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#Le identità del contemporaneo
queerographies · 1 year
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[Sensi migranti][Stefano Candellieri][Davide Favero]
L’obiettivo delle giornate di studio/performance è stato quello di sensibilizzare e aumentare la conoscenza/competenza dei partecipanti relativamente ai fenomeni di indebolimento identitario, nel senso che dà Vattimo al termine, fenomeni sempre più riscon
Susan Sontag con Note su “Camp”, Gender Trouble di Judith Butler, la Teoria Queer con le sue sfide all’identità di genere, il lavoro decostruzionista di Derrida, poststrutturalista di Foucault e soprattutto quello semioanalitico di Kristeva sono stati gli assi culturali portanti in cui si sono inscritte le giornate di studio. Si è cercato di porre in comunicazione la metapsicologia junghiana,…
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belladecasa · 1 year
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Più di un secolo fa Sibilla Aleramo scriveva Una donna dando voce a generazioni di donne silenziate, ammazzate, abbruttite, umiliate. Generazioni di donne del passato e del futuro, perché essere donna significa ancora oggi vivere un presente acronico di dolore. Significa una scissione atavica tra il corpo e l'identità, significa essere ancora le donne-vascello del Dio cristiano (e non solo) e di Eschilo, solo per citare un paio di voci ideologiche che hanno legittimato millenni di disumanizzazione femminile.
In me la madre non si integrava con la donna; questa sola frase è più potente di secoli di letteratura. Sibilla per affermare la sua identità è costretta a rinunciare all'unico essere che l'aveva resa felice, suo figlio. È costretta a lasciare il figlio sapendo che lui l'avrebbe odiata, che si sarebbe sentito per sempre abbandonato e non amato, quando invece era l'unico e più grande amore della sua vita. Scrive il libro perché suo figlio sappia cosa è stato, scrive: questo libro è per mio figlio. Ma il libro è anche il corrispettivo del figlio, è il frutto della sua vocazione e della sua forza di far crescere la sua vocazione dentro la vita, come di direbbe Hillman. E oggi ancora siamo Sibilla, mia nonna, mia madre, io, ancora oggi siamo costrette a silenziare la donna per la madre, o ancora più spesso, nell'Occidente contemporaneo, la madre per la donna. Ancora oggi dobbiamo abbandonare l'amore vitale per l'amore naturale, o viceversa. Forse nella mia famiglia sono la prima donna libera. Forse sono la prima a non essere costretta davvero all'una o all'altra. Quando ero più piccola non capivo perché mia madre dicesse spesso: il figlio non è del padre, è della madre. Oggi so che significa, oggi capisco.
Sono la prima che può davvero fare di Sibilla un'ideologia, un paradigma, dopo secoli, e non esserlo davvero. Dico sempre secoli perché io credo che ogni donna li senta, i secoli, senta una sofferenza millenaria, una sofferenza che la prescinde, ereditaria come una malattia genetica. Ad un certo punto realizza epifanicamente di essere non solo se stessa, ma di essere tutte le donne che ci sono state, che hanno sofferto, e sa cosa hanno sofferto, lo sa e basta.
In un certo senso il parto è metafora della vita della donna: il dolore più grande è la più grande beatitudine. Dover agonizzare per la salvezza di qualcun altro, ma anche per la propria felicità. Il parto è l'antinomia umana per eccellenza, ma chissà se mai la risolveremo questa antinomia nella Storia, se mai avremo la possibilità di un centro, di un'analogia. Io mi appartengo come Sibilla non ha potuto, e spero di poter essere Sibilla per coloro che verranno.
#s
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schizografia · 11 months
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Occorre che ogni punto di vista sia anche la cosa, o che la cosa appartenga al punto di vista. Occorre perciò che la cosa non sia niente d’identico, ma sia scomposta in una differenza in cui svanisce l’identità dell’oggetto visto come del soggetto che vede. Occorre che la differenza divenga l’elemento, l’unità ultima, e che rimandi dunque ad altre differenze che mai la identifichino, ma la differenzino. È necessario che ogni termine di una serie, in quanto già differenza, sia posto in un rapporto variabile con altri termini, e costituisca perciò altre serie sprovviste di centro e di convergenza, così come è necessario anche nella serie affermare la divergenza e lo spostamento di centro. Ogni cosa, ogni essere deve vedere la propria identità assorbita nella differenza, non essendo altro che una differenza tra differenze. Si deve mostrare la differenza nell’atto di differire. Si sa che l’opera d’arte moderna tende a realizzare queste condizioni: essa diviene in tal senso un vero teatro, genera metamorfosi e permutazioni. Teatro senza nulla di fisso, o labirinto senza filo (poiché Arianna si è tolta la vita). L’opera d’arte lascia il campo della rappresentazione per divenire “esperienza”, empirismo trascendentale o scienza del sensibile.
È strano che si sia potuto fondare l’estetica (come scienza del sensibile) su ciò che può essere rappresentato nel sensibile, anche se in verità non è migliore il procedimento inverso che sottrae dalla rappresentazione il puro sensibile, e tenta di determinarlo come quel che resta una volta che la rappresentazione sia abolita (per esempio un flusso contraddittorio, una rapsodia di sensazioni). Vero è che l’empirismo diviene trascendentale, e l’estetica, una disciplina apodittica, quando afferriamo direttamente nel sensibile ciò che può essere solo sentito, l’essere stesso del sensibile: la differenza, la differenza di potenziale, la differenza d’intensità come ragione del diverso qualitativo. Nella differenza il fenomeno balena, si dispiega come segno, e il movimento si produce come “effetto”. Il mondo intenso delle differenze, in cui le qualità trovano la loro ragione è il sensibile, il proprio essere, è proprio l’oggetto di un empirismo superiore, che ci insegna una strana “ragione”, il multiplo è il caos della differenza (le distribuzioni nomade, le anarchie incoronate). Le differenze si somigliano sempre, sono analoghe, opposte o identiche: la differenza è dietro ogni cosa, ma dietro la differenza non c’è nulla. Tocca ad ogni differenza di passare attraverso tutte le altre, e di “volersi” o di ritrovarsi anch’essa attraverso tutte le altre. Si capisce perché l’eterno ritorno non sorga come secondo, o non venga dopo, ma sia già presente in ogni metamorfosi, contemporaneo di ciò che fa ritornare. L’eterno ritorno si riferisce a un mondo di differenze implicite le une nelle altre, a un mondo complicato, senza identità, propriamente caotico. Joyce presentava il vicus of recirculation come facente girare il chaosmos; e Nietzsche diceva che il caos e l’eterno ritorno non erano due cose distinte, ma una sola e stessa affermazione. Il mondo non è né finito né infinito, come nella rappresentazione, ma è compiuto e illimitato. L’eterno ritorno è l’illimitato dello stesso compiuto, l’essere univoco che si dice della differenza.
Nell’eterno ritorno, il caos-erranza si oppone alla coerenza della rappresentazione, e esclude la coerenza di un soggetto che si rappresenta, come di un oggetto rappresentato. La repetitio si oppone alla repraesentatio, il prefisso ha mutato di senso, poiché in un caso la differenza si dice soltanto in rapporto all’identico, ma nell’altro è l’uni vocò che si dice in rapporto al differente. La ripetizione è l’essere informale di tutte le differenze, la potenza informale del fondo che porta ogni cosa a quella “forma” estrema in cui dilegua la sua rappresentazione. Il dispars è l’ultimo elemento della ripetizione, che si oppone all’identità della rappresentazione. Così il circolo dell’eterno ritorno, della differenza e della ripetizione (che liquida quello dell’identico e del contraddittorio), è un circolo vizioso, che non dice lo Stesso se non di ciò che differisce. Il poeta Blood enuncia la professione di fede dell’ empirismo trascendentale al modo di una vera estetica: “La natura è contingente, eccessiva, ed essenzialmente mistica… Le cose sono strane… L’universo è selvaggio… Lo stesso non torna se non per portare qualcosa di differente. Il lento cerchio del tornio dell’ intagliatore non avanza che dello spessore di un capello. Ma la differenza si distribuisce sulla curva tutta intera, mai esattamente adeguata.
Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione
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realnews20 · 4 days
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Nei consueti nove punti di questo blog, attivo dal 2011 su queste pagine, voglio oggi portarvi alla scoperta di Anohni. L’artista di origini inglesi, suonerà domani, sabato 15 luglio, a Ravenna. Cominciamo! 1. Da Antony a Anohni: una metamorfosi artistica Anohni, nata Antony Hegarty, ha vissuto una trasformazione profonda e toccante. Originaria della pittoresca cittadina di Chichester, in Inghilterra, ha fondato gli Antony and the Johnsons nel 1998, dando vita a un progetto musicale che ha affascinato il pubblico per la sua intensità emotiva. Nel 2012, Anohni ha coraggiosamente reso pubblica la sua transizione di genere, una rivelazione che ha aggiunto nuove sfumature alla sua musica. Questo momento di verità e rinascita ha trasformato la sua arte, facendo di lei un’icona di autenticità e vulnerabilità. La sua voce unica, intrisa di emozione e profondità, insieme a un sound arricchito da influenze elettroniche e orchestrali, l’ha resa una figura straordinaria e imprescindibile nel panorama musicale contemporaneo. 2. “I Am a Bird Now”: il volo verso il successo Con l’album “I Am a Bird Now” del 2005, ha conquistato il prestigioso Mercury Prize, consolidandosi come un punto di riferimento nella musica contemporanea. Il disco, caratterizzato da brani intensi come “Hope There’s Someone” e “You Are My Sister”, esplora temi di identità e trasformazione; ogni canzone è un viaggio emotivo, che affronta con delicatezza e profondità le sfide e le esperienze della vita. Le melodie struggenti e i testi poetici elevano Anohni come una delle voci più potenti e autentiche della sua generazione. Che altro dire? L’album rimane una testimonianza vibrante della capacità della musica di esplorare e comunicare l’essenza dell’esperienza umana. 3. Lou Reed e le collaborazioni stellari Lou Reed l’ha voluta nel suo album “The Raven” e l’ha invitata a partecipare ai tour che ne sono seguiti. Il musicista stesso ha descritto la voce della cantante come una delle più incredibili con cui abbia mai lavorato, un riconoscimento straordinario se pensiamo da chi giunge. Anche Björk ha collaborato, fondendo la sua espressività e sperimentazione musicale con quella della cantante britannica. Sono numerosi gli intrecci artistici: da Rufus Wainwright a Hercules and Love Affair, tutti esempi della versatilità e capacità di reinventarsi continuamente. Ogni collaborazione arricchisce il repertorio, offrendo nuove prospettive artistiche, mantenendo sempre una forte identità e coerenza. 4. “Hopelessness”: un grido politico ed elettronico Non tutto fila liscio. Sebbene “Hopelessness” venga celebrato per la sua profondità emotiva e l’impegno politico, l’intensità del messaggio ha attirato numerose critiche. L’audace direzione intrapresa da Anohni racchiude messaggi politici inconfutabili; brani come “Drone Bomb Me” e “4 Degrees” evidenziano potenti messaggi contro il sistema, ma la loro franchezza e la cupa rappresentazione delle questioni contemporanee non vengono unanimemente apprezzate. Anche l’EP “Paradise” (2017) ha continuato con una narrazione politicizzata, risultando a volte pesante e meno accessibile. Prendere o lasciare, la sua visione artistica intransigente è parte preponderante “del pacchetto”. 5. L’impegno sociale di un’artista attivista Anohni non è solo una musicista di grande talento, ma anche un’attivista impegnata. La sua arte diventa uno strumento potente per sensibilizzare su temi cruciali come i diritti LGBTQ+ e la giustizia ambientale. Ogni performance e progetto artistico rappresenta un invito a riflettere e ad agire, rendendo una cifra stilistica significativa e influente. Sfidare le convenzioni non è un optional, significa piuttosto ispirare un cambiamento reale, unendo bellezza e impegno sociale mediante una modalità che pochi artisti riescono a proporre. 6. Oltre la musica: un’artista poliedrica Non solo musica: Anohni è anche un’artista visiva di talento. Ha partecipato a numerose esposizioni internazionali, esplorando diverse forme espressive, dalla pittura alla scultura, fino alla performance art.
Le sue opere divengono frammenti di un puzzle più grande, rappresentante la sua visione del mondo, dove le battaglie personali e sociali, come nella musica, sono il cardine della sua esistenza. Anohni utilizza l’arte visiva per amplificare il suo messaggio, creando un dialogo continuo tra suono e immagine, invitando il pubblico a riflettere su temi cruciali come i diritti LGBTQ+ e la giustizia ambientale. Forse, la capacità di integrare diversi mezzi espressivi rende il suo contributo artistico ancora più rilevante e influente nel panorama contemporaneo. 7. Una voce che incanta e commuove La voce di Anohni è stata paragonata a quelle di leggende come Nina Simone e Billie Holiday. Il suo timbro unico e la capacità di trasmettere emozioni profonde la rendono inimitabile. Ogni interpretazione è un viaggio emotivo che tocca l’anima degli ascoltatori, trasformando ogni esibizione in un evento indimenticabile. Con il suo registro vocale distintivo e la sua espressività, si distingue nel panorama musicale contemporaneo. Parliamo di vere e proprie performance, cariche di sentimento e autenticità, in grado di catturare l’attenzione e il cuore di chi ascolta. La voce riesce a esprimere una vasta gamma di emozioni, rendendo ogni concerto un’esperienza coinvolgente e memorabile. 8. Curiosità a) Prima di diventare famosa, si esibiva come drag queen nei club underground di New York. b) Ha collaborato con il regista Charles Atlas per il progetto “Turning”, un film-concerto che esplora la vita di donne transgender attraverso performance e video arte. c) Nel 2008 ha composto e interpretato la canzone “The Great White Ocean” per una campagna pubblicitaria di Prada. d) Ha prestato la voce per il canto del personaggio dei Fathiers in “Star Wars: The Last Jedi”. e) È una cara amica di Yoko Ono, con cui condivide interessi artistici e attivistici. f) Nel 2009 ha sorpreso i fan con una cover emotiva e stravolta del successo di Beyoncé “Crazy in Love”. g) Ha dichiarato di essere affascinata dalle forze invisibili che governano il mondo naturale e umano. h) Nel 2012, è stata curatrice del Meltdown Festival di Londra, con la partecipazione di artisti come Lou Reed, CocoRosie e Elizabeth Fraser. i) L’astrologia è un tema spesso incorporato nelle sue opere artistiche e musicali. 9. Il Concerto di Ravenna Per la prima volta in dieci anni, torna per una serie di concerti con i The Johnsons, e, in un’epoca di sconvolgimenti, lancia una sfida: It’s Time to Feel What’s Really Happening (È ora di sentire cosa sta succedendo davvero). Che cosa aspettarsi? Un concerto di Anohni è un’immersione artistica totale, generalmente in grado di fondere musica e visual art. Il repertorio spazia dai suoi classici a brani più recenti, spesso accompagnati da potenti messaggi sociali e ambientali. Ogni dettaglio, dalle luci alle proiezioni, è studiato per offrire un’esperienza unica e memorabile, che va oltre il semplice ascolto musicale. Pochissimi i biglietti ancora disponibili (Info Ticket). Vi lascio con la consueta playlist di 9 brani. La potrete ascoltare gratuitamente sul mio canale Spotify personale. Ci si vede domani a Ravenna. 9 Canzoni 9 di Anhoni L'articolo Anohni in nove punti: un’artista poliedrica tra musica, arte e attivismo proviene da Il Fatto Quotidiano. [ad_2] Sorgente ↣ :
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enkeynetwork · 19 days
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mcvinmartini · 2 months
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Il progetto fotografico "MCV in MARTINI" trascende i confini della mera rappresentazione fotografica per sondare le profondità delle dinamiche relazionali umane, l'identità individuale e collettiva, nonché le mutazioni culturali in atto.
L'impulso creativo alla base del progetto affonda le sue radici in un'ispirazione di carattere intimamente personale, derivante dall'interazione con due figure di spicco nella mia vita: Andreina Martini, psicologa e linguista nata nel 1927, e Maria Chiara Valacchi, critica d'arte di rilievo nel panorama contemporaneo. Queste personalità hanno impresso un marchio indelebile sul mio percorso vitale e artistico, spingendomi verso l'esplorazione delle intricate maglie relazionali che intercorrono tra noi, mediante il linguaggio della fotografia.
Il mio interesse nel ritrarre MariaChiara Valacchi trova origine non solo nella sua innata bellezza e predisposizione al dialogo attraverso l'immagine, ma intende altresì sondare l'interazione dinamica tra persona e ambiente, all'interno degli spazi vissuti da Andreina Martini. Tali ambienti, saturi di storia e di significati latenti, si configurano come lo sfondo su cui si dipanano le nostre reciproche interazioni, con gli abiti di entrambe a fungere da emblemi di identità e metafore delle complesse relazioni interpersonali sempre in evoluzione.
L'omonimia del cognome "Martini" con l'azienda di superalcolici Martini aggiunge un ulteriore strato di significato al progetto, facendo emergere una complessa rete di connessioni culturali e linguistiche.
L'immagine delle bottiglie di Martini e dei cocktail con il loro caratteristico nome impresso non è semplicemente un elemento decorativo, ma piuttosto una porta d'ingresso a un ulteriore riflessione sulla permeabilità delle nostre vite al linguaggio commerciale e alla cultura di consumo.
In un contesto sociale sempre più influenzato dalla presenza onnipervasiva del marketing e della pubblicità, è inevitabile che anche i marchi commerciali si insinuino nelle nostre interazioni quotidiane, diventando parte integrante del nostro lessico familiare e del nostro immaginario collettivo. Questo fenomeno, tuttavia, non è semplicemente una questione di assimilazione passiva dei prodotti commerciali, ma piuttosto una manifestazione più ampia delle interazioni complesse tra individui, cultura e economia.
Le fotografie che incorporano il marchio Martini offrono una finestra su questo processo, mostrando come gli oggetti di consumo possano entrare a far parte del tessuto delle nostre relazioni personali e influenzare la nostra identità e il nostro senso di appartenenza. Questo dialogo tra il personale e il commerciale, tra l'individuo e il marchio, si manifesta in una serie di connessioni visive e grafiche che arricchiscono ulteriormente il significato delle fotografie nel contesto del progetto.
La similitudine di Maria Chiara Valacchi con le figure femminili delle pubblicità dell'azienda Martini aggiunge un intrigante strato di significato. Questa connessione visiva e simbolica crea un ponte tra il mondo dell'arte e della pubblicità, invitando a riflettere sul potere dell'immaginario visivo e sulle influenze culturali nel plasmare le nostre percezioni e relazioni.
Attraverso questa sovrapposizione di immagini e significati, il progetto sfida lo spettatore a esplorare il complesso intreccio di significati che caratterizza il mondo contemporaneo, offrendo nuove prospettive sulle relazioni tra arte, cultura e società.
Andreina Martini e Maria Chiara Valacchi possono non essere famose nel senso tradizionale del termine, ma sono donne di grande valore e significato nella mia vita come in quella di molte altre persone nel contesto della comunità in cui operano. Sono intellettuali rispettate e influenti nei rispettivi campi, e le loro vite e contributi sono preziosi e significativi nonostante non abbiano raggiunto una fama globale.
La scelta di ritrarre queste donne è quindi un atto di riconoscimento e celebrazione delle esperienze e delle relazioni umane che possono avere un impatto profondo sulle nostre vite anche senza essere amplificate dai riflettori mediatici, si invita a guardare oltre la superficie della fama e a riconoscere il valore intrinseco di ogni individuo, indipendentemente dal suo grado di notorietà pubblica.
Nell'approccio tecnico adottato, ho armonizzato metodologie fotografiche di stampo tradizionale a tecniche di elaborazione digitale, al fine di forgiare un'estetica che bilanci la tradizione con una prospettiva deliberatamente contemporanea. Questa dicotomia tra passato e presente, tra analogico e digitale, incarna la dialettica delle relazioni umane e delle espressioni artistiche nel fluire del tempo.
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lamilanomagazine · 2 months
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Pesaro: è la settimana di Cagli fra nuove escursioni guidate e mostre
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Pesaro: è la settimana di Cagli fra nuove escursioni guidate e mostre. Fino al 14 aprile è il Comune di Cagli il nuovo protagonista di '50x50: Capitali al quadrato', il progetto simbolo di Pesaro 2024 che vede i cinquanta Comuni della Provincia di Pesaro e Urbino, a turno, Capitale per una settimana lungo il 2024; special partner '50x50 Capitali al quadrato' Banca di Pesaro - Credito Cooperativo. Il ricco programma si intitola 'Dans l'éternité les choses de l'homme' e propone giorni fitti di occasioni tra mostre, trekking, nuove tappe di 'Castelli nascosti', presentazioni editoriali e molto altro grazie anche al coinvolgimento delle scuole del territorio. Presenti gli immancabili appuntamenti di Cosa c'è DOP. Alla conferenza erano presenti: Daniele Vimini vicesindaco e assessore alla Bellezza del Comune di Pesaro; per Cagli, il sindaco Alberto Alessandri e la vicesindaca con delega alla cultura Benilde Marini; Sandro Pascucci direttore Teatro e curatore Centro Scultura Contemporanea, Agnese Trufelli vice direttrice Confcommercio Marche Nord, Andreina De Tomassi e Antonio Sorace/Casa degli Artisti di Sant'Anna del Furlo, Mariella Gnani docente restauratrice della Scuola di Conservazione e restauro dell'Università degli Studi di Urbino, le docenti Silvia Moscioni e Metella Ragni, l'artista Giovanni Termini. Così Daniele Vimini: Cagli ha risposto in modo forte alla chiamata da Capitale, lo ha fatto con una grande programmazione di questi giorni, con un racconto articolato sul territorio che tocca l'essenza dei temi di Pesaro 2024 facendo cultura anche attraverso l'accoglienza. Il calendario molto partecipato è realizzato grazie anche al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, riuscendo così a rafforzare la proposta del progetto che andrà oltre la settimana con un respiro lungo e continuerà anche i prossimi mesi durante l'anno. Coinvolti tanti artisti e le scuole mettendo in campo tutte le linee di azione creativa: dal contemporaneo, allo storico, alla parte musicale, al trekking fino alla parte enogastronomica con l'immancabile proposta di Cosa c'è DOP. Il sindaco Alberto Alessandri: è con gioia e orgoglio profondi che interpreteremo per questi giorni il ruolo di "capitale culturale territoriale" assieme alle altre 50 'capitali' che danno vita e identità alla Provincia di Pesaro Urbino. Lo faremo grazie al tessuto culturale che caratterizza la nostra città ricca di tradizioni e innovazioni, di vicende culturali e artistiche passate e contemporanee, di grande affezione locale e importante prestigio globale. Cagli ha così l'occasione di ribadire il suo essere unico: entusiasta, propositiva, dinamica e ardente come vuole la sua radice etimologica. Ringrazio tutte le persone e le realtà associative, imprenditoriali, i soggetti culturali e artistici, che hanno dato vita ad un programma degno di una 'Capitale'. Comune di Cagli 'Dans l'éternité les choses de l'homme' CALENDARIO fino al 14 aprile 2024 LUNEDI 8 APRILE - Salone degli Stemmi Palazzo Pubblico INAUGURAZIONE DELLA SETTIMANA con la partecipazione delle ragazze e dei ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Presenti: il sindaco Alberto Alessandri, il vicesindaco e assessore alla cultura Benilde Marini, il direttore teatro e curatore centro di scultura contemporanea Sandro Pascucci, i dirigenti scolastici Edoardo Virgili e Luciano Antonelli. Verrà presentato il progetto dell'allievo Stefano Siligeni - tecnologie informatiche. - PERCORSO DI TREKKING URBANO A cura delle allieve e degli allievi dell'Istituto Celli. Visita ai luoghi che saranno sede di studio della settimana: San Domenico – San Francesco - Torrione Martiniano - Chiostro di San Francesco - Inaugurazione della mostra fotografica ART IN SCHOOLS - THE FACES OF INNOCENCE in collaborazione tra le seconde della scuola secondaria di primo grado F.M.Tocci e la Besharat Arts Fondation. Interventi di Edoardo Virgili Dirigente, Saro Di Bartolo artista-autore. Il progetto nasce da una collaborazione tra Comune di Cagli e Istituto Comprensivo F.M. Tocci (secondarie di primo grado) e Fondazione Besharat con sede a Atlanta, grazie all'artista internazionale Saro di Bartolo. L'intento è la "sensibilizzazione" su arte, cultura, senso civico e valorizzazione. I ragazzi della scuola sceglieranno la "loro" foto e ne dovranno "produrre" una antagonista che rispecchi la nostra società. La mostra delle foto degli artisti Saro di Bartolo e Hartmut Schwarzbach insieme a quelle dei giovani e delle giovani della scuola sarà visitabile durante tutto il 2024.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tachilalia · 3 months
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31.03.2024
Il dibattito sull'arte nell'epoca del rigurgito contemporaneo, che nel bel mezzo di una crisi estetica di identità e ideali non fa altro che reiterarsi e rivomitarsi, in un rifiuto del progresso e dell'innovazione per motivi, per mano di taluni artisti i quali, calpestando vergognosamente chi prima di loro già guizzava di spirito creativo (iperrealtà surrogata), è pura discussione tecnica. Si sono persi di vista i modelli culturali a favore di una supposta ricerca di maniera, appunto, la cui diegesi concettuale è, codardamente, intrinseca nell'oggetto stesso, recuperato ed utilizzato per dipingere, scolpire, completare un'installazione eccetera. L'opera si fa, insomma, da sè; l'artista è un carrier, un tramite per un'arte che, anche senza di lui, esiste. (Tutto ciò, beninteso, senza considerare il valore del sistema e della sua sovrastrutturale funzione giustificatrice e storicizzante.)
Urge quindi inventare nuove tecniche per le quali non esista metro di giudizio, un mondo tutto proprio, nuovo, che faccia da spartiacque tra il prima e il dopo, che sia riconoscibile e, al tempo stesso, completamente alieno. E l'artista, in questo, è un fantoccio che a malapena riesce a controllare il gesto. Ma è ancora possibile?
Se da una parte è arrivati all'esacerbazione tecnica, dall'altra, invece, si è giunti all'esacerbazione contenutistica che, in un cortocircuito ossimorico dato il sistema economico, è sforato nella più pura pulsione emotiva.
Nel momento in cui l'artista, che sia stata per sua spontanea volontà o voluto dal sistema, ha rigettato il proprio fondamento e obbligo culturale e intellettuale, facendo staffetta del proprio dovere ermeneutico nei riguardi del concetto con i curatori, i critici e gli spettatori, arrogantemente e ingenuamente, dando a loro il doveroso compito di tirare fuori un senso dal prodotto artistico necessariamente derivativo, grattando significati un poco di qua un poco di là senza vergogna, processo compiuto sia dai mestieranti in basco e pennello, sia chiaro, sia dagli pseudointellettuali che seguono le stesse retoriche a matrice, l'emozione diventa fondamentale metodo e condizione di esistenza dell'opera d'arte.
Alla luce di queste affermazioni:
tutto è tecnica perché tutto il resto viene a mancare, che si voglia che venga a mancare o perché viene a mancare e basta. Tant'è che gli artisti, quelli grossi, hanno intorno a sé artigiani, maniscalchi e garzoni a fare per loro. Come per l'olio su tela di Munari, l'arte rappresenta quello che è. Estetismo.
il sentimento è la nuova chiave di lettura, pigra e imprecisa, per valutare la qualità di un'opera d'arte e la sua efficacia. Il contesto viene a mancare e tutto diventa, inevitabilmente, immortale.
Il concetto (unione di dionisiaco e apollineo, il Sentimento di Croce), in realtà, anche se spesso presente, è estremamente risicato poiché lasciato alle mani di quei due scribacchini che dopo aver leggicchiato Galimberti o ascoltato Recalcati sono convinti di poter parlare di estetica.
Tutto deve arrivare necessariamente, nell'epoca della spettacolarità, a sorprendere e tale processo di sorpresa non può che, immediatamente, innescare un forte battito emotivo che fa da lente a quella stessa indagine tecnica che adesso, a prescindere dalla qualità o inventiva, sarà immediatamente corrotta da un'analisi priva di rilettura. Esacerbazione della tecnica classica ed esacerbazione del sentimento immediato di derivazione romantica. L'opera deve generare un certo tipo emozione pura, coinvolgere e intrattenere, catturare lo spettatore attraverso le proprie manifestazioni più pure con la propria maestria tecnica, scenografica, pura bellezza apparente.
In questo dualismo di estremi, per il quale si lascia all'artista la produzione asettica e a tutti gli altri tutto il resto (dove la critica, se ancora si ascolta, ti dice cosa guardare oppure no, cosa apprezzare oppure no, o comunque lo fa l'altro basandosi sui proprio fallacei metodi di giudizio), si crea nuovamente un dubbio di parti ipocrita e inconcludente per il quale l'opera è già immortale nel momento in cui nasce poichè il suo concetto si evolverà in funzione del suo contesto storico e culturale (restando sospeso sopra questo per via del suo limbo estetico cacofonico) e al tempo stesso estremamente frugale ed effimera poiché sarà solamente l'emozione di quel singolo momento a venire considerata.
Il concetto, quindi, di derivazione razionale, l'apollineo tra i due dionisiaci, viene a mancare poiché:
nell'epoca della riproducibilità massificata e della perdità della razionalità tanto cara al progressismo positivista e al pragmatismo, come può, dalla pura tecnica, derivare una così feroce spinta emotiva?
Tutto ciò scritto senza considerare le varie discussioni sulla soglia dell'attenzione, sulla spettacolarizzazione, sulle vetrine sociali eccetera.
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giancarlonicoli · 4 months
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24 feb 2024 10:00
“TUTTO NEL PERCORSO DELLA COPPIA FERRAGNEZ È DIVENTATO UN OGGETTO DI CONSUMO” – STEFANO FELTRI: “SE VOLETE CAPIRE QUELLO CHE STA SUCCEDENDO TRA I FERRAGNEZ AVETE DUE POSSIBILITÀ: LEGGERE DAGOSPIA PER TUTTI GLI AGGIORNAMENTI SULLA ROTTURA DELLA COPPIA PIÙ FAMOSA D’ITALIA E LEGGERE IL NUOVO SAGGIO DI BYUNG-CHUL HAN, ‘LA CRISI DELLA NARRAZIONE’. È UN TESTO CONTRO IL TENTATIVO DI TRASFORMARE LA NARRAZIONE IN UNA PRATICA COMMERCIALE. IN PRATICA, È UN LIBRO CONTRO I FERRAGNEZ…” -
Estratto dell’articolo di Stefano Feltri per “Appunti”
Se volete capire quello che sta succedendo tra i Ferragnez avete due possibilità: leggere Dagospia per tutti gli aggiornamenti sulla rottura della coppia più famosa d’Italia, oppure leggere il nuovo saggio di Byung-Chul Han uscito con perfetto tempismo in questi giorni per Einaudi: La crisi della narrazione  - Informazione, politica e vita quotidiana.
I libri di Byung-Chul Han hanno due caratteristiche che ne spiegano il notevole successo, che mi pare sia perfino maggiore in Italia che nel suo paese d’origine (è nato in Corea del Sud, ma la sua carriera è tedesca).
Prima caratteristica: sono brevi e accessibili, la seconda è che in poche pagine scarnificano il contemporaneo per lasciarne esposto il nucleo di senso. O, più spesso, la sua mancanza di senso.
Questo è un libro contro lo storytelling, contro il tentativo di trasformare la narrazione in una pratica commerciale. In pratica, è un libro contro i Ferragnez.
“I racconti rendono possibile l’emergere di una comunità. Lo storytelling, di contro, dà forma solo a una community, che è la versione mercificata della comunità, perché non è composta da individui ma da consumatori.
E i consumatori - osserva Byung-Chul Han, sono solitari, vivono nel perimetro ristretto del loro schermo touch, mentre le comunità fondate sulla narrazione si raccoglievano intorno a un fuoco - reale o metaforico - e costruivano la propria identità collettiva ma anche individuale sulle narrazioni condivise.
Se cercate una sentenza inappellabile su quello che è stato il fenomeno dei Ferragnez, eccola, sempre da Byung-Chul Han: “Lo storytelling produce racconti che hanno la forma di oggetti di consumo”.
Tutto nel percorso della coppia Ferragnez è diventato un oggetto di consumo: la narrazione serviva a giustificare il product placement, perfino il matrimonio era un evento per attirare brand interessati alla sponsorizzazione.
L’amore tra i due è nato per una canzone di Fedez sull’immaginario papillon di marca Louis Vuitton del cane di Chiara Ferragni (storytelling + brand), si è sviluppato con una conversazione via Snapchat (conversazione compattata in modalità proto-social), si è poi sviluppato in diretta Instagram, è stato santificato da una fiction (lo storytelling che prova a diventare realtà attraverso uno storytelling al quadrato) e pare si chiuderà con una intervista televisiva di Chiara Ferragni da Fabio Fazio, assai appetibile per gli investitori pubblicitari.
La fine dell’empatia
Tra i tanti commenti alla rottura di quella che è pur sempre una giovane coppia con due bimbi piccoli, non ho letto una sola parola di comprensione per l’inevitabile sofferenza di tutte le parti coinvolte.
Che la colpa sia di lui, di lei, di entrambi, dell’assistente di lui, del manager di lei o di chiunque altro, come è possibile che nessuno si soffermi sull’aspetto emozionale?
La maggior parte delle conversazioni social verte sul dilemma se anche questa sia una strategia di marketing - uno storytelling commerciale - per salvare il valore dei due marchi separati, visto che insieme si stavano danneggiando.
Di nuovo Byung-Chul Han: “La perdita di empatia che caratterizza l’era degli smartphone è un chiaro segnale che lo smartphone non è un medium narrativo. Ed è proprio il suo dispositivo tecnico a ostacolare la pratica di raccontare storie”. […]
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LE TRE DAME DI LEONARDO è un’opera letteraria che comprende quattro racconti e alcune illustrazioni di Zoè (autore contemporaneo volutamente anonimo) di contenuto fantastico, dove i protagonisti sono Leonardo da Vinci e le tre dame - Ginevra, Cecilia e Monna Lisa - immortalate nelle sue impareggiabili tele. I racconti di Zoè sono destinati a chiunque, dai 12 anni in su, sono una boccata di ossigeno, rispolverano la nostra identità umana più profonda, sono quasi terapeutici per chi cerca il silenzio necessario ad ascoltare la voce del nostro IO ancestrale.
(dalla prefazione di Marco Eugenio Di Giandomenico, critico d’arte contemporanea)
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THE THREE DAMES BY LEONARDO is a literary work that includes four fantasy tales and some illustrations by Zoè (deliberately anonymous contemporary author), where the protagonists are Leonardo da Vinci, and Guinevere, Cecilia and Monna Lisa – the three dames depicted in his unrivalled canvasses. The tales by Zoè are for anyone above 12 years of age; they are a breath of fresh air; they dust off our deepest human identity and are almost therapeutic for those who seek the silence necessary to listen to the voice of our ancestral Self.
(from the foreword by Marco Eugenio Di Giandomenico, contemporary art critic)
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tarditardi · 5 months
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Il Telaio Sonoro di Sam Allan: "Unbreakable" Intreccia una Saga della Techno Melodica
el caleidoscopio delle sinfonie elettroniche, Sam Allan emerge come un maestro con la sua ultima creazione, "Unbreakable". Una saga techno melodica svelata sotto la prestigiosa bandiera di "BlackHole", il brano è più di una semplice composizione; è una testimonianza dell'abile artigianato di Allan, che mescola armoniosamente melodia e ritmi techno per creare un viaggio sonoro coinvolgente.
Attraversando il Paesaggio Sonoro di "Unbreakable"
"Unbreakable" è un'espansione uditiva, attraversando senza sforzo il terreno ritmico della techno mentre dipinge le onde radio con melodie emotive. La raffinatezza musicale di Allan prende il centro della scena mentre guida il pubblico attraverso un viaggio dinamico, dove ogni battito e nota è un pennello su una tela sonora.
Il battito del brano, caratterizzato da linee di basso pulsanti e percussioni intricate, stabilisce la fondamenta ritmica, spingendo l'ascoltatore in avanti. L'uso giudizioso dei sintetizzatori da parte di Allan introduce una dimensione atmosferica, creando un ricco intreccio di suoni che risuona con profondità ed emozione.
L'Evoluzione Sonora di Sam Allan: Creare un'Identità Sonora
Originario di [inserisci origine], Sam Allan sta plasmando la sua identità sonora all'interno del regno della musica elettronica. Mentre le sue opere precedenti hanno attirato l'attenzione per l'innovazione, "Unbreakable" segna un capitolo di evoluzione. L'impegno di Allan nel superare i confini sonori e nel trascedere le convenzioni di genere riflette un'esplorazione intenzionale dei paesaggi musicali.
Rinomato per la capacità di evocare emozioni attraverso le sue composizioni, la musica di Allan trascende i tradizionali limiti di genere. "Unbreakable" è una testimonianza della sua determinazione nel creare esperienze sonore che siano sia immersive che evocative.
Sincronia con la Visione Sonora di BlackHole
Collaborare con la stimata etichetta "BlackHole" per "Unbreakable" amplifica la risonanza sonora di Allan. "BlackHole", una forza cosmica nel regno della musica elettronica, fornisce un palcoscenico celestiale per permettere ad Allan di condividere la sua visione sonora a livello globale.
Questa collaborazione sottolinea l'influenza crescente di Allan nel cosmo della musica elettronica. Allinearsi con un'etichetta che sostiene sia artisti emergenti che consolidati sottolinea l'impegno di Allan nel superare i confini del suo percorso artistico.
Lodi da Parte di Ammiratori e Acclamazioni Critiche
Dall'esordio, "Unbreakable" ha guadagnato l'ammirazione sia dai ferventi fan che dai critici attenti. Gli appassionati applaudono il brano per la sua energia contagiosa, gli intricati strati melodici e la profondità emotiva che lo distinguono nel dinamico panorama della musica elettronica.
I critici riconoscono la fusione senza soluzione di continuità della raffinatezza melodica con i ritmi techno da parte di Allan, creando un viaggio sonoro che si avverte contemporaneo e senza tempo. La produzione meticolosa, unita alle qualità emotive del brano, consolida la posizione di Allan come un narratore sonoro con una voce distintiva.
In Conclusion: Un'Odissea Sonora Svelata
"Unbreakable" non solo consolida la posizione di Sam Allan nel cosmo della musica elettronica, ma segna anche un capitolo cruciale nella sua odissea sonora. Pubblicato sotto la bandiera cosmica di "BlackHole", questa saga techno melodica mostra l'evoluzione di Allan e il suo impegno incrollabile nel superare i confini della sua arte. Mentre "Unbreakable" riverbera attraverso il paesaggio uditivo, il percorso di Sam Allan si erige come una testimonianza della sua dedizione all'innovazione sonora, all'esplorazione creativa e alla perpetua ricerca dell'eccellenza musicale.
Ascoltate “Unbreakable” qui: https://open.spotify.com/intl-it/track/2CeV2vrXKaCysEYcB4GQN7?si=a2719681045b47e6 , e seguite Sam Allan su Instagram: https://www.instagram.com/samallan_dj/
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scenariopubblico · 8 months
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Intervista a Salvo Lombardo/Chiasma
Salvo Lombardo, performer, coreografo e regista siciliano, spinto dall’urgenza di conoscere e confrontarsi con altre esperienze formative si è spostato da giovanissimo a Roma, città che è oggi la base del suo gruppo di lavoro. Chiasma, fondata nel 2016, è la sua compagnia che sin dalla sua origine non è stata intesa in senso canonico. L’autore l’ha definita come una realtà policentrica ovvero che non ruota soltanto attorno ai suoi lavori. È una sorta di “casa con molte stanze” che accoglie più artisti al suo interno e ognuna di queste artiste ha una propria personale ricerca, i propri lavori, le proprie coreografie: un organismo tentacolare.
A proposito della tua compagnia, da dove viene il nome Chiasma? Il chiasma o chiasmo, è tante cose… un concetto, una figura che ricorre in diversi ambiti: linguistico, scultoreo, artistico, clinico, e filosofico (da cui io l’ho preso). In tutti gli ambiti ha più o meno lo stesso significato, è come se fosse la traslitterazione di un simbolo grafico, la lettera “Chi” dell’alfabeto greco, che ha la forma di una X fondamentalmente. Quindi, il chiasma è quella specie di punto di congiunzione dove scaricano più pesi e più forze provenienti anche da spinte differenti, da punti differenti. È un po’ questo. Mi piaceva l’immagine di qualcosa che fosse un punto, ma non un punto fermo, un punto dove diverse forze, spinte, attitudini scaricano la loro forza, il loro peso. C’è un filosofo, che si chiama Maurice Merleau-Ponty, il padre di quella che viene definita la filosofia della percezione, che definisce il chiasma in un modo molto complesso, molto interessante. Faccio una sintesi: lui dice che il chiasma è questa sorta di punto di congiunzione tra gli oggetti e i soggetti; per me questa cosa significava, come artista, mettermi in mezzo, ancora una volta, tra gli oggetti che possono essere qualsiasi cosa (anche gli spettacoli, in qualche modo) e i soggetti che invece sono tutto il sistema di relazioni, presenze, umanità che c’è intorno agli oggetti.
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Qual è stato il tuo percorso di formazione e in che modo convive il tuo lavoro da performer con quello da coreografo?
Io ho un percorso di formazione molto eterogeneo, quindi forse questo ha caratterizzato anche la mia poetica, la mia identità come artista; mi definiscono un artista multimediale, ma io mi definisco un artista multimodale che ha, cioè, molti modi diversi per dire delle cose. Ho iniziato da bambino a studiare danza sportiva, quindi un ambito completamente diverso rispetto a quello che oggi è la mia pratica, arrivando anche a livelli agonistici. Poi, da adolescente ho capito che mi interessava più porre il movimento al servizio di un’espressione artistica, spostarmi dalla dimensione agonistica e dell’esibizione. Allora, a 14 anni ho iniziato a studiare modern e alcune tecniche di quello che chiamiamo contemporaneo, ma è iniziato poi il mio grande amore, la mia fascinazione più grande per il teatro di parola e di regia, in particolare. Quindi, ho spostato tutte le mie attenzioni ed energie in quello, e dopo il liceo classico ho frequentato la scuola di arte drammatica del Teatro Stabile, quindi per attori e registi, qui a Catania. Ovviamente, portavo avanti in maniera autonoma la mia formazione come danzatore e quindi, appena ho finito questa scuola, l’inizio della mia vita professionale era versatile: toccava territori molto molto distanti tra loro, avevo iniziato a scoprire in quegli anni anche il teatro e la danza di ricerca, quindi un certo modo di concepire il teatro e la danza, diverso da quello che era nella mia formazione. Allo stesso tempo avevo già lavorato in compagnie classiche sia di teatro, di danza meno, o addirittura con generi molto distanti da me come il teatro musicale, il musical, l’operetta. Quindi avevo questa quantità di informazioni, si affacciavano delle abilità molto diverse nel mio zainetto, e a un certo punto ho semplicemente seguito il corso degli eventi finché poi, abbastanza presto, intorno ai 23 anni, ho lavorato tanto anche come attore e ho deciso che, qualsiasi cosa fosse la mia arte, volevo iniziare a pensarla come mia. Non mi vedevo più come interprete, avevo bisogno di iniziare a pensare ai miei spettacoli. Nel frattempo, avevo anche portato avanti un percorso parallelo di studi teorici all’università, quindi avevo acquisito anche altri strumenti da quel punto di vista e sviluppato una serie di altri interessi in autonomia, soprattutto dentro il campo delle arti visive e della videoarte in particolare. Quindi, il mio percorso e anche i miei lavori sono un po' la risultante di questo. Ad esempio, Excelsior e Amor sono lavori con un impianto multimediale importante, dove c’è un ingresso, un’irruzione della videoarte abbastanza forte. Quindi, pensarmi come performer ha significato prima di tutto valorizzare tutte queste possibilità e smettere di pensarmi qui come attore qui come danzatore, ma come un corpo performativo. Ho posto un focus sul corpo più che su una tecnica o un linguaggio in particolare. In effetti, in sintesi, io credo di essere un artista che si occupa di corpo e di corporeità.
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Il tuo lavoro Sport fa parte della trilogia L’esemplare capovolto che a sua volta si ispira al trittico tardo-ottocentesco di Luigi Manzotti Gran Ballo Excelsior, AmoR e Sport. Come hai incontrato i tre balletti che ti hanno portato a iniziare il processo creativo?
Li ho conosciuti durante il mio percorso universitario studiando Estetica della danza accademica con Flavia Pappacena, un’importante studiosa di questioni legate alla danza classica che insegnava sia all’Accademia Nazionale di Danza sia alla Sapienza. In quest’ultima sono stato un suo studente et voilà! Così, mi sono imbattuto nel Gran Ballo Excelsior, che è anche il lavoro di ricostruzione più importante di questa docente. Il Gran Ballo Excelsior ha debuttato al Teatro alla Scala nel 1881, ottenendo un successo planetario decennale: il motivo per cui esistono hotel e case editrici con il nome Excelsior è dato dal fatto che al tempo si trattava di un fenomeno come potrebbe essere per noi Beyoncé, molto popolare. La storia di questo Ballo è stata fortunata fino all’avvento del fascismo, poi è stato ripreso alla fine degli anni ‘60 a Firenze per il Maggio Musicale Fiorentino da un altro coreografo, all’epoca considerato contemporaneo, Ugo Dell’Ara, che anche grazie all’aiuto delle ricostruzioni di Flavia Pappacena ha recuperato delle informazioni su questo Ballo; ci sono addirittura piccoli documenti video, girati nel 1913 (quindi decenni dopo il debutto), che ci mostrano più o meno com’era la coreografia originale di Manzotti. Al di là di questi cenni storici, quello che mi aveva colpito era il fatto che intanto parliamo di un Gran Ballo e non un balletto, quindi ricordo che iniziai a indagare sulla differenza tra i due generi, ed era abbastanza originale per me vedere quell’opera dentro una scia di balletti romantici a lui contemporanei. Per questioni tecniche e compositive, era affascinante cercare di capire cosa fosse il Gran Ballo, e lì ho scoperto che si tratta di una sorta di genitore di una serie di esperienze che poi nel ‘900 hanno preso le loro strade (compresa la commedia musicale, il musical e l’avanspettacolo, in qualche modo) perché coniugava la tecnica accademica con altre forme più “teatrali”, in particolare la pantomima. Poi si caratterizzava per un dispiego di mezzi importantissimo: cinquecento persone in scena, animali vivi, vegetazione… In realtà, a me aveva colpito il fatto che il Gran Ballo Excelsior rappresentava una certa idea di italianità, di nazionalismo, per quell’epoca di carattere particolarmente politico. Scavando, mi sono reso conto che una riflessione su questo forse mancava, quindi non mi interessava tanto omaggiare Excelsior quanto smontarne i pezzi e cercare di capire, con il mio linguaggio e con il mio sguardo di oggi, cosa potessero dirci.
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Che significato ha per te questo spettacolo, o comunque la trilogia?
Per me, questo spettacolo è l’occasione per mettere insieme un certo tipo di discorso, più sulla sfera pubblica, più ampio, e un po’ anche una sorta di spinta ed esperienze provenienti dalla mia sfera privata. Il punto di congiunzione tra questi due ambiti è comunque il concetto di caduta, da pensare non solo come qualcosa da evitare, rimuovere, migliorare, ma da accogliere e con cui amoreggiare. Pur avendo prodotto - nel caso di Chiasma - tre opere molto diverse tra loro, la trilogia è nel suo insieme un modo per fare un punto, una specie di fotografia di questo presente, di questo tempo storico e di questo pezzo di mondo; il punto di vista da cui guardo le cose e dentro cui sono immerso è l’Occidente, fondamentalmente. Quindi Excelsior, Amor e Sport, sono in effetti tre lavori che in modo molto diverso hanno una radice comune, forse di indagine, che è la questione del potere, il concetto del potere, ovviamente declinato in modi molto diversi, personali anche, nel senso che trovano una declinazione specifica all’interno di ognuno di questi tre lavori: Excelsior voleva un po’ provare a capire come tutti i discorsi intorno alle identità culturali, di genere, ecc. sono veicolati da forme di potere, da esercizi di potere; Amor provava a dire la stessa cosa, per me, ma dal punto di vista della classicità, cioè come l’idea di classico, di tradizione, in qualche modo, pur dandoci l’impressione di sostenere la nostra progressione, il nostro acquisire nuove informazioni, è anche una sorta di gabbia che pretende di dire che la “O” col bicchiere si fa così e basta; invece, Sport un po’ chiude il discorso in effetti con la questione della caduta, cioè, è come se una volta presentate le radici del problema, Sport finalmente e letteralmente le capovolge, le ribalta, e ribalta anche i corpi. Negli altri lavori, l’assetto del corpo, il discorso sul corpo che mettevo in scena era un po’ più ordinato, ecco.
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Che ruolo ha per te la danza nella società di oggi?
Il punto è che la danza per me è tante cose, quindi per risponderti ho bisogno di pensare alla danza in una maniera molto ampia, plurale, piena di possibilità. Perché se la pensassi in maniera chiusa, non avrebbe utilità per me. Allora, se ha un’utilità è perché la danza è uno degli strumenti che mi permette di parlare dei corpi, e i corpi sono la manifestazione più concreta, tangibile, di una serie di cose, discorsi, dinamiche sicuramente sociali. Quindi, la danza è uno degli strumenti per me per articolari un discorso sul performativo, sulla performance, perché poi fondamentalmente quello che mi interessa è approfondire il discorso della performance anche utilizzando codici specifici come quelli della danza. Quindi, la danza mi interessa e ha un ruolo importante nella misura in cui non riferisce solo informazioni proprie della danza ma si presta come mezzo e come ponte per aprire altre questioni, ecco. Non mi piace pensare che la mia danza parta da A e ritorni ad A, in una maniera chiusa in sé stessa.
a cura di Luca Occhipinti
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cinquecolonnemagazine · 8 months
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Vendite online e truffe: consigli per acquisti sicuri su piattaforme e siti web
Nel panorama digitale contemporaneo, l'e-commerce ha registrato una crescita esponenziale, divenendo una componente essenziale del commercio globale. Se questa trasformazione ha portato innumerevoli benefici, ha anche introdotto nuovi rischi per i consumatori. La presenza di piattaforme truffaldine, infatti, rappresenta una minaccia concreta per chi effettua acquisti online. È quindi fondamentale equipaggiarsi con le giuste conoscenze per distinguere tra siti legittimi e potenzialmente dannosi. Il boom dell'e-commerce: opportunità e rischi per i consumatori La digitalizzazione del commercio ha ridotto le barriere all'ingresso per molti venditori, permettendo una maggiore diversificazione dell'offerta e una concorrenza più ampia sul mercato. Questo scenario ha favorito i consumatori, offrendo loro una gamma più vasta di prodotti a prezzi spesso più competitivi. Tuttavia, la facilità con cui è possibile creare una presenza online ha anche permesso a truffatori di emergere con facilità, mimetizzandosi tra i venditori legittimi, sviluppando una serie di frodi sui pagamenti online che, come affermano gli esperti di truffazero.it, hanno raggiunto una percentuale molto alta di successo. Infatti, per un consumatore non esperto, distinguere tra un'offerta genuina e una potenziale truffa può risultare complesso. Pertanto, la crescente popolarità dell'e-commerce, sebbene offra notevoli vantaggi, porta con sé la necessità di una maggiore vigilanza e consapevolezza durante la fase di acquisto. Identificare i segnali di allarme: come riconoscere un sito web truffaldino Mentre l'e-commerce prospera, la capacità di discernere tra un sito legittimo e uno potenzialmente pericoloso diventa essenziale per garantire la sicurezza dei propri dati e del proprio denaro. Alcuni segnali possono aiutare a identificare piattaforme online non affidabili. Ad esempio, un sito che richiede informazioni personali o finanziarie senza fornire dettagli chiari sulla sua identità o sulle modalità di utilizzo di tali dati dovrebbe suscitare sospetti. Inoltre, le recensioni degli utenti possono offrire preziose indicazioni: se un sito ha un'elevata percentuale di feedback negativi o mancano del tutto recensioni, potrebbe essere motivo di preoccupazione. Un altro indicatore potrebbe essere la qualità del design del sito: un'interfaccia scadente, errori di ortografia o un layout non professionale potrebbero suggerire una mancanza di autenticità. Infine, la presenza di protocolli di sicurezza come "https" nella barra degli indirizzi indica una certa misura di protezione, ma l'assenza di tali protocolli dovrebbe essere considerata un segno di allarme. La chiave è l'approccio cauto e la ricerca attiva di informazioni prima di effettuare un acquisto. Migliori prassi per garantire acquisti online sicuri Per proteggere se stessi dalle insidie di un ambiente online sempre più complesso, è indispensabile adottare una serie di migliori prassi. La formazione e la consapevolezza sono i primi passi fondamentali. Informarsi sulle ultime truffe e tattiche utilizzate dai malintenzionati può offrire un vantaggio significativo nella prevenzione di potenziali rischi. Allo stesso modo, prima di concludere un acquisto, è consigliabile verificare la reputazione del venditore o della piattaforma attraverso recensioni indipendenti e fonti affidabili. Un altro strumento utile è l'utilizzo di metodi di pagamento sicuri. Evitare trasferimenti diretti di denaro e prediligere sistemi di pagamento riconosciuti, come carte di credito o servizi di pagamento online affidabili, può fornire ulteriori garanzie. Inoltre, mantenere software e sistemi operativi aggiornati, oltre all'uso di soluzioni antivirus e antimalware, aiuta a difendere il dispositivo da potenziali minacce. Infine, l'ascolto del proprio intuito spesso può fare la differenza: se un'offerta sembra troppo bella per essere vera, è probabile che lo sia. Adottare un approccio prudente e informato agli acquisti online è la chiave per navigare in sicurezza in un ecosistema digitale in continua evoluzione. Read the full article
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enkeynetwork · 25 days
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personal-reporter · 11 months
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Tracce sul Lago ad Orta San Giulio
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Dopo una tappa al Castello di Novara, la mostra di Sergio Floriani Tracce, promossa dalla Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini, è arrivata a Villa Gippini a Orta San Giulio, dove è aperta fino al 5 novembre. Per l’appuntamento lacustre, con il titolo Tracce sul Lago, sono state selezionate dalla curatrice Lorella Giudici, alcune delle opere presenti nella fortezza novarese a cui si è aggiunta una serie di lavori con nuove riflessioni e altri interessanti campi di ricerca della lunga carriera dell’artista padovano, che quest’anno ha superato i quaranta anni di attività. Il percorso espositivo prevede cinque sezioni, con elementi tematici e formali peculiari, a cui si aggiunge una grande scultura in corten e stagno appositamente realizzata per l’evento, che in occasione di S.O.S. Humanity 2023 verrà posizionata sulle acque cusiane grazie ad una piattaforma galleggiante. All’interno della Villa la mostra presenta una prima stanza con nove tempere brunite, tutte sui toni del turchese e del verde in un campionario di sagome dentro a preziose cornici antiche, alla ricerca di un serrato dialogo tra lo storico e il contemporaneo, tra il manufatto e la superficie dell’opera, ma anche tra lo spazio infinito e la costrizione di un bordo che ne limita lo sviluppo. La sala di fronte raccoglie un grande tondo giallo, Asportare, un Ovale color lampone,  una tempera brunita viola-bordeaux, una scultura in piombo e stagno che ripete i temi del cerchio  e una serie di carte con macchie colorate e vagamente orientali che raccontano la poesia con cui Floriani sa trattare argomenti che narrano un mondo segreto e intimo. Entrambe le stanze hanno al loro interno uno studiolo, nel quale trovano posto alcune opere del primo periodo su è profilata l’isola di San Giulio, stilizzata in una serie di  linee e piani dai colori del tramonto. Un corridoio conduce all’ultima stanza, mentre si possono ammirare acrilici e pastelli dalla forte personalità e dalle linee saettanti, composizioni di esplosive forze cromatiche e di magnetismi cosmici. L’ultima sala è dedicata al nero, con Identità complessa, l’opera da cui è partita tutta la ricerca che Floriani ha condotto sull’impronta, e sculture che riprendono l’assolutezza della geometria nel silenzio e nella profondità del metallo e del legno anneriti o nell’inafferrabile morbidezza della catramina. La mostra è sostenuta e promossa dalla Fondazione Cavaliere del Lavoro Alberto Giacomini, impegnata nella tutela, valorizzazione e diffusione della sensibilità artistica e culturale, sia a livello locale, dato che è profondamente legata al territorio del lago d’Orta, che nazionale e internazionale. Read the full article
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lamilanomagazine · 7 months
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Ancona: sabato 18 novembre al Teatro Panettone la rassegna "made in Marche" e "Il Signor Braille" con Andrea Caimmi, regia Pierr Nosari.
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Ancona: sabato 18 novembre al Teatro Panettone la rassegna "made in Marche" e "Il Signor Braille" con Andrea Caimmi, regia Pierr Nosari. Uno spin off di “Zio Vanja” di Anton Cechov, ispirato ed incentrato sul personaggio di Ivan Ilic Telegin che arriva fino ai giorni nostri in stato di fermo di polizia. Al poliziotto che si occupa del suo caso, Telegin cerca di spiegarsi ma, a poco a poco, si perde nei meandri del racconto della sua vita inaspettata. In un’alternanza tra fatti tragicomici e momenti poetici, Telegin giunge all’evento che ha trasformato la sua vita, dandogli una nuova identità: quella del signor Braille. Lo spettacolo è in scena sabato 18 novembre al Teatro Panettone alle ore 21.00 per la rassegna “Made in Marche” e “Il signor Braille” con Andrea Caimmi, regia Pierr Nosari. Andrea Caimmi ne è l'autore e l'attore. Ha recitato in teatro con Nanni Garella, Francesco Macedonio, Walter Pagliaro, Sonia Antinori, Giampiero Solari e altri; nel cinema con Vinicio Marchioni, Mario Martone, Roberto Dordit e altri mentre, in tv e fiction, in “Cameracafé”, “Piloti”, “Don Matteo”, “Monterossi” e altro. Come drammaturgo, ha scritto vari testi portati in scena e ha vinto il Premio Enriquez 2013 per un Teatro di Impegno Civile con il suo “Korpus Polski”. Pierr Nosari è il regista. Diplomato attore alla Scuola di Teatro di Bologna, per alcuni anni lavora in teatro, con Nanni Garella, Giorgio Barberio Corsetti e altri. Successivamente, si dedica alla regia, sia teatrale sia video, realizzando spettacoli, documentari e cortometraggi. www.pierrnosari.com BIGLIETTI PRENOTAZIONI E INFO: Il costo del biglietto per ogni spettacolo è di 12 euro, ridotto 10 euro per le convenzioni, 8 euro per gli studenti. Possibilità di abbonamenti che prevedono convenienti soluzioni per accedere alle varie rassegne. Biglietti in vendita: Casa della Musica Ancona 071 202588 – Dal lunedì al sabato 9:00 – 12:30/ 15:00 – 19:30 www.vivaticket.com Altre biglietterie su www.amatmarche.net/biglietterie Prenotazioni e informazioni: Casa della Musica Ancona 071 202588. AMAT 071 2072439 dal lunedì al venerdì 10:00 – 16:00 (Orario continuato). www.teatrorecremisi.it Sulle tavole del teatro che dal 2007 è affidato alle cure del Gruppo teatrale Recremisi, la stagione 2023-2024 vedrà in scena la nona edizione del “Made in Marche & Co”, rassegna di teatro comico/contemporaneo, realizzata con professionisti nazionali, dal 14 ottobre 2023 fino al 6 aprile 2024 per un totale di nove spettacoli; la settima edizione di “Tout le Cirque”, rassegna di circo-teatro, con compagnie nazionali e regionali che si svolgerà dal 24 febbraio al 13 aprile 2024 per un totale di quattro rappresentazioni dei più importanti artisti circensi nazionali; la seconda edizione di “Teatro contemporaneo” rassegna di prosa di autori contemporanei; che si svolgerà dal 28 ottobre 2023 al 20 aprile 2024 per un totale di sei rappresentazioni con attori professionisti da tutta Italia. La programmazione del Teatro Panettone nasce in collaborazione con Amat, con il patrocinio del Consiglio Regionale delle Marche e il contributo del Comune di Ancona.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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