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#Fabrizio Scrivano
marcogiovenale · 9 months
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audio completo dell'incontro "umorismo e arte", allo studio campo boario, 7 ott. 2023
https://slowforward.files.wordpress.com/2023/12/umorismo-e-arte_-studio-campo-boario-7-ott-2023.mp3 notizia dell’incontro: https://slowforward.net/2023/10/02/talk-umorismo-e-arte-allo-studio-campo-boario-sabato-7-ottobre/
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pangeanews · 5 years
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“L’italiano prosciugaticcio di certi romanzi contemporanei mi lascia perplesso, noi siamo gente folle, è con il Barocco che abbiamo fatto il cu*o al mondo”: dialogo eccentrico con Fabrizio Patriarca
Fabrizio Patriarca, solida formazione letteraria e filosofica, è quanto di più lontano dalla schiera di ominicchi, delusi dal burosauro accademico, che accusano il sistema e i prosivendoli insensibili al talento per giustificare la propria frustrazione. Eppure era sulla buona strada, dopo laurea, specializzazione e dottorato, due opere di critica letteraria, Leopardi e l’invenzione della moda, del 2008 e Seminario Montale, del 2011, usciti entrambi per Gaffi. Classe ’72, non fa parte della generazione degli apocalittici, marginali che amano definirsi emarginati e che odiano Lagioia e Cognetti solo perché loro hanno raggiunto fama e ricchezza.  Fabrizio percorre orgoglioso la propria strada. Si sbatte, apre partita iva, approfitta del regime forfettario e sfodera nel 2016 un romanzo che fa discutere, Tokio Transit, per 66thand2nd. Chi lo legge non rimane indifferente: o lo odia, o lo saluta per la libertà e il caustico realismo che nulla concede all’aurea mediocritas. Tutto è eccessivo, enfatico, spericolato. Poi, il 7 febbraio 2019, quando Annamaria Franzoni, contemporanea Medea, ritrova la libertà, Minimum Fax pubblica L’amore per nessuno, che sulla figura della Medea Pop Annamaria Franzoni costruisce l’ossessione del protagonista e la chiave d’innesco della trama. Non avevo alternative: l’ho incontrato.
Mi sono divertito: il tuo è un libro spassoso, scorre via senza momenti di stanca, ottimo per l’autobus o la metro. Personalmente mi è bastato un volo d’aereo e l’attesa al gate. Eppure. Mi chiedo, e ti chiedo: ma com’è possibile? Il fatto è che L’Amore per nessuno non fa nulla per rispettare le regole del romanzo, seppure esplicitamente le citi continuamente, da Campbell-Vogler alle regole della buona sceneggiatura. Il plot scimmiotta eventi scatenanti e viaggi dell’eroe, ma depotenzia ogni possibile escamotage narrativo, lo svuota. Si tratta in realtà di un gigantesco collage di elzeviri, erudito, pieno di citazioni pop: digressioni, pezzi di costume, gossip. Come sei riuscito a farmi sorbire d’un fiato dodici capitoli (più l’epilogo) di un blob che tu stesso riconosci essere costituito da genuine seghe mentali? Parlaci dei tuoi segreti.
Sono cresciuto all’università in mezzo a falangi di fanatici heideggeriani, leggevo Walter Benjamin di nascosto, come un ladro, nel discreto cono d’ombra di un paio di cattedre compiacenti (Estetica, Mario Perniola; Letterature Comparate, Rosalma Salina Borello) – trattenevo frammenti di pensiero: l’arte può supporre la natura degli esseri umani ma non la loro attenzione. Rovesciando fruttuosamente il concetto per i miei lerci scopi: il romanzo suppone tutta una serie di regole – alcune codificate, altre ancora da codificare – ma non necessariamente la loro osservanza, e siamo al punto. Frequento il romanzo perché mi sembra resistere come forma libera, nonostante sia stretto d’assedio dai militanti dello schema, i maledetti “plottisti”. La buona architettura, in narrativa, non è una faccenda che puoi delegare solo agli intrecci, o alla funzionalità della singola pagina, altrimenti il barbuto George R. R. Martin l’avrebbe sempre vinta sul baffuto V. L. G. E. Marcel Proust. Credo insomma che la forma romanzo sia ancora abbastanza accogliente da permettere una sana biodiversità degli scrittori. Le analisi alla Campbell-Vogler sono entusiasmanti, perché ti svelano un arco, e sono senz’altro efficaci, finché non diventano manualistica. La manualistica al massimo produce replicazione dello schema, variazioni sullo schema, qualche saltuaria e apertamente intenzionale rottura dello schema. Agli estremi delle concezioni-circa-la-letteratura hai il mistico, che proclama il suo fervore per il Sacro-Fuoco-Dell’Arte, e il sacerdote, che celebra le Lettere da un’altana storico-critica, quando non da un pulpito. Preferisco il mistico, che tutto sommato è innocuo, perché mosso da una Fede. Il sacerdote tende a fare Chiesa. Dunque sarei tentato di suggellare il tutto con una massima da arti marziali: quando sei padrone della tecnica puoi dimenticartela o buttarla via. Non è così. Mi sembra che si scrivano romanzi “alla ricerca” della propria tecnica – così come si scrive inseguendo l’ispirazione, non in-seguito-a. Bruce Lee, Jeet Kune Do: nessuna via come via, nessuno stile come stile. Ora penso alle scuole di scrittura, ai loro saldi precetti, alla diffusione di forme narrative come il serial-tv (che non a caso è la chimera al centro della mia storia): il serial, in particolare, è visto da molti scrittori come punto di riferimento contemporaneo, il competitor. Mi domando perché non i videogame. Se guardi bene la narrativa si è sempre messa in competizione. Col cinema, prima, con la televisione, più tardi. Ogni volta ha finito per riscoprire sé stessa – in una dimensione che riusciva a includere alcuni meccanismi mutuati dai linguaggi dei competitor, ma prendendo in definitiva strade autonome. Se insomma vuoi leggere il mio romanzo come un inno all’autonomia della narrativa rispetto al mondo dei media non mi offendo. L’aspetto blob potremmo riferirlo agli albori del romanzo: la satira menippea, le “anatomie” da cui viene fuori un Don Chisciotte, il gusto di mescidare l’alto e il basso, prosa e versi (Satyricon), realismo e grottesco (ancora Cervantes: la grotta di Montesinos, che poi è il luogo dove veramente si libera lo spirito romanzesco moderno).
Il pezzo forte del tuo repertorio è il linguaggio. Non nego di aver consultato spesso i dizionari on line per la gretta curiosità di conoscere parole nuove. Ma non si tratta solo di esattezza: il tuo stile è acrobatico, densissimo di figure metriche e di suono, sintattiche e semantiche, salti mortali di metonimie e metafore. Anche qui, esattamente l’opposto di quanto suggerito dai manuali di buona scrittura, per lo più costruiti sul modello della letteratura americana. Ci sono modelli propriamente tuoi?
Esistono modelli straordinari, soprattutto nel romanzo americano, ma considerarli come l’esclusiva della letteratura mi sembra possa nuocere alla letteratura stessa, nel senso che non le rende un buon servizio, né riguardo alle possibilità (parolaccia) poietiche, né tantomeno dal punto di vista storico. Posso godermi entrambi, Hemingway e Nabokov, senza sentirmi condizionato da nessuno dei due (anche visti i mezzi che al confronto risulteranno sempre poverissimi). Forse conviene l’onestà di giocare il gioco che sappiamo giocare meglio, stare nella luce giusta. La domanda è se questa, che declina, sia luce di raccordo o di cesura. Visto? Ho fatto due endecasillabi. Il problema è che l’italiano non è una lingua nata per il romanzo: è fatta per la lirica, per i versi, per i poemi – la lingua dell’amore. Una lingua fantastica che dà il massimo quando deve gonfiare una misura stabilita – un’ottava, un paragrafo, un capitolo. A me l’italiano prosciugaticcio di certi romanzi contemporanei che viene osannato perché richiamerebbe il “nitore” di alcuni modelli americani – sempre gli stessi – lascia sempre un po’ perplesso: ci vedo un abbandono della “strada folle” di dantesca memoria. Noi italiani siamo gente dantescamente folle. Il Barocco, disciplina in cui rompiamo il culo al mondo, ci ha insegnato che non esiste solo il nitore di “sottrazione”, ma pure un nitore fatto di aggiunte e superfetazioni, di enfietà, flogosi, metastasi. Viva Stefano D’Arrigo e Gesualdo Bufalino! Ovviamente, oggi come oggi, non puoi seguire un’ideale espressionista da “nipotino di Gadda”, perché il mercato ti castiga. Per me ho risolto intellettualizzando variamente l’espressionismo, verso forme fredde – come già in Tokyo transit – che trovo particolarmente adatte a rappresentare il mondo dei miei personaggi dalle emozioni desertizzate. Nel realismo intellettualistico della mia prosa – così lo chiama il mio editor – c’è tutto il mio amore per gli anaffettivi – un amore evidentemente mal riposto.
Non è facile scrivere di sesso, soprattutto nell’era del porno universalmente accessibile. Eppure ti cimenti con disinvoltura. La tua prosa è satura di odori e liquidi corporei. Lo sfondo è maschilista e misogino. Direi: senza autocensure, libero. Non ti fermi di fronte agli stereotipi, al gratuitamente scurrile, neppure di fronte al compiacimento del dettaglio per scatenare lo scandalo (o i pruriti, che abbisognano di subitaneo sollievo). Usi senza parsimonia anche l’indicibile parola con la “n”.
Il sesso è sempre un banco di prova per lo scrittore, e non mi riferisco alla solita metaforizzazione su cui senti spendere tante parole in giro, quando appunto si parla di sesso e scrittura. Idiozie come «entrare nel profondo della carne» o ancora peggio «la scrittura che si fa corpo stesso». Il sesso è difficile perché ormai è organizzato e diviso in una serie di linguaggi autonomi che la gente conosce a puntino: codificati, stratificati, acquisiti al bagaglio dei singoli linguaggi. Quando senti “il capezzolo turgido” o “il membro muschiato” sai già di essere in una certa enciclopedia culturale – quella della rivista hard-core o del giornaletto da edicola: è un linguaggio definito, sai come funziona e puoi prevederlo, dietro alla “patta che sembra scoppiare” c’è sempre un “glande tumido” in agguato, che finirà per soffocare qualche sventurata. Poi esistono altre enciclopedie culturali, dove il sesso è ugualmente collocato a una precisa altezza di registro: il sesso televisivo, quello cinematografico, il porno-amateur online ecc. A me piace giocare con questi linguaggi ormai acquisiti, farli confliggere con le orbite mentali dei miei personaggi, evaderli, talvolta, irriderli, sempre.
Che posto ha nel tuo universo il politicamente corretto?
Il che?
L’amore per nessuno parla in modo dichiarato, fin dal titolo, di alessitimia. Il tuo protagonista Riccardo è un campione di analfabetismo emotivo, sembra concepito direttamente dalle pagine dell’ICD 10. Su questo piccolo insight si costruisce tutto il resto. Il cinismo, l’incapacità di relazioni empatiche, la superficialità consapevole, la falsità un po’ snob sono le matrici di un’intera generazione, cresciuta con la tata TV. Esiste dunque un profondo trattato di analisi psico socio cazzica sotto alle tue storielle di narcisi, maniaci, famiglie disfunzionali e relazioni evitanti? Un ritratto impietoso della bistrattata generazione X? Oppure ancora mi stai fregando, e non c’è alcun progetto simile?
Più che all’analisi psico socio cazzica inclino, in genere, al cazzeggio psico socio anal, ma è chiaro che parliamo di punti di vista. Nei romanzi è importante mettere i fatti, questo lo sai bene – le analisi stanno nel calderone delle idee ed è meglio che non agiscano direttamente sulla pagina. Ovvio però che dietro al racconto puoi sistemare a piacimento una sociologia sarcasmo-pamphlet, un j’accuse rivolto al cinismo del mondo televisivo, un pianto per mia madre ecc. Tutto lecito, per carità. La questione che mi preme è un’altra, e te la sottopongo rivoltando la domanda: può darsi un ritratto, un vero ritratto, che non sia impietoso?
Hai ragione, «ritratto impietoso» è fastidioso come «innumerevoli costellazioni». Meglio sarebbe trovare un contrario per «accondiscendente» o ancor meglio per «auto assolutorio». Tokyo Transit dopo poche pagine dichiarava esplicitamente la propria poetica: «Dalla solitudine ci aspettiamo tonnellate di enfasi, è giusto. Enfasi e la dovuta porzione di disincanto». Anche in L’amore per nessuno enfasi e disincanto ci sono, inoculate a dosi massicce. Allora è a solitudine la colpa che dobbiamo espiare, o da cui ci dobbiamo assolvere?
Sì, l’enfasi della solitudine, attesa nella solitudine è una convinzione che mi porto dietro dal romanzo precedente – anche come enfasi linguistica naturalmente. È bello che alcune condizioni particolari passino da un libro all’altro, un po’ come le coblas capfinidas delle canzoni medievali, che si richiamano di stanza in stanza attraverso termini chiave. La solitudine è stata, fino a questo libro, un orizzonte fondamentale, perché mi permetteva di far viaggiare in simultanea il panorama interno e il panorama esterno. Espiazione-assoluzione mi sembrano altresì una coppia notevole, almeno come funzioni propulsive in un romanzo, e sono contento che tu abbia voluto sottolinearle: entrambe richiedono un “percorso”, rispetto al quale i miei personaggi, che desiderano molto, sono sempre riottosi. Non è – credo – una banale meccanica del “tutto subito”, è proprio mancanza di strumenti, quelli “umani” diciamo così, quelli che Vittorio Sereni vedeva «avvinti alla catena / della necessità». Come vedi c’è un enjambement tra «catena» e «necessità»: dire le cose negandone il fondamento, affermare con la semantica mentre spezziamo con la metrica – che grande lezione!
Non sembra proprio che ti interessi l’immortalità. Il tuo romanzo è irrimediabilmente radicato nell’attualità, annacquata se vogliamo da ruffiani EasterEgg anni ottanta. Penso che possa risultate assolutamente incomprensibile da chi non frequenta la cultura pop italiana della contemporaneità. Ma chi è il lettore perfetto de L’amore per nessuno?
La prima volta che mi hanno messo in bocca un’ostrica non sapevo assolutamente cosa fosse, ero un bambino. Il sapore mi ha lasciato perplesso, però ne ho mangiate altre tre-quattro, senza troppe conseguenze, e anzi con una certa gioia dell’inatteso. Siamo sicuri che il punto sia la comprensibilità? Forse è la digeribilità, o l’apporto calorico. O, perché no, il semplice gusto. Martin Amis ha scritto che gli scrittori «competono per l’Universale», per questo sono destinati a odiarsi tra loro, a cercare la rissa. In questa allegra competizione fra tagliagole entrano a viva forza i lettori, che come diceva Debenedetti sono dei veri e propri strozzini: ti concedono il loro tempo, a patto di esigere un tasso di interesse altissimo. Il mio lettore ideale – quello che tu chiami perfetto per il mio libro – è uno abbastanza stanco di prestare il proprio tempo a un romanzo e ancora abbastanza in credito da permettersi di passare del tempo con un romanzo.
Scrivi in modo talmente intelligente e scopertamente arrogante da risultare antipatico. Ti chiedo tre ragioni, nonostante questo, per cui vale la pena leggere il tuo libro.
Con questa domanda mi hai messo in un cul-de-sac dialettico. Qualsiasi risposta mi sforzi di pensare verrà recepita non “nonostante”, ma in ordine ai tuoi argomenti. Colpa mia, ho peccato di leggerezza. Presentarmi con un coltello a uno scontro a fuoco. È comunque dimostrato che in generale i romanzi sopra le trecento pagine a) distruggono la massa grassa a beneficio del core addominale, b) potenziano la libido del soggetto leggente; c) sterminano le spore terrapiattiste e arredano vivacemente il paesaggio urbano quando deposti e disposti in simmetrie goffrate. Il mio in particolare impedisce l’uptake della dopamina nei neurotrasmettitori, prolungando la caratteristica sensazione di euforia, ed è un ottimo presidio contro il traduttese.
Non credo di aver capito proprio tutto, ma devo ammettere che sei convincente.
Simone Cerlini
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a---fire---inside · 6 years
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diresti che Ermal è un carattere all'apparenza forte ma in verità insicuro? Ho notato che quando è sul palco cerca sempre l'appoggio di qualcuno, che sia Fabrizio o un componente della sua band. Lo fa con qualunque persona sia sul palco con lui, come in cerca di supporto
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“Would you say that Ermal’s personality is apparently strong but in reality insecure? I noticed that when he’s onstage he always searches for someone’s support, be it Fabrizio or someone in the band. He does it with everyone on stage with him, as if looking for support”——–english translation below the cut
Quando Ermal lo fa con la sua band mi pare che sia un po’ diverso, in fondo è lui quello a cui la band gira intorno, il leader, nonostante cerchi il loro supporto. Secondo me è anche perchè lui non è una persona estroversa di natura, quindi un conto è esprimere sé stesso attraverso la sua musica, un altro è comunicare sul palco, ad un pubblico. Infatti lui è meraviglioso, ma mi sembra che in quei momenti in cui si avvicina alla gente (e magari lo toccano anche) si irrigidisca un po’. Inoltre, forse avendo fatto parte di una band a lungo, istintivamente gli viene da cercare una connessione con gli altri. 
(cmq anche Fabrizio è introverso, nonostante sia molto comunicativo sul palco e molto espansivo con la sua band)
Con Fabrizio mi sembra una ricerca di supporto/appoggio, e anche, e tanto, di connessione a livello profondo, e anche di conferma. Un po’ come quando parla, rispondendo a una domanda e non solo, e si gira verso di lui, specialmente in certi momenti o quando dice certe cose.
Direi che Ermal è forte, avendo subito quel che ha dovuto subire sicuramente ha sviluppato una forza d’animo superiore a tanti altri. Però quel passato, e anche il trasferirsi in un altro stato e ricominciare da zero con tutto quello che comporta, gli avrà anche lasciato un’insicurezza di fondo che a volte salta fuori. Secondo me lui l’ha compensata facendo tutto bene, scuola, università e non solo, perfezionandosi come musicista, compositore e cantante, cercando di costruirsi una carriera nella musica e insistendo nonostante altri meno talentuosi di lui gli passassero avanti. Direi che la sua insicurezza cerca di combatterla o nasconderla mostrandosi sempre forte, preparato, appropriato come comportamento ecc. (poi vabbè dimentica le parole ma vuol dire che è tranquillo xD e poi vabbè si impiccia con Le Luci di Roma e Ragazz* Paradiso ma è solo perchè immagina che i giornalisti gossippari scrivano cose xD)
(Invece Fabrizio la sua insicurezza l’ha espressa più apertamente nella sua musica, e cercando di comunicare il suo messaggio, e purtroppo, non essendo stato ascoltato a lungo è diventato più arrabbiato, con un atteggiamento alternativamente scoraggiato e di sfida)
Nonostante le canzoni di Ermal siano spesso astratte e facciano sognare, il suo atteggiamento è concreto, e specialmente con Fabrizio è molto più concentrato sulla musica e le abilità dell’altro, che ammira apertamente. Ecco, c’è anche questo, oltre al modo in cui cerca il supporto di Fabrizio sul palco e fuori.
When Ermal does it with his band I think it’s a little different, after all he’s the one the bands revolves around, the leader, even though he seeks their support. I think it’s also because he’s not a natural extravert, so expressing himself through his music is different from comunicating on stage, to a public. He’s wonderful live but it seems to me that while he’s a little stiff when he comes closer to ppl (especially when touched). Also, maybe having been in a band for long, instinctively he looks for a connection to the others.
(anyway Fabrizio too is an introvert, even though he’s very expressive onstage and with his band)
With Fabrizio he seems looking for support and also for a deep connection, and for confirmation. Like when he speaks, replying to questions and not just that, and he turns around to look at him, especially on certain moments or when he says certain things.
 I think Ermal is strong, having suffered what he went through he surely developed a great strength of character. Yet that past, along with moving to a different country and start from scratch there, with everything that comes with it, sure left an insecurity within him, and that insecurity sometimes comes out. I think he compensated it by doing everything good, school, university, music and everything else, trying to build a music career and insisting despite untalented others surpassed him. I’d say that he fights or tries to hide his insecurity by always acting strong, prepared, appropriate and so on. (well he does forget his own lyrics but that means he’s relaxed…also yeah he messes up with Le Luci di Roma and Ragazz* Paradiso but that’s just because he imagines gossip journalists writing things xD)
(On the contrary Fabrizio expressed his insecurity more openly in his music, also trying to communicate his message, and since he was ignored for long, he became angrier, alternating a disillusioned attitude with a defiant one)
Even though Ermal’s songs are often abstract and make people dream, his attitude is down to earth, ad especially with Fabrizio he’s more focused on his music and abilities, that he openly admires. So there’s also this, other than the way he seeks Fabrizio’s support on and offstage. 
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lamilanomagazine · 3 years
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Mura Festival 2021, domenica 17 ottobre grande festa finale
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Domenica 17 ottobre, al Bastione di San Bernardino, ultimo appuntamento per la 2ᵃ edizione del Mura Festival. Dopo quasi 700 appuntamenti - tra musica, cultura, teatro, sport, attività per i bambini e le famiglie - e 134 giorni di attività, il Mura Festival è divenuto ufficialmente quest’anno il Festival più lungo d’Italia. Una grande manifestazione, ideata e promossa dal Comune di Verona, estesa quest’anno nei quartieri di San Zeno, Veronetta, Borgo Trento e Torricelle.  Per il gran finale, a partire dalle ore 10 al Bastione san Bernardino, è in programma una grande giornata di festa aperta a tutta la cittadinanza e non solo.  Dalle ore 10 alle 13, si svolgerà l’evento speciale promosso dal Comune di Verona per dare il benvenuto ai nuovi nati. Una mattinata di iniziative dedicate ai protagonisti, ovvero ai circa 1800 bambini nati a Verona nel 2020. Un evento di condivisione, gratuito ed aperto a tutte le famiglie, appositamente pensato per i neo genitori e i loro piccoli, in cui si terranno incontri interessanti, sui temi della crescita e dell'educazione dei figli.  Con l’iniziativa ‘Una nuova vita insieme’, infatti, sono previsti incontri interdisciplinari su temi medico-scientifici, pedagogici e psicologici. Interverranno il prof. Attilio Boner – già Direttore U.O di Pediatria dell’Università degli Studi di Verona; Alessandra Pagliara, psicologa e psicoterapeuta al servizio di “Neuropsichiatria Infantile e Psicologia dell’età evolutiva” dell’Ulss 9; Marcella Valdameri autrice del libro “Pane, Amore e Consapevolezza” – percorso pratico per genitori ed educatori passati, presenti, futuri.  A seguire, alle ore 11.30, sport e benessere con una lezione di pilates a cura di Silvia Barbieri, mentre alle 13 si svolgerà jumping fitness con l’istruttore Pierpaolo Savio. Alle ore 17, in occasione del gran finale del Mura Festival, verrà consegnato il primo Premio alla Carriera artistica a Francesco Casale.  L’artista si esibirà poi con la Francesco Casale Ensemble, composta da Giuliano Perin al vibrafono, pianoforte e marimba, Luca Pisani al contrabbasso, Donato Dalia alla chitarra e Francesco Casale alla batteria. In contemporanea sarà visibile la performance di Live Painting dell’artista Stephanie "Ocean" Ghizzoni, che dipingerà un ritratto preso da uno scatto del fotografo Silvio Carcereri di SKAccoMATTO.  Durante la giornata, realizzata in collaborazione con 100 Note In Rosa, si esibirà anche il Gabriele Bolcato 4et composto da Gabriele Bolcato - tromba e filicorno, Silvano Mastromatteo – pianoforte, Nicola Monti al contrabbasso e Oreste Soldano alla batteria. A seguire sul palco di Casa Erriquez Jerry Popolo 4et composto da: Jerry Popolo al sassofono tenore, Fabrizio Scrivano alla chitarra, Nicola Monti al contrabbasso e Oreste Soldano alla batteria.  Dalle 18.30 invece una Jam Session con tutti gli artisti di Verona che in questi cinque mesi hanno calcato il palco di Mura Festival, pronti a salutare il pubblico con un arrivederci alla prossima edizione.  Francesco Casale. Classe 1952 e una storia con la musica che incomincia all’età di nove anni. Una vita intera dedicata alla musica in tutte le sue forme dai piccoli ai grandi palchi, dai jazz club agli studi televisivi, incisioni, sperimentazioni e ricerca, insegnante e soprattutto dispensatore di consigli e segreti musicali. Abile maestro dello “Scat” e non perde mai occasione per un’improvvisazione in vari palchi e nelle jam session. Moltissime sono le collaborazioni di Casale e il suo nome inizia a girare nell’ambiente dei musicisti professionisti, specialmente negli studi di registrazione dove spesso Francesco è chiamato proprio per il suo modo di suonare diretto, capendo fin da subito il groove che viene richiesto. Sempre molto vicino ai giovani musicisti, con i quali condivide spesso spettacoli coinvolgendoli e insegnando loro ad amare la musica, trasmette la passione e l’impegno, lo studio e la didattica cercando sempre di aiutarli a suonare dal vivo per perfezionare così la loro tecnica e l'attitudine alla performance. È per questo che il premio alla Carriera Artistica istituito dal Mura Festival verrà consegnato proprio a lui.  L’ingresso all’area della manifestazione è sempre gratuito e alcune delle attività sono fruibili previa iscrizione. Si svolge in sicurezza seguendo la vigente normativa anticovid-19 e non è necessario presentare il Green pass. Il calendario di appuntamenti e attività, in costante aggiornamento e costo dei singoli eventi/attività è disponibile online sul sito www.murafestival.it. Area food aperta dalle 12 alle 15 e dalle 18 alle 22. Read the full article
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Giovanni Amato Live Jazz Duet
http://eventicatanzaro.it/event/giovanni-amato-live-jazz-duet/
PazzfortheJazz presenta la rassegna musicale: MY POINT OF VIEW Settimo appuntamento giovedì 24 Agosto ore 22:00 con Giovanni Amato Live Jazz Duet Giovanni Amato (tromba) Giovanni De Sossi (basso elettrico – contrabbasso – pianoforte)
BIOGRAFIA Giovanni Amato, fuoriclasse salernitano e da anni punta di diamante del jazz Made in Italy, esprime la poliedricità stilistica del leader impegnato nel fondere in uno stile coerente le diverse cifre espressive della tradizione jazzistica. Vincitore assoluto dell’Italian Jazz Awards 2009 (best act) è oggi considerato dalla critica del settore uno dei migliori trombettisti a livello europeo. La sua tromba non si rifugia in sterili eccessi virtuosistici col solo intento di stupire, al contrario, la sua è una musica che privilegia il gusto estetico mirando ad emozionare e ad esprimere il proprio essere con maturità ed eleganza. L’approccio con lo strumento è intimo, sa essere riflessivo, profondo o giocoso, sobrio o ironico, mai prevedibile, sempre spontaneo, anche i silenzi assumono note. I suoi racconti e le sue trame melodiche sono sempre cariche di suggestioni grazie alla straordinaria capacità improvvisativa e comunicativa che rende qualsiasi brano appassionante, dunque un linguaggio originale che ha saputo eccellentemente interiorizzare l’esperienza bopistica e quella dello swing che ne caratterizzano la pronuncia e gli accenti. Le sue doti lo hanno portato ad affiancare tanti illustri musicisti come Danilo Perez, Lee Konitz, Vincent Herring, George Garzone, Gary Peacoc, Diane Schuur, Mike Goodrich, Jerry Bergonzi, Steve Grossman, Roberto Gatto, Dado Moroni, Danilo Rea e tanti altri. Amato ha suonato a suo nome nei festival e jazz club piu’ prestigiosi del mondo e, da diversi anni, si esibisce come sideman per artisti nei principali tour Italiani ed internazionali. BIO completa http://www.giovanniamato.org/bio.html
Giovanni De Sossi coltiva sin da giovane la passione e lo studio per la musica jazz ed il basso elettrico. Di formazione prevalentemente autodidatta, fondamentale è l’ascolto del bassista Jaco Pastorius e del contrabbassista Paul Chambers che potremmo definire suoi maestri virtuali. Infatti ritroviamo, nello stile d’improvvisazione e nelle sue composizioni le sonorità tipiche dei due grandi musicisti. Intraprende la sua carriera musicale da giovanissimo formando un gruppo rock del quale cura gli arrangiamenti e le scelte musicali e nel 1985 entra a far parte del GAMA Management agenzia musicale attiva nel Sud Italia, lavorando come turnista per alcuni dei nomi della musica leggera italiana (Umberto Balsamo, Cecilia Gayle, Dori Ghezzi, Roberto Soffici…). Il 1988 segna una tappa fondamentale nella sua formazione musicale; conosce infatti Ares Tavolazzi e sotto la sua guida inizia lo studio del contrabbasso e raffina lo studio per la musica jazz. Segue il corso per contrabbasso presso il conservatorio di Vibo Valentia e parallelamente svolge attività concertistica in varie formazioni jazzistiche locali e non (Kargo jazz quartet, Dissolution & funky trio, Postfataresurgo, Toxicity Collective). La passione per il jazz ed il desiderio di comunicare agli altri tale passione lo ha portato a contatto con importanti musicisti dell’ambito jazzistico e a promuovere ed organizzare a Vibo Valentia una rassegna di concerti sfociata nel 1994 nella costituzione dell’associazione Blue Trane di cui è direttore artistico e nella produzione del festival di musica ed arte alternativa UTOPIA tuttora attivo. Frequenta i corsi di armonia con i maestri Tommaso Lama e Bruno Tommaso nonché storia del jazz con il Maestro Stefano Zenni al conservatorio di Bologna. Nel 1996 incontra il pianista Tony Castellano, recentemente scomparso, esibendosi in concerti in tutta Italia con il quale instaura una intensa collaborazione musicale ed una profonda amicizia. Segue i corsi di armonia e composizione con il M° Tommaso Lama e di storia della Musica Afroamericana con il M° Stefano Zenni al conservatorio di Bologna nonché i seminari di improvvisazione e stile jazz con Benny Golson ad Orsara (FG) 2006 e Barry Harris Roma 2005. Dal 1996 fa parte, come contrabbassista, dell’orchestra giovanile di jazz del maestro Bruno Tommaso ( BTO) nei progetti di sonorizzazione di film muti – Steamboat Bill Jr (B.Keaton) e Metropolis (Fritz Lang) nonché l’incisione di due dischi: Steamboat Bill Jr (B.Keaton) – IMPRINT RECORDS Amare Terre – Ed. DODICILUNE Musicista dalle non comuni doti strumentistiche, dal fraseggio impetuoso, dotato di una straordinaria capacità comunicativa, perfeziona continuamente la sua tecnica eccellendo nel campo dell’improvvisazione. Artista polivalente alterna prestazioni come sideman in formazioni jazzistiche di rilievo ad attività di turnista presso studi di registrazione e ad attività di didattica. Attualmente porta avanti un nuovo progetto musicale con il suo trio POSTFATARESURGO a fianco di Vittorino Naso (percussioni) e Piero Cusato (keyboards). Attualmente promuove un collettivo musicale TOXICITY COLLECTIVE con cui sta registrando una nuova uscita discografica con Alessandro Marzano Giuseppe Zingaro e Ingrid Taglieri. Insegna – Musica jazz, Musica d’insieme ed improvvisazione – presso l’Istituto Musicale “L.Vinci” di Roccabernarda (KR). Direttore Artistico della Giornata Internazionale del Jazz di Roccabernarda (KR). HA COLLABORATO CON: BRUNO CESSELLI, LARRY SMITH, HAROLD LAND, BOB MOVER, TOM KIRKPATRICK, ELLIOT ZIGMUND, PIETRO CONDORELLI, GRANT STEWART, ART FARMER, EDDIE HENDERSON, CICCI SANTUCCI, JIM OWENS, COLOMBO MENNITI, FABRIZIO BOSSO, CARLO ATTI, ROBERTO OTTAVIANO, ANTONIO DI LORENZO, BILLY HART, VINICIO CAPOSSELA, MICHEL AUDISSO, GEORGE GARZONE, PEGGY STERN, KAREL RUCINSKA, RAFFAELE BORRETTI, GIULIO CAPIOZZO, GIANNI BASSO, MAURIZIO GIAMMARCO, DONOVAN MIXON, RACHEL GOULD, LINO PATRUNO, NICOLA STILO, JAY RODRIGUEZ, TONY CASTELLANO, LUTTE BERG, HAROLD BRADLEY, CARMELO TRAVIA, ENZO MAIMONE, TOTO TORQUATI, CARLO BATTISTI, PIERO ODORICI, GIOVANNI MAZZARINO, GIULIANO PERIN, FRANCESCO BEARZATTI, PIETRO TONOLO, GIANNI SAVELLI, BRUNO MARRAZZO, CARLO CALIGIURI, BRUNO TOMMASO ,GOVANNI AMATO, GIANLUCA PETRELLA, ROSSANO EMILI, JIMMY VILLOTTI, JOY GARRISON, GIANNI SANJUST, WESSEL ANDERSON, NICOLA PISANI, ENZO CARPENTIERI, MIRCO MENNA, FRANCESCO PETRENI, LUCIO FERRARA, ANTONELLO VANNUCCHI, SERGIO CAMMARIERE, BRUNO LAUZI, DADO MORONI, MARIO RAIA, MARCO TAMBURINI, ROBERT BONISOLO MARCO STRANO… HA PARTECIPATO AI FESTIVAL: URBINO JAZZ FESTIVAL, FESTIVAL DI NOCI, GIOVINAZZO, , FANO JAZZ BY THE SEA, VASTO JAZZ , VIBO VALENTIA UTOPIA (95 97 98 2002) ,FESTIVAL INTERNAZIONALE DEI POPOLI (LIEGI, BRUXELLES, ANVERSA), JAZZ A CROTONE, INVASIONI COSENZA, “USCORDU” COSENZA, FESTIVAL DELLE SERRE CERISANO,OUT OF ORDER VIBO VALENTIA, FESTIVAL DI ORSARA, MATERAJAZZ, PIETRE CHE CANTANO CISTERNINO, RAVELLO MUSIC FESTIVAL, SETTEMBRE RENDESE, ROCCELLA JAZZ… Produzioni discografiche: 1)“Tributo ai Bruzi” con PARALLELO 38 ed.soundonsound SONY DADC 1998 2)”Steamboat Bill Junior” con BTO ed. IMPRINT RECORDS 1998 3)“NOW!” Con Carmelo Travia N.C.SIAE: CT/CD001 2001 4)“IN BLUE” con Andrea Notti Band con Piero Cusato e Carlo Caligiuri ed. soundonsound SONY DADC 2001 5)“Amare terre” con BTO ed DODICILUNE DISCHI 2002 6)“Bastimenti” con Cataldo Perri, Paolo Innarella, Lutte Berg. ed. Squilibri ROMA 2004 7)Paolo Speziale “Musica Perché” – ed. SONY DADC PSDC 001 8)Gianluca Rando “ Alba Occidentale” – www.Jazzitalia.net/artisti/gianlucarando 9)“Live in Lamezia Hotel” con Dado Moroni, Peggy Stern, Rachel Gould – Associazone SAFARA’ 10)Vincenzo Mirabello Quartet “ La Scatola Armoniosa” ed. musicali “Miseria e nobiltà” www.mondadorishop.it 11)Enrico Pitaro quartet – “Chiaroscuri” con Piero Cusato e Vittorino Naso ed.“ Philology” 12)“Hey tu! grazie a te” di Giovanni Calandra – ed. Masterplan di Francesco Staropoli 13)Samuel Bono – “No Digas no” – ed. Saul Pane Produciones Musicales 14)“Anomalie di sistema”– ENCELADO – ed. ‘AVE IT – 250 negozi on line in tutto il mondo 15)“Slang Trio” di Pasquale Morgante con Vittorino Naso e Enrico Picaro 16)“TSP The South Project” con Giuliano Perin 17)“PiQuadro” Off Quartet con Marco Strano, Bruno Cesselli, Carlo Caligiuri 18)“Fortuity” di Fabbrizio Scrivano con Giuseppe Zangaro, Alessandro Marzano – ed MANITU’ Records PRODUZONI CINEMATOGRAFICHE 1)“Noi Dobbiamo Deciderci” – ( regia D’Agostino – Lavorato) – Composizione, arrangiamento ed esecuzione( G. De Sossi – Vittorino Naso) – produzione lungometraggio sulla Alluvione del 3 Luglio 2006 a Vibo Valentia –Anno 2007 durata 60 minuti – produzione e distribuzione SUTTVSS,ETNOVISIONI 2)JOSEF ( N. Soriano) Cortometraggio musicato da Giovanni De Sossi 3) Crucifixus (S.Bazzano) cortometraggio musicato da Giovanni De Sossi ______________________________________________________
Il titolo della rassegna “My Point of View” fa riferimento all’omonimo album di Herbie Hancock uscito nel 1963 dalla Blue Note Records ed ha l’obiettivo di riportare all’interno del territorio calabrese il Jazz in tutte le sue contaminazioni possibili ed inserirle all’interno di un unico grande contenitore: diversi generi, tutti selezionati ed interpretati da un punto di vista personale… …Jazz, Blues, Swing, Soul, Funk le chiavi di lettura!
“My Point Of View” dunque come punto di vista della direzione artistica di Sharon Esse (PazzfortheJazz) e come punto di vista dei singoli artisti, dalle diverse radici geografiche e musicali (diverse per repertorio e stile), che sono chiamati ad esibirsi con una composizione originale, una rielaborazione personale di uno standard. Ogni performance sarà la risultante di un dialogo tra i componenti di ciascun complesso ed ogni data sarà un filo rosso conduttore che legherà ciascun concerto in un dialogo con il pubblico.
Si ringraziano le diverse agenzie, associazioni e persone che hanno collaborato con la direzione artistica, affinché i diversi artisti siano presenti all’interno della rassegna (si ringraziano AMA Calabria, Cheap Thrills solo per citarne alcune).
Per partecipare basta recarsi presso il Room 21 Speakeasy. L’ingresso è gratuito.
Info e contatti [email protected] tel.3297208311 https://www.facebook.com/pazzforthejazz/
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Abbazia di S. Maria di Cerrate, commenda dell’ospedale degli Incurabili di Napoli
Facciata dell’abbazia di S. Maria di Cerrate (ph Francesco Guadalupi)
  di Marcello Gaballo
Si propone un interessante e poco noto stralcio che fu pubblicato da Eugenio Tortora nel suo volume Nuovi documenti per la storia del Banco di Napoli, edito a Napoli da A. Bellisario & C. e stampato presso la tipografia De Angelis a Portamedina alla Pignasecca, 44, nel 1890.
Tra le più importanti istituzioni della città di Napoli vi furono senz’altro la Casa Santa all’Annunziata e l’ospedale degl’Incurabili, uno dei più importanti d’Europa.
Lo aveva fondato Maria Richenza moglie di Giovanni Lonc (Longo), ministro di Ferdinando il Cattolico, Regio Consigliere e poi Reggente del Consiglio Collaterale, miracolata da una paralisi insorta a seguito di somministrazione di veleno datole da una cameriera. Dopo un pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto, nel giorno di Pentecoste dell’anno 1519, fu guarita, e per ringraziamento fece voto che avrebbe servito gli infermi per il resto della sua vita.
Non ritenendo sufficienti le strutture già presenti in Napoli, nel 1521 decise di fondare, a proprie spese, una casa di cura in contrada sopra Santo Aniello.
Pose la prima pietra il Viceré Raimondo de Cardona, che poi fu anche uno dei Governatori. Per la sua specializzazione, l’Ospedale era riservato esclusivamente a pazienti affetti da patologie all’epoca considerate “incurabili”.
Sant’Alfonso de’ Liguori, durante una visita agl’Incurabili, sulle scale principali fu colto da una visione divina che lo spinse a entrare nella Compagnia di Santa Maria Succurre Miseris che svolgeva il suo ministero nell’Ospedale, assistendo spiritualmente i condannati a morte che venivano poi trasportati, dopo l’esecuzione, agl’Incurabili.
Il pontefice Clemente VII, oltre a numerosi privilegi, donò anche un’Abbadia o Commenda in provincia di Lecce, considerata del valore di circa settantamila ducati.
Nel predetto volume del Tortora, alle pagine 66-67, nel rendicontare i beni della Casa degl’Incurabili nell’anno 1801, viene descritta tale commenda (pag. 77 a 79 — Rubrica XII), titolandola “Dell’Abbadia di S. Maria a Cerrate in Lecce, e de’ suoi poderi, effetti, e rendite”.
L’abbazia, oggi denominata di Santa Maria di Cerrate, fondata alla fine del XII secolo da Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce, è posta sulla strada provinciale che collega Squinzano a Casalabate, e rappresenta uno dei più significativi esempi di romanico in Puglia.
Di proprietà della Provincia di Lecce, nel 2012 è stata ceduta con una concessione trentennale al FAI (Fondo Ambiente Italiano), che la gestisce.
Loggiato dell’abbazia di S. Maria di Cerrate (ph Francesco Guadalupi)
Si riporta l’atto, dal quale si desumono importanti informazioni sul bene:
“Possiede la nostra S. Casa un podere rustico, denominato l’Abbadia di S. M. a Cervata, seu Cerrate, alias de Cbaritate; sito nelle pertinenze della Città di Lecce; distante da essa Città da circa miglia 9, verso tramontana; distante dalla Terra di Surbo miglia 5., dalla Terra di Trepuzzi anche miglia 5., e dalla Terra di Squinzano altre miglia 5. Li corpi ed effetti della quale anzidetta Abbadia ritrovansi distintamente descritti e confinati in una platea a parte, formata giuridicamente nell’anno 1692, dal fu Dottor D. Fabrizio de Vecchis, uno de’ Governatori allora di questa Real Santa Casa; il quale, avendo avuta non meno un’ amplissima delegazione per poter esercitare atti giudiziari, concedutali dal fu Spettabile Presidente del S. R. C. D. Felice Lanzina y Ulloa, Delegato e Protettore della medesima S. Casa, che altresi la generalissima potestà trasferitali dall’intera Banca, si portò in quel tenimento, accompagnato da un Procuratore, dal Regio Tavolarlo Giuseppe Parascandolo, e dallo Scrivano della Delegazione Pietro Majone; ove, trattenutosi più mesi, procede giudiziariamente cosi alla misura de’ territori demaniali e proprietà di detta Abbadia, come alla verificazione di tutti li stabili posseduti dalle persone soggette alla medesima; e se ne fabricò un voluminoso processo, che unitamente con detta Platea, data poi alle stampe nel 1693, si conservava nel nostro Archivio fra le altre scritture appartenenti all’Abbadia.
La sudetta Abbadia, anticamente, era un monastero di monaci Basiliani. Ma essendo poi seguita la soppressione de’ Monasteri e Chiese Basiliane, furono i loro beni aggregati alla S. Sede, e fra di essi anche dett’Abbadia, la quale poi fu data in Commenda a’ Signori Cardinali, e l’ultimo Abbate Commendatario della medesima si fu l’Eminentissimo Cardinale Nicolò Caddi, del titolo di S. Teodora; il quale, nell’anno 1531, la rinunciò e rassegnò in mano del Sommo Pontefice Clemente VII.
E perché allora il nostro nascente Ospedale degl’Incurabili, che pochi anni prima erasi fondato, ritrovavasi in una somma scarsezza di entrate, che non poteano stare a mantenere il numero de’ poveri infermi, che giornalmente cresceva, stimarono gli Amministratori e Deputati di quel tempo, che lo governavano, di supplicare Sua Santità a non denegarsi di unire ed incorporare perpetuamente, al detto Ospedale, il sudetto vacante Monastero ed Abbadia di S. M. a Cerrate; affinché si potesse con quelle rendite dare una necessaria sovvenzione a’ poveri Infermi; e più facilmente vi si mantenessero, accrescessero, e continuassero altre simili opere, pie e caritative.
A queste suppliche benignamente annui il generoso Pontefice, con aver conceduto in commenda perpetua, ed accordato a titolo di elemosina all’ospedale il suddetto Monastero ed Abbadia, colle sue ragioni, rendite, frutti, e proventi; mediante una special Bolla, spedita in Roma nel di 18 Giugno 1531. La quale fu avvalorata con Regio Exequatur, mediante previsioni spedite a’ 2. Gennaio 1532, dall’Eminentiss. Cardinal Pompeo Colonna, allora Viceré di Napoli, e dal suo Collateral Consiglio, in vigor delle quali Andrea de Cecchis, come special Procuratore di questa S. Casa, in nome della medesima e suoi Signori Governadori, a’ 18. Gennaro dello stesso anno, prese il corporal possesso di dett’Abbadia, e suoi corpi, ed effetti. E ne fu rogato pubblico atto, per mano di pubblico notajo, che reassunto in pergamene, coll’inserta forma cosi di detta Bolla, come delle sudette provisioni e Regio Exequatur, si conservava in nostro archivio, nel fascio settimo delle istruzioni in pergamena al num. 22.
Le rendite, ed effetti di detta Abbadia, per quel che si ricava dal sudetto Processo e Platea data alle stampe, si dividono in tre specie cioè;
La prima specie si chiama demaniale, possedendola l’Abbadia pro ejus mensa et proprietate, con andare a. suo peso il coltivare i territorj demaniali, e raccoglierne i frutti, e la maggior rendita della medesima si ricava dalle olive.
La seconda specie si chiama decimale, la quale non è per ragion di decima dovuta per peso di anime, e somministrazione de’ Sagramenti; a’ quali pesi non è obbligata l’Abbadia, per essere quella una semplice Commenda, e nudo beneficio ecclesiastico, col solo obbligo di celebrare una messa cotidiana; ma si chiama decima h sol riguardo che essendo anticamente stati quelli territori tutti boscosi, paludosi, e molto lontani dall’Abbadia, gli Abbati pro tempore li concedevano a diversi particolari, affine di farli disboscare e ridurre a coltura; colla riserba del jus rìcci mandi di ogni sorte di frutti, che son tenuti li concessionari soddisfare franco di ogni spesa, precedente stima delli frutti pendenti ed agresti, e con portar detta decima sino alla Casa dell’Abbadia.
Vi è anche un’altra decima, che si chiama erbatica, carnatica, e monta. L’erbatica si è che di tanti animali pecorini, vitellini, e caprini, che nascono, se ne paga la decima. La carnatica delli animali porcini: e la monta tutto il frutto di un giorno che nasce da detti animali per ciascun’anno, ad elezione dell’Abbate, benché li padroni per detto jus di erbatica, carnatica, e monta sogliono transigersi con pagarne un tanto l’anno.
Ha però luogo questo peso di erbatica, carnatica, e monta in quelli territorj ove sono case, e masserie, poiché è una specie di annuo canone, per concessione enfiteutica perpetua, ad quoseamque etiam ejtrancos; a tal segno che quando accade alienazione di qualche stabile, di qualsivoglia valore, pretendono quei naturali pagare un dritto, che chiamano decima pretii. che lo tassano a cinque carlini per qualunque alienazione. Ed essendo ciò sembrato un abuso irragionevole, s’imprese, nel 1602, l’esazione del laudemio, contro i terzi possessori, e se ne ordinarono contro di essi diversi sequestri, come apparisce dal sud. processo. Gli effetti demaniali che sono della prima specie consistono in chiusure piantate di alberi di olive, in territorj, ed in due masserie parte seminatone e parte olivetate, che in tutto sono
di capacità di tom. settecento trentanove 1|4……………………………………… tt. 739 1|4 Gli effetti decimali, che sono della seconda specie, consistono in diversi territorj, posseduti da diversi Cittadini di Lecce, Lequile, Surbo, Trepuzzi, e Squinzano, che in tutto sono della capacità di…………………………………………………..tt.3573 1|2   Unita dunque tutta l’estenzione e capacità de’ territorj demaniali e decimali di detta Abbadia, forma in unum…………………………………………………….. tt. 4312 3|4  
E la terza specie di effetti di detta Abbadia consiste in molti piccoli annui canoni, seu censi enfiteutici perpetui, che si pagano in danaro da diversi particolari, sopra varie case di diretto dominio della medesima, site nelle Terre di Surbo e Squinzano, e sopra alcuni territorj siti in Lequile, che in unum ascendono ad ann. doc. 8.33.
La mentovata Abbadia, con detti suoi corpi ed effetti demaniali, decimali, censi, e masserie, da tempo in tempo per lo più si è data in affitto, per l’annuo estaglio metà in danaro e metà in olio; come si praticò nell’anno 1753, essendosi affittata a D. Pompeo Marone di Brindesi, per anni 6, per l’annuo estaglio in danaro di ann, doc. 1201, ed in olio mosto di annue stara 1200 misura di Lecce, trasportate a spese del conduttore nelle posture di Gallipoli; ed alle volte, non essendosi ritrovata ad affittare, si è tenuta in demanio per conto di essa S. Casa, la quale è stata solita mantenervi colà un agente, o sia amministratore per esiggere quelle rendite.
Dalli conti, che in ogni anno si rimettono alla nostra S. Casa da quello Amministratore, si rileva che coacervata la rendita per più anni, tanto in denaro che dal prezzo dell’olio, importa an. doc. 2732.12, alli quali si dà prudenzialmente il capitale alla ragione del 4 per 100, importante…. 68303
Sopra la sudetta annua rendita si paga la decima ed altri pesi fiscali, dovuti alla Regia Corte, ne’ rispettivi tenimenti ove sono accatastati i poderi“.
  Per le note storiche, altri approfondimenti e la galleria di immagini rimandiamo all’ottimo lavoro di Brundarte, che qui si ringrazia per le foto concesse:
https://brundarte.wordpress.com/2013/11/29/abbazia-di-santa-maria-di-cerrate-squinzano-le-prima-parte/
  [1] http://patrimonio.archiviodistatonapoli.it/asna-web/siasTo-xDams.html?theDb=asnaAutherEnti&resource=0000000542
[2] Origini, vicende storiche e progressi della Real Santa Casa dell’Annunziata. Napoli stamperia Cons. 188-3.
[3] 1552 secondo quanto riportato nel sito dell’Archivio di Stato di Napoli.
[4] https://it.wikipedia.org/wiki/Complesso_degli_Incurabili
[5] http://patrimonio.archiviodistatonapoli.it/asna-web/siasTo-xDams.html?theDb=asnaAutherEnti&resource=0000000542
[6] https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Santa_Maria_a_Cerrate
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lucaaltomare · 8 years
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#Buongiorno ☀️🌞😃 #NowPlaying #Fortuity di Fabrizio Scrivano un amico ed un eccezionale chitarrista 🎸. #Jazz
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nicolabardini · 11 years
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Live @ ZANZARA 10 Luglio 2013
Un breve video del concerto tenuto alla Zanzara col nuovo progetto "Sound of Silver" tributo al pianista Horace Silver.
Ileana Fulico, Voce;
Nicola Bardini, sax;
Gabriele Rampi, bass&arrangements;
Fabrizio Scrivano, guitar;
Riccardo Bringhenti, drums;
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marcogiovenale · 1 year
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oggi, 7 ottobre, allo studio campo boario: "umorismo e arte"
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marcogiovenale · 1 year
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talk: "umorismo e arte", allo studio campo boario, sabato 7 ottobre
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marcogiovenale · 11 months
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25 ottobre, roma, biblioteca vallicelliana: "le parole che non conosco" / monica pirone e fabrizio scrivano
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marcogiovenale · 4 years
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oggi su antinomie: "sei trame asemiche", di ada de pirro
oggi su antinomie: “sei trame asemiche”, di ada de pirro
Ada De Pirro sulla pratica dell’asemic writing: Francesca Biasetton, Laura Cingolani, Mariangela Guatteri, Floriana Rigo, Tommasina Bianca Squadrito, Martina Stella antinomie.it/index.php/2021/03/08/sei-trame-asemiche/ _
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pangeanews · 6 years
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Urca, De André è diventato santo! Potete lordare tutti, anche il Papa, ma non toccate ‘Faber’! Lista di improperi con cui cercano di martirizzarmi. Eppure, cari miei detrattori, il giornalismo esiste per sfigurare i miti
Ma tu guarda, Fabrizio De André è diventato un santo – o sono i lettori dell’ecumene Italia a essere disinvoltamente frustrati? De André, intendo, è entrato nella ‘valletta dei principi’ degli intoccabili: puoi fare, retoricamente, lo scalpo al Papa, sei scemo se non insulti Donald Trump o un politico qualsiasi, ma lui, il ‘Faber’, no, non puoi toccarlo.
*
La santità di De André l’ho provata sperimentalmente sulla pelle. L’ultima puntata della rubrica settimanale che curo su Linkiesta, “Il bastone e la carota”, era dedicata a lui. La rubrica nasce risvegliando il genere della ‘stroncatura’, per sua natura polemico, petulante, grottesco, vizioso, poco praticato in Italia, dove si preferisce l’arte dell’insulto. Beh, a vent’anni dalla morte di De André m’è parso giusto rimetterne in discussione il mito. Non amo le celebrazioni con l’incenso – al contrario, amo gli eventi culturali, ragion per cui ho elogiato, su questo giornale il 19 luglio scorso, l’iniziativa curata da Massimo Roccaforte e da Interno4 Edizioni, cioè la ristampa del disco Rimini, con copertina di Eron – e non credo nei miti terreni, penso che nessuno sia intoccabile, penso, come Leopardi, che bisogna fare una costante verifica dei grandi. Insomma: bisogna mordere il titano alla giugulare.
*
L’articolo, scritto da uno che ha De André conficcato nel cruscotto della macchina – in particolare: La buona novella, Fabrizio De André [L’indiano], Le nuvole, Anime salve – al netto dell’arte provocatoria (relativa al ‘genere’ giornalistico di riferimento) tocca un paio di temi che mi paiono interessanti. Primo: una canzone è musica & parole, ma a volte, anche se le parole sono pessime, la canzone può essere magnifica, e ad ogni modo De André non è un ‘poeta’, le sue restano ‘canzonette’ (con rispetto parlando) al cospetto dei versi di Mario Luzi o di René Char. A questa prima constatazione se ne lega una seconda. Non è vero che i cantautori, in assoluto, scrivano testi migliori dei cantanti pop. Per giustificare questo concetto ho fatto degli esempi. Il terzo punto sono considerazioni personali: mi pare che De André, sugli altari manco fosse un pensatore, un Heidegger o un Cioran, sia meno imperiale di Battiato e meno musicale di Battisti (i cui testi, chi non lo sa, li ha scritti quel fenomeno di Mogol). Invitavo, nel contempo, a riscoprire Giuni Russo e a leggere, per chi ama le atmosfere liguri, Francesco Biamonti, uno scrittore straordinario. Eppure, dicevo, De André è un santo. Ragion per cui, le orde dei social mi hanno mandato al rogo.
*
Ecco una fiera lista di alcuni commenti che ho letto sul mio spazio Facebook e in tour per il web, che introduco con una dida esplicativa:
Il disgustato: Sei riuscito a disgustarmi come pochi. Non tanto per l’analisi scadente e ciononostante pretenziosa, è proprio questo egocentrismo delirante e trasudato da “Ce l’ho lungo” a farmi schifo. Buon proseguimento nel pantheon del giornalismo su “Il giornale”. [ps: ma cosa c’entra il Giornale, su cui per altro son fiero di scrivere – ci scrivevano Piovene, Burgess, Borges – in questo caso? Boh]
Il taglia corto: Libero di dire tutte le cazzate che credi, ci mancherebbe.
Il politicante: Tra le cose più stupide viste/lette nel 2019 fa a gara col video di Bonafede su Battisti.
L’untore: Il problema è che sta roba acquisisce tanta più risonanza quante più stronzate contiene.. è questa la cosa preoccupante. [Il medesimo specifica, poco dopo: Finalmente! Sentivamo la mancanza di un altro rutto editoriale dopo quelli di Feltri e Belpietro]
L’Andy Warhol: A brullo ti serve scrive ste cazzate per avere cinque minuti di notorietà?
 Il saputo: Che spocchioso babbeo! [Il medesimo specifica il concetto poco dopo: Ti dovresti sciacquare la bocca, somaro!]
Il sessomane: Se preferisci la merda tipo anal del rey cazzi tuoi, non sai nemmeno di cosa parlano le suoi canzoni. 
Sull’ignorare: Sig. Davide Brullo, prima di questo articolo non sapevo nemmeno chi fosse e continuerò, con piacere, a “non saperlo”. Dopo aver perso due minuti per leggere il Suo articolo tornerò ad ignoraLa per come merita.
Ah, la celebrità: Mezzucci per far parlare di sé. Poteva risparmiarselo.
Il critico: Che articolo inutile, scritto pure male per giunta.
Il riccio: Ma vai a schiacciare i ricci col culo, magari ti viene meglio che scrivere questi articoli di merda.
*
Non faccio la lista di insulti, velate minacce, ceffoni su Instagram. Tutto previsto quando si fa questa professione. Il punto superficiale è questo. Tendenzialmente, leggo diverse cose che non mi piacciono, ogni giorno. Per coerenza con quel poco di cervello che mi resta, se la cosa che non mi piace mi stimola un pensiero eguale e contrario, rispondo. Altrimenti passo oltre. Non sono arso dal livore dell’offesa, sparata con fatale idiozia. Tuttavia, mi pare di avere svolto un compito terapeutico. Chi è roso da rabbie sommerse si sentirà felice di dedicarmi tutti gli improperi del caso. Per altro, meglio, per una manciata di ore, parlare di De André che, ancora e ancora, di Salvini, di reddito di cittadinanza, di Di Maio. Se è così, recito con piacere il ruolo di San Sebastiano – le masse, d’altronde, godono nel veder ghigliottinare pubblicamente il nemico pubblico.
*
Certo, continua a stupirmi un fatto. Perché sputare in faccia a chi mette in discussione un intoccabile e neanche uno che abbia voglia di ragionare, letture alla mano? Perché nessuno ha avuto voglia di parlare di Biamonti? Perché la stessa passione e la stessa ferocia non vengono spese commentando un articolo su Iosif Brodskij, su Boris Pasternak, su Gabriele Del Grande, sul libro che ricostruisce le fonti filosofiche che giustificano i genocidi? Eppure, lì ci vorrebbe passione, sentimento, ferocia, perché si parla di cose grandi, di cose urgenti, che chiedono una presa d’atto e di campo. Quelle di De André, infatti, restano canzonette (con rispetto parlando, come sempre). E forse lui, De André, più che fan, accoliti o fedeli desidererebbe avere accaniti critici, sono più utili.
*
C’è poi qualcosa di ultimo e di profondo. Il giornalismo esiste per sfatare i falsi miti e per mettere in discussioni i miti vigenti. Chi lecca il culo ai vivi e sparge incenso sui morti non mi piace. Mettere in discussione i miti – anche quelli buoni, sia chiaro, costantemente – è un monito, ma è un esercizio che è in grado di fare solo chi ha il coraggio, anzi tutto, di mettere in discussione se stesso e il ring del proprio pregiudizio.
Davide Brullo
L'articolo Urca, De André è diventato santo! Potete lordare tutti, anche il Papa, ma non toccate ‘Faber’! Lista di improperi con cui cercano di martirizzarmi. Eppure, cari miei detrattori, il giornalismo esiste per sfigurare i miti proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2CJmQp8
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lucaaltomare · 8 years
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#Buongiorno #NowPlaying #Fortuity di Fabrizio Scrivano un amico ed un chitarrista 🎸 eccezionale.
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