il suo sguardo. Sto per girarmi verso di lui, ma mi anticipa e allunga le sue grandi mani prendendomi delicatamente il collo. Sa benissimo che quel gesto mi scioglie, è come se percepissi che sta arrivando a rallentatore, trattengo quasi il respiro, e quando le sue dita toccano la mia pelle il respiro esce completamente e mi sembra mi si rilassi tutto, fino alle ossa. Mi scosta i capelli e comincia a baciarmi il collo. Ecco, il collo. Se devi farmi passare da incazzata a tranquilla baciami il collo. E lui lo sa benissimo.
Mi giro verso di lui e ci baciamo delicatamente. Ma quello di cui ho bisogno è altro. Il suo gesto, il bacio sul collo e solo per entrare nel mio mondo, per farmi staccare dai pensieri. Ci guardiamo, mi alzo, gli prendo la mano e lo porto verso la camera lasciando tutto alle spalle, tavolo apparecchiato, televisione accesa, cena del gatto.
Ci baciamo profondamente in piedi di fianco al letto. Intanto le mie mani sono già dentro i pantaloni e strizzano il suo culo. Adoro il suo culo, sodo, liscio, adoro la curva sotto la natica, mi viene sempre una voglia pazzesca di morderlo. E le sue mani sono sul mio fondoschiena, mi piace come lo spreme, come mi fa alzare sulla punta dei piedi mentre me lo stringe e poi mi dà una secca sculacciata che fa ballonzolare la natica. Con quella presa reciproca del posteriore sento il suo cazzo che sta già diventando duro e mi strofino ancora di più su di lui. Gli slaccio la cerniera della felpa e sotto non ha la maglietta, non la mette mai. In punta di piedi gli bacio il collo, le mani sono passate dentro la felpa aperta e sono sulla schiena, lo accarezzo e graffio. So benissimo dove è quel punto che, quando uso le unghie, gli fa venire un brivido che non può trattenere. Scendo baciandolo sui pettorali, non ha un pelo, è muscoloso ma senza esagerare come piace a me. Sono in ginocchio davanti a lui. Gli abbasso i pantaloni, il suo cazzo è già duro, lo prendo in mano ma non lo bacio, ci giro intorno baciando l'inguine e poi i testicoli. Li lecco e poi salgo con la lingua fino al glande. Sento i suoi movimenti, sento il suo cambio di respiro, mi eccita sentire che gli piace. Arrivo alla punta, faccio qualche giro con la lingua, mi piace giocherellarci un po' e spingerlo al limite, finché lo prendo in bocca. È durissimo, lo sento completamente nella mia bocca, comincio ad andare su e giù anche con la mano. So che gli piace quando lo sente dentro la mia guancia, gli piace sentire i denti e quel piccolo dolore, mi dice che sono bravissima a farlo. Alzo lo sguardo, mi sta guardando e vedo sul viso il suo piacere. Mi raccoglie i capelli con le mani e mi spinge la testa avanti e indietro. Aumento l'intensità, aumenta il suo gemere, io aumento finché mi dice che sta venendo. Tiro fuori la lingua e mi viene sulla faccia mentre gli prendo i testicoli e li stringo il giusto per continuare l'orgasmo il più possibile. Lui mi guarda, si inginocchia e mi bacia. Mi abbraccia e rimane lì quasi fino a riprendere il respiro normale. Si avvicina e mi sussurra all'orecchio: mi fai morire con quella bocca, ma adesso tocca a me. E io non vedo l'ora.
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nonmidarefastidio · 1 year
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ho deciso che metto in pausa la scrittura della tesi, almeno fino alla fine del mio contratto di lavoro che sarà esattamente tra un mese e tre giorni (il giorno successivo al mio trentesimo compleanno... AIUTO) perché non vivo più, sono divorata dall'ansia. Stacco da scuola e sono distrutta sia fisicamente che mentalmente,(i bimbi sono stanchi, giovedì mattina ne ho dovuti portare cinque in braccio in classe perché non volevano entrare), tutte le volte in cui mi propongono di fare qualcosa la risposta è sempre la solita, cioè no, devo scrivere la tesi, le amiche iniziano a stancarsi, giustamente, e io mi sento in colpa. Tra dieci giorni rivedo la psichiatra e glielo dico, non riesco ad andare avanti con questo senso di colpa perenne per non fare il mio dovere. Poi inizia a fare caldo e ho voglia di stare al sole, iniziare ad abbronzarmi e non soffrire per 24 ore al giorno al chiuso. Ora probabilmente scriverò un'email anche al prof perché sennò mi dà per dispersa e non va bene. sono stanca.
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Musicultura
Mia madre mi trovò un posto a Musicultura. Si riferiva a questo festival musicale come una grande possibilità che “ Faceva curriculum”, ma spoiler, a nessuno o quasi interessa se hai fatto il volontario nella logistica di un festival musicale. A meno che non sei un facchino o non ti occupi di logistica nei festival musicali, ma queste cose in provincia non si sanno.
Lo feci per dimostrare qualcosa a mio padre. Mio padre ha raccontato storie, io lo sono stato ad ascoltare per vent’anni. La storia che mi aveva spinto a partecipare era quella di un ragazzo che era stato chiamato in un bar per dare una mano. E questo ragazzo quando c’era da scaricare l’acqua non la scaricava a meno che non lo si pregasse. E stava tutto il tempo a guardare il suo telefono, per cui dopo due settimane lo era stato licenziato.
Sottinteso nel discorso di mio padre che io fossi come lui, perché non ero andato a lavorare a tredici anni come aveva fatto mio padre. Mio padre a tredici anni ci era stato portato in cantiere con mio nonno, dove mio nonno lavorava come muratore, per dare una mano in casa, con i soldi. E mio padre imbiancava le case e le balaustre, le balaustre del quartiere dove poi avremmo vissuto. E mi ricordo che mi raccontava di come si respirasse le vernici mentre dava lo sarai. Poi in quel quartiere ci siamo andati a vivere anni dopo.
E mio padre li capi una lezione importante, che poi passò a me. C’era un muro da dipingere, e mio zio che stava li gli disse “ Non devi solo fare il lavoro bene, ma devi anche farlo in fretta”. E io questo ho pensato tutta la vita, che non solo bisogna lavorare bene ma bisogna anche lavorare nei tempi previsti.
Musicultura è un evento di musica, dove artisti di fama nazionale e internazionale vengono ad esibirsi. è un festival enorme. Un giorno ho conosciuto il fondatore, che quando era giovane l’aveva fondato nel mio paese. La sede della direzione era vicino alle poste, in paese. Poi si era spostato, a Macerata.
Mi ricordo di aver incontrato una volta il fondatore mentre scendevo dal treno con una valigia pesante e nell salire le scale per uscire dalla stazione mi aveva visto faticare e sudare. Credo che in quel periodo non riuscissi a muovere un braccio. Lui venne verso di me per aiutarmi a sollevare la valigia, ma la moglie lo fermo e lui si scuso dicendo che “ Una volta lo avrebbe fatto, ma adesso” e io senza fiato non risposi, troppo incazzato con il destino che mi aveva tolto un braccio, e a me un braccio serviva proprio. Pensai poi che fosse proprio una brava persona a buttarsi per prendere la valigia, anche se non poteva.
Il mio compito in questo grande Festival era quello di aiutare nella logistica degli eventi del pomeriggio, e avevo accesso a tutte le serate, persino all’after, cioè al party organizzato per gli artisti dopo il concerto. Grazie ad un amico avevo trovato un posto dove stare, lo chiamavano “La stalla” , anche se si chiama Vicolo Accorretti. Per terra in casa non c’era la moquette ma gattine di polvere pressate dai piedi, al primo piano c’era una cucina con piatti e fornelli incrostati da anni. Al secondo piano c’era una tripla e io dormivo nel terzo letto in fondo dove mi avevano garantito, qualcuno ci aveva scopato. Quanto doveva essere ubriaca una ragazza per entrare in un posto del genere, o quanta voglia di cazzo deve aver avuto? Io di sicuro ho usato l’internet della casa per farmi una sega sull’ultimo letto in fondo alla stanza, sotto la finestra, con il vecchio telefono che mia madre mi aveva regalato.
Il mio compito era seguire Paolo che era il capo della logistica e anche la seconda persona presente al mio colloquio. Non c’era una vera e propria routine. Il piano avrebbe voluto che ci fossero degli eventi nel pomeriggio, in cui di solito l’eta media era cinquant’anni perché i giovani o stavano a lavorare o uscivano più tardi.
In pratica ciò significava sistemare le sedie. E dio solo sa come non sapessi sistemare le sedie. Le sedie negli eventi vanno sistemate a semicerchio, a partire dal palco in modo da dare spazio a tutti di sedersi e dare la migliore visione possibile. Io la prima volta le sistemai a rettangolo rispetto al palco e dovettero rimetterle tutte a posto. E pensai “Non so nemmeno sistemare le sedie”. C’erano continuamente cose da fare che non erano in programma ma che avvertivamo sarebbero avvenute. Non ero solo, c’era un ragazzo arrivato coi barconi a Lampedusa, che era inserito in un programma di inserimento regionale e chiamava “ Zia” la signora che lo aveva adottato a 24 anni e fumava sigarette senza filtro. Per farle un regalo spese quei due spicci che aveva per comprare il CD di una band che si esibì un giorno. C’era un italiano emigrato in Francia un un francese di Grenoble che era venuto per farsi una vacanza in Italia, c’era una studentessa universitaria che cercava di alzare crediti per la laurea, c’era un ragazzo che voleva fare volontariato a trent’anni che veniva dalla Toscana e aveva i genitori ricchi.
La solita accozzaglia di gente senza casa o fissa dimora in cerca di avventure. E poi c’ero io che cercavo di dimostrare qualcosa a mio padre o forse a me stesso.
Il secondo giorno mi spedirono ad inviare inviti a dei negozi, e non sapevo dove fossero. Mi diedero una mappa approssimativa del centro. Il significato di “ approssimativo’ è del tutto relativo, dato che un luogo o è in un posto o non c’è e quindi bisognava giare a caso, e andare per tentativi fino a trovare il posto.
Gli inviti erano per partecipare gli eventi e facevano 40 gradi all’ombra. Sudavo. Sudavo sempre. Ma non mollai, manco per il cazzo. Col cazzo che mi sarei fatto dire dietro che ero come quello che non portava le bottiglie d’acqua. Avrei dovuto metterci due ore. Ce ne misi sei. Tornati talmente sudato che la mia maglietta sembrava piena di scritte che in realtà erano le macchie di sudore che si erano create sopra.
Ma c’erano anche dei lati positivi nel fare quel lavoro, ad esempio ebbi la possibilità di incontrare persone. Incontrai Paolo Villaggio, che quasi non camminava, e all’epoca era già mezzo rincoglionito, e inarrivabile con tutti che lo tormentavano con domande intellettualoidi, mentre lui credo, volesse solo il suo cachet e andarsene. Poi, il poeta americano Marc Stand. Gli parlai dopo un evento. In quel periodo non parlavo ancora inglese e quindi mi feci aiutare nella traduzione dalla ragazza che faceva d’università e chiesi
“Pperché la gente al mondo soffre tanto. Come la sente un poeta oggi tutta questa devastazione?”
E lui rispose “ Parli inglese?” evidentemente no, e poi disse “Al mondo esiste la bellezza. La bellezza batte le armi. Ma gli uomini con le armi hanno il potere e la possono distruggere”.
Il che significa che si, gli uomini col potere possono fare un sacco di cose tremende, ma sono un artista e me ne sbatto il cazzo e continuo a fare cose belle anche senza soldi e potere.
Avevamo i buoni pasto per mangiare nel bar del centro, la sera o rubavo qualche pizzetta ad un rinfresco o andavo dal kebabbaro. Per sdebitarmi nell’ospitalità nella Stalla decisi di pulirla tutta. Ogni sera tornato a casa lavavo e pulivo per una o due ore. Nel corso di un vero e proprio restauro dell’abitato, non solo riuscii a scrostare i fornelli, ma anche a ritrovare sette o otto libri sotto un cartello stradale e una pila di bottiglie di birra vuote in cantina, e pulii la vasca da bagno, il quale aveva la finestra su un cortile interno che qualche genio aveva lasciato aperta, per cui erano entrati i piccioni in bagno e avevano cagato su tutta la vasca, macchiando il finto marmo plasticato che la componeva.
Ci misi ore a ripulire la vasca e nonostante i miei sforzi rimasero gli aloni stampati delle cagate dei piccioni. Mi lavai in quella vasca il terzo e il quinto giorno, poi quasi tutti i giorni della settimana seguente.
Mi ricordo lo schifo e il disgusto della primo lavaggio, cercando di mettere il telefono della doccia sopra di me, con le imposte della finestra che davano sul cortile interno che non si chiudevano. Cercando di non guardare in basso e non pensare cosa avrebbe potuto tirare fuori la vasca una volta che l’acqua avesse toccato il tappo, avrebbe potuto buttare fuori chissà quale schifezza, come un rigurgito.
Feci l’errore di lamentarmi della mia condizioni esistenziale con il mio ex professore di matematica che era un pezzo grosso dell’evento, e fu cosi che conobbi Pino Daniele.
La mattina ero uno dei pochi operativi perché la sera la passavo a pulire casa invece di fare come gli altri che andavo ai concerti e poi si presentavano alle 10.00 o alle 15.00. Ero li per dimostrare quello che ero capace di fare: spoiler. Non ricevetti mai un certificato né mi padre cambiò idea su di me: ero un giovane sfaticato, che non aveva lavorato quanto lui. Lezione numero quaranta sette: le persone tendono in maggioranza a non cercare prove che mettano in discussione le proprie convinzioni.
Pino Daniele aveva diritto ad un cestino, e glielo andai a sistemare nell’hotel in cui alloggiava e in cui sembrava ci fosse solo lui. Per chi non lo sapesse, il cestino fa parte delle condizioni contrattuali e gli organizzatori dell’evento devono soddisfare le richieste dell’artista. Per fortuna Pino, o “Tony” per gli amici in quel periodo era già mezzo cieco per via del diabete quindi non poteva richiedere granché ( snacks e alcolici tipo) il suo cesto era fatto di frutta e basta. Scendendo le scale dell’hotel dove alloggiava passai di fronte ad un divano, sul divano c’era un tipo che era appoggiato con le gambe distese e a fianco aveva una chitarra. Inciampai sulle gambe finendo a terra e mi rialzai bestemmiando. Le gambe erano quelle di Pino Daniele che faceva finta di niente. Lo guardai e smisi di bestemmiare.
Dato che mi ero lamentato, un pomeriggio mi fecero chiamare allo Sferisterio, dove la sera si esibivano gli artisti importanti. Il tizio che aveva costruito lo Sferisterio era un artista e un pazzo aveva costruito il palco del teatro che era un a cosa strana che si apriva a meta ed era piena di botole.
Entrai nel retro dello Sferisterio per andare nel sottopalco e c’erano tre ragazze in vestiti estivi che stavano gonfiando i palloncini. Erano le nipoti del tipo che aveva costruito il palco dello Sferisterio. Mi sembrava di essere in paradiso a gonfiare palloncini al fresco sotto il palco circondato di belle ragazze.
Avrei voluto poter usare il fatto di non stare a casa per portarmi qualche ragazza nel posto dove dormivo ora che stava diventato una tana igienizzata. Ma sudavo letteralmente tre magliette in un giorno. Puzzavo perennemente e ringraziavo di trovarmi all’aperto cosi le persone non se ne accorgevano. Puzzavo di sudore e dei sigarilli che mi fumavo. Il che mi rendeva impossibile ogni rapporto ravvicinato con il gentil sesso, inoltre per motivi a me sconosciuti, le ragazze riuscivano sempre a profumare anche se andavano in giro sotto il sole a quaranta gradi, mentre io odoravo di aringa affumicata lasciata a marcire sotto al sole.
I palloncini andavano portati dal sotto palco a delle casse che si trovavano fuori e che sarebbero state aperte la sera. ma faceva caldo, e i palloncini messi dentro quelle casse giganti scoppiavano, facendo pensare a Tony che ci fosse ogni 30/40 minuti un tentativo di assasinarlo, dato che essendo mezzo cieco, tutto quello che capiva era che c’era un botto a pochi metri da dove stava provando.
Quella sera andai al suo concerto, lo vidi girare per lo Sferiserio con due guardie del corpo. Le ultime due sere mi godetti il concerto di De Gregori e di Ian Anderson che erano davvero bravi a suonare. Tutti quegli anni gli avevano insegnato qualcosa.
Mi ricordo che i miei compagni mi invitarono ad andare all’ultimo after che era il blu della festa, ma rifiutai. Ho sempre avuto un problema con le feste “ufficiali” o dove almeno all’inizio bisogna tenere un contegno. Non so fare una conversazione di circostanza, né avrei saputo rapportarmi alle ragazze più grandi. O almeno così mi dicevo, anni dopo avrei scoperto la verità/
L’ultima notte dormii nella Stalla perfettamente pulita, senza più gattine di polvere e con un cemento ( il vero pavimento della casa era semplice cemento non piastrellato), in bella vista.
Tornai a casa con il bus e lo zaino pieno di panni sporchi, e tornati ad essere considerato, da lì a poco il solito stronzo di sempre.
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veesunderthetree · 2 years
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ITA entry 6: Knock-knock. Knock-Knock. Il Dottor Bly smise di scrivere freneticamente sui fogli del suo diario. Knock-knock. Tenendo la sigaretta tra le labbra e sospirando, finì di tracciare le linee dell’ultima parola con la modesta stilografica. Fece una bella pancia ad una lettera, tirò l’ultima riga con un tratto secco e sfilò la sigaretta per spegnerla. “Bly!” Una voce carica di gelò penetrò oltre la porta chiusa alle sue spalle, come un vento invernale che si tratteneva a malapena. Il suo piano di lavoro era coperto di libri e pezzi di ingranaggi scartati; un portagioie dietro il posacenere strapieno nascondeva boccette di scorte mediche e chicchi di caffè tostato che adorava sgranocchiare nel tempo libero. Il biondo, giovane dottore dagli occhi blu si portò una mano alla tempia: sapeva chi era. Farla entrare o non farla entrare? La cortesia gli avrebbe imposto la prima, ma la voglia di immergersi nei propri scritti gli suggeriva il contrario. Per di più erano due poli opposti della termodinamica, un getto vulcanico che si scontrava con un ghiacciaio degno della nobiltà di Londra. Ogni volta che le apriva, finivano per litigare su mille argomenti diversi: certo, parlando, ma pur sempre litigando. Il bussare ritmico smise dietro di lui e finalmente il Dottore trovò la forza di alzarsi dalla sedia e dirigersi verso l’uscio. “Si, Vivienne. Arrivo.” Percorse la piccola stanza con una falcata. Prima di aprire ci ripensò e si sistemò a modo il colletto della camicia, abbottonandolo, ed il bordo del gilet marrone che portava. La dignità non era proprio il suo forte, ma si poteva sempre migliorare, si disse con rassegnazione. Socchiuse la porta. “Bly. Alla buon’ora!” “Scusa Vivienne. Stavo scrivendo.” “Mi dici che ti prende?” Due occhi verdi glaciali e imponenti lo penetrarono come un colpo di pistola al cranio. “Perchè la nobile Vivienne è arrabbiata, stavolta?” le chiese sospirando, lasciando l’uscio per dirigersi verso il tavolo a prendere un’altra sigaretta. Una coltre di fumo aleggiava nell’aria e ben presto vi si sarebbe aggiunto quello che usciva dalle orecchie della giovane. Alta, bella, slanciata, quasi irreale. “Ti sei davvero rifiutato di fare le analisi a quel povero ragazzo? Davvero?!” Le dita candide della giovane si strinserò in un pugno. “Ti avevo detto di fargliele! Sei o non sei un Dottore? Non puoi rifiutare le cure mediche ai membri della nostra Loggia.” “Ti ho già dato le mie spiegazioni” Bly scrollò semplicemente le spalle, prese lo zippo e accese l’ennesima cicca. Ci pensò un attimo, poi ne passò una anche alla ragazza - avendole già rollate. La bocca della giovane si storse per un attimo, ma le sue mani accettarono il regalo. Forse era l’unica cosa su cui andavano veramente d’accordo. “Bene, ripetimele, ti supplico” le rispose lei irrigidendo la schiena. La vide spostarsi sul bordo della porta e poggiarsi all’intercapedine in vecchio, affidabile legno. “Primo, ti ho già detto che quel ragazzo è un azzardo medico ambulante. Secondo, tu lavori coi morti ed io coi vivi.” “E questo ti solleverebbe dall’incarico?” Vivienne puntò il mento aguzzo contro il petto e si mise a braccia conserte, facendo scivolare la sigaretta tra le dita affusolate, mentre Bly si puntava con l’anca sul bordo del tavolino in una posizione tutt’altro che comoda. “Si, e non solo: ti ricordo che il giovane è divorato da una colonia di funghi. Se è ancora vivo non solo nessuna analisi che io possa fare è più accurata di queste parole, ma le spore degli esseri vegetali che lo abitano potrebbero perfino spandersi e contaminare tutto il resto dei presenti. Non ci tengo.” “Ed io non ci tengo a darti ragione, pur con tutte le tue dannate spiegazioni. Non sono nient’altro che scuse.” “Sai che non è vero.” “... e per di più, così facendo, lo metti in condizione di provare vergogna per quello che è. Cos’hai nella testa che non va?” “Ti sembra che qualcuno di noi sia normale?!” Stavolta Bly resse lo sguardo di Vivienne in un impeto d’ira rovente che impregnò la stanza, probabilmente anche la sua anima. Vinse il confronto per un attimo ma volontariamente abbassò lo sguardo, sopprimendo la rabbia con la cortesia. La ragazza lo sfidò duramente con gli occhi ma poi portò le braccia in grembo e sembrò addolcirsi leggermente. “Senti, lasciami parlare senza troppi giri di parole. So come ti senti. Te lo assicuro.” Vedeva le praterie verdi dietro le sue iridi, avrebbe giurato che irradiavano una pace immensa. “Pensi di essere un paria, ti senti solo e assoggettato al volere degli altri. Anch’io lo penso, alle volte. Ma davvero, davvero: loro non lo pensano. Non siamo gli unici a sentire il peso del mondo.” “Vivienne...” “Zitto” lo riprese lei, portandosi finalmente la sigaretta alle labbra. Mordicchiò il sottile filtro, mantenendo il silenzio per un secondo. “Questa loggia ha mille problemi e mille persone che non sanno dove hanno casa, famiglia. E’ un posto sicuro per chi non sente di appartenere nessun luogo del mondo. Vuoi allontanare l’ennesimo povero sulla porta; desideri davvero mandarlo allo sbando, da solo, nel mondo?” “Io...” “Probabilmente non ha altro posto se non questo.” “...” Bly si morse il labbro, sentendo l’ira scemare per far posto ad una profonda vergogna. Aspirò avidamente dalla sigaretta e si voltò per non far trasparire le proprie emozioni. “Hai ragione.” “Felice di averti convinto.” “Ma...” Il Dottore le passò con un breve lancio lo zippo, che lei prese agilmente. La ammonì con un dito. “...trovati pronta a farmi scorta di disinfettante. E tessuti. E guanti. E assicurati di sterilizzare tutto nell’infermeria. Non lo visiterò se non ben protetto, non voglio un’infestazione di funghi parassiti sui nostri membri.“ Lei sorrise, prima con arroganza, poi con dolcezza. Vivienne era formalmente il capo e a lei nulla si poteva ordinare, ma qualche volta... solo qualche volta, abbassava quello scudo posto tra lei ed il mondo, si abbassava dall’alto della gradinata che aveva messo a protezione, e lo ascoltava. “Sarà fatto... Dottore.” La giovane mora scivolò via dalla porta come un’ombra dal vestito verde scuro, portandosi dietro il suo zippo. In lontananza la sentì accenderlo: sospirò e chiuse la porta un po’ più sollevato, spegnendo la sigaretta consumata sulla pila tronfia di quelle già accumulate nel posacenere.
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ross-nekochan · 2 years
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Ed eccomi qui, sfastriosa come qualche volta mi capita di essere, a scrivere cose che ho già scritto ma che non riesco a non scrivere di nuovo.
Durante la passeggiata di oggi ho pensato a tutte le cose che avrei voluto fare e che non ho fatto. Volevo studiare l'inglese per prendere la certificazione e non l'ho fatto, volevo tradurre la tesi e non ho nemmeno finito il primo capitolo, volevo entrare in qualche associazione culturale e non l'ho fatto, volevo, volevo, volevo e non ho fatto niente. Se ci penso è che a Settembre/Ottobre mi ci sono messa pure a studiare inglese, poi è arrivato Novembre pieno di colloqui e di pensieri, poi Dicembre pure qualche colloquio l'ho avuto, poi Natale ed eccoci a Gennaio. Vero è che non ho mica colloqui tutti i giorni però, non so il perché, mi si occupa la testa vedo solo Linkedin e Indeed e le giornate così se ne vanno via, senza che io abbia fatto niente, in sostanza.
Che poi, colloqui che boh, vorrei che vadano bene perché chi non lo vorrebbe ma in realtà io non lo so mica quello che voglio. A volte penso di fare il dottorato a 30 anni prendendomi una pausa e accumulando soldi, altre volte vorrei cominciare già da ora se non fosse che mentalmente è un'anticipazione grossissima, oltre a non sapere bene come funziona (ancora) il tutto. Poi penso alle cose pratiche: cosa pesa per me sulla bilancia, più lo stipendio o più la voglia di fare una cosa più piacevole di un'altra? Una mia amica mi diceva l'altro giorno:"Non è possibile che mi sono già scocciata di questo lavoro dopo solo 4 mesi". A me pareva di essere l'unica a fare sti pensieri e invece siamo tutta una generazione.
L'unica cosa che ho "concluso" (tra virgolette perché è giusto una cosa da mettere a curriculum) è questo corso a Londra che farà credere alla gente che non sto "perdendo tempo". Che poi in fondo se guardo altre vecchie amiche, laureate in tempo e quindi 2 anni prima di me non è che stanno messe meglio di me: una lavora sottopagata in una scuola privata, un'altra è vero che è partita in Giappone a sue spese per frequentare l'università da "assistente" del prof, ma dopo 1 anno di stasi. Io sto a 3 mesi e già mi lamento.
Il fatto è che, se non mi fisso degli obiettivi e vado alla deriva come adesso, mi pare di perdere tempo perché non faccio nemmeno una di quelle cose che mi ero prefissata di fare. Forse, se questo giro di colloqui va male, mi ci metto sul serio anche se so che vivrò col senso di colpa di essere una vera e propria NEET.
D'altra parte, bramo il ritorno della mia indipendenza come fosse ossigeno e per farlo devo per forza avere un lavoro e andare via da qua, ma ultimamente ho colloqui con aziende qui vicino e se me ne andassi il mio proposito di accumulare soldi per il dopo andrebbe a farsi friggere.
Guardo i "grandi" già arrivati nel mondo della cultura e mi chiedo: come hanno fatto? Come hanno fatto i TLON? Come ha fatto Chiara Valerio da insegnante e dottorata in matematica a lavorare adesso per le case editrici? Come ci si muove in questo marasma chiamato vita? Forse è semplicemente che la gente FA, io no. Ce le avrei pure qualche idea culturale da far nascere su Instagram però da una parte penso sempre che non sarei il profilo blessed dell'algoritmo e che sarei il solito profilino da 200 follower così come è successo al profilo fitness (che ok ci ho messo impegno zero proprio but still).
Londra, magari potessi andarmene per un po' lì. Sarebbe una cazzo di esperienza. Ma da qui è impossibile e per andare lì serve sempre il cash. Circolo solito.
La mia email universitaria sta per essere dismessa perché sono 6 mesi che mi sono laureata. A volte mi chiedo se è successo veramente, perché non ci posso ancora credere che è finita, tant'è vero che volevo anche andare a Napoli a frequentare qualche corso all'uni per aprirmi la mente, come mi piace sempre fare. Secondo voi l'ho fatto? Risposta corretta.
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mykingdommusic · 2 months
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PANTHEØN BAND: a life on the razor’s edge
È incredibile come la musica permetta alle persone di rimanere giovani. Lo dimostrano i PANTHEØN BAND veterani della scena Hard Rock romana, cinque rockers che con la loro voglia di creare e suonare musica originale e senza compromessi se non i propri gusti e le proprie passioni, hanno dato vita a "Upswing" nuovo album che uscirà il prossimo 27 Settembre. Tommy e Gilberto, rispettivamente basso e chitarra della band ci hanno permesso di entrare nel loro mondo.
1.     I PANTHEØN BAND sono un gruppo abbastanza giovane dal punto di vista delle uscite discografiche, il debutto "Five Lines" è solo del 2020, ma è composto da musicisti con molta esperienza sulle spalle. Ci vuoi presentare i componenti della band e quanto le esperienze passate hanno influito in questo gruppo?
Gilberto: Il gruppo è formato da Bruno Baudo alla voce, Marco Quagliozzi alle tastiere e Hammond, Gilberto Giangolini alla chitarra, Tommaso Conti al basso e Mario Quagliozzi alla batteria. Tutti i componenti del gruppo hanno una lunga esperienza in diversi gruppi con una vita di live. In particolare Marco Quagliozzi è stato ed è ancora turnista per artisti  importanti del panorama musicale italiano ed internazionale tra i quali Bobby Solo e Linda Gail Lewis (sorella di Jerry Lee Lewis) e tanti altri. Tutti hanno il blues e l’hard rock nel cuore. Da questo bagaglio di esperienza è nato spontaneamente questo album, frutto del nostro amore per la musica.
2.     Il sound della band è molto legato alla scena Hard Rock internazionale soprattutto inglese ed americana. Nella mia descrizione ho parlato di "un progetto capace di avere il cuore rivolto al passato ma con la mente e l'anima proiettate verso il futuro". Quanto vi ritrovate in questa descrizione e quanto è stato difficile inserire in questo contesto la vostra essenza e le vostre dinamiche tanto che alla fine il tutto risulta estremamente personale?
Tommy: Questa frase mi è piaciuta subito perché sono convinto che il passato non va dimenticato: è la nostra vita, il nostro vissuto, le nostre esperienze che ci hanno formato, ma non dobbiamo rimanerci incagliati; mentre per quanto riguarda il futuro è necessario avere sempre una buona progettualità. L’importante comunque è il presente e viverlo con equilibrio, cosa di cui, credo, siamo sempre tutti alla ricerca.
Gilberto: I brani che proponiamo risentono sicuramente della nostra storia musicale ma l’unione di musicisti con esperienze musicali diverse ci ha consentito di scrivere brani che, a nostro parere, sono attuali sia nei suoni sia a livello compositivo.
3.     "Upswing", è il vostro secondo album dopo il debutto "Five Lines" uscito nel 2020. In che modo questo nuovo lavoro si distacca dal precedente e quali sono secondo voi i punti che maggiormente vi rendono orgogliosi di esso?
Gilberto: Questo album ha visto il cambiamento del cantante e del chitarrista, due elementi che possono influenzare significativamente la composizione dei brani, in particolare per la musica che proponiamo. Rispetto al primo album i brani sono più elaborati ma nello stesso tempo spontanei, infatti sono stati composti in poco tempo con un’intesa tra i componenti che è difficile trovare. I brani dell’album ci rendono orgogliosi perché esprimono alla perfezione ciò che abbiamo nell’anima.
4.     A livello di testi cosa potete anticiparci? C'è un filo conduttore tra i brani?
Tommy: Assolutamente si, stiamo parlando di un concept album. Una storia a lieto fine che ci farà viaggiare al fianco del protagonista, che abbiamo chiamato Eddie ma potrebbe chiamarsi con qualsiasi altro nome perché potrebbe essere la storia di tanti di noi. La storia racconta appunto di Eddie, che vive una vita che gli va stretta, una vita fatta di compromessi opprimenti, quelli che paghi in ore di sonno mai dormite, in digestioni mal riuscite e voglia di fuggire via. Eddie che ha vissuto delusioni in amore, che si è sentito schiacciato dai falsi bisogni dettati da questa società consumistica dove anche l’aria che respiri è al servizio del dio denaro. Eddie alla fine comprende che la vita non è in quel cupo, scuro vortice di falsi bisogni indotti, ma nella luce della libertà di essere ciò che siamo nati per essere.
5.     Uno delle canzoni che maggiormente rappresentano questo nuovo lavoro è sicuramente "Man On The Run" tanto da esserne diventato il brano apripista e primo singolo estratto da esso. Quanto vi rappresenta in termini musicali o è solo un pezzo della vostra dimensione stilistica?
Gilberto: “Man On The Run” è il brano che forse più rappresenta la “storia” che vogliamo raccontare con questo album. In termini musicali ci rappresenta bene ma è sicuramente necessario ascoltare le altre composizioni, che riflettono i diversi stati d’animo del protagonista della storia e che mettono in risalto i diversi bagagli musicali dei musicisti che formano i Pantheon Band.
6.     PANTHEØN BAND sembra essere nato proprio per portare on stage la vostra musica, tanto che alcuni brani già te li immagini in quella dimensione. Cosa dobbiamo aspettarci da questo punto di vista?
Tommy: Vero! Nonostante il lavoro in studio sia diventato per me piacevolissimo (confort zone) continuo a ripetere da sempre che la nostra è una LIVE Band, cioè è proprio sul palco che riusciamo ad esprimere tutta la nostra forza.
7.     Molto bello è l'aspetto grafico dell'album nella sua versione fisica, ovvero il CD. Un libretto di 24 pagine, ogni canzone con una propria immagine di riferimento, un lavoro enorme che però chi avrà il CD potrà apprezzare sicuramente. Quanto questo aspetto è importante per voi con questo album?
Tommy: Ti ringrazio di queste parole. È sempre molto importante che in un lavoro discografico la musica venga accompagnato da immagini accattivanti e inerenti. Ho curato tutto l’Artwork dell’album e ne sono veramente orgoglioso, in particolare del booklet, del quale azzarderei a dire che da solo vale il prezzo del CD. Sto cercando di capire se sia possibile renderlo fruibile anche a chi usa solo le piattaforme digitali per ascoltare musica.
8.     Quali emozioni provate ad un paio di mesi dall'uscita dell'album e soprattutto cosa vi aspettate?
Tommy: Abbiamo lavorato duro, a volte in maniera maniacale e simo molto soddisfatti di UPSWING; al momento ci godiamo l’uscita del primo singolo Man On The Run che sta andando molto bene su Spotify e Youtube grazie all’ottimo lavoro di promozione che sta facendo la nostra nuova Label: Club Inferno Ent. costola della My Kingdom Music.
Gilberto: Ci siamo divertiti a comporre questo album e non vediamo l’ora di far conoscere gli altri brani al nostro pubblico. La cosa più bella per un musicista è condividere la propria musica per divertire e far sognare le persone.
9.    Un saluto finale a chi leggerà quest'intervista?
Tommy: Veniteci a trovare nei nostri canali ufficiali (Sito, Facebook, Instagram, YouTube) e scriveteci le vostre impressioni, i vostri commenti sono più importanti dei “Like” ma, soprattutto, speriamo di vedervi numerosi ai nostri live!
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alephsblog · 4 months
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Io non ho mai criticato Karem pubblicamente, e penso che le scaramucce tra gente che segue questa guerra dovrebbero sparire di fronte all’enormità degli eventi. Ma lui non la pensa così, attacca di continuo, e credo non smetterà mai di dedicarsi soprattutto ai giornalisti (potrebbe usare meglio i suoi minuti di reel e le sue battute nei tweet) finché qualcuno non gli risponde.
Nei video di Karem ci sono molte imprecisioni (per essere generosi). Non è il suo ruolo cercare le notizie e verificarle, non mi è mai venuto in mente di accusarlo per questo, ma potrebbe almeno lasciar fare ai giornalisti, che invece di questo si occupano, il loro lavoro. Nei video di Karem si parla davvero pochino di Hamas: ed è impossibile capire che succede qui tralasciando Hamas. Oscurare i crimini di Hamas contro i palestinesi — non contro gli israeliani — è un torto che Karem fa quantomeno ai suoi follower, non a Israele.
È pieno di palestinesi e di iraniani che (avendo molto più da perdere di Karem, che ha un passaporto israeliano e uno italiano) raccontano in modo schietto gli orrori di Hamas: quella volta in cui Hamas ha ammazzato quattrocento palestinesi che gli si opponevano, alcuni buttandoli giù dai grattacieli; quella volta in cui ha torturato delle attiviste palestinesi; quelle migliaia di razzi tra quelli che Hamas ha lanciato che sono caduti dentro la Striscia di Gaza uccidendo, ferendo, distruggendo automobili e case di palestinesi. Sono migliaia, non uno.
Ieri il leader di Hamas ha detto che c’è bisogno del sangue di bambini e donne palestinesi — qui sotto Karem prova a mettermi alla gogna perché l’ho riportato. Strano che a un palestinese non dia fastidio che un signore col culo al caldo voglia la morte di bambini e donne palestinesi, e che invece gli dia così tanto fastidio la giornalista che riporta la frase. I palestinesi non sono Hamas. Ai palestinesi che conosco io fa incazzare parecchio quella frase, molto più di quanto faccia incazzare un occidentale: perché è del loro sangue che si sta parlando, non del nostro.
Parlare degli attacchi di Hamas contro i palestinesi, cosa che Karem non fa, serve a illuminare la distinzione tra Hamas e i palestinesi. Ergo: non serve a giustificare le seimila bombe israeliane che colpiscono anche i civili – serve a fare esattamente il contrario.
A Gaza c’è una guerra ogni quattro anni, ma non ci sono i bunker. Perché Hamas in oltre un decennio non ha mai costruito dei bunker? (Sa costruire i tunnel per proteggere i missili). Perché le immagini dei palestinesi morti gli piacciono e gli servono — lo ha ribadito anche ieri. Proprio come piacciono al ministro Ben Gvir o agli estremisti israeliani che vanno in collina per godersi i bombardamenti su Gaza (gli estremisti sono l’8 per cento degli israeliani che hanno votato).
Questa furia di Karem non contro le forze armate israeliane, ma contro dei giornalisti che stanno sul campo, che hanno raccontato la violenza impunita dei coloni israeliani e hanno intervistato i familiari delle vittime a Gaza, per il semplice motivo che raccontano i crimini di Hamas, non mi pare buona.
Karem non è mai stato a Gaza. Karem ha chiesto a me una mano per entrare a Ramallah, che sta al resto della Cisgiordania più o meno come il Canada sta al Sudan. È riuscito a entrare in Palestina molti giorni dopo i giornalisti che lui insulta, evidentemente ha meno contatti tra i palestinesi in Palestina di molti di noi. Nel frattempo i giornalisti avevano dato voce ai palestinesi dei posti complicati, quelli di Nablus, di Jenin, di Tulkarm – mentre lui era ancora in Israele a fare video sui giornalisti.
Come Karem e altri qui sanno, seguendo io l’Iran, di solito non seguo Israele per ragioni banali di timbri sul passaporto e di burocrazie dei visti giornalistici. Gli insulti a me sono i meno gravi.
(Cecilia Sala)
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mascheradaguerra · 6 months
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06 aprile 2024
Non so da quanto tempo non scrivo, probabilmente mi sono fatta una maledizione che fa si che non riesca più a mettermi a sfogarmi con la penna, come ho sempre fatto. Scrivere ha sempre buttato fuori ciò che di marcio che avevo e forse il fatto di buttarlo in un blog dove lo possano leggere tutti mi aiuta a non mettere piede qui dentro. Oggi faccio uno sforzo perché vorrei scrivere i miei desideri, le mie speranze e sperare che un giorno rileggendo questi post scopra di averli davvero realizzati.
Sono in un momento della vita in cui ho bisogno di sognare e sperare nel bello e nel positivo, sperare nei miracoli, di riuscire a vedermi davvero all alba dei miei 30 anni come la donna che desideravo essere: ambiziosa, curiosa, determinata, allegra, coraggiosa, sorridente, positiva e spensierata.
Non voglio più farmi sporcare da nessuno, non voglio più vivermi la vita degli altri facendola mia. Non voglio sentirmi responsabile di risolvere i problemi a chi gli ha creati, non voglio dovermi sorbire le conseguenze degli sbagli di chi non conoscevo realmente.
Sono diventata grande ormai, ed una delle cose che ho fatto più fatica a comprendere è l avarizia dell essere umano. I soldi cambiano le persone. le rendono invidiose, cattive, imbroglione, ladre, spavalde senza neanche la consapevolezza di esserlo.
Il potere, la fama giocano brutti scherzi e giocare a fare il ricco ti conduce a diventare povero perché non hai gestito bene il denaro.
Sono stanca della mia insonnia, della mia poca voglia di vivere, del mio autosabotaggio verso la positività, l autostima.
Sono stanca di sentirmi stanca, annoiata, demotivata, triste.
Si parliamo dei miei sogni. Il mio sogno è quello di riuscire ad avere così tanto successo nel mio ambito lavorativo da poter dire di esserci riuscita da sola, da poter aiutare gli altri, da poter tirare un super sospiro di sollievo per un po' di mesi senza dovermi occupare di niente se non di stare ancora meglio mentalmente spiritualmente e fisicamente.
I soldi in questo senso risolvono i problemi in primis con sé stessi. Andrei dai migliori psicologi, dentisti, coach motivazionali, insegnanti di lingue, insegnanti di marketing da avere la testa così tanto piena di informazioni da essere soddisfatta della mia persona.
Risolversi dev essere una gran bella soddisfazione, guardarsi allo specchio senza vedere difetti, ascoltare i propri pensieri e non sentirli negativi e non sentirli al passato. Se mi risolvessi sarei meno fredda, più amorevole, più aperta, più loquace e sicuramente supererei tanti limiti e tante paure che mi son creata da sola e con gli altri.
Assurdo che in questa vita si possa solo che andare avanti, vuoi o non vuoi ti tocca rialzarti sennò ne paghi le conseguenze.
Continuo a sbagliare con me stessa, stesse dipendenze, orari malsani, cibo malsano, no esercizio, solitudine, fumare, computer, gioco.
Al momento sono priva di interessi, nemmeno a lavoro mi sto dando da fare. Non mi sento stimolata, non mi sento creativa.
Ho bisogno di fare cose nuove per avere una nuova vita. Devo esplorare i miei interessi. Come la poesia, le basi musicali, il ritocco foto, il fare foto, lo scrivere, il giardinaggio, il mio amore per i gatti e per i dolci, il compravendere, il basket, la palestra, le passeggiate.
Ho bisogno di ossigeno, ho bisogno di respirare una nuova aria che mi dia una nuova carica. Staccare la spina per poi riprenderla.
Non voglio più sentirmi debole, non voglio più sentirmi triste, non voglio più sentirmi angosciata, non voglio più sentirmi impaurita, non voglio più sentirmi isolata, non voglio più sentirmi impaurita, non voglio più sentirmi incapace di raggiungere i miei obiettivi e realizzare i miei sogni.
Voglio essere capace ad amare, essere capace a vivere, a danzare sotto al pioggia, a ridere delle disgrazie a non entrare nella vita altrui e assorbirne i problemi
Devo imparare a lasciar andare,ad aver pazienza,a non colpevolizzarmi, a non essere dura con me stessa, a smetterla di farmi così tanti problemi e tante domande.
Non sono una ragazza brava ma neanche una ragazza stronza. Sono una ragazza che si fa i cazzi suoi, che cerca di fare stare bene gli altri ma che allo stesso tempo non si prende troppe confidenza e sta riservata nel proprio mondo
Sono introversa essendo estroversa perché ho capito che le persone per la maggior parte vogliono da te qualcosa in cambio e se ne non la ottengono se ne vanno, e io stessa sono così.
Mi sono isolata dai miei amici, mi sono isolata dal mio ragazzo, mi sono isolata a lavoro... Non è questa la soluzione, devo riaprirmi al mondo ed essere felice di me stessa comunque vada almeno provarci, almeno solo per il gusto di provare un esperienza in più.
Non voglio più essere la marionetta della mia famiglia, non voglio più cercare di unire qualcosa che non si vuole unire. A quanto pare non sarò io a fare capire loro i loro sbagli con la speranza di ripercorrere un passato felice. E non sarò purtroppo neanche io a vederli felici.
Altri traumi nella mia vita. Altre situazioni di disagio mi fanno vivere nella ansia e nella paura per il futuro. Questa volta però voglio vivermela positivamente vedendo il lato positivo nella vita
Andrà tutto bene e ne sono sicura, tutto mi insegnerà ad essere più forte, ad uscire dal guscio, a smettere tutto questo autosabotaggio che continuo a fare a me stessa per non sentire l ansia che ugualmente c'è, ma un po' in maniera più attutita.
Devo smetterla di fumare, devo smetterla di sembrare stupida, impacciata, troppo accondiscendente e troppo chiusa.
Non so più cosa altro dire se non che spero di leggere tra un po' di tempo questo post e sapere che qualsiasi problema famigliare si sia risolto.. a scriverlo mi sembra e prendermi in giro ma ci spero davvero tanto di avere una famiglia unita felice e soddisfatta di sé stessa
Spero che il mio karma sia positivo e che mi dia tante gioie e soddisfazione dopo l ultimo anno di merda che ho passato.
Quello prima amoroso e adesso quello famigliare e l anno ancora prima quello lavorativo..spero che ci sia un bel e vissero felici e contenti
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immagina lavorare come pr il fine settimana e saltare un sacco di serate perché non hai gente o non hai un passaggio o entrambe le cose (sono senza auto)
immagina poi arrivare la sera che hai gente oltre a non avere un passaggio devi pure pagare la lista per entrare perché non ti hanno dato il pass lavoro Ma SEI SENZA UNA LIRA
secondo voi perché mantengo sto lavoro? solo per divertimento o con la speranza di inserirmi bene così guadagno bene come tutti? cazzo, ragionate.
mi sono fatta un altro pianto e ho voglia di annullare il viaggio prenotato mesi fa quando ancora lavoravo proprio perché riesco a finire di pagarlo al centesimo e mi sembra assurdo. preferisco non viaggiare che essere squattrinata anche fuori dall’Italia. e menomale che parliamo di un viaggio economico e non delle Maldive.
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mooddarkside · 10 months
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GIORNO 8
sono qui da ormai una settimana, devo dire che il freddo e la neve non mi stanno dispiacendo (tranne quando devo uscire a fumare e ho dimenticato il giubotto in camera). i colleghi non li ho inquadrati tutti, e di alcuni non ricordo ancora i nomi. per quanto riguarda gli altri animatori il mio responsabile mi sembra il classico figlio di papà stupido come pochi, milanese, che pensa solo a far festa, ubriacarsi dalla mattina alla sera e non fare un cazzo, tanto in qualche modo dei soldi entrano e li può buttare via a cazzo. quel tipo che scarica tutto agli altri perché non ha voglia di respirare, morto di figa che appena vede mezzo culo è lì a parlarci dietro..... ma ha anche dei difetti.
già in una settimana diciamo che diverse volte mi ha fatto venire quella voglia irrefrenabile di tiragli due cartoni in faccia a fargli cadere la poca dentatura rimasta, per quella sua arroganza e per quel suo modo di far vedere che è il capo solo quando gli conviene e deve apparire, ma poi continua a non fare un cazzo.
ora..... non so se è una cosa normale, ma il punto è che essendo in 3 e l'altra è una ragazza abbastanza addormentata e sensibile, tale da entrare nel panico e mettersi a piangere ogni volta che le viene ripresa un errore, anche la più piccola cazzata.
parlo di lei? beh si ci ha provato con me.... la sera del primo giorno che ero qui. ma a me non piace proprio, né fisicamente, né caratterialmente.... diciamo che l'avevo iniziata ad odiare già da quando ho scoperto, un mesetto fa, che avrei dovuto lavorare con lei.
una persona che cerca di tenere tutto sotto controllo, ma che puntualmente non ci riesce e tende a risultare assillante e invasiva. soprattutto molte volte mi verrebbe da dirle.... ma mi spieghi chi cazzo ti ha chiesto tutto ciò? in una settimana so quasi tutta la sua vita, con morte e miracoli annessi.
il problema che pretende che io le racconti tutto di me (cosa che sinceramente ho deciso di non fare più, visto tutti i cazzi in culo che mi sono preso quando l'ho fatto) e il modo come ha iniziato a chiedermi informazioni, al telefono, via messaggio,5 minuti dopo essere stati inseriti nel gruppo dell'agenzia me l'hanno messa, suo malgrado, dalla parte sbagliata del cazzo.
quindi cara mia.... mi dispiace ma a costo di farmi l'intera stagione in bianco, non succederà mai di fichi ficcare.
parliamo del posto? le dolomiti spettacolari.... panorami mai visti che mi hanno fatto rimanere a bocca aperta, ma per il resto il mio hotel sta in mezzo al nulla. prima di arrivare al paesino ci vuole mezz'ora di strada in macchina, che indovina indovina... io non ho. quindi non mi posso muovere manco per il cazzo.
non sono ancora riuscito a mettermi 2 minuti in tranquillità a suonare, perché finora ho avuto 0 momenti liberi e sono stato a correre a destra e a manca (ovviamente a fare anche lavoro che non mi spetta), e la sera sono stato abbastanza felice di organizzare le serate di animazione, e fare il dj quando serve. ma ovviamente il qui presente Samuele Sfiga poteva avere una vita tranquilla? ovvio che no....
il padre del capo ha la camera da letto sopra la sala che usiamo per fare le serate, quindi ogni sera metto un po di musica e vengo richiamato per il volume, anche più volte, fino a quando non vengo costretto a staccare.... dopo appena un'ora di serata...... porcoddio. e l'indomani si continua con la cazziata direttamente faccia a faccia.
in appena 6 giorni di lavoro sono stato richiamato 5 volte...
ora mi chiedo.... cosa dovrei fare? da una parte la gente mi chiede di aumentare perché vuole cantare, ballare, si vuole divertire cazzo.... e io ovvio che voglio farle divertire e divertirmi pure io.... e dall'altra ci sta il direttore senior che mi rompe le palle ogni 20 minuti.
per oggi penso sia tutto. al prossimo episodio del diario di un animatore
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cara--vita · 1 year
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Il bisogno spasmodico di organizzare cose, di avere novità, di girare, viaggiare, FARE. Non perdere tempo. Essere qualcun altro oltre le quattro mura del lavoro. Diventate grandi ma bravi a non invecchiare. Quei 20 anni che non tornano indietro e la sola voglia di fermare il tempo lì. Nel limbo eterno dell’università. Quando non dovevi scegliere nient’altro che la facoltà e il pub in cui passare il sabato sera. Quella spensieratezza lì mi mancherà per sempre, perché l’ho vissuta tutta fino alla fine ed è terminata. Si è trasformata in progetti grandi da realizzare. La casa, la famiglia, tenerti il lavoro. Un’ansia del tempo immane perché siamo nati con la pressione del dover dimostrare. Far vedere. Dire agli altri dove siamo adesso. In tutti i sensi possibili, in che punto della nostra vita siamo, se abbiamo già fatto figli o se siamo entrati un’azienda. E in che punto del mondo siamo adesso: new york, roma, al mare, in montagna, a casa, o peggio a casa dei tuoi. Ci sentivamo la vita nelle mani e mai potró scordare quella sensazione. Appagamento, felicità, emozione, voglia di fare. Le serate migliori peró io me le ricordo a un tavolo o su un divano a parlare, bere e fumare. Prima del caos. O dopo. Quando la città si addormentava o si risvegliava. Mi ricordo anche le albe senza luce e quelle col sole che rifletteva sul mare. Ricordo frittate cucinate alle 6.30 del mattino, prima di dormire. La notte scambiata per il giorno. Il giorno per la notte. Il pranzo alle 17 del pomeriggio. Il rumore del vetro che si infrange nel bidone quando abbiamo deciso di mettere a posto casa prima che arrivasse la padrona e buttare via tutte le bottiglie che avevamo collezionato nelle nostre serate memorabili. O anche quelle molto meno memorabili. Le volte che ho fatto le valige. I treni, i pullman, gli aerei, le camminate lunghissime. I lidi. Le liste per entrare. Le birre nascoste per non pagare 10€ il cocktaik. Le case che ho cambiato. La ventata di novità e speranza ogni volta che entravo in una. Le persone con cui sono cresciuta, a cui mi sono legata. Chi ho perso per strada. Tutto ció che ho trovato.
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