#Spiaggetta
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carsthatnevermadeitetc · 2 months ago
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Fiat 600 Multipla Spiaggetta, 1956, by Vignale. Designed by Giovanni Michelotti and presented at the Geneva Motor Show, a beach car that used marine styling and a space-age aesthetic. The "floating" roof did away with both B and C pillars, instead being supported by some stout tubing. Sadly it remained a one-off and, unless it's hiding in an Italian boat-shed somewhere, is lost to the world
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primepaginequotidiani · 10 months ago
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PRIMA PAGINA La Sicilia di Oggi giovedì, 12 settembre 2024
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les-belles-mecaniques · 1 year ago
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C’EST L’ÉTÉ, METTEZ VOUS À LA BEACH CAR
Michelotti 850 Spiaggetta de 1968
Dans les années 60 le carrossier Michelotti collabore avec l’architecte naval Philip Schell pour dessiner une série de Beach car sur base Daf, puis Fiat. Bien plus aboutie que celles de Ghia, la CM (pour Carrosseria Michelotti) 850 Spiaggetta, s’écoulera à 80 unités entre 1968 et 1975. Elle propose des prestations supérieures à ses concurrentes: Carrosserie aérodynamique en fibre de verre, tableau de bord recouvert d’osier, vitesse de pointe de 100km/h grâce à ses 47 chevaux. L’auto est même équipée d’un chauffage!
Parmi les 80 exemplaires produits, on estime à 10 le nombre de survivantes. Le modèle présenté a appartenu à Philippe Stark.
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italiancarssince1946 · 2 years ago
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1956 Vignale Fiat Multipla Spiaggetta
My tumblr-blogs: https://www.tumblr.com/blog/germancarssince1946 & https://www.tumblr.com/blog/frenchcarssince1946 & https://www.tumblr.com/blog/englishcarssince1946 & https://www.tumblr.com/blog/italiancarssince1946 & https://www.tumblr.com/blog/japanesecarssince1947
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campitalia · 2 years ago
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La Spiaggetta della Sirena
Un’altra spiaggia segreta, un nuovo lounge bar per la tua estate 2023: per i tuoi pomeriggi pieni di sole o per una serata speciale con il tuo partner.  O, più semplicemente, da solo e con gli amici 🙂  ***** Another secret beach, a new lounge bar for your Summer 2023: for your afternoons full of sunshine or, better, for a special evening with your partner. Or, more simply, alone and with…
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frenchcurious · 6 months ago
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Fiat Spiaggetta 1100 1962. - source Ruote da Sogno.
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canesenzafissadimora · 3 days ago
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Ancora, per fortuna, qualche spiaggetta assolata...
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yellowinter · 11 months ago
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Spiaggetta Personale sul Po
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carsthatnevermadeitetc · 4 months ago
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Fiat 1100 Spiaggetta, 1962, by Ghia. A one-off beach car based on Fiat's light van (the 1100T) with 3 rows of wicker seating and space for 7/8 passengers plus a driver.
source
photographs Ruote de Sogno
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aigiornileggeri · 1 year ago
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la mia spiaggetta di acqua alta e scogli
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principessa-6 · 10 months ago
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Ci troviamo in una spiaggetta italiana la più maestosa di tutta la Calabria, nota come spiaggia dell’Arco Magno, a San Nicola Arcella (Cosenza).
L’acqua con i millenni erodendo la roccia ha aperto un varco verso la spiaggia, creando una piccola laguna a forma di mezzaluna, chiamata anche la Grotta del Saraceno.
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byronnight2 · 2 years ago
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Un fine settimana pieno di sorprese, l'isola d'Elba con i suoi scogli,la spiaggetta di Sant'Andrea,la tenda azzurra rediviva dalle avventure in Portogallo di tre anni fa ..
Mi sono accorta di essere più distante e pensierosa di sempre. Insofferente.
Forse,alla fine,la vita del surfer è l'unica che mi da pace. Una pace che grida nel vento ancora troppo caldo di Ottobre.
Come se, questa estate,tenace e ribelle,non volesse saperne di cedere il passo all'autunno.
Tutto finisce.
#pensieri
#ottobre
#surfer
#byronnightisback
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Ortona
Una città “dalle sere dolci e profumate come quelle d’Oriente”
(Gabriele D’Annunzio)
Questa città ha una storia tutta da scoprire, dove leggende tramandate nel tempo si mescolano alla vita di tutti i giorni e sanguinose battaglie e saccheggi distrussero tanto davvero troppo tra le vie di questa cittadina.
In passato la città era completamente circondata da una cinta muraria trecentesca e al suo interno era suddivisa tra Terra Vecchia, ovvero la zona dove abitavano i pescatori e i marinai e dove si svolse la terribile Battaglia del dicembre 1943, e Terra Nuova, una zona costituita per lo più da orti e campi. Parlando di Terra Vecchia bisogna considerare un aspetto molto singolare che i pescatori avessero lì le loro casette colorate tra quelle viuzze strette nella parte alta della città e non sulla costa vicino al porto e che per raggiungere le loro imbarcazioni percorressero degli scalini che collegano ancora oggi queste due zone; inoltre bisogna dire che il porto un tempo non era situato dove lo troviamo oggi ma si trovava più vicino al Castello Aragonese quindi sotto la cosiddetta Pizzuta.
Proprio dietro al faro dell'attuale porto, dove si trova anche una statua di San Tommaso che accoglie i marinai, c'è una piccola spiaggetta di pietre nominata la spiaggetta della Ritorna perché con l'avvicinarsi del maltempo le mogli dei pescatori (ed anche secondo un'altra leggenda una principessa) urlavano e pregavano «ritorna» ai loro amati.
Percorrendo le viuzze di Terra Vecchia possiamo notare un arco in pietra tufacea, il materiale di cui sono costutuite le scogliere, una casa lasciata così com'era di cui si può scorgere il colore originale attorno alla finestra e una casa che venne distrutta dalle bombe che si trova (ironia della sorte) nella piazzetta dedicata alla convivialità nominata dell'Allegria.
Per quanto riguarda il commercio bisogna dire che Ortona aveva un commercio comune con Venezia di stoccafisso e baccalà, che un tempo era il pesce dei poveri e dei contadini.
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Terra Vecchia ha termine dove è situato Palazzo Farnese, costruito nel 1584 venne comprato dalla Madama (Margherita d'Austria) insieme a tutto il feudo di Ortona e le vennero affidati anche i restanti feudi abruzzesi che amministrò con grande maestria.
Tra i personaggi illustri di Ortona che possiamo nominare ci sono due membri del Cenacolo Michettiano: Basilio Cascella (seppur nato a Pescara) e il compositore Francesco Paolo Tosti.
Pertanto a fine 800 Ortona vive di riflesso del Cenacolo Michettiano e vengono costruite case in stile liberty.
Proprio a Ortona è stato composto il nostro "inno" abruzzese per la gioventù "Vola Vola Vola " a cui a Porta Caldari è dedicata una fontana.
Vulesse fa' r'venì pe' n'ora sole
Lu tempe belle de la cuntentezze
Quande pazzijavame a vola vola
E te cupria de vasce e di carezze
E, e vola, vola, vola, vola, vola E vola lu pavone Si tiè lu core bbone Mo' fammece arrepruvà
...
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Percorrendo la passeggiata orientale che costeggia la costa e qualche viuzza raggiungiamo affacciato sul mare il Castello Aragonese che esternamente si presenta intatto ma all'interno possiamo notare essere rimaste in piedi solo alcune mura e torrette. La sua storia è un continuo trasformarsi: da alcuni resti romani venne costruita poi una fortezza che in seguito venne utilizzata per scopi militari, per poi venire acquistata facendola diventare un palazzo signorile con all'interno un meraviglioso giardino all'inglese.
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È arrivato il momento di fare una visita al museo dedicato alla Battaglia di Ortona tra civili e soldati canadesi contro le truppe tedesche, ma intanto possiamo già rinvenire delle tracce di questo sanguinoso scontro in un vicolo della città dove possiamo ancora leggere una scritta che indicava il coprifuoco: "il coprifuoco per tutte le truppe alleate è alle 21:00" e affianco possiamo notare dei fori nel muro causati dalle schegge delle granate esplose e dai proiettili.
Il Museo della Battaglia conserva oggetti e foto che testimoniano i giorni del violento scontro urbano del dicembre 1943, ciò che caratterizza questa guerra è essere stata principalmente una guerra di "propaganda" e poco utile invece a fini strategici, anche se comunque molto sanguinosa essendosi svolta casa per casa.
I civili vennero fatti sfollare dalle truppe tedesche ma non tutti fuggirono decidendo di nascondersi nelle cantine delle loro case ma perdendo così la vita.
Ortona ha ottenuto la medaglia d'oro al valore civile perché durante il conflitto ci si è aiutati l'un l'altro civili e soldati canadesi.
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I tedeschi tra le altre cose distrussero anche la torre dell'orologio, una delle due torri della Cattedrale di San Tommaso, per evitare fosse un punto di avvistamento.
Ma perché proprio a Ortona?! Semplice, perché è qui che il Re Vittorio Emanuele III di Savoia fuggì durante la seconda guerra mondiale imbarcandosi appunto al porto di Ortona verso Brindisi; ed è qui che si trovava la Linea Gustav.
Tra gli oggetti presenti nel museo possiamo soffermarci su tre in particolare:
I papaveri ricamati sulle vesti dei soldati canadesi e delle crocerossine, che indicavano la loro morte in battaglia essendo i papaveri rossi come il sangue;
Varie radioline e giradischi militari con cassa perché anche i soldati avevano bisogno di qualche momento di svago;
Una foto particolarissima, una foto di un banchetto di natale realizzato durante la guerra per i soldati circondato da firme, firme dei soldati sopravvissuti sia canadesi che tedeschi come inno alla pace, a testimoniare che fare la guerra non conviene.
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Ora è sufficiente uscire dal museo e svoltare verso la costa per raggiungere la Cappella del Crocifisso Miracoloso. Un tempo chiamato monastero di Sant'Anna questo luogo è testimone di antiche storie di fede, mare, corsari saraceni e leggende anche culinarie.
Era il luogo di fede in cui vivevano e pregavano del monache di clausura. Si narra che un giorno mentre pregavano l'affresco del crocifisso iniziò a gettare sangue dal costato, questo venne considerato un miracolo ma anche simbolo di presagio di un'imminente tragedia. Il sangue miracoloso venne raccolto in due ampolline, di cui una si trova a Venezia e l'altra è rimasta in questa Cappella ad Ortona rinchiusa in una teca (che viene messa in mostra il secondo venerdì del mese).
Il presagio era reale infatti dalla costa arrivarono le vele dell'ammiraglio della flotta ottomanna Piyale Paşa che iniziarono a distruggere tutto. Gli abitanti di Ortona fuggirono nelle campagne ma le monache di clausura non poterono abbandonare il monastero e restarono a pregare, le loro preghiere forse le salvarono perché Ortona viene nuovamente distrutta ma i nemici non riuscirono nemmeno ad avvicinarsi al monastero e alle suore di clausura perché una fitta nebbia ricoprì questo luogo come a renderlo invisibile e inesistente.
A questo luogo e alle monache di clausura sono legate anche altre due leggende di cui una è solamente la visione della realtà in chiave magica e fantasy poiché le monache di notte per lavare i panni si recavano alla fonte vicina facendosi luce nel buio e da allora quella fonte venne chiamata la fonte delle fate. Mentre l'altra è legata alla nascita del dolce tipico di Ortona: le nevole (da non confondere con le neole o ferratelle abruzzesi), dolce che appunto secondo questa leggenda è stato creato dalle monache di clausura che un giorno avendo finito le ostie presero gli ingredienti che avevano e unendoli e cuocendoli con il ferro per le ostie diedero vita alle nevole, la cui ricetta prevede solamente mosto cotto, arancio autoctono dal sapore dolceamaro e olio d'oliva (alcuni pasticceri del posto aggiungono anche della cannella).
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La Cattedrale di San Tommaso, un tempo Cattedrale di Santa Maria Vergine, custodisce le reliquie dell’apostolo San Tommaso e la sua pietra tombale dove viene ritratto l'apostolo e che presenta due fori uno per inserirvi un bastoncino di incenso e l'altro per inserirci degli oggetti che successivamente venivano recuperati intrisi dell'energia sacra per poter ottenere cure miracolose, infatti sia la pietra tombale che le reliquie stesse dell'apostolo sono importanti non per il loro aspetto fisico materiale ma per l'energia fortissima dell'anima che emana il corpo del santo apostolo, un'anima che è stata così vicina a Cristo nei suoi giorni in Palestina.
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Spero questo riassunto vi abbia fatti viaggiare insieme a me alla scoperta di questa città abruzzese e ringrazio per la visita guidata i Compagni d'Avventura e Ortona Welcome
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simo06 · 1 year ago
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Scappato un mese a New York ! ✈️🛸
Eccomi qui direttamente dal 525 Lexington Avenue per raccontarvi questa folle experience .✨
Sono arrivato qui dall'Italia circa tre settimane fa con Kaplan, una scuola di lingua. Non è una classica vacanza studio, quindi non ci sono persone che si occupano di me; sono completamente autonomo e mi faccio i cabbi miei. Frequento una lezione di tre ore al giorno durante la settimana.
Ero partito con idee chiarissime sul mio futuro: trasferirmi qui per frequentare l'università. TERRORE, PANICO: ho cambiato idea, perché New York è tanto, in tutti i sensi. Come turista è fantastica, ma viverci è dura. È una città con diversi problemi come homeless molesti, spazzatura ovunque, rumori, un sacco di turisti, prezzi esorbitanti (Manhattan). Tuttavia, resta un'esperienza molto formativa, sia per apprendere la lingua sia per il fatto che sei da solo e devi svegliarti!
10 COSE DA FARE ASSOLUTAMENTE:✨✨
1. Vedere uno spettacolo a Broadway, top experience.
2. Visitare Dumbo a Brooklyn, c'è una spiaggetta con un panorama bellissimo.
3. Fare un giro a Central Park.
4. Visitare il Museo di Storia Naturale.
5. Salire al Top of the Rock, l'osservatorio che preferisco.
6. Guardare una partita di baseball allo Yankee Stadium.
7. Andare alla Grand Central, la stazione iconica dei treni.
8. In autunno, prendere un treno per Sleepy Hollow.
9. Fare colazione in un diner: Junior's è costoso ma buonissimo (la cheesecake no, troppo dolce).
10. Visitare il MoMA.
CONSIGLIO: girovagate. Troverete delle figate!
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umi-no-onnanoko · 1 year ago
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Forse per qualcuno è una cosa banale, magari lo è, però io ci tengo a dire grazie a queste persone che leggono e seguono il mio blog.
Grazie per il tempo e la pazienza, per l'interesse verso il mio piccolo spazio, per il supporto e apprezzamento; grazie a queste 1.000 persone e soprattutto a chi tra esse mi sopporta dall'inizio.
Non ho aperto questo blog per visibilità, per likes, per mostrarmi o per chissà quale ricerca di fama, ma per poter avere uno spazio in cui mostrare me e quindi grazie per apprezzarmi.
Non vi conosco tutti, ma ringrazio ciascuno di voi che trova piacevole passare per la mia spiaggetta, ringrazio coloro che lasciano commenti costruttivi, che leggono i post anche più lunghi o quelli più stupidi e ringrazio soprattutto coloro che hanno avuto un pensiero o belle parole per me.
Grazie mille
@umi-no-onnanoko (@umi-no-onnanoko )
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sciatu · 2 years ago
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IL PRIMO BACIO (dovrebbe essere un racconto)
Si disse che avrebbe aspettato ancora dieci minuti e poi se ne sarebbe andata. Guardò per la millesima volta il cellulare ma non c’era nessun messaggio. L’ultimo diceva che gli era capitato un imprevisto, sarebbe arrivato in ritardo di qualche minuto. Questo due ore prima.
“Cinque minuti, non di più.”
ripeté decisa e arrabbiata, ma non con quel lui che aveva promesso, giurato e che ora era uno scomodo fantasma; arrabbiata con quel bisogno di qualcuno che l’obbligava a restare li, ferma come una vittima sulla ghigliottina ad aspettare un verdetto che già sapeva
Sentì dei passi sulla sabbia e vide la figura di un ragazzo arrivare. Piena di speranza alzò la testa per vedere meglio. Non era lui. Era più alto di Luigi e con i capelli ricci. Tornò a sdraiarsi mettendo la testa sul cuscino gonfiabile e, fingendo di avere gli occhi chiusi, osservò il nuovo arrivato. Lui stava guardando il cellulare e quando girò intorno alla collina di sabbia che la nascondeva si fermò stupito osservandola. Si guardò intorno indeciso sul da farsi poi continuò nella piccola conca che formava una spiaggetta protetta dal vento e dagli sguardi indiscreti dirigendosi al lato opposto a quello dove lei era sdraiata e, distesa la tovaglia, si coricò senza levarsi la maglietta.
Lei decise che ormai poteva andarsene. Anche se Luigi fosse arrivato non avrebbero avuto quell’intimità necessaria a parlarsi e forse a legarsi per sempre. Ormai, Luigi le aveva fatto capire che per loro non ci sarebbe stato un sempre.
Si mise a sedere cercando qualcosa nella borsa solo per non farsi fregare dalla tristezza e mettersi a piangere come una scema. Il vento soffiò improvviso e feroce, a sottolineare l’amara rabbia che lei provava e col suo soffio cattivo, si portò via il suo cuscino gonfiabile. Lei cercò di girarsi per afferrarlo ma cadde goffamente sulla sabbia e poiché si era messa su una duna, rotolò verso il basso come una pera caduta dal suo ramo.
Quando si fermò era confusa e disorientata, con la testa verso il basso, le gambe verso l’alto, senza riuscire a muoversi da quella ridicola posizione. Si butto su un fianco e cercò di alzarsi senza riuscirci.
“Vuoi una mano?”
Era il ragazzo con i capelli ricci che la guardava dall’alto.
“Si grazie, mi sono incasinata.”
Le spostò le gambe verso il basso e, prese le sue braccia, la tirò su lentamente. Stretto sotto un suo braccio c’era il suo cuscino.
Si drizzò barcollando, levandosi la sabbia dalla testa.
“Hai fatto un bel ruzzolone”
“I disastri sono la mia specialità”
Si levò la sabbia dalle gambe
“Ce la fai a risalire?”
Le chiese preoccupato con un accento che sembrava altoatesino.
“Si, si”
Rispose lei cercando di camminare sulla piccola duna su cui era sdraiata. Lui le allungò il cuscino
“Grazie, grazie nuovamente”
“Prego - Rispose gentilmente facendo un piccolo sorriso – va tutto bene?”
“Si, si, grazie ancora. Grazie”
Rispose velocemente quasi gli desse fastidio e afferrò con malagrazia il cuscino. Il ragazzo fece un altro sorriso di circostanza e tornò a sdraiarsi dall’altra parte della piccola spiaggia concentrandosi sul cellulare e ignorandola.
Lei l’osservò. Sembrava magro ma l’aveva aiutata senza mostrare alcuna fatica ed era stato gentile ed educato, non il solito sciabbacotu (pescatore povero, sinonimo di persona rozza e ignorante) che c’erano nei paesi lungo la costa. Lei al solito si era comportata da zalla. Ormai non poteva evitare di morire vergine, cosa che secondo sua zia Pinuccia era la disgrazia peggiore che potesse capitare ad una donna, ma passare da zalla non le andava. Si alzò e si diresse con cautela dal ragazzo sedendosi accanto. Lui si accorse di lei solo quando se la vide vicinissima, si levò gli auricolari e la guardò interrogativo.
“Eh nenti, prima sono stata un po' sgarbata, volevo chiederti ancora grazie. “
“Non ti preoccupare – la osservò attentamente – va tutto bene? Ti vedo turbata”
“è che tutto mi va a schifiu”
“Cose sentimentali o cose serie?”
“Le cose sentimentali non sono cose serie?”
“Per chi gli vuol dare importanza si, per chi ha un po' gnengu (intelligenza), no”
“Ecco, come finire la serata in gloria, con il sentimental-scettico di turno – pensò lei e continuò ironicamente a voce alta – perché tu non credi all’amore?”
“All’amore si, ma a tutte quelle storie che ci ricamano intorno, no. È un marketing dei sentimenti che mi da fastidio.”
“Che vuoi dire, non ti capisco “
“Scusami, sono con le scatole girate. Oggi ho avuto una giornata di lavoro storta. Ero venuto qui a distrarmi un po'”
“Oh scusa vado via”
“No resta, tu non fai parte della mia giornata ma di questa spiaggia, quindi sei senza peccato”
Lei sorrise e gli chiese
“Che lavoro fai?”
“Lavoro in un laboratorio di analisi mediche. Oggi si son rotte due apparecchiature e ho passato la giornata a cercare l’assistenza tecnica per domani. Ma qui in Sicilia “domani” è un tempo indefinito. E tu che lavoro fai?”
“Lavoro in un asilo, con i bambini.”
“Allora la tua giornata dovrebbe essere stata tranquilla”
“Invece era una giornata piena di aspettative: ero riuscita a farmi dare un appuntamento da un bonazzo che mi piaceva da tanto, e stu strunzu mi da buca! Ma dimmi: Cettina si nu cessu, m’affruntu (mi vergogno) ad uscire con te invece di farmi sperare per niente. Stu strunzu”
Sentì  gli occhi riempirsi di lacrime.
“Lo vedi? È questo quello che chiamo marketing dei sentimenti: i sentimenti che creano false illusioni e falsi motivi di auto compatimento per poi cercare altri motivi di autocompiacimento, autostima etc etc, così siamo sempre a cercare di essere apprezzati o di apprezzare per avere in cambio quelle gratificazioni che non riusciamo a trovare nella vita e di cui i sentimenti sono il motore”
Si avvicinò a Cettina
“Ragiona, se non è venuto è un bene! Ti avrebbe riempito di illusioni, false promesse, sogni … e poi sarebbe scomparso nel nulla lasciandoti la sensazione di aver sprecato una vita.”
Si sdraiò sulla schiena
“E poi non si nu cessu, lo sai!”
“Comu no! Ho il corpo a fiasco di vino e questo naso che da solo fa provincia”
E guardò la punta del suo naso con entrambi gli occhi. Lui sorrise di gusto
“Hai fatto una espressione ridicola – si scusò – e poi la bellezza di una donna non è nel solo fisico. È nella sua sensualità, nel suo carattere, nel suo charme. La bellezza rimanda sempre a qualcosa, ad un sentimento, al sesso, al piacere, ad una canzone, una stagione, ad un ideale, ad un’idea di perfezione. Non è qualcosa di assoluto ma di culturalmente e personalmente relativo e nella sua relatività non c’è un più o un meno bello.”
“Si, si – fece lei scettica – intanto quelle con le cosce lunghe, il seno rifatto, magre e bionde hanno sempre nu zitu che le sta dietro ed io resto sempre seduta da parte come na seggia sciancata (una sedia con una gamba rotta) chi nuddu voli. Sula a ittari sangu, ad aspettare che qualche caso umano mi consideri. Tu parli bene, ma a me nessuno mi guarda, perché l’unica cosa a cui culturalmente rimando è un sacco di patate.”
Lui sorrise e si sdraiò sulla schiena chiudendo le palpebre ed aggiunse semplicemente
“esagerata comu tutti i fimmini”
“A si, - fece lei piccata - allora dimmi di che colore sono i miei occhi? Se sono interessante li avrai notati”
Gli disse ironica e se li nascose con una mano. Lui sorrise
“Sono nocciola con dei sprazzi ambrati intorno alla pupilla, hanno una forma a mandorla e sono ben proporzionati nel volto.”
Lei levò la mano sorpresa e pensò
“minchia ma mi ha guardato veramente"
“E tu sapresti dirmi di che colore sono i miei?”
Fece lui e si coprì gli occhi come aveva fatto lei
Ebbe un attacco di panico ma si riprese subito
“Neri … neri scurissimi … e normali, cioè non a mandorla ma normali”
“Hai dimenticato affascinanti e intelligenti ….”
“Si va bene, ha parlato George Clooney”
Fece lei ridendo. Sorrise anche lui e restarono in silenzio qualche secondo
“Lo fai il bagno?”
Lui la guardò
“Ma si dai “
si levò la maglietta mentre lei si alzò e corse sulla sabbia calda entrando in acqua con un tuffo. Lui la seguì entrando in acqua lentamente. Cettina ne approfittò e avvicinandosi, lo bagnò; lui sussulto per l’acqua fredda e si tuffò inseguendola. Lei nuotò via ridendo mentre il ragazzo con grandi bracciate cercava di raggiungerla.
Sentì ad un certo punto un dolore intenso al polpaccio. Lanciò un grido e malgrado cercasse di restare a galla, affondò lentamente. Prima di essere sommersa dall’acqua cercò di respirare più aria che poteva, ma lo fece con la bocca vicino all’acqua e un boccone le scese lungo la gola facendola tossire. L’acqua la sommerse. Si sentì afferrare ai fianchi, percepì il corpo caldo di lui contro il suo e con forza si sentì sollevare finché la testa uscì in superfice. Incominciò a tossire e a sputare acqua. Il ragazzo l’aveva afferrata e lentamente la stava portando a riva.
Lei si appoggio a lui mentre sentiva le sue braccia stringerla e sostenerla
“Un crampo”
Disse tra un colpo di tosse e l’altro. Arrivarono sul bagnasciuga e lui si fermo. Lei in si massaggio il polpaccio dolorante appoggiandosi contro il corpo di lui.
“cerca di stendere il piede.”
Sentiva il corpo del ragazzo contro il suo e il braccio che la circondava.
“ora va meglio aiutami a sdraiarmi.”
l’aiutò a raggiungere la sua tovaglia
“Stai qui al caldo “
e si tuffò di nuovo.
Cettina massaggiandosi il polpaccio si sdraio sulla sabbia calda.
Il ragazzo tornò poco dopo, prese le sue cose e si sdraiò accanto a lei con la schiena al sole e gli occhi chiusi. Cettina aprì di poco gli occhi come se li avesse ancora chiusi e lo guardò. Osservò il naso regolare e il mento largo soffermandosi sulle labbra sottili.
“Oggi è la giornata in cui mi devi salvare”
“Capitano le giornate no, che vuoi fare”
“Meno male che nuoti benissimo”
“La piscina era la cosa più vicina al mare che c’era dove abitavo in Germania. Facevo parte di una squadra di pallanuoto.”
“E hai vinto qualcosa?”
“Dicevano che ero troppo piccolo e magro per stavo sempre in panchina. Ma in realtà non giocavo perché ero italiano.”
Chiuse gli occhi e cercò di farsi scaldare dal sole.
Cettina pensò a quello che lui aveva detto prima del bagno e alla fine si alzò sui gomiti e gli chiese
“Posso farti una domanda personale”
“E fammela …”
“Ma tu l’hai mai avuta una ragazza?”
“No, e non sono gay per rispondere alla tua seconda domanda”
“La mia seconda domanda è “perché”? perché non ci credi nell’amore se non hai mai avuto una ragazza?”
Lui si appoggiò sulle braccia alzando il busto
“Mi è successo che quando avevo sei anni mio padre si è innamorato di una ragazza più giovane di lui e ha lasciato la famiglia. Mia madre non aveva mai lavorato ed è stato un momento molto difficile. Poi siamo andati in Germania dove c’era mio zio che le ha trovato un lavoro. Si è messa poi con uno che sapeva che ogni sabato pensava che doverosamente dovesse ubriacarsi. Io mi sono ritrovato da che abitavo di fronte al mare, a vedere da un giorno con l’altro solo distese di luppolo e pini oscuri, senza capire cosa mi diceva la gente e a sentirmi sempre un diverso, un estraneo sopportato e mai accettato. Quando ho potuto me ne sono tornato qui. Non riuscivo ad amare quel mare di terra e quella gente che ti sorrideva solo se aveva un bicchiere in mano. Per questo sono tornato e per tutti sono un pacciu (pazzo), ma i pacci sono liberi, hanno il diritto di vivere come vogliono. Ho preso in casa mio padre che è stato lasciato dalla sua amante e che a furia di pensare a tutti gli errori che ha fatto è diventato un alcolizzato. L’amore, i rapporti con gli altri sono fregature, legami che devi subire tuo malgrado, che devi accettare anche se non hanno più senso, come la famiglia. Perché legarsi se i legami sono solo temporanei e si usurano con la stessa velocità con cui invecchiano i telefonini?”
Lei ascoltava in silenzio, e quando lui finì di parlare continuò a guardarlo come se stesse ancora ascoltandolo, poi si sdraiò nuovamente sulla pancia.
“Io mio padre non l’ho mai conosciuto. Mia madre non ne parla mai. Qualcuno dice che è o era una brava persona, qualche altro dice che era un mascalzone. Non lo so, forse nessuno mi vuole: perché sono una bastarda. Ma a me la cosa non mi interessa. Mia madre è una donna eccezionale, uno scoglio che nessuna mareggiata riesce a spostare; mi ha insegnato che la vita si deve vivere e amare non “malgrado tutto” ma perché è vita, è la nostra, è l’unica che abbiamo. – restò qualche istante in silenzio - Io lavoro con i bambini e vedo ogni giorno che loro si nutrono d’amore. Ne hanno bisogno per crescere per comprendere, per capire questo mondo che per loro è meraviglioso e spesso terribile. Gli uomini non sono diversi dai bambini, senza amore, morirebbero o sarebbero eternamente ubriachi, per non pensare che sono soli, prigionieri di se stessi.”
Restò qualche minuto in silenzio come se ascoltasse il vento dirle qualcosa
“Quando da bambina ho chiesto a mia madre perché non avesse sposato mio padre mi ha risposto che quando si vuole bene a qualcuno è come quando si va in posta ad aprire in due un libretto dove si conserva tutto l’amore che in quel momento avanza; ci si mette i desideri comuni, le speranze per il domani, i ricordi belli, i momenti felici, baci, carezze, sorrisi, abbracci, insomma, tutto quello che  unisce e che rende felici. Quando si ha un momento di difficoltà si va alla posta e si preleva un po' d’amore dal libretto, così si continua a volersi bene. Quando era successo a lei di aver bisogno di quell’amore che mio padre in quel momento non le dava, aveva scoperto che il libretto era vuoto, che mio padre non aveva messo nulla e lei pochissimo. Non serviva a niente tenere quel libretto e lo aveva chiuso e con lui, aveva chiuso anche il rapporto con mio padre.  Mi ha detto anche che il suo era una eccezione. Perché l’amore, se ci crediamo, rinasce ogni giorno ed è l’interesse, il guadagno di quello che abbiamo messo nel libretto, così ogni giorno accumuliamo un tesoro. Questo perché è il tempo che giudica l’amore, perché fa la somma di quanto in quest’amore abbiamo messo di nostro e di sincero. Nel libretto dei tuoi forse c’era poco come in quello dei miei e tuo padre ha deciso di aprirne un altro perché come i bambini, tutti noi dobbiamo nutrirci d’amore.”
“E come si fa a mettere la giusta quantità d’amore sul libretto se all’inizio non si sa cosa si dovrà affrontare e siamo presi dalla voglia e dalla paura d’amare”
“conoscendosi e voglia di sapersi. Solo quando sai chi hai davanti puoi incominciare a depositare il tuo amore in più. Ora tu dici, l’amore non esiste! Ma se non lo hai mai provato, se non hai mai aperto un libretto impegnandoti in un rapporto, come fai a dire che non esiste. Io invece sono sempre qua, con il mio libretto in mano in cui nessuno vuole depositare qualcosa!”
Lui sorrise
“Forse dai troppa importanza a quel libretto postale”
“perché non si può ignorare l’amore come fai tu. Ma dimmi la verità, sei felice?”
Lui non rispose ed appoggiò la testa sulle mani vicino alla sabbia.
“nel mio piccolo si”
“si, sei felice come una barca lasciata per sempre sulla spiaggia: hai rinunciato al mare,  alla vita”
Lui chiuse gli occhi come per riflettere meglio.
“dipende da cosa intendi per vita, se è la spiaggia sempre uguale o il mare con le sue tempeste e bonacce. Quando hai visto solo naufragi, forse la spiaggia è l’unica soluzione”
Lei pensò alle sue parole. Non stava capendo. Non capiva che quell’amore di cui lei parlava non era un passatempo, un vestito sociale che bisognava indossare, ma un bisogno che tutti quanti avevano, anche lui sentimentalmente ateo. Fu invasa da una velenosa malinconia. Come sentiva che era finita in un altro vicolo cieco dove non c’era nessuno. Questo tirolese spiaggiato non voleva dare all’amore l’importanza che aveva e chissà quanti la pensavano come lui. Lei era l’unica a credere in qualcosa a cui nessuno in fondo dava un vero valore. Luigi era ormai un’ombra come tutti quelli che l’avevano preceduto: già prima dell’inizio era finito tutto. Si era spaventato o si vergognava di lei. Il risultato non cambiava: il suo libretto postale era ormai scaduto e nessun altro avrebbe messo su di esso un sogno, un desiderio, un momento felice perché alla fine, gira che ti rigira, lei restava sempre una senza valore, era solo la figlia della buttana che nessuno aveva sposato, era solo quella che non sapeva neanche chi fosse suo padre.
Le venne voglia di scappare e di fermarsi solo in quel posto lontano e introvabile del mondo dove non esistevano le ingiustizie
“si è fatto tardi – disse fredda e distante – il sole sta già tramontando. Io vado”
Si alzò e con le mani rimosse la sabbia dalle gambe. Incominciò a raccogliere nervosamente le sue cose. Lui la guardò sorpreso. Restò seduto osservandola qualche secondo, poi si alzò velocemente
“Hai ragione, quando il sole va via incomincia a fare freddo”
Raccolse la tovaglia e lo zaino e aspettò che lei finisse di piegare la sua. S’incamminarono lentamente sul bagnasciuga per aggirare il promontorio dietro cui era nascosta la spiaggetta e tornare alla piazzola sulla statale su cui avevano parcheggiato
Dopo alcuni secondi di silenzio lui incominciò a parlare
“Mi piace la tua teoria del libretto e anche quello che hai detto sui bambini …”
Lei camminava senza ascoltarlo, guardando dove metteva i piedi per evitare i sassi più grossi o più appuntiti.
“Poi, è vero, per mettere il giusto valore nel libretto comune, ognuno deve sapere, chi è la persona con cui ha aperto il conto e che cosa rappresenta per lui …”
Lei continuava a non parlare stanca di una discussione senza nessuna conclusione che ormai aveva sentito mille volte ripetuta in mille modi diversi.
“… Penso che alla fine ognuno deve trovare la sua strada ….” Concluse lui con una disarmante banalità detta come se fosse una verità assoluta.
Arrivarono alla piazzola del parcheggio e Cettina vide poco lontano dalla sua macchina una moto di grossa cilindrata con targa tedesca
Lei arrivò alla macchina qualche metro più avanti, l’aprì e si girò per salutarlo trovandolo giusto dietro di lei invece che accanto alla moto e spaventata fece un salto indietro
“Scusa – fece lui sorridendo per la faccia che aveva fatto – volevo chiederti sola una cosa …”
“Dimmi”
Rispose lei riavutasi dallo spavento
“… ti andrebbe di andare a mangiare una pizza con me questa sera … o domani se sei occupata?”
Lei lo guardò sorpresa
“Perché ?
“Per conoscerci meglio … per parlare un po' …. diventare amici….”
Non riuscì a trovare altri argomenti anche se si capiva che li stava cercando
“… tra le tante persone che ho incontrato qui, sei l’unica che dica delle cose sensate …  ”
Lei lo guardava stupita, indecisa sul da farsi pensando a cosa volesse dire
“… scusa, è la prima volta che chiedo un appuntamento e non so cosa si dica in questi casi … ma ho lasciato la Germania per il mare … mi scoccia pensarmi abbandonato su una spiaggia”
La guardò intensamente, con i ricci che gli scendevano sugli occhi e le labbra ferme in un sorriso gentile.
Lei pensò a il suo corpo contro il suo nel bagnasciuga, penso ai suoi occhi neri dietro i riccioli che gli coprivano la fronte, ebbe il flash delle sue labbra che le sorridevano senza malizia mentre le dava il cuscino e pensò a quello che le aveva detto, alla sua anima che le aveva mostrato. Sentì che era sincero, diversamente da tutti quelli prima di lui, le aveva mostrato la sua anima ancor prima di conoscerla.
“bhe, penso che stasera potremmo vederci, perché no … dove possiamo andare?”
“io vado sempre al kamelot, ti va bene?”
“ si non è lontano da casa mia alle 21:00 va bene?”
“okei, prenoto io”
Lei lo guardò tutta seria.
“ Non mi darai anche tu una buca?”
“No! io quando dico una cosa è quella”
E sorrise nuovamente
“va bene, a stasera”
Fece lei contenta. Il volto di lui si illuminò.  Si voltò e si avviò verso la moto. Lei lo guardò allontanarsi e dopo pochi secondi gli corse dietro
“scusa, … scusa,”
Lui si voltò immediatamente e se la vide arrivare di corsa
“Come ti chiami ? …. Non mi hai detto come ti chiami”
Lui la guardò
“Philipp, Filippo in italiano”
I loro occhi si guardavano come quando si guarda un tramonto o il mare del mattino mentre sorge il sole e lo riveste di luce.
“Ah, Filippo … “
Ripetè lei. Ma non si mosse e non disse nulla. Lui faceva lo stesso quasi a voler leggere ogni suo tratto, ogni più piccolo particolare di lei per ricordarselo per sempre
I loro occhi si fissavano come se le loro anime volessero conoscersi direttamente, senza usare parole, ma solo il loro silenzioso desiderio di sapersi
“minchia baciami,  abbracciami, … stringimi …”
Pensò Cettina improvvisamente, sperando che la stringesse come aveva fatto in acqua o come fanno nei film e che premesse le sue labbra sulle sue, perché le labbra sono la penna con cui ogni amante scrive il suo amore sulla pelle di chi ama e lei voleva che lui scrivesse sulla sua pelle quanto per lui, lei fosse importante, quanto la desiderasse e la volesse rivestire di piacere, perché aveva sempre desiderato un bacio rivelatore come quello che non era mai arrivato.
Si vergognò immediatamente dei pensieri che stava facendo
“… a dopo … allora”
E indietreggio per ricordarlo com’era, con i riccioli smossi dal vento, quel sorriso che sembrava quello di un bambino e l’asciugamano rossa sulla spalla.
Sentì che stava arrossendo, si voltò e andò via, salì in macchina e partì. Arrivò a casa senza ricordarsi nulla della strada che aveva fatto, perché pensava solo a lui, a quello che si erano detti, alle sue braccia intorno la sua vita, ai suoi occhi fissi nei suoi. Alle sue labbra che dovevano essere dolcissime, alle sue mani sul suo corpo, alla sua pelle che doveva profumare di fuoco e zagara. Si asciugò i capelli raccogliendoli in una lunga coda, si mise lo smalto nuovo sulle unghie dei piedi e delle mani, si passo sulle gambe la crema per rassodarle e passò parecchio tempo a truccarsi. Lo faceva in modo inconscio, mentre pensava a lui. Si provo due vestiti e scelse il nero con le scarpe basse e una piccola borsa. Restò in dubbio sull’intimo, se dovesse mettersi Victoria Segret o Coin.
“Minchia - si disse - se deve succedere qualcosa, me lo devo ricordare per tutta la vita”
E levò il tagliandino del prezzo a Victoria Segret. Quando guardò l’orologio si accorse che era tardi e corse via sotto lo sguardo severo della madre rimasta a guardarla preoccupata sulla porta di casa. Arrivò con quasi venti minuti di ritardo e all’ingresso del locale lo cercò con ansia e paura tra i tavoli. Lo vide in un angolo che guardava il cellulare. Si diresse verso di lui sicura ed emozionata. Felice di vederlo con i suoi ricci e la sua camicia di lino bianco. Felice di vederlo perché le sembrava di conoscerlo da sempre, di sapere ogni suo segreto e che in verità non l’avesse mai lasciata. Era rimasto dentro i suoi più nascosti desideri a sorriderle, a stringerla e proteggerla come quando l’aveva stretta nel mare. Non era mai andato via, era rinchiuso dentro la sua anima a nutrirla d’amore Quando lui la vide si alzo sorridendo e lei si sorprese perché non lo ricordava così carino e pensò che era naturale che lei fosse lì con lui, che non potesse essere altrimenti, che quel momento per loro due era gia stato scritto da sempre. Per sempre.
“Ciao”
Le disse Filippo guardandola stupito della sua elegante trasformazione mentre aspettava che si sedesse.
“ciao, è tanto che mi aspetti? “
gli chiese preoccupata Cettina.
“da sempre”
rispose e sorrise con un sorriso grande quanto l’orizzonte Lo stomaco le prese fuoco e capì che sarebbe stata la serata più importante di tutta la vita che fino a quel momento aveva vissuto. Si spaventò, per quell’immensa e incosciente felicità che stava provando.  
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