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#batterista internazionale
diceriadelluntore · 5 months
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Storia Di Musica #309 - Led Zeppelin, Led Zeppelin, 1969
Come iniziare un nuovo anno di storie musicali? Si inizia con la scelta di 4 dischi che portano lo stesso nome dei loro autori, 4 band molto differenti tra loro, alcune famosissime, altre molto di meno (la scoperta di grandi dischi da artisti sconosciuti vorrei fosse una sorta di cardine di tutte le scelte del 2024). La Storia di Musica della prima domenica di gennaio 2024 parte con un modo di dire inglese: Go over like a lead ballon, che significa “è fallito del tutto” perché un lead ballon è un palloncino di piombo che ovviamente non può volare. Leggenda vuole che fu questo detto ad ispirare Keith Moon e John Entwistle, che suggerirono a Jimmy Page il nome per quella che diventerà una delle più formidabili formazioni di sempre: i Led Zeppelin. La storia è piuttosto nota: Page entra nel 1966 negli Yardbirds (già di Eric Clapton) come seconda chitarra di Jeff Beck. La band era già allo sfascio, e Page aveva intenzione di formare una nuova band con Moon ed Entewinstle. I tre con Jeff Beck registrano la storica Beck’s Bolero, registrata nel Maggio del 1966 ma pubblicata come singolo solo mesi più tardi, nel Marzo del 1967, brano fenomenale ma dalla storia travagliatissima, tra cui una intricata questione di diritti d’autore. Page, titolare del nome Yardbirds, prende accordi come leader degli Yardbirds per un mini tour in Scandinavia, ma nessuno dei suoi compagni accetta. Ne trova di altri: convince un session man mago delle tastiere, John Paul Jones, nel progetto, e tramite l’ex cantante degli Yardbirds Chris Dreja (che nel frattempo si è dato alla fotografia) assolda un biondo cantante, Robert Plant, che si porta con sé un batterista un po’ pazzo, John Bonham. È il 1968. Nascono così i Led Zeppelin (scritto così per non confondere il lead “piombo” con il lead “guidare”).
Senza nemmeno un po’ di gavetta registrano in 36 ore, sotto la guida del grande ingegnere del suono e produttore Glys Johns per poco più di 1700 sterline il loro primo, omonimo album per la Atlantic Records (fa più impressione il dato temporale che quello economico, 1700 sterline del 1968 sono 35 mila di adesso). E bastano: Led Zeppelin esce il 12 gennaio 1969 e diviene uno dei 10 album di debutto più belli ed importanti della musica rock. Venderà decine di milioni di dischi e manda in orbita, forse quasi troppo velocemente, il dirigibile più famoso del rock. In copertina mettono l’incidente del dirigibile Zeppelin LZ 129 Hindenburg avvenuto il 6 maggio 1937 nel New Jersey (vicenda leggendaria, su cui aleggia un complotto internazionale e non l’ufficiale incidente aereo). I 4 partono dal furente suono del british blues, ma arrivano dove nessuno si era mai spinto: rifanno due classici del blues, I Can’t Quit You Baby (eccezionale, caldissima e stupenda) e You Shook Me di Willie Dixon, e prendono da Jack Holmes Dazed And Confused (che nei live diverrà infinita con medley di altri classici della Musica del Delta). Per capire il suono Zeppelin e la sua travolgente natura, basta capire come strutturano il suono di una canzone tutto sommato banale come Good Times Bad Times. Your Time Is Gonna Come è quasi corale, come la veloce How Many More Times. Black Mountain Side è uno strumentale acustico in cui Page rincorre la maestria del fingerpicking di Bert Jansch, allora in auge con i superbi Pentagle. Communication Breakdown diviene un altro classico, con il suo stile particolare: parte blues, poi sale con l’intensità della voce di Plant e diviene furiosa ed accesa, e per molti è la nascita dell’hard rock. Gemma dell’album è però Babe I’m Gonna Leave You: presa da Joan Baez, in realtà la canzone, accreditata come traditional, è dalla folksinger inglese Anne Bredon (che fu ricompensata con un cospicuo assegno dalla band una volta risolto il mistero). Plant canta babe come mai nessuno più farà, la canzone ha un intro acustico ma poi esplode nel nuovo suono elettrico e potente, diviene struggente, torbida, assolutamente memorabile.
Questo fu il primo episodio di un modo di “gestire” le ispirazioni da altre canzoni che fece scuola, e si potrebbe aprire un dibattito infinito sulla loro musica. Per alcuni (pochini, va sottolineato) il loro rock blues portato all'estremo, con la chitarra rivoluzionaria di Page (che influenzerà 3 generazioni di chitarristi), il bombardamento ritmico di Bohnam (davvero feroce), l’elegante e mai invasivo tessuto sonoro di Jones (che suona basso e tastiere) e la voce, straordinaria e incantatrice di Plant, non è niente di così innovativo. Per altri (la stragrande maggioranza degli appassionati) il loro suono, le idee, la maestria tecnica dei musicisti e l’alone leggendario che la band riesce a costruire su di sé, li pongono ai vertici assoluti della storia del rock, ne fanno i padri putativi dell’Hard Rock (con i coevi Deep Purple), e la loro genialità è dimostrata dalle future evoluzioni stilistiche e musicali. È innegabile però che per farlo saccheggiarono un po’ dovunque, dal blues del Delta a quello urbano di Chicago, spesso non accreditandolo sui dischi, con picchi assoluti di sorrisetti ironici (tipo il caso di Stairway To Heaven per l’intro uguale ad una canzone degli Spirit, Taurus, caso che finirà addirittura in tribunale con la vittoria di Page e Plant, sebbene lo stesso tribunale ne riconosce le somiglianze). All’epoca era prassi comune raccogliere i semi del blues e riadattarli nel suono, un po’ per convenienze e un po’ perché non esistevano le normative precise e puntuali che esistono oggi sui diritti d’autore (molti altri, tra cui i Rolling Stones, furono protagonisti di episodi analoghi). Il successo dei Led Zeppelin amplificò la questione: il problema fu molte volte la paternità delle musiche, spesso passate come traditional (vedi il caso della canzone della Bredon) e quindi non riconducibili ad un artista detentore dei diritti. In tutti i casi di presunta usurpazione di diritti altrui, hanno sempre pagato i richiedenti ufficiali. Quelli che li accusano di scarsa inventiva, sinceramente non li hanno mai ascoltati: nessuno prima di loro suonava così, probabilmente sono tra le band più imitate in assoluto, saranno centinaia quelli che dopo vorranno suonare come loro. E rivoluzionarono anche altri aspetti del mondo del rock: l'andare in tour, i rapporti con le case discografiche, con i promoter, persino con le radio: ruolo centrale lo ebbe in ciò il loro manager Peter Grant, un gigante di stazza e di potere, passato alla storia anche per i modi tutt'altro che amichevoli con cui convinceva i gestori dei locali o chiunque potesse danneggiare il gruppo a farla finita. Un’ultima curiosità: con il crescente successo, una discendente dei Von Zeppelin citò la band per uso improprio del nome, e per un unico, storico concerto a Copenaghen la band si presentò come The Nobs. Poi però tornarono ad essere quel dirigibile di piombo che volava altissimo.
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aitan · 2 months
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C'era un ragazzo / There was a boy / Havia um garoto / Υπήρχε ένα αγόρι / Был один парень...
Pare che Franco Migliacci abbia scritto in pochi minuti il testo di "C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones" davanti al compositore della musica, il batterista Mauro Lusini, e al suo primo interprete, l'eterno Gianni Morandi.
"Quando [...] lessi che i ragazzi americani strappavano le cartoline precetto rifiutandosi di partire per il Vietnam scrissi di getto, sulla musica di Mauro Lusini, C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones. Non volevo e non potevo ragionarci sopra per il semplice fatto che in una guerra la ragione non esiste. Ho scritto spietatamente una realtà illogica, che non ha senso, raccontando il susseguirsi drammatico di fatti assurdi che tolgono il respiro, la vita."
(Da un'intervista a Franco Migliacci)
A me ha sempre colpito il fatto che l'incipit del testo di Migliacci è lo stesso del capolavoro di eden ahbez, "there was a boy...".
Fatto sta che in pochi anni questa canzone, che ha la mia stessa età (siamo entrambi del '66), è diventata un successo internazionale (anche se in un primo momento fu censurata dalla RAI per il suo contenuto sgradito agli alleati statunitensi).
È stata cantata, sempre nei leggendari anni '60, da Joan Baez; dagli Os Incríveis (in brasiliano portoghese); da Demis Roussos, in greco, col suo gruppo di allora, i We Five; in bulgaro da tale Boris Godjunov e, in russo, nel 1968, dai Поющие Гитары (Pojuščie Gitary, che vuol dire una cosa come le Chitarre Cantanti), col titolo: Был Один Парень (Byl odin paren).
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Il gruppo Поющие Гитары (Poyushchie Gitary) era il più noto "complesso" beat dell’ex Unione Sovietica e si era formato un paio di anni prima (sempre in quel mitico 1966) a Pietroburgo.
Come sentite, la versione russa ha mantenuto la melodia e l’essenza del brano (arrangiato in Italia da Ennio Morricone per la RCA).
Per il resto, chi vuole intendere, intenda.
Questi sono sempre #cantiantimilitaristi; #antiwarsongs che trascendono frontiere, steccati e barriere per gridare al mondo lo schifo e lo scandalo di ogni conflitto armato.
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danzameccanica · 9 years
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Con mia grandissima ammissione di colpa devo confessare che i The Gathering fino a qualche anno fa non li avevo mai ascoltati. Non so come mai… Ho avuto il mio periodo di amore per il gothic metal, conoscevo a memoria gli album dei 3rd and the Mortal, Paradise Lost e Anathema; forse in un’ipotetica selezione degli album che devi pescare per andare avanti nel tuo viaggio musicale avevo scelto i Sentenced a discapito dei Tiamat e i Nightwish a discapito dei the Gathering. Grandissimo errore ma credetemi - e non credo capiti ancora oggi – ascoltare per la prima volta Mandylion dopo aver compiuto i 35 anni è qualcosa di sconvolgente. È una specie di portale che si apre sul passato, quando pensavi di aver ascoltato tutto e collocato ogni album, ogni movimento e ogni influenza nei rispettivi scomparti, e scombussola tutti gli ordini e i criteri fatti in questi anni. Mandylion è del 1995, esce insieme a The Silent Enigma e Draconian Times; dopo Wildhoney ma soprattutto insieme al debutto dei connazionali Theatre of Tragedy, formazione che non ho mai sopportato ma che è considerata portante a livello internazionale. Ed è proprio dopo queste due band olandesi che si ridefinisce il concetto di gothic metal, con abbondanti tastiere, pianoforti e archi e spesso il duettare fra growl maschile e voce angelica femminile. I Theatre sono una band molto canonica, che riprende tanto dai primi My Dying Bride aumentando la componente teatrale.
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Ma i the Gathering si sente che stanno guardando da un altro lato. Sì ci sono le chitarre distorte e la batteria tipica anni ’90 ma quello che si crea coi synth e soprattutto con la voce di Anneke Van Giersbergen è qualcosa davvero di unico. Anneke ha 21 anni, non gliene frega un cazzo di metal eppure viene convinta cantare in questa band rivoluzionandone completamente gli esiti. Guardate il loro live al Pinkpop del 1995: i chitarristi si vestono con le magliettone a maniche corte sopra quelle lunghe, come i Pearl Jam; il batterista ha la divisa da calciatore, come se fossero gli Oasis; Anneke – anche se vestita di nero – sfoggia mille bracciali fricchettoni, i leggings Adidas e salta ondeggiando le braccia, nuotando nell’aria, come se fosse a un rave; rossetto scuro, eyeliner nero, lentiggini… il prototipo della fidanzatina che tutti noi lupi neri avremmo voluto incrociare al liceo. La voce di Anneke è qualcosa di mai sentito in tutto il panorama rock-metal; non è teatrale e tecnica come Liv Kristine o come quella ben più da opera lirica di Tarja Turunen e non è smaccatamente pop-rock di stampo americano come poi verrà fuori con Avril Lavigne e le sue diecimila cloni. La voce di Anneke ha qualcosa di simile a Kari Rueslåtten anche se la norvegese è molto più eterea e delicata anche se i momenti più rilassanti di In “Motion #1″ ricordano Tears Laid on Earth… anche perché siamo di nuovo nello stesso magico anno musicale. La voce di Anneke è come se fosse continuamente in connessione con la terra e con il cielo. Le strofe di Mandylion sono sempre virate al pop e allo stesso tempo ad un certo rock-metal anni ’90. Chitarre e batteria hanno preso quello che il grunge aveva da dare, la produzione è curata da Waldemar Sorychta, deus ex-machina del black metal melodico/gothic capitanato dalla Century Media e nello specifico Tiamat, Samael, Sentenced, Lacuna Coil, Moonspell. Questo momento in cui il metal diventa esotico si sente nell strumentale Mandylion con tabla e flauti marocchini e si era già sentito nelle influenze palestinesi in Wildhoney; si sentirà nelle chitarre mediorientali in Down dei Sentenced. La particolarità di Mandylion è che i the Gathering non saranno mai più così metal come in questo disco e quindi anche quando ascoltate dei riff in palm-mute, si sente che stanno suonando per l’ultima volta, col successivo Nighttime Birds le sonorità si alleggeriranno ulteriormente senza però dimenticare l’album in oggetto; i semi della futura sperimentazione sono stati piantati nei momenti dei fraseggi e degli assoli di questo album (ad esempio “Fear the Sea”). Ma Mandylion ha la forza dell’istintività, della coesione e della capacità di aver creato alcune delle melodie più belle e orecchiabili della musica rock-metal; “Strange Machine” e “Leaves” sono quelle canzoni che vorresti aver cantato a 16 anni sul motorino; “Fear the Sea” è forse il brano più “dark” e contiene i vocalismi meno lineari, ma rappresenta il lato tagliente e cupo del gothic-metal; eppure anche qui Anneke riesce a tirar su l’intera canzone fuori dall’acqua e portarla fra i picchi più alti e sognanti dell’album. Mandylion è la colonna sonora degli amori adolescenziali di qualsiasi metallaro, è il disco che ti fa evadere nonostante ore e ore di evasione dal mondo reale magari con altri generi musicali più duri. Mandylion è un album che può suonare solo con la voce di Anneke e senza di lei probabilmente sarebbe un disco che varrebbe un decimo. Non perché i musicisti sono scarsi, anzi; ma perché voce e strumentazione si sono legati in maniera indissolubile, impossibile da scindersi a vicenda. La musica dei the Gathering cambierà molto in futuro, anche con la stessa Anneke ancora in formazione; diventerà trip-hop, indie-rock, calcherà terreni anche più semplici, diventerà malleabile e destinata a un pubblico sempre più variegato. Ma Mandylion è una sorte di diamante grezzo che, lavorandolo e raffinandolo sempre di più perderà la magia del ritrovamento, quell’emozione spontanea di sudore fango e lacrime con cui si dissotterrano le reliquie.
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maxysoundlabel · 2 years
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Il rock di Marka è "Madeleine" (Maxy Sound) Il secondo singolo del cantautore rock è da oggi disponibile su Spotify. Dopo l'uscita di Rock 'n Roll Cabaret, che parlava di una notte di follia tra le strade degli States, Madeleine è un brano molto più riflessivo e che tocca tematiche importanti. Madeleine, ci spiega Marka, rappresenta le paure, le dipendenze e tutto quello che nella vita costituisce un limite alla nostra libertà. Nel videoclip, una bambola in perfetto stile horror-movie incarna la metafora delle nostre paure e delle ossessioni delle quali non riusciamo a liberarci. Per tutta la durata del video l'interprete tenta inutilmente di sbarazzarsi di questa figura, che però riappare di continuo, come nei peggiori incubi. Il “killer-groove” di questo giovane interprete sta già conquistando moltissimi appassionati di rock e finalmente, diciamo noi, è arrivato anche in Italia un giovane che suona e canta davvero, come nelle migliori tradizioni del rock internazionale di spessore. Marka, al secolo Federico Marcazzan, è un chitarrista e cantante veronese di genere rock e blues. Le sonorità dei suoi brani ricordano quelle degli AC/DC a cui si ispira. La sua voce alta e graffiante è simile a quella di Brian Johnson, o bassa e rauca come nella migliore tradizione dei bluesman, il suo groove sensuale e travolgente e i suoi riff di chitarra accompagnano canzoni dai testi apparentemente semplici, ma invece densi di significato a un ascolto più attento. Il brano Madeleine è nato dalla collaborazione di Marka con il produttore Max Titi ed il batterista romano Ezio Zaccagnini. Madeleine è da oggi disponibile negli outlet digitali su etichetta Maxy Sound. https://bfan.link/madeleine (presso Maxy Sound Studio) https://www.instagram.com/p/CjIA_Yigjw6/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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londranotizie24 · 2 months
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sempreilmeglio · 2 months
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NANNI GAIAS
presenta
SENTIERI
Sámbene Production
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SENTIERI – IL VIDEO
“SENTIERI”, brano interamente concepito e realizzato da Nanni Gaias, inaugura il centro di produzione dell'hub creativo multi-servizio Sámbene Production, di cui l'artista è il fondatore.
In questo nuovo lavoro, Gaias, noto per la sua versatilità musicale, si spinge oltre i confini del suo consueto approccio musicale, aprendo nuovi orizzonti nella sua carriera
artistica.
"SENTIERI" diventa così un monito per gli artisti emergenti che gravitano intorno al centro di produzione, tracciando una nuova realtà da esplorare e da vivere pienamente.
In questa live session, tutta la potenza del brano viene espressa mediante una nuova rivisitazione, in cui Gaias pilota con maestria le sequenze, effetti, elettronica, synth, voce e batteria, con la perfetta sintonia del sublime chitarrista Giuseppe Spanu.
SENTIERI – IL BRANO
Il brano “SENTIERI”, interamente scritto e prodotto da Gaias, noto musicista e produttore, apprezzato per la sua versatilità musicale, rappresenta una tappa significativa nella carriera dell’artista. Rompendo con il suo consueto approccio alla composizione musicale, la produzione “SENTIERI” si sviluppa in una direzione diversa, caratterizzata da una fusione di drum’n’bass ispirata al mondo liquid e neurofunk. Questo brano emerge come un vero e proprio catalizzatore, avviando un processo creativo nel quale GAIAS ha riversato le proprie esperienze e sensazioni, abbandonando gli schemi convenzionali per abbracciare un rituale di liberazione. Il ritmo incalzante e carico di energia di “SENTIERI” rappresenta un momento critico e decisivo di transizione per l’artista.
É come un’esplosione di emozioni, il caos che precede la consapevolezza, un terremoto emotivo che agita l’animo umano durante i momenti di crisi.
Paura, rabbia, frustrazione e amore, le più potenti emozioni riversate e trasformate in musica, si manifestano attraverso suoni potenti e penetranti, delineando un’esperienza intensa e coinvolgente.
“SENTIERI” incarna il processo di superamento mediante l’espressione creativa.
Testo e arrangiamento musicale si fondono, sottolineando il ruolo fondamentale della musica come veicolo per esprimere e condividere le proprie esperienze personali.
La musica diventa, ancora una volta, il linguaggio universale e immediato per trasmettere emozioni e condividere i propri vissuti, un mezzo tramite il quale liberarsi ed esprimers ipienamente.
BIO NANNI GAIAS
Giovanni Gaias, noto come Nanni Gaias, è un musicista e polistrumentista dal groove vibrante e naturale. La sua carriera è stata plasmata dalla fusione di diverse influenze della black music, definendo così il suo stile distintivo e caratteristico.
Originario di Berchidda, Gaias ha militato sin da bambino nelle diverse band del paese, trasformando il palco nel suo laboratorio creativo ed esplorando la musica senza limiti di genere.
Durante gli studi all'Accademia Musicale Nazionale Lizard di Fiesole, è diventato il batterista di punta di Francesco Piu, stimato bluesman italiano, esibendosi nei principali festival nazionali e internazionali, dimostrando notevole versatilità nei generi blues, funk e rock, con esibizioni accanto ad artisti come Doyle Bramhall II e Trombone Shorty.
Il suo debutto discografico da solista nel 2017 con l'album "Nanni Groove Experience Vol. I" ha ottenuto un notevole successo di critica e pubblico, soprattutto durante le performance dal vivo. Le sonorità funky sprigionate da un potente hammond trio hanno caratterizzato le sue esibizioni su rinomati palchi come il "Time in Jazz" e il "Moncalieri Jazz Festival".
Nel 2020, Paolo Fresu lo ha nominato direttore artistico della rassegna "Time After Time" al Festival Internazionale "Time In Jazz".
Per quattro anni ha portato sul palco progetti originali contraddistinti da generi ambivalenti come Funk, Soul, Jazz-Fusion, Rock, Reggae e Dance Music, con la partecipazione di artisti di spicco come Ainė, Alien-Dee, Enzo Avitabile, Stefano Barigazzi, Bluem, Dario Cecchini, Don Malo, Don Leone, Forelock, Paolo Fresu, Denise Gueye, Zamua Haleri, Manuella, Menhir, Paulinho, Rusty Brass, Gavino Riva e Vincenzo Saetta.
Tra i vari progetti presentati dal vivo nel 2022, "Antine" è stato il più sperimentale e contemporaneo, con la partecipazione di Giuseppe Spanu, Angus Bit e la live performance dello street artist Manu Invisible. Nello stesso anno, Gaias è stato il batterista di Roy Paci per il "Remix Tour", contribuendo a dare nuova vita alle performance dal vivo.
Entrato nell'etichetta Tûk Music di Paolo Fresu nel 2021, Gaias ha prodotto diversi progetti, tra cui l'EP "T.O.T.B.", dalle sonorità chillout, in collaborazione con il chitarrista Giuseppe Spanu, il remix "THIS IS NOT AMERICA" per l'album "HEROES - A TRIBUTE TO DAVID BOWIE" di Paolo Fresu, e il Concept Album "QUATTRO”, realizzato nel 2023 per l’etichetta e ad oggi proposto come LIVE PROJECT.
Attualmente, Gaias svolge l'attività di produttore e beatmaker presso il suo centrodi produzione "SÁMBENE PRODUCTION" al "Black Vibe Studio", dove condivide la sua passione attraverso l'insegnamento e prepara le sue energiche performance dal vivo.
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bethereorbedquare · 2 months
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NANNI GAIAS
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SENTIERI – IL VIDEO
“SENTIERI”, brano interamente concepito e realizzato da Nanni Gaias, inaugura il centro di produzione dell'hub creativo multi-servizio Sámbene Production, di cui l'artista è il fondatore.
In questo nuovo lavoro, Gaias, noto per la sua versatilità musicale, si spinge oltre i confini del suo consueto approccio musicale, aprendo nuovi orizzonti nella sua carriera
artistica.
"SENTIERI" diventa così un monito per gli artisti emergenti che gravitano intorno al centro di produzione, tracciando una nuova realtà da esplorare e da vivere pienamente.
In questa live session, tutta la potenza del brano viene espressa mediante una nuova rivisitazione, in cui Gaias pilota con maestria le sequenze, effetti, elettronica, synth, voce e batteria, con la perfetta sintonia del sublime chitarrista Giuseppe Spanu.
SENTIERI – IL BRANO
Il brano “SENTIERI”, interamente scritto e prodotto da Gaias, noto musicista e produttore, apprezzato per la sua versatilità musicale, rappresenta una tappa significativa nella carriera dell’artista. Rompendo con il suo consueto approccio alla composizione musicale, la produzione “SENTIERI” si sviluppa in una direzione diversa, caratterizzata da una fusione di drum’n’bass ispirata al mondo liquid e neurofunk. Questo brano emerge come un vero e proprio catalizzatore, avviando un processo creativo nel quale GAIAS ha riversato le proprie esperienze e sensazioni, abbandonando gli schemi convenzionali per abbracciare un rituale di liberazione. Il ritmo incalzante e carico di energia di “SENTIERI” rappresenta un momento critico e decisivo di transizione per l’artista.
É come un’esplosione di emozioni, il caos che precede la consapevolezza, un terremoto emotivo che agita l’animo umano durante i momenti di crisi.
Paura, rabbia, frustrazione e amore, le più potenti emozioni riversate e trasformate in musica, si manifestano attraverso suoni potenti e penetranti, delineando un’esperienza intensa e coinvolgente.
“SENTIERI” incarna il processo di superamento mediante l’espressione creativa.
Testo e arrangiamento musicale si fondono, sottolineando il ruolo fondamentale della musica come veicolo per esprimere e condividere le proprie esperienze personali.
La musica diventa, ancora una volta, il linguaggio universale e immediato per trasmettere emozioni e condividere i propri vissuti, un mezzo tramite il quale liberarsi ed esprimers ipienamente.
BIO NANNI GAIAS
Giovanni Gaias, noto come Nanni Gaias, è un musicista e polistrumentista dal groove vibrante e naturale. La sua carriera è stata plasmata dalla fusione di diverse influenze della black music, definendo così il suo stile distintivo e caratteristico.
Originario di Berchidda, Gaias ha militato sin da bambino nelle diverse band del paese, trasformando il palco nel suo laboratorio creativo ed esplorando la musica senza limiti di genere.
Durante gli studi all'Accademia Musicale Nazionale Lizard di Fiesole, è diventato il batterista di punta di Francesco Piu, stimato bluesman italiano, esibendosi nei principali festival nazionali e internazionali, dimostrando notevole versatilità nei generi blues, funk e rock, con esibizioni accanto ad artisti come Doyle Bramhall II e Trombone Shorty.
Il suo debutto discografico da solista nel 2017 con l'album "Nanni Groove Experience Vol. I" ha ottenuto un notevole successo di critica e pubblico, soprattutto durante le performance dal vivo. Le sonorità funky sprigionate da un potente hammond trio hanno caratterizzato le sue esibizioni su rinomati palchi come il "Time in Jazz" e il "Moncalieri Jazz Festival".
Nel 2020, Paolo Fresu lo ha nominato direttore artistico della rassegna "Time After Time" al Festival Internazionale "Time In Jazz".
Per quattro anni ha portato sul palco progetti originali contraddistinti da generi ambivalenti come Funk, Soul, Jazz-Fusion, Rock, Reggae e Dance Music, con la partecipazione di artisti di spicco come Ainė, Alien-Dee, Enzo Avitabile, Stefano Barigazzi, Bluem, Dario Cecchini, Don Malo, Don Leone, Forelock, Paolo Fresu, Denise Gueye, Zamua Haleri, Manuella, Menhir, Paulinho, Rusty Brass, Gavino Riva e Vincenzo Saetta.
Tra i vari progetti presentati dal vivo nel 2022, "Antine" è stato il più sperimentale e contemporaneo, con la partecipazione di Giuseppe Spanu, Angus Bit e la live performance dello street artist Manu Invisible. Nello stesso anno, Gaias è stato il batterista di Roy Paci per il "Remix Tour", contribuendo a dare nuova vita alle performance dal vivo.
Entrato nell'etichetta Tûk Music di Paolo Fresu nel 2021, Gaias ha prodotto diversi progetti, tra cui l'EP "T.O.T.B.", dalle sonorità chillout, in collaborazione con il chitarrista Giuseppe Spanu, il remix "THIS IS NOT AMERICA" per l'album "HEROES - A TRIBUTE TO DAVID BOWIE" di Paolo Fresu, e il Concept Album "QUATTRO”, realizzato nel 2023 per l’etichetta e ad oggi proposto come LIVE PROJECT.
Attualmente, Gaias svolge l'attività di produttore e beatmaker presso il suo centrodi produzione "SÁMBENE PRODUCTION" al "Black Vibe Studio", dove condivide la sua passione attraverso l'insegnamento e prepara le sue energiche performance dal vivo.
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tagomago-ita · 2 months
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NANNI GAIAS
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SENTIERI – IL VIDEO
“SENTIERI”, brano interamente concepito e realizzato da Nanni Gaias, inaugura il centro di produzione dell'hub creativo multi-servizio Sámbene Production, di cui l'artista è il fondatore.
In questo nuovo lavoro, Gaias, noto per la sua versatilità musicale, si spinge oltre i confini del suo consueto approccio musicale, aprendo nuovi orizzonti nella sua carriera
artistica.
"SENTIERI" diventa così un monito per gli artisti emergenti che gravitano intorno al centro di produzione, tracciando una nuova realtà da esplorare e da vivere pienamente.
In questa live session, tutta la potenza del brano viene espressa mediante una nuova rivisitazione, in cui Gaias pilota con maestria le sequenze, effetti, elettronica, synth, voce e batteria, con la perfetta sintonia del sublime chitarrista Giuseppe Spanu.
SENTIERI – IL BRANO
Il brano “SENTIERI”, interamente scritto e prodotto da Gaias, noto musicista e produttore, apprezzato per la sua versatilità musicale, rappresenta una tappa significativa nella carriera dell’artista. Rompendo con il suo consueto approccio alla composizione musicale, la produzione “SENTIERI” si sviluppa in una direzione diversa, caratterizzata da una fusione di drum’n’bass ispirata al mondo liquid e neurofunk. Questo brano emerge come un vero e proprio catalizzatore, avviando un processo creativo nel quale GAIAS ha riversato le proprie esperienze e sensazioni, abbandonando gli schemi convenzionali per abbracciare un rituale di liberazione. Il ritmo incalzante e carico di energia di “SENTIERI” rappresenta un momento critico e decisivo di transizione per l’artista.
É come un’esplosione di emozioni, il caos che precede la consapevolezza, un terremoto emotivo che agita l’animo umano durante i momenti di crisi.
Paura, rabbia, frustrazione e amore, le più potenti emozioni riversate e trasformate in musica, si manifestano attraverso suoni potenti e penetranti, delineando un’esperienza intensa e coinvolgente.
“SENTIERI” incarna il processo di superamento mediante l’espressione creativa.
Testo e arrangiamento musicale si fondono, sottolineando il ruolo fondamentale della musica come veicolo per esprimere e condividere le proprie esperienze personali.
La musica diventa, ancora una volta, il linguaggio universale e immediato per trasmettere emozioni e condividere i propri vissuti, un mezzo tramite il quale liberarsi ed esprimers ipienamente.
BIO NANNI GAIAS
Giovanni Gaias, noto come Nanni Gaias, è un musicista e polistrumentista dal groove vibrante e naturale. La sua carriera è stata plasmata dalla fusione di diverse influenze della black music, definendo così il suo stile distintivo e caratteristico.
Originario di Berchidda, Gaias ha militato sin da bambino nelle diverse band del paese, trasformando il palco nel suo laboratorio creativo ed esplorando la musica senza limiti di genere.
Durante gli studi all'Accademia Musicale Nazionale Lizard di Fiesole, è diventato il batterista di punta di Francesco Piu, stimato bluesman italiano, esibendosi nei principali festival nazionali e internazionali, dimostrando notevole versatilità nei generi blues, funk e rock, con esibizioni accanto ad artisti come Doyle Bramhall II e Trombone Shorty.
Il suo debutto discografico da solista nel 2017 con l'album "Nanni Groove Experience Vol. I" ha ottenuto un notevole successo di critica e pubblico, soprattutto durante le performance dal vivo. Le sonorità funky sprigionate da un potente hammond trio hanno caratterizzato le sue esibizioni su rinomati palchi come il "Time in Jazz" e il "Moncalieri Jazz Festival".
Nel 2020, Paolo Fresu lo ha nominato direttore artistico della rassegna "Time After Time" al Festival Internazionale "Time In Jazz".
Per quattro anni ha portato sul palco progetti originali contraddistinti da generi ambivalenti come Funk, Soul, Jazz-Fusion, Rock, Reggae e Dance Music, con la partecipazione di artisti di spicco come Ainė, Alien-Dee, Enzo Avitabile, Stefano Barigazzi, Bluem, Dario Cecchini, Don Malo, Don Leone, Forelock, Paolo Fresu, Denise Gueye, Zamua Haleri, Manuella, Menhir, Paulinho, Rusty Brass, Gavino Riva e Vincenzo Saetta.
Tra i vari progetti presentati dal vivo nel 2022, "Antine" è stato il più sperimentale e contemporaneo, con la partecipazione di Giuseppe Spanu, Angus Bit e la live performance dello street artist Manu Invisible. Nello stesso anno, Gaias è stato il batterista di Roy Paci per il "Remix Tour", contribuendo a dare nuova vita alle performance dal vivo.
Entrato nell'etichetta Tûk Music di Paolo Fresu nel 2021, Gaias ha prodotto diversi progetti, tra cui l'EP "T.O.T.B.", dalle sonorità chillout, in collaborazione con il chitarrista Giuseppe Spanu, il remix "THIS IS NOT AMERICA" per l'album "HEROES - A TRIBUTE TO DAVID BOWIE" di Paolo Fresu, e il Concept Album "QUATTRO”, realizzato nel 2023 per l’etichetta e ad oggi proposto come LIVE PROJECT.
Attualmente, Gaias svolge l'attività di produttore e beatmaker presso il suo centrodi produzione "SÁMBENE PRODUCTION" al "Black Vibe Studio", dove condivide la sua passione attraverso l'insegnamento e prepara le sue energiche performance dal vivo.
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sounds-right · 2 months
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 Francesco Cavestri in concerto al Blue Note di Milano il 14 aprile 2024
Dopo il successo registrato in Triennale per JAZZMI e in diverse città italiane, domenica 14 aprile 2024 Francesco Cavestri sarà in concerto nel tempio europeo del jazz internazionale, il BLUE NOTE DI MILANO, alle 20.30 con la data di apertura del tour "IKI - Bellezza Ispiratrice".
Domenica 14 aprile ore 20,30 il pianista compositore Francesco Cavestri (premiato come il più giovane tra i migliori Nuovi Talenti 2023 dalla Rivista Musica Jazz), presenta al Blue Note di Milano i suoi ultimi album: "Early 17", uscito a marzo 2022 con la collaborazione di Fabrizio Bosso, e "IKI – Bellezza Ispiratrice", uscito a gennaio 2024, con la collaborazione di Paolo Fresu (ispirato alla filosofia giapponese, l'album mantiene come fulcro creativo il pianoforte, mescolandolo a patine di sonorità contemporanee, in un costante incontro di stili e generi a confronto, e vede la collaborazione di artisti del calibro di Paolo Fresu e Cleon Edwards, batterista americano già al fianco di Erykah Badu, Lauryn Hill e Cory Henry). 
Al Blue Note Francesco Cavestri si presenterà con un trio under 30 d'eccezione, formato da Riccardo Oliva al basso e Gianluca Pellerito alla batteria, ovvero due tra i migliori strumentisti della nuova generazione italiana anche a livello internazionale.
La serata spazierà dalla presentazione di brani originali scritti da Francesco Cavestri, presenti all'interno degli album pubblicati, fino ad arrivare a reinterpretazioni di giganti come John Coltrane, Ryuichi Sakamoto, Robert Glasper e Radiohead.
Un concerto imperdibile, con il Blue Note a fare da apripista, ancora una volta, ai grandi nuovi talenti del nostro paese.
"Francesco ha una capacità musicale veramente impressionante. Un ragazzo giovane con una grande maturità che riversa nella musica, creando concerti bellissimi e dimostrando un grande interplay con gli altri musicisti […] progetti come quello di Francesco, mediati e respirati da un giovane come lui e che legano il jazz a generi come l'hip hop o la musica elettronica, sono il miglior modo per raccontare che il jazz è una musica per tutti." Paolo Fresu
Guarda qui un estratto del live in Piazza Maggiore del 9/09 per il Festival Strada del Jazz
youtube
BIO
Pianista compositore e divulgatore (classe2003), Francesco Cavestri studia pianoforte dall'età di 4 anni e si laurea a 20 anni in pianoforte jazz al Conservatorio di Bologna (il più giovane laureato del dipartimento Jazz). Negli USA ha modo di frequentare la scena musicale newyorkese e di studiare al Berklee College of Music di Boston, dove conosce un gruppo di musicisti americani con cui si esibirà in importanti rassegne estive a Bologna e a Boston. 
Il suo primo album "Early17," una combinazione di hip-hop, soul e R&B, con elementi di jazz contemporaneo,formato da 9 tracce inedite e feat di Fabrizio Bosso, ottiene consenso di pubblico e di critica. Cavestri in questi anni si è esibito in importanti Festival e Jazz Club italiani ed esteri  (il Bravo Caffè di Bologna, l'Alexanderplatz Jazz Club di Roma, la Cantina Bentivoglio di Bologna, il Wally's Jazz Club di Boston, la Casa del Jazz di Roma, il Festival Time in Jazz in Sardegna, il Festival JazzMi a Milano). Come divulgatore ha presentato la sua lezione-concerto "Jazz / hip hop – due generi fratelli" nelle scuole, nei teatri (anche a fianco di Paolo Fresu) e nei festival (Time in Jazz e JazzMi) e a breve uscirà anche una pubblicazione.
Al Festival "Strada del Jazz 2023" con il suo concerto in Piazza Maggiore a Bologna (che è stato registrato e prodotto dalla Regione Emilia-Romagna per la rassegna Viralissima) ha vinto il Premio come giovane pianista che unisce presente e futuro. 
Di recente ha anche registrato la sua prima colonna sonora per un podcast di produzione Rai, il cui album è uscito il 16 febbraio. 
Dopo "IKI – BELLEZZA ISPIRATRICE" (gennaio 2024), la colonna sonora originale per il Podcast Rai "Una morte da mediano" è il terzo album di Francesco Cavestri, disponibile sulle piattaforme di streaming digitale dal 16 febbraio 2024.  Ad aprile 2024 partirà il Tour "IKI- Bellezza Ispiratrice" che toccherà diverse città, tra le quali ricordiamo: Milano, Roma, Bologna, Trapani.
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tarditardi · 2 months
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 Francesco Cavestri in concerto al Blue Note di Milano il 14 aprile 2024
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Dopo il successo registrato in Triennale per JAZZMI e in diverse città italiane, domenica 14 aprile 2024 Francesco Cavestri sarà in concerto nel tempio europeo del jazz internazionale, il BLUE NOTE DI MILANO, alle 20.30 con la data di apertura del tour "IKI - Bellezza Ispiratrice".
Domenica 14 aprile ore 20,30 il pianista compositore Francesco Cavestri (premiato come il più giovane tra i migliori Nuovi Talenti 2023 dalla Rivista Musica Jazz), presenta al Blue Note di Milano i suoi ultimi album: "Early 17", uscito a marzo 2022 con la collaborazione di Fabrizio Bosso, e "IKI – Bellezza Ispiratrice", uscito a gennaio 2024, con la collaborazione di Paolo Fresu (ispirato alla filosofia giapponese, l'album mantiene come fulcro creativo il pianoforte, mescolandolo a patine di sonorità contemporanee, in un costante incontro di stili e generi a confronto, e vede la collaborazione di artisti del calibro di Paolo Fresu e Cleon Edwards, batterista americano già al fianco di Erykah Badu, Lauryn Hill e Cory Henry). 
Al Blue Note Francesco Cavestri si presenterà con un trio under 30 d'eccezione, formato da Riccardo Oliva al basso e Gianluca Pellerito alla batteria, ovvero due tra i migliori strumentisti della nuova generazione italiana anche a livello internazionale.
La serata spazierà dalla presentazione di brani originali scritti da Francesco Cavestri, presenti all'interno degli album pubblicati, fino ad arrivare a reinterpretazioni di giganti come John Coltrane, Ryuichi Sakamoto, Robert Glasper e Radiohead.
Un concerto imperdibile, con il Blue Note a fare da apripista, ancora una volta, ai grandi nuovi talenti del nostro paese.
"Francesco ha una capacità musicale veramente impressionante. Un ragazzo giovane con una grande maturità che riversa nella musica, creando concerti bellissimi e dimostrando un grande interplay con gli altri musicisti […] progetti come quello di Francesco, mediati e respirati da un giovane come lui e che legano il jazz a generi come l'hip hop o la musica elettronica, sono il miglior modo per raccontare che il jazz è una musica per tutti." Paolo Fresu
Guarda qui un estratto del live in Piazza Maggiore del 9/09 per il Festival Strada del Jazz
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Pianista compositore e divulgatore (classe2003), Francesco Cavestri studia pianoforte dall'età di 4 anni e si laurea a 20 anni in pianoforte jazz al Conservatorio di Bologna (il più giovane laureato del dipartimento Jazz). Negli USA ha modo di frequentare la scena musicale newyorkese e di studiare al Berklee College of Music di Boston, dove conosce un gruppo di musicisti americani con cui si esibirà in importanti rassegne estive a Bologna e a Boston. 
Il suo primo album "Early17," una combinazione di hip-hop, soul e R&B, con elementi di jazz contemporaneo,formato da 9 tracce inedite e feat di Fabrizio Bosso, ottiene consenso di pubblico e di critica. Cavestri in questi anni si è esibito in importanti Festival e Jazz Club italiani ed esteri  (il Bravo Caffè di Bologna, l'Alexanderplatz Jazz Club di Roma, la Cantina Bentivoglio di Bologna, il Wally's Jazz Club di Boston, la Casa del Jazz di Roma, il Festival Time in Jazz in Sardegna, il Festival JazzMi a Milano). Come divulgatore ha presentato la sua lezione-concerto "Jazz / hip hop – due generi fratelli" nelle scuole, nei teatri (anche a fianco di Paolo Fresu) e nei festival (Time in Jazz e JazzMi) e a breve uscirà anche una pubblicazione.
Al Festival "Strada del Jazz 2023" con il suo concerto in Piazza Maggiore a Bologna (che è stato registrato e prodotto dalla Regione Emilia-Romagna per la rassegna Viralissima) ha vinto il Premio come giovane pianista che unisce presente e futuro. 
Di recente ha anche registrato la sua prima colonna sonora per un podcast di produzione Rai, il cui album è uscito il 16 febbraio. 
Dopo "IKI – BELLEZZA ISPIRATRICE" (gennaio 2024), la colonna sonora originale per il Podcast Rai "Una morte da mediano" è il terzo album di Francesco Cavestri, disponibile sulle piattaforme di streaming digitale dal 16 febbraio 2024.  Ad aprile 2024 partirà il Tour "IKI- Bellezza Ispiratrice" che toccherà diverse città, tra le quali ricordiamo: Milano, Roma, Bologna, Trapani.
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diceriadelluntore · 10 months
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Storia Di Musica #284 - Scorpions, Lovedrive, 1979
L’heavy metal è senza dubbio il serbatoio più grande da cui attingere storie di copertine controverse. Alcune erano davvero spaventose, ma per la maggior parte dei casi non accompagnavano un disco musicalmente degno, per me ovviamente, di apparire nella rubrica. Ma una band, tra le più longeve e di successo del genere, potrebbe stare in un ipotetico podio delle scelte controverse per le proprie copertine, scelte amplificate da un notevole successo della loro musica. Siamo ad Hannover, dove fin dalla più tenera età, siamo a metà anni ’60, i fratelli Rudolf e Michael Schenker strimpellano musica, per lo più coverizzando canzoni straniere, le più in voga dei momenti. Nel 1970 scelgono un cantante, Klause Meine e diventando gli Scorpions iniziano una gavetta formidabile per i locali dell’allora Germania Ovest, che dura fino al 1972, quando registrano il primo disco, Lonesome Crow, che è pubblicato nei primi mesi del 1973: è già un hard rock originale, dove sono chiari i riferimenti (la title track per esempio è chiaramente ispirata a Hendrix), iniziano a farsi notare. Nel 1974 entra in formazione Ulrich Roth alla chitarra solista, al posto di Michael Schenker che passa agli UFO. La sezione ritmica è rinnovata con il bassista Francis Buchholz e il batterista Jürgen Rosenthal. La band pubblica in questa formazione prima Fly To The Rainbow e poi In Trance, con il lavoro prezioso alla produzione di Dieter Dierks, che mise mano a molti gioielli del Kosmick rock, che inizia a trovare i giusti equilibri, primo fra tutti la scelta di ballate rock, che diventeranno uno dei punti forti degli Scorpions. Nel 1977 la copertina di Virgin Killer (la quale mostrava una ragazza preadolescente completamente nuda con un effetto di vetro rotto proprio nella zona dei genitali, di dubbio gusto), scelta che fu accusata di simpatie pedofile, poteva benissimo essere scelta per questo mese di copertine particolari, anche perché oltre lo scandalo, il disco è bellissimo, con canzoni famose come Pictured Life, In Your Park, Backstage Queen e Polar Knights. La copertina tuttavia li fa per la prima volta conoscere fuori dai confini tedeschi. Il 1978 è un anno decisivo: Taken By Force fu il primo album degli Scorpions ad essere pubblicato negli Stati Uniti dalla RCA Records, l'etichetta internazionale del gruppo. Il singolo Steamrock Fever ottenne un ottimo successo radio e il disco vendette abbastanza. Roth non era però contento del lavoro dell'etichetta discografica e, in disaccordo con gli altri membri, decise di lasciare il gruppo durante il primo tour giapponese degli Scorpions. Da tre concerti a Tokyo fu realizzato un album live intitolato Tokyo Tapes che fu pubblicato in tutto il mondo e che contiene una meravigliosa per quanto sgangherata versione di Kojo No Tsuki, brano tradizionale giapponese, contato con improbabile acceto nippo-teutonico da Meine. Nel 1978, dopo una lunga serie di audizioni, Matthias Jabs divenne il nuovo chitarrista degli Scorpions in sostituzione di Roth.
Con la nuova formazione, passano alla Mercury e Michael Schenker, che era stato qualche settimana prima espulso dagli UFO a causa della sua ubriachezza, tornò nel gruppo per un breve periodo e partecipò alle registrazioni di un nuovo album. Lovedrive, che esce nel febbraio del 1979, è uno dei capolavori dell'hard rock degli anni ’70. Per la prima volta, inoltre, la band viene ufficialmente riconosciuta capace di buona musica, in un rapporto con la critica sempre piuttosto strano, dove spesso venivano un po’ presi in giro (come tutto l’heavy metal nascente, che si affermerà davvero solo dagli anni ’80). L’album, prodotto dal fido Dierks e composto da 8 brani, inizia con la potenza e il ritmo di Loving You Sunday Morning; Another Piece Of Meat è ancora più veloce e feroce, e parla apertamente di occasioni: "She said: "Take me home."\I need love so strong\Come on and knock me out, oh!\I've been too long alone\I want hot love, you know, and I need it now!". Always Somewhere (che in verità assomiglia a Simple Man dei Lynyrd Skynyrd) è una delle loro ballate meravigliose, forse la più famosa che poi sfocia nello strumentale, magistrale, Coast to Coast. La seconda parte del disco è composta dalla potente Can’t Get Enough ,Is There Anybody There, la title-track e Holiday. Is There Anybody There è una delle loro migliori ballad, con la voce di Klaus registrata due volte (in modo da avere l’effetto di sentire 2 voci differenti) che fa davvero un ottimo effetto e dai ritmi un po’ reggae, stile che stava esplodendo proprio in quei mesi. E menzione speciale per Holiday il cui arpeggio iniziale diventerà scolastico per tutti i metallari futuri. Ma ancora più leggendaria fu la copertina, bellissima, spiazzante e ovviamente censurata: sul sedile posteriore di una berlina ci sono, ben vestiti, un uomo e una donna. La donna ha una profonda scollatura, un seno scoperto da cui parte una gomma da masticare allungata dalla mano dell’uomo, che probabilmente l’aveva appoggiata lì. Sul retro, i due sono fotografati sorridenti, mentre la donna mostra una foto incorniciata della band e il seno scoperto su un lato. Autore della copertina, la mitica Hipgnosis di Storm Thorgerson: la copertina fu un primo momento coperta con il solito cartoncino marrone, in un secondo momento sostituita con un'altra, del tutto anonima, fatta probabilmente in 5 minuti, con un orrendo scorpione blu su sfondo nero (soprattutto per il mercato americano, che vi mostro qui sotto).
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Il disco fu un successo sia in Europa, dove fu disco d’oro in Gran Bretagna, Francia e Germania, e perfino in America, dove entrò in classifica da Billboard. Con questa formazione, gli Scorpions diventeranno delle colonne del genere, registrando 6 album in un decennio, con alcuni capolavori assoluti come Blackout (1982), Love At First Sight (1984), Crazy World (1990) che contiene la loro canzone più famosa, Wind of Change, ispirata alla caduta del Muro di Berlino e ai cambiamenti politici della galassia sovietica.
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micro961 · 4 months
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Le Orme & Friends
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 28 gennaio 2024 – Largo Venue – Roma doppio spettacolo ore 17,30 e ore 20.00
Il progetto “Le Orme & Friends” , nato da un intuizione di Enrico Vesco nell’estate del 2022, trova in Michi Dei Rossi e Tony Pagliuca validi alleati per raggiungere un obiettivo ambizioso: riunire i musicisti più importanti della storia del gruppo per realizzare il primo doppio album di inediti della loro storia.L’impresa è riuscita quasi completamente e il risultato di questo “incontro” ha dato degli esiti sorprendenti:Doppio 33 giri (vinile Gold), realizzato da Le Orme attuali con l’apporto di Tony Pagliuca (tastierista e membro storico con Michi Dei Rossi e Aldo Tagliapietra), Tolo Marton (coautore dell’album Smogmagica, 1975), Francesco Sartori (in formazione fino al 1997), Fabio Trentini (2009/2018) e Jimmy Spitaleri (frontman dei Metamorfosi e voce de Le Orme nel 2011/2012).Una citazione particolare e ricca di commozione per la partecipazione di Germano Serafin (1956-1992), con Le Orme dal 1975 al 1981, che compare con una sua interpretazione dell’epoca.Triplo Cd (sempre Gold), contenente il materiale dei due vinili più i brani di alcuni dei più importanti gruppi prog italiani, che in diversi modi e tempi hanno collaborato con Le Orme:Osanna, il cui leader/cantante, Lino Vairetti, sarà presente in molti dei concerti del tourThe Trip (Pino Sinnone, batterista storico, e Nico Di Palo come guest)Divae Project (guest Gianni Nocenzi)Mangala Vallis (Gigi Cavalli Cocchi, Bernardo Lanzetti, Roberto Tiranti ecc)Moongarden (Cristiano Roversi ecc)Alex CarpaniMonkey Diet (ospiti Eric Gales, uno dei più importanti chitarristi americani, e Donella Del Monaco, cantante ed elemento storico degli Opus Avantra)Sezione FrenanteLe Folli ArieTal NeunderSicuramente è un lavoro artisticamente ricco, che sicuramente soddisferà l’attesa degli appassionati prog anche a livello internazionale… tre ore di musica che esplorano diversi mondi artistici, come è nel DNA del gruppo fin dagli esordi. L’album è destinato ad avere una posizione di rilievo nella discografia de Le Orme.In concomitanza con l’uscita di Le Orme & Friends è iniziato un lungo tour, che si concluderà il 10 febbraio 2024 ad Alessandria e, (udite…udite…) non è prevista nessuna replica.Le Orme & Friends è uscito il 13 ottobre e mai arrivato nei negozi perché le copie stampate sono state esaurite in prenotazione. Il 1 dicembre è uscito un nuovo cd e vinile “ Le Orme & Friends – Collection – Volume 1” ( distribuzione Warner Music) che contiene, oltre ad una selezione di canzoni dell ‘album, anche una traccia inedita che non era stata presentata nel progetto originale.È sicuramente l’ultima occasione di vedere sul palco tanti degli artisti che hanno fatto entrare questo gruppo nella storia della musica in assoluto.Le Orme & Friends Tour 2023/2024Doppio Concerto del 28 gennaio a Roma al LARGO VENUE (orario ore 17,30 e ore 21,30 – prevendite su Ticket One e su www.sonnyboystore.it). Possibilità di cena su prenotazione scrivendo a:  [email protected] Dei RossiTony PagliucaTolo MartonMichele BonE poi ancora:Luca SparagnaAligi PasqualettoOspiti speciali:Lino VairettiJimmy SpitaleriLe Orme & Friends  Ultimo appuntamento con la storia!!!!
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lamilanomagazine · 5 months
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Vicenza, Concerti estate 2024, il batterista dei Pink Floyd Nick Mason e la leggenda del funk Marcus Miller in piazza dei Signori
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Vicenza, Concerti estate 2024, il batterista dei Pink Floyd Nick Mason e la leggenda del funk Marcus Miller in piazza dei Signori Il 2024 sarà ancora un anno di importanti live a Vicenza. Grazie a DuePunti Eventi, piazza dei Signori risuonerà della grande musica internazionale con l'arrivo di Nick Mason, batterista dei Pink Floyd (19 luglio), e di Marcus Miller, leggenda del funk (20 luglio), una produzione D'Alessandro e Galli. I concerti sono organizzati in collaborazione con la Città di Vicenza. «Entra nel vivo la programmazione musicale del 2024. Dopo aver annunciato la presenza a Capodanno di uno dei nomi più apprezzati della musica leggera italiana, Max Gazzè, iniziamo a popolare di appuntamenti anche la stagione estiva - annuncia l'assessore ai grandi eventi Leone Zilio -. Grazie alla disponibilità dell'artista, accoglieremo il 19 luglio, nuovamente, il batterista di Pink Floyd, Nick Mason che nel 2023 non si è potuto esibire a causa del maltempo offrendo così ai numerosi fan l'opportunità di ascoltare dal vivo una grande star. Il giorno successivo avremo invece una leggenda del jazz e del funk, Marcus Miller, uno dei migliori artisti del genere. Il calendario degli eventi musicali non si chiude qui ma si arricchirà di altri nomi per una città sempre più viva!» Nick Mason ritorna in cartellone con il progetto "Saucerful Of Secrets" il 19 luglio 2024 (ore 21.30), dopo l'annullamento del concerto della scorsa estate a causa del maltempo. Gli appassionati potranno così ritrovare sul palco il supergruppo che ha formato nel 2018 con Guy Pratt (bassista dei Floyd dal 1987), Gary Kemp (Spandau Ballet) e Lee Harris (Blockheads) e che ha l'obiettivo di riportare sui palchi i primi successi dei Pink Floyd, attingendo alla discografia pre- Dark Side Of The Moon e ricreando la stessa atmosfera psichedelica e iconoclasta che i Pink Floyd hanno insegnato a tutte le generazioni. Un ritorno agli albori della band, agli anni in cui Syd Barrett era l'autore dei testi e l'anima di quello che poi sarebbe diventato uno dei gruppi più grandi della storia della musica. Mason ha dichiarato che il gruppo non è una tribute band, bensì un mezzo per "catturare lo spirito dell'epoca" e trasmetterlo al pubblico tramite tracce estratte da dischi come The Piper At The Gates Of Dawn, A Saucerful Of Secrets ed Ummagumma. Marcus Miller Tra i musicisti più influenti del nostro tempo, sarà a Vicenza il 20 luglio 2024 (ore 21.30). Virtuoso del basso e vera e propria leggenda del jazz e del funk , Marcus ha sempre composto e prodotto per il cinema: da Boomerang (1992) a Marshall (2017); dal Black Movie Soundtrack Festival alle numerose collaborazioni con Disney Studios, e più recentemente con Apple per un documentario sulla vita di Sidney Poitier (2022). Per questo nuovo spettacolo che mette in primo piano il suo genio come produttore, Marcus sarà circondato da una band eccezionale. L'artista newyorkese ha una carriera di 45 anni. DueGrammy Awards, un Edison Prize in Olanda, una 'Victoire du Jazz' in Francia e la nomina UNESCO nel 2013 come Artista per la Pace e portavoce del progetto Slave Route, sono alcuni dei riconoscimenti che gli sono stati conferiti in tutto il mondo durante gli anni di attività. Marcus non è solamente un bassista, ma è anche un creatore, produttore, polistrumentista e un compositore straordinario e prolifico. Le sue numerose collaborazioni parlano per lui: Miles Davis, Eric Clapton, George Benson, Aretha Franklin, Bryan Ferry, Wayne Shorter, Al Jarreau, Herbie Hancock e Carlos Santana, solo per citarne alcuni, hanno plasmato il suo ambiente musicale e lo hanno reso un'icona della musica jazz, funk e soul. I biglietti per i concerti di Nick Mason e Marcus Miller saranno disponibili in prevendita nel circuito Ticketone a partire dalle 11 di giovedì 21 dicembre 2023. Concerto Nick Mason Piazza dei Signori – Vicenza 19 luglio 2024 – ore 21.30 - Poltronissima Platinum € 100+ diritti di prevendita - Poltronissima Gold € 75+ diritti di prevendita - Poltronissima € 60+ diritti di prevendita - Poltrona € 50+ diritti di prevendita Marcus Miller Piazza dei Signori – Vicenza 20 luglio 2024 – ore 21.30 - Poltronissima Platinum € 46+ diritti di prevendita - Poltronissima Gold € 34+ diritti di prevendita - Poltronissima € 30+ diritti di prevendita - Poltrona € 25+ diritti di prevendita Informazioni DuePunti Eventi - Tel. 0445 360516 – [email protected], al link... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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tempi-dispari · 6 months
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Interlude of clarity: la musica è passione infinita
Autori di quello che secondo noi è uno dei migliori dischi di metal del 2023, gli Interlude of Clarity si presentano come una delle realtà più interessanti del panorama nostrano. La loro proposta ha un sapore internazionale di ampio respiro. Le potenzialità della band sono davvero moltissime e ancora da sfruttare appieno. In questa intervista si raccontano. Narrano la genesi del loro lavoro, la loro storia, che cos’è l’underground e cosa vedono nel futuro. Una chiacchierata tutta da leggere.
Una presentazione per chi non vi conosce
Gabriella: Ciao a tutti, sono Gabriella, la frontwoman degli Interlude of Clarity
Alessandro: Ciao a tutti sono Alessandro e sono il tastierista growler degli Interlude of Clarity.
Sara: Ciao a tutti i lettori di Tempi Dispari, sono Sara chitarrista degli Interlude of Clarity
Giacomo: Ciao a tutti, un saluto a Carmine e a tutti quelli che seguono Tempi Dispari. Io sono Giacomo, il batterista della band Nu Melodic Metal Interlude of Clarity.
Iniziamo dal vostro disco. La domanda è: come avete fatto? Come avete fatto a creare un lavoro così complicato, ma allo stesso tempo melodico e che, soprattutto, esce dagli schemi?
Sara: Abbiamo cominciato a comporre “Reflections” in pandemia. Io e Gabry vivendo insieme siamo riuscite a ritagliarci il tempo per comporre e l’isolamento ha aiutato perchè siamo riuscite a concentrare le idee e a creare ciò che era lo scheletro dei brani.
Il nostro modello erano sicuramente gli Evanescence, questo perchè entrambe siamo cresciute con le loro canzoni, ma non paro solo di “Bring me to life” o “My immortal”, infatti il mio disco preferito è sicuramente il loro omonimo “Evanescence”, del 2011, con Terry Balsamo alla chitarra. Dal concetto melodico della canzone composta insieme a Gabry passavo alle griglie ritmiche, ma volevo qualcosa di più complesso degli “Evanescence”.
Quindi ho iniziato ad ascoltare band proposte dai ragazzi ed in particolar modo gli Architects, ma in questo campo una grossa mano ci è stata data dal nostro produttore della Sheratan Records, Francesco Morri, che anche lui chitarrista, con il quale abbiamo rivisitato i pezzi una volta conclusi e che hanno ottenuto un tiro micidiale!
Gabriella: “Reflections” è stato il primo album ed è stato voluto fortemente! E’ forse stata proprio la voglia di creare qualcosa di nostro a renderlo così melodico ma allo stesso tempo complicato! Devi sapere che noi membri della band veniamo da stili diversi, esperienze diverse e gusti musicali differenti. Partendo da un’idea vocale , un riff di chitarra o di batteria le tracce prendevano vita! Un lavoro fondamentale ed impeccabile a parer nostro lo ha fatto il nostro producer, Frank Morri!
Come avviene il vostro processo creativo?
Alessandro: Il nostro processo creativo non ha un filo logico. Essenzialmente, a qualsiasi membro del gruppo a cui vene in mente un’idea, noi poi la sviluppiamo. Ci attacchiamo praticamente a qualsiasi idea, che può essere un giro di batteria, un riff di chitarra o a qualche parte di tastiera. Addirttura a qualche parte vocale. Così trovata al momento, che può piacere, può interessare e da lì iniziamo a costruirci intorno tutto il brano, lo plasmiamo in modo tale da renderlo bello, ascoltabile, piacevole, innanzitutto che piaccia anche a noi.
Gabriella: In primis da una melodia vocale accompagnata dalla chitarra o dal piano, poi da lì sviluppiamo l’idea fino a farne lo scheletro che successivamente man mano che le gornate passano viene definito sempre di più.
Il vostro genere è una scelta o una casualità?
Giacomo: Secondo me è abbastanza a metà la strada tra scelta e poi casualità. La scelta è sempre quella di partenza di un gruppo in cui si decide la base del genere che si vuole fare e quindi, come sappiamo nel Metal ci sono tantissimi sotto generi e tantissime influenze.
Quindi la scelta diventa un po’ la base su cui costruire. Per la casualità, faccio un esempio pratico nel gruppo di WhatsApp della band tante volte ci mandiamo vari gruppi, diciamo interessanti, nuovi, che ci piace ascoltare, ma con addirittura il minuto a cui andare, in cui ascoltare questa passaggio dei brani che ci interessa fare anche nel nostro genere e nelle nostre canzoni.
Io direi che è proprio una strada a metà anche se inizia dalla base, quindi dalla scelta che è appunto Nu Melodic Metal con voce femminile, poi come si sente nel disco e come ha detto Carmine, è vario, infatti non ci basiamo solo su un sotto genere preciso, ci piace molto spaziare anche nelle nuove canzoni che stiamo facendo. Ci saranno varie influenze anche molto elettroniche, molto dubstep e cose di questo genere, piccolo spoiler.
Alessandro: Il nostro genere è sia una scelta che una casualità. E’ una scelta perchè noi principalmente arriviamo dalla scena fine anni ’90 inizio anni 2000, sempre parlando di Rock e Metal, ma anche di Pop. Ognuno di noi arriva da esperienze diverse e forse questa è la cosa bella degli Interlude of Clarity, perchè c’è l’unione di questi generi.
La creazione dei brani avviene sia per scelta, ma anche per casualità perchè capita di inserire parti che non ci appartengono strettamente o che vengono dal nostro passato musicale, ma sono più moderne, cercando di creare qualcosa di innovativo.
Gabriella: Il nostro genere è stata una scelta! Volevamo e avevamo quasi bisogno di creare qualcosa in cui sentivamo di poter fare qualcosa di buono!
Come vi siete incontrati come musicisti?
Sara: Ho incontrato Gabry 7 anni fa, nel 2016. Cercavo uno o una cantante per il gruppo di un mio allievo, principalmente cover e lei si è proposta. Alla prima prova, ricordo, avevamo portato solo 4 canzoni, tra cui “Psycho” dei Muse, una canzone dei Fall Out Boy e le ho proposto una versione acustica di “My immortal”, è inutile dirvi che rimasi letteralmente folgorata!
Alessandro lo abbiamo conosciuto quasi per caso cercando un tasterista in sala prove e da quel momento abbiamo subito capito che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda. Mentre Giacomo è stato l’ultimo ad essersi aggiunto, dopo una collaborazione con un altro batterista con cui avevamo cominciato il lavoro, Jack è arrivato e ha dato la sua impronta marcata nel disco.
Gabriella: Cantante e chitarrista : ci siamo conosciute tramite una community per musicisti. Entrambe cercavamo membri con i quali poter fare musica, dapprima cover poi non ci bastava più! Volevamo esprimere le nostre emozioni non più quelle di qualcun’altro.
Quasi poi per caso abbiamo conosciuto Alessandro , che suonava ed era il frontman di un’altra band . È stata intesa da subito! Si è innamorato delle tracce che avevamo creato fino a quel momento e Bam! Nuovo membro! L’ultimo ad unirsi a noi è stato Giacomo. Ecco , lui lo abbiamo cercato perché il primo batterista aveva altri tipi di progetti per se. Jack ci ha conquistati con per la dedizione con la quale ha messo del suo nelle tracce già create!
Da che tipo di esperienze arrivate, singolarmente?
Alessandro: Personalmente parlando, da progetti individuali, per esempio, colonne sonore, a livello tastieristico, ovviamente. E comunque ho sempre bazzicato nell’ambito Metal, quindi tantissimi sottogeneri, ad esempio l’Alternative Metal, il Folk Metal, il Death Metal, o il Black Metal, fino ad arrivare alla creazione, diciamo, insieme anche agli altri miei colleghi degli Interlude of Clarity, che è un insieme di tanti sottogeneri metal, che hanno creato questo progetto e questo sound molto gratificante, devo dire, veramente molto gratificante e molto divertente.
Gabriella: Io: dal Soul e Rock fin da bambina poi nell’adolescenza mi sono avvicinata molto al Nu Metal che andava in quegli anni , come Linkin Park ed Evanescence. Sara d’apprima dal Blues, poi all’Hard Rock e Nu Metal anche lei. Alessandro e Giacomo dal Metal
Come nascono e di cosa parlano i vostri testi?
Gabriella: I Testi nascono dopo la melodia. Diciamo che mi lascio ispirare dal mood della canzone , dal tipo di brivido che sento quando la suoniamo ed è da quell’emozione che viene fuori la storia che voglio raccontare. In “Reflections” il tema sono i sentimenti, le difficoltà, le esperienze (vissute o meno) che ogni individuo si trova ad affrontare nel corso della sua vita . Difatti quasi in ogni testo mi rivolgo a un TE maestatis.
Quanto è importante il testo in una canzone?
Gabriella: Per me tanto a pari merito con la melodia. Trovo che il connubio suono/ parola rafforzi il messaggio che voglio trasmettere.
Che cosa volete trasmettere a chi vi ascolta?
Gabriella: Vogliamo esprimere in primis chi siamo come artisti, ma soprattutto vorrei passare il brivido e l’emozione che sento quando intono una nostra canzone anche all’ascoltatore!
Come sono i riscontri del vostro lavoro? Superano le aspettative?
Gabriella: Direi proprio di sì! Non ci aspettavamo innanzitutto un pubblico così piacevolmente coinvolto, e poi delle recensioni così positive su un genere definito anni 2000 ma moderno allo stesso tempo!
Vivete di musica? Vi piacerebbe?
Sara: Attualmente non vivo di musica, diciamo che sono riuscita anche grazie alla band a farlo diventare un secondo lavoro. Sono fortunata per il fatto che il mio primo lavoro, macchinista di treni, mi permette di seguire la band a pieno, anche se nonostante il tempo libero non basta mai, sono sempre alla ricerca di qualcosa per fare di più, per far conoscere il nome degli Interlude of Clarity a più persone possibili.
Mi piacerebbe vivere solo di musica, infatti mi occupo personalmente delle registrazioni e dell’editing sia di “Reflections” che del prossimo disco, mi occupo della promozione dei nostri brani sulle piattaforme streaming e della loro distribuzione.
Alessandro: Purtroppo non viviamo di musica e dico purtroppo perchè ci piacerebbe molto. Credo che quando una persona arrivi a fare della propria passione un lavoro, abbia raggiunto l’apice, come se avesse vinto alla lotteria. Personalmente parlando mi piacerebbe veramente molto vivere di musica, sarebbe una grandissima soddisfazione.
Gabriella: Si ! Ho fatto della musica la mia professione studiando per diventare insegnante di Canto e Vocal Coach. Gli altri no purtroppo, ma ovvio che ci piacerebbe. Si può parlare di sogno nel cassetto no? Direi sogno nell’armadio!
Perché avete deciso di iniziare a suonare?
Alessandro: Personalmente ma penso di parlare anche per gli altri membri della band, ho iniziato a suonare principalmente per una passione infinita a livello musicale, per una passione che mi porto di entro fin da quando ero bambino.
La musica è un arte nobile che mi accompagna da quando sono nato e non è mai stata abbandonata, neanche per un giorno tutto il mio percorso di vita fino ad oggi.
Giacomo: Ho questo ricordo di me a sette anni davanti alla televisione, davanti a MTV, stavano dando un concerto o era una replica. Io a sette anni, ovviamente piccolino, mi rivolgo a mio padre che stava guardando con me la televisione e gli chiedo: “ ma chi è il signore che picchia quei tamburi?”
Mio padre, mi dice che è Roger Taylor, che insoma non era l’ultimo arrivato. E quindi quello era un live dei Queen che stavano trasmettendo in TV e da li ho cominciato a suonare, ma ormai sono 23 anni che picchio di tamburi. Ovviamente sono andanto a scuola di musica, ho suonato tantissimo e tantissimi generi. Mi sono poi avvicinato al Rock e Metal, già da piccolissimo, ascoltando, dischi su dischi, suonando veramente tanto.
E poi se posso aggiungere una cosa, è sempre stato un po’ il mio pallino, avere appunto una band, in cui c’era una cantante donna, quindi female fronted, con tastiere e synth, perché sono sempre stato comunque molto fan dello stile, dagli Evanescence, anche a tutto lo stile sinfonico, per esempio Nightwish e tutte le band che hanno portato il sinfonico e il melodico ad alti livelli.
La musica oggi dovrebbe essere più…?
Alessandro: Secondo me, suonata ed ascoltata. Due cose molto semplici. Dico suonata perché purtroppo, con l’avanzare degli anni, specialmente nelle nuove generazioni, è subentrata molta tecnologia che, diciamo, ha facilitato un po’ il compito al musicista.
Quindi secondo me dovrebbe essere un po’ più suonata, avere più un collegamento emotivo con lo strumento musicale, che è una cosa molto importante perché anche per all’ascoltatore trasmette tanto. Invece dovrebbe essere anche più ascoltata perché, secondo me, tante volte ci si focalizza solo ed esclusivamente su determinati artisti o determinati generi, quando in realtà la musica è bella proprio per essere scoperta.
La musica è bella proprio per questo, è giusto ascoltarla in maniera più emotiva, nel senso cercare di capire realmente che cosa l’artista ci vuole trasmettere, questo può valere appunto per qualsiasi artista e o genere.
Sara: Questa è una domanda che colpisce nel profondo, perchè penso che al giorno d’oggi ci siano troppi artisti o band che producono la loro musica in totale autonomia a discapito però della qualità. Attenzione non parlo di gusto personale, mi riferisco ad ogni genere musicale, penso che prima di distribuire la propria musica ogni artista debba riflettere sulla qualità delle take che fa, del mix e del mastering che poi distribuisce.
Purtroppo questo fa si che alla concorrenza già elevata, nel solo farsi ascoltare, si moltiplichi un mare di prodotti scadenti che porta inevitabilmente un buon prodotto fatto da studio e sudore della fronte a scendere nel baratro del marasma che si è creato. Inoltre è praticamente impossibile trovare qualcuno che veramente investe in un gruppo o un artista di valore, noi abbiamo avuto la fortuna di trovare Frank Morri della Sheratan Records che ci ha aiutato anche con la strumentazione per andare a fare i live ad esempio o che ci ha affiancato anche durante le prove per indirizzarci come meglio possibile per ottenere i risultati a cui miriamo.
Una band per cui vi piacerebbe aprire?
Sara: Domanda scontata, ahah, sicuramente agli ‘Evanescence’, ma vedrei bene la nostra band ad aprire agli ‘Spritbox’ attualmente, o ai ‘I Prevail’, questi ultimi per un motivo soprattutto di gusto personale.
Gabriella: Sicuramente gli ‘Architects’, i ‘Jinjer’, ‘Epica’ e ‘Within Temptation’, sono le band a cui mi piacerebbe molto aprire.
Una che vorreste aprisse per voi?
Sara: Qui giocherei in Italia, quindi direi i ‘Lacuna Coil’ (e per qualcuno sto bestemmiando, lo so) oppure i ‘Temperance’
Gabriella: Immaginerei molto bene un’apertura degli ‘Spiritbox’ ad un nostro show
Il vostro concetto di underground?
Giacomo: Allora per quanto riguarda la domanda sul concetto di Underground credo si possa riassumere per me in una sola parola: fame. Avete presente la fame che si ha da ragazzi quando si studia uno strumento musicale ed in qualsiasi genere non si vede l’ora di suonare in giro anche con davanti due persone? La fame di fregartene di quanto ti sbattano le porte in faccia perchè all’inizio per tutti e anche le band più famose hanno cominciato come si comincia di solito con uno strumento in mano, quattro, cinque ragazzi, che si mettono in garage suonare e cos’è del genere.
Quindi la posso riassumere così, la fame di non fermarsi davanti a porte sbattute in faccia e la fame di comunque voler continuare nonostante tutto di voler suonare live anche davanti due persone, per me, il concerto di Underground si può riassumere così.
La sua ‘malattia’ peggiore? La cura?
Giacomo: Per me non è proprio una malattia perché parlo personalmente, avendo militato in band di tutt’altro genere partendo anche da rock e al blues, anche collezionista di band ultimamente Metal Underground, non la vedo come una malattia. Vedo che comunque c’è una risposta alla malattia, nel senso che partendo dai circoli Arci, a band che fanno allo scambio di date e a tantissime band che collaborano fra di loro nonostante i genere diversi e le idee comunque diverse si ritrovano per organizzare concerti e da indipendenti, si trovano comunque a collaborare insieme.
Insieme ai proprietari di locali indipendenti anche a i etichette discografiche indipendenti quindi non la vedo come una malattia ma la vedo come qualcosa che si può risolvere negli anni Tutte queste difficoltà nel dover organizzare i concerti, tutte le difficoltà che anche band grandi comunque affrontano così, quindi non pensate che band di grande spessore non debbano comunque risolvere alcune cose quindi per me la cura è continuare su questa strada anche se comunque in Italia c’è sempre più difficoltà.
Comunque come militante vedo che l’Underground c’è in Italia, c’è in Lombardia e continuerò diciamo a farne parte nonostante tutto anche se si diventerà famosi oppure no. Uno se ci cresce in quel in quel ambiente rimane legato e vede un po’ le dinamiche che ci sono, io personalmente nonostante tutti gli anni in cui ci sono stato non smettere mai di frequentare ambienti e concerti underground nonostante tutte le difficoltà che ci sono.
Una band o un artista underground che consigliereste?
Giacomo: Per quanto riguarda i consigli delle band Underground ci sarebbero veramente per me tantissime da consigliare, partirei anzi, visto che devo essere un po’ breve, partirò dalle band dell’ hinterland milanese con il quale ho avuto il piacere di suonare e condividere dei momenti insieme andando ai loro concerti, facendo scambio di date e cose del genere.
I primi sono i Delirant Chaotic Sound che sono amici miei da veramente tantissimo tempo e colgo l’occasione per salutarli e fanno appunto un genere molto molto vario con varie influenze ma comunque sul palco hanno dimostrato di essere veramente validi e comunque di avere delle belle idee da proporre sia nei live che nei dischi registrati.
Poi passerai a gli Human Deception che sono stati la novità della musica pesante, appunto sempre nell’hinterland milanese degli ultimi mesi, fanno un Symphonic DeathCore molto pesante ma anche molto melodico. Veramente se siete amanti del genere vi consiglio di ascoltarli. Poi ultimi ma diciamo non ultimi consiglierai i Toliman, con i quali abbiamo avuto il piacere di condividere il palco, visto che abbiamo fatto una data allo Slaughter Club di Paderno Dugnano.
Ho avuto il piacere di ascoltarli anche un po di volte live e sono veramente validi e fanno un po’ Aggressive Metal con varie influenze, ma sono molto bravi sul palco nonostante la giovane età e hanno dimostrato e stanno dimostrando con i singoli che hanno fatto uscire in queste settimane di avere un’idea molto chiara sulla strada da percorre quindi vi consiglio queste band assolutamente se siete dell’hinterland milanese, le trovate anche in giro a suonare, a fare un po’ di concerti e speriamo di suonare di nuovo insieme.
Una mainstream che ancora vi stupisce?
Gabriella: Direi i Falling in Reverse perchè dopo tanti riescono a tirare fuori dei brani che non ci si aspetta. Il cantante, Ronnie Radke, è sicuramente la punta di diamante perchè unire il Rap al Metal è una cosa che mi piace molto
Giacomo: Una band che secondo me ha influenzato molto sia il mio stile di batteria che il Metal nella sua totalità sono i Gojira. Non so se ne avete mai sentito parlare ma hanno comunque un bel po’ di carriera alle spalle. Solo negli ultimi anni è riuscita a meritarsi giustamente, di riempire anche tanti festival, di riempire l’Alcatraz, locali anche italiani abbastanza grandi.
Con merito perché sono riusciti a portare uno stile Metal abbastanza ricercato soprattutto negli album più vecchi che poi sono venuti fuori e sono riusciti con il loro suono, con il loro stile innovativo a unire tanti fan della vecchia guardia del Metal quello più classico e anche ragazzini, come appunto lo ero io avendo riscoperti un po’ di tempo fa, con nuovi suoni anche con influenze. Dall’electronica o anche al jazz e quindi direi loro che nonostante tutto continuano a sorprendermi anche negli ultimi lavori molto diversi in ogni album che fanno.
Se non li avete mai visti live, loro ne valgono veramente la pena, perché nei live sono veramente bravi e sanno coinvolgere tantissimo anche con i testi che parlano di ecologia, di attualità e sono riusciti a unire più e più generazioni, per questo che il mio consiglio va a indirizzato ad un loro ascolto.
Ieri l’idea, oggi il disco, e domani…
Sara: Promozione, promozione, promozione, e….secondo disco! A parte gli scherzi stiamo valutando di investire all’estero, fare qualche Festival nel prossimo periodo.
Gabriella: Domani il secondo disco! Si stiamo creando nuovi pezzi perché non ci fermiamo mai e nel frattempo speriamo in più LIVE possibili , magari Festival perché no!
Una domanda che non vi hanno mai posto ma vi piacerebbe vi fosse rivolta?
Gabriella: Nessuno ci ha mai chiesto il motivo per cui abbamo voluto cominciare nell’underground piuttosto che mirare subito a contesti più grandi e popolari seguendo i più in voga del momento. Ecco la risposta sarebbe per quanto mi riguarda che la via più facile non sempre è quella che ti rende più felice e appagato.
Non fraintendetemi, a chiunque piacerebbe raggiungere la fama in uno schicco di dita, ma se il prezzo da pagare è fare musica che mi fa schifo o non la sento mia, allora a sto punto grazie, ma NO grazie!
Se foste voi ad intervistare, ipotizzando di avere a disposizione anche una macchina del tempo, chi intervistereste e cosa gli chiedereste?
Sara: Devo dire che personalmente non ho avuto bisogno della macchina del tempo. Nel 2018 ho avuto la fortuna d intervistare la ormai ex-chitarrista proprio degli Evanescence, Jen Majura. E più che una vera e propria intervista è stato più un confronto aperto, lei una persona squisita e dolcissima (tra l’altro ho proprio una sua chitarra, con cui ha registrato l’ultimo loro disco e che potete vedere nel video di “Wasted on you”).
Nella “chiacchierata” abbiamo parlato di molti aspetti dell’industria musicale, ma anche di aspetti tecnici chitarristici. Stessa cosa che mi è capitata tempo addietro con Andy Timmons, grandissimo chitarrista.
Alessandro: Vorrei intervistare tantissime persone, però per passione personale mi piacerebbe intervistare il Re del Pop, Micheal Jackson, artista che ammiro da quando sono nato, sono cresciuto fin da bambino con le sue canzoni. L’ho sempre ascoltato ed ammirato, è un artista che io considero completo sia a livello musicale che per le performance live, penso che sia stata una cosa bellissima vedere i suoi show.
La domanda principale che gli farei è da dove è arrivata tutta la sua ispirazione, ci sono brani bellissimi che danno forti emozioni e sono proprio curioso di sapere da dove vengono quei brani. Ma questa è una domanda che in realtà farei a moltissimi artisti perchè mi incuriosisce molto sapere da dove arriva, l’ispirazione di un brano.
Un saluto e una raccomandazione a chi vi legge
Sara: Ciao Carmine, ciao undergroundiani e undergroundiane, fateci sapere anche voi cosa pensate di “Reflections” sui nostri social! E non smettete di scoprire perchè la musica è anche scoperta!
Giacomo: Voglio ringraziare soprattutto Carmine per la recensione molto, molto bella del disco che ci ha fatto, grazie mille. Sicuramente tutta la redazione di Tempi Dispari che ci ha dato molto spazio e molto spazio all’Underground, grazie mille per il lavoro che fate. E un saluto a tutti quelli che hanno ascoltato “Reflections” e che hanno seguito questa intervista, e che continuano a scavare nell’Underground Metal italiano. Grazie mille a tutti e vi auguro una buona giornata.
Gabriella: Grazie mille Tempi Dispari per averci dato la possibilità di rilasciare quest’intervista! Continuate a seguire live su live e a scapocciare!
Alessandro: Ringrazio tutti coloro che ci ascoltano e che ci supportano, e un caloroso ringraziamento a Tempi Disperi per aver accolto il nostro progetto Interlude of Clarity nella propria casa. Un abbraccio
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cinquecolonnemagazine · 9 months
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Jimi Hendrix: il chitarrista che ha rivoluzionato la musica
Jimi Hendrix è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi chitarristi e musicisti rock della storia. La sua breve ma intensa carriera ha lasciato un'impronta indelebile sulla musica, influenzando generazioni di artisti e ispirando fan di tutto il mondo. In questo articolo, esploreremo la vita, la carriera e l'eredità duratura di Jimi Hendrix. I Primi Anni Jimi Hendrix è nato il 27 novembre 1942 a Seattle, nello stato di Washington, negli Stati Uniti. Fin dalla giovane età, ha dimostrato un interesse innato per la musica e ha iniziato a suonare la chitarra a 15 anni. La sua formazione musicale è stata influenzata da artisti come B.B. King, Muddy Waters e Chuck Berry, ma Hendrix ha rapidamente sviluppato un proprio stile unico che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo. La Carriera Musicale La carriera musicale di Jimi Hendrix è esplosa nei metà degli anni '60. Nel 1966, si trasferì a Londra, dove formò la sua band, The Jimi Hendrix Experience, con il bassista Noel Redding e il batterista Mitch Mitchell. Nel 1967, la band pubblicò il suo album di debutto, "Are You Experienced," che divenne rapidamente un successo internazionale. Hendrix era noto non solo per la sua incredibile abilità tecnica con la chitarra, ma anche per la sua innovazione sonora. Ha introdotto nuove tecniche di chitarra e ha sperimentato con effetti elettronici che hanno contribuito a definire il suono psichedelico dell'epoca. Il suo stile di chitarra, caratterizzato da assoli straordinari e l'uso creativo del feedback, è diventato una firma distintiva della sua musica. I Momenti Iconici La carriera di Hendrix è costellata di momenti iconici che rimangono impressi nella memoria dei fan e degli appassionati di musica: - L'esibizione a Monterey Pop Festival (1967): L'esibizione dei The Jimi Hendrix Experience al Monterey Pop Festival è leggendaria. Hendrix concluse la sua performance bruciando la sua chitarra sul palco, un atto che diventò un'icona del rock 'n' roll. - L'interpretazione di "The Star-Spangled Banner" a Woodstock (1969): La performance di Hendrix all'edizione del 1969 del festival di Woodstock è stata una delle sue più celebri. La sua versione distorta dell'inno nazionale degli Stati Uniti d'America è diventata un simbolo dell'opposizione alla guerra del Vietnam. La Fine Prematura Nonostante il suo successo straordinario, la carriera di Jimi Hendrix è stata segnata da turbolenze personali e problemi di salute. Purtroppo, il 18 settembre 1970, all'età di soli 27 anni, Hendrix morì per un'overdose accidentale di barbiturici a Londra. La sua morte ha lasciato il mondo della musica in lutto per la perdita di uno dei suoi talenti più brillanti e promettenti. L'Eredità Duratura L'eredità di Jimi Hendrix continua a vivere attraverso la sua musica e il suo impatto sulla cultura popolare. Le sue canzoni, come "Purple Haze," "All Along the Watchtower" e "Voodoo Child," sono considerate classici del rock e sono ancora ascoltate e amate oggi. Hendrix ha aperto nuove strade nell'uso della chitarra elettrica, influenzando una generazione di chitarristi e musicisti. Oltre alla sua musica, l'immagine di Hendrix come icona ribelle e creativa è rimasta un punto di riferimento per la cultura rock. È stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame e continua a essere celebrato attraverso tributi, coperture delle sue canzoni e riedizioni del suo lavoro. Conclusioni Jimi Hendrix è stato un vero genio musicale, un innovatore e un'icona della cultura rock. La sua musica e la sua personalità carismatica hanno lasciato un'impronta indelebile sulla storia della musica e continuano a ispirare musicisti e appassionati di tutto il mondo. La sua breve ma intensa carriera è un ricordo eterno del potere della creatività e della passione nella musica. Jimi Hendrix resterà per sempre uno dei chitarristi più influenti e amati della storia della musica. Foto di Vicki Hamilton da Pixabay Read the full article
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invisible-show · 1 year
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INVISIBLE°SHOW ⎔ BREMBATE DI SOPRA  ⎔ VENERDI 2 DICEMBRE ⎔ UNQAAM & FRANCESCA NAIBO
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UNQAAM (Ivrea/Corea, coreusi elettropercussiva) 938 anni fa, sulle rive del Po, un innamorato corteggia a suon di versi una pastorella – no, anzi, una regina. Per conquistarla, le regala pure qualche libro di grammatica. Solo che il poeta vede e descrive solo se stesso, e tra una parola dotta e l'altra, adombra l'amata. Questo, dicono, è quel che cantano gli antichi Versus Eporedienses, i “Versi d'Ivrea”, poemetto d'amore del medioevo latino. Nel 2038, sulle rive del Po, una ragazza dai tratti orientali – sì, una regina – si limita a scrivere sulla sabbia: 逃. Poi, svanisce come gazzella in fuga, per scampare alla propria ombra. Titolava così un poeta spagnolo, tale Garcìa Lorca, “perché le rose cercano sulla fronte / un duro paesaggio d'osso / e le mani dell'uomo non hanno altro senso / che imitare le radici sotto terra.”
Unqaam, invece, è un luogo in cui non siamo ancora stati. Ed è la performance in progress, nata dall'improvvisazione musicale e danzata, di un batterista e di una ballerina. Lui, Francesco Serassi, polistrumentista e grafico, oltre ad  aver collaborato al progetto di improvvisazione autogenerativa Gemini Excerpt (jam session elettro-acustiche a base di strumenti tradizionali e anticonvenzionali) è stato per oltre un decennio il batterista dei piemontesi Drink to me, trio di electro pop psichedelico che – ispirato da Arthur Russell - ha richiamato accostamenti a band come Animal Collective e Liars, e condiviso il palco con Editors e Orbital. Come graphic designer, è membro del collettivo multimediale Superbudda di Torino e direttore creativo della torinese Add editore, specializzata in narrativa di viaggio, saggi e graphic novel con un'attenzione particolare all'Asia, continente del futuro. Lei, Barbara Menietti, di origini coreane, ha studiato danza a partire dai 4 anni, approfondendo in particolare danza contemporanea e africana, hip hop e house dance, partecipando a workshop e formazioni con ballerini di fama internazionale. Performer e danzatrice per videoclip e spettacoli  (come Devotischeletri di Giulia Ceolin, “danza senza trama per solo sentire”), insegna danza hip hop a Torino e provincia. Insieme sono Unqaam, corpo cangiante di batteria acustica, strumenti elettronici e gesto umano, sensibile nelll'utilizzo di campioni e nelle citazioni coreutiche alla musica e della danza tradizionali coreane.
https://www.youtube.com/watch?v=uQzExwl9USw
FRANCESCA NAIBO (Vittorio Veneto/Milano, orchestra di chitarra) Delle volte ti viene il dubbio di essere una chitarra, suonata e sognata da altri. Tu allora ti scordi apposta, e ti sformi, ti strappi, ti spezzi, provi a dar corda da torcere. Solo che quelli niente, ti suonano lo stesso. Così ti torna in mente quella poesia famosa, hai presente: “Incomincia il pianto della chitarra / Si rompono le coppe dell'alba.” È di un altro poeta spagnolo, tale García Lorca, e finisce così: “Piange freccia senza bersaglio / la sera senza domani / il primo uccello morto / sul ramo. / Oh, chitarra, / cuore trafitto / da cinque spade.” Francesca Naibo, comunque, ha studiato a Venezia, Milano, Berna e Basilea diplomandosi in chitarra classica e improvvisazione libera. È un'esploratrice eclettica e profonda delle sei corde, capace di attingere e lasciarsi ispirare dalla musica contemporanea come dal repertorio classico, rinascimentale e barocco, dal fingerpicking al jazz, al seguito di maestri quali Fred Firth, Marc Ribot e George Lewis. Dopo l'esordio da solista con Namatoulee, definito "una cartolina dall'oltre" da A Jazz Noise, si è riaffacciata in quello stesso aldilà con il fantasmatico So much time, intarsio tra suoni e tempi in cui la chitarra rivela, media e intreccia le voci di Francesca bambina e adulta, dissabbiando l'essenziale: è dal dialogo di passato e presente che sgorga il futuro. http://www.francescanaibo.com/ https://francescanaibo.bandcamp.com/
Per conoscere il luogo e confermare la tua presenza scrivi a [email protected] 
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