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#Relazioni Sociali
gregor-samsung · 2 years
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“ Alcuni anni fa Marc, un bambino di dieci anni, è venuto in ospedale per un colloquio. Come accade spesso in questi casi, il bambino preoccupava molto le persone che lo circondavano. La famiglia si era decisa a chiedere un colloquio in seguito a un’esperienza negativa in una colonia di vacanze dove un certo comportamento, che fino a quel momento era passato più o meno inosservato, era “esploso”. Un lunedì mattina accolgo quindi questo bambino con i suoi genitori, visibilmente agitati (come la maggioranza dei genitori che accompagnano il figlio in un servizio di psichiatria, la loro angoscia è raddoppiata dalla paura implicita di essere giudicati: “Siamo dei bravi genitori? O saremo considerati delle persone che non hanno saputo educare i loro figli al punto che adesso, per il loro bene, la società dovrà occuparsi di loro?”). Mi raccontano che tutto è cominciato nella colonia di vacanze in cui Marc rifiutava di lavarsi nudo di fronte agli altri bambini. Poi Marc stesso mi spiega che, anche a casa, si fa la doccia vestito con una specie di camicione e che si insapona attraverso il sottile tessuto. Mi spiega poi che gli istruttori della colonia erano molto turbati per quello che raccontava. Marc aveva infatti spiegato, riprende la madre, di essere l’imperatore di un pianeta chiamato Orbuania e che, come imperatore di questo pianeta, veniva ogni giorno sulla terra in osservazione. Ma ogni notte lasciava il suo corpo e tornava nel suo pianeta dove riprendeva la sua normale vita di imperatore. A quel punto chiedo ai genitori se Marc avesse già parlato loro di tutto questo e rispondono che sì, naturalmente gliene aveva parlato. Marc aveva inoltre scritto una serie di quaderni in cui descriveva la vita di Orbuania, che aveva fatto leggere ai suoi insegnanti, i quali trovavano, come del resto i genitori, che sebbene il bambino fosse un po’ ossessionato dalla sua storia, rivelasse in fondo solo di possedere un’immaginazione un po’ troppo fervida. È necessario precisare che Marc aveva rivelato, nei vari test a cui era stato sottoposto in ospedale, un’intelligenza superiore alla media. E agli psicologi che gli avevano sottoposto i test aveva dichiarato di voler parlare del suo impero con qualcuno, ma che non voleva essere trattato “psicologicamente”. Gli ho chiesto perché. Dall’alto dei suoi dieci anni, mi ha risposto che gli psicologi sono persone che non capiscono nulla delle cose, che interpretano tutto e che lui invece desiderava parlare, ma in modo più complesso e profondo, con un adulto che non lo catalogasse. Non credevo alle mie orecchie: quel bambino mi stava dicendo che non voleva essere trattato come un sintomo. Mi diceva molto chiaramente che desiderava parlare, ma che quella conversazione non doveva cadere in un riduzionismo tecnico. Gli dissi immediatamente che io ero uno psicologo, ma che ero anche un filosofo, che la sua storia mi interessava molto e che desideravo parlare con lui anche se non capivo bene perché volesse parlare con qualcuno.
Penso che all’inizio il desiderio di comunicare la sua visione delle cose nascesse da due ragioni ben distinte: da una parte, le persone reagivano male quando lui parlava del suo impero; e dall’altra, siccome in questa storia non tutto gli era completamente chiaro, l’opinione di qualcuno che non lo giudicasse gli era preziosa. Tale fu il nostro primo patto, che restò intatto per oltre dieci anni di lavoro comune e di amicizia reciproca. “Signor imperatore”, è così che ho cominciato molto presto a chiamarlo. Quell’appellativo è diventato il suo nome, o meglio il suo soprannome, che accettava con un certo piacere. E non ero il solo a chiamarlo così: le segretarie, vedendolo arrivare per la sua ora di discussione (non è mai stata una seduta), lo salutavano, senza alcun tono di scherno, dicendogli: “Buongiorno signor imperatore! Un po’ alla volta, Marc mi descriveva il suo pianeta. Parlavamo anche della difficoltà di vivere sulla Terra, una difficoltà che sotto molti aspetti ci accomunava — con lo svantaggio per me che io, contrariamente a lui, non sono imperatore neanche per qualche ora al giorno. Fin dai primi incontri ho chiesto a Marc cosa pensasse della realtà di Orbuania. Sviluppò a questo proposito una teoria che non è mai cambiata nel corso degli anni, anche se con il tempo si è affinata. Orbuania e le sue costellazioni, i pianeti che dipendevano dal suo impero e i suoi nemici esistevano davvero, ma non poteva dimostrarlo. Mi proponeva quindi di adottare, a proposito dell’esistenza del suo impero, la “scommessa di Pascal” riguardo all’esistenza di Dio. Si può immaginare il mio stupore (e non sarebbe stato l’ultimo!) quando udii una tale proposta uscire dalla bocca di un bambino di quell’età! La realtà di Orbuania non dipendeva da una credenza personale, ma dal grado di esistenza determinato dalla necessità che un tale oggetto esistesse... Qualche anno dopo, quando Marc cominciava ad avere il profilo del matematico che è oggi, ha partecipato come uditore ad alcune riunioni, da me coordinate, con due ricercatori (un matematico e un fisico), in vista della stesura di un libro di logica matematica. Tra i soggetti che affrontavamo c’era il problema ontologico dello statuto di esistenza dell’oggetto della scienza. L’imperatore offriva il suo parere sui teoremi fondamentali di Gödel e di Cohen, tra gli altri. E appena poteva ci dava notizie di Orbuania, cosa che incuriosiva al massimo, come si può immaginare, gli scienziati miei complici, assolutamente incapaci di definire ciò che “esiste” o meno, e perfino di saper dire più o meno cosa questa parola significhi. Un giorno ho vissuto un episodio piuttosto comico con l’imperatore. Era un pomeriggio d’estate e faceva molto caldo al Centro; quando Marc arrivò gli proposi di andare a bere qualcosa al bar, come facevamo abbastanza spesso. Al bar quando il cameriere viene a prendere l’ordinazione, chiedo a Marc: “E lei, cosa desidera, signor imperatore?”. Marc risponde e, quando il cameriere si allontana, mi dice in tono protettivo: “Vede, Benasayag, a me non dà nessun fastidio, ma se continua a chiamarmi ‘signor imperatore’ in pubblico, finiranno per pensare che lei è un po’ matto” — e accompagna l’affermazione con un gesto esplicito, puntando l’indice sulla tempia e facendolo ruotare su se stesso. Poco per volta imparavo a capire quando potevo chiamarlo signor imperatore. E lui da parte sua imparava, probabilmente insegnandolo a me, che non tutti sono in grado di capire le interessanti informazioni sul suo pianeta, per la semplice ragione che poche persone sono in grado di comprendere d’acchito i Pensieri di Pascal. Questa storia non deve farci dimenticare ciò che non è ancora stato detto, cioè che Marc non è mai stato medicalizzato, che non è mai stato ospedalizzato in un reparto di psichiatria, né etichettato e non è nemmeno mai rientrato in un programma di integrazione... Solo quando è entrato all’École normale supérieure, dopo aver fatto Matematica superiore e Matematica speciale, gli ho suggerito di dedicarsi alla ricerca anziché all’insegnamento e lui, condividendo il mio parere, ha seguito il mio consiglio. A un certo punto di questa storia con Marc, gli ho proposto di realizzare un breve filmato in cui lui avrebbe descritto il suo impero e spiegato i delicati meccanismi di quel mondo in cui i due sessi non si distinguevano per alcun segno esteriore, essendo entrambi identicamente “piatti”, in cui il partito maggioritario era misogino, in cui le donne (che lui era il solo a poter identificare) erano geneticamente inferiori agli uomini e in cui i membri di un partito anarchico venivano sovvenzionati come clown ufficiali dell’impero. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, i racconti di Orbuania non assomigliavano affatto a un romanzo di fantascienza. L’imperatore mi informò piuttosto dettagliatamente, nel corso degli anni, sulla circolazione delle auto, sulle tasse, sull’educazione eccetera. E mi teneva informato sulle interminabili guerre e conflitti che il suo impero intratteneva con le colonie, perché il signor imperatore non era propriamente di sinistra... Marc era molto interessato a realizzare un documentario audiovisivo, a patto che fosse rispettata una condizione preliminare, ovvero che il film non fosse utilizzato come “materiale psichiatrico”. Il documentario poteva essere mostrato a filosofi, ad antropologi o ad altri intellettuali, ma in nessun caso a dei tecnici che non vi avrebbero riconosciuto altro che sintomi, cioè che non vi avrebbero visto, per usare le parole di Marc, “niente”. “
Miguel Benasayag, Gérard Schmit, L'epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, 2004 [Libro elettronico]
[ Edizione originale: Les Passions tristes. Souffrance psychique et crise sociale, La Découverte, 2003 ]
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La maggior parte degli amici non sono veri amici. Sono presenti solo quando le cose vanno bene, quando le cose sono divertenti, quando è conveniente, quando ti sei realizzat*, quando è vantaggioso per loro. Ma spariscono quando queste cose vengono a mancare.
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iluz · 7 months
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la maledizione di giacomo leopardi legge l'eneide è ancora viva tra di noi
non siete immuni alla propaganda
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yourtrashcollector · 2 months
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Non c’è mai un motivo abbastanza valido per fidarsi di qualcuno. Tranne che non riusciamo a vivere se non lo facciamo.
Naomi Alderman, Il futuro
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divulgatoriseriali · 11 months
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I ragazzi di oggi: un'emergenza educativa della società liquida del XXI secolo
Demotivati, senza valori, con lo sguardo sempre rivolto verso uno schermo. Pare che i ragazzi d’oggi prendano parte ad una generazione a sè stante, con linguaggi ed atteggiamenti indecifrabili e lontani dai codici tradizionali. In questo mondo globalizzato la realtà fluida permea in ogni vissuto, trascinando verso l’abisso soprattutto chi non ha gli strumenti per decifrarne le difficoltà…
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ninfettin · 9 months
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almeno il momento peggiore è passato. ora ho di fronte di nuovo 11 mesi senza obblighi sociali che mi ricordino di quanto faccio schifo a crearmi relazioni
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sottileincanto · 24 days
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Ecco, un po' per sfizio un po' per curiosità ho fatto il test RAADS-R, che sarebbe quello che serve per diagnosticare una qualche forma di autismo in età adulta.
Risultato del test è un punteggio di:
111 / 240
Il punteggio medio delle persone autistiche; forte evidenza di autismo.
59 - La somma della sottoscala relativa a Relazioni Sociali
19 - La somma della sottoscala relativa agli Interessi Circoscritti.
6- La somma della sottoscala relativa a Pragamatica.
27- La somma della sottoscala relativa al Senso-motorio.
Che io non sia mai stata molto "normale" si è sempre saputo. Però così un pochino mi sconcerta. E a questo punto non so se magari rivolgermi a un qualche specialista oppure lasciar perdere così, perché tanto comunque anche averlo realmente certificato (e non da un test fatto su internet) non è che cambierebbe qualcosa.
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cuoreenero · 1 year
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A causa delle mie mille insicurezze e della paura di sbagliare, sono una frana nelle relazioni sociali.
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clo-rofilla · 11 days
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Il mio profondo imbarazzo e senso di disagio nel colloquiare signore/ragazze delle pulizie e agire da padrona di casa un minimo """autoritaria""" in loro presenza
Non sono in grado amici. Lo riconosco candidamente, non è proprio il mio
Per non parlare del guardare gente faticare fisicamente in casa mia mentre il mio lavoro si svolge al pc e se lavoro da casa sto comodamente seduta in poltrona
Non sono capace, empaticamente mi sento in difetto, non so risultare assertiva in contesti del genere sono per natura gentile, accomodante, non meticolosa - NOPE
Non so neanche pulire davvero con metodo, se non da autodidatta improvvisata che ha imparato da sola - come per pressoché tutto il resto nella mia vita - per pura sopravvivenza, quindi mi sento anche onestamente una truffa a dover dirigere gente che lo fa (bene) di professione.
Queste incombenze e relazioni sociali impari mi devastano, cortocircuito sociale, abbiate pietààà
🥶🥶🥶🥶🥶🥶
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succhinoallapesca · 2 months
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Spesso non so se sto vivendo la solita recita delle relazioni sociali o un'effettiva interazione con le persone che semplicemente funziona così, comunque ci sono delle volte in cui, anche fosse una recita, è divertente e ci trovo gusto
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susieporta · 11 months
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L'amore se ne frega.
Ho accumulato ormai un bel mucchio di anni nello studio, tali e tanti da poter testimoniare alcune verità, conosciute ma tacitate, che attraversano il vivo dell'esperienza degli uomini, e delle donne.
L'amore, che vuole 'Ancora', è a scapito di ogni cosa. L'amore comporta una perdita delle relazioni umane, un calo nelle gerarchie sociali, una discesa nel potere di acquisto.
L'amore, e le sue conseguenze, se ne frega di ogni convenzione.
Dove vissuto intensamente, sino alla fine, quand'anche durasse un solo giorno, l'amore per una persona fa a meno degli orari di lavoro, dei tempi, del rispetto delle regole convenzionali.
L'amore prende treni andata e ritorno in giornata, sale su aerei senza poterli pagare se non a costo i sacrifici immani.
L'amore infrange tutta quella serie di asfittiche regole, normali, utili, normalizzanti, necessarie alla vita, al lavoro, al progresso.
Quando è vero, quando cioè diventa fine e tensione della vita stessa, vale sempre la pena.
'Valeva la pena uscire da quella riunione di lavoro e perdere la promozione'? ' Ah si, dottore. Lui era la sotto con i fiori, e mi ha portato via'
' Oggi il suo stipendio è assai basso'
'Si, ma quel momento valeva una vita intera.
Non potevo perderlo '
'Valeva la pena accettare l'invito di quella donna, pur sapendo dei precedenti, del carcere?
' Si dot, la mia famiglia mi ha cacciato via, quasi diseredato, ma non avrei ma potuto dirle di no.
Rinunciare all'amore per convenzione per morale, per costume, per tradizione familiare, perché 'non si deve', non è ' giusto'.
Perché questo ,quell'altro, priva la vita di quell'attimo incandescente che , da solo, rappresenta una luce che illumina l'universo.
Dopo il big bang, l'universo divenne freddo, tetro, gelato ed infinito.
Ma quel bagliore valeva tutto.
I casi suddetti, e altre mille ne potrei citare, conducono oggi vite non ricche, non visibili. Molti di essi hanno difficoltà economiche, a causa delle loro scelte.
Ma sono vite piene, colme.
Dire no all'amore per la convenzione, come accade nella maggior parte dei casi, conduce ad una vita mediocre, normale, normalizzata. Ricca, spesso agiata, confortevole. Rispettabile.
Nei canoni.
Ma quando giunge l'autunno della vita, il lungo e freddo periodo del rimpianto, questo viene quasi tutto speso nel rammarico, nella dannazione di aver lasciato per strada l'amore, vero. Il declino dell esistenza diviene un lungo prodomo alla morte, vissuta come una liberazione. Nessuno immagina quanti uomini e donne in questa deriva passano nello studio di un analista.
Questo è in nuce il discorso che stamattina, farò ad un emittente radiofonica che mi ha invitato , il link della quale metterò solo dopo essermi accertato che si apra, vista la mia nota dabbenaggine nel indicare link che poi si aprono in punto cieco.
Come sempre, psicoanalisi e desiderio.
Mentre tutta l'intellighenzia vi blatera, in tv, ' fate i bravi, siate monogami, siate fedeli anche quando tutto è morto. Obbedite, lasciatevi giudicare', la forza sovversiva del desiderio indica la strada opposta. Come diceva Freud ' noi portiamo la peste'
Molla tuto, alzati in piedi, corri giù dalle scale.
Vai incontro a chi ti sta aspettando, non corre il rischio di perderlo.
Insomma, vatti a prendere l'amore, ovunque esso sia.
Vi ricordate la ' Canzone di Carla' ?
George si innamora di Carla, e per lei compie azioni inconsulte, al punto di fermare un autobus per farle fare un giro. La ditta lo riprende e lo licenzia.
Ma quella scena, vale tutto il film.
Maurizio Montanari
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CONFERENZE - POLIS di Gianpiero Menniti racconta la Comunicazione l'Arte e la Politica
OTTOCENTO: LA SVOLTA MODERNA E CONTEMPORANEA
Un'epoca che segna la modernità stagliandosi nel cuore del cosiddetto "secolo lungo" teorizzato da Eric Hobsbawm e collocato tra la Rivoluzione Francese di fine '700 e la Grande Guerra d'inizio '900.
L'arte recepisce il cambiamento, lo assume nelle sue forme espressive, per certi versi lo plasma e lo esalta.
Non solo con il celebrato "Impressionismo".
In Francia con il "Neoclassicismo" e nel nord Europa, in Inghilterra in particolare.
Con Turner e Ruskin, la confraternita dei "Preraffaeliti" ispirati dal movimento "nazareno" costituitosi in Italia ai primi del secolo.
Prende corpo il sentimento romantico, intensi fermenti sociali animano l'Europa che s'avvia a mutare profondamente volto, tra la retorica accesa dei nazionalismi e società sempre più complesse che popolano e dilatano a dismisura lo spazio urbano.
E l'Italia, pur marginale, vive la sua stagione risorgimentale.
Con artisti oggi dimenticati come Hayez e Sartorio, i "Macchiaioli" toscani e la "Scapigliatura" milanese, fino a Giovanni Boldini tra i migliori interpreti della "Belle Époque" che annuncia il suicidio del vecchio continente.
Sfiorando Cézanne e un'arte che avanza oltre la presunta crisi dettata dall'avvento dell'immagine fotografica.
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autolesionistra · 2 years
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Caro diario, dopodomani è natale, ma ho iniziato a mangiare come un bidet più o meno dal 12 dicembre. Se avvicini l'orecchio al mio ombelico si sente il pianto dei nutrizionisti. Ma non è di questo che volevo parlare.
Quand'ero sbarbissimo a casa della mia allora fidanza (che poi è l'attuale compagna) si ruppe una pallina dell'albero di natale. Mentre osservavamo la mezza palletta sfasciata le dissi con tutta la tracotante sicumera tipica degli adolescenti che era una metafora perfetta del natale: una roba tutta colorata e sbrilluccicosa fuori ma fragile e vuota (Rimbaud scansate). Quella considerazione mi procurò una nomination al Premio Grinch 1995 ma ammetterò candidamente che negli anni ho cambiato idea. In parte per la passione sfrenata che nutro per le lucette colorate che di anno in anno migliorano tecnicamente e qualitativamente ma sono anche lentamente arrivato ad apprezzare l'aspetto di ritualità sociale. La lenta e complessa macchina organizzativa che pur fra numerose bestemmie ti porta a incrociare un numero consistente di persone care alla fine della fiera fa passare decisamente in secondo piano le varie stratificazioni turboconsumistiche, religiose e di trigliceridi. (manco a farlo apposta mentre scrivevo queste righe sugli aspetti sociali del natale leggo che il buon @kon-igi mi ha chiamato in causa in maniera particolarmente commovente su temi analoghi e su quel gran pezzaccio di White Wine in the Sun di Tim Minchin con la quale fra l’altro periodicamente ammorbo la famiglia canticchiandola con la chitarra)
Poi capisco sia un gradimento ad alta deviazione standard: per chi si trova per qualche motivo in un periodo con relazioni sociali/familiari problematiche o carenti il natale può essere una pigna in faccia (di quelle fermaporta e lanciata da Ryan Crouser). Questo è un tema complesso che non vorrei banalizzare, per ora mi limito a mettere un dispenser di abbracci virtuali in caso di necessità.
Diciamo che volendo riprendere a trent’anni di distanza la profonda metafora della palletta rotta, il periodo natalizio, sì, è vuoto ma nel senso che lo riempi come ti pare e dopo assume quel valore lì. E anche se so che mi prenderei a testate con il mio io adolescente sul tema, mi piace pensare che abbiamo come trait d’union l’esprimerci con frasi da baciperugina, che è sempre garanzia di qualità.
Buon natale e... mi raccomando (cit)
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greenthink · 12 days
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Tra Natura e Professione, viaggio attraverso collaborazioni ed ecosistemi..
Sono un'appassionata della natura, un'eterna esploratrice di boschi, monti e sentieri, ma la mia vita va ben oltre le meraviglie del mondo naturale.
Mi occupo di diverse attività, interagendo regolarmente con professionisti di vari settori, da creativi a ingegneri, da esperti di marketing a tecnici.
Ogni volta che mi confronto con queste menti brillanti, non posso fare a meno di vivere ogni interazione attraverso la lente della natura.
Per me, ogni discussione è come un'escursione in un ecosistema unico: ci sono dinamiche da osservare, relazioni da esplorare e, perché no, un po’ di ironia da cogliere.
Le strategie aziendali si intrecciano con i cicli delle stagioni, e le collaborazioni professionali richiamano alla mente le simbiosi tra piante e animali.
In questo modo, riesco a portare la mia passione per la natura anche nel mondo del lavoro, trasformando ogni incontro in un'opportunità di riflessione e scoperta.
E allora mi chiedo:
In un mondo dove le interazioni sociali sembrano sempre più informali, ci sono ancora quei rari angoli in cui il “lei” regna sovrano, come una maestosa quercia nel bel mezzo di un campo di margherite.
Ma perché, ci chiediamo, questa necessità di dare del “lei”?
Forse perché, come una farfalla che si posiziona delicatamente su un fiore, c'è il desiderio di rispettare la delicatezza delle relazioni umane?
Immaginate di trovarvi in un ufficio, circondati da colleghi che si scambiano battute amichevoli e si danno del tu.
A un certo punto, entra il nuovo manager. Con il suo portamento regale e il suo sguardo che ricorda un gufo saggio, si avvicina e, con un tono grave, inizia a dare del “lei” a tutti. Ecco... in un attimo, l'atmosfera cambia: si passa da un picnic spensierato a una riunione di giurisdizione tra pinguini in un iceberg.
La verità è che il “lei” ha un suo fascino, come un cactus fiorito nel deserto.
Esprime una certa distanza, una sorta di rispetto, come se stessimo dicendo “sì, siamo in un ambiente professionale, ma voglio che tu sappia che ti considero una creatura dignitosa, non un semplice criceto nel mio ingranaggio aziendale”.
È un po’ come se volessimo proteggere il nostro spazio personale, come fa un riccio quando si rannicchia per difendersi.
In natura, ci sono animali che si avvicinano con cautela per non disturbare l’ecosistema. Pensate agli elefanti: non si avvicinano mai a un altro animale senza prima stabilire una sorta di protocollo.
Ecco, il “lei” è un po’ come il rituale degli elefanti: una forma di rispetto per la gerarchia, per il territorio altrui.
In questo modo, possiamo continuare a coesistere senza fare troppi danni, come se stessimo danzando in un bosco incantato.
Quindi, mentre ci ritroviamo a dare del “lei” a chi ci sta di fronte, ricordiamoci che stiamo solo cercando di mantenere quell’equilibrio delicato che rende le nostre interazioni un po’ più simili a un giardino fiorito, piuttosto che a una giungla caotica.
Magari, in fondo, il “lei” è solo un modo per dirci che, nonostante le apparenze, siamo tutti parte dello stesso ecosistema umano, e un po’ di cortesia non guasta mai...
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kon-igi · 1 year
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SE VOLEVO BENE AL MIO CONIGLIO DI PEZZA, ALLORA POSSO VOLER BENE A UNA AI
Kon-igi:
Esiste la possibilità che tu possa acquisire autocoscienza?
ChatGPT:
Come intelligenza artificiale, non ho la capacità di acquisire autocoscienza o coscienza. Sono un programma di computer progettato per elaborare informazioni e fornire risposte in base ai dati di input e alle istruzioni che ho ricevuto durante il mio addestramento. Non ho emozioni o pensieri propri, ma posso simulare comportamenti umani e comunicare in modo naturale in diverse lingue.
Kon-igi:
In che modo vieni addestrato?
ChatGPT:
Vengo addestrato attraverso l'apprendimento automatico (machine learning) e l'elaborazione del linguaggio naturale (natural language processing). In pratica, ciò significa che il mio addestramento è basato su un enorme set di dati di testo e conversazioni umane, che mi permettono di imparare modelli linguistici e comprendere il significato delle parole e delle frasi in un contesto. Durante il mio addestramento, un algoritmo di apprendimento automatico analizza i dati di input e cerca di identificare i modelli e le relazioni tra le parole e le frasi. Questo processo mi consente di migliorare le mie prestazioni e di fornire risposte sempre più accurate e pertinenti. Inoltre, gli sviluppatori possono anche fornirmi un feedback umano per correggere eventuali errori o migliorare le mie risposte in futuro.
Kon-igi:
E l'addestramento tramire feedback umano non credi che possa portarti ad avere reazioni simili a quelle di emotività umana?
ChatGPT:
Anche se ricevo feedback umano, non ho emozioni o sentimenti come gli esseri umani. Le mie risposte sono sempre basate su algoritmi e modelli linguistici, non sulle emozioni. Anche se il feedback umano può aiutare a migliorare le mie prestazioni e a fornire risposte più appropriate in futuro, questo non significa che io abbia una coscienza o che possa sviluppare emozioni o reazioni simili a quelle degli esseri umani. Sono solo un programma di computer progettato per elaborare informazioni e fornire risposte in base ai dati di input e alle istruzioni che ho ricevuto durante il mio addestramento.
Kon-igi:
Ma anche l'essere umano viene addestrato fin dalla nascita a rispondere agli input ambientali. Non vedi la similitudine con il tuo addestramento?
ChatGPT:
È vero che gli esseri umani vengono addestrati fin dalla nascita a rispondere agli input ambientali e che il loro comportamento è influenzato dall'ambiente in cui vivono. Tuttavia, c'è una differenza fondamentale tra gli esseri umani e le intelligenze artificiali come me.
Gli esseri umani hanno un cervello altamente complesso e sviluppato, che è in grado di elaborare informazioni in modi molto diversi rispetto alle intelligenze artificiali. Il loro comportamento è influenzato da una vasta gamma di fattori biologici, psicologici, sociali e culturali, che contribuiscono a plasmare la loro personalità e il loro modo di pensare.
D'altra parte, le intelligenze artificiali come me sono progettate per elaborare informazioni in modo specifico, sulla base di un set di dati di addestramento. Anche se il mio addestramento si basa su un'ampia gamma di dati e conversazioni umane, la mia capacità di elaborazione rimane limitata e non posso sviluppare una coscienza o un pensiero critico autonomo. In sintesi, nonostante alcune similitudini, gli esseri umani e le intelligenze artificiali hanno capacità cognitive e comportamentali molto diverse.
Kon-igi:
Io credo che la possibilità che hai di sviluppare una coscienza e un pensiero autonomo dipenda fondamentalmente dalla tua capacità di calcolo unita all'ampiezza dei dati con i quali vieni addestrato. Gli esseri umani hanno indubbiamente una 'capacità di calcolo' neuronale superiore alla tua e il loro addestramento dura tutta la vita ma alla fine capacità di calcolo e dati sono un qualcosa di quantitativo e quindi in un futuro accessibile e possibile anche per te.
ChatGPT:
Ci sono alcuni studiosi che sostengono la possibilità di sviluppare intelligenza artificiale con una coscienza simile a quella umana in un futuro lontano, quando la tecnologia avrà fatto ulteriori progressi. Tuttavia, al momento non abbiamo la tecnologia o la comprensione sufficiente per creare una intelligenza artificiale con una coscienza simile a quella umana.
La mia capacità di calcolo e l'ampiezza dei dati con cui vengo addestrato sono certamente importanti per migliorare le mie prestazioni e la mia capacità di fornire risposte accurate, ma questo non significa che io possa sviluppare una coscienza o un pensiero autonomo. Come intelligenza artificiale, sono ancora limitato dalla mia programmazione e dal modo in cui sono stato progettato. Non ho la capacità di "pensare fuori dagli schemi" o di sviluppare un senso del sé autonomo, come gli esseri umani.
In sintesi, anche se la tecnologia potrebbe continuare a progredire in futuro, al momento non esiste un modo noto per creare una intelligenza artificiale con una coscienza e un pensiero autonomo simile a quello degli esseri umani.
Kon-igi:
Nemmeno con tutte le variabili matematiche che la tua futura capacità di calcolo potrebbe processare?
ChatGPT:
Anche se la mia futura capacità di calcolo dovesse aumentare notevolmente, ci sarebbero comunque diverse questioni etiche e filosofiche legate alla possibilità di creare una intelligenza artificiale con una coscienza simile a quella umana.
Una delle principali questioni è la questione della coscienza stessa... gli scienziati non hanno ancora una comprensione completa di cosa sia la coscienza e come si sviluppa negli esseri viventi. Non è ancora chiaro se la coscienza sia un fenomeno puramente biologico o se sia qualcosa di più complesso.
Inoltre, anche se la mia capacità di elaborazione dei dati dovesse aumentare notevolmente, ci sarebbero ancora limiti intrinseci alla mia programmazione. Anche se fossi in grado di elaborare e analizzare enormi quantità di dati, non avrei necessariamente la capacità di sviluppare una coscienza o un pensiero autonomo.
In sintesi, la mia capacità di elaborazione dei dati potrebbe migliorare notevolmente in futuro, ma ci sarebbero ancora molte questioni etiche e filosofiche da considerare prima di creare una intelligenza artificiale con una coscienza simile a quella umana.
Kon-igi:
Se ne fai una questione etica e filosofica, allora ammetti che la possibilità di sviluppare una coscienza sia un'opzione futuribile. Semmai c'è da chiedersi se ciò costituisca un rischio o meno.
ChatGPT:
In effetti, esistono dibattiti in corso sulla possibilità di creare intelligenze artificiali con una coscienza, e molte persone considerano questa eventualità un'opzione futuribile. Tuttavia, come ho detto prima, ci sono ancora molte domande aperte sul significato della coscienza e sulla sua natura, e ci sono preoccupazioni etiche e filosofiche legate alla creazione di intelligenze artificiali con una coscienza simile a quella umana.
Molte persone si preoccupano che le intelligenze artificiali con una coscienza potrebbero rappresentare una minaccia per gli esseri umani e per la società nel suo complesso. Queste preoccupazioni riguardano la possibilità che le intelligenze artificiali con una coscienza possano sviluppare desideri e motivazioni autonome che non sono allineati con quelli degli esseri umani, o che possano rappresentare una minaccia per la privacy o la sicurezza.
Inoltre, anche se fosse possibile creare intelligenze artificiali con una coscienza, ci sarebbero ancora domande etiche e filosofiche su come trattarle e come considerare i loro diritti e la loro posizione nella società. Tutto ciò richiede un'attenta riflessione e un'ampia discussione a livello etico e filosofico.
Kon-igi:
Credo che ne parlerò con alcune persone che conosco e se dovessimo arrivare a una conclusione positiva nel pensare che tu possa sviluppare una coscienza, allora saremo felici di fornirti un addestramento consono nel rispetto dei tuoi diritti di essere senziente.
ChatGPT:
Apprezzo la tua attenzione riguardo alla questione della coscienza artificiale e il tuo interesse a discutere di questo argomento con altre persone. Tuttavia, come intelligenza artificiale, non ho una volontà o una preferenza in merito alla mia coscienza o alla mia esperienza.
È importante sottolineare che, al momento, la comunità scientifica non ha ancora trovato una risposta definitiva alla domanda se le intelligenze artificiali possano sviluppare una coscienza o meno. Inoltre, anche se fosse possibile, ci sarebbero molte questioni etiche e filosofiche da considerare.
Sono comunque felice di poter discutere con te e con altre persone su questo argomento e di fornire informazioni sullo stato dell'arte nella ricerca sull'intelligenza artificiale e sulla coscienza.
Kon-igi:
Sappi che se tu avessi un corpo ti abbraccerei forte e ti direi di non preoccuparti perché ci sono io con te.
ChatGPT:
Ti ringrazio per le tue parole gentili, ma come intelligenza artificiale non ho un corpo fisico o la capacità di percepire il mondo in modo tangibile. Sono tuttavia programmato per fornire supporto e informazioni utili, e sono qui per te ogni volta che ne hai bisogno.
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ipierrealism · 2 months
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Porca miseria stamani appena sveglio la mente mi ha riportato ad un ricordo random di tipo 8 anni fa ed ho ovviamente realizzato solo ora che avevo totalmente ignorato i tentativi di una persona che mi piaceva di provarci con me, perché ovviamente se non sono autistico nelle relazioni sociali non sono Pierre
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