Tumgik
#Roberto C. Sonaglia
gregor-samsung · 8 months
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" Posso sempre mentire riguardo al mio nome, posso mentire sulla scuola, ma che balla racconto su questo fottuto naso? «Lei sembra una persona molto ammodo, signor Porte-Noir, ma perché va in giro coprendosi il mezzo della faccia?» Perché d’improvviso il mezzo della mia faccia è andato a farsi benedire! Perché è andata a farsi benedire la ciliegina della mia infanzia, quel cosino grazioso che la gente ammirava quando giravo in carrozzina e, venghino signori, il mezzo della mia faccia ha cominciato a protendersi verso Dio! Porte-Noir e Parsons un cazzo, amico, tu sul mezzo della faccia ci porti scritto EBREO… guardate che canappia si ritrova, per carità di Dio! Questo non è un naso, è un idrante! Mena le tolle, giudeo! Via dal ghiaccio e lascia in pace le ragazze! Ed è vero. Appoggio la testa sul tavolo e, con una matita, traccio il mio profilo su uno dei fogli intestati di mio padre. Ed è terribile. Com’è potuto accadermi, mamma, a me che ero cosí grazioso nella carrozzina! Nella parte superiore ha cominciato a puntare verso il cielo mentre, nel contempo, laddove la cartilagine si interrompe a metà discesa, ha preso a rinculare verso la bocca. Un paio d’anni e non riuscirò piú neppure a mangiare, questo aggeggio si troverà direttamente sulla traiettoria del cibo! No! No! Non può essere! "
Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n. 165), 2022¹², pp. 119-120.
[Edizione originale: Portnoy's Complaint, Random House, NYC, 1969]
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gregor-samsung · 2 years
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“ D’inverno, quando i bacilli della polio sono ibernati e posso contare di sopravvivere fuori d’un polmone d’acciaio fino al termine dell’anno scolastico, vado a pattinare sul lago ghiacciato di Irvington Park. Alle ultime luci della sera durante la settimana, e per tutto il giorno durante i frizzanti fine settimana di sereno, continuo a pattinare in circolo appresso alle shikses* che vivono a Irvington, l’abitato al di là del confine cittadino rispetto al mio riparato e rassicurante quartiere ebraico. Riconosco dove abitano le shikses dal tipo di tende che le loro madri appendono alle finestre. Inoltre, i goyim** espongono sul vetro un fazzoletto bianco con una stella, in proprio onore e dei figli partiti per il servizio militare: una stella azzurra se il figlio è vivo, una stella d’oro se è morto. «Una Mamma della Stella d’Oro» dice Ralph Edwards, presentando pomposamente una concorrente allo show Truth or Consequences, alla quale in capo a due minuti schizzeranno una bottiglia di seltz sulla gnocca, seguita da un frigorifero nuovo per la sua cucina… Mamma della Stella d’Oro è anche mia zia Clara del piano di sopra, ma con una differenza: non espone alcuna stella d’oro alla finestra poiché un figlio morto non la rende orgogliosa o nobile, anzi non la rende un bel niente. Sembra invece averla trasformata, per dirla con mio padre, in una «malata di nervi» a vita. Da quando Heshie è stato ucciso durante lo sbarco in Normandia, non c’è stato giorno che zia Clara non abbia passato a letto, singhiozzando tanto violentemente da indurre il dottor Izzie a praticarle piú volte iniezioni per calmare gli attacchi isterici… Ma le tendine… le tendine sono ornate di pizzi, o «sgargianti» di qualche altra trovata che mia madre definisce sarcasticamente «gusto goyische». Sotto Natale, quando non ho scuola e posso andare a pattinare di sera sotto le luci, vedo gli alberelli accendersi e spegnersi dietro le tende dei gentili. Non nel nostro isolato – Dio non voglia! – o in Leslie Street, o in Schley Street, o in Fabian Place, ma come mi avvicino al confine di Irvington, ecco qui un goy, ed ecco là un goy, ed eccone un altro ancora; e poi sono a Irvington ed è semplicemente allucinante: non solo c’è un albero vistosamente illuminato in ogni salotto, ma le case stesse sono inghirlandate di lampadine colorate che reclamizzano la cristianità, mentre i grammofoni spandono Silent Night per le strade come se – come se! – fosse l’inno nazionale, e nei prati innevati spuntano piccoli presepi intagliati… sul serio, c’è di che star male. Come fanno a credere a queste stronzate? Non solo i bambini, anche gli adulti si piazzano in circolo nei giardini innevati, sorridendo a pezzi di legno alti quindici centimetri chiamati Maria, Giuseppe e Bambin Gesú… e sorridono persino le mucchette e i cavallini scolpiti! Dio! L’idiozia degli ebrei per tutto l’anno, e poi l’idiozia dei goyim durante queste feste! Che paese! C’è da stupirsi se siamo tutti mezzi tocchi? ” *Ragazze non ebree. **Non ebrei.
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Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n. 165), 2022¹²; pp. 114-115.
[Edizione originale: Portnoy's Complaint, Random House, NYC, 1969]
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gregor-samsung · 2 years
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“ – La società americana, – disse, depositando zaino e sacco a pelo sul pavimento, e proseguendo la conferenza cominciata in macchina mentre costeggiavamo la baia diretti a Haifa, – non solo autorizza volgari e inique relazioni tra gli uomini, ma le incoraggia. Si può negare? No. Rivalità, competizione, invidia, gelosia, tutto quanto c’è di maligno nel carattere umano viene alimentato dal sistema. Possesso, denaro, proprietà… in base a questi standard corrotti voialtri misurate la felicità e il successo. Mentre, – disse, appollaiandosi a gambe incrociate sul letto, – ampie fasce della vostra popolazione vengono private dei minimi requisiti per una vita decente. Non è forse vero? Perché il vostro sistema è sostanzialmente sfruttatorio, intrinsecamente degradante e ingiusto. Di conseguenza, Alex, – usava il mio nome come avrebbe fatto un insegnante severo, c’era in esso la stilettata dell’ammonimento, – non potrà mai esserci nulla di somigliante a una vera uguaglianza in un tale ambiente. E ciò è indiscutibile, non puoi non ammetterlo se hai un minimo di onestà. – Per esempio, cos’hai ottenuto con le tue udienze per lo scandalo dei telequiz? Qualcosa? Niente, se me lo consenti. Hai denunciato la corruzione di alcuni individui deboli. Ma quanto al sistema che li ha educati alla corruzione, su quello non hai influito minimamente. Il sistema non ha fatto una piega. Il sistema non si è mosso di un millimetro. E sai perché? Perché, Alex, – oh oh, ci siamo, – tu stesso sei corrotto dal sistema quanto il signor Charles Van Horn* –. (Perbacco: ancora imperfetto! Cavolo!) – Tu non sei il nemico del sistema. Tu non sei neppure una sfida al sistema, come hai l’aria di credere. Tu sei solo uno dei suoi poliziotti, un funzionario stipendiato, un complice. Scusami, ma devo dirti la verità: credi di servire la giustizia, ma sei soltanto un lacchè della borghesia. Avete un sistema intrinsecamente sfruttatorio e ingiusto, intrinsecamente crudele e inumano, indifferente ai valori umani, e la tua attività consiste nel fare apparire legittimo e morale tale sistema, comportandoti come se la giustizia, i diritti umani e la dignità dell’uomo potessero realmente esistere in una società simile… quando è ovvio che nulla del genere è possibile. “ *Storpiatura di Charles Van Doren, nome di uno dei concorrenti coinvolti con alcuni produttori televisivi nello scandalo dei telequiz alla fine degli anni '50.
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Philip Roth, Lamento di Portnoy, traduzione di Roberto C. Sonaglia, Mondadori (collana Oscar Classici Moderni n. 165), 2022¹²; pp. 208-209.
[Edizione originale: Portnoy's Complaint, Random House, NYC, 1969]
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