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#Gruppo 70
marcogiovenale · 1 year
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oggi, 7 ottobre, a firenze: "gruppo 70. una guerriglia verbo-visiva" @ frittelli arte contemporanea
A sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70, Frittelli arte contemporanea (via Val di Marina 15, Firenze) inaugura, OGGI, 7 ottobre 2023, nell’ambito della Florence Art Week, la mostra “Gruppo 70. Una guerriglia verbo-visiva”, a cura di Raffaella Perna, che mette in luce l’attualità di uno dei movimenti più radicali della scena artistica italiana degli anni Sessanta. L’esposizione propone uno…
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elipsi · 11 days
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secondo giorno di lezioni e sono un po' allibita dalla qualità delle lezioni
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gregor-samsung · 4 months
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" Si trattava ancora una volta di un libro, e l'autore si chiamava Kafka, Franz, e il libro era intitolato "Nella colonia penale". Più tardi ho chiesto a Boris se davvero non immaginava le conseguenze di quello che faceva quando, alla fine del '44 (!), raccomandava a Leni uno scrittore ebreo, e lui mi ha risposto: «Avevo tanta di quella roba in testa, tante cose a cui pensare che me lo sono dimenticato». Dunque, Leni andò un'altra volta col suo bravo biglietto alla biblioteca, ce n'era ancora una in funzione e la bibliotecaria, per fortuna, era una donna piuttosto anziana e abbastanza ragionevole che strappò il biglietto e prese subito Leni in disparte e le ripeté, alla lettera, quello che le aveva già detto la madre superiora quella volta che aveva chiesto con tanta insistenza di Rahel: «Ma figliuola, ha perso la testa? Chi l'ha mandata qui a chiedere questo libro?» Però Leni, sa, anche stavolta non ha mollato. La bibliotecaria dev'essersi accorta subito che non era un agente provocatore, perciò l'ha presa da parte e le ha spiegato esattamente che quel Kafka era ebreo, che tutti i suoi libri erano stati proibiti e bruciati eccetera, e certo Leni dev'essersene uscita col suo solito disarmante «E con questo?», e allora quella donna le spiegò ben bene, anche se tardi, come stavano le cose tra nazisti ed ebrei, e le mostrò - naturalmente ce l'aveva in biblioteca - lo "Stürmer"*  e le spiegò tutto, e Leni, quando venne da me, era inorridita. Finalmente aveva afferrato qualcosa.
Ma non mollò, s'era messa in testa di avere il suo Kafka e di leggerlo, e ci riuscì! Pensi che andò in treno a Bonn, da alcuni professori per i quali suo padre aveva lavorato e di cui sapeva che avevano delle grandi biblioteche, e infatti ne trovò uno che ormai era un nonnetto di settantacinque anni passati e se ne stava là in mezzo ai suoi libri, ormai pensionato, e sa che cosa le disse quello, alla lettera? «Ma figliuola, ha perso la testa? Kafka, nientemeno? Perché non addirittura Heine?» Però fu molto gentile con lei, si ricordò di lei e di suo padre, solo che non aveva quel libro e dovette andare da un collega e poi da un altro finché ne trovò uno con cui la fiducia era reciproca e che per di più possedeva il libro. Non fu tanto semplice, la cosa durò un giorno intero, sa, arrivò a casa nel cuore della notte e aveva il libro nella borsetta, non era una cosa tanto semplice perché non solo bisognava trovare uno che si fidasse del professore e di cui il professore potesse fidarsi, ma quello doveva fidarsi anche di Leni, e non solo doveva avere il libro ma anche cacciarlo fuori! Effettivamente ne trovarono due che lo avevano, ma il primo non volle darlo. Roba da matti, le preoccupazioni di Leni e di Boris, quando era in ballo la vita, la vita nuda e cruda. "
*Settimanale di propaganda nazista veementemente antisemita, edito sin dal 1923.
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Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora, (traduzione di Italo Alighiero Chiusano), Einaudi (collana Tascabili), 1972.
[Edizione originale: Gruppenbild mit Dame, Verlag Kiepenheuer & Witsch, Köln, 1971]
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umi-no-onnanoko · 5 months
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100 domande curiose
1. Libro preferito?
2. Autore preferito?
3. Poesia preferita?
4. Ti piace scrivere?
5. Ti piace leggere?
6. Disegni?
7. Ti piace l'arte?
8. Sei mai stato/a ad un museo?
9. Artista preferito?
10. Film preferito?
11. Attore/attrice preferito/a?
12. Regista preferito?
13. Colonna sonora preferita?
14. Saga preferita?
15. Personaggio preferito di Harry Potter?
16. Personaggio preferito di un libro?
17. Personaggio preferito di un film?
18. Serie tv preferita?
19. Canzone preferita?
20. Cantante preferito/a?
21. Band preferita?
22. Hai mai scritto una canzone?
23. Hai mai scritto una lettera a mano?
24. Hai mai ricevuto una lettera scritta a mano?
25. La pazzia più grande che hai fatto?
26. Ti piacciono le sorprese?
27. La sorpresa migliore che hai ricevuto?
28. La sorpresa più bella che hai fatto?
29. Quale pianeta visiteresti?
30. Preferiresti essere una sirena o una fata?
31. Quale decade preferisci?
32. Sei una persona creativa?
33. Quale lavoro vorresti esistesse?
34. Quali animali vorresti si unisserero per dare vita ad una nuova specie?
35. Pic nic al mare o in montagna?
36. Ti piace il teatro?
37. Hai mai visto un balletto?
38. Sei mai stato/a ad un concerto?
39. Hai mai cantato in pubblico?
40. Hai mai ballato in pubblico?
41. Adotteresti un bambino?
42. Adotteresti un animale?
43. Moto o auto?
44. Preferisci nuotare o volare?
45. Quale personaggio Disney pensi di essere?
46. Quale villain Disney ti rappresenta?
47. Quale cultura ti affascina?
48. Se potessi condividere un senso (tatto, vista,olfatto, gusto,udito) con la tua anima gemella quale condivideresti?
49. Vampiro o licantropo?
50. Credi nella fiamma gemella?
51. Temporale o arcobaleno?
52. Musica classica o rock?
53. Ti piace recitare?
54. Hai mai suonato in pubblico?
55. Hai mai recitato in pubblico?
56. Sai leggere i silenzi?
57. Sai rispettare i silenzi?
58. Soffri il solletico?
59. Riesci a fare ridere gli altri?
60. Sai ascoltare?
61. Ti fidi?
62. Ti piace fare foto?
63. Sei fotogenico/a?
64. Musica in streaming, Spotify, CD o vinile?
65. Anime preferito?
66. Manga preferito?
67. Meglio i manga/anime di ieri o quelli di oggi?
68. Cartone animato preferito?
69. Il tuo cavallo di battaglia in cucina?
70. Il piatto che proprio non ti riesce?
71. Quale colore non sopporti?
72. Cosa non può mancare in casa tua?
73. Quale tua caratteristica vorresti avessero anche gli altri?
74. Cosa "rubesti" da un altra persona?
75. Come organizzeresti il primo appuntamento?
76. Come vorresti fosse il tuo prima appuntamento?
77. Faresti il primo passo?
78. Amicizia uno a uno o gruppo di amici?
79. Le parole che vorresti sentirti dire?
80. Cosa vorresti dire agli altri?
81. Credi nel destino?
82. Credi nella fortuna?
83. Pratichi la gratitudine?
84. Ti senti cambiato rispetto a 10 anni fa?
85. Cosa cambieresti di questi ultimi 10 anni?
86. Come ti vedi tra 10 anni?
87. La famiglia è solo quella di sangue?
88. Gli amici sono una seconda famiglia?
89. Si deve sempre perdonare chi si ama?
90. Cosa non ti perdoni?
91. Vorresti tornare bambino/a o diventare adulto/a?
92. Vorresti essere del sesso contrario al tuo?
93. Balletto preferito?
94. Ballerino/a preferito?
95. Conosci il messaggio dei fiori?
96. Giorno o notte ?
97. Alba o tramonto?
98. Freddo o caldo?
99. Sole o pioggia?
100. Scegli tu questa domanda
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diceriadelluntore · 2 months
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Storia Di Musica #336 - Neil Young, On the Beach, 1974
I dischi di Agosto avranno come caratteristica che li accumuna la presenza di una spiaggia. Un po' perché è argomento decisivo del periodo agostano, e un po' per l'autoironia che io la spiaggia ad Agosto la vedrò solo di passaggio perché, fortunatamente, è un periodo di grande impegno professionale. La piccola antologia inizia con un disco capolavoro, che è perfetto anche per il titolo ad entrare a far parte di questo piccolo gruppo. Neil Young nel 1974 è ormai un artista pienamente affermato: arrivato dal Canada in California quasi dieci anni prima, nel 1966, attraversa da protagonista la grande stagione del rock californiano, quello legato alla tradizione del folk, che si riafferma dopo la spettacolare, e breve, stagione psichedelica a cavallo tra i due decenni,'60 e '70. Young è protagonista con i Buffalo Springfield, con il più famoso supergruppo degli anni '70, Crosby, Stills, Nash & Young e con la sua parallela attività da solista, che ha inizio nel 1969 quando pubblica il suo prima album a suo nome, Neil Young. È stato anche il fondatore di due gruppi, i Crazy Horse, dall'animo più rock ed elettrico, e gli Stray Gators, più country folk. alternando i due gruppi. Dopo l'uscita dal quartello con David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash, con cui rimane in bellissimi rapporti, nel 1972 pubblica il disco più famoso della stagione folk rock: Harvest (1972) che con le sue canzoni famose ancora oggi ( tra le altre, perle come Heart Of Gold, Old Man, Alabama) diviene un successo mondiale che gli apre definitivamente le porte della fama. Che tra l'altro è un concetto abbastanza distante dallo "Young-pensiero", che ha sempre ritagliato per sé la massima libertà espressiva e creativa. A questo fastidio, si aggiunte un periodo di grandi dolori: le morti per droga di Danny Whitten, il chitarrista dei Crazy Horse, quella del suo roadie più fidato, Bruce Berry, per lo stesso motivo, è un dramma più privato. La sua relazione privata con l'attrice Carrie Snodgress sta giungendo al termine, al figlioletto della coppia, Zeke, viene diagnosticata una forma di paralisi cerebrale. È con questo animo tormento e addolorato che Young scrive in due anni tre dischi che formano la non ufficiale "ditch trilogy", la trilogia del dolore: Time Fades Away (1973), che è il primo allontanamento dalle gioiose armonie folk per un rock più duro, sfilacciato, nervoso e impregnato di cupezza. Il successo è decisamente minore dei precedenti, ma Young non cambia linea e sforna un album ancora più cupo, Tonight's The Night, che in un primo momento la sua casa discografica gli rifiuta: registrato in presa diretta, senza post produzione, è il suono grezzo e cupo di un uomo che sta cercando di trasformare il suo dolore in musica. Verrà pubblicato nel 1975, in mezzo Young registra il disco di oggi, che esce il 16 luglio 1974.
Registrato in moltissimi studi di registrazione, con una caterva di musicisti ad aiutarlo (e ne parleremo tra poco), On The Beach insiste sul dolore e la disperazione ma lascia trasparire una tregua, una speranza. È un disco blues, il canto della tristezza e del dolore per eccellenza, ma che Young puntella di sprazzi di luce, rendendo più distesa e godibile la musica. Eppure è un disco potentissimo, soprattutto per i temi delle canzoni. Walk On ritrova spirito e brio, e See The Sky About To Rain, che risale addirittura come embrione ai tempi di Harvest, solo voce e pionoforte Wurlitzer, quasi sembrano una riappacificazione, ma il resto è ancora rabbioso e dolente. Revolution Blues è la prova: un atto esplicito di accusa contro la società del tempo, con Young che sembra volersi identificare nello psicopatico Charles Manson, con versi rabbiosi quali: «ho sentito che Laurel Canyon è piena di famose star / Ma io le odio peggio dei lebbrosi / e le ucciderò nelle loro auto». I due si conobbero quando Young viveva in una piccola villetta a Topanga Canyon, il Laurel canyon, che una volta era il territorio delle tribù native americane, negli anni '60 era uno dei luoghi della Controcultura losangelina, dove vivevano moltissimi musicsti. Eppure, pur se controversa, la metafora non vuole celebrare la figura di Manson, ma, esorcizzarla attraverso un'identificazione nel senso di colpa collettivo di una società malata. Young diventa nostalgico dell'America rurale in For The Turnstiles, dove compaiono il banjo e il dobro, Vampire Blues è un blues ecologista, tema che sarà sempre al centro delle tematiche di Young, e che ha una curiosità niente male: Tim Drummond "suona" la carta di credito sfregandosela sulla barba di una settimana creando un curioso effetto fruscio. On The Beach, la meravigliosa e dolente ballata da 7 minuti, è una dichiarazione di difficoltà nell'essere una rockstar, esplicitata nel famoso verso «I need a crowd of people, but I can't face them day to day». Motion Pictures (For Carrie) è probabilmente un'amara riflessione sulla sua storia d'amore che sta andando a rotoli e il disco si conclude con i 9, angoscianti e febbrili, minuti di Ambulance Blues, che è una summa del pensiero di Young sulla politica (con i riferimenti alle bugie del presidente Nixon), sulla musica e il suo mondo, persino sui suoi amici Crosby, Stills e Nash, in un periodo dove c'erano insistenti voci di un ritorno a 4. Suonano con lui David Crosby (che suona in Revolution Blues, e si dice impallidì letteralmente nell'ascoltare la famosa e incendiaria strofa, tanto che cercò di persuadere Young a cambiare testo ed iniziò a girare armato per paura che qualche squilibrato facesse come cantato da Young), Graham Nash, e due grandi musicsti della The Band, Rick Danko e Levon Helm, più i Crazy Horse.
Young prese il titolo dell'album da un film, On The Beach di Stanley Kramer del 1959, basato sull'omonimo romanzo di Nevil Shute. Sia il romanzo che il film erano di tipo apocalittico. E in questo senso è da intendere la copertina, leggendaria, che vede Young vestito di giallo di spalle, un ombrellone, le sdraio, la coda di una Cadillac insabbiata e sotto l'ombrellone una copia di un giornale che si riferisce allo scandalo Watergate di Nixon. La scritta del titolo, in pieno eco psichedelico, è di Rick Griffin, il disegnatore ufficiale dei Grateful Dead.
Il disco, pur vendendo meglio del precedente, non ebbe un grande successo, anche perchè la critica lo definì subito un disco "depresso", a cui si aggiungeva la natura quasi anti-commerciale di musica e testi. Tra l'altro, per decenni, il disco fu messo fuori catalogo, e per certi versi fu introvabile, tanto che i vinili degli anni '70 originali valgono oggi una settantina di euro. Questo fece salire l'interesse per il disco fino alle ristampe degli anni '90, ampiamente rivalutato con gli altri due lavori della trilogia del dolore come uno dei momenti più interessanti della ultra decennale carriera di Young. Un disco dolente ma potentissimo. Che non penso sia il migliore da ascoltare in spiaggia.
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francescosatanassi · 2 months
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MITRAGLIATA
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Probabilmente questa foto non la ricorda nessuno, ma ritrae le jeep della celere entrare in piazza Saffi per bloccare il camion della "carovana della solidarietà" organizzato dai lavoratori di Ravenna, giunti a Forlì per sostenere i compagni della fabbrica Mangelli in sciopero. La Mangelli fu il primo sito italiano a produrre cellophane e fibre artificiali e dagli anni ‘30 il principale complesso industriale forlivese. La sua storia è attraversata da scioperi, occupazioni e tumulti anche durante il fascismo, quando ospitava i comitati clandestini di fabbrica e organizzava scioperi contro il regime. Uno di questi, unito alle maestranze delle altre fabbriche di Forlì, in maggioranza donne, si tramutò in corteo che nel marzo del ’44 forzò i cordoni dei militi della caserma in via della Ripa, salvando così 9 giovani dalla fucilazione. Dagli anni ’70 le lotte operaie coinvolsero tutta la città, che scese a fianco dei lavoratori e della loro salute, sempre a contatto con agenti chimici nocivi. Nel ’72 ci fa una grande manifestazione contro il licenziamento di 847 lavoratori. A guidare la protesta erano gli oltre 200 militanti del PCI iscritti alla sezione aziendale “Quattro Martiri.” Già nel giugno del ‘49, 218 operai erano stati licenziati in blocco. Il fatto aveva scatenato la rottura con i sindacati e la decisione di occupare la fabbrica a oltranza. Un gruppo di crumiri aveva consentito però di non fermare la produzione, così gli operai e i cittadini si erano organizzati per bloccare e presidiare gli ingressi. La polizia era intervenuta con grande violenza, caricando i dimostranti e aprendo il fuoco sui lavoratori. Il bracciante Antonio Magrini era stato colpito a un braccio e l’operaia Jolanda Bertaccini era caduta a terra in gravissime condizioni, mitragliata dalla celere. Molti giornali dell’epoca la diedero per morta, ma pare sia sopravvissuta. Alla fine degli scontri, gli arresti furono oltre 120. Nel '77 la chiusura definitiva. Oggi al suo posto c’è un centro commerciale. Resta la vecchia ciminiera in mattoni rossi, una specie di monumento che ricorda un tempo che non c’è più.
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angelap3 · 3 months
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Bob Marley (1945-1981) è stato un musicista, cantante e compositore giamaicano, ampiamente riconosciuto come il più celebre interprete della musica reggae. Marley ha avuto un impatto duraturo sulla cultura musicale mondiale e ha contribuito a portare il reggae e la musica giamaicana alla ribalta internazionale.
### Biografia
Robert Nesta Marley è nato il 6 febbraio 1945 a Nine Mile, un villaggio nella parrocchia di Saint Ann, in Giamaica. Ha iniziato la sua carriera musicale nei primi anni '60 con il gruppo The Wailers, insieme a Peter Tosh e Bunny Wailer. Il gruppo ha inizialmente suonato ska e rocksteady prima di abbracciare il reggae.
### Carriera
Il successo internazionale di Marley è arrivato negli anni '70 con album come "Catch a Fire" (1973) e "Burnin'" (1973), che includevano brani famosi come "Stir It Up", "Get Up, Stand Up" e "I Shot the Sheriff", quest'ultimo reso ancora più celebre dalla cover di Eric Clapton.
Tra gli album più celebri di Marley ci sono:
- **"Natty Dread" (1974)**: include canzoni come "No Woman, No Cry" e "Lively Up Yourself".
- **"Rastaman Vibration" (1976)**: l'unico album di Marley ad entrare nella top 10 di Billboard.
- **"Exodus" (1977)**: considerato uno dei migliori album di sempre, con canzoni come "Jamming", "Waiting in Vain" e "Three Little Birds".
- **"Kaya" (1978)**: noto per il suo tono più rilassato e per brani come "Is This Love" e "Satisfy My Soul".
### Temi e Influenze
Marley è noto per le sue canzoni che affrontano temi sociali, politici e spirituali, spesso ispirati dalla sua fede nel Rastafarianesimo. La sua musica spesso promuoveva la pace, l'amore e l'unità, e affrontava temi di ingiustizia e oppressione.
### Eredità
Bob Marley è morto l'11 maggio 1981 a causa di un melanoma. Nonostante la sua vita sia stata breve, il suo impatto sulla musica e sulla cultura è stato immenso. Marley è diventato un simbolo globale della lotta per i diritti civili e della cultura reggae. La sua musica continua ad essere ascoltata e apprezzata in tutto il mondo.
### Citazioni Famosi
- "One good thing about music, when it hits you, you feel no pain."
- "Emancipate yourselves from mental slavery; none but ourselves can free our minds."
Marley è ricordato non solo per la sua musica, ma anche per il suo impegno nel promuovere la giustizia e l'uguaglianza, rendendolo una figura iconica e ispiratrice per generazioni di fan.
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der-papero · 1 year
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Due giorni fa mia madre ha ricevuto poco più di 3.000 euro.
No, non ha vinto la lotteria. Erano stipendi per il suo lavoro di operaia, in fabbrica. Stipendi mai versati. Stipendi di 20 anni fa, nessuna rivalutazione, nessun interesse maturato, un risultato sul quale ha dovuto spendere soldi per averli, lei come tanti altri operai (quei 3.000 sono l'elemosina rimasta, dopo che lo Stato, gli sciacalli e i legali hanno fatto la loro parte per evitare che questi soldi non arrivassero mai), stipendi per i quali l'ho vista scendere in piazza più e più volte, ad alcune manifestazioni ho partecipato anche io, ad una il gruppo di operai subì una carica delle forze dell'ordine (scritto volutamente in piccolo, perché per quelle merde protestare per ricevere il dovuto compenso non era degno di un paese civile, quindi caricare le vittime era il minimo) e tornò a casa in lacrime, non riuscendo a credere che un padre di famiglia avesse potuto alzare le mani su un altro padre di famiglia, solo perché non in grado di distinguere tra il dovuto e il giusto. E immaginate che mia madre fu anche un caso fortunato, visto che le mancavano pochi anni per andare in pensione, e con vari aiuti da parenti e con altri lavoretti in nero riuscì a "saltare il fosso", molti altri operai non furono così fortunati, si ritrovarono presto senza lavoro e dopo poco tempo senza alcun ammortizzatore sociale.
Mia madre mi ha sempre insegnato a non credere mai al padrone, mai, in nessuna circostanza, a non cedere mai alle lusinghe, alle pacche sulle spalle, ai "sei davvero bravo", a non pensare mai, nemmeno per un secondo, che a qualcuno interessi della sorte di coloro che si trovano "al gradino sotto", e per quanto io l'abbia vissuto con i suoi occhi, anche con la violenza, per capirlo davvero ci son dovuto passare in prima persona, viverlo sulla pelle, e il senso di questo post è provare a trasmetterle queste parole, perché il lavoro dà dignità purché sia dignitoso, e vi confesso che, dopo tanti anni, dopo aver lavorato ovunque, da privilegiato, solo oggi inizio ad intravedere un po' di quella dignità che aveva anche lei negli anni '70, prima che l'Italia diventasse il paese della vergogna, e per quanto io viva in un paese più tutelante e in un'azienda coi controcazzi, vivo sempre con l'idea che un giorno possa cadere tutto e il padrone di turno fuggirà con la sua lauta buonuscita, dimenticandosi di tutti quelli ai quali, fino al giorno prima, elargiva copiosi complimenti, "siete i pilastri di questa compagnia".
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ross-nekochan · 1 month
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Ieri è stato il mio primo giorno in smartworking in questa azienda. Fortunatamente tutto è andato bene e siamo riusciti a connetterci alla intranet aziendale come previsto. Meno piacevole è stato il controllo assillante dei superiori: dal 2 Agosto per adeguarci al resto del mondo, hanno cambiato il sistema telefonico - non più il normale telefono, ma un software che guida chi telefona a chiamare il dipartimento giusto e fa girare le chiamate inbound automaticamente. Peccato che non funziona per niente come una telefonata normale e tu non hai nemmeno il diritto di accettare la telefonata; ad un certo punto senti "tu-tu" e sei direttamente al telefono con qualcuno dall'altra parte. A parte questo, ieri poiché tutto l'ufficio era in smart e poiché si vede che qualche chiamata è andata persa per qualche motivo (riescono a controllare pure questo), ci hanno buttato tutti in un gruppo su Teams e ogni volta che qualcuno si metteva "off" per troppo tempo, veniva taggato e ripreso chiedendosi di rimettersi in "disponibile". Alla fine si è capito che si cambiava lo stato dal semplice "off" a tipo "in pausa pranzo" o "in pausa" non venivi taggato e che il problema maggiore era mettersi su "off" (che non è off ma non so come tradurlo - è tipo "in preparazione").
A proposito di questo, non avete idea di quante lamentele ci sono stata e ci sono (ancora) su sto nuovo sistema di gestione delle telefonate. Tutti hanno l'idea dei giapponesi che non si lamentano mai, sono sempre composti ecc... o cazz. Questi si lamentano h24 su delle stronzate colossali, tipo ieri la mia tutor fa:"Quindi a pranzo devi mettere 'in pausa pranzo', quando vai al bagno 'in pausa'... che palle ogni volta dover mettere uno stato diverso".... aoh?!?!? Ma veramente fai?!? Vabbè che ancora non l'ho inquadrata lei come tipo e non so se e quanto sia 'falsa'... so solo che nun fa nu cazz ed è quella che lavora di meno di tutti. Ieri fa pure:"Grazie a Rossella e a Mochizuki le mail non aperte si sono ridotte tantissimo"... e grazie o cazz e tu che cazz e combinat? Boh, però a quanto pare fa pure gli straordinari quindi non so e non capisco (non ancora, almeno).
Alla fine il tifone di grado 7 di ieri non è stata poi chissà che cosa pericolosamente sensazionale: solo pioggia, pioggia, pioggia tutto il giorno e vento abbastanza forte. Come sempre in questo paese: tanto rumore per nulla. Ma capisco che è meglio prevenire che curare.
Alla fine tra le feste e il tifone questa settimana mi sono svegliata alle 6:40 solo giovedì ed è stata praticamente una settimana intera di dormite bellissime e rigeneranti. Come farò dal prossimo lunedì a vivere di nuovo con i soliti ritmi, non lo so. A cui aggiungiamo pure il caldo assassino che sta facendo (temperature percepite fino a 44°C e umidità sempre su 70/80%) - in pratica ci si scioglie, letteralmente.
Ultimamente sono veramente in dubbio se trasferirmi oppure no. Più che altro perché, dopo che il periodo di prova sarà finito, potendo utilizzare lo smarworking ogni tanto e l'orario flessibile non so se il tutto potrà diventare più vivibile. Ci penserò ancora, anche perché sta cosa delle spese iniziali esorbitanti prima di entrare in una casa nuova non mi vanno troppo giù (cioè in Europa sta cosa non mi pare si faccia manco per il cazzo... non parliamo delle spese per arredarla perché già solo per letto frigorifero lavatrice fornelli e microonde chissà quanto se ne va).
Detto ciò ho ricominciato a leggere un po'. Ridendo e scherzando, sono passati mesi su mesi dall'ultima volta e questa cosa mi mette una depressione assurda, oltre alla rabbia, perché fino a che sono arrivata qui un anno fa avevo preso la bella abitudine di leggere qualche pagina prima di dormire e invece adesso non faccio che perdere ore del mio tempo su quella piattaforma del demonio che è IG. Già il lavoro che occupa tutte le mie giornate mi fa sentire 'spenta' intellettualmente, se perdo quel poco di tempo che mi rimane col telefono in mano, la cosa non può che peggiorare. Ma il fatto è che per me la lettura è un momento molto intimo e non riesco per esempio a leggere nel treno come fanno alcuni giapponesi, mi da proprio fastidio essere circondata dalle persone mentre leggo, preferisco ascoltare musica o non fare niente. Invece loro non riescono proprio a stare sui mezzi senza fare niente per cui il 90% di loro si schiaffa letteralmente il telefono in faccia e guardano di tutto: la TV, gli anime, i drama oppure giocano ai giochi di ruolo, ai pokèmon... se li osservi sembrano tutti una massa di lotobotizzati. Non sanno vivere senza telefono e mi domando quanto sia il loro "screen time", io quando arrivo fino a 5h mi bestemmio e quando quelle poche volte nel weekend sono arrivata a 8h mi è venuto il mal di testa.
Tutto sto preambolo perché volevo dire che sto leggendo Byung-Chul Han e che le sue citazioni di Foucault e Heidegger mi sta facendo troppo venire in mente i tempi dell'università quando i loro concetti erano all'ordine del giorno... che bello che era dover usare il cervello tutti i giorni e studiare cose nuove.
Ci dicono dall'infanzia che quando saremo grandi e avremo un lavoro, saremo liberi di fare quello che vogliamo. Col cazzo, è l'esatto contrario: sarai forzato a chiuderti in uno spazio a spendere il tuo tempo facendo cavolate come fossi schiavo del nulla, anzi schiavo dei soldi che ti vengono addebitati e che ti fanno credere di essere libero.
Anche se mi sembrava insopportabile, avrei dovuto sfruttare di più il mio periodo di disoccupazione... ci si lamenta che si esce di casa sempre più tardi ma fossi io incoraggerei a non lasciare casa finché non muore chi ti mantiene, altroché. Prima o poi morirà chiunque e rimarrai solo, quindi dovrai lavorare per forza quindi perché non sfruttare chi ti ha messo al mondo fino alla fine? E se non gli sta bene mandateli a fanculo. Nessuno ha chiesto a nessuno di mettere al mondo altra gente e se pensavano di farlo perché così 'durante la vecchiaia non rimaniamo da soli' la prossima volta si fanno due conti in tasca prima di pensare a sfornare badanti a gratis. Certe volte più che ai sugardaddy penso che fare la badante a qualche coppia di vecchietti (non troppo burberi) possa essere una valida alternativa a sta vita d'ufficio di merda... e non sto scherzando.
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Bertone Nuccio, 2012. An earlier Bertone concept that celebrated their 100th anniversary and which was also said to reference wedge concepts from the late 60s and 70s. The name refers to Nuccio Bertone, son of the founder of the design house who ran the company after the second world war until his death in 1997. In 2014 Gruppo Bertone went bankrupt.
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falcemartello · 1 year
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Come si arriva alla realizzazione di un parco eolico?
Se pensate che sia una festa ecologica, un progetto che mira a migliorare la vita delle persone e salvare il pianeta, seguite come operano in Francia per edificare queste cattedrali eoliche.
L’operazione è il risultato di una impensabile alleanza tra accaniti ambientalisti e affaristi dell’energia eolica.
Uno di questi, fondatore di Valorem, Jean Ives Grandidier dice: “Deve essere un grande affare perché questi progetti sono ad alta intensità di capitale.
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L’investimento iniziale è davvero significativo. Ma non deve essere solo una storia di soldi. E’ inoltre necessario che questi progetti abbiano i colori e i valori dell’ecologia”.
I promotori sono molto furbi. Prima di tutto, si deve sapere che agiscono di nascosto. L’intero inganno è non apparire.
Si inizia contattando un sindaco, non il consiglio comunale, il sindaco soltanto, mettendo davanti l’impatto finanziario per il comune.
La presentazione non è fatta dicendo: “le sto dando la possibilità di combattere il cambiamento climatico”.
Il discorso è più prosaico: “Ecco quello che vi farà fare i soldi a voi comune e poi ai privati che accettano di affittarci il terreno“. Ecco come funziona.
Siamo quasi a 10.000 euro di reddito all’anno per pala eolica. Ci sono anche tutti i contratti per il passaggio dei cavi e l’indennità di vicinato (cioè a dire che alcuni creeranno fastidi ai loro vicini che saranno perciò indennizzati per questo).
Tutto scritto.
Coloro che sono interessati all’ecologia non sanno nemmeno che il progetto esiste.
Hanno sentito parlare di un progetto vago o qualcosa del genere. Poi all’improvviso scoprono l’orrore.
“Ehi, ma non è un piccolo mulino!” mettono pale eoliche a 700 metri da casa che, nel migliore dei casi sono alte 150 m, e nel peggiore 245 m.
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Una volta capito l’inganno, è troppo tardi. Tornare indietro non si può. L’imprenditore sa che guadagnerà decine di milioni di euro e anche di più, perciò se un gruppo di privati ha intenzione di bloccarlo deve fare i conti con ruppi finanziari giganteschi.
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Si stima che il 70% dei progetti sono contestati. Cioè in 7 casi su 10 le persone sono motivate per raccogliere per rivolgersi al tribunale amministrativo per impugnare il progetto. Ma l’iter può andare avanti per 15 anni. Nessuno ha la forza per arrivare in fondo.
Se il pubblico è invitato a partecipare al finanziamento delle pale eoliche sarà più facile assicurare l’accettazione. Il problema è che le persone che investono, investiranno qualche decina o centinaio di euro sui milioni rappresentati nel parco eolico.
Saranno noccioline, non rappresenteranno niente e non avranno nessuna influenza sulle decisioni che verranno prese. Un agricoltore locale commenta amaramente :“Uccidono la campagna, martirizzano la gente e fanno perdere valore ai terreni”
E i politici che fanno?
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Il ministro della transizione ecologica francese Barbara Pompili dice:” Il vento fornisce il 7% del nostro consumo elettrico e col solare, lo scorso anno, l’energia eolica ha evitato l’emissione di 22 milioni di ton di CO2. (un’inezia rispetto ai 36 miliardi nel mondo!)
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Forte di questo bilancio e dell’82% dei francesi che hanno opinione favorevole lo ripeto davanti a voi, ai rappresentanti della nazione: sì questa tecnologia senza emissioni di CO2 è parte integrante della soluzione. Sì ne abbiamo bisogno ancora di più”.
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Ne dobbiamo avere di più.
Certo. Gli affari sono affari!
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marcogiovenale · 1 year
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firenze, 7 ottobre: "gruppo 70. una guerriglia verbo-visiva" @ frittelli arte contemporanea
A sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70, Frittelli arte contemporanea (via Val di Marina 15, Firenze) inaugura, sabato 7 ottobre 2023, nell’ambito della Florence Art Week, la mostra “Gruppo 70. Una guerriglia verbo-visiva”, a cura di Raffaella Perna, che mette in luce l’attualità di uno dei movimenti più radicali della scena artistica italiana degli anni Sessanta. L’esposizione propone uno…
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ilpianistasultetto · 1 year
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Siamo stati tutti ragazzi e tutti siamo andati a scuola. La storia e' sempre stata una materia ripetitiva. Partiva sempre da lontano, dagli uomini primitivi. Poi si perdeva nei rivoli del prima e dopo Cristo. Arrivava giugno e ti ritrovavi quasi sempre alle prese con mille camice rosse e con Garibaldi che "obbedisco" al re piemontese, incontrato a Teano. Qualche anno riuscivi a sentire il mormorio del Piave o vedevi un omaccione tozzo e pelato su un trattore intento a spigolar grano per rendere opulenta l'italica patria. Mai si andava oltre. La storia contemporanea si studiava dopo, finiti gli studi, da "autodidatta", tra politica, letture e filmografie neorealiste degli anni '60-70. Chi sapeva pero' spiegare bene la storia moderna erano i milioni di persone che quel periodo lo hanno vissuto sulla propria pelle. Ecco che oggi, invece, si alza la seconda carica dello Stato, il fascista Ignazio Benito La Russa e in 5 min spiega come e' andata negli anni prima del 25-aprile-1945. Niente occupazione nazista, niente fascismo, niente tirannia, niente sanguinari nazionalisti. L'italia era un Paese triste, povero, analfabeta e senza cultura, cosi Mussolini invito' l'amico Hitler a mandare in Italia le sue migliori bande musicali per allietare il popolo. Roma fu la piu' fortunata. Tutti i giorni era traversata da un battaglione di musici tirolesi che allietava bimbi, donne e anziani con la loro migliore canzone, Hupf mein Maden..
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C'era divertimento, allegria, euforia al passaggio di chi era venuto nel nostro Paese per regalare divertimento e cultura. Fin quando non arrivo' un gruppo di facinorosi assassini partigiani comunisti e.. buuummm..fecero un attentato contro quei poveri suonatori innocenti prossimi alla pensione. @ilpianistasultetto
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t-annhauser · 1 year
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Tg Cane
Lo sapete come fanno, quando attaccano con una cosa non la piantano più finché non te la inchiodano per bene dentro la testa, dico il nuovo filone violento di fine estate 2023, gli stupri di gruppo, arricchiti dalla new entry degli operai fatti a pezzi dal treno "lanciato a 160 km/h". Negli anni '70 c'erano i mondo movie, filone che prese le mosse da Mondo Cane, una specie di documentario che con il pretesto dell'intento pedagogico mostrava riti sanguinolenti e strane usanza nel mondo (c'erano anche le processioni di battenti), un filone sfociato più tardi nel genere cannibal dove c'era sempre una spedizione di esploratori occidentali che finivano mangiati vivi e le donne regolarmente violentate dagli indigeni. Ecco, l'informazione è sempre più exploitation, morboso sfruttamento commerciale della cronaca per andare incontro al bisogno di emozioni forti del pubblico, solo che con la faccia di tolla che si ritrovano la fanno passare per diritto d'informazione. (il mio preferito è Africa nuda, Africa violenta, solo per il titolo).
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colonna-durruti · 2 years
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CRONACHE RIBELLI
Si sta scrivendo molto dell'aggressione perpetrata da militanti di Azione Studentesca, sigla riconducibile alla galassia dell’estrema destra, a danni di alcuni studenti del liceo fiorentino Michelangelo. Le ultime notizie ci parlano di una delegazione di Azione Studentesca ricevuta in pompa magna da esponenti della maggioranza dopo l’insediamento dell’esecutivo Meloni.
Il fatto non ci stupisce. Come scritto più volte, la trentennale apertura politica a questi soggetti non può che peggiorare in questo frangente.
Chi conosce un po’ di storia dello squadrismo fascista può tranquillamente rivedere nell’azione di pochi giorni fa il modus operandi che contraddistingue il movimento fin dalle origini. La pratica di portare un gruppo di militanti in un contesto respingente, come quello di scuole in cui sono largamente prevalenti gli studenti antifascisti, ricorda chiaramente le provocazioni praticate nei luoghi di lavoro, nelle sedi sindacali e nelle manifestazioni operaie nel biennio 1919-1921, oltre ovviamente alle provocazioni tipiche degli anni ‘70 praticate da gruppi neofascisti. L’obiettivo è di cercare la contestazione, o anche solo il semplice rifiuto - oggi di un volantino, in passato era di cantare l’inno nazionale o magari indossare un gagliardetto tricolore - per scatenare una violenza già ampiamente programmata. Una violenza puntuale, facilitata dalla superiorità numerica del momento e seguita, ieri come oggi, dalla fuga. Il muoversi in manipoli, che chiaramente sono composti da elementi estranei all’ambiente in cui si porta avanti “l’azione”, serve proprio a questo: aggredire con la sicurezza dell’impunità.
Nel caso specifico è bastato che un solo ragazzo antifascista - a cui va la nostra piena totale e incondizionata solidarietà poiché sarà sicuramente oggetto di una prossima repressione - reagisse, difendendo un compagno che mentre era a terra veniva selvaggiamente picchiato, per farli fuggire.
Insomma uno contro sei, sette, forse dieci e sono scappati.
Come storicamente sono scappati nel biennio rosso davanti ai lavoratori ogni volta che non hanno avuto dalla loro il supporto delle forze dell’ordine e la copertura istituzionale, o ancora nel ‘43-’45 davanti ai partigiani senza le armi o l’aiuto dell’alleato nazista.
Onestamente non ci accoderemo alla litania mediatica già sentita sui “ragazzi di Salò”, che nel lato specifico diventa “sono ragazzini traviati”. No, sono dei criminali politici, come lo erano i loro giovani omologhi in passato, senza alcuna attenuante, che si nascondono dietro la retorica “della non conformità al sistema” quando ne sono la più alta espressione.
Ieri come oggi non li vedrete mai presentarsi davanti ai luoghi dei potenti, fronteggiare chi sfrutta, opprime e affama la povera gente, ma sempre e solo usare la becera violenza nei confronti delle categorie sociali più marginali o di quei soggetti, come gli studenti, che alimentano i movimenti e promuovono il cambiamento sociale.
Perché in fin dei conti, nel passato come nel presente, restano sempre dei servi.
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diceriadelluntore · 2 months
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Storia di Musica #335 - The Clash, Sandinista!, 1980
Il punto esclamativo finale di questa piccola carrellata tra i dischi che lo hanno nel titolo arriva ad uno dei più famosi dischi degli anni ’80. Protagonista una band che nasce dal calderone del punk britannico della seconda metà degli anni ’70, ma che grazie ad un percorso per molti versi unico e virtuoso, è arrivata ad essere, giustamente, considerata come una delle più importanti rock band d tutti i tempi. Joe Strummer è figlio di un alto funzionario del Ministero degli Esteri Britannico, tanto che nasce in Turchia nel 1952. Quando ha 20 anni, fonda un gruppo, i 101’ers con Clive Tiperlee e Richard Dudanski. Suonano con discreto successo nei pub londinesi e registrano persino qualche canzone. Nel loro giro c’era un altro gruppo, I London SS, che erano noti poiché non suonavano quasi mai con la stessa formazione, in una sorta di gruppo aperto: tra coloro che più spesso ne facevano parte c’erano Mick Jones, Paul Simonon, Tory Crimes e Nicky “Topper” Headon. I primi tre si uniscono a Strummer e per qualche mese al chitarrista Keith Levine (che suonerà pochi anno dopo nei PIL di Johnny Rotten) e fondano un proprio gruppo, che prima si chiama Heartdrops, e poi The Clash. La prima, storica, esibizione è allo Screen On The Green di Islington, il 26 Agosto 1976. Inizia qui la loro storia: agli esordi sono una delle punte di diamante del punk di quegli anni, espressione più matura e politicamente sensibile del periodo storico economico di quei tempi. Ne è esempio il primo grande successo, White Riot, uscito nel Marzo 1977, ispirato agli scontri tra polizia e giovani neri al carnevale di Notting Hill nel 1976. Sono il punto di incontro della visione politica più matura e curiosa, lontano dall’anarchismo furbetto dei Sex Pistols o dall’apatia politica disinteressata dei Damned. Il loro esordio discografico è fragoroso: The Clash esce nell’anno Uno del Punk Britannico, il 1977, e piazza canzoni mito come I Fought The Law e (White Man) In Hammersmith Palais, unendo i ruvidi stilemi del punk a ritmi giamaicani del dub e del reggae. Il successo li carica, e il successo lavoro è leggenda: London Calling (1979) è il primo disco in studio cui Topper Headon prende posto dietro i piatti della batteria (dopo aver suonato già nel tour post primo disco), ma soprattutto è il racconto del rapporto odio-amore con gli Stati Uniti, fonte delle musiche vitali per loro stessi ma anche dell’ipocrisia, dei complotti. È un doppio disco che mostra la personale e infinita voglia di contaminare la musica di suoni e colori differenti: album pietra miliare per le musiche (l’incandescente title track), i temi (la violenza urbana di Guns Of Brixton, il terrorismo basco di Spanish Bombs), la copertina (che riprende la grafica dei primi dischi di Elvis con la foto di Simenon che distrugge il basso sul palco).
L’idea successiva, dopo un tour che li portò in mezzo mondo a suonare e una ormai consolidata fama di band impegnata, era piuttosto bizzarra: dopo aver imposto alla CBS il prezzo politico per London Calling di disco singolo pur essendo doppio, la band progettò la pubblicazione di 12 singolo uno per mese. Negata l’idea, ottenne di poter registrare per una settimana i mitici Electric Ladyland Studios di New York. Registrano di tutto, e tornano con una montagna di materiale a Londra. Inclusi vari remix dub di idee e canzoni. Mettono un po’ a posto tutto, e decidono di pubblicare tutto quello che avevano registrato, 36 canzoni, un triplo disco. La CBS non vorrebbe pubblicarlo, poi si accorda con la band: se volete anche stavolta il prezzo “politico imposto” dovete rinunciare ai diritti per le prime 200 mila copie. La band accettò.
Sandinista! è un omaggio al Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, un movimento rivoluzionario e partito politico nicaraguense protagonista nel 1979 del crollo del regime dittatoriale di Anastasio Somoza Debayle: deve il suo nome all’ispirarsi alle teorie di Augusto César Sandino, rivoluzionario nicaraguense, nonché uno dei conduttori della resistenza rivoluzionaria alla presenza militare statunitense in Nicaragua tra il 1927 e il 1933. Tra l’altro leggenda vuole che Margareth Thatcher odiasse profondamente il termine e avesse avuto l’idea di proibirlo in Gran Bretagna. Il disco allarga a dismisura l’osservazione del mondo, proprio perché, e le interviste dopo la pubblicazione lo confermeranno, i concerti li avevano portati dove non erano mai stati, potendo così vedere quello che non avevano mai visto. La musica non è mai stata così piena di influenze, di idee, tanto che i fan della prima ora lo criticarono aspramente, accusandolo di aver perso tutta la spontanea violenza del punk. Ma a ben vedere, i nostri non hanno affatto perso lo sguardo critico e potente sulle cose, lo hanno solo voluto esprimere in modi diversi. Bastano i 6 monumentali, e storici, minuti di The Magnificent Seven per spiegare tutto: primo brano di rap bianco, Mick Jones a New York rimase ipnotizzato dai primi lavori della Sugarhill Gang e dei Grandmaster Flash & The Furious Five, è il viaggio nella testa di un operaio che si alza alle sette di mattina per andare al lavoro, che lavora per comprare regali alla sua fidanzata, ma che è anche un grande affondo alla realta del consumismo contemporaneo. Hitsville Uk è un brano che sa di gospel e di soul (il titolo è un omaggio alla Motown). C’è il Blues di Junco Partner e la sua versione dub in Version Pardner. Ivan Meets G.I. Joe è la cronaca surreale dell'incontro-scontro a ritmo di disco music tra un soldato americano e uno sovietico su una pista da ballo, in un tripudio di suoni da videogioco. The Call Up si apre con i cori dei Marines statunitensi, perché la chiamata del titolo è proprio un riferimento al servizio militare, dato che nel 1980 il Congresso ripristinò l'obbligo per gli uomini di età compresa tra 18 e 25 anni di registrarsi al Selective Service System. C’è persino un valzer, Rebel Waltz, Charlie Don't Surf è tratto da una celebre battuta del film Apocalypse Now, Police On My Back, divenuta famosissima, è una cover di un vecchio brano di Eddy Grant contro il regime dell'apartheid in Sudafrica. Il tutto con remix, versioni dub, riferimenti alle rivoluzioni in America Latina, perfino la voce di una bimba, Maria, figlia di Mick Gallagher che dà una bella mano a suonare nel disco, che canta in modo stentato alcune strofe di Guns of Brixton accompagnata al pianoforte dal padre.
Ridondante, eccessivo, imperfetto, eppure spargerà fertilità ovunque e per decenni. Ricordo un ultima curiosità: non si sa se per caso o perché i Clash lo imposero, ma il numero di catalogo del triplo era 'FSLN1', stesso acronimo di Frente Sandinista de Liberación Nacional. Un ultimo riferimento magico ad un disco leggendario.
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