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#Angiò
clamarcap · 2 years
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Per Roberto d'Angiò
Per Roberto d’Angiò
Philippe de Vitry (31 ottobre 1291 - 1361): O canenda vulgo per compita / Rex quem metrorum / Rex regum, mottetto a 4 voci. Ensemble Sequentia. Il brano celebra Roberto d’Angiò, detto il Saggio (1277 - 1343), re di Napoli dal 1309; il sovrano non è citato nel testo, ma le lettere iniziali dei versi del motetus (2a voce) ne formano il nome (acrostico). Secondo varie testimo­nianze dell’epoca,…
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wolfman75 · 7 days
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Gilles de Montmorency-Laval, conosciuto principalmente con l'appellativo di Gilles de Rais[1] (Champtocé-sur-Loire, 1404[2] – Nantes, 26 ottobre 1440), è stato un generale, criminale e nobile francese che fu barone di Rais, signore di varie località in Bretagna, Angiò e Poitou, capitano dell'esercito francese e compagno d'armi di Giovanna d'Arco. È conosciuto per l'accusa di essere stato coinvolto in pratiche alchemiche e occulte, in cui avrebbe torturato, stuprato e ucciso almeno 140 bambini e adolescenti.
Dal 1427 al 1435 servì come comandante nell'esercito reale francese e combatté contro gli inglesi durante la guerra dei cent'anni; fu nominato maresciallo di Francia nel 1429. Accusato di praticare l'occulto, dopo il 1432 venne implicato in una serie di omicidi di bambini. Nel 1440 una violenta controversia con un religioso aprì un'indagine ecclesiastica che lo portò a essere accusato dei reati sopra citati. Durante il processo i genitori dei bambini scomparsi e i servi di Gilles testimoniarono contro di lui, facendolo condannare a morte per una vasta serie di reati. Venne impiccato a Nantes il 26 ottobre 1440.
Si pensa che Gilles de Rais abbia ispirato lo scrittore francese Charles Perrault per la fiaba del 1697 Barbablù (Barbe bleue). La storia narra infatti di un crudele signorotto che uccide brutalmente le proprie mogli e ne nasconde i cadaveri in una stanza segreta del proprio castello.
Di nobile casato (i Montmorency-Laval erano due fra le più potenti famiglie di Francia, imparentate con il connestabile Bertrand du Guesclin), a soli undici anni rimase orfano di entrambi i genitori (la madre morì di malattia ed il padre ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia), e fu allevato dal nonno materno, Jean de Craòn.
Jean de Craòn lo fidanzò a tredici anni con Jeanne Peynel, una ricca ereditiera, poi con Beatrice de Rohan, nipote del duca Giovanni IV di Bretagna. La morte prematura di entrambe le giovani impedì il matrimonio. Sposò infine un'altra ereditiera, Catherine de Thouars (1409-1462), il 30 novembre 1420.
Nel 1427, agli ordini di Arturo III di Bretagna, entrò al servizio di Carlo VII di Francia combattendo alla testa di un proprio contingente in svariati episodi della guerra dei cent'anni e finanziando il futuro re nelle sue campagne militari. Grazie alla parentela con Georges de La Trémoille, gran ciambellano di Francia, entrò nelle grazie del sovrano combattendo poi contro gli inglesi al fianco di Giovanna d'Arco, ad Orléans, a Jargeau, a Meung-sur-Loire e a Beaugency.
Divenuto pari di Francia, consigliere e ciambellano di re Carlo VII, presenziò alla consacrazione di quest'ultimo, avvenuta a Reims il 17 luglio 1429, dopo essere stato elevato al titolo di maresciallo di Francia il precedente 21 aprile. Continuò a combattere prima sulla Loira quindi in Normandia, alla testa di un piccolo esercito personale da lui stesso mantenuto.
Morto il nonno, nel 1432 ereditò un'immensa fortuna, consistente soprattutto in proprietà terriere in Bretagna, nel Maine e nell'Angiò, cui si aggiungevano le ricchezze dei de Rais e quelle della moglie, ritrovandosi così ad essere uno degli uomini più ricchi del suo tempo.
Grazie a questa fortuna finanziò Carlo VII nelle sue campagne, con denaro che non gli venne mai restituito.
Ritiratosi dal servizio militare (l'ultima azione cui prese parte ebbe luogo nell'estate 1432 a Lagny-sur-Marne, assediata dalle truppe di Giovanni Plantageneto, I duca di Bedford), iniziò a condurre una vita dispendiosa e raffinata, circondandosi di manoscritti preziosi e finanziando sfarzosi spettacoli teatrali.
Si sa che nel corso di una visita ad Orléans il suo seguito di 200 persone occupò tutte le locande della città, e in pochi mesi la spesa arrivò a 80 000 corone d'oro. Non mancò di interessarsi di religione, costruendo una sfarzosa cappella privata e finanziando opere caritatevoli.
Dissipò così in breve tempo il patrimonio di famiglia, fino ad essere costretto a ricorrere a prestiti e a svendere i propri possedimenti per somme irrisorie.
In seguito agli sperperi, fra il 1434 e il 1436 la moglie lo abbandonò, il fratello prese possesso dell'avito castello di Champtocé e Carlo VII giunse su richiesta dei familiari a emanare nei suoi confronti un atto di interdizione, dichiarando nulle ulteriori vendite. Giovanni V di Bretagna non rese nota tuttavia l'interdizione nei propri domini e con il vescovo di Nantes Jean de Malestroit, ansiosi entrambi di opporsi alla politica del sovrano e soprattutto interessati all'acquisto dei terreni, nominò de Rais luogotenente generale di Bretagna.
Fu probabilmente in quel periodo che, per cercare di ritrovare la perduta fortuna, Gilles de Rais cominciò a interessarsi alla creazione della pietra filosofale, motivo per cui affidò al suo cappellano Eustache Blanchet il compito di procacciargli alchimisti. Fu proprio Blanchet a recarsi a Firenze e a incontrare, nel 1439, Francesco Prelati, un giovane monaco spretato toscano dedito all'occultismo, che assoldò e portò con sé nel castello di Tiffauges.
Prelati, impegnato nel tentativo di ottenere la pietra filosofale, disse a de Rais di avere al proprio servizio un demone personale, di nome "Barron". Davanti all'inquisizione Prelati dichiarò che, non essendo in grado di soddisfare i desideri del suo mecenate, ogni giorno più bisognoso di denaro, richiese a nome del demone il sacrificio di un bambino.
Il 15 maggio 1440 de Rais riprese armi alla mano il castello di Saint-Étienne de Mermorte, che egli stesso aveva venduto al tesoriere di Bretagna Guillaume Le Ferron (prestanome del duca). Ciò facendo non solo violò un contratto, ma infranse anche le leggi della Chiesa entrando in armi in un luogo sacro e prendendo in ostaggio il canonico Jean Le Ferron (fratello del proprietario), che stava celebrando la messa. Il fatto indusse il vescovo di Nantes, competente sul territorio, ad aprire un'indagine.
Dopo la liberazione di Le Ferron, nel settembre dello stesso anno de Rais fu arrestato insieme a servitori e amici, e il 28 settembre cominciò il processo inquisitoriale di fronte al vescovo e al viceinquisitore di Nantes, Jean Blouyn. Quel giorno deposero otto testimoni a suo carico, seguiti poi da altri due, tutti lamentando la scomparsa di bambini e attribuendone il rapimento a una serva di Gilles de Rais, Perrine Martin soprannominata "la Meffraye", all'epoca in prigione a Nantes.
Il 13 ottobre il processo riprese; nel frattempo furono stilati 49 capi d'imputazione: de Rais fu accusato di avere, con l'aiuto di complici, rapito numerosi bambini, averli uccisi nei modi più perversi, smembrati, bruciati, averli offerti in sacrificio ai demoni, di aver condotto con Prelati pratiche stregonesche, ecc.
Il vescovo e l'inquisitore lo minacciarono di scomunica, e gli diedero 48 ore di tempo per preparare una difesa.
Il 15 ottobre Gilles de Rais ricomparve davanti al tribunale, mentre il 16 e il 17 furono raccolte le deposizioni dei presunti complici.
Gilles de Rais inizialmente si scagliò con violenza contro i giudici, accusandoli apertamente di volerlo processare per sottrargli le sue ricchezze (de Rais si era già distinto in precedenza per l'atteggiamento polemico o apertamente violento nei confronti del clero); quindi, sotto tortura, confessò nei giorni successivi una quantità enorme di crimini di incredibile efferatezza.
Il 25 ottobre fu emessa la sentenza: in nome del vescovo e dell'inquisitore, Gilles de Rais fu dichiarato colpevole di apostasia e invocazione demoniaca; a nome del solo vescovo fu dichiarato colpevole di sodomia, sacrilegio e violazione dell'immunità della Chiesa e quindi condannato a morte per impiccagione e al rogo post mortem.
Il 26 ottobre de Rais, insieme ai due servitori e complici, Henriet Griart e "Poitou", fu quindi impiccato, ma poiché restava il membro di una famiglia potente, aveva chiesto e ottenuto che il suo corpo, dopo la morte per impiccagione, non venisse arso, bensì tumulato nella cappella dei Carmelitani di Nantes, luogo di sepoltura dei duchi di Bretagna.
La vicenda giudiziaria non si estinse con l'esecuzione: in due lettere scritte da Carlo VII nel 1442 è riportato che Gilles de Rais aveva inoltrato appello al re e al Parlamento di Parigi, senza che ciò fosse stato considerato dai giudici, ragion per cui, su istanza dei familiari, Pierre de l'Hôpital, presidente del tribunale di Bretagna, e gli altri giudici, erano chiamati a comparire davanti al Parlamento, e il sovrano chiamava il Parlamento e i balivi di Maine, Angiò e Turenna all'apertura di un'inchiesta sulle circostanze della condanna. Le due lettere, tuttavia, non furono mai spedite per motivi ignoti, anche se è significativo il solo fatto - per quel che concerne le accuse a Gilles de Rais - che Carlo VII le abbia scritte.
Dal matrimonio con Catherine de Thouars nacque una figlia, Marie (1433 o 1434-1457) sposata con l'ammiraglio Prigent de Coëtivy, e in seconde nozze con il cugino maresciallo André de Lohéac.
La sua vedova, un anno dopo la morte di Gilles, contrasse nuovo matrimonio con Jean de Vendôme. La famiglia si estinse nel 1502.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Gilles_de_Rais
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jacopocioni · 2 years
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L'epoca dei banchieri Bardi a Firenze
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Il grande crac finanziario che mise in ginocchio Firenze. L’origine del cognome Bardi, potrebbe derivare dai nomi “Bardus” o “Pardus”, molto diffusi nell’Alto Medio Evo. Oppure il soprannome del capostipite (dal nome ignoto) di origine Longobarda. I Bardi sicuramente furono una antica famiglia magnatizia, proveniente da Ruballa, paese del territorio dell’Antella, si inurbarono in Firenze nel XII secolo. Le case della famiglia si trovavano in Oltrarno nella via che porta oggi il loro nome via dei Bardi. Parteciparono alla politica cittadina dall’istituzione del priorato nel 1282. Bartolo di Messer Iacopo fu uno dei primi Priori, seguito da Ridolfo di Bartolo di Messer Iacopo fece parte dei Sei preposti all’alleanza con Venezia del 1336 per fermare l’espansionismo di Mastino della Scala signore di Verona. Ancora Ridolfo fu nei quattordici fiorentini che presero le redini del governo cittadino dopo la cacciata del tiranno Gualtieri di Brienne. Piero di Messer Gualterotto nel 1340 tentò di volgere Firenze contro gli Angiò e contro il papa Benedetto XII, ma non ebbe il successo sperato. Avendo i Bardi in odio gli Ordinamenti di Giustizia emanati da Giano della Bella nel 1293, sempre Piero ordì una rivolta magnatizia nel 1343, per tornare a governare la città, ma dovette difendersi dal popolo che attaccò i loro palazzi.
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Gualterotto  di Messer Iacopo acquistò per sé il paese di Dicomano e per i figli Piero e Andrea, dagli Alberti, i castelli di Mangona e Vernio. Ma la Signoria obbligò Andrea a vendere al Comune Mangona e Piero a rinunciare a Vernio. Il castello di Vernio venne restituito ai Bardi dal duca Gualtieri di Brienne, durante il suo governo. La politica della famiglia fu suggerita dagli interessi della grande Compagnia bancaria chiamata con il loro nome. Era la più forte economicamente di tutte le altre Compagnie mercantili fiorentine fra la seconda metà del duecento e la prima metà del trecento. Ebbero filiali in Italia, oltralpe, e oltre mare, centri di scambi. Dalla chiesa l’incarico di raccogliere le decime pontificie in tutto il mondo.
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La banca Bardi fu al servizio dei principi di Francia e Inghilterra, ricevendo in pegno per le forti somme elargite le corone reali e i dazi dei regni. I Bardi, con i Peruzzi, si unirono agli Acciajoli e agli Scali, per finanziale Carlo d’Angiò per combattere i Ghibellini, con la somma di 18.500 fiorini. Tutto andava per il meglio a queste Compagnie di banchieri, finché non accadde l’impensabile. Edoardo III re d’Inghilterra, chiese e ottenne dalla Compagnia Bardi Peruzzi, per combattere la Francia e assumerne la corona, per quella che sarebbe conosciuta in seguito per la lunga durata “La guerra dei Cent’Anni”, l’enorme somma di 125.00 sterline solo con la garanzia del suo nome. Tutto sembrava andare per il meglio, Edoardo stava vincendo, ma fece l’errore di proclamarsi re di Francia, credendo vicina la vittoria. Come stabilito alle scadenze pagava la somma stabilita con interessi altissimi, fin quando si rese conto di non poter restituire il prestito avuto, perché le sorti della guerra stavano volgendo al peggio e le spese aumentavano sempre più.
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E venendo meno all’impegno preso con la Compagnia, smise di restituire quanto pattuito. E il debito non venne mai saldato. I denari prestati e non restituiti, erano i risparmi di molti fiorentini, versati alla grande Compagnia. Ora i prestatori volevano riavere le somme versate con gli interessi pattuiti. Non potendo restituire quanto richiesto i Peruzzi, dichiararono banca rotta e patteggiarono con i creditori. I Bardi anche loro come i soci finirono in rovina, tentarono con un colpo di mano di assumere il comando del governo città, ma furono scoperti e costretti ad andare in esilio.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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Un #paesaggio 🏔 è uno stato #d'animo Il #Vesuvio visto da #Castellamare di #Stabia ( Na) 📸 Carmine Angiò 📸 Rete #Meteo Amatori - la meteo per #passione #weather #landascape #landscapelovers #picoftheday #photography #nature #naturephotography #fotografia #followme #beautiful #retemeteoamatori (presso Napoli, Italy) https://www.instagram.com/p/CdY6CiTrull/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Angiò
Angiò is a work that breathes life into the spirit of Lorenzo Viani, the artist. It is a film by director Leonardo Palmerini, who hails from Viareggio. It is an experimental film that uses live shots processed through digital technology to echo the graphic work of Viani, painter, sculptor printmaker whose etchings exhibit a rare expressive power; it tells the story of Angelo Bertuccelli, who was born in Via Pinciana in Viareggio in 1850. Small of stature with a strong and proud character trapped in a deformed body. Sailor, like the majority of the inhabitants of the Viareggio of those days, who escaped the gail-winds aboard the “Dedalo” and swore never to return to the sea. The “sailor of the Ocean” spends his days in increasing isolation far from the pettiness of people who laugh at his grotesque appearance. In a whirlwind of desperation and rebellion the dwarf with the heart of a giant will end his days overcome by the tides of madness, a man drowned in a deep sea “a man of water” as prescribed by a hostile destiny. Based on the novel “Angiò uomo d’acqua” by Lorenzo Viani.
Directors Leonardo Palmerini
Writers Lorenzo Viani
Producers Carlo Alberto Carrai, Felix Arneodo
Key Cast Iacopo Gori, Luca Checchi
Duration 01:15:09
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INNUENDO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
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neapolis-neapolis · 5 years
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Andrea Guardi da Firenze e aiuti, Sepolcro di Ladislao di Durazzo (1414-28), Chiesa di San Giovanni a Carbonara, Napoli.
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nubobot · 3 years
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#nubodisco Pino D'Angiò - Fammi un panino
#nubodisco Pino D'Angiò - Fammi un panino Ti Regalo Della Musica (1982)
Pino D’Angiò – Fammi un paninoTi Regalo Della Musica (1982) heartshaped♥♥♥ star ♥♥♥
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adrianomaini · 6 years
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Airole (IM), Val Roia: cenni di storia
Airole (IM), Val Roia: cenni di storia
Airole, provincia di Imperia, val Roia
Nel XIII sec. Ventimiglia era stata assoggettata dalla potente ed espansionistica Repubblica marinara di Genova.
La media valle del Roia con Breglio e Saorgio (oltre a Pigna in Val Nervia), Sospello capoluogo sulla Val Bevera, assieme a tutta la valle del Varo, erano giunti in possesso di Carlo I d’Angiò che aveva occupato il Nizzardo…
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agathaandrea · 3 years
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Una tisana con ... Francesco D'Angiò
Una tisana con … Francesco D’Angiò
Ciao, oggi ci mettiamo comodi  e conosciamo meglio un autore che per amore ha lasciato la sua Napoli per Matera…. Due città che non hanno bisogno di presentazioni, ma che ci faranno conoscere ….. Buona lettura 🙂 DOMANDE  1 – Per iniziare dimmi dove preferisci che ci sediamo per chiacchierare con la nostra tazza di tisana e perché hai scelto questo luogo. fonte autore Ciao, va bene qui in…
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annalisalanci · 4 years
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Castel Nuovo. Maschio Angioino. Napoli.
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sciatu · 3 years
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MONREALE - Quartiere Ciambra
È il quartiere che trovi dietro la cattedrale di Monreale, Si chiama la Ciambra, un nome francese (Le Chambre, le camere) detto in siciliano perché una volta nel quartiere abitavano i parenti dei re di Angiò. Strade strette per fermare il vento freddo, proteggersi dalle piogge e nascondersi al calore del sole. Case antiche coperte di verde perché le piante donano bellezza e vita anche a luoghi prima abbandonati e poi riscoperti per essere valorizzati e recuperare la dignità persa. Dai vicoli vedi le mura decorate dell’antica chiesa, mura normanne con decorazione arabe preludio del tesoro che la chiesa contiene. E’ un piccolo quartiere che forma la memoria storica della città, con le sue stradine e vicoletti, dove il tempo si è fermato e le case immutate sono il piccolo gregge che circonda la grande chiesa.
It is the neighborhood that you find behind the cathedral of Monreale, It is called the Ciambra, a French name (Le Chambre, the rooms) said in Sicilian because once the relatives of the kings of Anjou lived in the neighborhood. Narrow streets to stop the cold wind, protect yourself from the rains and hide from the heat of the sun. Ancient houses covered in greenery because the plants give beauty and life even to places that were first abandoned and then rediscovered to be valued and recover the lost dignity. From the alleys you can see the decorated walls of the ancient church, Norman walls with Arab decorations, a prelude to the treasure that the church contains. It is a small neighborhood that forms the historical memory of the city, with its narrow streets and alleys, where time has stopped and the unchanged houses are the small flock that surrounds the large church.
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queerbaitesque · 4 years
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in this house we disrespect and have no tolerance for casa angiò and casa savoia
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fichera · 6 years
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∞ 0179 Basilica di S.Chiara, terme romane, Napoli giugno 2018 La basilica (1310 circa) fu molto danneggiata durante i bombardamenti della 2a guerra mondiale(1943).
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dicci dicci la tua timeline 👀
Calabria e Sicilia si incontrano per la prima volta quando ancora nessuno dei due porta il nome odierno: i loro padri, Italos e Sikelos, sono fratelli, e nonostante Sicania disprezzi entrambi gli uomini i due bambini interagiscono e formano una sottospecie di diffidente amicizia.
Amicizia che verrà poi cementata dall'avvento dei Greci: tutto il Sud inizia a prendere forma con la Magna Grecia, ma se spesso i rapporti tra le poleis sono tanto travagliati da non permettere a Lucia di legare molto con gli altri magnogreci, quelli fra le poleis calabre e sicule sono spesso di mutuo beneficio, al punto che più di una volta Reggio e Zancle furono unite in una sola entità amministrativa (basti pensare al tiranno di Reggio Anassila, che portò la/le città allo splendore). In questo periodo i due fanciulli sono in rapporti più o meno amichevoli, si fanno i dispetti e le linguacce e fanno a gara a chi ha più poleis, ma sono bambini, è normale.
Roma sta sul cazzo a Lucia e a tutto il Sud da quando questo li conquista, e lei per un bel po' evita tutto ciò che ha a che fare col continente da quando perde padre e madre davanti ai suoi occhi; con l'avvento del Cristianesimo, tuttavia, inizia a proiettarsi un po' più versi l'Italia, se non Roma, e in particolare recupera i rapporti con Calabria, ora che i primi focolari della Chiesa in Occidente nascono nelle loro città e i due si convertono -- e proprio il Cristianesimo sarà uno degli elementi che più li terrà legati, ho scoperto l'altro giorno che entrambe le regioni hanno il santo patrono in comune e che la patrona di Messina viene venerata anche a Palmi e sono sconvolta.
I due restano "legati" anche con la conquista bizantina, ma decisamente la vicinanza facilita i litigi e accende la rivalità fra i due che si era un po' stemperata sotto Roma. Complice anche il fatto che Rosa si faccia perlopiù i cazzi suoi, i due litigano su tutto e in particolare su Bisanzio e la sua autorità, finché Lucia non passa nelle mani degli Arabi e la situazione non cambia drasticamente.
Gli Arabi segnano un punto di svolta nella loro relazione: è la prima volta da circa l'età del bronzo che i due vengono separati, con la Calabria bizantina e la Sicilia araba, ed è in questo periodo che ha luogo la formazione dell'uno e dell'altra, in particolare per Lucia: cresce e impara a gestire i suoi sentimenti oltre che a regnare in pace, e ha una riluttante presa di coscienza nei confronti di quello che possibilmente prova per Calabria, mentre questo prova a reprimerli comunque, perlopiù fallendo. L'Impero Islamico muove guerre di conquista pi tutti i banni, ma lei combatte solo più vicino a casa, dove già ha degli avamposti ben piazzati e degli interessi, e non esita a chiedere aiuto militare ai fratelli bizantini contro i Sassoni quando arriva il tempo di scassare di botte i tedeschi.
Nel 1061 arrivano i Normanni, e Sicilia dal nulla si ritrova Contea e poi Regno, a cui è sottoposto quasi tutto il Sud. Lucia, nonostante mai avesse voluto governare su tutte quelle terre, prende il trono, e rende suoi consiglieri ufficiali tutti i rappresentanti dei territori che comanda (in particolare Puglia e Calabria), ritenendo che l'unico modo di conoscere i desideri del popolo sia circondandosi di validi consiglieri che siano al corrente dei bisogni delle genti. Una brava regina, ovviamente, non può mancare di amanti, e così Lucia ama Rosa, in seguito anche Antonio, ma soprattutto Salvatore, ora che lo può avere; non so bene che relazione avessero, ma immagino non avesse chissà quale natura romantica, considerato anche l'amore di litigare che hanno i soggetti in questione. Sicuramente lei ha scritto qualche sonetto su di lui, per quanto lo negherà fino alla morte.
Fast-forward alla morte di Manfredi, Lucia dice ciaone agli Angioini e va sotto la protezione di Aragona, mentre Salvatore resta controvoglia sotto gli Angiò ma molte sue città giurano fedeltà ad Aragona. Gli Aragonesi prenderanno poi tutto il Sud, regno di Sicilia e di Napoli, e la situazione rimane stabile per molto tempo, così come il loro rapporto di odi et amo tarocco. Nel frattempo Lucia fa altre conoscenze, inizia il Rinascimento, Messina diventa uno dei più grandi porti e città d'arte d'Italia e Salvatore rosica come non mai.
Salto a piè pari la storia napoleonica, ché non ci ho mai capito un fico secco e non mi ci voglio complicare la vita. Quella dei Borboni è una stagione di rivolte e di forte cameratismo l'uno verso l'altro, soprattutto a partire dal Regno delle Due Sicilie: quasi tutte le più grandi rivolte contro i Borboni sono opera loro, fino al 1848 che è il periodo in cui collaborano più strettamente, inviandosi aiuti e soccorsi a vicenda (e qua assistiamo a un ritorno di fiamma, vuoi per ripicca, vuoi per disperazione finiscono di nuovo insieme).
Risorgimento, Unità, eccetera: Lucia, delusa dalle promesse che i garibaldini hanno infranto, si ritira nell'entroterra e sulle coste tirreniche, occidentali e meridionali per allontanarsi il più possibile dall'Italia, contro cui si ribella più e più volte ma senza successo, e perde i contatti con tutto il continente, almeno fino al 1908. Il terremoto, forza distruttrice com'è, riesce a rinsaldare il loro rapporto apparentemente logoro, ed entrambi provano a consolarsi e farsi forza a vicenda, tanto che passeranno più e più tempo insieme, e ancora oggi quando succede qualcosa di grave sono i primi e fra i pochi a controllare come stia l'altro.
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somepoorsod · 6 years
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The Epigram That Doesn't Want You To Read It
(I love this satire of the usual, chatty, pseudo-epigrams of the Alexandrian poets).
Why are you standing next to me? Why don't you let me sleep? Asking who I was, and from where, and what country I was born in? Get going, march on past my marker! I'm Menoitios, Philarkhos' son, Kretan. We don't waste words where I'm from.
(Poseidippos in the Milan Papyrus (fr. 102 Angiò/Cuypers/Acosta-Hughes/Kosmetatou); my translation)
τί πρὸϲ ἔμ’ ὧδ’ ἔϲτητε; τί μ’ οὐκ ἠάϲατ’ ἰαύειν, εἰρόμενοι τίϲ ἐγὼ καὶ πόθεν ἢ ποδαπόϲ; ϲτείχε‹τέ› μου παρὰ ϲῆμα· Μενοίτιόϲ εἰμι Φιλάρχω __ Κρήϲ, ὀλιγορρήμων ὡϲ ἂν ἐπὶ ξενίηϲ.
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freedomtripitaly · 4 years
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Civitella del Tronto è una delle perle d’Abruzzo. Sito nella Val Vibrata, è iscritto al prestigioso club dei borghi più belli d’Italia. Un mix esaltante di storia e arte, posto su di una rupe rocciosa, al di sotto dell’imponente fortezza borbone che dall’alto tutto domina. Il nome del borgo è composto da due elementi di origine differente. Civitella deriva dal latino civitas, al quale va ad aggiungersi Tronto, che riferimento al fiume delle Marche, che ha però origine proprio in Abruzzo. La storia di Civitella del Tronto Le origini del borgo risalgono al IX-X secolo, periodo nel quale l’attuale nucleo urbano iniziò a prendere forma. È il periodo dell’incastellamento, nel quale sorse la Tibidella, che già nel Mille vantava una struttura fortificata. Divenne una vera e propria fortezza nel tempo, resistendo all’assedio di Francesco di Lorena nel 1557. Tutto cambia nel 1734, quando i Borbone hanno la meglio sugli Asburgo, scalzati nel territorio. Una nuova bandiera, che continuò a sventolare fino al 1861, eccezion fatta per il periodo napoleonico. Una lunga storia caratterizza Civitella del Tronto, costretta a ospitare tre campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi il borgo abruzzese conserva un animo antico nella propria struttura, con il centro storico organizzato in fitte trame, tra incroci, scale, rampe e vicoli. Tra questi non si può non citare la via più stretta d’Italia, ovvero la “Ruetta”. Stradine che racchiudono storia al loro interno, quasi incastrando i visitatori tra gli edifici, per poi aprirsi magicamente in affascinanti piazze, con stili caratterizzati soprattutto da angioini e aragonesi. Civitella del Tronto, cosa vedere L’architettura del borgo vanta alcuni elementi ricorrenti, dallo stile d’erezione alle vesti decorative. Caratteristiche comuni facilmente rilevabili soprattutto nelle strutture ecclesiali. Tra queste si distingue la Collegiata di San Lorenzo, di chiaro stampo rinascimentale. La facciata presenta una doppia coppia di lesene trabeate, il tutto su di un’impronta a croce latina. Al suo interno è custodito un organo risalente al Settecento. Tra gli ornamenti è possibile ammirare invece altari e stucchi di pregio, come ad esempio una Madonna del Rosario, una Visitazione, un’Annunciazione e una Deposizione. Tutt’intorno vi sono invece arredi lignei dal grande valore. Restando in ambito ecclesiastico, non può mancare nell’elenco di luoghi da visitare la Chiesa di San Francesco, affiancata dall’antica torre campanaria. La struttura vanta un’estetica tipicamente gotico-romanica, con uno splendido rosone in pietra. Chiunque decida di recarsi a Civitella del Tronto avrà fatto delle ricerche sui beni custoditi nel borgo. Saprà bene dunque dell’esistenza del Cristo morto. Questo è custodito con cura nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Si tratta di una scultura in legno ammaliante. Un’opera grandiosa, capace di suscitare forti emozioni. Il centro storico vanta inoltre il Palazzo del Capitano, caratterizzato dallo stemma degli Angiò in facciata. Recandosi presso il Largo Rosati è invece possibile ammirare la figura monumentale in marmo di Carrara di Matteo Wade. A eseguirla furono Bernardo Tacca e Tito Angelici, su commissione di Francesco I di Borbone. Per comprendere il valore dell’opera è necessario fare un passo indietro, fino al periodo napoleonico. Al tempo il borgo venne posso sotto assedio da una grande armata. A guidare le difese fu il maggiore irlandese Matteo Wade, in grado di resistere per oltre quattro mesi, nonostante fosse alla guida di un esiguo contingente. Risale invece al 1863 la Fontana degli Amanti, celebre per la sua aura romantica. La Fortezza Borbone Impossibile pensare di recarsi presso Civitella del Tronto e non abbandonare l’ammaliante sperone roccioso per recarsi presso la Fortezza Borbone. Questa venne eretta nel Cinquecento. Un’opera d’ingegneria militare che si estende per un totale di 25.000 mq di superficie e una lunghezza di 500 metri. Dati che ne fanno una delle roccaforti più grandi di tutta Europa. Al suo interno trova spazio il Museo Storico delle Armi e delle Mappe Antiche. La struttura vanta inoltre un massiccio ponte levatoio e i caratteristici bastioni e camminamenti. Addentrandosi è inoltre possibile scoprire gli alloggiamenti militari, così come le polveriere, le piazzette, i forni, le stalle e le carceri. Migliaia di turisti si recano presso la Fortezza ogni anno, scoprendo inoltre lo splendido Palazzo del Governatore. All’esterno delle mura fortificate del borgo vi sono anche altri elementi da scoprire, come il Convento di Santa Maria dei Lumi. Struttura francescana risalente al Trecento, al cui interno è custodita una Madonna in legno policromo e dorato. A questa struttura storica si aggiunge l’Abbazia di Montesanto, ben più isolata. Per raggiungerla occorre avventurarsi su di un colle, dove si potrà scoprire uno dei complessi benedettini più antichi d’Abruzzo. Tutt’intorno si potrà godere inoltre di un vero e proprio paradiso degli escursionisti, il Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Lega. https://ift.tt/2UPWoDh Cosa vedere nel borgo di Civitella del Tronto Civitella del Tronto è una delle perle d’Abruzzo. Sito nella Val Vibrata, è iscritto al prestigioso club dei borghi più belli d’Italia. Un mix esaltante di storia e arte, posto su di una rupe rocciosa, al di sotto dell’imponente fortezza borbone che dall’alto tutto domina. Il nome del borgo è composto da due elementi di origine differente. Civitella deriva dal latino civitas, al quale va ad aggiungersi Tronto, che riferimento al fiume delle Marche, che ha però origine proprio in Abruzzo. La storia di Civitella del Tronto Le origini del borgo risalgono al IX-X secolo, periodo nel quale l’attuale nucleo urbano iniziò a prendere forma. È il periodo dell’incastellamento, nel quale sorse la Tibidella, che già nel Mille vantava una struttura fortificata. Divenne una vera e propria fortezza nel tempo, resistendo all’assedio di Francesco di Lorena nel 1557. Tutto cambia nel 1734, quando i Borbone hanno la meglio sugli Asburgo, scalzati nel territorio. Una nuova bandiera, che continuò a sventolare fino al 1861, eccezion fatta per il periodo napoleonico. Una lunga storia caratterizza Civitella del Tronto, costretta a ospitare tre campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi il borgo abruzzese conserva un animo antico nella propria struttura, con il centro storico organizzato in fitte trame, tra incroci, scale, rampe e vicoli. Tra questi non si può non citare la via più stretta d’Italia, ovvero la “Ruetta”. Stradine che racchiudono storia al loro interno, quasi incastrando i visitatori tra gli edifici, per poi aprirsi magicamente in affascinanti piazze, con stili caratterizzati soprattutto da angioini e aragonesi. Civitella del Tronto, cosa vedere L’architettura del borgo vanta alcuni elementi ricorrenti, dallo stile d’erezione alle vesti decorative. Caratteristiche comuni facilmente rilevabili soprattutto nelle strutture ecclesiali. Tra queste si distingue la Collegiata di San Lorenzo, di chiaro stampo rinascimentale. La facciata presenta una doppia coppia di lesene trabeate, il tutto su di un’impronta a croce latina. Al suo interno è custodito un organo risalente al Settecento. Tra gli ornamenti è possibile ammirare invece altari e stucchi di pregio, come ad esempio una Madonna del Rosario, una Visitazione, un’Annunciazione e una Deposizione. Tutt’intorno vi sono invece arredi lignei dal grande valore. Restando in ambito ecclesiastico, non può mancare nell’elenco di luoghi da visitare la Chiesa di San Francesco, affiancata dall’antica torre campanaria. La struttura vanta un’estetica tipicamente gotico-romanica, con uno splendido rosone in pietra. Chiunque decida di recarsi a Civitella del Tronto avrà fatto delle ricerche sui beni custoditi nel borgo. Saprà bene dunque dell’esistenza del Cristo morto. Questo è custodito con cura nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli. Si tratta di una scultura in legno ammaliante. Un’opera grandiosa, capace di suscitare forti emozioni. Il centro storico vanta inoltre il Palazzo del Capitano, caratterizzato dallo stemma degli Angiò in facciata. Recandosi presso il Largo Rosati è invece possibile ammirare la figura monumentale in marmo di Carrara di Matteo Wade. A eseguirla furono Bernardo Tacca e Tito Angelici, su commissione di Francesco I di Borbone. Per comprendere il valore dell’opera è necessario fare un passo indietro, fino al periodo napoleonico. Al tempo il borgo venne posso sotto assedio da una grande armata. A guidare le difese fu il maggiore irlandese Matteo Wade, in grado di resistere per oltre quattro mesi, nonostante fosse alla guida di un esiguo contingente. Risale invece al 1863 la Fontana degli Amanti, celebre per la sua aura romantica. La Fortezza Borbone Impossibile pensare di recarsi presso Civitella del Tronto e non abbandonare l’ammaliante sperone roccioso per recarsi presso la Fortezza Borbone. Questa venne eretta nel Cinquecento. Un’opera d’ingegneria militare che si estende per un totale di 25.000 mq di superficie e una lunghezza di 500 metri. Dati che ne fanno una delle roccaforti più grandi di tutta Europa. Al suo interno trova spazio il Museo Storico delle Armi e delle Mappe Antiche. La struttura vanta inoltre un massiccio ponte levatoio e i caratteristici bastioni e camminamenti. Addentrandosi è inoltre possibile scoprire gli alloggiamenti militari, così come le polveriere, le piazzette, i forni, le stalle e le carceri. Migliaia di turisti si recano presso la Fortezza ogni anno, scoprendo inoltre lo splendido Palazzo del Governatore. All’esterno delle mura fortificate del borgo vi sono anche altri elementi da scoprire, come il Convento di Santa Maria dei Lumi. Struttura francescana risalente al Trecento, al cui interno è custodita una Madonna in legno policromo e dorato. A questa struttura storica si aggiunge l’Abbazia di Montesanto, ben più isolata. Per raggiungerla occorre avventurarsi su di un colle, dove si potrà scoprire uno dei complessi benedettini più antichi d’Abruzzo. Tutt’intorno si potrà godere inoltre di un vero e proprio paradiso degli escursionisti, il Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Lega. Civitella del Tronto è un borgo abruzzese ricco di fascino e tutto da scoprire, dalle strette viuzze del centro storico ai monumenti ecclesiastici.
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