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#Bambini Allattati
megachirottera · 1 year
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Perché la carenza di latte artificiale è in realtà una buona cosa
Lo scopo di questo articolo è cercare di evidenziare perché una carenza di latte artificiale è effettivamente nell’interesse del popolo americano Source: May 21, 2022; by A Midwestern Doctor on The Forgotten Side of Medicine (more…) “”
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palmiz · 1 year
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" Canè: “Nascosti danni ai neonati”. Come ha fatto l’Aifa:
L’Aifa, come emerge da altri documenti interni mostrati da Marianna Canè nel suo ultimo servizio per “Fuori dal coro”, registrava i decessi “correlabili” al vaccino come “non classificabili“. E così ha nascosto anche gli effetti avversi sui neonati. Scrivono in una bozza: “11 segnalazioni sono relative a 9 bambini allattati al seno la cui madre era stata vaccinata”. Poi un funzionario chiede di togliere quella frase, ed ecco che sparisce nella versione definitiva. Uno schifo. Racconta una mamma: “Stavo male io e stava male la bambina che allattavo. Ho fatto le segnalazioni all’Aifa ma nessuno mi ha cercata. Mi hanno lasciata sola”. Aifa ha deciso così di nascondere la possibilità che attraverso l’allattamento di mamme che avevano ricevuto il vaccino si potessero provocare reazioni avverse sui neonati."
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Unicef-Oms, '48% bimbi allattati al seno, in 12 anni aumentati del 10%'
(Adnkronos) - "Negli ultimi 12 anni, il numero di bambine e bambini di età inferiore ai sei mesi esclusivamente allattati al seno è aumentato di oltre il 10%. Ciò significa che il 48% dei neonati in tutto il mondo beneficia di questo sano inizio di vita. Ciò si traduce in centinaia di migliaia di bambini e bambine la cui vita è stata salvata attraverso l'allattamento. Lo ricordano L'Unicef e l'Organizzazione mondiale della Sanità, in occasione della Settimana mondiale dell'allattamento. Le due organizzazioni internazionali sottolineano la necessità di migliorare il sostegno all'allattamento come azione fondamentale per ridurre le disuguaglianze e proteggere il diritto di madri, bambine e bambini a sopravvivere e prosperare. Per quanto riguarda i 'numeri', sebbene ci sia stato un significativo balzo in avanti che avvicina all'obiettivo dell'Oms di portare l'allattamento esclusivo ad almeno il 50% entro il 2025, "esistono sfide persistenti che devono essere affrontate", spiega una nota. Unicef: i dati sull'allattamento Quando le madri ricevono il sostegno necessario per allattare, tutti ne traggono beneficio. Secondo gli ultimi dati disponibili, migliorare i tassi di allattamento potrebbe salvare oltre 820.000 vite ogni anno. Durante questo periodo cruciale di crescita e sviluppo precoce, gli anticorpi contenuti nel latte materno proteggono i bambini e le bambine dalle malattie e dalla morte. Questo è particolarmente importante durante le emergenze, quando l'allattamento garantisce una fonte di cibo sicura, nutriente e accessibile. L'allattamento riduce il peso delle malattie pediatriche e il rischio di alcuni tipi di cancro e di malattie non trasmissibili per le madri. Si stima che 4,5 miliardi di persone - più della metà della popolazione mondiale - non abbiano una copertura completa dei servizi sanitari essenziali; quindi, molte donne non ricevono il sostegno necessario per allattare al meglio. Questo include l'accesso a consigli e consulenze qualificati, empatici e rispettosi, durante tutto il percorso di allattamento. La raccolta di dati affidabili è fondamentale per affrontare le disuguaglianze e garantire alle madri e alle famiglie un sostegno tempestivo ed efficace per l'allattamento. Attualmente, solo la metà dei Paesi raccoglie dati sui tassi di allattamento Per sostenere i progressi, è necessario disporre di dati anche sulle azioni politiche che rendono possibile l'allattamento, come le politiche occupazionali a favore delle famiglie, l’applicazione del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno e gli investimenti nell'allattamento. Sistemi di monitoraggio Il miglioramento dei sistemi di monitoraggio aiuterà ad aumentare l'efficacia delle politiche e dei programmi per l'allattamento, a fornire informazioni per un migliore processo decisionale e a garantire che i sistemi di sostegno possano essere adeguatamente finanziati. Quando l'allattamento è protetto e sostenuto, le donne hanno più del doppio delle probabilità di allattare. Si tratta di una responsabilità condivisa. Le famiglie, le comunità, il personale sanitario, i politici e gli altri responsabili delle decisioni giocano tutti un ruolo centrale: Aumentando gli investimenti in programmi e politiche che proteggano e sostengano l'allattamento attraverso finanziamenti nazionali dedicati. Lavoro a favore delle famiglie Attuando e monitorando politiche di lavoro a favore delle famiglie, come il congedo di maternità retribuito, le pause per l'allattamento e l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia economici e di buona qualità. Garantire che le madri a rischio nelle emergenze o nelle comunità sottorappresentate ricevano protezione e sostegno per l'allattamento in linea con i loro bisogni specifici, compreso una consulenza tempestiva ed efficace sull'allattamento come parte dell’assistenza sanitaria di routine. Migliorare il monitoraggio dei programmi e delle politiche di allattamento per informare e migliorare ulteriormente i tassi di allattamento. Sviluppare e far rispettare le leggi che limitino la commercializzazione dei sostituti del latte materno, comprese le pratiche di marketing digitale, con un monitoraggio per segnalare di routine le violazioni del Codice. In Italia l'Unicef porta avanti le Baby-Friendly Initiatives (Bfi): buone pratiche, basate su prove di efficacia, che proteggono, promuovono e sostengono l’allattamento, offrendo e garantendo al contempo cure e sostegno adeguati alle madri che non allattano. Le Bfi comprendono 35 ospedali e 10 comunità riconosciuti 'Amici delle bambine e dei bambini' e 4 corsi di laurea Amici dell’allattamento. Inoltre, fanno parte del programma dell'Unicef Italia "Insieme per l'allattamento" oltre 1.000 Baby PIt Stop, aree allestite per accogliere i genitori che vogliono allattare o cambiare il pannolino quando si trovano fuori casa.   [email protected] (Web Info) Foto di Rebecca Scholz da Pixabay Read the full article
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rassegnanotizie · 2 months
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"Negli ultimi 12 anni, il numero di bambine e bambini di età inferiore ai sei mesi esclusivamente allattati al seno è aumentato di oltre il 10%. Ciò significa che il 48% dei neonati in tutto il mondo beneficia di questo sano inizio di vita. Ciò si traduce in centinaia di migliaia di bambini e bambine la cui vita è stata salvata attraverso l'allattamento. Lo ricordano L'Unicef e l'Organizzazione mondiale della Sanità, in occasione della Settimana mondiale dell'allattamento, che comincia oggi per finire mercoledì 7, il cui tema è 'Colmare il divario: sostegno all'allattamento per tutti'. Le due organizzazioni internazionali sottolineano la necessità di migliorare il sostegno all'allattamento come azione fondamentale per ridurre le disuguaglianze e proteggere il diritto di madri, bambine e bambini a sopravvivere e prosperare. Per quanto riguarda i 'numeri', sebbene ci sia stato un significativo balzo in avanti che avvicina all'obiettivo dell'Oms di portare l'allattamento esclusivo ad almeno il 50% entro il 2025, "esistono sfide persistenti che devono essere affrontate", spiega una nota. Quando le madri ricevono il sostegno necessario per allattare, tutti ne traggono beneficio. Secondo gli ultimi dati disponibili, migliorare i tassi di allattamento potrebbe salvare oltre 820.000 vite ogni anno. Durante questo periodo cruciale di crescita e sviluppo precoce, gli anticorpi contenuti nel latte materno proteggono i bambini e le bambine dalle malattie e dalla morte. Questo è particolarmente importante durante le emergenze, quando l'allattamento garantisce una fonte di cibo sicura, nutriente e accessibile. L'allattamento riduce il peso delle malattie pediatriche e il rischio di alcuni tipi di cancro e di malattie non trasmissibili per le madri. Si stima che 4,5 miliardi di persone - più della metà della popolazione mondiale - non abbiano una copertura completa dei servizi sanitari essenziali; quindi, molte donne non ricevono il sostegno necessario per allattare al meglio. Questo include l'accesso a consigli e consulenze qualificati, empatici e rispettosi, durante tutto il percorso di allattamento. La raccolta di dati affidabili è fondamentale per affrontare le disuguaglianze e garantire alle madri e alle famiglie un sostegno tempestivo ed efficace per l'allattamento. Attualmente, solo la metà dei Paesi raccoglie dati sui tassi di allattamento Per sostenere i progressi, è necessario disporre di dati anche sulle azioni politiche che rendono possibile l'allattamento, come le politiche occupazionali a favore delle famiglie, l’applicazione del Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno e gli investimenti nell'allattamento. Il miglioramento dei sistemi di monitoraggio aiuterà ad aumentare l'efficacia delle politiche e dei programmi per l'allattamento, a fornire informazioni per un migliore processo decisionale e a garantire che i sistemi di sostegno possano essere adeguatamente finanziati. Quando l'allattamento è protetto e sostenuto, le donne hanno più del doppio delle probabilità di allattare. Si tratta di una responsabilità condivisa. Le famiglie, le comunità, il personale sanitario, i politici e gli altri responsabili delle decisioni giocano tutti un ruolo centrale: Aumentando gli investimenti in programmi e politiche che proteggano e sostengano l'allattamento attraverso finanziamenti nazionali dedicati. Attuando e monitorando politiche di lavoro a favore delle famiglie, come il congedo di maternità retribuito, le pause per l'allattamento e l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia economici e di buona qualità. Garantire che le madri a rischio nelle emergenze o nelle comunità sottorappresentate ricevano protezione e sostegno per l'allattamento in linea con i loro bisogni specifici, compreso una consulenza tempestiva ed efficace sull'allattamento come parte dell’assistenza sanitaria di routine. Migliorare il monitoraggio dei programmi e delle politiche di allattamento per informare e migliorare ulteriormente i tassi di allattamento. Sviluppare e far rispettare le leggi che limitino la commercializzazione dei sostituti del latte materno, comprese le pratiche di marketing digitale, con un monitoraggio per segnalare di routine le violazioni del Codice. In Italia l'Unicef porta avanti le Baby-Friendly Initiatives (Bfi): buone pratiche, basate su prove di efficacia, che proteggono, promuovono e sostengono l’allattamento, offrendo e garantendo al contempo cure e sostegno adeguati alle madri che non allattano. Le Bfi comprendono 35 ospedali e 10 comunità riconosciuti 'Amici delle bambine e dei bambini' e 4 corsi di laurea Amici dell’allattamento. Inoltre, fanno parte del programma dell'Unicef Italia "Insieme per l'allattamento" oltre 1.000 Baby PIt Stop, aree allestite per accogliere i genitori che vogliono allattare o cambiare il pannolino quando si trovano fuori casa.
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⭕️ Gli omega3 sono grassi polinsaturi considerati essenziali. In particolare il loro precursore ( acido alfa-linoleico o ALA) non può essere sintetizzato dall'organismo, e per questo deve essere assunto per via alimentare.
Ma quali sono i principali effetti sulla nostra salute?
Vediamoli assieme:
✅ l'acido alfa-linoleico (ALA) contribuisce al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue;
✅ gli omega 3 EPA (acido eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaeaenoico) contribuiscono al normale funzionamento del cuore;
✅ l'omega 3 DHA assunto dalla madre contribuisce al normale sviluppo dell'occhio del feto e dei bambini allattati al seno.
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corallorosso · 6 years
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Migranti, la carovana che spaventa Trump: in 4mila marciano verso gli Usa. E il Messico invia l’esercito al confine Sono partiti in 160, ora sono almeno venti volte tanto. Vengono dall’Honduras, ma anche da Guatemala e El Salvador, risalgono il Centroamerica macinando 40 chilometri al giorno e stanno facendo infuriare Donald Trump. La carovana di migranti è partita venerdì scorso da una stazione degli autobus a San Pedro Sula, nel nord dell’Honduras: ha attraversato lunedì il confine con il Guatemala, e marcia spedita verso il Messico. L’obiettivo, dichiarato, è entrare negli Stati Uniti. I profughi si muovono perlopiù a piedi, ma sfruttano ogni passaggio: si ammassano a decine a bordo di camion, auto e furgoncini e salgono persino sui tetti degli autobus. Ci sono neonati allattati dalle mamme e bambini per mano ai genitori. Dormono in rifugi improvvisati o palestre messe a disposizione da associazioni locali, mangiando perlopiù il cibo che viene loro offerto da volontari lungo il cammino. Una lunga marcia che il Messico si prepara a contenere, con lo schieramento di centinaia di agenti di polizia al suo confine meridionale.... Il governo messicano ha anche precisato la sua intenzione di chiedere all’Unhcr aiuto per individuare una soluzione “di carattere umanitario” per i migranti in arrivo. ...San Pedro Sula, la città da cui è partito il nucleo originario dei profughi, è la città più violenta dell’Honduras e una delle più pericolose al mondo: un rapporto pubblicato nel 2013 parlava di 169 omicidi ogni 100mila abitanti. Scappano dalla povertà, dal crimine di strada e dalla violenza del narcotraffico: alcuni marciano sventolando le bandiere bianche e blu dello stato centroamericano. È diffusa la rabbia verso il presidente nazionalista Juan Orlando Hernandez, considerato corrotto e incapace di contrastare in modo efficace il crimine organizzato. Ora si stima che la marcia coinvolga 4mila persone, e giorno dopo giorno sta attirando l’attenzione dei media di tutto il mondo. Martedì è intervenuto Donald Trump: il presidente Usa teme che la copertura mediatica incoraggi altri centroamericani ad unirsi al percorso, rendendo più difficile la gestione del loro arrivo quando e se raggiungeranno il confine con gli Usa. Inoltre, la minaccia ai confini rappresenta un ottimo argomento di propaganda in vista delle elezioni di medio termine, previste fra tre settimane. Trump ha dedicato alla questione un gran numero di tweet nelle ultime ore, minacciando di cancellare gli aiuti umanitari ai governi di Guatemala, Honduras e El Salvador se non impediranno ai profughi di proseguire. “Se non riusciranno a farlo, chiamerò l’esercito e sbarrerò i confini“. E se l’è presa con i democratici, colpevoli a suo dire di opporsi a leggi più severe sull’immigrazione. Luis Navarreto, honduregno di 32 anni, intervistato dal Washington Post dice di aver saputo della furia di Trump verso la carovana di cui fa parte, ma di non essere spaventato. “Continueremo”, ha detto, “È Dio che decide qui, non Trump. Non abbiamo altra scelta se non di andare avanti”. Il Fatto Quotidiano
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medicomunicare · 3 years
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Vaccinazione anti-COVID nelle donne che allattano: c'è protezione anche per i neonati?
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Nel dicembre 2020, due nuovi vaccini a RNA messaggero (mRNA) hanno ricevuto l'approvazione di emergenza per l'uso dalla FDA statunitense tra le persone di età superiore ai 16 anni per il COVID-19; tuttavia, i dati utilizzati per l'approvazione di emergenza dei vaccini dagli studi clinici hanno escluso quelli che includevano dati da donne che allattano. Di un piccolo campione di 31 donne che allattano al seno che ricevono un vaccino mRNA, > 60% ha riportato effetti collaterali correlati al vaccino. Tuttavia, non sono stati forniti dati sugli esiti del neonato o sulla produzione di latte. Un altro piccolo studio su 84 donne che allattano in Israele ha riportato frequenze simili di sintomi correlati al vaccino dopo la prima e la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech (rispettivamente 55% e 61%). Sebbene lo studio non abbia riportato alcun evento avverso grave nei neonati, è stato riportato che quattro neonati hanno avuto febbre e sintomi di infezioni delle vie respiratorie superiori durante il periodo di studio post-vaccinazione. A livello globale, circa l'84% dei bambini allattati con latte materno almeno una volta nella vita (secondo i dati dei CDC nel 2019-2020); considerando un tale scenario, le madri che allattano costituiscono un'ampia parte della popolazione che deve essere coperta dalla vaccinazione. Per valutare l'effetto della vaccinazione nelle donne che allattano e i suoi possibili effetti sui neonati, i ricercatori dell'Università della California, San Diego, hanno pubblicato uno studio sulla rivista Breastfeeding Medicine che coinvolge 180 donne che allattano completamente vaccinate. I ricercatori hanno incluso 180 donne americane in allattamento, che hanno ricevuto entrambe le dosi di uno dei due vaccini mRNA iscritti al Biorepository di Ricerca sul latte umano presso l'Università della California, San Diego, tra il 14 dicembre 2020 e il 1 febbraio 2021. Proporzioni simili di donne hanno riportato uno o più sintomi dopo la vaccinazione con uno dei due vaccini mRNA. Anche le frequenze degli effetti collaterali dovuti al vaccino specifico non differivano. Tuttavia, dopo la seconda dose di vaccino, le donne che hanno ricevuto il vaccino Moderna avevano una probabilità significativamente maggiore di riportare sintomi. I sintomi sono stati registrati dopo un periodo di osservazione di sette giorni dopo ogni dose. Includevano sintomi localizzati come dolore, arrossamento, gonfiore e prurito nel sito di iniezione e quelli sistemici come brividi, dolori muscolari/corporei, febbre e vomito. Questi erano più comuni dopo la seconda dose, soprattutto per i destinatari del vaccino Moderna. Una piccola percentuale di donne dopo la vaccinazione con la prima dose di entrambi i vaccini ha riportato una riduzione della produzione di latte. Tuttavia, un numero significativamente maggiore di donne ha riportato una riduzione della produzione di latte dopo la seconda dose di Moderna. Tuttavia, la produzione è tornata entro 72 ore dalla ricezione del vaccino in tutti i casi. Sono stati segnalati alcuni effetti collaterali tra i bambini per entrambi i vaccini dopo entrambe le dosi, ma non gravi. Lo studio ha mostrato che oltre l'85% delle 180 donne che allattano al seno che hanno ricevuto un vaccino mRNA ha riportato sintomi locali o sistemici, con la frequenza maggiore dopo la seconda dose. Anche i bambini non sono stati colpiti da effetti collaterali gravi. I dati ottenuti dallo studio mostrano che i vaccini mRNA erano sicuri per l'inoculazione di donne che allattano e dei loro bambini allattati al seno per entrambi i vaccini. Vaccinare le donne che allattano garantirebbe la vaccinazione di una parte importante della popolazione, contribuendo così a ridurre la diffusione del virus. Secondo un altro studio pubblicato lo scorso Luglio, anzi, la presenza di anticorpi anti-SARS-CoV2 nel latte può conferire protezione passiva al neonato. Nello studio, campioni di latte e siero sono stati raccolti in 10 volontari 20 giorni dopo la prima dose e 7 sette giorni dopo la seconda dose del vaccino Pfizer. Al primo campione, gli anticorpi anti-SARS-CoV2 sono stati rilevati in tutti i campioni di siero (103±55 U/mL) e solo in due campioni di latte a bassa concentrazione (1-1,5 U/mL). Al secondo campione, raccolto 7 giorni dopo la seconda dose, sono stati rilevati anticorpi anti-proteina spike in tutti i campioni di siero (3800-7000 UI/mL) e in tutti i campioni di latte (41,5 ± 47,5 UI/mL). Non è stata trovata alcuna correlazione tra il livello degli anticorpi sierici e quelli del latte; il rapporto anticorpi latte/anticorpi sierici era in media del 2%. Considerando che abbiamo osservato un aumento significativo del livello sierico degli anticorpi dopo la seconda dose (fino a 137 volte), è possibile ipotizzare che sia necessario raggiungere livelli soglia per il rilascio di anticorpi nel latte umano. Tuttavia, non abbiamo trovato una correlazione tra siero e anticorpi del latte. Ciò può essere correlato al fatto che molti fattori possono influenzare la concentrazione di anticorpi nel latte umano. Le concentrazioni di IgG e IgA cambiano durante l'allattamento, e sono più alte nella fase tardiva. Il limite principale di questo studio è la piccola dimensione del campione che rende difficile valutare eventuali correlazioni statistiche o tendenze nelle concentrazioni di anticorpi del latte materno in associazione con le caratteristiche materne. Inoltre, sono state incluse solo donne vaccinate con il vaccino Pfizer. Tuttavia, poiché i dati su questo argomento sono molto limitati e alcuni studi precedenti hanno riportato anche su un piccolo gruppo di donne che allattano, gli scienziati pensano che questi risultati possano supportare le prove già note. La gamma di durate della lattazione per i pazienti inclusi è ampia, rendendo i dati difficili da generalizzare. Tuttavia, se confermata la predominanza delle IgG nel latte materno è particolarmente rilevante, poiché è già stato dimostrato il loro ruolo chiave nell'immunità neonatale contro altri patogeni bersaglio di vaccini, come influenza e virus respiratorio sinciziale (RSV). Sono stati condotti altri studi pubblicati negli ultimi 3 mesi sull’effetto della vaccinazione anti-COVID nelle donne che allattano, anche fra le professioniste sanitarie e non, in Spagna, Inghilterra, Francia ed anche in Italia da parte di un team di ricercatori dell'Università Federico II di Napoli. A parte la presenza di reazioni generali alle dosi del vaccino, i dati confermano che le madri risultano protette dal contagio e passano i loro anticorpi al neonato tramite il latte. A cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica. Pubblicazioni scientifiche Bertrand K et al. Breastfeed Med 2021 Aug 31. Juncker HG et al. J Hum Lact. 2021 Aug; 37(3):477-84. Garg I et a. Infect Dis Rep. 2021 Jul 31; 13(3):685-99. Guida M et al. Vaccines (Basel) 2021 Jul 13; 9(7):785. Perl SH, Uzan-Yulzari A et al. JAMA. 2021; 325:2013. Read the full article
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ultimavoce · 6 years
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È accaduto di nuovo: una giovane mamma è stata allontanata da un luogo pubblico mentre allattava il suo bambino di soli due mesi e mezzo perché considerata una pratica irrispettosa dell’altrui sensibilità. La donna era andata all’Università di Parma a prendere il compagno, che studiava in biblioteca. Si trovava nel porticato esterno all’ateneo, quando, colta dalla necessità di allattare il piccolo, si sedeva e si copriva con una sciarpa, procedendo poi con la poppata. Dopo pochi minuti, una vigilante le intimava di andarsene, non essendo quello il luogo idoneo per allattare.
Non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima. La stigmatizzazione sociale dell’allattamento al seno è una delle bizzarrie moderne più incomprensibili. Anche se nel frattempo sono arrivate le scuse ufficiali dell’Università, il pensiero della vigilante non è certo isolato. Sono in molti a pensare che chi allatta in pubblico lo faccia per esibizionismo e non per necessità. Viviamo circondati da scene di nudo usate per pubblicizzare qualsiasi cosa, possiamo vedere natiche fasciate in mutandine di pizzo occupare l’intero lato di un autobus mentre siamo in coda al semaforo, ma guai a permettersi di rispondere al bisogno di un neonato di fronte ad altre persone. Del resto non si può certo dire che l’allattamento al seno sia adeguatamente promosso e supportato.
OMS e allattamento al seno
Sono ormai quasi vent’anni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha decretato che l’allattamento al seno è il primo, più importante e preferibile metodo per nutrire un neonato. Vent’anni in cui l’OMS ha lavorato per la promozione di questo principio. Lo ha fatto attraverso l’elaborazione di linee guida, il finanziamento di ricerche e il lancio di campagne che hanno riguardato tutti i Paesi. Hanno riguardato sia quelli poveri del Terzo Mondo, dove la malnutrizione mette ancora in pericolo la vita dei bambini, sia i ricchi Paesi occidentali. Proprio questi ultimi sono stati il terreno fertile per la reclamizzazione del latte in formula, spacciato per anni come migliore dalle interessate aziende produttrici. Nonostante questo vasto impegno, ancora oggi le linee guida dell’OMS sull’allattamento al seno sono ben lungi dall’essere rispettate, anche in Italia.
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Le regole per un buon allattamento: l’attacco entro un’ora dal parto
Per esempio, ogni donna che si appresta a diventare madre dovrebbe sapere che il colostro, ossia il liquido giallo e denso che si produce alla fine della gravidanza, è l’alimento perfetto per il bambino appena nato e che l’allattamento andrebbe avviato entro un’ora dal parto. Già queste prime, importanti raccomandazioni, però, non sono sempre seguita dai punti nascita, che spesso lasciano passare ore prima di riunire un piccolo alla mamma. Di frequente, inoltre, sono i sanitari stessi che nei primi giorni interferiscono, proponendo il ciuccio e, soprattutto, somministrando il latte in formula senza alcuna necessità.
L’allattamento al seno è solo a richiesta
Un altro punto fermo dell’OMS riguardo l’allattamento al seno è la sua somministrazione a richiesta del bambino, senza durata prestabilita, né orari. Nonostante questa regola provenga direttamente dalla principale agenzia per la salute del mondo, sono ancora molti i pediatri e le puericultrici che impongono alle madri rigide tabelle orarie per le poppate. Accanto a loro, si aggiunge tutta la schiera delle improvvisate esperte nonne, suocere, zie, dirimpettaie e pescivendole, ma anche il giardiniere, che tengono a precisare a ogni occasione che questi bambini vanno educati fin da piccoli ad aspettare con pazienza l’ora della pappa. È bene, però, ricordare che l’allattamento si basa sul principio secondo cui la produzione di latte è regolata dalla suzione del bambino. Limitarla in virtù delle regole orarie, significa limitare anche la capacità del seno di calibrare la produzione di latte secondo le necessità del bambino. Quindi, di fatto, significa compromettere l’allattamento.
Lo svezzamento precoce
Ancora, secondo l’OMS ogni bambino dovrebbe essere allattato esclusivamente al seno fino a sei mesi e poi, parallelamente all’introduzione dei cibi solidi complementari, fino a due anni (o oltre, se mamma e figlio lo desiderano). Anche queste indicazioni vengono spesso disattese. Questo in parte a causa delle critiche delle succitate esperte (“Ancora allatti? Non lo sai che così crescono mammoni e non diventano mai autonomi?” e l’intramontabile “Ormai il tuo latte è acqua”), ma soprattutto dietro indicazione medica. Vige, infatti, ancora la tendenza in ambito pediatrico allo svezzamento precoce e al disincentivo all’allattamento in concomitanza dell’alimentazione solida complementare. Vecchie convinzioni dure a morire, quindi, anche da parte degli operatori sanitari, alcuni dei quali preferiscono la sicura e prevedibile governabilità del latte in formula.
Il codice di autoregolamentazione
Eppure esiste, fin dal 1981, un codice di autoregolamentazione per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, che prevede: – la presenza di etichette con informazioni estensive sui benefici dell’allattamento al seno rispetto ai sostituti; – nessuna pubblicità dei sostituti del latte materno; – divieto di distribuzione di campioni gratuiti di latte artificiale; – nessuna distribuzione di sostituti del latte materno gratis o con sussidi agli operatori, negli ospedali né in qualunque struttura sanitaria.
La famigerata “aggiunta”
Tuttavia, non è raro che le puerpere vengano dimesse con l’indicazione della marca di latte artificiale da usare in sostituzione o in aggiunta del latte materno. Oppure, è il pediatra di famiglia che, durante il primo controllo, ne prescrive una in quanto “il latte di mamma non basta”. Spesso, infatti, i frequenti pianti dei neonati vengono scambiati per fame e si conclude che quello materno non sia sufficiente. Allo stesso modo, si continua ad attenersi rigidamente alle tabelle di crescita elaborate per i bambini allattati con latte formulato. Così, non appena un bambino cresce cento grammi in meno rispetto alla tabella, scatta l’indicazione di integrare le poppate con il latte artificiale. Talvolta tali disposizioni sono accompagnate dalla richiesta non solo di rispettare durata e orari delle poppate, ma anche di pesare il bambino prima e dopo, in modo da verificare il peso acquisito. Oppure di usare un tiralatte, per misurare la quantità di latte prodotta. Addirittura, alcuni pediatri dicono alle donne che senza un sufficiente periodo di riposo tra una poppata e l’altra, il latte non ha il tempo di prodursi.
Errate convinzioni
Nulla di più infondato! La cosiddetta doppia pesata è un inutile metodo del tutto incompatibile con l’allattamento a richiesta, peraltro molto stressante per la mamma. Il segnale da tenere sotto controllo per capire se un bambino si sta nutrendo in modo adeguato è un buon numero di pannolini bagnati quotidianamente. Allo stesso modo, anche il tiralatte non rappresenta un indice di produzione attendibile, poiché non è in grado di eguagliare la suzione del bambino. Infine, il seno non è certo un serbatoio che si riempie con il passare del tempo. Anzi, più si diradano le poppate, più decresce la produzione. Così una neomamma che si reca dal pediatra con il suo piccolo per quello che dovrebbe essere un banale controllo, potrebbe uscirne con una quantità di informazioni sbagliate tale da comprometterne, di nuovo, l’allattamento.
La libertà di scelta
Posto che ogni donna dovrebbe avere tutte le informazioni corrette riguardo l’allattamento al seno, è chiaro che vi saranno situazioni in cui sarà la donna stessa a preferire il latte artificiale. Le motivazioni possono essere le più diverse e tutte legittime. L’importante è che alla base vi sia una scelta libera e consapevole, effettuata in assenza di inopportune interferenze o giudizi da parte di chicchessia e con il dovuto supporto del personale preposto, qualunque sia la decisione.
Michela Alfano
#Allattare è il gesto più naturale del mondo. A qualcuno però dà ancora fastidio. È accaduto di nuovo: una giovane mamma è stata allontanata da un luogo pubblico mentre allattava il suo bambino di soli due mesi e mezzo perché considerata una pratica irrispettosa dell’altrui sensibilità.
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garudaerboristeria · 4 years
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Vi presento la LATTOFERRINA! Ho trovato un articolo di Macrolibrarsi che parla benissimo di questa proteina! Lo condivido con voi 😃😃 Conosci i benefici della lattoferrina? La proteina naturale che blocca il Coronavirus Qualche settimane fa ha fatto notizia uno studio condotto dalle Università Sapienza e Tor Vergata di Roma sull'uso della lattoferrina, una proteina che è riuscita a bloccare la progressione del virus su alcuni malati di Covid-19. Si tratta, in realtà, di una sostanza che in erboristeria è utilizzata come nutraceutico: scoperta nel 1939 nel latte vaccino, da subito furono lampanti le sue proprietà immunostimolanti, antiossidanti e antinfettive. Questa glicoproteina è naturalmente contenuta in quantità abbondanti nel colostro materno, la secrezione di cui il neonato si nutre nei primi giorni di vita, che favorisce lo sviluppo dei batteri benefici della flora intestinale. Proprio dalla considerazione che i bambini sono meno colpiti dal Coronavirus perché, se allattati al seno, hanno naturalmente valori alti di lattoferrina, che agisce come fattore protettivo, è nata l'idea di testare la sostanza sui malati di Covid-19. La sperimentazione ha previsto la somministrazione quotidiana di lattoferrina su un gruppo di pazienti affetti da Coronavirus sia sintomatici che asintomatici, allo stadio iniziale della malattia. Lo scopo era verificare se i pazienti fossero in grado di accorciare i tempi di guarigione grazie alla lattoferrina. I risultati del trial clinico sono stati positivi, poiché la proteina si è dimostrata utile per favorire "senza effetti avversi, la remissione dei sintomi clinici nei pazienti Covid-19 positivi sintomatici e la negativizzazione del tampone già dopo 12 giorni dal trattamento". Un trial parallelo alla sperimentazione sui pazienti ha permesso di evidenziare che la lattoferrina è in grado di "inibire l'infezione da SARS-CoV-2, bloccando le fasi precoci dell'interazione virus-cellula". (1) Come agisce la lattoferrina nei confronti del virus? ...continua nei commenti... (presso San Lorenzo al Mare) https://www.instagram.com/p/CFXw8k7BEhH/?igshid=1wt7va7fv80fh
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hackingmonuments · 5 years
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Il Nilo di Napoli
di Marco Izzolino
«Fanno così: misurano il livello del Nilo da certe tacche graduate sulla piramide, e se è alto, basso o medio, sanno se seguirà abbondanza o carestia. Più gonfia il Nilo, e più promette; quand’esso si ritrae, il seminatore sparge sul limo e sulla melma la semente, e in breve tempo si ha il raccolto». Antonio a Cesare in W. Shakespeare, "Antonio e Cleopatra", a. II, s. VII
Molte cose sono state già scritte e dette nel corso dei secoli sulla scultura del Nilo presente a Napoli nel “Largo del Corpo di Napoli”, tuttavia vorrei qui proporre una mia personale rilettura del monumento sulla base di alcune evidenze che sono ancora presenti e visibili sul “corpo” del dio fluviale.
La scultura ci ricorda che durante il periodo romano della città, probabilmente dal I secolo a.C., una colonia di egiziani si insediò ai margini del nucleo centrale
di Neapolis in un’area, denominata Regio Nilensis, che si presentava molto simile nella struttura a quella del delta del Nilo. Nel XIV secolo Bartolomeo Caracciolo nella Breve informacione tracta de diverse croniche che fay a vuy nostro signore lo vostro fidelissimo vassallo Bartholomeo Caraczolo dicto Carrafa cavaliere de Napoli ancora scrive: «El sexto segio si è quello de Nido lo quale stane ad presso la porta Ventosa socto la quale per la habundancia dell’acqua et delle padule corno è dicto de sopra paria che fosse lo Nilo lo quale è uno grande fyume de Egipto». Lungo l’attuale via Nilo si narra scorresse un torrente, chiamato Taglina, che raccoglieva tutte le acque della collina sovrastante e che si divideva in più rivoli, proprio a formare un piccolo delta, per poi terminare in mare dove si trova oggi la sede dell’Università su Corso Umberto I.
La scultura del Nilo, datata all’incirca al II secolo dopo Cristo, fu probabilmente commissionata da quella folta colonia di egiziani che popolavano la Napoli greco-romana - e che Svetonio ci narra si ingrandì di molto durante l’impero di Nerone, in particolare di mercanti provenienti da Alessandria - per celebrare la divinità fluviale della loro terra d’origine.
È arduo ricostruire la cronologia delle varie parti che costituiscono il monumento per il grado di consunzione complessivo dovuto al dilavamento provocato dagli agenti atmosferici e, recentemente, all’inquinamento ambientale. Le parti più antiche sono la figura del Nilo, ad eccezione della testa e del braccio destro, il corpo della sfinge ad esclusione della testa, quello del coccodrillo ad esclusione della coda ed i resti dei bambini che gli sono più vicini.
Si sa che la scultura subì un primo restauro nel 1657 (erroneamente indicato nel 1667 nella lapide posta sul basamento) e un successivo intervento di consolidamento del 1734 caldeggiato, tra gli altri, da Ferdinando Sanfelice. L’intervento seicentesco fu commissionato al poco noto scultore Bartolomeo Mori, attivo nella chiesa napoletana dei Santi Apostoli. Mori realizzò ex novo la testa e il braccio destro della figura ispirandosi probabilmente alla allora molto celebre scultura del Nilo di epoca adrianea conservata oggi ai Musei Vaticani. Ulteriori restauri furono apportati dallo scultore Angelo Viva tra la fine del XVIII secolo e i primi anni del XIX secolo alle parti integrate da Mori.
La scultura ai Vaticani è circondata da 16 putti che, nei confronti della figura del dio, appaiono molto piccoli rispetto alle corrette proporzioni umane. Nel VII libro della Naturalis Historia Plinio il vecchio afferma trattarsi di una replica romana di un originale scultoreo alessandrino, realizzato in basalto nero, e collocato da Vespasiano nel Tempio della Pace a Roma, i cui i putti avrebbero rappresentato i 16 cubiti di crescita ideale delle acque del Nilo durante la stagione delle inondazioni.
Anche la scultura napoletana era circondata di putti; da Bartolomeo Caracciolo (già citato) sappiamo che nel Trecento vi erano «cinco infantini (…): tre ne stanno da parte dericta et duy de la sinistra» e dalla Historia generale del Reame di Napoli di Placido Troyli (1752) sappiamo che il Nilo era circondato da «molti fantolini, che li scherzano attorno»; oggi ne sono chiaramente visibili solo due sopra la sfinge; due presenti in passato nella parte frontale sappiamo che furono trafugati insieme alla testa della sfinge alla fine degli anni cinquanta; la base di un altro fanciulllo e chiaramente visibile vicino al corpo del coccodrillo. Date le vicissitudini che ha subito il monumento sarebbe difficile oggi stabilire da quanti putti fosse circondato il dio in origine. Vorrei tuttavia soffermarmi su queste figure poiché la loro interpretazione è molto importante per comprendere appieno la complessità del monumento.
Le figurette di fanciulli che si trovano, a partire dall'età ellenistica e per tutto il periodo romano (presenti anche in molte medaglie e monete), attorno al Nilo nelle rappresentazioni figurate erano chiamate pécheis (cubiti in latino, gomiti in italiano). Si possono citare come riferimenti bibliografici il Rhetorum praecepto di Luciano di Samosata, e le Eikones  di Filostrato il vecchio, il quale - detto per inciso - descriveva le immagini dipinte in una ipotetica villa nei pressi di Napoli. I pécheis personificherebbero dunque il livello ideale (sedici in età greco-romana), misurato in cubiti (circa 50 cm), cui il Nilo doveva salire nelle periodiche inondazioni. Non si conosce l'origine di tale rappresentazione, che non appare in età faraonica; tra le ipotesi (Anna Maria Roveri) c’è la derivazione dal vocabolo col quale si indicava il neonato in egiziano: s-n-mḥ = individuo di un cubito. Secondo Bernard Matthieu, invece, un suggerimento di ordine più propriamente figurativo potrebbe essere venuto dalle scene di caccia e pesca sul Nilo, frequentissime nell'arte egiziana, in cui servi cacciatori e pescatori erano raffigurati in proporzioni minori rispetto ai padroni, fino a perdere ogni rapporto coi pesci, gli uccelli e le piante. Una scultura in marmo del Museo Greco-romano di Alessandria rappresenta una divinità maschile seduta - probabilmente il Nilo - con a lato le figure di due fanciulli piccolissimi intenti a scalare, uno sulle spalle dell'altro, una roccia. In questa vi è un'iscrizione che allude ai πήχεις.
Va chiarito che né Luciano («Se mai vedesti il Nilo come molti lo dipingono seduto sovra un coccodrillo o un ippopotamo, e certi puttini»), né Filostrato («Intorno al Nilo, giuocano i Cùbiti [Πήχεις], fanciulli di statura uguale al loro nome. Il Nilo li ama: tra l’altro, anche perché annunciano agli Egiziani la quantità delle sue tracimazioni») citano il numero dei fanciulli attorno alla personificazione del fiume; in molte monete tolemaiche e romane essi appaiono anche solo nel numero di due o tre, probabilmente a sintetizzare una consuetudine iconografica. È possibile quindi che il Nilo napoletano potesse anche non essere circondato da 16 putti, come l’esemplare romano citato anche da Plinio, ma da un numero inferiore di figure. Inoltre, nella scultura di Napoli i fanciulli hanno una dimensione più realistica in rapporto al corpo adulto della divinità fluviale, rispetto all’equivalente monumento vaticano.
Angelo Di Costanzo, nobile napoletano che fu storico e poeta con lo pseudonimo di Marco Antonio Terminio, riporta nella Apologia di tre Seggi illustri di Napoli (1581) che la statua, dopo il crollo dell’Impero Romano cadde nell’oblio, fino a quando non fu ritrovata acefala verso la metà del XII secolo, quando l’edificio del seggio fu costruito nell’area dell’attuale largo, e venne collocata all’angolo esterno dell’edificio. La mancanza della testa e la presenza dei due putti all’altezza del petto, interpretati come neonati intenti ad essere allattati, fece interpretare dal popolo napoletano la scultura come una immagine femminile, simboleggiante la città che allatta i propri figli. Sempre nella Breve informacione del Caracciolo leggiamo: «Alo quale luoco de Nido se dice che vi fosse una ymagine de marmore co una dompna yscolpita che nutrica cinco infantini suoy figlyoli», mentre nel 1553, un secolo prima del restauro, Benedetto di Falco scrive nella sua Descrittione dei luoghi antiqui di Napoli e del suo amenissimo distretto: «La terza strada è quella del Nido, dovendosi dire del Nilo detta dalla statua di marmo con una imagine d’una gran donna con molte poppe che lattaia molti fanciulli, nuovamente ritrovata nel Seggio, cauandosi la terra per ammattonar la strada». Interpretata dunque come una donna il monumento venne volgarmente chiamato “o cuorp’e Napule” (il corpo di Napoli). Già nel Trecento e fino al primo restauro erano dunque presenti i putti attorno alla scultura e già allora erano posti in una posizione che appariva come una scena di allattamento.
C’è tuttavia un altro particolare nella scultura napoletana che desta molta curiosità e cioè il fatto che la figura maschile abbia un ventre pronunciato, la qual cosa non è presente nella scultura ai musei Vaticani, né in altre raffigurazioni simili di divinità fluviali. Questo dettaglio, apparentemente di poco conto, ha secondo me un valore iconografico che fino ad ora è stato sottovalutato.
Quel ventre generoso ricorda l’iconografia di Hāpi, l'incarnazione della fecondità dell'inondazione del fiume Nilo. Gli antichi egizi non avevano un dio che personificasse il fiume stesso, veneravano piuttosto un nume tutelare dal quale dipendesse la fecondità della terra con l’acqua. Già da epoche molto arcaiche gli Egizi sapevano che la loro sopravvivenza era legata alle piene del Nilo per cui questo fenomeno fu in un certo senso divinizzato molto precocemente già dall'Antico Regno. Nella loro lingua, il Nilo è chiamato Iteru-aa, che significa letteralmente grande fiume; esso svolgeva un ruolo così significativo nella vita politica, sociale e spirituale che gli Egizi crearono questo nume dedito al controllo delle inondazioni annuali. Tale divinità fu dunque chiamata Hāpi (H῾pr, o H῾pj), nome col quale si designava spesso il fiume stesso, e sia lui che il faraone erano ritenuti i controllori delle inondazioni del fiume.
Questa divinità fluviale veniva raffigurata sempre con addome pronunciato (simbolo di abbondanza), con la barba e mammelle pendule in segno di fertilità, e per questi aspetti spesso veniva visto come una divinità androgina ed ermafrodita. Si trattava dunque di una divinità maschile che nelle processioni si alternava a figure femminili ed era opulenta perché simboleggiava la prosperità. Era una divinità creatasi da sola e che donava a piene mani l'abbondanza e con essa anche la gioia e l'allegria. Il ventre della scultura del Nilo di Napoli ricorda proprio la forma del ventre di Hāpi così come appare nelle antiche raffigurazioni egiziane.
È possibile - ma questo rimane solo nel caso delle ipotesi in mancanza di parti originali - che la scultura napoletana rappresentasse una versione grecizzata non tanto del fiume Nilo, quanto del suo spirito, della sua essenza dinamica, quel nume tutelare Hāpi: un perfetto connubio tra la figura originaria della divinità fluviale egiziana, di natura ermafrodita, con la statuaria greco-romana più incline a rappresentare la fertilità come una caratteristica tipicamente maschile.
La scultura del Nilo napoletana, dunque, per quanto molto vicina alla rappresentazioni fluviali del mondo magnogreco e poi romano, poteva contenere dettagli in grado di rappresentare il connubio tra l'acqua che è uomo e la terra fertile che è donna e che unitamente gli davano l'attributo "di padre e di madre" come recita il Papiro di Berlino: «L'immagine di Hāpi che per metà è uomo e per l'altra metà è donna».
Vorrei ora ritornare al possibile significato dei putti che circondavano la figura del Nilo. Ho scoperto una interessante ipotesi su queste figure di fanciulli avanzata da Melchiorre Cesarotti, scrittore, poeta e linguista di primo Ottocento, a nota dei propri commenti critici ai versi dell’Iliade nella traduzione di Vincenzo Monti, per la prestigiosa edizione veneziana del 1836 facente parte della collana Parnaso Straniero, edita da Giuseppe Antonelli. La nota all’inizio del Libro Terzo del testo di Omero (nella traduzione di Monti):
Poiché sotto i lor duci ambo schierati
gli eserciti si fur, mosse il troiano
come stormo d'augei, forte gridando
e schiamazzando, col romor che mena
lo squadron delle gru, quando del verno
fuggendo i nembi l'oceàn sorvola
con acuti clangori, e guerra e morte
porta al popol pigmeo.
fa riferimento all’antico mito della lotta dei pigmei con le gru. Si tratta del mito della Geranomachia raccontato per la prima volta in questi versi da Omero, poi
da Ecateo da Mileto nel primo libro delle Genealogie, da Aristotele nell’ottavo libro della Historia Animalis, da Giovenale nella terza Satira e da Oppiano nel primo libro della Halieutica; nelle arti figurative è rappresentato già verso il 570 a.C. sul piede del cratere François (Firenze, Museo Archeologico), su altri vasi a figure nere della metà circa del VI sec. a.C. ed inoltre se ne conoscono molte versioni su mosaici romani. Nella nota Cesarotti fa l’interessante ipotesi che l’iconografia greco-romana del fiume Nilo circondato di fanciulli indicanti i cubiti di crescita del fiume abbia un origine comune a quella del mito della Geranomachia, determinata da una interpretazione greca del linguaggio allegorico egizio:
«Ora a questa locuzione allegorica degli Egizii noi dobbiamo la favola de' Pigmei. Conciosiachè usando i sacerdoti dì Egitto di mentovar nei loro libri i fanciulli cubitali, che in greco si direbbero pechiei o pigmei, e d'usar anche coi forestieri lo stesso linguaggio simbolico, e collocando i detti fanciulli alle fonti del Nilo, i Greci prendendo questa locuzione in senso letterale ed istorico, immaginarono esservi nell'Etiopia un intero popolo non mai veduto da alcuno d'uomini dell'altezza d'un cubito, detti da questo Pigmei (...). È facile scorgere che nel linguaggio allegorico degli Egizii, da cui questa tradizione ebbe origine, il combattimento de’ Pigmei colle gru non dinotava altra cosa che il decrescimento del Nilo nel tempo in cui questi uccelli abbandonano i climi del Nord per passare al mezzo giorno, cioè a dire il mese di Novembre, sull'avvicinar dell'inverno. (...)
(Le gru fanno la guerra a! Pigmei, e questi cedono dopo una vana resistenza, è una frase allegorica corrispondente a quest’altra : all'apparir delle gru, i cubiti del Nilo vanno decrescendo e a poco a poco spariscono)».
Del resto si conoscono molte versioni, conservate in musei di tutto il mondo, delle cosiddette “Lastre Campana” - rilievi di terracotta, anticamente dipinti, utilizzati come rivestimenti per la decorazione di edifici pubblici e privati, a partire dal secondo quarto del I secolo a.C. fino al II d.C. - che rappresentano scene nilotiche; sullo sfondo di molte di esse appare rappresentata l’area della sorgente del Nilo: si riconoscono capanne di paglia spesso circondate di gru, a volte si vede la figura sdraiata del Nilo con un putto al suo fianco, ed altre volte piccoli uomini accanto alle gru o vicino alle capanne, che non sono affatto dissimili dai putti.
Avanzo a questo punto un ipotesi. Sappiamo da studi di egittologi che sovente nelle processioni egiziane Hāpi era accompagnato da una moltitudine di geni, figure ermafrodite rappresentanti i vari nomo (i distretti in cui era suddiviso il territorio degli Egizi) e personificazione degli spiriti delle acque, tutti recanti prodotti locali, che era aperta dal sovrano, per recare al fiume le sacre offerte. Da queste raffigurazioni che accompagnavano Hāpi, che avevano dimensioni inferiori rispetto a quelle del nume tutelare delle piene, avrebbero potuto prendere origine in periodo alessandrino due tradizioni iconografiche: quella delle personificazioni dei cubiti di crescita del fiume come fanciulli e quella degli uomini di piccole dimensioni che popolavano la mitica foce del Nilo dove si trovava la grotta in cui risiedeva Hāpi. Entrambe avrebbero avuto come comune denominatore l’idea di rappresentare l’origine del sacro fiume da cui scaturivano le piene. Le processioni per l’arrivo della piena non si sono mai interrotte né alla fine del periodo faraonico, né nel periodo romano. Si conoscono infatti due raffigurazioni pavimentali a mosaico romane di processioni nelle quali il dio Nilo viene condotto in festa: una è a Leptis Magna ed è datata II secolo d.C., nella cosiddetta Villa del Nilo, dove la figura del dio in sella ad un ippopotamo è trainata con un festone da quattordici figure di fanciulli ed è preceduta da due figure di donne suonatrici; l’altra è a Sefforis in Galilea, nella cosiddetta Casa della festa del Nilo, datata V secolo d.C., dove il dio appare ancora in sella ad un ippopotamo preceduto da cinque putti, di cui due stanno incidendo su un nilometro (la colonna che misurava le piene) il numero 17 [cubiti].
Il mosaico della Casa della festa del Nilo di Sefforis, appare molto interessante per il discorso che si sta conducendo sull’immagine del Nilo anche per la presenza di altre figure significative. Le immagini del mosaico sono disposte su tre livelli sovrastanti attraversati in diagonale - dalla destra in alto verso la sinistra in basso - da un rivolo d’acqua che fuoriesce dal vaso che si trova sotto il braccio della figura del dio Nilo. Nel registro inferiore vi è una sorta di celebrazione della floridezza del contesto naturale del fiume: l’acqua consente la crescita delle piante, che attirano gli animali erbivori e che a loro volta divengono cibo per le fiere carnivore. Nel registro intermedio due cacciatori a cavallo si dirigono verso la città di Alessandria ad annunciare la buona novella dell’arrivo della piena del Nilo: la città è rappresentata dalla porta turrita - al di sopra della quale appare il nome della città - dal famoso faro affianco alla torre di destra e dalla Colonna di Pompeo. Nel registro superiore il dio Nilo appare nell’estremità destra; al centro della scena vi è il nilometro, rappresentato come una colonna su cui uno dei 5 putti sopra descritti, poggiandosi sulle spalle di un altro incide il numero 17; tale colonna divide la scena in due metà perfettamente simmetriche, alla cui estremità sinistra vi è un’altra figura distesa che fa da pendant a quella del  dio Nilo: l’iscrizione in greco sopra di essa AIGY[PYOS] indica si tratti della personificazione dell’Egitto. Questa figura è stata sempre genericamente interpretata come una figura femminile, perché presenta un prospero seno; tuttavia essa mostra caratteristiche del volto decisamente androgine: sopracciglia molto folte ed una ombreggiatura della zona mandibolare, che fa pensare ad una barba puberale. Purtroppo questa figura è pesantemente danneggiata all’altezza del ventre e del bacino, dunque non si riescono ad avere altri indizi, tuttavia la mia ipotesi è che si tratti di un ermafrodito, cioè di una personificazione di una terra che, come l’immagine dell’antico nume Hāpi, contiene in sé l’immagine dell'acqua che è uomo e della terra fertile che è donna e che unitamente gli danno l'attributo di padre e madre terra.
Mi piace pensare che sia esistito un modello iconografico - magari proprio ad Alessandria - a cui si è ispirato il mosaicista di Sefforis nel comporre la personificazione dell’Egitto, che conteneva degli attributi per così dire “arcaici”, cioè associabili alla antica immagine di Hāpi, e che è stato all’origine delle prime raffigurazioni del dio Nilo. Una immagine che non era più quella di Hāpi, ma non era ancora quella del dio Nilo, e che tuttavia era in grado di condensare segni significanti di un territorio, che tutti coloro che, nati sulle sponde del Nilo e stabilitisi in altri luoghi del mediterraneo, avrebbero potuto riconoscere come simboli di appartenenza. Un modello iconografico, ad esempio, cui potrebbe essere derivata la statua di Napoli. Non va dimenticato infatti che il Nilo partenopeo non era un opera di spoglio di monumenti egiziani, né un’acquisto di ricchi patrizi romani per assecondare la moda “nilotica del tempo, ma una statua che fu commissionato da e per gli Alessandrini di Neapolis, la cui maggiore esigenza era probabilmente quella di ricordare il proprio luogo d’origine. Si badi, non voglio con questo affermare che la scultura napoletana non rappresenti il Nilo, ma ritengo tuttavia che si tratti di una figura di ermafrodito e che realmente allattava alcuni dei putti di cui era circondata. Semmai un giorno si ritrovasse la sua testa originaria, non mi sorprenderebbe se raffigurasse quella di un giovane androgino piuttosto che di un vecchio barbuto. Considero il Nilo partenopeo una sorta di “anello mancante”: una scultura - probabilmente la copia di fine I secolo d.C o inizio II - che ci mostra l’esistenza di un modello iconografico ibrido che ha mascherato dietro l’aspetto e la struttura del linguaggio figurativo greco dei significati che sono rimasti quiescienti per tutto il periodo romano e poi bizantino.
Brian Campbell in Rivers and the Power of Ancient Rome (University of North Carolina press, Chapel Hill 2012) afferma che: «la rappresentazione del Nilo fu direttamente creata dai Greci e non corrispose in alcun modo significativo con la religione del periodo faraonico. I Romani rilevarono questa tradizione, sebbene vi siano numerose variazioni» (p. 153). Napoli fu un luogo perfetto affinché questa forma di rappresentazione greca di contenuti egiziani, potesse diffondersi e poi evolvere attraverso la cultura romana e poi bizantina. Il gruppo di Alessandrini di Neapolis, estremamente variegato per ceto, cultura e fascia d’età si integrò e si armonizzo con il tessuto sociale della città greco-romana e ben fu accettato dai napoletani. Questi “Nilesi”, portarono certamente dall’Egitto tradizioni ermetiche e religiose da antichi tramandi iniziatici, come l’ancestrale ritualità dedicata ad Iside ed a Osiride. Culti praticati ma custoditi da ristrette caste sacerdotali che officiavano per i soli adepti. Alessandria rappresentava con la sua immensa storia uno dei fulcri di queste tradizioni misteriche. In queste cerchie ristrette si custodiva la primigenia forma di alchimia che aveva visto la sua genesi nell’antico Egitto. Secondo alcuni studiosi, nella Neapolis si verificò una vera e propria fusione tra il sapere greco ed i misteri egizi, tra la tradizione Pitagorica magnogreca e quella Egizio-Alessandrina e si custodì nel tempo. La scultura del Nilo costituisce la perfetta immagine di questo connubio di culture.
In un passo del Timeo Platone (22 a-b) narra di un viaggio di Solone in Egitto. Nel dialogo uno dei personaggi rievoca la permanenza del saggio ateniese a Sais, un distretto egizio nel Delta del Nilo, durante la quale ebbe modo di ascoltare le testimonianze dei sacerdoti del luogo. Solone, discorrendo con uno di questi anziani religiosi, si potè rendere conto di non essere egli stesso, né alcun greco, informato di fatti antichi tanto quanto gli Egizi (Timeo 22 a). Uno dei sacerdoti, rivolgendosi a Solone, gli dice - curiosamente - che tutti i Greci sono come bambini, giovani nell’anima, privi di opinioni antiche che provengono da una primitiva tradizione (Timeo 22 b). Il racconto poi prosegue ricordando l’importanza del Nilo per la terra circostante e facendo menzione di fatti precedenti a quelli che i Greci considerano i più antichi in assoluto. Il sacerdote mostra infatti di essere a conoscenza di altri diluvi anteriori all’unico noto ai Greci. L’ammirazione con la quale Solone ascolta il suo interlocutore appare come il segno dell’atteggiamento dei Greci nei confronti degli Egizi, depositari di un sapere remotissimo.
Ancora Platone nel Fedro (274 c-d) racconta di quando il dio Theuth, che viveva presso Naucrati, città del Delta del Nilo si recò un giorno dal faraone di Tebe egizia per mostrargli le sue invenzioni: i numeri, il calcolo, la geometria, l’astronomia, il giochi degli scacchi e dei dadi ed anche la scrittura. Platone dunque attribuisce a Theuth, divinità identificata con l’Ermes dei Greci, il primato in molte arti e conoscenze utili agli uomini.
Mi piace pensare che la scultura del Nilo di Napoli possa nascondere anche un’altro tipo di significato più profondo, quella di una cultura (un dio) che proviene dall’Egitto e che simbolicamente nutre (allatta) i greci bambini con i “veri doni del Nilo”: i segreti di un’antica conoscenza.
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firewalker · 7 years
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Vero, mi scusi, mi sono sbagliata. Non è tanto la natura, che in sé può essere manipolata. La mia curiosità bensì era incentrata sul fatto che molto spesso si pensa che se non allatti tuo figlio o non bevi latte muori perché non assumi abbastanza calcio ecc. Grazie mille per la risposta, mi ha chiarito molte cose :) un’altra domanda i bambini vanno allattati finché c’è latte oppure c’è un tempo? Scusi per le troppe domande
Le linee guida ci dicono che l’allattamento esclusivo deve essere portato almeno fino ai 6 mesi (se non è disponibile il latte materno, va usato un latte di formula specifico). Però non c’è un limite massimo, a naso direi che a un anno di vita dovrebbe essere la media in cui si smette di cercare il latte materno (ma su internet puoi trovare pancine orgogliose che allattano fino a 360 mesi di vita del “bambino”)
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Cosa succede se di notte non riesci a dormire?
Inizi a viaggiare con la mente, a raggiungere destinazioni desiderate da tanto tempo ma impossibili ancora da realizzare.
Allora torni alla realtà e chiudi gli occhi, poi apri le orecchie. Ci sono dei grilli in lontananza che cantano. Sta passando un aereo, è basso perché si sente forte. L'orologio ha segnato l'una di notte. Delle ragazze sono nella piazza sotto casa, stanno chiacchierando. Si è alzato il venticello, sento il fruscio delle foglie.
Dopo aver analizzato i suoni, immagini tutto ciò che sta accadendo ora nel mondo. In questo momento qualcuno sta venendo al mondo, proprio mentre qualcun altro lo sta lasciando. Ci saranno coppie che fanno l'amore, e altre appena separate, che disperate, piangono da sole nelle case tristi e ormai senz'anima.
Ci saranno ragazzi che stanno facendo festa, altri che saranno in camera loro a giocare al pc. Magari dei bambini in questo momento piangono, altri vengono allattati e altri ancora staranno per svegliarsi, perché è così che funziona.
Tutto gira e non si riesce a capire come governare questa nostra fortuna chiamata vita.
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passionevegano · 5 years
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Piccoli e a forma di animale, ecco come erano i primi ‘biberon’ dei bambini preistorici
Piccoli e a forma di animale, ecco come erano i primi ‘biberon’ dei bambini preistorici
Anche i bimbi preistorici venivano allattati con i “biberon”, che erano piccoli e di varie forme animali. Un team di scienziati guidati dall’Università di Bristol, nel Regno Unito, ha ritrovato dei vasi con beccuccio adatti alle manine dei piccoli con svariate forme animali che potevano essere usati per il loro nutrimento.
Fatti di argilla, gli antichi biberonapparvero per la prima volta in…
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Un buon motivo in più per allattare il proprio bambino al seno: prevenire l’obesità infantile, a tutto vantaggio della salute del proprio figlio. A sostenere che i bambini che non sono mai stati allattati al seno o che lo sono…
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ramveggie · 5 years
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Obesità infantile, la lotta inizia con l’allattamento al seno
Obesità infantile, la lotta inizia con l’allattamento al seno
Un buon motivo in più per allattare il proprio bambino al seno: prevenire l’obesità infantile, a tutto vantaggio della salute del proprio figlio. A sostenere che i bambini che non sono mai stati allattati al seno o che lo sono stati poco corrono un rischio maggiore di diventare obesi è l’Organizzazione mondiale della sanità che, dopo aver raccolto dati relativi ad allattamento al seno e tassi di…
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corallorosso · 7 years
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Molestie sessuali, quanti casi Weinstein ha prodotto il Jobs act? di Mimmo Lombezzi ... Una domanda che andrebbe fatta a Renzi, alla prima fermata del treno, potrebbe essere proprio questa: Quanti casi Weinstein in più ha prodotto il jobs-act liberalizzando i licenziamenti, cioè abolendo l’obbligo di una “giusta causa” per licenziare? Quante precarie in più si saranno sentite proporre la famosa alternativa: “Se ci stai lavori se no te ne vai?” Tra le soluzioni proposte per scoraggiare le tentazioni e le molestie in ufficio, spicca per originalità quella escogitata il 22 maggio del 2007 da quello che di solito è considerato il faro dell’Islam moderato, l’Università Al-Azhar del Cairo, e cioè la cosiddetta “Fatwa dell’allattamento degli adulti”. “Tra i professori – spiega Fethi Benslama nel saggio Un furioso desiderio di sacrificio (Cortina Editore) – due imam avevano formulato un parere secondo cui una donna avrebbe ormai potuto togliersi il velo e restare da sola con un suo collega di ufficio, a condizione di averlo allattato per cinque volte, offrendogli direttamente il seno. Gli autori spiegavano che il fatto di offrire il seno viene considerato un atto materno che impedirebbe ogni atto sessuale fra i due. Bisogna ricordare che nell’Islam, in effetti, l’allattamento crea un legame di parentela da cui deriva la proibizione dell’incesto. In altri termini, due bambini allattati dalla stessa donna diventano fratello e sorella , e la donna che li ha allattati la loro madre. Da quel momento si applica tra loro la proibizione dell’incesto, come se fossero parenti di sangue”. Una soluzione che avrebbe suscitato il plauso di Weinstein.
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