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#Allattamento Al Seno
rosaleona · 1 year
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Mamma allatta al seno durante un volo di linea ma viene ripresa dal personale di bordo: "Si copra, ci sono uomini e bambini"
..."Si è scoperto che a sollevare il problema è stato un padre con figli a seguito seduto vicino a me. La mia bambina ha pianto per gli ultimi 45 minuti del volo. Ho cercato di allattarla coperta ma ha rifiutato. Le persone intorno a noi erano chiaramente frustrate. Non li biasimo. Ero frustrata anch’io”
Il fatto che a "sollevare il problema" sia stato un padre, rende il tutto ancora più grave.
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megachirottera · 1 year
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Perché la carenza di latte artificiale è in realtà una buona cosa
Lo scopo di questo articolo è cercare di evidenziare perché una carenza di latte artificiale è effettivamente nell’interesse del popolo americano Source: May 21, 2022; by A Midwestern Doctor on The Forgotten Side of Medicine (more…) “”
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affascinailtuocuore · 2 years
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Attaccato al seno  materno, il neonato muore in Rooming-in nell’ ospedale romano. Storia già vissuta…Ma  era 50 anni fa!
1 Giugno 1973. Iniziano le doglie, sono al settimo mese. Decidiamo di andare immediatamente all’ospedale San Salvatore dell’Aquila. Non è lì che era stata programmato il mio primo parto. Comincia l’incubo  del travaglio che dura 24 ore, in una sala grande e giallastra, triste e spoglia, con l’ostetrica o l’infermiera, non ricordo, che ogni tanto  si siede accanto al mio letto  con il lavoro a…
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Unicef-Oms, '48% bimbi allattati al seno, in 12 anni aumentati del 10%'
(Adnkronos) - "Negli ultimi 12 anni, il numero di bambine e bambini di età inferiore ai sei mesi esclusivamente allattati al seno è aumentato di oltre il 10%. Ciò significa che il 48% dei neonati in tutto il mondo beneficia di questo sano inizio di vita. Ciò si traduce in centinaia di migliaia di bambini e bambine la cui vita è stata salvata attraverso l'allattamento. Lo ricordano L'Unicef e l'Organizzazione mondiale della Sanità, in occasione della Settimana mondiale dell'allattamento. Le due organizzazioni internazionali sottolineano la necessità di migliorare il sostegno all'allattamento come azione fondamentale per ridurre le disuguaglianze e proteggere il diritto di madri, bambine e bambini a sopravvivere e prosperare. Per quanto riguarda i 'numeri', sebbene ci sia stato un significativo balzo in avanti che avvicina all'obiettivo dell'Oms di portare l'allattamento esclusivo ad almeno il 50% entro il 2025, "esistono sfide persistenti che devono essere affrontate", spiega una nota. Unicef: i dati sull'allattamento Quando le madri ricevono il sostegno necessario per allattare, tutti ne traggono beneficio. Secondo gli ultimi dati disponibili, migliorare i tassi di allattamento potrebbe salvare oltre 820.000 vite ogni anno. Durante questo periodo cruciale di crescita e sviluppo precoce, gli anticorpi contenuti nel latte materno proteggono i bambini e le bambine dalle malattie e dalla morte. Questo è particolarmente importante durante le emergenze, quando l'allattamento garantisce una fonte di cibo sicura, nutriente e accessibile. L'allattamento riduce il peso delle malattie pediatriche e il rischio di alcuni tipi di cancro e di malattie non trasmissibili per le madri. Si stima che 4,5 miliardi di persone - più della metà della popolazione mondiale - non abbiano una copertura completa dei servizi sanitari essenziali; quindi, molte donne non ricevono il sostegno necessario per allattare al meglio. Questo include l'accesso a consigli e consulenze qualificati, empatici e rispettosi, durante tutto il percorso di allattamento. La raccolta di dati affidabili è fondamentale per affrontare le disuguaglianze e garantire alle madri e alle famiglie un sostegno tempestivo ed efficace per l'allattamento. Attualmente, solo la metà dei Paesi raccoglie dati sui tassi di allattamento Per sostenere i progressi, è necessario disporre di dati anche sulle azioni politiche che rendono possibile l'allattamento, come le politiche occupazionali a favore delle famiglie, l’applicazione del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno e gli investimenti nell'allattamento. Sistemi di monitoraggio Il miglioramento dei sistemi di monitoraggio aiuterà ad aumentare l'efficacia delle politiche e dei programmi per l'allattamento, a fornire informazioni per un migliore processo decisionale e a garantire che i sistemi di sostegno possano essere adeguatamente finanziati. Quando l'allattamento è protetto e sostenuto, le donne hanno più del doppio delle probabilità di allattare. Si tratta di una responsabilità condivisa. Le famiglie, le comunità, il personale sanitario, i politici e gli altri responsabili delle decisioni giocano tutti un ruolo centrale: Aumentando gli investimenti in programmi e politiche che proteggano e sostengano l'allattamento attraverso finanziamenti nazionali dedicati. Lavoro a favore delle famiglie Attuando e monitorando politiche di lavoro a favore delle famiglie, come il congedo di maternità retribuito, le pause per l'allattamento e l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia economici e di buona qualità. Garantire che le madri a rischio nelle emergenze o nelle comunità sottorappresentate ricevano protezione e sostegno per l'allattamento in linea con i loro bisogni specifici, compreso una consulenza tempestiva ed efficace sull'allattamento come parte dell’assistenza sanitaria di routine. Migliorare il monitoraggio dei programmi e delle politiche di allattamento per informare e migliorare ulteriormente i tassi di allattamento. Sviluppare e far rispettare le leggi che limitino la commercializzazione dei sostituti del latte materno, comprese le pratiche di marketing digitale, con un monitoraggio per segnalare di routine le violazioni del Codice. In Italia l'Unicef porta avanti le Baby-Friendly Initiatives (Bfi): buone pratiche, basate su prove di efficacia, che proteggono, promuovono e sostengono l’allattamento, offrendo e garantendo al contempo cure e sostegno adeguati alle madri che non allattano. Le Bfi comprendono 35 ospedali e 10 comunità riconosciuti 'Amici delle bambine e dei bambini' e 4 corsi di laurea Amici dell’allattamento. Inoltre, fanno parte del programma dell'Unicef Italia "Insieme per l'allattamento" oltre 1.000 Baby PIt Stop, aree allestite per accogliere i genitori che vogliono allattare o cambiare il pannolino quando si trovano fuori casa.   [email protected] (Web Info) Foto di Rebecca Scholz da Pixabay Read the full article
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gdsradio7 · 2 months
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Nel Paese della dieta mediterranea 1 bambino su 3 è obeso
In Italia 1 bambino su 3 tra gli 8 e i 10 anni è sovrappeso o obeso, con un gradiente significativo nord-sud della prevalenza regionale: obesità e sovrappeso meno frequenti al nord, più frequenti man a mano che si va verso il sud, in maniera inversamente proporzionale alla ricchezza regionale. Le policy per contrastare obesità e sovrappeso? Allattamento al seno, modifica dell’offerta alimentare,…
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scontomio · 1 year
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tortorellashop · 1 year
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Abbigliamento Allattamento in Italia: Comfort e Stile per le Mamme
L'allattamento è un momento prezioso per le mamme e i loro piccoli, e l'abbigliamento adeguato può rendere questa esperienza ancora più piacevole. In Italia, l'abbigliamento allattamento offre una combinazione di comfort, praticità e stile per le mamme che desiderano alimentare i loro bambini con facilità e senza rinunciare alla moda. Esploriamo le opzioni disponibili e come l'abbigliamento allattamento sta diventando una tendenza sempre più diffusa nel paese.
Comfort e Accessibilità
L'abbigliamento allattamento è progettato per offrire comfort e facilità di accesso al seno durante l'allattamento. I capi di abbigliamento allattamento in Italia spaziano da tuniche e top a maglie e vestiti appositamente progettati. Solitamente, questi capi presentano aperture discrete o bottoni nella zona del seno, consentendo alle mamme di allattare in modo discreto e comodo.
Inoltre, l'uso di tessuti morbidi e elasticizzati garantisce un'aderenza confortevole senza costringere o irritare il seno sensibile. I capi di abbigliamento allattamento italiani sono pensati per adattarsi alle diverse fasi del corpo postpartum, fornendo un sostegno adeguato e adattandosi ai cambiamenti del busto durante il periodo di allattamento.
Stile e Versatilità
L'abbigliamento allattamento in Italia si distingue per il suo stile moderno e alla moda. Le mamme possono trovare una vasta gamma di opzioni che si adattano al loro stile personale, dai capi casual ai look più eleganti. Gli abiti allattamento sono progettati per apparire come capi tradizionali, con tagli e design attuali che si adattano alle tendenze della moda.
Inoltre, l'abbigliamento allattamento offre versatilità alle mamme. Molti capi possono essere indossati anche dopo il periodo di allattamento, poiché le aperture o i bottoni possono essere nascosti o camuffati. Ciò significa che le mamme possono investire in capi che dureranno nel tempo e non saranno limitati solo al periodo di allattamento.
Facilità di Acquisto e Variegata Scelta
In Italia, l'abbigliamento allattamento è diventato sempre più accessibile grazie alla varietà di opzioni disponibili sul mercato. Le mamme possono trovare capi allattamento presso negozi specializzati, boutique online e grandi magazzini. La scelta è ampia, con numerosi marchi italiani e internazionali che offrono capi progettati appositamente per le esigenze delle mamme che allattano.
Per maggiori informazioni.:-
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perfectwizardninja · 1 year
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come crescere il seno 2023
La ghiandola mammaria è un organo https://aumentare-il-seno-2021.eu presente nel corpo femminile che possiede la funzione di sintetizzare e rilasciare il latte per l'allattamento in fase di gravidanza e allattamento.
cosa bisogna mangiare per far crescere il seno 2023
Il seno costituisce composto daacino nonché dall'un sistema di dotti, che trasporta il latte prodotto verso il capezzolo.
La ghiandola mammaria costituisce composto dadiverse parti che sono sensibili alle variazioni ormonali e potrebbero subire variazioni di forma e dimensione in diversi momenti della vita della donna.
La mammella può soggetto a malattie come il cancro, la mastite, la fibroadenoma e la ginecomastia.
Il seno è costituito da grasso nonché da tessuto ghiandolare.
Il grasso costituisce la maggior parte del volume del seno e varia in quantità a seconda del peso e dell'età della donna. Il tessuto ghiandolare è costituito da ghiandole che producono il latte e da dotti che trasportano il latte dal seno al capezzolo.
La ghiandola mammaria è un organo presente nel corpo femminile che ha la capacità di produrre e secernere il latte per l'allattamento in fase di gravidanza e allattamento.
Il seno è composto da grassi e mammaria. Il tessuto adiposo costituisce la maggior parte del volume del seno, mentre il tessuto ghiandolare è responsabile della produzione del latte.
Il seno può subire variazioni di forma e dimensione in relazione all'età e in base alle fluttuazioni ormonali.
Il seno femminile, detto anche ghiandola mammaria, è un organo costituito da tessuto ghiandolare che si trova nella parte anteriore del torace femminile e ha una funzione importante nella produzione di latte materno.
Il seno femminile, anche noto come ghiandola mammaria, è un struttura ghiandolare che si localizza nella parte anteriore del torace femminile e svolge una funzione importante nella produzione di latte materno.
Il seno può anche subire mutamenti patologiche, come il cancro al seno, che può essere diagnosticato precocemente attraverso esami di imaging come la mammografia.
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occhidibimbo · 2 years
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Uno dei primi fondamentali contatti tra mamma e bebè è rappresentato dall’allattamento al seno: si tratta senza ombra di dubbio della pratica più naturale per prendersi cura del proprio bambino fin dai suoi primi momenti di vita. Fermo restando che il latte materno rappresenti l’alimento più completo e benefico per il bebè, i vantaggi legati allattamento al seno, compresi quelli di un allattamento prolungato, vanno ben oltre il mero aspetto nutrizionale. Il latte materno, infatti, oltre ad assicurare al piccolo tutti i nutrienti di cui ha bisogno nelle giuste proporzioni, gli fornisce anche gli anticorpi che contribuiscono a rafforzare le difese immunitarie del suo organismo, salvaguardando quindi anche la sua salute futura e difendendolo da tutta una serie di problematiche e malattie. Il latte materno, dunque, contribuisce in maniera significativa al benessere del bambino e riduce la possibilità di insorgenza di patologie e disturbi di vario tipo, come le malattie di tipo allergico, il diabete infantile, i disturbi dentali e i problemi di sovrappeso e obesità. Anche da un punto di vista emotivo l’allattamento è una pratica essenziale per il benessere di mamma e piccolo: rafforza il loro legame e, in particolare, rappresenta per il piccolo un momento di coccole, di conforto e di pace. Perché non tutte le mamme allattano al seno Malgrado tutti i numerosi benefici elencati, non tutte le mamme allattano al seno. Questa circostanza è determinata dalla cattiva informazione da una parte e, dall’altra, dalla mancanza di sostegno di cui le neomamme avrebbero bisogno in uno dei momenti più delicati della propria esistenza. Ogni neomamma dovrebbe essere resa consapevole del fatto che l’allattamento al seno rappresenta la base di una crescita sana ed equilibrata e che contribuisce non solo alla salute fisica del bebè, ma anche al suo corretto sviluppo cognitivo, emotivo ed affettivo. Dal punto di vista emozionale e psicologico, infatti, l’allattamento naturale ha una notevole influenza sul percorso di crescita di un bambino. Da non dimenticare, inoltre, che per la mamma l’allattamento al seno è senz’altro il modo più naturale e spontaneo per prendersi cura del proprio piccolo fin dai suoi primi momenti di vita. Ma non solo: questa, pratica, infatti è un vero e proprio toccasana anche per la mamma: è stato accertato, ad esempio, che l’allattamento al seno stimola la contrazione dell’utero, limitando l’emorragia dopo il parto, che riduce il rischio di osteoporosi dopo la menopausa e il rischio di insorgenza di gravi patologie neoplastiche quali il cancro al seno e all’ovaio. Cosa sostiene l’Oms in merito all’allattamento al seno La questione legata ai benefici relativi all’allattamento al seno ha oggi ampia diffusione e benché vi siano ancora problemi di scarsa informazione, è considerata argomento di notevole importanza, tant’è vero che l’Oms – Organizzazione Mondiale della Sanità -  ha dedicato a questo argomento delle specifiche linee guida. In particolare si sostiene che il piccolo dovrebbe essere allattato al seno in maniera esclusiva fino al sesto mese di vita; si raccomanda, inoltre, che l'allattamento materno prosegua, integrato con alimenti solidi, almeno fino ai 24 mesi e finché mamma e piccolo lo desiderano. Sarebbe dunque ora di smentire tutte le false credenze che rappresentano un ostacolo a questa esperienza dagli innumerevoli vantaggi così importanti per mamma e bambino. Allattamento e fonti autorevoli Attingere informazioni attendibili non sempre è facile, soprattutto in un momento di così ampia reperibilità di notizie come quello che stiamo vivendo oggi. Avendo a disposizione una scelta molto vasta di fonti, è facile infatti che vengano veicolate notizie non veritiere o cattive informazioni. Anche per questo motivo, come ad esempio indicato nelle pagine di https://www.mammawriter.it/allattamento/, purtroppo permangono tuttora una serie di pregiudizi che influiscono negativamente su un’adeguata informazione riguardo l’allattamento al seno e alla sua durata.
Come detto in precedenza, L’Oms, l’Unicef, il Ministero della Salute e le società scientifiche pediatriche, raccomandano l’allattamento al seno per sei mesi e, una volta introdotti nella dieta del bambino alimenti diversi dal latte materno, fino al secondo anno di vita e oltre. Varie le iniziative messe in atto negli ultimi anni perché questa pratica venga promossa, cercando di indicare nel modo più adeguato e completo i vantaggi dell’allattamento al seno. Per quanto riguarda la durata dell’allattamento al seno, viene indicato che questo può essere protratto fino a quando mamma e bambino lo desiderano, considerando che un allattamento prolungato ha comunque dei benefici di vario tipo sia per la mamma sia per il bambino. Segnaliamo, inoltre, l’attuazione da parte del Ministero della Salute di un “Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno” che approfondisce tutte le questioni relative all’allattamento al seno oltre il primo anno di vita, considerando tutti i benefici per lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale del bambino e sottolineando che l’allattamento prolungato al seno, contrariamente a come alcuni credono, non interferisce negativamente sull’autonomia del piccolo e sul benessere psicologico e/o psichiatrico della mamma. Alla luce di ciò è senz’altro fondamentale che tutti i professionisti della salute sostengano in maniera adeguata tutte le neomamme che scelgono questa pratica di salute. Ciò che ci si augura è che sempre meno si tenga conto di false credenze sull’allattamento prolungato e che ci si basi sui reali vantaggi in termini di benessere fisico e psicologico che esso apporta. Non bisogna più supporre, in altri termini, che l’allattamento renda il bambino scarsamente autonomo ed eccessivamente dipendente dalla madre; è stato infatti ampiamente appurato che questa pratica, al contrario, contribuisca in modo determinante a una serena crescita fisica ed emotiva del bambino.
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Rooming-in è una pratica che si riferisce alla possibilità per la madre di rimanere con il proprio bambino nella stessa stanza dell’ospedale durante e dopo il parto. Questa è una pratica, ormai molto diffusa in tutti gli ospedali italiani, e sempre più professionisti del settore perinatale lo consigliano. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda il rooming-in come pratica standard per la cura del neonato. Secondo l’OMS, il rooming-in è essenziale per promuovere l’allattamento al seno, che è la migliore forma di nutrizione per i neonati, e per favorire l’instaurarsi di un legame tra madre e bambino. Inoltre, l’OMS sottolinea che il rooming-in è una pratica sicura per i neonati, poiché consente una maggiore attenzione e una maggiore possibilità di intervento tempestivo in caso di problemi di salute. L’OMS incoraggia gli ospedali a promuovere e sostenere il rooming-in per garantire che i neonati siano al meglio durante la loro permanenza in ospedale. Vantaggi e svantaggi della pratica del rooming-in  I vantaggi del rooming-in includono la possibilità per la madre di instaurare subito un legame con il proprio bambino, di allattare al seno in modo più facile e naturale e di essere in grado di prendersi cura del proprio bambino in modo più attivo. Gli svantaggi possono essere la mancanza di privacy per la madre e il bambino, la difficoltà per la madre di riposare adeguatamente e la necessità di avere un supporto adeguato dal personale medico e infermieristico. I benefici per il neonato Tenere vicino il bambino fin dai primi istanti di vita, per scaldarlo e nutrirlo, è il primo istinto della madre. Così come è istintivo per il bambino il bisogno del calore del corpo della madre, grazie ad esso si abitua alla nuova dimensione extrauterina in modo progressivo e dolce. Il rooming-in ha molti benefici per i neonati, tra cui: Miglioramento della qualità del sonno del neonato: poiché il neonato è in grado di sentire la vicinanza e i suoni della madre, è più rilassato e dorme meglio. L'articolo completo sulla bio di @igea_centro_promozione_salute #rooming #roomingin #allattamento #mammabambino #igeacentropromozionesalute #igeacps — view on Instagram https://ift.tt/97qV3J2
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serial-traveler · 2 years
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#Allattamento: istruzioni per l'uso
Una mini guida utile per le neomamme e tutte le famiglie che stanno vivendo o vivranno il momento più atteso: la nascita del proprio piccolo. #NoNewsMagazine #NNmagazine #NNmag #allattamento #genitorialità
Dall’1 al 7 ottobre 2022, in tutto il mondo, si è celebrata la Settimana mondiale per l’allattamento, promossa dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per sensibilizzare l’importanza e il valore dell’ allattamento al seno. (more…)
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ultimavoce · 6 years
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È accaduto di nuovo: una giovane mamma è stata allontanata da un luogo pubblico mentre allattava il suo bambino di soli due mesi e mezzo perché considerata una pratica irrispettosa dell’altrui sensibilità. La donna era andata all’Università di Parma a prendere il compagno, che studiava in biblioteca. Si trovava nel porticato esterno all’ateneo, quando, colta dalla necessità di allattare il piccolo, si sedeva e si copriva con una sciarpa, procedendo poi con la poppata. Dopo pochi minuti, una vigilante le intimava di andarsene, non essendo quello il luogo idoneo per allattare.
Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima. La stigmatizzazione sociale dell’allattamento al seno è una delle bizzarrie moderne più incomprensibili. Anche se nel frattempo sono arrivate le scuse ufficiali dell’Università, il pensiero della vigilante non è certo isolato. Sono in molti a pensare che chi allatta in pubblico lo faccia per esibizionismo e non per necessità. Viviamo circondati da scene di nudo usate per pubblicizzare qualsiasi cosa, possiamo vedere natiche fasciate in mutandine di pizzo occupare l’intero lato di un autobus mentre siamo in coda al semaforo, ma guai a permettersi di rispondere al bisogno di un neonato di fronte ad altre persone. Del resto non si può certo dire che l’allattamento al seno sia adeguatamente promosso e supportato.
OMS e allattamento al seno
Sono ormai quasi vent’anni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato che l’allattamento al seno è il primo, più importante e preferibile metodo per nutrire un neonato. Vent’anni in cui l’OMS ha lavorato per la promozione di questo principio. Lo ha fatto attraverso l’elaborazione di linee guida, il finanziamento di ricerche e il lancio di campagne che hanno riguardato tutti i Paesi. Hanno riguardato sia quelli poveri del Terzo Mondo, dove la malnutrizione mette ancora in pericolo la vita dei bambini, sia i ricchi Paesi occidentali. Proprio questi ultimi sono stati il terreno fertile per la reclamizzazione del latte in formula, spacciato per anni come migliore dalle interessate aziende produttrici. Nonostante questo vasto impegno, ancora oggi le linee guida dell’OMS sull’allattamento al seno sono ben lungi dall’essere rispettate, anche in Italia.
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Le regole per un buon allattamento: l’attacco entro un’ora dal parto
Per esempio, ogni donna che si appresta a diventare madre dovrebbe sapere che il colostro, ossia il liquido giallo e denso che si produce alla fine della gravidanza, è l’alimento perfetto per il bambino appena nato e che l’allattamento andrebbe avviato entro un’ora dal parto. Già queste prime, importanti raccomandazioni, però, non sono sempre seguita dai punti nascita, che spesso lasciano passare ore prima di riunire un piccolo alla mamma. Di frequente, inoltre, sono i sanitari stessi che nei primi giorni interferiscono, proponendo il ciuccio e, soprattutto, somministrando il latte in formula senza alcuna necessità.
L’allattamento al seno è solo a richiesta
Un altro punto fermo dell’OMS riguardo l’allattamento al seno è la sua somministrazione a richiesta del bambino, senza durata prestabilita, né orari. Nonostante questa regola provenga direttamente dalla principale agenzia per la salute del mondo, sono ancora molti i pediatri e le puericultrici che impongono alle madri rigide tabelle orarie per le poppate. Accanto a loro, si aggiunge tutta la schiera delle improvvisate esperte nonne, suocere, zie, dirimpettaie e pescivendole, ma anche il giardiniere, che tengono a precisare a ogni occasione che questi bambini vanno educati fin da piccoli ad aspettare con pazienza l’ora della pappa. È bene, però, ricordare che l’allattamento si basa sul principio secondo cui la produzione di latte è regolata dalla suzione del bambino. Limitarla in virtù delle regole orarie, significa limitare anche la capacità del seno di calibrare la produzione di latte secondo le necessità del bambino. Quindi, di fatto, significa compromettere l’allattamento.
Lo svezzamento precoce
Ancora, secondo l’OMS ogni bambino dovrebbe essere allattato esclusivamente al seno fino a sei mesi e poi, parallelamente all’introduzione dei cibi solidi complementari, fino a due anni (o oltre, se mamma e figlio lo desiderano). Anche queste indicazioni vengono spesso disattese. Questo in parte a causa delle critiche delle succitate esperte (“Ancora allatti? Non lo sai che così crescono mammoni e non diventano mai autonomi?” e l’intramontabile “Ormai il tuo latte è acqua”), ma soprattutto dietro indicazione medica. Vige, infatti, ancora la tendenza in ambito pediatrico allo svezzamento precoce e al disincentivo all’allattamento in concomitanza dell’alimentazione solida complementare. Vecchie convinzioni dure a morire, quindi, anche da parte degli operatori sanitari, alcuni dei quali preferiscono la sicura e prevedibile governabilità del latte in formula.
Il codice di autoregolamentazione
Eppure esiste, fin dal 1981, un codice di autoregolamentazione per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, che prevede: – la presenza di etichette con informazioni estensive sui benefici dell’allattamento al seno rispetto ai sostituti; – nessuna pubblicità dei sostituti del latte materno; – divieto di distribuzione di campioni gratuiti di latte artificiale; – nessuna distribuzione di sostituti del latte materno gratis o con sussidi agli operatori, negli ospedali né in qualunque struttura sanitaria.
La famigerata “aggiunta”
Tuttavia, non è raro che le puerpere vengano dimesse con l’indicazione della marca di latte artificiale da usare in sostituzione o in aggiunta del latte materno. Oppure, è il pediatra di famiglia che, durante il primo controllo, ne prescrive una in quanto “il latte di mamma non basta”. Spesso, infatti, i frequenti pianti dei neonati vengono scambiati per fame e si conclude che quello materno non sia sufficiente. Allo stesso modo, si continua ad attenersi rigidamente alle tabelle di crescita elaborate per i bambini allattati con latte formulato. Così, non appena un bambino cresce cento grammi in meno rispetto alla tabella, scatta l’indicazione di integrare le poppate con il latte artificiale. Talvolta tali disposizioni sono accompagnate dalla richiesta non solo di rispettare durata e orari delle poppate, ma anche di pesare il bambino prima e dopo, in modo da verificare il peso acquisito. Oppure di usare un tiralatte, per misurare la quantità di latte prodotta. Addirittura, alcuni pediatri dicono alle donne che senza un sufficiente periodo di riposo tra una poppata e l’altra, il latte non ha il tempo di prodursi.
Errate convinzioni
Nulla di più infondato! La cosiddetta doppia pesata è un inutile metodo del tutto incompatibile con l’allattamento a richiesta, peraltro molto stressante per la mamma. Il segnale da tenere sotto controllo per capire se un bambino si sta nutrendo in modo adeguato è un buon numero di pannolini bagnati quotidianamente. Allo stesso modo, anche il tiralatte non rappresenta un indice di produzione attendibile, poiché non è in grado di eguagliare la suzione del bambino. Infine, il seno non è certo un serbatoio che si riempie con il passare del tempo. Anzi, più si diradano le poppate, più decresce la produzione. Così una neomamma che si reca dal pediatra con il suo piccolo per quello che dovrebbe essere un banale controllo, potrebbe uscirne con una quantità di informazioni sbagliate tale da comprometterne, di nuovo, l’allattamento.
La libertà di scelta
Posto che ogni donna dovrebbe avere tutte le informazioni corrette riguardo l’allattamento al seno, è chiaro che vi saranno situazioni in cui sarà la donna stessa a preferire il latte artificiale. Le motivazioni possono essere le più diverse e tutte legittime. L’importante è che alla base vi sia una scelta libera e consapevole, effettuata in assenza di inopportune interferenze o giudizi da parte di chicchessia e con il dovuto supporto del personale preposto, qualunque sia la decisione.
Michela Alfano
#Allattare è il gesto più naturale del mondo. A qualcuno però dà ancora fastidio. È accaduto di nuovo: una giovane mamma è stata allontanata da un luogo pubblico mentre allattava il suo bambino di soli due mesi e mezzo perché considerata una pratica irrispettosa dell’altrui sensibilità.
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L’ALLATTAMENTO
La filastrocca dell’allattamentoSe il bimbo lo attacchi è sempre contento!!! Se piange o urla, tu offrigli il senoEd in un attimo torna sereno Quando sta male e non vuole mangiareLui già sà cosa è meglio fare. Non farti influenzare dal pensiero altrui,È la natura che sceglie per lui. Per millenni cosí ha funzionato,Ma l’era moderna ci ha trasformato. C’è tanta ignoranza riguardo al…
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cinquecolonnemagazine · 11 months
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Latte materno: trovati inquinanti nella composizione
Inquinanti nella composizione del latte materno. A rilevarli è stato uno studio italiano ancora in corso finanziato dall'Ue e coordinato dall'Università di Parma. Nessun allarmismo, assicurano gli studiosi, ma solo tanta attenzione a ciò che si mangia e che si usa. Vediamo nel dettaglio. Gli inquinanti ritrovati nella composizione del latte materno "Life Milch" ("Mother and Infants dyads: Lowering the impact of endocrine disrupting Chemicals in milk for a Healthy Life"), è il progetto coordinato dall'Università di Parma in collaborazione all'AUSL-IRCCS di Reggio Emilia e alle università di Firenze e Cagliari che studia gli effetti degli interferenti endocrini sul neurosviluppo e la crescita infantile, analizzando in particolare il latte materno. La ricerca è stata condotta su 654 coppie madre-figlio dalla nascita del bambino per tutto il primo anno di vita. I risultati sono stati choccanti. Come ha spiegato ad Adnkronos Maria Elisabeth Street, partner dello studio e professoressa associata di Pediatria all’università di Parma, "I dati mostrano la presenza di ftalati fino al 70% dei campioni di latte materno e fino al 96% dei campioni di urine dei neonati. Ritrovati anche alti livelli di bisfenolo A, attualmente bandito, nel latte materno fino al 44% dei campioni, con una presenza fino al 14% nelle urine dei bambini. Percentuali di presenza più bassa al 18% dei campioni per i glufosinati e i glifosati. Il latte materno è risultato contaminato anche da idrocarburi policiclici aromatici, fino al 6%, parabeni e piretroidi nel 2,4% dei campioni”. Allattamento al seno o artificiale? I dati rilevati sono molto preoccupanti per lo sviluppo dei neonati: "Dobbiamo considerare che i contaminanti del latte materno sempre co-presenti, interagiscono fra loro potendo recare conseguenze nocive potenzialmente maggiori nelle epoche successive di vita - ha aggiunto Street -. Il superamento di questi valori indica che è ormai chiara l’importanza di comprendere l’impatto degli interferenti endocrini tramite il latte materno sulla crescita del bambino al fine di sviluppare azioni specifiche di riduzione all’esposizione, in quanto alimento di eccellenza particolarmente suscettibile di contaminazione". Tuttavia non bisogna creare allarmismi e tenere presente che il latte materno è sempre l'alimento migliore per il neonato. Basta solo prestare attenzione: a questo proposito, dice sempre la Street: "vorremmo consigliare alle donne in gravidanza di prestare maggiore attenzione ed evitare cibi e bevande confezionate in plastica, cosmetici e dentifrici contenenti microplastiche e vestiti realizzati con tessuti sintetici". Suggerimenti per le donne in gravidanza e le neomamme La Siedp (Società italiana di Endocrinologia e Diabetologia pediatrica), al cui congresso sono stati presentati i risultati preliminari della ricerca, ha stilato delle linee guida per ridurre l’esposizione delle donne durante la gravidanza e l’allattamento agli interferenti endocrini: - limitare l’uso di plastica monouso e l’utilizzo di biberon non certificati; - limitare l’utilizzo di contenitori di plastica per conservare e scaldare i cibi; - se possibile non utilizzare solventi, pesticidi, erbicidi e fungicidi ed eventualmente utilizzare dispositivi di protezione durante il loro impiego; - per l’igiene personale e la cosmesi utilizzare prodotti naturali; - risciacquare a fondo frutta e verdura in scatola prima del consumo; - consumare preferibilmente alimenti freschi e di stagione; - seguire un’alimentazione varia con alimenti provenienti da fornitori diversi; - scegliere un abbigliamento con tessuti naturali. In copertina foto di seeseehundhund da Pixabay Read the full article
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scontomio · 1 year
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wendymotorcycle21 · 5 years
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La bestia nera. La DPP ESISTE E UCCIDE.
Un bambino di cinque mesi è stato ucciso da sua madre, a causa dello scuotimento eccessivo. Una fragile vita spezzata, e un’altra, completamente a pezzi, distrutta, senza possibilità di redenzione. C’è chi la chiama assassina. Ma nessuno può sapere veramente cosa sia successo nella mente di questa donna, ve lo garantisco. Andiamo con calma. 
Questo non è un trattato di psicologia né niente di lontanamente simile. È il racconto di una persona che ha attraversato momenti molto difficili e incontrato mostri impossibili da sconfiggere del tutto. È molto lungo e prolisso, quindi accomodati e leggi con calma.
Iniziamo dal presupposto che ogni persona è diversa, ogni donna è diversa. Non esiste un manuale o un metodo univoco e universale su come essere madri né su come essere donne durante i primi mesi di vita del proprio figlio, in barba a tutti i corsi pre-parto e alle centinaia di libri a tema maternità letti in attesa di mettere al mondo la nostra creaturina. Un grosso problema di noi umani è che idealizziamo tutto: predisponiamo il nostro nido d’amore, il lettino, il fasciatoio, i completini, la borsa dell’ospedale; passiamo le ore a guardare siti internet per il miglior seggiolino, il miglior passeggino, la fascia portabebé, addirittura per lo svezzamento, paraspigoli ovunque, compriamo i pannolini di tutte le taglie esistenti per andare sul sicuro, e la nostra isoletta felice con un pargolo idealmente perfetto prende forma. Già ci vediamo lì, rilassate, con i capelli decenti e sorridenti, accomodate sulla poltrona messa appositamente per allattarlo in cameretta con il cuscino allattamento, e tutto va liscio come l’olio. Nel nostro sogno d’amore il bebè mangia, fa il ruttino, si addormenta nella sua culletta e noi ci possiamo dedicare a noi stesse. Ma tutto questo, in realtà, non esiste. E se esiste i casi sono due, o siete la Ferragni e avete una super nanny/ostetrica a domicilio H24 che sa come consolare i pupi più inconsolabili, o avete solo un gran culo che comunque, sappiatelo, non durerà.
Poi arriva il momento tanto atteso, il parto. L’ospedale, il parto, ed eccovi belle zozze di sangue con il vostro sgorbio (perché, detto onestamente, appena nati non sono sta gran bellezza: chi dice il contrario MENTE) addosso. Nella migliore delle ipotesi il papà, la nonna o chi per essi lo laverà seguendo le indicazioni delle ostetriche, e ve lo riporterà bello lindo, profumato e vestito, mentre voi... beh, voi mamme sticazzi, vi dovete arrangiare. Puzzate di sudore, o siete sporche di sangue? Fatti vostri. Se avete qualcuno che vi aiuta a lavarvi (e qualcuno che vi tenga il piccolo - non è detto che ve lo tengano nella nursery) bene, altrimenti, zero. Le visite dei parenti, gli accertamenti, le torte di pannolini. Magari già le prime ragadi al seno per un attacco scorretto e le ostetriche che, al posto di aiutarti, sbuffano e ti liquidano con sufficienza se chiedi loro delucidazioni. 
Ecco, non sono in grado di allattare mio figlio, il capezzolo inizia a sanguinare. Come farò a fare tutto il resto? Sono anche bloccata a letto a causa dei problemi che mi dà la ferita del parto. Ecco che in una manciata di ore il sogno d’amore è andato completamente in pezzi, e non ho neanche la forza di raccoglierne i cocci. Un senso di impotenza e inadeguatezza inizia a farsi strada, e il nano è nato da neanche un giorno. ‘nnamo bene, proprio bene, direbbe De Sica.
Con non poche difficoltà finalmente ce ne andiamo a casa. E le difficoltà sono appena iniziate, per me. Il bambino non prende peso, esame delle urine (a un neonato di quattro, QUATTRO giorni), del sangue e anche a me giusto per stare sereni. E pure il vaccino antirosolia a me, che pur essendo favorevolissima, avere la febbre era l’ultimo dei miei desideri in quel periodo. Se avessi avuto un indicatore dello stress in quei giorni, sarebbe stato oltre la stratosfera. Ho abbastanza latte? Si attacca bene? Non capisco, si attacca letteralmente ogni 30 minuti, piange come un’aquila, inconsolabile. Ha solo 24 giorni, non ha ripreso i grammi persi dal calo fisiologico. L’ittero è passato ma niente, il pediatra ci liquida in 10 minuti con un foglietto: aggiunta 120ml ogni pasto di latte plasmon 1. E che roba è, penso io. L’ostetrica del consultorio non è d’accordo: continua ad allattare, e tutto andrà bene. Ma sta figliola non prende peso, io non riesco ad alzarmi dal letto, sono sempre sola a casa, sono bloccata a letto con la bambina e ogni movimento necessario alla sopravvivenza (mangiare io; fare pipì, prendermi cura della ferita, cambiarle il pannolino) è una sofferenza indicibile. Certo, prima o poi guarirà. Ma intanto mi sento uno schifo, vedo altre mamme prendersi cura dei loro piccoli in maniera ineccepibile, da manuale, sempre in ordine, sorridenti, con i capelli in ordine. Io non indosso una tuta né niente che non sia un pigiama dal giorno del parto, a fatica sono riuscita a lavarmi lo stretto indispensabile, mi sento ripugnante, il mio corpo è deformato. Chissà quando ritornerò ad avere una routine normale, un aspetto normale, ad essere bella per mio marito?
Sento che l’ombra avvolge la mia mente, piano piano. Lento, ma inesorabile. Il mio mondo ideale non ha preso vita, la mia mente non lo accetta, e come ogni essere umano a cui tutto crolla addosso cerco un colpevole. Chi è il colpevole? Non io, di sicuro. Ho fatto ciò che dovevo, ho preparato la casa, ho fatto la borsa per l’ospedale... la colpa è senz’altro del bambino. Sì, dev’essere così, è così. Dovevo esserci io al posto di quelle mamme perfette. Di sicuro hanno solo avuto più culo di me, avranno avuto più sostegno... più sostegno. Mia suocera non fa che ripetermi di alzarmi, e dare il latte artificiale. Mia madre l’esatto opposto, di prendermi il mio tempo e allattare, anche se ciò significa fare tre giorni di fila con due ore di sonno complessive, alternate a notti di solo dormiveglia, di ansia apparentemente immotivata che ti impedisce di chiudere occhio. No, mamma e suocera, non siete d’aiuto così. Forse non so neanche io cosa veramente mi sarebbe d’aiuto, ma per carità, smettete di dirmi cosa devo fare. L’ombra mi stringe sempre di più. Le sento come ovattate, le grida di mia figlia che ha fame. Santo cielo, ti ho allattato 10 minuti fa, dieci! Adesso stai lì e basta. La schiena mi fa un male terribile e appena mi sarò ripresa ti allatterò di nuovo, tra l’altro i capezzoli sono devastati. Ma non sono sicura fossero dieci minuti, probabilmente il lasso di tempo era molto più lungo. Ora però le sento chiaramente, la guardo con occhi sbarrati e la allatto subito. Come ho potuto pensare una cosa simile? Quanto tempo effettivamente era passato? La cosa mi spaventa. Ma succede di nuovo, e poi ancora, nei giorni successivi. Piano piano mi rendo conto che tutto ciò che riguarda lei mi sembra un peso enorme, ma proprio tutto, compreso allattarla o dare il biberon, cambiare il pannolino. Senza contare tutto il resto tipo fare la lavatrice (la quale avrà avuto le ragnatele ormai) o cucinare. Volevo solo stare a letto, lontana da ogni rumore. Ero in grado di ignorare il pianto di mia figlia per ore, e non è una skill da acquisire nel tempo né nulla di positivo, era un campanello d’allarme ma non me ne rendevo conto. 
Nessuno si accorse di questa situazione, ma se dico nessuno intendo nessuno. Mio marito lavorava tutto il giorno e la sera doveva arrangiarsi per mangiare, era come se io non ci fossi. La bambina diventava di sua unica responsabilità finché non andava a letto. Solo all’alba dei tre mesi della bambina, che sembrarono secoli, quando tornai a frequentare il consultorio con regolarità (avevo riacquisito parte della mia routine grazie alla completa guarigione della ferita e all’acquisto di un’auto), parlando dei metodi di addormentamento, dissi con nonchalance che “la metto nella culla e la lascio lì, se piange, la lascio piangere. Le lascio una lucina accesa perché mi spiace lasciarla al buio, ma se la tengo in braccio non si addormenta. Poi scendo a guardare la tv o a leggere” e alla domanda “ma non ti angoscia il fatto che pianga? Per quanto va avanti?” io: “boh, non lo so. Non ci ho mai fatto caso”. L’ostetrica mi ha suggerito un colloquio con la terapista del consultorio. È stato solo allora che mi sono resa conto di tante altre piccole cose alle quali non avevo fatto caso. La cosa che mi colpì di più fu quando, con molta dolcezza, la dottoressa mi disse “vorrei dirti che è solo un periodo no, ma ci sono i presupposti per parlare di DPP. Depressione Post Parto. Comunque continuiamo a vederci: ti darò una mano a capirci qualcosa.” 
Fu il primo spiraglio di luce, ma non me ne rendevo conto, anzi. Ero oltremodo arrabbiata con me stessa. Come era possibile, come era potuto accadere? Spesso saltavo gli appuntamenti, e non prendevo per verità assoluta ciò che la dottoressa mi diceva, perché nella mia testa non era accettabile. Ormai la bambina aveva 5 mesi e avevo iniziato lo svezzamento. Ero un orologio: orari precisissimi, cibo pesato al centesimo, mettevo in pratica tutti i consigli della cara ostetrica del consultorio e tutto sembrava andare bene, perché finalmente la bambina prendeva peso in maniera regolare e i parenti sembravano felici e avevano smesso di sindacare sulla questione latte. Ma l’insonnia, l’ansia costante che spesso mi attanagliava e mi impediva di dormire, il velo che mi si posava sulle orecchie quando mia figlia piangeva prima di dormire, erano sempre lì. L’ombra nera mi aveva ancora stretta nella sua morsa, e sfogavo questa cosa anche mangiando eccessivamente: mangiavo di tutto, mangiavo male, spesso vomitavo. Alternavo questo mangiare senza controllo a giorni di digiuno assoluto. Forse nella mia testa speravo che così facendo avrei riacquistato la forma fisica, ma ero arrivata a pesare ben 83 chili contro i 55 dai quali ero partita e che sarebbero il mio peso forma, il mio corpo mi disgustava. L’apatia aveva colpito anche il cane, il nostro cucciolo di chihuahua, al quale spesso mi dimenticavo di dare da mangiare o dimenticavo di farla rientrare dal giardino al pomeriggio. Non prendetemi per una pazza criminale alla quale piace fare del male agli altri: in quei momenti era come se niente altro oltre a uno stato di apatia esistesse nella mia testa. Stavo lì, sul divano o sul letto, a leggere, o a guardare il soffitto, di rado uscivo di casa ed era giusto per fare la spesa. Poi iniziai con lo shopping compulsivo e a strapparmi le sopracciglia con le mani, le crisi di pianto apparentemente immotivate e la sensazione di soffocamento. 
Un giorno, me lo ricordo benissimo. La bambina aveva un maglioncino blu notte coordinato a un leggins grigio, con la stampa di una rosa rossa. Quel pomeriggio qualcosa non andava. Piangeva in maniera disperata, inconsolabile, non sapevo se fossero le coliche, i dentini, fame, sete, chissà cos’altro, fatto sta che non c’era stato modo neanche portandola fuori in passeggiata di calmarla. Ero sola a casa, la presi tra le braccia e mi sdraiai sul mio letto, alzai gli occhi al cielo e iniziai a piangere. Un fiume di lacrime, inarrestabile. Ricordo le parole che le ho detto. “Ma perché? Perché non ho il controllo su ciò che succede? Perché le cose non vanno come avevo previsto?” era tutto nero, per me. Non c’era speranza, tutto andava a sfascio, ed era fuori dal mio controllo. “Ma se non mi aiuto io, chi lo farà? Chi ti crescerà?” e forse, in quel momento, qualcosa nella mia testa si è acceso, o si è rimesso in moto, non so dirlo. Mi sono alzata dal letto con la bambina che ancora piangeva e ho chiamato la dottoressa, che mi ha ricevuto mezz’ora più tardi. Le ho raccontato tutto esattamente così, parole testuali. Nel tempo le avevo omesso anche la questione cibo, ad esempio, cose fondamentali della quale avrei dovuto parlare. Mi ha semplicemente sorriso e mi ha detto: “non posso dire che sei guarita, ma il fatto che tu abbia ammesso a te stessa che qualcosa non va, è un enorme passo avanti. Diciamo che oggi è un giorno dove possiamo segnare una tappa del nostro percorso: abbiamo capito che voler avere il controllo su tutto nella vita è inverosimile, e può essere pericoloso, e distorce la nostra percezione della realtà. Ci vediamo a fine settimana, ti aspetto”. 
Cara, cara Gilda. Ti faranno santa. La dottoressa mi seguì fino ai 9 mesi della bambina, ovvero fino al mio rientro al lavoro. Ripreso il lavoro, e grazie alla dottoressa, alla sua infinita pazienza e ai suoi preziosissimi consigli, al suo supporto, piano piano mi sono ripresa. Come dicevo all’inizio, purtroppo non è qualcosa dal quale se ne esce del tutto, ad oggi mia figlia ha tre anni e io so di avere ancora l’ombra nera che talvolta mi prende, ma ho imparato a gestirla. È facile? No, per niente. Ci sono sere come queste dove desidero solo isolamento. E ora è solo più semplice trovarlo, perché riconosco la mia stessa necessità e la gestisco, senza perdere il controllo. Ma ci è voluto tempo, e fatica. 
Perché ho sentito la necessità di raccontare tutto questo? Perché molta gente non sa cosa sia la Depressione Post Parto. NON è quella condizione di “pianto facile” che capita di avere nei giorni successivi al parto, quello viene chiamato baby blues ed è semplicemente legata allo squilibrio ormonale, non porta conseguenze gravi, ed è ampiamente diffuso. La DPP è più rara, più difficile da riconoscere perché è viscida, infame, scaltra come un ladro nella notte, si infila nella quiete di casa tua, senza che tu te ne accorga. E ti deruba di una parte di te, e non ti è dato sapere quale. Molta gente non crede neanche esista questa condizione. Ho sentito cose agghiaccianti tipo “non può esistere perché noi donne siamo fatte per fare figli quindi se succede una cosa del genere allora una non è destinata a fare la madre, non doveva diventarlo”, e altre amenità simili. E frasi simili sono coltellate, per chi magari vorrebbe chiedere aiuto e finisce per non farlo per vergogna, per non sentirsi ancor più inadeguata e sbagliata di quanto non si senta già.
Perché prima di giudicare e chiamare assassina una donna che compie un atto inconsapevolmente estremo verso il proprio neonato che piange inconsolabile, bisogna capire che cosa veramente sia successo. Cosa stava passando quella donna in quel momento della sua vita? Se fosse stata lasciata da sola, alla mercé dei suoi demoni interiori, reduce di notti insonni, con l’ombra nera che la stringeva a sé? Non possiamo saperlo. Una cosa è certa: la DPP ESISTE. E UCCIDE, se non riconosciuta. Meno dita puntante, più mano tese ad aiutare. È l’unica soluzione possibile.
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