mynameis-gloria · 2 years ago
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diceriadelluntore · 4 months ago
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Storia Di Musica #330 - Franti, Il Giardino Delle Quindici Pietre, 1986
Nel cartone della soffitta il disco di oggi è quello più emozionante. Lo è per la rarità, per la qualità, per la storia che lo accompagna. Quando ho detto a mio papà che avevo ritrovato questo disco, sebbene con piccole macchie di umidità sulla copertina, si è emozionato un po’. Fu un regalo di una persona che lavorava alla Lega Coop in Piemonte, che volle regalargli questo disco dato che conosceva la storia di questa formazione e li andava a sentire quando suonavano nei centri sociali. La storia di questa formazione è in un modo del tutto particolare, unica e irripetibile e ha segnato una parte non così piccola del rock italiano, nonostante siano oggi, ahimè, sconosciuti. Tutto comincia a Torino, seconda metà anni ’70. Un gruppo di compagni di scuola, Stefano Giaccone al sax, Massimo D'Ambrosio al basso, Marco Ciari alla batteria e Vanni Picciuolo alla chitarra, con le incursioni vocali di Lux, cantante dei Deafear, formano un gruppo, la Guerrilla’s Band, che dopo tanta gavetta si autoproduce due singoli su cassetta, No Future e Last Blues, nel 1981. Poco dopo convincono una cantante, Marinella Ollino, in arte Lalli, a diventare la cantante del gruppo. Che ne frattempo cambia nome in Franti, dal nome del personaggio del libro Cuore di Edmondo de Amicis, sinonimo di insubordinazione. Passano dal jazz rock con evidenti omaggi e riferimenti al rock progressivo della scena di Canterbury ad un eclettico mix di jazz, rock, punk, funk che non ha paragoni. Oltretutto, si autogestiscono in tutto, dall’organizzazione alla produzione (non si iscriveranno mai alla SIAE) e fonderanno una propria etichetta discografica, la Blu Bus, con cui produrranno i lavori dei valdostani Kina e di un famoso gruppo “hardcore punk” di Torino, i Contrazione. La formazione ruota intorno a Giaccone, Picciuolo e Lalli, ma in ogni occasione suonano amici, musicisti invitati, quelli della prima ora e band di compagni che condividono gli ideali dei nostri in una sorta di collettivo musicale, tra l’ensemble e una comunità artistica. Prima prova discografica sono le 500 copie di Luna Nera, uscita solo in cassetta e poi in vinile, nel 1985, quando pubblicano Schizzi Di Sangue, sempre su musicassetta e sempre stampata in pochissime centinaia di copie, opera questa che unisce poesia e canto, altra prerogativa della band. La scena alternativa italiana, politicizzata, antagonista, desiderosa più che mai di contribuire ad una descrizione della vita vera nelle canzoni, ha un colpo fortissimo quando i CCCP passano ad una etichetta “commerciale, la Virgin. Sembra il tradimento di ogni cosa. Ma nello stesso anno arriva il disco di oggi, che nonostante il successo molto relativo, rimane un esempio formidabile di quello spirito tradito.
L’idea del titolo nasce da una leggenda del Giappone medievale secondo la quale a Kyoto, voluto da un illuminato imperatore, esista un giardino con quindici pietre, ma da qualsiasi punto lo si osserva se ne scorgono sempre e solo quattordici. Il Giardino Delle Quindici Pietre esce nel 1986 in edizione limitata a 1550 copie (che è quella che stava nella scatola). In accompagnamento, un libretto che oltre che i testi raccoglie poesie, idee politiche, spunti per le discussioni dopo i concerti, pagine di libri mai scritti, poesie, disegni. Il disco fu registrato al Dynamo Sound Studio dal febbraio al maggio 1986 tranne una traccia registrata nel febbraio 1985 al Synergy Studio. È un disco universo, fatto di passioni musicali e politiche, dove i generi, anche di arti differenti (cinema, recitazione, arte figurative) si mescolano a frammenti di punk che esplodono dopo musiche jazz, un disco che ammalia e affascina. Si apre con un testo del cantante giamaicano Linton Kwesi Johnson, che diventa Il Battito Del Cuore, un brano reggae-dub dove Lalli recita e non canta il testo e Giaccone ricama di sax. Acqua Di Luna, che è del 1985, è ipnotica. L'Uomo Sul Balcone Di Beckett è un’amarissima analisi, quasi una ode dolente, alla natura metropolitana umana, che finisce così: Perché quei fantasmi che si siedono con me a fumare sul terrazzo, che girano la chiave della mia serratura nel cuore della notte, che mi tengono la mano quando ne ho bisogno, non potrebbero esistere in nessun altro luogo. Every Time, uno spettacolare afro blues, chiude la prima facciata. Ai Negazione che apre il lato b è un frammento molto accelerato di No Future, Hollywood Army esprime la loro idea politica con un capolavoro hardcore, ma è Big Black Mothers il brano musicalmente più stimolante, riprendendo l’idea primigenia di commistione tra jazz-rock e progressive ma che alla fine, nell’intreccio delle due voci, termina nuovamente hardcore. Micrò Micrò è un omaggio Demetrio Stratos, leggendario cantante degli Area, che è poi seguita da uno strumentale, Elena 5 e 9, meraviglioso e struggente. Nel Giorno Secolo ha come testo una poesia di Mario Boi, dalla raccolta poetica Piani Di Fuga. Chiude il disco il jazz elettrico dei Joel Orchestra, band bolognese di simile fattura e amica dei nostri, con À Suivre, tra il Nino Rota felliniano e sogni simili, dove spicca il piano elettrico di un grande collaboratore dei Franti, Paolo "Plinio" Regis.
Nel 1987, viste anche le mutate condizioni politiche e sociali, il gruppo di scioglie: nel 1988 pubblicano un cofanetto antologico, che diventerà leggendario, dal titolo eloquente di Non Classificato. Seguono progetti diversi: collaborazioni, decine di progetti, tra cui ricordo che i soli Giaccone e Lalli fondarono gli Orsi Lucille e gli Howth Castle. Ma soprattutto rimangono fedeli a quell’appunto di lotta e coerenza, sintetizzato dalla frase che accompagnava il loro cofanetto antologico Non Classificato: “…la fine di una spirale ne genera un'altra, se l'aquila ha abbastanza cielo per volare. A presto, FRANTI”
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abatelunare · 4 months ago
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Libri che vanno letti 58
Io le poesie di Giuseppe Ungaretti mica le avevo lette tutte. Soltanto quelle che la Mondadori aveva inserito in un Oscar intitolato Vita d'un uomo. Poco più d'un centinaio, se ricordo bene. Quando mi è stata offerta l'occasione di averle tutte a poco prezzo, non me la sono lasciata sfuggire.
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L'edizione può essere questa, oppure quella nei Meridiani (sempre Mondadori). L'importante è possederle. E chiaramente conoscerle. Non si può non fare i nomi con certi nomi delle nostra letteratura. Non importa se si tratta di narratori o di poeti. Importa il loro peso nella cultura italiana. E poi, scusatemi tanto. Uno che scrive due endecasillabi perfetti e musicali come
Ricorderai d'avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro
non lo si può ignorare. Se si è lettori seri, beninteso.
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sciatu · 2 years ago
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Nell’inizio del 1200 la Sicilia è un regno ricco e parte di un impero che andava da Tunisi fino alla Danimarca Palermo era una capitale potente in cui Federico II aveva instaurato una corte forte nelle armi ed evoluta nella cultura, una cultura che non era formata solo dalla quella araba arrivata con i conquistatori nord africani sconfitti dal conte Ruggero ed ora erano sudditi di Federico, e neanche quella provenzale o francese discesa con i Normanni e con le popolazioni lombarde e piemontesi che li avevano seguiti. Era una cultura somma di queste due culture apparentemente opposte ed arricchite da quella bizantina ed ebrea. La stessa lingua, che di quella cultura era la forza, era una lingua unione ed evoluzione di tutti i popoli dell’isola a cui i guerrieri normanni avevano concesso di vivere e di pregare secondo la loro origine. L’amministrazione del regno infatti teneva conto di tutte le diversità che lo costituivano. Così ad esempio, vi erano notai Arabi, notai Ebrei e notai Latini che certificavano e regolavano la vita amministrativa dei privati e dello stato. Tra questi, vi era anche il notaio Jacopo da Lentini, il cui nome appare non solo nel registro notarile dell’epoca, ma anche in importanti atti amministrativi del regno. Essendo parte della forza amministrativa del regno, notar Jacopo era coinvolto anche nella gestione militare ricoprendo l’incarico di comandante della fortezza di Mazzarino. Per questo motivo i suoi contatti con la corte erano assidui e continui. Federico, contrariamente a molti nobili europei, aveva avuto una educazione multiculturale, con insegnanti arabi e latini. Per questo parlava diverse lingue, scriveva libri sull’uccellagione, poesie e ballate che a quel tempo avevano una grande importanza. Le poesie potevano essere imparate facilmente da qualsiasi suddito che non avesse istruzione ed erano uno strumento per veicolare sia le grandi gesta dei cavalieri, che l’amore o la protesta del popolo, la sua rabbia o le sue istanze politiche. Le ballate guidavano le danze dando ritmo ed eleganza ai movimenti di uomini e donne accompagnati dai pochi strumenti musicali di allora. I menestrelli ed i giullari componevano poemi e ballate d’amore secondo la cultura d’origine e l’esperienza dei singoli, spesso in modo ripetitivo e volgare o erudito ed ironico a seconda dei gusti di chi li ospitava. Molti di questi componimenti si concentravano sulla donna, che per i menestrelli e poeti arabi era una conquista, una preda da mostrare o un premio per le battaglie fatte per conquistarla. Per i menestrelli provenzali la donna era una madonna, una nobile dama degna del cavalier che la serviva. Per i poeti siciliani e per Jacopo da Lentini in particolare, la donna è la perfezione che l’uomo non ha; la donna è chi può dare nello stesso tempo la vita e la morte, è la compagna senza di cui il Paradiso stesso non può essere tale. Versi assoluti non per l’amore fine a se stesso, ma per la donna che si ama, versi per un sentimento dominante giustificati dal fatto che per Jacopo la donna è quanto manca all’uomo per aver pace, armonia e la pura bellezza. Jacopo anticipa la Beatrice di quel Dante che considerava i poeti siciliani dei maestri nell’arte del poetare e dell’amare (tutto ciò che gli italiani fanno in poesia, si può dire siciliano). Jacopo è anche il lato oscuro dell’amore, nell’impossibilità di essere amato per quanto si ama, nel dolore che nasce dalla difficoltà di poter rivelare e mostrare quanto di immenso si prova. Il sentimento è una tempesta che nessuno vede, è una forza invisibile impalpabile che attrae come quella di una calamita e a cui nessuno può sottrarsi, è un destino che non arriva mai a compimento. Per poter meglio dire quello che prova Jacopo crea una nuova forma di poesia, rivoluzionaria per quel tempo: il sonetto. Il sonetto forse non è altro che una ballata minore che si apre e che racconta con due quartine di versi e giudica e riassume con due terzine di versi finali. Le rime, vicine ed immediate battono un tempo che la metrica incalza facendo diventare il tutto efficiente ed elegante. Dante, Petrarca avrebbero usato il sonetto con tocchi e forme celestiali, Shakespeare avrebbe fatto raggiungere al sonetto vette ineguagliabili, Trilussa lo avrebbe trasformato in uno ironico schiaffo alla sua società di allora a dimostrare la straordinarietà di un mezzo che ha affascinato e aiutato migliaia di poeti a creare il loro cammino poetico. Noi conosciamo le opere di Jacopo grazie alla traduzione che ne fecero i poeti toscani nell’ italiano della loro epoca. I versi di Jacopo erano però scritti nel siciliano della corte di Federico, un siciliano evoluto che nella traduzione in italiano perde forza e freschezza. Ad esempio, nel tradure i poemi siciliani, i poeti toscani hanno dovuto inventare la famosa “rima siciliana” una rima che in italiano non lo è ma che lo sarebbe stata se fosse stata scritta in siciliano. Malgrado questa limitazione, le poesie di Jacopo ci raccontano l’eleganza di un tempo e la modernità di un sentimento dove l’amore non è un ideale ma una persona, dove i propri sentimenti sono l’eco della vita e, nello stesso tempo, una forza che ci innalza e ci abbatte, ci salva, ci distrugge, ci domina e che non riusciamo mai a saziare per come vorremmo o dovremmo. Questo era Jacopo da Lentini, notaio, burocrate, castellano e poeta, ai tempi del grande Federico Stupor Mundi.
In the early 1200s Sicily was a rich kingdom and part of an empire that ranged from Tunis to Denmark. Palermo was a powerful capital in which Frederick II had established a court strong in arms and evolved in culture, a culture that was not formed only by the Arab culture which arrived with the North African conquerors defeated by Count Roger and were now subjects of Frederick, nor the Provençal or French descent with the Normans and with the Lombard and Piedmontese populations who had followed them. It was a sum culture of these two apparently opposite cultures and enriched by the Byzantine and Jewish one. The language itself, which was the strength of that culture, was a language of union and evolution of all the peoples of the island to whom the Norman warriors had allowed to live and pray according to their origins. In fact, the administration of the kingdom took into account all the differences that made it up. Thus, for example, there were Arab notaries, Jewish notaries and Latin notaries who certified and regulated the administrative life of individuals and the state. Among these, there was also the notary Jacopo da Lentini, whose name appears not only in the notarial register of the time, but also in important administrative deeds of the kingdom. Being part of the administrative force of the kingdom, notar Jacopo was also involved in military management, holding the position of commander of the fortress of Mazarin. For this reason his contacts with the court were assiduous and continuous. Federico, contrary to many European nobles, had had a multicultural education, with Arab and Latin teachers. For this he spoke several languages, wrote books on fowling, poems and ballads that were of great importance at that time. Poems could be easily learned by any subject who had no education and were a tool to convey both the great deeds of the knights, and the love or protest of the people, their anger or their political demands. The ballads led the dances giving rhythm and elegance to the movements of men and women accompanied by the few musical instruments of the time. The minstrels and jesters composed love poems and ballads according to the culture of origin and the experience of the individuals, often in a repetitive and vulgar or erudite and ironic way according to the tastes of their hosts. Many of these poems focused on the woman, who for Arab minstrels and poets was a conquest, a prey to be displayed or a prize for the battles waged to conquer her. For Provençal minstrels, the woman was a madonna, a noble lady worthy of the cavalier who served her. For Sicilian poets and for Jacopo da Lentini in particular, woman is the perfection that man does not have; the woman is who can give life and death at the same time, she is the companion without whom Paradise itself cannot be such. Absolute verses not for love as an end in itself, but for the woman who loves herself, verses for a dominant feeling justified by the fact that for Jacopo the woman is what she is missing from the man to have peace, harmony and pure beauty. Jacopo anticipates the Beatrice of that Dante who considered Sicilian poets masters in the art of poetry and love (everything that Italians do in poetry can be said to be Sicilian). Jacopo is also the dark side of love, in the impossibility of being loved as much as he loves himself, in the pain that arises from the difficulty of being able to reveal and show how immense one feels. Feeling is a storm that no one sees, it's an impalpable invisible force that attracts like a magnet and that no one can escape, it's a destiny that never comes to fruition. In order to better express what he feels, Jacopo creates a new form of poetry, revolutionary for that time: the sonnet. The sonnet is perhaps nothing more than a minor ballad that opens and tells with two quatrains of lines and judges and summarizes with two tercets of final lines. The rhymes, close and immediate, beat a tempo that the metric presses, making everything efficient and elegant. Dante, Petrarca would have used the sonnet with celestial touches and forms, Shakespeare would have made the sonnet reach unparalleled heights, Trilussa would have transformed it into an ironic slap on his society at the time to demonstrate the extraordinary nature of a medium that has fascinated and helped thousands of poets to create their own poetic path. We know Jacopo's works thanks to the translation that the Tuscan poets made of them into the Italian of their time. However, Jacopo's verses were written in the Sicilian of Federico's court, an evolved Sicilian that loses strength and freshness in the Italian translation. For example, in translating Sicilian poems, the Tuscan poets had to invent the famous "Sicilian rhyme", a rhyme that is not a rhyme in Italian but would have been if it had been written in Sicilian. Despite this limitation, Jacopo's poems tell us about the elegance of the past and the modernity of a feeling where love is not an ideal but a person, where one's feelings are the echo of life and, at the same time, a force that lifts us up and knocks us down, saves us, destroys us, dominates us and that we can never satiate as we would like or should. This was Jacopo da Lentini, notary, bureaucrat, castellan and poet, at the time of the great Federico Stupor Mundi.
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parmenida · 5 months ago
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Da schiava dell'harem a favorita del sultano, a una delle donne più potenti e influenti nella storia ottomana: così si riassume l'ascesa di 𝗥���𝘅𝗲𝗹𝗮𝗻𝗮, figura straordinaria e controversa, che suggestionò molto l'immaginario europeo.
Hürrem Sultan, nota come Roxelana ("la Rossa"), si chiamava in origine Alexsandra Lisowska ed era nata tra il 1506 e il 1510 nell'attuale Ucraina. Fu fatta prigioniera e venne portata al mercato degli schiavi di Istanbul. Qui venne acquistata dal gran visir Ibrahim Pascià, che era molto amico del sultano Solimano il Magnifico, al quale la regalò. Secondo altre versioni, la donò prima invece al padre di Solimano, Selim, che, non essendo più in età per goderne, la cedette al figlio.
Solimano aveva quattro concubine ufficiali, le "ikbal", ovvero le madri degli eredi al trono. Pur confusa tra altre circa 300 schiave, Roxelana riuscì ad attirare l'attenzione del sultano, che la ribattezzò Hürrem, "la gioiosa", divenendo oggetto di gelosia da parte delle rivali.
Il suo fascino le derivava, oltre che dalla chioma biondo-rossa e dallo sguardo, anche dalla prontezza di spirito e dalla sua abilità di narratrice.
A poco a poco, Solimano le concesse sempre più spesso di accompagnarlo nelle sue apparizioni pubbliche, finché la donna fu in grado di ottenere ciò che nessuna concubina prima di lei aveva avuto. Finché, con grande sorpresa e disappunto della corte, nel 1534 il sultano la sposò.
L'intesa fra i due doveva essere fortissima. Poiché Solimano trascorreva la maggior parte del suo tempo nelle campagne militari, e aveva bisogno di una persona di fiducia in grado di fornirgli le informazioni sulla situazione a palazzo, scelse Roxelana come corrispondente. Hürrem acquisì potere, influenzando la politica dell'impero.
La Roxelana a cui il sultano dedicò intense poesie d'amore, doveva essere, a quanto pare, anche una donna fredda e determinata: mal tollerando l'influenza crescente del potentissimo Ibrahim Pascià sul sovrano, nel 1536 riuscì a farlo uccidere. Poi - si racconta - indusse il sovrano a far assassinare il suo primogenito, Mustafa, favorendo così la successione dei propri figli Bayezid e Selim. Che però, dopo la morte della madre, si scagliarono l'uno contro l'altro.
Roxelana morì il 18 aprile 1558. Nel decorso della malattia, allo scopo di non disturbare la quiete della sposa, il sultano ordinò di bruciare tutti gli strumenti musicali del palazzo. Inoltre, non si allontanò mai dal letto dell'amata, fino al suo ultimo giorno.
✍ A lei aveva dedicato questi versi:
𝘛𝘳𝘰𝘯𝘰 𝘥𝘦𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘳𝘪𝘧𝘶𝘨𝘪𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘪𝘵𝘢𝘳𝘪𝘰, 𝘮𝘪𝘢 𝘳𝘪𝘤𝘤𝘩𝘦𝘻𝘻𝘢, 𝘮𝘪𝘰 𝘢𝘮𝘰𝘳��, 𝘮𝘪𝘢 𝘭𝘶𝘤𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘓𝘶𝘯𝘢.
𝘔𝘪𝘢 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘴𝘪𝘯𝘤𝘦𝘳𝘢 𝘢𝘮𝘪𝘤𝘢, 𝘮𝘪𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘧𝘪𝘥𝘦𝘯𝘵𝘦, 𝘮𝘪𝘢 𝘴𝘵𝘦𝘴𝘴𝘢 𝘦𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦𝘯𝘻𝘢, 𝘮𝘪𝘢 𝘚𝘶𝘭𝘵𝘢𝘯𝘢, 𝘮𝘪𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘦 𝘶𝘯𝘪𝘤𝘰 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦.
𝘓𝘢 𝘱𝘪𝘶̀ 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘳𝘢 𝘭𝘦 𝘣𝘦𝘭𝘭𝘦…
𝘔𝘪𝘢 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢𝘷𝘦𝘳𝘢, 𝘮𝘪𝘰 𝘢𝘮𝘰𝘳𝘦 𝘥𝘢𝘭 𝘷𝘰𝘭𝘵𝘰 𝘭𝘪𝘦𝘵𝘰, 𝘮𝘪𝘰 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘰, 𝘮𝘪𝘢 𝘤𝘢𝘳𝘢, 𝘧𝘰𝘨𝘭𝘪𝘢 𝘢𝘭𝘭𝘦𝘨𝘳𝘢…
𝘔𝘪𝘢 𝘱𝘪𝘢𝘯𝘵𝘢, 𝘮𝘪𝘢 𝘥𝘰𝘭𝘤𝘦, 𝘮𝘪𝘢 𝘳𝘰𝘴𝘢, 𝘭𝘢 𝘴𝘰𝘭𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘪 𝘳𝘦𝘤𝘢 𝘢𝘧𝘧𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘪𝘯 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘰 𝘮𝘰𝘯𝘥𝘰…
(Poesia di Solimano a Roxelana)
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cutulisci · 6 months ago
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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Sono un essere incompreso che affoga nel vulcano delle passioni.
Faccio sorgere il Sole e senza di me, Nahui Olin, l’inizio e la fine di tutto, non può tramontare. Cammino lentamente nell’aria elastica di un mondo affascinante e terrificante, ma sono autentica in tutto ciò che faccio e dico.
Sono sempre presente. Eppure nessuno mi vede.
Sono consapevole delle emozioni che provo, anche le più travolgenti. Eppure tutti si prendono gioco di me.
Si sono persi nel mare verde dei miei occhi e si sono dimenticati di andare in profondità.
Sono destinata a morire d’amore, sola.
Mi hanno negato di essere bambina, circondandomi di regole del cazzo, come se si potesse imprigionare una tigre.
Ho buttato giù l’infanzia con un bicchiere di tequila e ora seguo solo il mio corpo. Unica guida saggia e affidabile.
Non ho mai smesso di credere in me stessa, non ho mai smesso di farmi condurre dall’amore, non ho mai smesso di ricercare o di studiare. E mai smetterò di vivere.
Rimarranno le mie poesie, i miei dipinti, i miei spartiti musicali.
Rimarrà la leggenda della donna messicana con gli occhi più belli di tutto l’universo.
Rimarrò io, nei ricordi, forse, di qualcuno.
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Carmen Mondragón meglio conosciuta come Nahui Olin
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klimt7 · 10 months ago
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Libri
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[ Un piccolo estratto / 19 gennaio 2024 ]
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Arrivi sul velluto delle parole.
Ho comprato un bel quaderno per poterti parlare. La copertina non ti piacerebbe un granchè. C'è una fotografia azzurra: due ragazze accanto alle loro biciclette, la strada di campagna, una curva dolce, la sera che scende verso un altrove di pioggia estiva. Tu diresti che è un pò leziosa ma non è esattamente il colore di queste parole che scrivo.
Uso una penna a punta grossa, con le note musicali disegnate sul cappuccio bianco. Scrivo per la musica dei tuoi giorni feriti, una piccola musica a inchiostro blu, graffi sul tempo.
A computer non potrei raccontarti. Ma qui sulla carta a quadretti piccoli, le lettere si uniscono, si separano, è un percorso che mette il cuore in gola, pause bianche e istanti di te, il filo di una vita che non sapevo, al tempo dell'unione dei nostri corpi.
Perchè noi facevamo l'amore e io credevo di toccarti nel cuore della vita, e poi me ne andavo, tutto solo, per le strade di Rouen.
Più tardi scendeva la sera, i caffè biondi si accendevano a poco a poco, facili tepori sgranati lungo il sagrato freddo della nuova cattedrale, arco di pietra e cemento gettato su un domani durissimo, dove il desiderio si scontra con il cielo della notte. Restavo lì sul sagrato. Il desiderio blu non poteva reggere nel tepore facile dei caffè. Restavo lì, tra due rive, insieme al tempo svuotato e notturno che da le vertigini.
Non leggerai mai queste pagine scritte in una scuola tranquilla nel vento umido d'autunno.
Forse sono solo per me, per averti ancora un pò, è la prima volta che ti tengo nel mio habitat, la prima volta che arrivi al ritmo del mio passo.
Qui i boschi si infittiscono e ti tengo nella mia vallata tra lo studio e la merenda.  Sei nelle poesie di Cadou che i bambini recitano come una cantilena...
     Ti raggiungerò Helène
     attraverso le praterie
     attraverso i mattini di gelo e di luce...
Imparo a parlarti nel silenzio di una scuola.
Sai non c'è solo l'insolenza della felicità.
Anche nella tristezza, alla fine, tutto sembra facile ed è così semplice, assomigliarsi.
Il mondo si addomestica. Di colpo ne fai quel che vuoi.
La casetta annessa alla scuola era abbandonata da dieci anni. Il sindaco di Saint-Laurent-des-Bois, Monsieur Savy, me l'aveva detto: "Sa per qualche anno abbiamo avuto soprattutto signorine giovani! Tutte sole, in questa casa non si sentono sicure e certo non si divertono granchè. In genere preferiscono abitare a Rouen. Lì possono uscire..."
Era settembre, il primo pomeriggio. La scuola somigliava alle scuole d'una volta, un pò arretrata rispetto al paese, sulla stradina che scende verso la chiesa e il centro. La casa del maestro al piano terra non è molto grande ma c'è un caminetto in ogni stanza.
Ho messo le mie lampade da tavolo, i libri, il calore della chitarra e dei tuoi album.
Nel mio inverno, nel silenzio delle lampade morbide, ti aspetto.
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Te ne sei andata troppo presto. La gente iniziava ad apprezzare cose più leggere.
A nessuno piaceva più, chi si sbranava davanti a loro, le urla acide di disperazione, gli sputi sul niente.
Era il tempo del cioccolato, nella tua cucina con le tendine bianche e rosse. Allora le cucine piacevano, si sta meglio giusto un pò di lato, a margine della felicità, e senza osare dirlo. 
Tu facevi dolci marmorizzati cioccolato e limone, io prendevo la chitarra e le canzoni arrivavano, limone amaro e cioccolato, caldo e freddo, felicità-pazienza.
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Un pomeriggo verrai a scuola. I bambini non saranno sorpresi, ti accoglieranno come una sorella più grande, come un'amica lontana, in un giorno di pioggia nella monotonia autunnale delle aule.
Poserai il mantello su un banco, i tuoi capelli lunghi bagnati diranno le strade attaversate, la frescura dei paesi.
Sceglierai un libro dall'armadio. Noi staremo zitti, perchè tu vorrai leggere una storia, un racconto d'altri tempi.
La storia sembrerà tutta nuova, e la tua voce grave s'innalzerà su di noi come una pioggia dolcissima che si interrompe all'ora di cena. La storia sarà triste, la piccola fiammiferaia, e i sogni di luce bruceranno  la sua vita fragile e bianca. I sogni sono troppo forti, e prenderai Armelle per mano.
Io sarò sguardo, un'ombra nel cuore di quel palazzo d'infanzia. La notte scenderà presto, è già la fine d'ottobre e l'inizio d'un sortilegio blu d'inverno. Porterai la mia classe alla soglia dell'inverno, su sentieri d'altrove.
Ci sarà qualche domanda. Risponderai molto lentamente, quasi a lato della loro attesa.
Loro non conosceranno il tuo paese, forse solo il tuo nome, che ripeteranno, sillabe di mistero, dal gusto di racconto e villaggio sotto la pioggia.
Canteranno per te Tout Bas-Tout Bas, ninna nanna sulle immagini di Andersen, con il capitano di legno che dice :"Passate, prego. Passate!"
Passate, il sogno è là, passate sull'altra riva con l'amica lontana e il suo mantello inzuppato.
Io l'aspettavo, bambino, nelle lezioni di noia, all'ora dello studio. Lei non arrivava mai dormiva nei miei libri, febbre di racconti impossibile dolcezza.
In questa sera d'ottobre sarà là, in fondo al tuo sguardo come una febbre eterna.
Custodisco il tuo nome, che non ti racconterebbe.
La tua morte ha richiuso per me quel nome che non ti  racchiude più, perchè?
Avevo steso il mal di te  al fondo di due sillabe.
Ma tu sei più vaga, un nome leggero che non ti racconta.
Sei tu nell'ombra dei tigli e nelle risate dei bambini, negli sguardi che fuggono dalla finestra, nella freschezza dell'acqua quando c'è Disegno. 
Ho mostrato i tuoi album ai miei scolari, non ho detto che ti conoscevo...
Quando al mattino uscivi per andare a scuola in square Carpeaux, una voce ti chiamava. 
Ti rivedo.
Ti volti, vivace, la cartella sulla spalla. Hai un grembiule ricamato a quadretti bianchi e azzurri. Quel nome, gettato nella piazza d'aprile è il tuo, perchè volti la testa, il caschetto dei tuoi capelli ondeggia, e tu hai i gesti vivi e lo sguardo dolcissimo. Nathalie ti corre incontro. L'aspetti. In equilibrio su un piede solo, ti sistemi la calza, la cartella si china con la tua schiena.
Andate a scuola, laggiù, poco lontano, in un sobborgo di Parigi.
Ci sono grandi silenzi nella mia classe, come il rito dei dettati... Leggo molto lentamente, passando tra le file, talvolta mi fermo.
"Alain, dove sei rimasto? Rileggo per Alain...Punto. Fine del dettato...Scrivo il nome dell'autore alla lavagna..."
Penso un poco a ciò che faccio, durante la prima lettura. Ma dopo... Rileggo una volta per la punteggiatura, un'altra per il senso.
In quel momento, nel silenzio, tutti mantengono una parvenza di serietà, ma le parole se ne vanno un pò più lontano, lungo le vie dell'inchiostro blu.
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Il sabato, dopo la ricreazione delle dieci, ogni scolaro va al rubinetto per riempire il vasetto di yogurt. E' l'ora del Disegno.
Fuori, l'estate sonnecchia ancora  al sole biondo di fine settembre. Dentro profumo di acquerello bagnato. E un pò di trambusto.
"Maestro, posso andare a cambiare l'acqua?"  Tengo la brava infanzia al fondo delle ore dimenticate, quando mezzogiorno non arriva, quando i colori impallidiscono sui fogli inzuppati e i mormorii si spengono.
Tutta l'infanzia è lì.
Fuori, un paese approssimato, niente più grida, niente giochi, i vecchi si parlano lentamente, il tempo sembra più lungo.
Laggiù vicino alla Risle, Madame Dubois stende le lenzuola in un giardino troppo nudo, il tempo non passa.
[...]
Sono da te , questa sera, oltre i paesi, oltre l'oblunga dolcezza delle vallate. La mia vita si addormenta al fondo della tua assenza: mi sono colato addosso questa vallata per tenerti con me, per metterti sulla carta fino in fondo.
Nella pace di un paese e di una scuola, ti imparo.
C'è questo quaderno, su un banco di scolaro; ti scrivo la mia memoria.
Sono qui a metterti per iscritto, a colpi di penna, a colpi di passato: è la mia vita, il riflesso della tua memoria disegnata.
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unapinetaamare718 · 1 year ago
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Ci sono luoghi che restano custoditi nella memoria, richiamati da canzoni, poesie, dove il cibo, il buon vino, aneddoti e storie si rincorrono, si mischiano, in maniera indissolubile.
Sono le trattorie tipiche di un tempo, quelle rimaste fedeli alla tovaglia a quadrettini rossi e bianchi ed ai bicchieri con la base smerigliata ottagonale.
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Le trattorie o le osterie, meglio se “quelle di fuori porta“, rimaste celate ai flussi turistici, sono uno scrigno dell’anima. Un richiamo irrinunciabile per gli abitanti del posto, un tesoro per chi, da turista, da visitatore, da straniero, ha modo di imbattersi in loro e respirare l’aria antica e vera di una città, gustare i piatti tipici secondo le ricette tradizionali.
Tutti i centri italiani, piccoli e grandi hanno la propria “bettola”. Quella che nel corso degli anni ha visto avvicendarsi i vip del posto, quella in cui sono nati progetti politici, teatrali, musicali, letterari.
Di solito non finiscono mai su TripAdvisor, non hanno migliaia di recensioni. Perché la trattoria di una città non ha bisogno di fare fatturato, fanno storia e offrono buon cibo, quello di una volta, della tradizione, la vera ricetta della nonna, che poi, magari, è la persona grazie alla quale, quel luogo di sapori e profumi fu aperto.
Le trattorie tipiche devono essere apprezzate per la loro immutabilità, per la capacità di custodire la storia di una comunità, di conservare i ricordi di un tempo che non ci appartiene più e soprattutto riscoprire sapori di un tempo, immutati, conoscere, anche solo attraverso le foto, i personaggi che ne hanno dato lustro e notorietà.
Bologna, Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze, Palermo, Bari, hanno la trattoria tipica, l’osteria storica, la cassaforte dei ricordi di una città.
A Bologna e a Milano, così come a Roma, le trattorie tipiche si trovano in zone poco battute dai flussi turistici. A Napoli le puoi scoprire nascoste nei meandri dei vicoli del Decumano. Osterie di un tempo a Bari Vecchia, sulle colline fiorentine a Firenze, nel cuore antico a Torino e così via.
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Per chi non è del posto, però, potrebbero esserci dei contraccolpi non da poco. Chi vi serve a tavola potrebbe avere un comportamento “troppo intimo”, poco professionale per così dire. E’ questo il bello della trattoria. Se avrete la fortuna di imbattervi in quella davvero storica in una delle cento città italiane, ricordatevi che la trattoria è una esperienza prima ancora che una sosta gastronomica, è come vivere per un’ora in “una stampa storica animata di quella città” dove il tempo si è fermato a tavola.
Il luogo dove potete ancora respirare l’aria degli stornelli e dei minestroni d’osteria, che non sono le zuppe di verdura, ma le lunghissime canzoni che un tempo gli avventori ideavano al momento, magari dopo aver alzato un po’ il gomito.
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carmenvicinanza · 1 year ago
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Sonia Sanchez
https://www.unadonnalgiorno.it/sonia-sanchez/
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Sonia Sanchez poeta, scrittrice e accademica femminista pluripremiata, è un’importante protagonista del Black Arts Movement, nato per il rinnovamento della volontà, dell’intuizione, dell’energia e della consapevolezza delle persone nere.
Ha scritto molti libri di poesie, testi teatrali e libri per l’infanzia e pubblicato saggi in storiche riviste come The Liberator, Negro Digest e Black Dialogue.
È conosciuta per la sua innovativa fusione di generi musicali, come il blues e il jazz, con forme poetiche tradizionali come haiku e tanka che utilizzano lo slang della comunità nera e una punteggiatura e ortografia sperimentale.
Attivista militante sin dagli anni sessanta, ha scritto di identità, razza, femminismo, amore, degrado, AIDS, dolore, emancipazione, orgoglio, cambiamento e senso comunitario.
Nata a Birmingham, Alabama, il 9 settembre 1934 col nome di Wilsonia Benita Driver, perse sua quando aveva solo un anno. Era stata, per questo, mandata a vivere con la nonna paterna, morta, anch’ella, quando aveva sei anni. Il trauma le fece sviluppare una balbuzie che la rendeva molto introversa, portandola a leggere molto e prestare molta attenzione al linguaggio e ai suoi suoni.
Nel 1943 si è trasferita ad Harlem per vivere con il padre, la sorella e la terza moglie del padre.
Col tempo ha imparato a gestire la balbuzie e trovare la sua voce poetica, nei corsi di scrittura creativa mentre frequentava l’Hunter College, dove si è laureata, nel 1955, in Scienze Politiche.  
Ha completato il percorso post-laurea alla New York University e studiato poesia con Louise Bogan. In quel periodo ha formato un laboratorio di scrittori e scrittrici nel Greenwich Village chiamato Broadside Quartet.
Quando faceva parte del CORE (Congress of Racial Equality), ha incontrato Malcolm X.
Tra le pioniere del femminismo nero, ha iniziato a scrivere drammaturgie teatrali negli anni ’60. Le forti protagoniste delle sue opere sfidavano lo spirito patriarcale del movimento.
Per un periodo, all’inizio degli anni settanta, ha fatto parte della Nation of Islam, che ha poi lasciato per la conflittuale visione sui diritti delle donne.
Ha tenuto il cognome Sanchez dal suo primo matrimonio, anche se poi ha sposato il poeta Etheridge Knight. L’esperienza della maternità, ha una figlia e due figli, ha influenzato la sua poesia negli anni settanta.
Ha scritto molte opere teatrali e libri che raccontano le lotte e le vite dell’America nera e curato le due antologie We Be Word Sorcerers: 25 Stories by Black Americans e 360° of Blackness Coming at You.
Sonia Sanchez ha insegnato in otto università e tenuto lezioni in oltre 500 campus in tutti gli Stati Uniti, tra cui la Howard University. Ha sostenuto l’introduzione di un corso di studi sulla comunità e sull’arte nera in California.
È stata la prima, in tutti gli Stati Uniti, a tenere un corso universitario di letteratura femminile afroamericana e a ricoprire la carica di Presidential Fellow alla Temple University, dove ha iniziato a lavorare nel 1977 e terminato nel 1999, quando è andata in pensione. Attualmente è poeta residente dell’ateneo.
Ha utilizzato i Black Studies come una nuova piattaforma per lo studio della razza e una sfida ai pregiudizi istituzionali delle università americane, prevalentemente frequentate da persone bianche.
Ha fatto parte di importanti organizzazioni femministe per i diritti umani.
Nel 2012 è stata la prima poeta laureata di Filadelfia.
Nel 2015 è uscito, BaddDDD Sonia Sanchez, documentario sul suo lavoro e sull’influenza che ha avuto nella storia della cultura, che è stato proiettato in molti festival internazionali.
È tra le venti donne afroamericane che fanno parte di Freedom’s Sisters, mostra itinerante voluta dal Cincinnati Museum Center e dalla Smithsonian Institution.
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shambelle97 · 2 years ago
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La splendida figura di Sigyn varcava l’ingresso del palazzo in compagnia dell’affascinante marito e signore indiscusso delle menzogne.
Quella sera si sarebbe tenuto un banchetto in onore della loro ultima impresa.
Una battaglia per la salvaguardia di Alfheim, assediata dai Nibelunghi.
Ovvero un’antica stirpe di nani e avidi cacciatori di tesori.
Le spericolate gesta dei due principi permisero di guadagnarsi la loro fiducia.
Odino fu lesto a consegnare la medaglia al valore ai propri figli e abili condottieri dell’esercito.
Ciò avvenne anche nei confronti di Lady Sif, i Tre Guerrieri e il resto degli Einherjar.
Il pubblico applaudì con grande giubilo, iniziando ad aprire il ricevimento.
Canti e balli accompagnarono la festa.
I bardi guidati da Bragi dedicarono varie poesie nei riguardi di Thor e Loki, lodandoli per la tenacia e forza.
L’idromele scorreva a fiumi, dilettando gli intrepidi guerrieri Æsir nella degustazione.
Fandral adocchiò l’esile sagoma della moglie del Dio dell’Inganno, avviando una conversazione con quest’ultima.
L’audace cavaliere dai capelli biondi faticava ancora a credere che fosse la sposa di uno scaltro bugiardo, portatore di sventura.
Non si sarebbe mai posto alcun problema a conquistarla.
“La festa è di vostro gradimento?”
Proferì, ponendole cordialmente una domanda.
“Oh, assolutamente.”
Assentì la giovane dama in attesa del consorte.
Egli era intento a conversare col fratello maggiore delle ultime strategie ricorse in battaglia.
Tale scenario osò infastidirlo, costringendo l’oscuro principe ad interrompere il dialogo.
“Mia adorata e splendida moglie: costui osa disturbarti?”
Chiese affilato e tagliente come la lama del proprio pugnale.
Il Guizzante assunse un’aria ostile, lanciandogli uno sguardo torvo.
Lingua D’Argento la prese sottobraccio, allontanandosi dall’irritante guerriero.
Si cimentarono in una lenta danza, accompagnata da note musicali.
“Dovrei forse rammentarti a chi appartieni?”
Esordì l’Ingannatore con una nota possessiva nella voce.
“Ha solamente chiesto se la festa fosse di mio gradimento, nulla di più.”
Ribatté la vanir, tentando di rassicurarlo.
L’Ase ghermì i suoi fianchi in maniera possessiva.
Il tarlo della gelosia fu lesto a torturarlo sadicamente come un’infezione.
Sigyn avvertì di avere le guance in fiamme, iniziando a tremare.
Un devastante effetto scaturito dalla troppa vicinanza col Dio.
La trascinò fuori da quel trambusto, sostando vicino ad una colonna...desiderava averla solo per sé.
Baciò il candido collo di lei, inchiodandola al muro.
Un’ardente bramosia, impossibile da controllare.
Un fuoco distruttivo e bruciante che fluiva sin dentro le viscere.
“Cosa ti succede, amore mio?”
Mormorò in preda alla libidine, emettendo lievi gemiti.
“Nessun uomo oserà mai avvicinarsi a te.”
Sussurrò di rimando, denotando la propria possessività.
Non le sarebbe mai sfuggita.
Nessuno l’avrebbe presa; tantomeno toccare la pelle ribelle della sua preziosa donna.
Li avrebbe spezzati come fiammiferi.
Il pensiero di quel povero sciocco che provava a sedurla lo rese iracondo.
Solo lui poteva disporre di un simile privilegio.
Essere il suo unico uomo e amante.
Un corrosivo e potente veleno che le scorreva nelle vene, scaturito da un morso di serpente.
E Loki aveva una certa familiarità con tali creature, manifestandone innate caratteristiche.
I baci scambiati si intensificarono, costringendo i due sposi ad abbandonare i vasti corridoi del castello.
Giunsero nella sontuosa camera da letto, sbarazzandosi dei loro indumenti cerimoniali.
L’immagine eterea della bella moglie la faceva assomigliare ad uno splendido cigno.
Saggiò famelico le sue dolci e morbide labbra, paragonandole al miele più gustoso.
Labbra seriche, vellutate e ammalianti.
Gravò sopra di lei, graffiandole la carne.
Un feroce e sagace lupo dal manto nero, pronto a sfoderarne gli artigli.
Catturare la preda ad ogni costo era parte integrante della volitiva e astuta natura del cadetto.
Lo sguardo verde e liquido del consorte osò scrutarla, mettendola in soggezione.
“Appartieni a me, piccola figlia di Vanaheim: vedi di rammentarlo in eterno.”
Ribadì risoluto, ansimando a causa della lussuria.
Costei annuì silente, abbandonandosi ai tocchi stregati del moro.
Mani affusolate ed eleganti, totalmente in grado di captare i punti giusti con estrema sapienza.
L’oscuro mago di Asgard si insinuò subdolo, godendo a pieno della fanciulla.
Roventi brividi invasero i loro corpi, lasciandoli a corto di fiato.
Raggiunsero il culmine del piacere, accasciandosi sui setosi cuscini del capezzale.
Le bocche arrossate e gonfie, stabilirono un nuovo ed erotico contatto.
“Non lasciare che l’eccessiva gelosia avveleni il tuo animo.”
Suggerì la Dea della Fedeltà, disegnando piccoli cerchi immaginari sul torace glabro dell’uomo.
“Detesto chi osa appropriarsi di ciò che è mio, adorabile principessina...non lascerò che degli stolti omuncoli abbiano l’ardire di mettere le mani su di te.”
Dichiarò con fermezza, arrotolando le ciocche lucenti attorno al dito.
Conquistarla si era rivelato più arduo del previsto, costringendoli a patire varie peripezie.
Dovettero pagare l’alto prezzo di un esilio in terra straniera: un angolo sperduto e dimenticato dalle stesse divinità che popolavano l’Yggdrasill.
“Ti apparterrò sempre, Dio degli Inganni: ho giurato in onore del nostro vincolo matrimoniale. Ho concesso la mia fedeltà a colui solo ed esclusivamente per amore.”
Garantì l’Amica della Vittoria, guardandolo dritto negli occhi.
L’imbroglione sfoggiò un ghigno malizioso, divorando avido la bocca rosea e soffice della giovane.
Continuarono a viziarsi, finché il sonno non li accolse tra le proprie braccia.
Si sarebbero amati fino al crepuscolo degli Dei.
Un legame solido e duraturo, stabilito da un eterno vincolo scarlatto.
                                               𝑭𝒊𝒏𝒆
One Shot:
~ Mischief And Fidelity ~
Name Chapter:
~ Snake Bite ~
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boldlymagnificentperson · 2 months ago
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Blog: Addio alle armi by Equi.voci Lettori
Da Marina Di Leo di Equi.voci Lettori riceviamo questa locandina che volentieri diffondiamo. Sabato 21 settembre alle ore 18 in Biblioteca Crescenzago (zona via Padova, Milano) gli Equi.Voci Lettori proporranno la lettura scenica con interventi musicali di ADDIO ALLE ARMI. Una selezione di brani tratti da romanzi e poesie di autrici e autori sul tema della guerra e della pace, temi visti con lo…
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poetrificationfestival · 2 months ago
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I finalisti della 5a edizione
La giuria emerita si è espressa e ha scelto i 5 progetti finalisti che accedono alla finale del V Premio Roberto Sanesi il 21 Settembre:
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Gemma Marotta in arte Marge è un’attrice-performer e pittrice. Vanta un vasto curriculum, con esibizioni in molti teatri della Sicilia e prestigiosi riconoscimenti che colleziona in parallelo alle numerose estemporanee d'arte, collettive e personali. La sua formazione inizia da piccolissima con la danza per poi girare l’Europa insieme al gruppo Folkloristico Fabaria Folk come performer. È il 2016 quando si laurea con lode menzione e dignità di stampa in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo all'A.B.A.M.A. di Agrigento con una tesi sperimentale sul Museo Contemporaneo. Nello stesso anno, si trasferisce a Bologna, la città in cui ha la possibilità di formarsi con le realtà più importanti del panorama artistico contemporaneo: Teatro Valdoca, Societas, V. Sieni, E. Dante, M. Biagini, Living Theatre Europa. Si laurea con una tesi sul Teatro Sociale alla Magistrale in Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale. Il primo lavoro teatrale scritto, diretto e interpretato interamente da se stessa si intitola Sugnu, un inno alla creazione nel quale non mancano le sue pennellate.
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MORA è un progetto di spoken music nato nel 2019 dalla collaborazione tra il musicista Giulio Amerigo Galibariggi e il poeta Sebastiano Mignosa, finalista nel 2021 del Premio Dubito e del Premio Nebbiolo nel 2022. Lo stesso anno il gruppo prende parte al festival di musica emergente MIAMI di Milano e nel 2023 partecipa al Metronimie Festival di Torino e al Klohifest di Ostuni. Debito è il primo album e racconta la storia d'amore tra un ragazzo e la sua città. L'intero lavoro segue la struttura di un prestito bancario, nel tentativo di costruire un parallelismo tra il concetto di debito - inteso come senso di colpa - e la questione generazionale e ambientale legata al Polo petrolchimico di Priolo Gargallo (Siracusa).
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Mirko Vercelli, nato a Torino nel 2000, è un giovane scrittore e poeta performativo, laureato in antropologia all'Università di Torino. Si occupa di cultura pop, politica e media, collaborando con il Centro Studi Sereno Regis. È fondatore e direttore della rivista indipendente «bonbonniere» e ha pubblicato il romanzo Linea Retta nel 2021, oltre al saggio Memenichilismo nel 2024. Il Maltempo Collettivo è un ensemble di musica contemporanea improvvisata concepito con l'obiettivo di creare e condividere un'esperienza di espressione e creatività. La collaborazione tra Mirko Vercelli e il Maltempo Collettivo rappresenta un'interessante fusione tra improvvisazione musicale e spoken word poetico. Questo progetto combina la sensibilità letteraria di Vercelli con l'approccio sperimentale del collettivo, creando un'esperienza immersiva e unica che sfida le convenzioni sia della poesia che della musica contemporanea. La loro performance congiunta esplora nuove forme di espressione artistica, mettendo in dialogo suono e parola in un flusso creativo spontaneo e dinamico.
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Canzoni d’inverno è una raccolta di poesie scritte da Mattia Muscatello, illustrate da Gabriele Sanzo e musicate da Filippo d’Erasmo. Canzoni d’Inverno è un viaggio multisensoriale, un’immersione che permette di leggere, vedere e ascoltare, nel profondo, la consistenza delle emozioni da cui è nato. Mattia, Gabriele e Filippo sono tre persone che sono una persona sola: perché hanno capito come creare un’armonia dalla moltitudine di note, parole e colori che contengono. Restano infatti in tre e, nelle loro individualità, comunicano secondo tre mezzi espressivi diversi uno stesso sentimento condiviso, coeso, coerente ma non omologato. Il progetto ha un’anima analogica, fisica, rappresentata dal libro e una seconda, digitale, riportata nei brani ascoltabili online sulle piattaforme di streaming musicali. Il progetto viene presentato dal vivo come una vera e propria performance, che mescola la lettura delle poesie sulla musica dal vivo, accompagnate dallo spettacolo di live painting proiettato durante l’esibizione.
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Mattia Tarantino (Napoli, 2001) codirige Inverso – Giornale di poesia e fa parte della redazione di Atelier. Collabora con numerose riviste, in Italia e all’estero, tra cui Buenos Aires Poetry. Per i suoi versi, tradotti in più di dieci lingue, ha vinto diversi premi. Ha pubblicato Se giuri sull'arca (2024), L’età dell’uva (2021), Fiori estinti (2019), Tra l’angelo e la sillaba (2017); tradotto Verso Carcassonne (2022) e Poema della fine (2020). Maria Ferraro (Napoli, 1997) studia Industrial Chemistry for Circular and Bio Economy all’Università di Napoli “Federico II”. Nonostante l’impronta scientifica dei suoi studi ha sempre coltivato la passione per le discipline artistiche e musicali. Tra la primavera e l'estate 2024 ha messo in scena, con Mattia Tarantino, il concerto "Qualcosa da salvare" e il poema "Se giuri sull'arca". Vieni a votare il tuo preferito allo Spazio211!
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micro961 · 5 months ago
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Figlio d'Arte - Mai più
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Il nuovo singolo di Figlio d’Arte - In radio dal 7 giugno
Il nuovo singolo “Mai più”, di Figlio d’Arte, disponibile su tutte le piattaforme digitali a partire dal 7 giugno!
“Mai più” rappresenta la continua evoluzione dell’artista con un brano di genere POP-dance dalla melodia calma e riflessiva nelle strofe con un crescendo che esplode poi nel ritornello. La composizione offre una varietà di momenti musicali, con pause e silenzi strategici che contribuiscono a enfatizzare il contrasto tra spensieratezza e malinconia. La canzone è il manifesto di una relazione difficile ma intensa dove l’artista sceglie di sottolineare l’importanza di lottare per i propri sentimenti ma allo stesso tempo di saper andare oltre e riconoscere il proprio valore.
Figlio d’Arte, all’anagrafe Lorenzo Petrus, sin da piccolo vive e respira arte. Il padre è il pittore contemporaneo Marco Petrus e la madre architetto presso un prestigioso studio di Milano. All’età di 6 anni muove i primi passi nel mondo della musica, iniziando a suonare il violino presso la scuola “I piccoli musicisti” con l’insegnante Antonella Aloigi, passione che lo porterà a frequentare la scuola media musicale Quintino di Vona di Milano. Successivamente, lavorando presso lo studio del padre, si avvicina sempre di più al mondo dell’arte collaborando con designer di diversi settori, proiettando l’arte del padre in una diversificazione con nuove realtà più vicine al mondo della moda e del digitale. Dà vita ad una collaborazione col designer-stilista Domenico Formichetti, creando insieme una Capsule Collection che viene repostata e sponsorizzata da brand come Vogue, HypeBeast, Highsnobiety ottenendo un grande successo. Continuando il progetto di digitalizzazione del padre a inizio 2021 lancia una collaborazione con Nifty, nota piattaforma NFT, trasformando le opere fisiche in video che creano giochi cromatici ed effetti ottici. L’esperimento va sold out in pochi minuti e tuttora vengono portati avanti drop inediti da lanciare nei prossimi mesi. Nonostante la carriera promettente nel mondo dell’arte, nel 2022 Lorenzo decide di intraprendere un nuovo percorso lanciando il suo nuovo progetto: Figlio d’Arte. Da sempre appassionato di scrittura, passa le giornate a scrivere poesie e testi per sé e per altri artisti rimanendo però anonimo. Sempre più consapevole delle proprie capacità e spronato da diversi amici del settore che vedono in lui un potenziale artistico da poter sviluppare, rilascia a marzo “Alright”, il primo di una serie di singoli. I brani vengono pubblicati su tutte le principali piattaforme di streaming; in particolare su Spotify e Youtube vengono collezionati numeri inaspettati. Se il brano di esordio è considerato un test, gli altri due seguenti riscuotono sempre più interesse da parte del pubblico tanto che l’artista inizia a crearsi una fan base nelle città di Milano, Padova e Roma. Dal primo all’ultimo brano c’è stata una crescita esponenziale che non solo ha premiato il lavoro fatto con cura e precisione dall’artista e dal suo management, ma ha anche stimolato in Figlio d’Arte quella consapevolezza e quella voglia di crescere ed investire sempre di più sul suo percorso e sulla sua personalità, che ora necessita la ricerca di un’etichetta ambiziosa e adeguata che creda nel progetto da portare avanti insieme a noi.
Etichetta: Mendaki publishing - https://www.instagram.com/mendaki_publishing/
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cutulisci · 6 months ago
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lamilanomagazine · 9 months ago
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Modena: alla tenda reading su Bukowski e musica dal vivo
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Modena: alla tenda reading su Bukowski e musica dal vivo. Giovedì 15 febbraio, torna la rassegna "Se una notte d'inverno alla Tenda...". Venerdì 16, concerto di Lucia Dall'Olio e sabato 17 i musicisti del collettivo Revol Wave Orchestra. Nuova settimana di appuntamenti alla Tenda di viale Monte Kosica con il reading dedicato a Charles Bukowski e la musica dal vivo di Lucia Dall'Olio, nell'ambito della rassegna "Arts & Jam", e dei musicisti con collettivo Revol Wave Orchestra sul palco con i gruppi Tracked e Ruben Damage. Giovedì 15 febbraio, alle 21, appuntamento con "Il grande Bukowski", secondo appuntamento con "Se una notte d'inverno alla Tenda...", rassegna di reading musicati a cura del Collettivo SquiLibri. La serata sarà dedicata allo scrittore americano popolare ma anche divisivo (c'è chi lo ama e chi lo ha definitivamente archiviato) che ha conosciuto un successo incredibile a partire dai cinquant'anni più in Europa che negli Stati Uniti. Riletti oggi, i suoi romanzi, i suoi racconti e le sue poesie rivelano qualità letterarie di grande raffinatezza, trasmettono un forte senso di umanità, un disincanto pieno di humour, spesso cinico, sempre alcolico, sessualmente esplicito, che scaturisce da una profonda capacità di empatia e compassione. Le letture dello spettacolo sono a cura di Stefania Delia Carnevali, Eleonora De Agostini e Francesco Rossetti; Luca Zirondoli cura lo storytelling Claudio Luppi e Daniele Rossi la partitura musicale. Musica dal vivo venerdì 16 febbraio, alle 21, con la voce di Lucia Dall'Olio, accompagnata da Marcello Pugliese (chitarra), Giulio Stermieri (pianoforte) e Giacomo Ganzerli (batteria). Cantante di straordinaria versatilità, la modenese Lucia Dall'Olio è specializzata nell'interpretazione dei generi musicali brasiliani come la Música Popular Brasileira (Mpb), la bossanova e la samba. La sua voce coinvolgente e il suo profondo legame con la cultura musicale brasiliana conferiscono al quartetto una autenticità e un'energia uniche. Insieme, il quartetto crea un'esperienza musicale completa e coinvolgente, guidando il pubblico in un viaggio attraverso i vari stili della musica brasiliana, arricchendo ogni brano con la propria interpretazione unica e appassionata. Il concerto fa parte di "Arts & Jam", rassegna di jazz e contaminazioni giunta alla dodicesima edizione e curata come sempre da Associazione Muse e JazzOff Ancora musica dal vivo sabato 17 febbraio, alle 21, con i concerti di Tracked e Ruben Damage, organizzati da Associazione Intendiamoci in collaborazione con il collettivo di musicisti modenesi Revol Wave Orchestra. La settimana si chiude domenica 18 febbraio con il consueto appuntamento, dalle 14.30, con il laboratorio di danza "Urban lab" a cura dell'associazione Ore d'aria. Tutti gli eventi in programma nella struttura che fa capo all'assessorato alle Politiche giovanili del Comune di Modena, sono a ingresso libero e gratuito. Il programma completo è consultabile sul sitohttp://www.comune.modena.it/latenda e sulla pagina Facebook La Tenda.    ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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