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#progetto sicilia
ginogirolimoni · 9 months
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“C’è forse un momento, tra i tanti, che fotografa la consapevolezza da parte di Ignazio Florio junior della china in cui erano scivolate le sue attività. È il 17 marzo 1900, lui e sua moglie stanno facendo una gita in calesse, quando notano una calca impressionante all’imbarco di un loro vapore in partenza per New York. Poche le carrozze, molte le persone in fila con tanto di valigie, pacchi e quant’altro si possa trasportare a mano.
Franca vede in quella fila un segno del successo della loro compagnia:”Soddisfatto no?” dice rivolta al marito.”Le cose vanno bene per la compagnia e la nostra agenzia stacca biglietti. Saranno almeno un migliaio …”.
“Nient’affatto!” risponde Ignazio. “Proprio questa gente che lascia in massa la nostra terra conferma il fallimento del Progetto Sicilia. Da ognuno di loro che parte mi sento dare uno schiaffo in faccia”.
(Pino Casamassima, I Florio. La vera storia della famiglia diventata leggenda, Diarkos, Binasco (MI), 2023, p. 179).
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diceriadelluntore · 22 days
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Platee Sconfinate
Chi ha frequentato il Liceo Classico, probabilmente, ricorderà una versione tratta da un testo di Plutarco dal titolo Il Teatro di Euripide salva gli Ateniesi prigionieri a Siracusa. Si racconta infatti che dopo la disfatta, inaspettata, dell'esercito ateniese giunto in Sicilia per conquistare le colonie dell'Isola, i prigionieri guerrieri vennero stipati nella latomie: cave di pietra prima, furono poi "convertite" a mega carcere per le centinaia di prigionieri. Fredde d'inverno e torride d'estate, essere imprigionati nelle latomie equivaleva a una condanna a morte: i prigionieri ateniesi furono lasciati morire di fame e di stenti, senza alcuna possibilità di fuga. Plutarco racconta però che i Siracusani, popolo colto e ricco, "amavano Euripide più di tutti gli altri Greci delle colonie" dando ristoro, o addirittura liberando, i guerrieri che ne conoscevano a memoria qualche brano. I sopravvissuti, narra l'aneddoto, quando fecero ritorno a casa, andarono a ringraziare persino il grande drammaturgo.
Questa vicenda ha una parte vera e una falsa: la vera, è che i prigionieri ateniesi davvero morirono di fame nelle latomie di Siracusa. La falsa è che l'aneddoto, divenuto celeberrimo, è appunto falso, e prima di Plutarco ne scrisse uno simile un biografo di Euripide, Satiro di Callatis, autore di molte biografie, quasi tutte perdute, ma di cui è rimasta una parte di quella di Euripide. Tuttavia il nostro Satiro è famoso principe del Metodo Cameleonte, dal nome del peripatetico Cameleonte di Eraclea, che iniziò a scrivere biografie basate a pure combinazioni e deduzioni, ai pettegolezzi e alle cronache scandalose della commedia, e al romanzesco e al leggendario (che non vuol dire che sia sempre fonte inattendibile, ma che va presa con non una ma tre pinze).
Eppure questa leggenda ha ispirato un filologo libano-irlandese, Ferdia Lennon, per scrivere un romanzo, che ho amato tantissimo, che tramite il Mito affronta situazioni davvero profonde, attualissime, usando una scrittura vivace, elettrica e piena di soprese.
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Lennon immagina che due vasai disoccupati, il brillante Gelone e Lampo, zoppo e frugale, presagendo che la sconfitta di Atene possa portare alla perdita del grande patrimonio culturale della stessa, si mettano in testa di fare una rappresentazione teatrale con gli atenesi prigionieri nella latomie. Ma non una cosa qualsiasi, bensì un pastiche tra Medea e Le Troiane, le due tragedie leggendarie di Euripide, opere che furono rappresentate la prima poco prima della Guerra del Peloponneso nel 431 a.C., la seconda ebbe la prima ad Atene nel 415 a.C., proprio pochi mesi prima della disfatta di Siracusa. Il progetto è già arcigno, dato lo stato cadaverico degli Ateniesi prigionieri, delle pressioni dei Siracusani e dalle difficoltà nell'allestimento, ma con una serie di imprese al limite dell'eroico, i nostri riescono a farsi fare i costumi, le maschere, le scene e mettono su lo spettacolo. Non vi dico di più, perchè la storia va avanti e di molto, e spero di incuriosirvi con questi altri aspetti per andare da soli a leggere come va a finire.
Innanzitutto la lingua di Lennon, resa magnifica dalla traduzione di Valentina Daniele: peculiare per ogni protagonista, ricca di immagini potentissime, a volte aulica a volte sporca, le invenzioni di traduzione (gli aristo, per definire le classi ricche, o l'uso del mi' ma', mi' pa' per definire colloquialmente i genitori) rende la lettura piacevolissima. La costruzione dei personaggi, soprattutto i principali, il retto e saggio Gelone contro lo spirito intraprendente, al limite del furbesco, di Lampo. Le metafore che quell'impresa offre: il rapporto con l'altro, il ruolo del ricordo, la guerra e le sue conseguenze, persino il ruolo e la potenza dell'Arte come linguaggio universale. Ne esce fuori un libro gioiello, edito tra l'altro da una casa editrice, NN, che nella quarta di copertina ha questo passo: In questo libro c'è un Uomo Nudo. Ciò vuol dire offrire ai lettori storie di uomini che si concepiscono diversi e lottano per questa diversità, lontano da modelli e maschere di padri e pari. C’è, in sostanza, la volontà di stimolare una riflessione collettiva sul maschile, quindi quando troverete questo segnale in copertina, sapete a cosa state per andare incontro.
Che è un ulteriore buon motivo per leggere un libro che mi ha affascinato come pochi.
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superfuji · 7 months
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il progetto del ponte sullo Stretto rappresenta un grande inganno a danno dell’intera comunità nazionale e una forma di inganno becero perché le conseguenze di un progetto del genere potrebbero essere devastanti da molti punti di vista, in particolar modo per Calabria e Sicilia
Messina: l’inganno del ponte
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marcoleopa · 2 years
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Mafia&Drine ringraziano.
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Sinceramente, è il momento di sperperare miardi di €?
Vivo nell'isola dove per raggiungere in treno, da un capo all'altro (Lilibeo/capo Passero), occorrono 11 ore e circa 4,30 in auto (il sud della Sicilia non ha rete autostradale); dove le opere infrastrutturali incompiute, sono uno scandalo nazionale; dove gli ospedali non hanno uno straccio di piano operativo e le attese per una visita specialistica, sono un miraggio; dove la rete idrica è un colabrodo; abbiamo l'unica autostrada italiana senza pedaggio e senza rifornimenti; un trasbordo aereo per Milano o Roma, costa tanto quello per New York etc...potrei andare avanti all'infinito.
Ribadisco, è il momento di sperperare, o, di utilizzare le risorse finanziarie, per risolvere le incancrenite questioni sopra esposte?
Aggiungiamo i costi dell'opera (fonte WWF italia):
8,5 miliardi di euro,  più del doppio di quello con cui il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi rispetto ai 4,4 miliardi di euro posti a base di gara
non si ripaga con il traffico stimato, visto che le previsioni degli stessi progettisti valutano, a regime, un utilizzo del ponte che si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva (11,6 milioni di auto l’anno, a fronte, appunto, di una capacità complessiva teorica dell’opera di 105 milioni di auto l’anno nelle due direzioni
il ponte ad unica campata è irrealizzabile dal punto di vista tecnico: si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di 3,3 km di lunghezza a doppio impalcato stradale e ferroviario, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza (quando allo stato attuale delle conoscenze tecniche il ponte più lungo esistente al mondo con queste caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone di 1118 metri di lunghezza
va ad incidere su un’area ampiamente vincolata per gli straordinari valori paesaggistici e severamente tutelata dall’Unione Europea poiché l’opera ricade interamente nell’area di due ZPS – Zone di Protezione Speciale (“Costa Viola”, in Calabria e dei “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto”, in Sicilia) e interferisce in entrambe le regioni con 11 SIC – Siti di Interesse comunitario
il progetto ‘definitivo’ presenta gravi carenze tecniche rilevate già dalla Commissione VIA – Valutazione Impatto Ambientale (con ben 223 richieste di integrazione), secondo cui: “gli studi relativi [ad alcuni] interventi … non hanno un livello di approfondimento tale per essere parte di un progetto definitivo
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curiositasmundi · 3 months
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Tira una brutta aria dalle Alpi al Canale di Sicilia. Si moltiplicano le aggressioni fasciste, alle tombe e ai monumenti commemorativi ma anche alle persone che riportano lesioni più o meno gravi, come nelle strade di Roma o, fatto gravissimo e inedito, perfino nelle sorde e grigie aule parlamentari. È evidente a mio avviso il legame tra queste intimidazioni e il fatto che i picchiatorelli in doppiopetto o in maglietta siano fortemente ringalluzziti dall’apparente successo di Giorgia & C. alle recenti elezioni europee Questa esibizione di fascismo muscolare e tendenzialmente terroristico non è tuttavia fine a se stessa. Essa infatti va inquadrata in un più ampio progetto politico ed istituzionale.
[...]
Fratelli d’Italia vuole il premeriato per rinverdire i tragici fasti dell’uomo (o donna) solo al comando, la Lega vuole la cosiddetta autonomia differenziata per sfasciare il principio della solidarietà nazionale e soddisfare le bramosie delle Regioni più ricche, Forza Italia vuole carriere separate per magistrati inquirenti e giudicanti, come primo passo per trasformare i giudici in scodinzolanti e obbedienti cagnolini del Potere, politico of economico. Il tutto nel contesto di un’ideologia di fondo favorevole a guerre e genocidi, in ossequio a sudditanze atlantiche e profitti militari-industriali, e contraria al ruolo dello Stato come regolatore dell’economia e garante del principio costituzionalmente garantito dell’ eguaglianza sostanziale, inseguendo la demenziale dottrina oggi esemplarmente applicata da Milei in Argentina.
La potenza e fattibilità di questo disegno non deve essere sottovalutata, ma purtroppo l’opposizione che dovrebbe dovrebbe batterlo appare del tutto fragile, improvvisata e impreparata. Non basta qualche richiamo emozionale all’antifascismo e alla Costituzione che fa fremere i sopravvissuti iscritti di questo o quel partito. È certamente positivo che si parli di unità, ma occorre anche puntualizzare i motivi per i quali lo schieramento avverso alle destre si presentò disunito alle scorse elezioni politiche e fu pertanto facilmente infilzato dalle destre. Dobbiamo quindi parlare della perniciosa fascinazione per l’agenda Draghi da cui furono colpiti all’epoca due “leader” diversamente intelligenti come Beppe Grillo ed Enrico Letta.
Dobbiamo parlare del fatto che l’autonomia differenziata ha avuto ed ha tuttora uno dei suoi massimi propugnatori nel numero due del Pd nonché presidente della Regione Emilia-Romagna Bonaccini. Dobbiamo parlare dell’esasperato atlantismo e del sionismo più o meno strisciante di buona parte dello stesso Pd, che continuano a tradursi nell’appoggio a guerre e genocidi. Dobbiamo parlare del razzismo istituzionale imperante che non è solo responsabilità della destra propriamente detta (Minniti docet) e che vede ogni giorno il compimento di nuovi crimini ai danni dei migranti, in mare o sul lavoro, nonostante sia su di essi che grava in misura crescente il peso della fatiscente economia italiana, più che mai basata sullo sfruttamento bestiale della forza-lavoro e l’appropriazione privata delle risorse e dei beni pubblici.Senza affrontare e risolvere questi nodi fondamentali non sarà possibile dare vita a un’alternativa strategica alle destre, destinate a prosperare come vermi o acari malefici nel disfacimento purulento della cosiddetta civiltà occidentale e di quella europea in particolare.
Non basta quindi sventolare il vessillo tricolore o quello dell’antifascismo se non si danno risposte precise e soddisfacenti ai concreti bisogni della cittadinanza su tutti i terreni concreti che la riguardano, dalla pace, all’ uguaglianza, al rispetto dei diritti fondamentali a partire da quelli del lavoro, su cui deve poggiare la Repubblica a norma dell’art. 1 della Costituzione. Quella materiale purtroppo vigente si basa invece sul profitto, la speculazione, il razzismo e la guerra e ciò costituisce al tempo stesso il fondamento del potere delle destre. È quindi necessario tornare alla Costituzione repubblicana per salvaguardarla e promuoverne l’attuazione richiamando a combattere nell’agone politico coloro che sempre più numerosi se ne allontanano scoraggiati per ingrossare le file dei depressi, degli alienati e degli astenuti.
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Questa è la prima pietra del Ponte sullo Stretto. Non sono sicuro che sia l’originale, perché ne esistono a decine, di tutte le epoche. E comunque, non ne esiste una sola che sia quella autentica.
Non esiste una vera prima pietra del Ponte sullo Stretto. Tutte valgono quanto questa: sono solo una promessa, una fantasia, una millanteria politica. Perché non è mai stata posata una seconda pietra. Di prime pietre, invece, si è ormai perso il conto.
La prima promessa di costruire il Ponte sullo Stretto risale agli anni Settanta. Che cosa avete capito: gli anni Settanta dell’Ottocento, un secolo e mezzo fa. Il governo Zanardelli promise di unire Sicilia e Calabria, sopra o sotto il mare, ovvero con un ponte o con un tunnel. Erano gli anni della rivoluzione industriale, c’era una fede illimitata nel progresso. Tutto pareva possibile, anche l’impossibile.
Vent’anni dopo il terremoto e maremoto di Messina, ottantamila morti, sconsigliò di costruire ponti da quelle parti.
Anche il cavalier Benito Mussolini disse che il Ponte si sarebbe fatto, per maggior gloria della nazione. Ma la cosa non ebbe seguito, nell’agenda politica del fascismo c’erano altre priorità, invadere l’Albania, spezzare le reni alla Grecia, si sa che la guerra è un’opera pubblica molto costosa.
Passano gli anni, i bimbi crescono, le mamme imbiancano, e nel 1981 il governo Forlani istituisce la società Stretto di Messina spa con il compito di realizzare l’opera. Per vent’anni la società è in essere e lavora al progetto, ma non ne rimane traccia percepibile.
Bettino Craxi nel 1988 annuncia che il Ponte sarà realizzato entro il 1998, ma anche lì, dopo un po’ non se ne sa più niente. Nessuna traccia del Ponte, a meno che il modellino che Berlusconi portò nel 2004 a Porta a Porta fosse il frutto paziente del lavoro ventennale della Società Stretto di Messina. Sapete, come quelli che costruiscono i modellini delle navi con i fiammiferi. Ci vogliono tempo e pazienza.
Nel 2008 il governo Prodi blocca il progetto, perché non ci sono soldi. Due anni dopo Berlusconi torna al governo e annuncia che il Ponte sarà fatto, anzi rifatto perché lo aveva già fatto, direi personalmente, a Porta a Porta sei anni prima.
Nel 2012 il governo Monti dice di nuovo che non ci sono i soldi e mette in liquidazione la nuova società che Berlusconi aveva nel frattempo istituito, che si chiamava Eurolink.
Nei giorni scorsi il governo in carica ha rilanciato l’idea. Anzi, ha proprio detto: il Ponte si farà. C’è dunque una nuova prima pietra, identica a questa, già pronta a Roma e in partenza per Villa San Giovanni. Il costo stimato (di tutto il Ponte, eh, non della prima pietra) è intorno ai 4 miliardi di euro, secondo calcoli meno ottimisti potrebbe raddoppiare, si sa come funzionano in Italia i preventivi, per ristrutturarti un bagno ti dicono dieci e tu già sai che saranno venti.
In attesa degli eventi, le vere notizie sono due:a prima è che gli unici a costruire effettivamente un ponte sullo Stretto furono i romani durante le guerre puniche. Secondo Plinio il Vecchio i romani costruirono un ponte di barche per far passare gli elefanti sequestrati ai cartaginesi. Per fortuna Berlusconi non ha letto Plinio il Vecchio, altrimenti avrebbe portato a Porta a Porta un elefante. La seconda notizia è che per andare da Palermo a Ragusa con i mezzi pubblici ci vogliono 12 ore. Esattamente come il tempo dei cartaginesi.
Concludendo. I ponti sono opere meravigliose. Spesso molto belle anche da vedere, comunque bellissime per la loro funzione, che è unire, avvicinare. Ma l’esatto contrario dei ponti sono le promesse a vuoto. Le promesse a vuoto rappresentano, appunto, il vuoto: allargano la distanza tra le due rive, la riva delle parole e la riva della realtà. Il famoso “Tra dire e il fare c’è di mezzo il mare”.
Mi piacerebbe essere il primo che passa lo stretto in tre minuti, percorrendo il nuovo ponte e dedicando il trionfo della tecnologia agli elefanti di Annibale. Ma prima di mettermi in coda voglio aspettare almeno la seconda pietra. Non per sfiducia. Per esperienza.
Michele Serra
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lamilanomagazine · 7 months
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Regione Sicilia: Valle dei templi, completati i lavori di musealizzazione del telamone
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Regione Sicilia: Valle dei templi, completati i lavori di musealizzazione del telamone.  Un colosso di quasi otto metri di altezza, un telamone immenso che nasce dall'accorpamento di alcune grandi statue, le stesse che erano sistemate tra le colonne del famoso tempio di Zeus Olimpio, di cui sono giunte a noi solo le rovine. Nella Valle dei templi di Agrigento è appena stata completata la ricostruzione della figura-simbolo della potenza di Zeus che, secondo il mito, costrinse i giganti sconfitti a sorreggere in eterno il "peso" del tempio a lui dedicato. Lo "svelamento" del telamone sarà giovedì 29 febbraio, alle 11, nella Valle dei templi. Presenti il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani; l'assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato; il direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi, Roberto Sciarratta; il sindaco di Agrigento, Francesco Micciché; il prefetto di Agrigento, Filippo Romano; il curatore del progetto di musealizzazione, Carmelo Bennardo, e l'esperto scientifico del progetto, Alessandro Carlino. Il colosso poggia su una struttura in acciaio corten, che supera da sola i dieci metri. È stato realizzato combinando blocchi originali e frammenti scoperti già nel 1920 e conservati nell'area del tempio che appartenevano a diversi telamoni. Sarà il cuore di un'imponente operazione di musealizzazione dell'intera area sulla base degli studi condotti da alcuni anni dal Parco della Valle con l'Istituto archeologico germanico.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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abr · 6 months
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La realtà è che il nostro Paese sembra non credere più a nulla, soprattutto a se stesso. Quando leggo le polemiche pro o contro Salvini e chi lo sostiene (sulle Grandi Opere tipo Ponte sullo Stretto ma non solo, ndr) penso al 13 agosto 1898. Quel giorno a Iselle di Trasquera, un paesino sopra Domodossola, brillarono le prime mine per il traforo del Sempione.
(A) quel progetto non ci credeva quasi nessuno salvo chi aveva pensato, progettato, finanziato e voluto un’opera tanto colossale. Si chiamavano Alfred Brandt e Karl Brandau, gli ingegneri che dai due versanti avevano dato il via a un progetto incredibile per quei tempi (...): un tunnel di quasi 20 chilometri (...) che rimase per 76 anni il record del mondo, superata solo negli anni ’80 (...).
Furono impegnati (...) decine di migliaia di operai (...), minatori sardi e toscani, contadini (...), disoccupati, analfabeti e tanti ragazzi. Solo nelle trincee del Carso ritroveremo fianco a fianco uomini così diversi (...). “Rimarranno schiacciati dal peso di oltre 3.500 metri di roccia sovrastante, saranno strappati via dalle correnti calde del sottosuolo e comunque non si può lavorare a 55 gradi!”. Rileggendo i giornali del tempo tutto sembrava impossibile e invece, neppure sette anni dopo, tutto era compiuto.
Alla fine i calcoli manuali dello scavo (...) risultarono perfetti: le due gallerie si ritrovarono esattamente a metà strada, dopo 10 chilometri di buio, con uno scartamento di soli sette centimetri e, su circa 15.000 operai impegnati nei lavori, ne morirono solo 42, un niente rispetto ai 200 del traforo del Gottardo di anni prima. (S)i corse sempre ai ripari organizzando migliori condizioni di vita degli operai che ogni giorno avevano abiti puliti, toilette e aspiratori per ridurre la temperatura (...). Nacque anche un paese, Balmalonesca, per ospitare migliaia di operai e le loro famiglie (...) con case, osterie, la scuola, una chiesa (...).
Scrivo questo pezzo da Dubai, dove trent’anni fa c’era solo sabbia e oggi (si staglia) il grattacielo più alto del mondo. È indigesto agli ecologisti e opera faraonica e inutile? Sta di fatto che l’anno scorso la città più visitata al mondo da turisti non è stata più Parigi ma proprio Dubai (...).
Ormai Europa e Asia sono connessi sul Bosforo senza problemi, così come decine di isole nel mondo. Anche considerando solo i ponti a campata unica (...) costruire il ponte sullo Stretto tra Calabria e Sicilia é nell'ordine delle cose e non ditemi che in Turchia, in Giappone o in Cina non ci siano tsunami e terremoti! (...).
via https://www.ilsussidiario.net/news/ponte-sullo-stretto-il-monito-del-vecchio-sempione-ai-sabotatori-che-ignorano-la-nostra-storia/2686470/
Sempre provinciali siamo stati, ma oggi più di ieri: più sono sinistri ecoambientalisti che si credono moderni, più regressivi ignoranti tutto sentimient' pregiudizi e blablabla impauriti a bocc'aperta diventano. In sintesi, dei Tozzi.
Peccato che i piagnina senza lumi né speranze dilaghino attualmente anche oltre il divide con gli ignoranti a sinistra. In ritardo ma l'han vinta finalmente, la battaglia per l'egemonia culturale: non è questione di contenuti ma di metodo, han reso la mentalità e l'approccio della maggioranza silenziosa che lavora, negativa passiva aggressiva come la loro. Al più fanno i "benaltristi", altro diversivo classico sinistro. Non per caso i figli (=speranza di futuro migliore) non li fa più nessuno.
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alessandro55 · 3 months
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L'albero della cuccagna
Nutrimenti dell'arte
Achille Bonito Oliva
Analisi storica Guido Guerzoni
Skira, Milano 2017, 254 pagine,brossura, 151 ill.a colori, 24x28cm, ISBN 9788857237107
euro 35,00
email if you want to buy [email protected]
Nell’immaginario collettivo la Cuccagna rappresenta il paese dell’abbondanza e il luogo del divertimento per antonomasia.
Il gioco che da questo mito prende il nome ha alle proprie spalle una lunga tradizione e una altrettanto arcaica memoria popolare. Simbolo di gioia e prosperità – ma anche della fatica e dell’impegno indispensabili a ottenerle – questa immagine è comune a tutte le culture europee, ed è presente nelle sue diverse varianti tanto nei riti diffusi sulle sponde del Mediterraneo, quanto nelle saghe nordiche. Molteplici sono i riferimenti concettuali che conferiscono a questa icona specifica un valore d’identità condivisa, che accomuna civiltà tra loro anche distanti. L’albero della cuccagna è, dunque, identificabile come motivo iconografico capace di una funzione narrativa e interpretativa del presente globalizzato, ma anche come metafora utile a generare riflessioni sul tema dell’alimentazione e della giustizia sociale. Attraverso un innovativo progetto espositivo in progress, partito nell’ambito di EXPO 2015 e conclusosi nel 2017, Achille Bonito Oliva ha selezionato 45 artisti per realizzare opere ispirate al tema arcaico dell’albero della cuccagna, costruendo una mostra diffusa su tutto il territorio nazionale, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, che ha coinvolto musei e fondazioni pubbliche e private. Nel libro l'installazione luminosa di Giovanni Albanese, la “camera a olio” di Per Barclay, la quercia di Gianfranco Baruchello, le opulenze contraddittorie e inquietanti di Bertozzi e Casoni, per arrivare a una varietà di punti di vista con Marzia Migliora, Goldschmied &Chiari, Alfredo Jaar, Sislej Xhafa, Patrick Tuttofuoco, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani, Mimmo Paladino.
L’esperienza curatoriale ed espositiva, per molti versi straordinaria, di questa mostra è ora raccolta nel volume italiano/inglese edito da Skira che, accanto al saggio del curatore e a un’analisi storica firmata da Guido Guerzoni, documenta le 45 opere attraverso i contributi critici di professionisti del mondo della cultura contemporanea (critici, storici dell’arte, direttori di museo e curatori indipendenti) e la segnalazione delle innumerevoli collaborazioni e sponsorizzazioni – pubbliche e private – che hanno supportato artisti e musei.
Mostra 25 settembre 2015 - 10 marzo 2017 Oltre 40 sedi in Italia
23/06/24
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archivio-disattivato · 11 months
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https://www.meltingpot.org/2023/09/trattenere-e-umiliare-procedure-hotspot-a-porto-empedocle/
Trattenere e umiliare: procedure hotspot a Porto Empedocle
Il rapporto sul monitoraggio del progetto Mem.Med (Memoria Mediterranea)
22 Settembre 2023, di Silvia Di Meo e Yasmine Accardo, Mem.Med (Memoria Mediterranea)
Con i numerosi arrivi di persone via mare sull’isola di Lampedusa, è stata istituita una tensostruttura sulle coste siciliane di Porto Empedocle dove le persone vengono trattenute in condizioni critiche per espletare le procedure di identificazione e foto segnalamento. Davanti alle carenze strutturali, al sovraffollamento e alle violazioni di diritti, le persone migranti protestano.
La tensostruttura di Porto Empedocle
“No care, no help, no travel, no food”. Sono queste le parole scritte su un foglio di carta che Khaled sventola in mezzo alla strada principale di Porto Empedocle. Lui e Mohamed sono due minori somali approdati sull’isola di Lampedusa e poi trasferiti nella tensostruttura di Porto Empedocle dove stazionano ormai da 5 giorni. La situazione che sperimentano è chiara: “No freeedom” sintetizza Mohamed. 
Li incontriamo insieme a centinaia di persone MSNA senza tutori e richiedenti asilo di diversa nazionalità, età e genere che nel corso di quest’ultima settimana sono state trasferite all’interno del campo empedoclino in attesa di essere ricollocate in centri di accoglienza in Sicilia e in altri luoghi della penisola. 
Infatti, la tensostruttura collocata nel porto della cittadina agrigentina è da diversi mesi il secondo approdo delle persone migranti che giungono via mare a Lampedusa e che, a fronte dei numeri esponenziali di arrivi sull’isola delle Pelagie, sono stati spostati rapidamente sul territorio siciliano per alleggerire l’hotspot di Lampedusa. 
La tensostruttura – che consiste in un piazzale di cemento dove sono collocati due tendoni, 18 bagni chimici e poche docce esterne – è un’area di sbarco temporanea che la Prefettura di Agrigento sembra utilizzare per identificare e smistare le persone migranti, coadiuvando di fatto le attività di pre-identificazione implementate dalle autorità nell’hotspot di Lampedusa. La tensostruttura è quindi un secondo punto di approdo in cui le persone – trasferite qui anche poche ore dopo lo sbarco lampedusano attraverso le navi traghetto Galaxy – vengono foto segnalate e viene rilasciato loro un numero identificativo. Si tratta di un numero stampato su un quadratino di carta senza cedolino e senza foto. 
Qui le persone – donne, uomini, minori e famiglie originarie della Guinea Conakry, Costa D’Avorio, Senegal, Gambia, Burkina faso, Camerun, Sierra Leone, Giordania, Egitto, Tunisia, Siria, Mali, Sudan, Somalia, Etiopia, Liberia  – stazionano per giorni e giorni, trattenute in maniera prolungata all’interno di un campo di cemento, presidiato dalle forze dell’ordine e gestito dal personale della Croce Rossa, dove sono praticamente assenti rappresentanti delle organizzazioni umanitarie, grandi e piccole.
Nonostante il trattenimento dovrebbe durare solo il tempo necessario all’identificazione e alla disposizione del trasferimento, il transito non è breve e sembra durare una media di almeno 5 giorni. In questo tempo, alle persone è impedito di uscire dal cancello principale pertanto queste sono costrette, a causa della totale invivibilità del luogo, a saltare dalle recinzioni laterali e posteriori per cercare all’esterno aiuto, cibo, contatti, informazioni, libertà. 
Le persone trattenute in questo luogo raccontano di non aver ricevuto alcuna informativa relativa all’accesso ai loro diritti, alla protezione internazionale o altre forme di tutele. Inoltre riferiscono di essere trattate come animali in gabbia: il campo infatti è senza letti, sedie, tavoli e le persone stazionano stese a terra – i più fortunati su cartonati di non precisata origine – sotto il sole cocente, in uno spiazzale ricoperto di spazzatura, cassonetti e avvolto dall’odore pungente dell’urina. Le persone riferiscono di vivere in stato di continua incertezza e forte stress dipendente non solo dalle condizioni strutturali di invivibilità del campo ma anche a causa dell’attesa prolungata di un trasferimento in accoglienza che sembra non arrivare mai.
E mentre si passa la giornata nell’afa di settembre – tra un cambio turno delle forze dell’ordine e un’intervista ufficiale rilasciata dalle autorità ai giornalisti – arrivano da Lampedusa traghetti carichi di almeno altre 400 o 500 persone migranti che vengono scortate fino all’ingresso del centro e fatte entrare nei piccoli vuoti di spazio rimasti nel piazzale. Qui le persone vengono sottoposte ad un appello pubblico, senza alcun rispetto della privacy e attraverso l’uso esclusivo delle lingue veicolari principali: francese, inglese, arabo.
In queste giornate di permanenza, qualche turista passava per il porto e fotografava le persone dietro le sbarre, qualche locale si lamentava del “disagio”, qualche giornalista riprendeva quelle persone trattenute che si infuriano dopo l’ennesima giornata di prigionia. 
In questo circo periferico, la tensostruttura di Porto Empedocle risulta una zona d’ombra rispetto alle luci dello “spettacolo Lampedusa” che continua ad avere i riflettori puntati sulle proprie coste. Eppure nel corso della settimane le persone trattenute in questo piccolo piazzale – senza assistenza legale, sanitaria e libertà personale; senza letti, senza sufficienti professionisti medici e sociali, con carenze alimentari e patologie mediche – sono  state più di 1.000, di cui l’80 per cento costituito da MSNA e altre figure cosiddette vulnerabili.
Le proteste delle donne
Il malessere è progressivamente cresciuto e così le manifestazioni di scontento delle persone trattenute. Diversi gruppi di persone hanno iniziato delle proteste per la condizione di trattamento disumano a cui sono costrette a Porto Empedocle: l’inadeguatezza alimentare – pane con formaggio e pomodoro a tutti i pasti, cibo in quantità e in qualità insufficiente – l’assoluta promiscuità senza separazioni spaziali tra uomini e donne, l’esposizione ad ulteriori condizioni di violenza e soprattutto la condizione di privazione della libertà. 
Nella giornata del 19 settembre, un gruppo di donne minori guineane ha dato avvio ad una protesta femminile davanti al cancello principale della struttura, al grido di: “Liberateci! Liberateci! non siamo prigioniere, lasciateci andare!” Le ragazze sono dunque salite sul muro che delimita la struttura e hanno cominciato a gridare e ad arrampicarsi, tentando di scavalcare le inferriate. 
Le donne hanno poi occupato l’ingresso della tensostruttura sedendosi a terra in segno di protesta. Questa condizione di esposizione alla violenza, a cui specifiche categorie di persone vulnerabilizzate – quali le donne e i MSNA, sono sottoposte – connota la gestione disciplinante di una struttura ideata e pensata come “deposito” di persone. 
Persone che, giunte dalla violenta Sfax in Tunisia o dalla Libia, vivono un processo costante di sopraffazione, sottoposte a gravi violazioni di diritti e a continue forme di abuso, coercizione e limitazione della libertà che continuano ad essere raccontate, gestite e strumentalizzate a livello pubblico – tanto da politici che da giornalisti – come normali conseguenze di una condizione emergenziale. Un’emergenza che giustifica e normalizza il trattamento riservato ai neo sbarcati sulle coste nord del Mediterraneo, destinati ad essere “ritirati” e “riconsegnati” dai vari porto mediterranei, come abbiamo sentito dire in queste ore da chi gestisce la tensostruttura.
Tuttavia le persone migranti non sono inermi e continuano ad opporsi a questo controllo violento. Le diciassettenni guineane hanno preteso di avere nel piazzale un’area femminile di loro uso esclusivo, poiché ormai da più di 7 giorni erano completamente esposte senza alcuna tutela, preoccupate delle possibili violenze nel centro. Nei giorni successivi, esasperate, hanno scavalcato il muro del centro per cercare all’esterno un minimo di libertà e benessere. Due di loro erano fortemente indebolite da patologie pregresse che non erano state adeguatamente attenzionate e, per le strade del centro empedoclino, cercavano cibo e acqua.
Tra le numerose donne qui detenute, ce n’erano varie in stato di gravidanza. Alcune di loro sono state trasferite in ospedale per partorire e subito dopo ricollocate nella tensostruttura, senza i loro figli neonati.
Molte delle persone incontrate si trovavano in evidente stato di disidratazione e deprivazione fisica, nonché di forte sofferenza psicologica dipendente dal trattenimento prolungato e dalla mancanza di contatti con il mondo esterno. Tutti i trattenuti cercavano la possibilità di comunicare con le famiglie di origine o con conoscenti, desiderosi di avvisare i propri familiari del loro arrivo, non avendo potuto farlo nonostante l’approdo fosse avvenuto ormai da quasi una settimana.
Stazione di transito, trattenimento e deportazione
Questa stazione di transito e identificazione successiva a Lampedusa, sarà nelle prossime settimane potenziata e al posto della tensostruttura verrà adibito una struttura facente ufficialmente funzione hotspot, che sta nascendo dai lavori in corso in queste ore. Il Prefetto di Agrigento, Filippo Romano ha dichiarato che: “l’hotspot di Porto Empedocle sarà collegato a quello di Lampedusa dalla stessa gestione, la Croce Rossa (…) I due hotspot devono essere visti come una sorta di ponte: quello di Lampedusa accoglie in prima battuta e quello di Porto Empedocle instrada, il più velocemente possibile, verso i pullman“.
In continuità con la gestione migratoria che ha caratterizzato le politiche europee negli anni passati, l’unico “ponte” finanziato e promosso è quello che conduce alla sorveglianza, all’umiliazione, allo smistamento e incanalamento giuridico di persone che vengono irregolarizzate, dove il dispositivo della detenzione continua ad essere principale strumento di controllo degli spostamenti umani.
Questa modalità di controllo della mobilità delle persone in arrivo alla frontiera siciliana è da inquadrare nelle nuove riforme promesse dal governo: il rafforzamento a livello nazionale del sistema detentivo del CPR, con nuove strutture e un periodo di trattenimento esteso a 18 mesi; l’introduzione di nuovi centri identificativi e di rimpatrio come CPRI a Modica, nella Sicilia orientale costituiscono la risposta europea e nazionale all’aumento degli arrivi dalla Tunisia e dalla Libia, due luoghi da cui le persone continuano a fuggire forzatamente, sopravvissute ai regimi che i governi europei continuano a finanziare.
In tal senso, i discorsi di Meloni e Von Der Leyen che – durante la passerella a Lampedusa nei giorni del sovraffollamento – hanno inneggiato all’arresto dei trafficanti e alla sorveglianza militare, sono in continuità con un sistema che pone come soluzione la detenzione al posto di una vera accoglienza, la violenza al posto dei diritti e che – con l’ausilio delle nuove strutture – affinerà la macchina criminalizzante della deportazione. 
Intanto, mentre nei diversi angoli della Sicilia occidentale e orientale proliferano hotspot e ghetti istituzionali, mentre le politiche promettono blocchi nel Mediterraneo e pseudo accoglienza a terra, le persone migranti continueranno a protestare per la libertà di movimento ed ad arrampicarsi sui muri della detenzione per pretendere rispetto dei diritti e reclamare la loro libertà.
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isoleminori · 1 year
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Alicudi, Andrea Chimenti, 2022
Dal progetto "AMMARE":
"Andrea Taranto è un pescatore di Alicudi.
Nelle notti più buie, Andrea esce con la sua lampara per pescare totani e calamari; una lampara alimentata a gas e posizionata su di una barca a remi.
Come segno di una tradizione rimasta immutata nonostante il passare del tempo, Andrea rimane uno degli ultimi pescatori in tutta la Sicilia che continua ad utilizzare questo metodo di pesca antico." @andrea_chimenti
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sguardimora · 1 year
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[ph. Mirco Lorenzi]
Venerdì per la prima volta il progetto La scuola elementare del teatro e della danza si è tenuto nel pomeriggio e ha visto la partecipazione non solo di una realtà scolastica ma anche dei genitori degli alunni e delle alunne. Infatti, in occasione della presenza della compagnia Kepler-452 in residenza all’Arboreto per la ricerca e composizione del nuovo lavoro Album, i bambini e le bambine della scuola elementare di Schieti, accompagnati dai genitori e dalle maestre sono entrati nel processo creativo degli artisti. Album è un lavoro è sostenuto dal progetto europeo Stronger Pheripheries e coprodotto da Pergine Festival (Italia), Pro Progressione (Ungheria) e L’Arboreto Teatro Dimora (Italia) e si sta sviluppando intorno al tema “Dealy bread”, trattando più nello specifico il tema della famiglia e della memoria.
Dopo essere stati accolti da una merenda nel foyer del teatro, il gruppo è entrato dentro la scena di Album guidati da Nicola Borghesi, Enrico Baraldi e Roberta Gabriele e sono stati catapultati come in una sorta di set cinematografico abitato da un conduttore-intervistatore (Nicola), accompagnato dal suo cameraman (Enrico) e da Roberta che osservava lo spazio. Che cos’è un ricordo? Qual è il tuo primo ricordo? Dove vanno i ricordi quando spariscono? Da queste tre domande si è mosso l’incontro tra gli artisti e la comunità scolastica/famigliare disposta sul palco allestito con una cinquantina di sedie e mobilio vintage. All’interno di questo dispositivo scenico dove spettatori e artisti si mescolano, che ospiterà anche la prova aperta che si terrà venerdì 26 maggio dalle ore 20, Nicola ed Enrico hanno accolto bambini e adulti facendo convergere l’ora di lavoro insieme sulle tre domande di cui sopra. Da questo confronto serrato tra padri e figli, maestre e alunne, madri e figlie, genitori e insegnati condotto con audacia e sensibilità da Nicola sono emersi ricordi, immagini, odori e sensazioni che hanno dato vita a una biblioteca di proto-racconti immaginari.
Un ricordo è un’esperienza del passato che ti rimane impressa nella memoria. È un’immagine sensoriale, sinestetica. Spesso sono gli altri il nostro ricordo. I ricordi sono ricostruzioni artificiose, sono immaginazione. I ricordi sono spesso brutti. I ricordi hanno bisogno di una storia e deve essere forte, spesso traumatica. È qualcosa che abbiamo percepito in passato e che con gli stimoli esterni torna alla memoria. Il ricordo non è razionale, quanto meno te l’ho aspetti arriva.
Il mio primo ricordo è la paura di affogare durante il battesimo. Un foglio verde grande che sembrava un terribile coccodrillo. Giocare alla guerra con bombe di carta. Imparare a fischiare insieme a mio padre. L’odore dei limoni nel giardino della nonna in Sicilia. Un bimbo dell’asilo che mangiava la terra e gli altri che lo incitavano a mangiarla. Molti ricordi me li sono inventata. Una camera, tanti libri e tanta luce, di mattina: era la stanza dei miei genitori. La prima volta che ho galoppato sopra un cavallo.  Il primo concerto a cui sono andata sola con un’amica.
I ricordi che scoppiano vanno nel fuorimemoria, un tuo secondo cervello che non sai di avere. Vanno in una parte del cervello che non conosciamo. Ha il nome di una dea greca… I ricordi vanno nelle teste di chi hai incontrato. Scappano dal tuo corpo e si dissolvono nell’aria. I ricordi non vanno da nessuna parte non ci sono più. Non svaniranno mai restano nella testa e quando vedrai un posto magari ti torna in mente un ricordo che non ricordavi più: è il luogo te lo fa ricordare. Sono legati alle emozioni, scompaiono e tonano con le emozioni a cui sono legati. Quando scompaiono ritornano nel luogo da dove sono venuti.
Queste sono alcune delle memorie e delle riflessioni che adulti e bambini hanno condiviso in questo pomeriggio denso ed emozionante, ricco di risate e silenzi, abbracci e lacrime, parole e sguardi che molti dei presenti non dimenticheranno ma serberanno a futura memoria.
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Wednesday, for the first time, the project The elementary school of theater and dance was held in the afternoon and saw the participation not only of a school but also of the parents of the scholars. In fact, on the occasion of the presence of the Kepler-452 company in residence at the Arboretum for the research and composition of the new creative work Album, the scholars of the elementary school of Schieti, accompanied by their parents and teachers, entered the creative process of the artists. Album is a work supported by the European project Stronger Pheripheries and co-produced by Pergine Festival (Italy), Pro Progressione (Hungary) and L'Arboreto Teatro Dimora (Italy) and is developing around the theme "Dealy bread", dealing more specifically the theme of family and memory.
After being welcomed by a snack in the foyer of the theatre, the group entered the scene of Album led by Nicola Borghesi, Enrico Baraldi and Roberta Gabriele and were catapulted as if into a sort of film set inhabited by a conductor-interviewer (Nicola), accompanied by his cameraman (Enrico) and Roberta who observed the space. What is a memory? What is your earliest memory? Where do memories go when they disappear? From these three questions the meeting between the artists and the school/family community moved on the stage set up with about fifty chairs and vintage furniture. Within this scenic device where spectators and artists mingle, which will also host the open rehearsal to be held on Friday 26 May from 8.00 pm, Nicola and Enrico welcomed children and adults by focusing the working hour together on the three questions of above. From this close confrontation between fathers and sons, teachers and pupils, mothers and daughters, parents and teachers conducted with audacity and sensitivity by Nicola, memories, images, smells and sensations emerged that gave life to a library of imaginary proto-stories.
A memory is an experience from the past that stays in your memory. It is a sensory, synesthetic image. Often others are our memory. Memories are artificial reconstructions, they are imagination. Memories are often bad. Memories need a story and it must be strong, often traumatic. It is something that we have perceived in the past and that comes back to memory with external stimuli. The memory is not rational, the less I wait for it, it will arrive.
My first memory is the fear of drowning during baptism. A large green sheet that looked like a terrible crocodile. Play war with paper bombs. Learning to whistle with my father. The smell of lemons in grandma's garden in Sicily. A kindergarten child who ate the earth and the others who encouraged him to eat it. I made up many memories. A room, lots of books and lots of light in the morning: it was my parents' room. The first time I ever galloped on a horse. The first concert I went to alone with a friend.
Memories that burst go into “out of memory”, a second brain of yours that you don't know you have. They go to a part of the brain that we don't know about. It has the name of a Greek goddess… Memories go into the heads of who you met. They escape from your body and dissolve into air. The memories go nowhere they are no more. They will never vanish, they remain in your head and when you see a place, perhaps a memory that you no longer remember comes to your mind: it is the place that makes you remember it. They are tied to emotions, they disappear and tone with the emotions they are tied to. When they disappear they return to where they came from.
These are some of the memories and reflections that adults and children exchanged on this dense and exciting afternoon, full of laughter and silence, hugs and tears, words and looks that many of those present will not forget but will keep for future reference.
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chiedo da persona che voleva vedere la primavera della vita ma si è rotta una gamba e non s'è potuta girare mezza regione per trovare l'unica sala che dava il film: sarebbe possibile avere un breve recap della trama? Degli outfit più belli?
anon mi dispiace un casino, che sfortuna immensa ;;;; spero davvero tu guarisca al più presto <3
allora la trama molto in breve e senza spoilerare nulla di grosso è la seguente, te la metto sotto il cut:
Antonio e Lorenzo non si vedono nè sentono da tre anni, dopo che si sono separati come duo artistico a seguito di una brutta litigata. Antonio si rimette in contatto con Lorenzo promettendogli i gran $$$oldi se avesse accettato di accompagnarlo in giro per la Sicilia a raccogliere informazioni su diversi miti e leggende per poi scriverci su un libro.
Questo progetto sembrerebbe essere finanziato da una setta di cui Antonio ora fa parte (che è il motivo per cui è vestito completamente di bianco, mangia solo semi e dorme in piedi come i cavalli), ma ovviamente c'è dell'altro che non ti spoilero, nella speranza che tu riesca a recuperare il film prossimamente (se invece vuoi sapere tutto tutto finale compreso, fammi sapere che provvedo!)
Trama a parte, a livello visivo è un film pazzesco: il regista è Zavvo Nicolosi che è anche il regista degli mv di musica leggerissima, splash, i mortali live movie e altri mv di lorenzo, quindi immagina lo stesso tipo di immagini e colori.
Anche l'idea della ricerca di miti e leggende dà modo di creare delle mini scenette con elementi estremamente simbolici e cattolici (esattamente come negli mv citati sopra) e con un sacco di personaggi surreali.
PER QUEL CHE RIGUARDA GLI OUTFIT per la maggior parte del film Antonio veste un completo totalmente bianco, MA AD UN CERTO PUNTO LO FICCANO IN UNA MAGLIETTA E PANTALONE DI PELLE NERA ED E' UNA COSA INDECENTE forse in qualche trailer si vede, nel caso ti consiglio di buttarci un'occhio perchè davvero. è stata Una Scelta. Lorenzo invece è vestito da Lorenzo, ovvero le più brutte camicie anni 70 infilate nei pantaloni color pastello (che lella incredibile) (poi non so se hai familiarità con la saga di videogiochi di Yakuza ma ad un certo punto indossa una camicia rossa su pantalone bianco e vabbè era kiryu siciliano). Ah, degno di nota il completo ocra che si vede anche nel trailer e che indossa mentre passa davanti ad una parete rossa acceso che fa un contrasto pazzesco e che gli sta su di un bene che non si spiega. Poi comunque le maniche delle camicie se le tira su e si vede il tatuaggio sull'avambracc- VABBE' CI SIAMO CAPITE SI'. (Verso la fine del film indossa anche un completo blu scuro ma di quello non si parla non voglio percepire nulla :) )
Spero di averti risposto in maniera più o meno coerente anon ;;; ti auguro ancora pronta guarigione e se vuoi sapere altro sono qua a tua disposizione!!
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ateatino · 2 years
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venerdì 24 marzo Slow Food Sicilia 
incontra i ragazzi e le ragazze dell’Istituto di Istruzione Superiore G. Salerno di Gangi
All’interno del progetto Identità - “Nascere in un territorio, crescere a scuola, fiorire nell’identità”  della condotta Slow Food alte Madonie.
Prima tappa di formazione a cura di Antonia Teatino, per fornire strumenti “do it yourself” e “opensource” per avvicinare i giovani alla conoscenza, custodia e comunicazione della biodiversità alimentare, delle identità culturali e gastronomiche per un turismo esperienziale young!
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marinolamberto · 4 years
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Mitopoiesis - Il Vecchio Solo
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Un progetto realizzato insieme ai colleghi di Arti Visive e di Design, esposto al festival di fotografia contemporanea “Images Gibellina” dal 30.07 al 29.08 del 2021 che parla di un viaggio attraverso le storie, le leggende, i miti e i luoghi che disegnano i contorni della Sicilia: elementi fortemente connotanti da un punto di vista identitario, che mettono in relazione passato remoto e vissuto quotidiano. Tra le varie storie a cui io e i miei colleghi abbiamo dato maggiormente attenzione, una in particolare è stata la storia del “vecchio solo” ossia, un racconto tramandato dalle voci dei cittadini di Siracusa che narra la storia di un signore anziano, il quale dopo essere diventato vedovo senza neanche un figlio, restava tutto il giorno ai giardini di Ortigia e sul lungo mare Alfeo con l’insistente desiderio di diventare padre. Utilizzando lo strumento fotografico, si possono ricostruire delle scene, inscenando di poter fotografare l’ombra di quest’uomo che malinconicamente percorre le vie di Ortigia.
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telodogratis · 5 hours
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#NewsPA - "Palermo for All¿ - Domani alle ore 10.30, a Villa Niscemi la conferenza stampa di presentazione del progetto che mira a fare della Sicilia una delle mete turistiche più accessibili d¿Europa
Domani, venerdì 27 settembre, alle ore 10.30, presso la Sala delle Carrozze di Villa Niscemi, avrà luogo la conferenza stampa di presentazione del Progetto “Palermo for All”.  ​Read More Domani, venerdì 27 settembre, alle ore 10.30, presso la Sala delle Carrozze di Villa Niscemi, avrà luogo la conferenza stampa di presentazione del Progetto “Palermo for All”.   Feed RSS – Comune di…
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