Tumgik
#cagnolino bianco
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Vi racconto questa scemenza:
Sto rincasando quando vedo un ombra scura muoversi velocissima dal muretto dei vicini alla zona garage di casa: un gatto nero!
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Io sto lì per girare l'angolo verso appunto la zona dei garage dicendo: «Micio micio mic dove sei bel gattino?» E una volta svoltato invece di trovarmi un gatto di fronte c'è un cagnolino bianco con qualche macchia nera. Io mi guardo intorno perplessa e poi ti dico: «Ca-ca-cane?!? Mammaaa il gatto è diventato un caneee»
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a--piedi--nudi · 6 months
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La realtà
Volevo fare una passeggiata ma mi hanno interrotta. La vicina ha cominciato a parlare e parlare e parlare, poi è arrivata l'amica ottantenne della nostra condomina più anziana e anche lei a parlare parlare di come si sia cresciuta quattro nipoti contemporaneamente e da sola, di come ora a ottant'anni non abbia nemmeno un dolorino, anzi, nemmeno mezzo...e io ci credo perché la vedo nell'orto, da casa dei miei genitori, dalla mattina alla sera, piegata in due come un portafoglio; non s'inginocchia lei, non si tocca la schiena, non fa pause. Lavora. Piegata in due. L'unica cosa è la sera, una grande solitudine e malinconia, ha detto, perché sono sola; per questo cerco di stare in casa il meno possibile. È già abbronzata, ha già raccolto i "bruscandoli" e li stava portando alla sua amica (sta chiusa in casa tutto il giorno, poverina, ed è un anno più giovane di me, ha detto). Ci ha parlato dei figli, delle gare di sci, del vischio e dell'uomo che glielo regala. Volevo passeggiare mezz'ora prima di andare a prende mia madre, avevo voglia di vedere il mio nuovo amico un cagnolino solo, sempre seduto sotto il portico della casa nuova. È bianco e nero; quando passo mi fissa un istante da lontano e poi balzella fino alla recinzione guardandomi attraverso tutto quel pelo che gli copre gli occhi. Mi guarda solo un istante e poi sbatte la schiena contro la rete per farsi accarezzare. Si gode le coccole e si gira come sul girarrosto; un po' sulla schiena, un po' di fianco un po' sulla testa. Ha il pelo sporco e non gli tolgono mai la pettorina da guinzaglio, mi dispiace tanto ma sono felice venga in contro al piacere di una carezza. L'ottantenne è sola, il cane è solo, anche il condomino qui affianco è solo. La moglie l' ha lasciato, all'improvviso dopo trent'anni. Era bella, bionda, elegante, leggiadra, lunatica e un po' antipatica; non la vedevo da tempo ma credevo fosse colpa del lavoro e di questi cazzo di uffici dai quali ci facciamo fagocitare e invece se n'è andata con un altro. Ci ha lasciati un po' tutti, in realtà, perché un condominio di sei unità è come una famiglia allargata. Lei era "la bella", quella da senso d'inferiorità perché con il marito, le figlie, il nipote, il lavoro, la palestra, le lavatrici sempre a girare e i capelli da asciugare, era comunque perfetta: lavava le scale, puliva ogni giorno la terrazza, lavava la macchina e ora più nulla di tutto questo. Chi se ne va è come se morisse, se ne parla al passato. Invece è viva e vegeta e ora starà di sicuro meglio, finalmente, si godrà la vita, un nuovo amore e la primavera che arriccia i pensieri. Lui, invece, è qui affianco, dimagrito, lo sguardo un po' spento. Vedovo. È sola l'ottantenne alla sera, è solo il cane tutto il giorno, è solo F. qui affianco, forse che la solitudine mi stia parlando? Non so. Ci sarà sicuramente qualcosa da capire. Ho delle amiche che scrivono poesie, a volte le capisco e a volte no, ma c'è chi dice che la poesia non si debba per forza capire, può essere anche solo un ritmo, un disegno, un colore...una volta anche io la pensavo così ora no. Preferisco capire o, perlomeno, sentire qualcosa. Le amiche oggi hanno presentato due libri, eravamo in tanti: dal soffitto della libreria scendevano testi dondolando su cartellini chiari, guardavamo tutti all'insù, era strano, sembravamo proprio esseri umani che leggono delle idee, che assaporano visioni. Bello. Gente. Parole scritte e parlate, sguardi, baci, rincorse di mani a sentire la carne con la carne, toccare. Ho bevuto un rosé, sorriso a sconosciuti, rivisto conosciuti che non vedevo da tempo. Mamma ha comprato un tailleur color inchiostro, io due libri. Mi hanno riportata a casa presto, le stelle erano appuntite, in salotto mi aspettavano cose da leggere e invece sto scrivendo. Ieri notte ho sognato te, ho sognato che dormivamo abbracciate strette, talmente strette che non c'era spazio fra noi, tutto combaciava. Eravamo una. Il sogno è la realtà, basta saperla vedere.
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raffaeleitlodeo · 1 year
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animali Vorrei parlare d’altro, o quasi. I giornali di ieri avevano la fotografia di un soldato israeliano accucciato, con l’arma impugnata e nell’altro braccio un cagnolino maltese bianco, scampato al massacro del kibbutz. Le cronache dicevano di bambini uccisi coi loro animali. La strage degli innocenti è così completa. Chissà quale imbecillità spingeva dei governanti israeliani a chiamare “animali” i tagliagole di Hamas e a minacciare di trattarli “come animali”. Sono stato a Gaza, nella guerra del 2014, per Repubblica, con Fabio Scuto. Il 5 agosto mandai il mio pezzo: “Non comincerò dai bambini: troppo facile. Comincerò da dove comincerebbero i bambini, dallo zoo di Gaza. Si trova in un sobborgo pesantemente bombardato e svuotato di abitanti. Scendiamo fino alle gabbie, aspettandoci di non trovare vivi gli animali. Da giorni nessuno viene fin qui. Le gabbie, sgangherate, ci sono, e ci sono gli animali. Un gibbone, nella prima: si muove lentamente di qua e di là, incerto fra accoglienza e offesa. C’è un odore tremendo di putrefazione, che guida lo sguardo sui cadaveri decomposti di due cuccioli. Le gabbie successive sono dei leoni: una coppia in una, un grosso maschio nell’altra. Erano celebri: lo zoo aveva importato le sue fiere dall’Egitto attraverso i famigerati tunnel. Portare leoni o tigri nei tunnel – e come fare con una giraffa? Ora i leoni devono essere affamati e assetati a morte, però non hanno un atteggiamento aggressivo: al contrario, si drizzano contro la rete come aspettandosi ristoro, o almeno una complicità all’evasione. Nella prossima gabbia c’è una piccola disgraziata arca di Noè, un sovraffollamento – uso il termine carcerario – di animali alla rinfusa: un imponente pellicano, che spinge verso di me il magnifico becco, un coccodrillo morto, lui, con la testa infilata dentro un tubo, e i resti spiaccicati di una cicogna. In un recinto accanto due struzzi mi vengono incontro con dignitosa fiducia. C’è una gabbia di volpi impazzite che corrono in cerchio e si scavalcano frenetiche, una di lupi macilenti. Era famoso, questo zoo raccogliticcio, anche perché un veterinario si era arrangiato a esaudire la passione dei bambini per le zebre dipingendo a strisce nere un paio di asinelli bianchi. L’ultima gabbia contiene una coppia di macachi, e solo quando la femmina penosamente si muove mi accorgo che ha un piccolo aggrappato alla pancia. Incredibile come somigli a un bambino. Non ho cominciato dai bambini, era troppo facile”. - Conversazione con Adriano Sofri, Facebook
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teredo-navalis · 1 year
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Buongiorno all'uomo in polo blu che ho visto correre al guinzaglio dietro al suo cagnolino bianco incitandolo con "a casa, a casa!", e anche a tutti gli altri, ma a lui in particolare
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quellotropposensibile · 4 months
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Era più o meno questo periodo, nel 2018. 19 anni. L'incubo della matura sempre più vicino. Ricordo che fumavo le cicche in terrazzo con il maglione addosso e 24 gradi fuori. Il libro di chimica sulle gambe. Un'ansia addosso, orribile. Sapevo di dover per forza studiare, di dover fare una fatica immane per creare solo bei ricordi, quelli successivi alla matura, agli esami, a tutto quello che avrebbe coronato la fine di quel periodo eterno che è stato il liceo. La quantità di feste, tipe, amici, serate, compleanni, ora me la sogno. Fare notte con la musica nelle cuffie. Da una parte studiavo tutti i grandi della letteratura italiana, quelli di duemila anni prima, qualche stronzo nel mezzo che ha fatto qualche guerra, e qualche megalostronzo che si è inventato le leggi della fisica e i teoremi della matematica. L'inglese non lo considero all'altezza, era letteratura, bastava ricordare due robe, poi improvvisavi un po', tanto sapevo dire qualcosa se un minimo di basi di studio erano disperse nella mia memoria. Ora come ora tutte le ragazze che mi sono interessate l'ultimo anno si sovrappongono in una melma di emozioni e scarsi ricordi. C'è stata quella sera al compleanno della Camilla, ballando in giardino con una sua amica, era bellissima, non sono riuscito a non dirglielo e lei ha sorriso. Me la sono giocata male. La Eli, in classe con la Ale, timidissima, poi ha cominciato a parlare solo con me, la streghetta della Bea ha messo la zampino facendomi credere ci tenesse a ballare con me, ma da pirla ero troppo distratto da tutte le altre tipe all'ennesimo diciottesimo. Un'altra giocata male. La B, con la quale sono uscito da solo e parlando mi è sembrato di perdere la voce tanta era l'emozione, quando esci un po' troppo sincero e ti sorprendi della facilità con cui ciò accade. Quella è stata una brutta giocata prolungata per anni. La Ele, madonna quanto mi ha fatto patire, prima quando stava con un mio amico, le chiamate alle tre di notte, le serate insieme, i messaggi infiniti, tutta quella schifezza che sono le belle persone, quindi le belle amicizie che poi si trasformano, una gran bella schifezza che complica tutto. La musica tecno in auto come unica conseguenza positiva della G. Ma tanto preferisco la house, ho sempre preferito la house alla tecno. Poi un'estate infinita, surreale, nessuna preoccupazione per la prima volta per anni, l'alba di un nuovo inizio. E poi una cazzata dietro l'altra. Ma ovvio, anche F, indomabile e pigra, una specie di cagnolino con il naso a punta all'insù, fuori forma, ma elegantissima, una tattica valida: provarci con una tua amica così che ti possa scarica addosso una miriade di amiche sue per toglierti di torno. Le stelle in mezzo all'acqua non te le meritavi, cara. Poi si invecchia, si continua ad ascoltare la musica di notte quando si è esausti per lo studio, si continua a scrivere alla velocità della luce, senza pensare troppo, come fosse una specie di terapia personale, un abbraccio fuori dal tempo. E tutto sembra relativamente piccolo così, negli anni, nel tempo, tutto si riduce a una schifezza, un insetto sul parabrezza, o meglio, una collezione di "stone-chips" sul cofano della propria Porsche mentre la si usa per viaggiare. Quando ti si rovina la vernice, sembra una cazzo di tragedia greca, da inginocchiarsi a terra e urlare con le braccia al cielo e gli occhi lucidi, poi un giorno ti fermi e guardi il risultato. È tutto un po' incasinato e rovinato, ma ogni segno è qualcosa che è successo, un viaggio, un tramonto, un alba, un cuore spezzato, una sfiga atomica, una notte in bianco a studiare o a parlare, e allora tutti questi brutti graffietti cominciano a starti simpatici, come vecchi amici che è difficile ricontattare ma che quando li rivedi, beh, sembra non essere passato un secondo.
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giancarlonicoli · 11 months
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11 nov 2023 20:02
“MALEDETTO IL GIORNO IN CUI INCONTRÒ SCHICCHI” -  ROSANNA, LA MAMMA 82ENNE DI MOANA POZZI: “QUANDO INCONTRÒ LUI ENTRÒ IN QUEL MONDO ORRIBILE. LE DICEVO DI NON SPOGLIARSI, DI NON FARE QUEI FILM BRUTTI. MA LEI MI DICEVA CHE QUEI FILM NON PIACEVANO NEMMENO A LEI. ERA RELIGIOSA, NON CAPIVO COME POTESSE FARE QUELLE PORCHERIE. BETTINO CRAXI? NON MI PIACEVA. LE CHIEDEVO COME FACESSE A STARE CON QUEL VECCHIACCIO. VEDERE UN SUO FILM? MAI FATTO, MI SENTIREI MALISSIMO” - LE CENERI NASCOSTE, “IL FIGLIO” MAI ESISTITO E...
Estratto dell’articolo di Giovanna Cavalli per il “Corriere della Sera”
«Le ripetevo: “Non spogliarti, non li fare quei brutti film”. Dio sa se ci ho provato a convincerla, non c’è stato santo. “Mammina, non ti arrabbiare, tanto lo so che mi vuoi bene lo stesso. In fondo non piacciono nemmeno a me”. E rideva, aveva denti bellissimi. “Come sei antica. Anche le statue sono nude. Metteresti il reggiseno pure a Paolina Bonaparte”. Litigavamo. Le passava subito. “Quelle parole cattive che ti ho detto, dimenticale, non ne pensavo nemmeno una”.
Impossibile non amarla. [...] Non devo perdonarla di niente, quello spetta solo a nostro Signore».
Rosanna Alloisio, 82 anni, casalinga piemontese, è la madre di Moana Pozzi, iconica diva del porno, morta all’Hôtel-Dieu di Lione il 15 settembre del 1994, a 33 anni, per un tumore al fegato. «I primi tempi mi illudevo che da un momento all’altro mi avrebbe telefonato. Invece no. Sarà andata in un posto migliore, dove spero sia felice».
[...]
Adolescente complicata?
«No, anche se a 16 anni aveva già il corpo da donna, alta un metro e 78, prosperosa, non metteva minigonne o scollature, però attirava i ragazzi. “Oddio”, mi preoccupavo. Ero sola, mio marito, ricercatore nucleare, non c’era mai. Quando andava in balera stavo sveglia finché non rientrava, ma droghe non ne ha mai prese, non fumava e nemmeno beveva».
A 18 andò a vivere a Roma.
«Per studiare recitazione. Noi eravamo di stanza a Bracciano. C’era un alberghetto lì vicino. Vennero a girarci una commedia con Edwige Fenech. Moana passò, la notarono. “Bella come sei, potresti fare del cinema”. Ero contraria. “Prima finisci di studiare”. Cominciò a posare come modella per i pittori. Qualche particina, la tv. Noi sempre in trasferta, ci si vedeva poco o niente. Non so come o dove, un giorno purtroppo incontrò quello Schicchi. Ed entrò in quel mondo orribile. “Perché lo fai? Non ti rendi conto, finirai nel baratro”. Glielo spiegai in tutte le lingue. Però anche la migliore delle madri alla fine si stanca. “Non ti preoccupare, mamma, poi smetto”».
Invece continuò.
«Quando si ficcava in testa qualcosa andava fino in fondo. In paese, non le dico, c’era da vergognarsi a uscire. Nessuno ci mancava di rispetto però, specie per mio padre, era una pena. “Siamo una famiglia per bene, abbiamo sempre camminato a testa alta”. Moana restava zitta».
Felice?
«Non lo so. Con i primi soldi comprò un piccolo appartamento dietro San Pietro, con un terrazzo pieno di fiori. E un attico sulla Cassia, pareva la casa di una principessa. Andavamo a pregare sulla tomba di Papa Roncalli, il suo preferito. Era molto religiosa. Ho ritrovato la sua patente, nella foderina teneva una foto di Giovanni XXIII, una di Pallino, il suo cagnolino bianco, l’immaginetta di Santa Rita da Cascia. In camera da letto due quadri della Via Crucis, Il Cristo deriso e Ecce homo . “Come puoi fare quelle porcherie, allora?”, insistevo. “Sono diversa da come pensi tu. Ma resto sempre la tua Moana”».
L’ha mai guardato un suo film a luci rosse?
«No, per l’amor del cielo, non potrei sopportarlo, mi sentirei malissimo».
Con Bettino Craxi.
«Non erano solo amici. Lui non mi piaceva. “Come fai a stare con quel vecchiaccio?”. “È intelligente, gentile, si prende cura di me”. “Ti credo”, pensavo. Cercava la figura paterna che non ha avuto. Per mio marito io e le figlie eravamo soltanto una scocciatura, questa è la verità. Una volta Moana tornò a casa con una maglietta da uomo, enorme. “Me l’ha lasciata Bettino”. “Oddio, sembra quella di un ippopotamo”. “Dai, mamma, cosa importa?”. Lui diventò geloso, lei frequentava altri. Si sono lasciati».
Da ragazza ha avuto un figlio, Simone, che per anni fu creduto suo fratello.
«Non era suo figlio. Non ne ha mai voluti. “Si vergognerebbero di me”. Non è nemmeno mio, ma è come se lo fosse, sopravvivo per lui».
Eppure fu Simone a raccontarlo in un libro.
«Consigliato da una cattiva fidanzata che lo convinse a cercare pubblicità. Ma è un ragazzo d’oro, se n’è pentito».
A un certo punto Moana sposò Antonio Di Ciesco.
«Sedicente marito. Matrimonio a Las Vegas, con una pergamena a fiorellini. Un nullafacente, le faceva da autista. Si strafogava di ostriche con i soldi di mia figlia. Ha aspettato che morisse per registrarlo, lei lo avrebbe ucciso. Sul certificato di morte c’era scritto “nubile”».
La malattia.
«Era quasi Pasqua. Moana tornò a casa. Mi chiedeva sempre di prepararle i ravioli di carne e la cima alla genovese in brodo. “Mettici tanta maggiorana”. Quella volta però non toccò cibo. “Sono due mesi che ho sempre la nausea, se mangio vomito, mi sale la febbre. Sono stata in Africa, forse ho preso un virus”. Aveva gli occhi un po’ gialli. I dottori dicevano che era un’epatite mal curata. La convinsi a fare qualche accertamento a Lione con un medico nostro amico. Le hanno trovato il tumore al fegato. Però era fiduciosa. “Vedrai, mi curo e guarisco”. Voleva vivere. In sette mesi se n’è andata».
Gli ultimi giorni con lei.
«Quanto ha sofferto, ma era una leonessa. Aveva ripreso peso. Nel letto d’ospedale, mi mostrò le gambe. “Sono tornate com’erano”. Due giorni prima di morire mi chiese di toglierle lo smalto alle mani, per metterne uno trasparente. “Ai piedi lasciami quello fucsia”. Con l’aiuto di un’infermiera si lavò i capelli, con tubi e flebo attaccati. Parlavamo, ridevamo, ero convinta che si riprendesse. “Appena esco ci trasferiamo in campagna e apro una libreria”. Quando è morta era serena, ancora bella, le ciglia lunghissime. “Non metto nemmeno il mascara”. Sembrava che dormisse».
 Voleva essere cremata.
«Al cimitero non c’è, ho ritirato io le ceneri, ma dove sono non lo dirò a nessuno».
Chi era davvero Moana?
«Una ragazza fuori dal comune, un enigma. Faceva del bene pure ai sassi. Leggeva tanto, amava i classici, poi non so cosa è successo. Ancora oggi mi chiedo dove ho sbagliato, me ne faccio una colpa. Il parroco dice che non devo, che è così che era scritto in cielo. L’ho sognata soltanto una volta. Vestita di bianco, con una borsetta d’argento, scalza. “Sei senza scarpe”. “Dove sto andando non servono, è un bel posto, si sta bene”. E mi ha sorriso».
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firewalksbymyside · 1 year
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La scorsa notte è stata una notte travagliata. Ho lottato contro il caldo, contro i pensieri. E ho sognato ben 3 sogni molto distinti.
Nel primo entravo in chiesa, per pregare la Madonna affinché facesse restare Sandro. (La sto vivendo come un tradimento personale, una sofferenza unica.)
Nel secondo invece trovavo all'angolo della strada un cagnolino abbandonato. Bianco ma tutto sporco. Lo portavo con me, gli facevo il bagno, lo riempivo di coccole. Ricordo la sensazione di tepore e di morbidezza. Mi sono svegliata con la voglia di adottarne uno.
Nel terzo, invece, mi trovavo a Wimbledon, e mi facevo strada sugli spalti, con un vestitino nero leggero, un cappello di paglia e gli occhiali da sole. Incrociavo lo sguardo di Holger che mi mandava i baci e mi salutava dal campo. Mi sentivo realizzata.
Queste tre sensazioni mi hanno accompagnata per tutto il giorno. E ancora adesso.
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lamilanomagazine · 1 year
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Stati Generali della Natalità, Meloni:" i figli sono la prima pietra della costruzione di qualsiasi futuro"
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Stati Generali della Natalità, Meloni:" i figli sono la prima pietra della costruzione di qualsiasi futuro" L’11 maggio 2023 si è alzato il sipario - all'Auditorium della Conciliazione di Roma - sulla terza edizione degli Stati Generali della Natalità, dal titolo "Sos-Tenere#quota500mila", l'evento dedicato all'analisi dello stato di salute demografico del nostro Paese, che fa i conti con il più grave calo delle nascite da 160 anni a questa parte. "La natalità è un tema che riguarda la salute economica e sociale del Paese. Non c'entrano i valori o gli schieramenti politici, ma cosa accade nel presente e cosa accadrà nel futuro a tutti noi, nessuno escluso. Un dato su tutti: siamo al record negativo di 339 mila nascite a fronte di700 mila morti. Se non cambia qualcosa, tra qualche anno, crollerà tutto": ha detto, in apertura, il presidente della Fondazione per la Natalità Gigi De Palo. Giorgia Meloni si è presentata all'evento vestita di bianco, con giacca longuette e pantaloni, al convegno sulla natalità e Papa Francesco, in un clima di cordialità e confidenza, scherza sul colore della mise della premier: "Oggi - dice il Pontefice - ci siamo vestiti uguali...". La scena è avvenuta al termine dei loro interventi agli Stati Generali della natalità, mentre i due lasciavano il palco salutandosi calorosamente. "Dobbiamo andare oltre il qui e ora. La natalità è la priorità della nostra azione, affinché l'Italia torni ad avere speranza nel futuro”: queste le parole della Premier Giorgia Meloni dal palco degli Stati Generali della Natalità. "Abbiamo intitolato alla natalità un ministero, lo abbiamo collegato a famiglia e pari opportunità, non è una scelta di forma ma di sostanza. È la sintesi del programma di un governo che vuole affrontare le grandi crisi, fra cui è innegabile quella demografica. Perché i figli sono la prima pietra della costruzione di qualsiasi futuro". "La sfida demografica è una delle più difficili da affrontare - ha dichiarato la premier -una sfida che portiamo avanti non con impostazione dirigista, ma con l'approccio sussidiario, di chi crede che il compito dello Stato sia creare le condizioni favorevoli, con l'ambiente normativo e soprattutto sul piano culturale, alla famiglia, all'iniziativa, allo sviluppo, al lavoro". "Qualcuno dirà che vogliamo uno Stato etico - ha proseguito Meloni - no: vogliamo uno Stato che accompagni e non diriga, vogliamo credere nelle persone, scommettere sugli italiani, sui giovani, sulla loro fame di futuro". "Se le donne non avranno la possibilità di realizzare il loro desiderio di maternità senza dover rinunciare alla realizzazione professionale non è che non avranno pari opportunità, non avranno libertà. Noi vogliamo restituire agli italiani un Paese in cui essere padri e madri sia un valore socialmente riconosciuto e non un fatto privato", ha concluso Meloni che al termine del suo intervento ha stretto la mano al Papa. Papa Francesco ieri mattina, 12 maggio 2023, partecipa agli Stati generali della natalità. Apre il suo intervento, che è seguito a quello della premier Giorgia Meloni, il Pontefice ha raccontato di una donna cinquantenne che ha incontrato, la quale gli ha chiesto di “benedirle il suo bambino”, riferendosi al suo cane, che aveva nella borsa. “Non ho avuto pazienza e ho sgridato la signora. Tanti bambini hanno fame e lei con il cagnolino… Queste sono scene del presente ma se non stiamo attenti questo sarà il futuro”, le parole con cui il Pontefice ha ricordato l’episodio. "La natalità e l'accoglienza non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c'è nella società", dice Papa Francesco nel corso del suo intervento agli Stati Generali della Natalità. "Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno", ha aggiunto il Papa chiedendo di sostenere la felicità, specialmente quella dei giovani, perché "quando siamo tristi ci difendiamo, ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia". "In questo contesto di incertezza e fragilità, le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare",  dice il Papa elencando -poi- alcuni problemi: "Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali. Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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justmythings-stuff · 1 year
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" il cagnolino backy" 💀
Era quello bianco, no?
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seoul-italybts · 2 years
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[✎ ITA] Intervista JUNGKOOK BTS : PROOF – Collector's Edition ⠸ eng : © BOMHARU1230 ita : © Seoul_ItalyBTS⠸ 28.09.2022 💜⟭ 7 / 7 ⟬💜
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Quale credi sia più importante: il passato, il presente o il futuro?
Jungkook: Credo il più importante sia il presente. Il me stesso di adesso esiste grazie a quello passato, ma il passato ormai è andato. Per poter cambiare il mio futuro devo vivere bene nel presente. Per questo motivo credo il presente sia il più importante.
Che cosa significa "passato" per te?
Jungkook: Un cassetto. Credo un cassetto sia il paragone più adatto. Lo apro solo quando voglio vedere cosa c'è dentro e, talvolta, di certe cose vorrei semplicemente sbarazzarmi.
Qual è il tuo primo ricordo in assoluto?
Jungkook: Credo risalga a quando avevo circa 3 anni? Ricordo di essere andato a casa di qualcuno e di aver litigato con il loro cane, che era grande tanto quanto me. Era un cagnolino bianco, ma non so di che razza fosse. A quell'età non capivo ancora molto di cuccioli. Non ho avuto paura e, sì, credo sia il mio primo ricordo in assoluto.
Se ripensi alla tua infanzia, c'è qualcosa di cui senti la mancanza?
Jungkook: Quando ero piccolo, c'era questo cuscino cui dormivo sempre abbracciato. Era più grosso di me. Grazie a quel cuscino, riuscivo ad addormentarmi senza problemi. Quando vivevo a Manduk, in Busan, ce l'avevo ancora, ma ormai non ci sarà più. Allora ero piccolino e quel cuscino mi sembrava grosso, ma mi chiedo se fosse effettivamente più grande di me. Credo che se lo vedessi ora, mi sembrerebbe piccolo.
Qual è stato il tuo primo luogo o spazio del cuore?
Jungkook: Il nostro quarto dormitorio? No, il primo. Quello è stato il mio primo spazio prezioso.
E com'era?
Jungkook: Era pieno di macchie di sangue di zanzara sulle pareti. E ho pure visto un fantasma, una volta, mentre mi lavavo i capelli. Mi stavo lavando la testa ed ero da solo. [*A testa china] Sbirciando tra le mie gambe, ho visto una caviglia pallidissima, e quel piede è entrato nella stanza. Sono sicuro di aver visto qualcosa entrare dal lato in cui c'era l'armadietto delle scarpe, vicino alla porta d'ingresso, ma poi non ho sentito alcun suono. Credevo fosse SUGA, vista la carnagione pallida. Quando ho finito di lavarmi i capelli, sono entrato nella stanza per salutarlo, ma non c'era nessuno. Nel dormitorio, a parte me, non c'era nessun altro.
Devi averne passate molte in quel periodo.
Jungkook: Non è stato difficile. Quando ero un trainee, non avevo poi chissà quali preoccupazioni. È stato divertente. Compravo sempre degli snack deliziosi dal mini-market con la paghetta che ricevevo ogni mese. Certi giorni mangiavo pietanze ancor più buone. Quel tipo di vita era divertente.
Quando è stato il tuo momento della verità (moment of Proof / il momento in cui hai potuto dimostrare quanto vali effettivamente)?
Jungkook: La prima volta che abbiamo vinto uno dei premi principali (daesang) ad una cerimonia di premiazione. Ora riceviamo diversi riconoscimenti e premi anche all'estero, ma la prima volta è nel nostro paese che è stato riconosciuto il nostro valore. Credo il mio momento della verità sia stato quando abbiamo vinto premi come "Canzone dell'Anno", "Album dell'Anno", "Artista dell'Anno" nelle cerimonie di premiazione principali.
A parte al mondo, c'è qualcosa che vorresti dimostrare a te stesso?
Jungkook: Per dimostrare qualcosa a me stesso dovrei riporre fiducia e valore in me, ma ci sono ancora tante conoscenze che vorrei imparare e padroneggiare. Solo allora credo riuscirò ad accettarmi per come sono.
Quanti anni ti senti?
Jungkook: Credo, per diverso tempo, di aver continuato a considerarmi un 15enne. È a quell'età che sono arrivato a Seoul per diventare un trainee. Tecnicamente, è da quel momento che ha avuto inizio la mia vita in società. Però non ho effettivamente imparato come si sta in società, no..nel mondo della musica, forse. E non studiavo né facevo nulla per maturare. Quindi continuavo sempre a sentirmi un 15enne. Ora credo di sentirmi gli anni che ho. 26. Sono 26 anni piuttosto diversi da quelli dei miei coetanei che hanno fatto l'università, ma credo che, se si è in grado di parlare e rapportarsi con il prossimo, siano pur sempre 26 anni, no? È così che mi sento ultimamente. Mi sento la mia età.
Nel corso della tua esistenza come membro dei BTS, c'è stato forse un qualche cambiamento che ha reso la tua identità (Jeon Jungkook) più vivida o sbiadita?
Jungkook: Solitamente non cerco di separare Jeon Jungkook da Jungkook dei BTS. Tutti e due coesistono in armonia. È tutto collegato, quindi non sarebbero diversi anche se li separassi. Sono pur sempre io. Se proprio dovessi prenderli individualmente, direi che Jeon Jungkook è un po' più carente. Invece trovo che Jungkook dei BTS sia piuttosto figo. Poniamo di prenderli separatamente, l'unica differenza sarebbe che uno è un individuo comune e l'altro un cantante. Quindi, sì, mi sento di dire che stanno andando entrambi piuttosto bene e che tutti e due sono piuttosto distinti e vividi.
Com'è il tuo 'io' attuale?
Jungkook: Giovane ed inesperto. Strambo, casinista e pigro. Credo proprio di essere piuttosto diverso da come appaio. Vorrei essere sicuro di me, ma so di avere ancora tanti difetti e debolezze e ne sono fin troppo consapevole. Mi piacerebbe che il mio aspetto esteriore e la mia personalità combaciassero alla perfezione, ma si assomigliano solo a metà. Ma, dopotutto, anche in futuro dovessi cambiare, credo quei due aspetti non saranno mai completamente identici.
Il tuo "io" del presente è diverso da quello del passato?
Jungkook: Sono diversi ma non così diversi. Ovviamente la gente cambia col tempo, ma spesso si rimane aggrappati al passato. Dopotutto sono umano anche io e, sia che si tratti di ricordi ed avvenimenti positivi o negativi, non riesco completamente a lasciarmi il passato alle spalle. Mi sembra quasi di essere ancora in quel passato, sicuramente sono cambiato ma personalmente mi sembra sia ancora tutto uguale ad allora. Con ciò non voglio dire di essere fermo nel passato. Anche perché il me stesso di allora era debole, mentre ora credo di essere diventato un goccio più forte. Però, visto che ci sono meno alti e bassi nella mia vita e che non ho tante preoccupazioni e stimoli mentali come allora, mi sento un po' spento. In un certo senso, ora è meno divertente.
Col senno di poi, qual è stato il tuo momento più buio?
Jungkook: C'è stato un momento in cui avrei voluto piantare tutto in asso e credo sia stato quello il periodo più buio. Credo fosse perché ero ancora giovane e stavo affrontando diverse battaglie personali. Se dovesse ricapitarmi adesso, immagino sarei in grado di cambiare diverse cose. Ma allora mi sembrava tutto insormontabile. Le persone che hanno saputo starmi a fianco e trasformare quell'oscurità in luce sono i membri. Ma non credo di poter aggiungere altro riguardo a quel periodo.
Se dovessi scrivere una lettera al te stesso del passato, cosa gli diresti?
Jungkook: "Studia l'inglese. Di' a nostra madre che vuoi andare a studiare all'estero". E poi aggiungerei che deve allenarsi nel ballo. Sapevo di cavarmela nel canto, ma non credevo molto nelle mie abilità di ballo, quindi, semplicemente, non ci provavo. Tanto più che, quando si è giovani, è più facile adattarsi a qualsiasi cosa si faccia. Tra me e me penso, "Avresti dovuto ballare di più ed imparare l'inglese, quando eri più giovane". Sarei davvero dovuto andare a studiare all'estero (ride).
Quale momento della giornata senti maggiormente come tuo?
Jungkook: Il tempo libero dopo lavoro. Intorno alle 2 di notte? Quel momento in cui ci si rilassa e si è pronti ad andare a letto. È un orario in cui, di solito, ho sempre voglia di fare altro, ma quando mi ci metto, poi inizio a pensare che forse sarebbe meglio andare a dormire. È un orario un po' strano.
Come ti piace essere chiamato?
Jungkook: Mi piace essere chiamato con il mio vero nome perché penso sia quello che mi descrive meglio.
Che cosa consideri indispensabile nella tua vita quotidiana?
Jungkook: La gente – compresi coloro che non conosco. La mia famiglia, i membri, lo staff dell'agenzia, i pedoni che incontro per strada, chiunque. Sono convinto che se ho l'opportunità di fare cose come quest'intervista sia grazie all'esistenza delle altre persone. Se non ci fosse nessun altro, non saprei con chi parlare quando mi trovo in difficoltà. Non credo potrei fare a meno di coloro che mi stanno accanto, di chi mi consola quando mi sento solo, di chi condivide le mie gioie quando sono felice. Quindi, sì, direi la gente.
Qualcosa che ti ripeti spesso, ultimamente?
V: "E ora che posso fare?", è ciò che mi ripeto più spesso. Me lo dico quando sono a casa, vorrei fare qualcosa ma non so cosa, eppure non voglio stare con le mani in mano. Per me il presente è molto importante, quindi, invece di rimandare al futuro, mi chiedo costantemente cose tipo "Che cosa posso fare ora?".
A che velocità stai vivendo, al momento?
Jungkook: A passo di tartaruga. Ad un passo lento da camminata. Proseguo sul mio percorso, ma a volte mi fermo e altre torno indietro. Vorrei vivere come la tartaruga della fiaba "La lepre e la tartaruga", che va piano ma può comunque battere tutti gli altri. Vorrei essere così anche dal punto di vista relazionale e con le altre persone, ma mi sono reso conto che è piuttosto difficile.
Ed è l'andatura che hai scelto o è una velocità cui ti sei dovuto adeguare?
Jungkook: Credo sia la velocità che ho scelto. Voglio proseguire con calma ma anche con costanza. Vorrei davvero fare qualsiasi cosa prendendomi tutto il tempo necessario, ma con continuità. Però, a seconda della situazione o anche per colpa di come sono fatto, spesso mi lascio distrarre da altro, invece di seguire i miei propositi.
C'è qualcosa cui ti stai dedicando, ultimamente?
Jungkook: Mi sto concentrando sulla ricerca di modi per poter migliorare. Per diventare più colto dal punto di vista musicale e linguistico, leggo molti libri e guardo i notiziari. Ho anche intenzione di migliorare il mio stile personale.
Quale colore credi ti rappresenti meglio?
Jungkook: Il viola. Non è sempre stato il mio colore preferito, ma promuovendo e lavorando insieme ai BTS, è diventato il nostro colore ed io ho iniziato ad apprezzarlo. È un colore che mi sta tanto più a cuore proprio perché piace così tanto ai fan. E poi ha una bellezza tutta particolare, un po' strana. Non credo ci sia nessun altro colore come il viola.
C'è qualcosa cui pensi spesso prima di andare a dormire, ultimamente?
Jungkook: Mi chiedo "Devi forse ordinare qualcosa online?" e mi metto a cercare. Se non quello, solitamente tendo a pensare a cose che rimpiango un po' tra quelle avvenute in giornata. Talvolta, questo mi spinge a voler rimediare e a farle subito, ma altre mi dico che sarebbe meglio andare a dormire e che posso rimandare anche al giorno successivo.
Hai fatto qualche sogno che ti è rimasto impresso, ultimamente?
Jungkook: Un sogno in cui volavo. Questa è la terza volta che sogno di volare. Me li ricordo tutti e tre molto bene. La prima volta, volavo e mi trovavo nel mondo reale ma, ad un certo punto, mi infilavo in un muro, quasi fossi un bug in un videogioco, e sono finito dentro il pavimento. Si è quindi creato come un errore e poi mi sono svegliato. La seconda volta stavo volando e ho pensato "Oh, questo sembra un sogno", ed avendo realizzato la cosa, mi sono svegliato.
Il terzo sogno è il più memorabile perché, in esso, sono riuscito a farmi un incantesimo! Sapevo per certo che fosse un sogno, ma poi arrivava un mio amico e mi diceva che se lo seguivo e ripetevo con lui quest'incantesimo, non mi sarei svegliato pur sapendo che si trattava di un sogno. Quindi io ripetevo la formula magica e, ad un certo punto, è apparso uno scenario con un cielo bellissimo. Ho iniziato a volare. Anche se sapevo che era tutto un sogno, grazie all'incantesimo non mi sono svegliato. Ho volato per parecchio tempo. Sognare di volare mi rende davvero felice. È persino più divertente delle giostre al parco divertimenti.
Se tu potessi partire per un'altra dimensione, dove ti piacerebbe andare?
Jungkook: Nello Spazio profondo. Credo sarebbe un po' spaventoso, ma anche divertente ed emozionante. Voi non siete curiosi di scoprire cosa c'è nella Galassia? Io sì.
Poniamo che la vita sia una strada, quanto pensi di averne percorsa?
Jungkook: Non so di preciso quanta strada ho già percorso. Ciò che so per certo è che sto praticamente girando in tondo. E come se mi trovassi ad una rotonda con molte uscite, ma continuassi a girare in tondo. Sì, mi sento come se fossi arrivato a questa rotonda e non fossi stato in grado di prendere una via d'uscita, quindi continuo a girare e girare.
Se dovessi finalmente riuscire ad allontanarti da quella rotatoria, e di fronte a te si parasse una porta, cosa credi troveresti dall'altra parte?
Jungkook: Oltrepassare la rotonda significherebbe essere riuscito a raggiungere uno dei miei obiettivi. Credo significherebbe aver imparato qualcosa. Finalmente avrei raggiunto qualcosa di concreto, ma non credo quella sia effettivamente la realtà delle cose. Si dice che gli ostacoli non abbiano mai fine ed è probabile questa sia una montagna che io stesso mi sono creato. Visto che ci sono tantissime cose che vorrei ancora imparare e fare, credo finirei per girare di nuovo in tondo a qualche altra rotonda.
Credi nel destino?
Jungkook: Quando ero piccolo, non ci capivo molto, ma ora penso di crederci. Credo che anche prendere una direzione diversa nel tentativo di cambiare il nostro futuro, in fin dei conti, sia destino perché è già tutto prestabilito. Credo potremmo anche considerare tutte queste strade come universi paralleli. Ho spesso dei dèjà vu. Questo momento potrebbe anche essere parte del passato per un altro me che vive nel futuro. Sì, credo esistano tante dimensioni diverse ed è per quello che ho tutti questi dèjà vu.
C'è un qualche personaggio – di un drama o di un film – cui vorresti assomigliare?
Jungkook: Qualcuno cui vorrei assomigliare d'aspetto è Leonardo Di Caprio nei panni di Jack nel film "Titanic". Per quanto riguarda la mia personalità, vorrei assomigliare a tutti quanti. Prima di dormire, faccio sempre le riflessioni più strane e quindi mi chiedo "Cosa accadrebbe se io potessi accogliere nella mia mente le conoscenze di tutti quanti in tutto il resto del mondo?". In termini di personaggi, credo una cosa simile sarebbe come essere Tony Stark in "Iron Man".
Se tu dovessi filmare un documentario sulla tua vita, quale canzone vorresti includere nei titoli di coda?
Jungkook: Non c'è ancora nessuna canzone che vorrei includere. Forse significa che non è ancora stata scritta? Ma vorrei scriverla io, in futuro. Assolutamente.
Tra tutti gli album della discografia dei BTS, qual è quello più prezioso, per te?
Jungkook: Direi <The Most Beautiful Moment in Life pt.1>. È grazie a quell'album che la gente ha iniziato a vederci sotto una luce diversa. Come posso dire? È stata la prima volta che abbiamo davvero suscitato delle reazioni.
Credo quello sia stato il nostro primo passo verso il successo. Abbiamo iniziato a vincere il primo premio alle trasmissioni musicali e, da quel momento in poi, abbiamo iniziato ad avere sempre nuovi obiettivi. E poi è stata la prima volta che ho davvero percepito una certa "crescita".
Credo da quel momento in poi la nostra sintonia generale sia migliorata molto, e la cosa non ha fatto che portarci sempre più in alto.
Euphoria
Che significato ha questa canzone, per te?
Jungkook: È una canzone che mi piace molto. Credo di averlo già menzionato, ma dato che l'ho registrata in un momento in cui la mia gola non era in condizioni ottimali, ha un non so che di grezzo, il testo è davvero bellissimo, la canzone è bella, trovo sia bella in generale.
C'è qualche aspetto in particolare su cui ti concentri, quando la canti?
Jungkook? Cerco di immergermi completamente nel testo e di cantarlo con quanta più anima possibile. Già solo il testo di questa canzone mi trasmette un immaginario pieno di colori. Quando canto "Sento il mare in lontananza", riesco davvero ad immaginare il suono delle onde lontane.
Se potessi cantare questa canzone in versione acustica da qualche parte per conto tuo, quando e dove vorresti che fosse?
Jungkook: Di fronte al mare, al tramonto. Non sotto un tramonto rosso, ma ad un cielo viola. Vorrei fosse una stagione in cui l'aria è fresca, priva di umidità e che profumi di mare, e vorrei soffiasse un bel venticello rigenerante.
C'è questa parte del testo che dice "Ti prego, non lasciare la mano che tieni nella tua". Ti è mai capitato di porgere la tua mano o di stringere quella offerta da qualcun altro?
Jungkook: Non penso di esser mai stato il primo a porgere la mia mano. Credo, piuttosto, di aver accettato più spesso la mano e l'aiuto del prossimo, quando mi veniva offerto.
Hai già sperimentato un qualche momento di "euphoria" (euforia)?
Jungkook: Non credo ci si renda effettivamente conto della cosa, quando si sta vivendo un momento d'euforia. Credo lo si realizzi poi con il tempo. Credo la vera euforia sia quando, ripensando ad un momento nel passato, ci si rende conto di tutta la felicità provata. Persino ora ho tanti momenti felici, ma per poter scegliere quello migliore, credo di dover vivere e maturare ancora un po'.
Se tu dovessi immaginarti una tua personale utopia, come sarebbe?
Jungkook: Il momento in cui riuscirò ad accettarmi per quel che valgo, è quella la mia utopia. Potrebbe non accadermi prima dei 60 anni, ma non importa, se riuscirò ad accettarmi, non potrà che essere un utopia, no?
Preferiresti qualcuno che ti sappia mostrare un mondo a te ancora sconosciuto o essere tu il primo a condividere quello stesso mondo con qualcun altro?
Jungkook: Preferirei qualcuno che sappia mostrarmi qualcosa che ancora non conosco. Un mondo a me sconosciuto sarebbe anche qualcosa di nuovo, e potrei anche provare nuove emozioni, e già quello è fantastico. Condividere un mondo con qualcun altro significa provare anche le stesse emozioni insieme, ma penso scoprire nuove cose ed un nuovo mondo abbia più valore.
Dimple
Che significato ha questa canzone, per te?
Jungkook: È il tipo di canzone che mi piace. Mi piace particolarmente la sua melodia. Ogni volta che l'ascolto, mi immagino e ricordo i sorrisi dei fan e mi si scalda il cuore.
Questa canzone è stata scritta nel 2017. Se tu dovessi cantarla di nuovo ora, cosa cambierebbe?
Jungkook: Il mio modo di cantare sarebbe il cambiamento più grande, visto che ora ho una vocalità diversa rispetto ad allora. Poi credo sarebbe un po' più facile da cantare, o no?
E sarebbe diverso anche il tuo modo di esprimere il brano?
Jungkook: Probabilmente ora so esprimermi meglio, ma non credo ciò che provo rispetto a questa canzone sia poi così diverso. Se prendiamo ad esempio gli attori, ce ne saranno che sanno fondersi completamente con il personaggio interpretato e metterci tutto il sentimento possibile, e altri che danno maggiore importanza all'espressività che alle emozioni, quando recitano. Io credo di ricadere in questa seconda categoria. Piuttosto che cantare con sentimento, cerco di dare espressività alla mia voce e, così, di trasmettere emozioni.
Qualcosa che ti fa emozionare nella tua vita quotidiana?
Jungkook: In passato mi entusiasmavo quando avevo obiettivi o progetti cui ambire, quando li portavo avanti ed ottenevo dei risultati. Ultimamente non ho più molti momenti di quel tipo. Quindi credo mi emozioni parlare con gente nuova. Conoscere persone nuove è davvero divertente.
Se tu fossi un regalo per qualcuno, che tipo di regalo pensi saresti?
Jungkook: Penso diventerei amico di questa persona, ascolterei ciò che ha da raccontare, le sue preoccupazioni ed ansie e canterei per loro, qualcosa del genere?
Di che cosa hai bisogno per amare/voler bene ad una persona?
Jungkook: Più che cercare un motivo o qualcosa per amare l'altra persona, credo che per amare sia fondamentale svuotare prima se stessi. Credo l'amore vero nasca quando le emozioni condivise non sono troppo travolgenti, ma forti al livello giusto. Sì, credo quello sarebbe vero amore.
Tra l'esprimere le tue emozioni a parole o per iscritto, con quale ti trovi più a tuo agio?
Jungkook: Non so bene con quale io mi trovi più a mio agio, ma credo sarebbe bello potersi esprimere con un mix di parlato e scritto. Per iscritto riesco ad esprimere meglio i miei sentimenti. A parole non sono altrettanto ordinato, ma sicuramente sarebbe una forma d'espressione più vera e diretta di ciò che provo.
Che cosa significa l'album "Proof" per i BTS?
Jungkook: Mmh, ho l'impressione che sia una piccola conclusione ma anche un nuovo inizio. Mi trasmette un'impressione di chiusura, ma, allo stesso tempo, non è la fine. È l'ultimo passo di un processo che ci porterà a proseguire verso un nuovo capitolo.
Trad eng: © BOMHARU1230 | Trad ita: © Seoul_ItalyBTS Twitter
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sciatu · 2 years
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Castello di GRADARA - Residenza di Francesca da Polenta e Paolo Malatesta. (Divina Commedia, Canto V)
Doveva essere una ragazza minuta, giovanissima per innamorarsi di un giovane sentendolo leggere un racconto d’amore e doveva essere anche una ragazza molto sola per voler morire con lui per mano di un marito che di quel ragazzo era il fratello. Il tutto accadde chissà quanti anni fa in un castello ben armato, con mura spesse e solide, grandi stanze dalle mura pitturate per i signori ed altre grezze per i soldati dove dormivano sui tavolati con addosso le armature. Dalle finestre entrava poca luce cosi Messer Paolo, il ragazzo, leggeva con accanto delle candele di cera d’api con voce gentile e modi eleganti. Ogni tanto si fermava e chiamava Madonna Francesca, la ragazza,  ad osservare le miniature del libro dove erano ritratti Messere Lancillotto su un bellissimo cavallo bianco e Madonna Ginevra  vestita alla maniera franca, con una lunga veste ed un cappello a punta. La voce di messere Paolo scivolava tra le stanze buie del castello, descrivendo grandi battaglie, epici duelli e versi d’amore per Madonna Ginevra. Le voci dei soldati che facevano la ronda tra le alte mura dove i piccoli falchi si posavano, il crepitio del fuoco nel grande camino della stanza, il vociare dei servi nelle cucine, coprivano alla fine la voce di Messer Paolo e le domande della piccola e gentile Madonna Francesca. Persino la vecchia serva che ricamava accanto al grande camino, si appisolava, annoiata da tutto quel parlare da poeti che solo i signori capivano e che portavano a lunghe discussioni tra Messere Paolo e Madonna Francesca. Quando e anno prima la ragazza aveva visto per la prima volta il ragazzo, era arrossita sentendo i suoi occhi su di lei e si sentiva felice perché le avevano detto che quello era il suo sposo. Lei lo sposò felice ma scoprì che il matrimonio era per procura e che il vero marito era il fratello del bel ragazzo, il podestà di Pesaro, Gianni lo zoppo, un essere scostante, rude, abituato al comando e ad essere ubbidito. Il ragazzo vide la faccia triste della ragazza quando gli presentò il suo sfortunato fratello e la sua grande, innocente delusione, tanto che per giorni non mangiò ammalandosi. Così il ragazzo incominciò a portarle regali, una coppia di tortore, un cagnolino, dei libri che raccontavano di storie d’amore. Lei tornò a sorridere e gli chiedeva di restare, di leggerle quei racconti o chiedeva indicazioni su i luoghi, i personaggi, gli avvenimenti. Quando il marito tornava al castello, qualcuno gli raccontava di come Madonna Francesca ora fosse serena e di come messere Paolo la facesse ridere in continuazione. Qualcuno aggiungeva, con malizia e veleno, che far sorridere una donna, era il modo più veloce per portarla letto. Ma messere Gianni non poteva diffidare di suo fratello e mandava via quelle male lingue, anche se la vita gli aveva insegnato che tutti avevano un prezzo per tradire: a qualcuno bastavano trenta denari a qualche altro un castello, a qualche altro ancora, un semplice sorriso. Perciò disse alla vecchia serva di riferirgli ogni cosa e che se fosse venuto a conoscenza anche solo di una parola di sua moglie che la vecchia non avesse riferito, le avrebbe strappato gli occhi e l’avrebbe chiusa in una gabbia appesa all’alta torre per farla mangiare viva dai topi e dai corvi. Così la vecchia fingeva di dormire perché un ladro diventa tale solo se gli si da l’occasione. Ma Madonna Francesca e messer Paolo non facevano caso a lei. Erano troppo presi dalle storie, troppo coinvolti nel commentarli, nell’immaginare quei mondi che i libri portavano tra le camere oscure e le mura fredde. Avevano creato un nuovo gioco, lei leggeva le parole di Madonna Ginevra e lui quelle di Lancillotto, cosi da essere, per gioco, per puro innocente e voglioso gioco, i due innamorati. “messere -  diceva lei – se andate in guerra, mettetevi da parte, non siate tra i primi dal cuore ardimentoso ma dalla triste sorte, ne nei secondi che devono affrontare l’urto più forte delle lance. Restate presso il vostro re, proteggetelo e con lui aspettate che la guerra passi” E lo guardava negli occhi sorridendo “Che cavaliere sarei Madonna mia – rispondeva lui tuffandosi nei suoi occhi colore del mare d’estate – se pensassi alla vita mia e come i codardi o gli incapaci, mi nascondessi tra i cuochi e le male donne nel campo del re” “Sareste un cavaliere saggio” “Sarei un vigliacco! Cosa potrei dire alla donna che amo se lasciassi morire al posto mio i miei compagni, quale giuramento onorerei se la mia spada restasse chiusa nel fodero lontano dalla pugna, chi potrebbe amare un vigliacco il cui disonore è nascosto con i panni stesi delle lavandaie” “Vi sonno donne che amerebbero lo stesso perché avreste salvato il loro bene più prezioso…” “Non il nostro re…” “Ma il vostro cuore…” “Quello di un vigliacco” “Quello di chi è amato” “e chi potrebbe osare di amare un cavaliere che fugge la battaglia?” “Chi lo chiama ad una battaglia più grande” “ quale Madonna mia se posso chiederlo?” “quello dell’amore…” E poiché nel libro era scritto che Madonna Ginevra baciava Messer Lancilotto, così fece la ragazza e lo baciò sfiorando le sue labbra. Il ragazzo restò sorpreso, stupito e senza pensarci, solo perché così era scritto nel libro, lui la baciò. La vecchia si mosse ed i due si staccarono facendo finta di niente, pensando che lei, presa dal sonno, non avesse fatto caso a loro. Quando Messer Gianni tornò quella sera, la vecchia gli si avvicinò e gli disse poche parole. Messer Gianni, impallidì e non disse nulla, liberò la vecchia e bevve un bicchiere di vino. Si affacciò alla finestra e pensò a cosa fare. Ma non aveva altro da fare e si sentì debole e senza forze, sentendo il peso del potere e del suo corpo malformato e l’incertezza nelle amicizie e nelle alleanze. Non aveva altro da fare se non quello che leggi e consuetudini gli imponevano di fare. Il giorno dopo la vecchia era impegnata e li lasciò soli. I ragazzi felici per quella improvvisa libertà tornarono a leggere il racconto ma dopo poche righe, chiusero il libro e restarono a guardarsi negli occhi fino a che lui lentamente avvicino le sue labbra alle sue e dopo un secondo di incertezza le baciò. Un urlo scosse la stanza, Dal passaggio che portava alle stanze degli armati, Messer Gianni, lo storpio, il cornuto, uscì gridando con gli occhi fuori dalle orbite, una spada in una mano, uno stiletto nell’altra e si avventò sul fratello che cercò di difendersi fino a che un fendente non gli squarciò la gola e il sangue copioso copri il pavimento di cotto rosso e il suo corpo finì su di esso rantolando cercando aria. La ragazza osservò la scena e quando vide il corpo di lui immerso nel sangue urlò ancora una volta e lo abbracciò cercando di dargli la sua vita. Suo marito la vide abbracciata al fratello e allora prese l’elsa della spada con le due mani e la trapassò facendo finire il cammino dell’arma nel cuore di lui. Li trovarono così. Lei abbracciata al ragazzo con la lunga spada che attraversava il suo corpetto blu con i ricami d’argento, lui con la testa quasi staccata dal corpo e suo fratello in un angolo che, con la testa tra le mani, piangeva disperatamente. Un poeta li ha visti insieme all’inferno, in mezzo a traditori e diavoli, tra urla e sangue, tra fuoco e lacrime, nelle nebbie di zolfo e le urla dei dannati. Nel dolore e l’assenza di ogni luce, il poeta disse che erano in quell’ eterno dolore, mano nella mano, occhi negli occhi e in quell’infernale bolgia, erano gli unici che sorridevano. Ma il poeta che li ha visti, era un grande poeta.
She must have been a tiny girl, very young to fall in love with a young man hearing him read a love story and she must also have been a very lonely girl to want to die with him at the hands of a husband who was the brother of that boy. All this happened who knows how many years ago in a well-armed castle, with thick and solid walls, large rooms with painted walls for the lords and other rough ones for the soldiers where they slept on the planks wearing armor. Little light came in from the windows so Messer Paolo, the boy, read with beeswax candles beside him in a gentle voice and elegant manner. Every so often he stopped and called Madonna Francesca, the girl, to observe the miniatures of the book where Messere Lancillotto on a beautiful white horse and Madonna Ginevra dressed in the French way, with a long robe and a pointed hat were portrayed. Messere Paolo's voice slipped through the dark rooms of the castle, describing great battles, epic duels and love verses for Madonna Ginevra. The voices of the soldiers patrolling the high walls where the little hawks alighted, the crackling of the fire in the large fireplace in the room, the shouting of the servants in the kitchens, eventually covered Messer Paolo's voice and the questions of the little and kind girl,  Madonna Francesca. Even the old servant who embroidered next to the large fireplace, dozed off, bored by all that poet talk that only the gentlemen understood and which led to long discussions between Messere Paolo and Madonna Francesca. When years before the girl had seen the boy for the first time, she blushed at her feeling her eyes and felt happy because her parrents, told her that he was her husband. She married him happily but discovered that the marriage was by proxy and that the real husband was the brother of the handsome boy, the mayor of Pesaro, Gianni the lame, a being unfriendly, rude, accustomed to command and to be obeyed. The boy saw the girl's sad face when she introduced him to her unfortunate brother and her big, innocent disappointment, so much so that she didn't eat for days when she got sick. So the boy began to bring her gifts, a couple of turtle doves, a dog, books that told of love stories. She smiled again and asked him to stay, to read those stories or asked for directions on the places, the characters, the events. When her husband returned to the castle, someone told him how Madonna Francesca was now serene and how Messere Paolo made her laugh all the time. Someone added, with malice and poison, that making a woman smile was the fastest way to get her to bed. But Messere Gianni could not distrust his brother and sent away those evil tongues, even if life had taught him that everyone had a price to betray: for someone thirty denarii was enough for someone else a castle, for someone else, a simple smile . So he told the old servant to tell him everything and that if he knew even one word from his wife that the old woman did not report, he would tear out her eyes and lock her in a cage hanging from the high tower to make it eaten alive by mice and ravens. So the old woman pretended to sleep because a thief becomes a thief only if he is getting the opportunity to be thief. But Madonna Francesca and Messer Paolo paid no attention to her. They were too busy with stories, too involved in commenting on them, in imagining those worlds that books brought between dark rooms and cold walls. They had created a new game, she read the words of Madonna Ginevra and he those of Lancelot, so as they became, for fun, for pure innocent and eager game, the two lovers. "Sir - she said - if you go to war, stand aside, do not be among the first with a daring heart but with a sad fate, nor in the second ones who have to face the strongest impact of the spears. Stay with your king, protect him and wait with him for the war to pass " And she looked into his eyes smiling "What a knight I would be my Madonna - he replied diving into her eyes, the color of the summer sea - if I thought of my life and like cowards or incompetents, I hid myself among the cooks and evil women in the king's camp" "You would be a wise knight" “I would be a coward! What could I say to the woman I love if I let my companions die in my place, what oath I would honor if my sword were sheathed away from the fist, who could love a coward whose dishonor is hidden with the clothes hanging out of the washerwomen " "Do you sleep women who would love the same because you would have saved their most precious possession ..." "Not our king ..." "But your heart ..." "That of a coward" "That of one who is loved" "And who could dare to love a knight fleeing battle?" "Who calls him to a greater battle" "Which Madonna of mine if I may ask?" "That of love ..."
And since in the book it was written that Madonna Ginevra kissed Messer Lancilotto, so did the girl and kissed him touching his lips. The boy was surprised, amazed and without thinking about it, just because it was written in the book, he kissed her. The old woman moved and the two separated, pretending nothing happened, thinking that she, taken from sleep, hadn't paid any attention to them. When Messer Gianni returned that evening, the old woman approached him and said a few words to him. Messer Gianni turned pale and said nothing, released the old woman and drank a glass of wine. He looked out the window and thought about what to do. But he had nothing else to do and he felt weak and without strength, feeling the weight of power and his malformed body and the uncertainty in friendships and alliances. He had nothing else to do but what the laws and customs required him to do. The next day the old woman was busy and she left them alone. The boys happy for that sudden freedom went back to reading the story but after a few lines, they closed the book and stood looking into her eyes until he slowly brought her lips to hers and after a second of uncertainty kissed them. A scream shook the room, From the passage that led to the rooms of the armed, Messer Gianni, the cripple, the cuckold, came out screaming with his eyes bulging, a sword in one hand, a stiletto in the other and rushed on his brother who he tried to defend himself until a blow slashed his throat and copious blood covered the red terracotta floor and his body landed on it gasping for air. The girl observed the scene and when she saw his body dipped in blood she screamed once more and hugged him trying to give him her life. Her husband saw her embraced by her brother and then took the hilt of the sword with both hands and pierced it making the path of the her weapon and end is way in his heart. They found them like this. She embraced the boy with the long sword that crossed his blue bodice with silver embroidery, he with his head almost detached from his body and his brother in a corner who, with his head in his hands, was crying desperately. 
A poet saw them together in hell, in the midst of traitors and devils, between screams and blood, between fire and tears, in the mists of sulfur and the screams of the damned. In pain and the absence of all light, the poet said that they were in that eternal pain, hand in hand, eye to eye and in that hellish bedlam, they were the only ones who smiled. But the poet who saw them was a great poet.
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october24th · 4 years
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Resoconto Giorno 142
Ieri sera non riuscivo a dormire a causa di una voglia improvvisa di cioccolata e mi sono addormentata solamente quando ho finalmente mangiato uno snickers. Ho dormito abbracciando il cuscino.
Mi sono svegliata con Lola sulle gambe. Ho sognato di dire a Robb che lui è il mio migliore amico e lui mi diceva di essere il figlio di Roberto Baggio. Appena sveglia ho letto una poesia con Robb che si chiama Puntini in cielo, questa sera la commenterò. A lui non è piaciuta un sacco, forse non l’ha capita molto o l’ha letta nel momento sbagliato. Mi sono lavata e vestita, son proprio carina oggi ddddai. Babbo mi ha accompagnata da Imma verso le undici e mezza.
Sono stata aperta dalla nonna Maddalena che mi ha detto di trovare al piano di sopra Imma e la nipotina Martina che stava svolgendo i compiti. Appena ho visto Imma ci siamo salutate verbalmente e ci siamo messe a ridere per l’imbarazzo e la frustrazione per non poterci abbracciare. Siamo state a distanza e abbiamo tenuto la mascherina tutto il tempo igienizzandoci le mani quando necessario. Ho dato ad Imma il pensierino che le ho preso per Natale, la custodia per le AirPods e l’ha anche già messa. Pooooi mi ha dato il mio regalino che non mi aspettavo per niente, un piccolo gioco da tavolo di Harry Potter che ho scartato subito con le mani tremolanti. È bellissimo, lo adoro e credo di doverla ringraziare altre miiiille volte. Mi sono commossa, parte uno. Dopo aver salutato anche i gattini Cric e Croc abbiamo aperto il gioco di Harry Potter Trivial Pursuit e abbiamo giocato stando sulla scrivania.
Abbiamo iniziato a cucinare all’una e mezza stando distanti e attente a ciò che toccavamo e a disinfettare la spesa. I gattini Cric, Croc, Marroncina e Nerino ci sono stati tra i piedi e la nipotina di Imma ha giocato con loro per farci stare libere in cucina. Marti, questo il suo soprannome, mi ha raccontato dei suoi vari compagni di classe e mi ha elencato tuuutti i nomi eccetto due che proprio non riusciva a ricordare, li abbiamo ripetuti tutti tre volte dimenticandone sempre due. Ma io ero curiosa di sapere i due nomiiiii. Mi ha parlato di una bambina, Morena, che proprio non vuole esserle amica e la tratta quasi male, mentre invece con Giovanna ha un rapporto speciale e dice di essere la sua migliore amica. Abbiamo iniziato a mangiare alle tre. Abbiamo portato i piatti al piano di sopra in cameretta per non mangiare in sala da pranzo con la mamma e la nonna.
Eravamo tutte super attente e giusto un po’ esaurite, soprattutto la nipotina che voleva abbracciarci e starci vicine. Mi ha scritto una letterina Marti dove dice che non vede l’ora di abbracciarmi e baciarmi, che sono dolce e simpatica, che vuole conoscere Lola e che mi farà conoscere il suo cagnolino Rocky. Mi sono commossa, parte due. Abbiamo finito di mangiare alle quattro. Abbiamo giocato di nuovo al gioco di Harry Potter girando un video per tutto il tempo da tenere per ricordo e pooooiii abbiamo dipinto i barattoli di vetro dove metterci i bigliettini con le cose positive che accadranno a noi e nel mondo nel 2021, speriamo di riempire tutto il barattolo. È un’idea carina, a fine anno abbiamo poi intenzione di aprirlo e rileggere tutto. Nel mentre abbiamo chiacchierato, ascoltato canzoni, riso parecchio e finito Enola Holmes che abbiamo iniziato insieme a settembre e mai concluso. Abbiamo dipinto l’interno dei barattolini di azzurro e il tappo di blu. Ora dobbiamo solamente creare una targhetta da applicare sopra.
Alle sei del pomeriggio ho chiamato tre pizzerie per la cena della sera e finalmeeente dopo varie telefonate sono riuscita ad ordinare. Abbiamo continuato a fare i barattolini e ad ascoltare musica, poi Marti è andata via e io e Imma abbiamo parlato da sole. L’ho aggiornata sulle ultime novità, specialmente della mia confusione nella testa e mi ha ascoltata, mi ha dato il suo parere e mi sono sentita più libera. Credo di star facendo pian piano ordine mela mia testa e che le cose che fluttuano siano sempre più vere, me ne accordo da modo in cui ne parlo. Sorridevo da sotto la mascherina ed è sicuramente un segno. Durante il pomeriggio ho anche sentito mia mamma e mio padre al telefono. Mamma ha detto che hanno portato Lola dalla toelettatrice e questa detto che dobbiamo portarla urgentemente dal veterinario per un problema agli occhi. Papà invece voleva una mano per ordinarsi la cena, ma si è organizzato troppo tardi e alla fine ha cucinato un piatto di pasta. Alle nove meno un quarto è arrivato il fattorino delle pizze, senza mascherina tra l’altro, e aveva anche dimenticato il resto dei soldi così è tornato indietro a prenderlo e quando la seconda volta che è venuto me l’ha dato, una volta dentro casa mi sono accorta di aver ricevuto molto di più di quello che dovevo avere. L’ho richiamato quindi ed è ritornato indietro per prenderlo. Ci siamo congelate. Abbiamo cenato di nuovo in cameretta. Abbiamo preso due pizze da dividere a metà e una con la nutella che non abbiamo proprio toccato, se non una fettina piccola. Era buonissima la pizza.
Sono stata benissimo. Imma mi mancava parecchio e sinceramente anche se abbiamo passato una giornata strana e diversa dalle solite per me è stato come sentirmi a casa, normale. Non ci vedevamo da tre mesi, ma è stato come se non ci vedessimo da un giorno. La amo tantissimo e sono fiera di ciò che siamo, di ciò che è. Cucciola.
Alle nove e mezza papà è venuto a prendermi e in macchina abbiamo parlato di lavoro. Gli ho detto che dalla settimana prossima lavorerò quattro giorni alla settimana fissi dalle tre del pomeriggio per poi tornare alle dieci di sera a casa. Inizierò a lavorare con un nuovo bambino per cui già so che dovrò avere il triplo della pazienza di quella che già ho. Mi ha fatto piacere parlarne con papà. Tornata a casa ho salutato la mia Loletta, l’ho riempita di coccole e ho dato la notizia anche a mamma. Struccante, crema viso, pigiama caldo e letto. Ho un mal di testa assurdo e le mani congelate, non riesco a scrivere. Imma mi ha restituito un libro che le prestai tempo fa, si chiama Notti in bianco baci a colazione di Matteo Bussola. Insomma ho aperto la prima pagina e ho trovato un pensierino scritto da lei questa mattina. Mi sono commossa, parte tre.
Ora è arrivato il momento della poesia, Puntini in cielo. Marco Gregò, l’autore, parla del cattivo umore che all’improvviso ci coglie inaspettatamente e ci smuove tutto il corpo a partire dalle ossa per finire alla gola e salire alla testa. Quel malumore che ci fa sentire stupidi e incapaci di domarlo come lui fa con noi. Racconta di come a causa di questo porta sulla pelle e nella sua vita i segni di tali momenti di sconforto ma che nonostante questi continua a sognare in grande e continua ad aspirare a diventare come le stelle, forti e luminose. Robb ha detto che ora l’ha capita di più. L’ho sentito poco oggi, ha detto che ha iniziato la nuova stagione de L’attacco dei giganti che devo assolutamente vedere anche iiiiooooooo urlooooo.
Mi frugherei dentro entusiasta
Come un bambino
che deve scegliere
In una certa di regali,
Direi questo lo tengo
Questo lo butto,
Proverei ogni mia parte
Del mio bullo disagio,
Gli direi ehi bello
Non sei stanco?
16 Gennaio
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sydmorrisonblog · 3 years
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GARY BUNT
Gary Bunt: questo nome vi dirà poco, nulla probabilmente. Decenni spesi per la musica, per il rock&roll. Pochi, piccoli e trascurabili successi come musicista. Ma troppi eccessi. Alcool, droghe, e tante notti in bianco. Giovanissimo, a 30 anni, Gary appende la chitarra al chiodo, adottando uno stile di vita meno estremo, non riuscendo a rinunciare però al vizio del fumo. Passa qualche anno, e superata la soglia dei 40, arriva la notizia shock. Quella che nessuno, mai, vorrebbe ricevere: tumore. Alla laringe. Gary Bunt è una di quelle persone che oggi afferma che il tumore sia stata un’opportunità. Non è poi così raro, sentirlo affermare da chi sta o ha affrontato questa terribile sfida. Nel caso specifico Gary trovò nel cancro stesso uno strumento per vedere sotto una luce diversa la propria esistenza. L’arte piombò di nuovo nella sua esistenza, dentro alle lunghe e faticose giornate di degenza. Le sue delicate opere pittoriche ci trasportano nello stato d’animo malinconico ma quieto del Gary malato, dove con grandissima frequenza compare un cagnolino, fedele compagno.
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“Mi sono dipinto come un vecchio perché pensavo che non sarei sopravvissuto fino alla vecchiaia (…) Il vecchio potrebbe essere il padre o il nonno di qualcuno. Il cane – beh, è la stessa relazione, un uomo e il suo cane, che trovo in Cristo, o Dio e suo figlio, io e Cristo.” Gary Bunt
Le tante tele con protagonisti l’immaginario, anziano Gary Bunt e il suo cane, sono un commovente spaccato su questo incredibile rapporto. Chi ha un cane, può capire. Oggi Gary, che è guarito e sta bene, è diventato una vera guida di arte terapia, e con il suo operato aiuto costantemente tantissime persone che stanno affrontando la sfida più bastarda che ci possa essere riservata.
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vele-e-vento · 4 years
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JP II il 2005 ho pianto, Woytila non è diventato prete per il potere per essere cattolico, per vocazione curiale  clericale,  ma per sua scelta spirituale cercava una risposta alle sue domande esistenziali come ogni giovane e si è dato questa risposta.  i papi sono la rappresentazioe del potere , lui per me è stato la rappresentazione del meglio che può dare la chiesa al mondo. un uomo che alle giornate della gioventù cantava e teneva il ritmo, col bastone da passeggio, come charlie  chaplin, un uomo che ha fatto cascare il muro di berlino, che conosceva potenti e santi, Mandela e Fidel Madre Teresa e il potere più retrivo, i suoi stessi preti, vescovi - gente non di primo pelo principi della chiesa - quando lo assitevano lui a contatto con la gente, le folle che lo adoravano, letteralmente, che lo toccavano come si tocca un cristo, e un nonno, ridevano sorridevano con lui, un uomo contagioso per  la sua gentielzza, e dignità e forza. me lo ricordo quando in montagna, tra quei monti valdostani che lui amava tantissimo  in mezzo alla neve si è tolto il cappello da neve, davanti ai fotografi, e lì solo una macchia bianca  in mezzo al manto chiaro delle nevi intoccate,  sorridendo ha guardato verso l’alto. con quel morbido ciuffo bianco di capelli al vento, ha guardato non le macchine e le telecamere, ma il cielo il vento l’azzuro l’aria tesa e fredda e ha sorriso, come si sorride a Lui; ecco un uomo che guardac verso l’alto, verso Dio, senza retorica, un uomo virile anche,  sicuro tranquillizante, ma dolce,  e teologicamente profondo. pastoralmente umano. i bambini che sono intuitivi sentivano questa sua presenza al volo, questa su innata profonda umanità questa sua dolcezza frutto di una convinzione interiore, che siamo tutti fragili e santi e pieni di errori, e fratelli, fratelli nell’errore anche e quando apparentemente non lo siamo, e quando lo incontravano, i bambini, sorridevano come si sorride a un cagnolino con cui si gioca, come a un nonno che è tornato a casa, come a un padre questo è un papa, non un giudice ma un Padre, e lui lo era, non per posa calcolo o scienza politica, ma perchè da giovanissmo uomo che viveva nella realtà e -si dice - aveva anche una fidanzata, ha scelto non la retotica del cristianesimo ma lo spirito, ha scelto di mettere la profondità dello spirito umano, della coscienza con tutta la sua eccellenza, davanti a tutto nella sua vita, uomo filosofo, prete e santo. un uomo che parlava davanti alla televisione e senza preavviso magari si interrompeva per dire fuori copione qualcosa su se stesso, prendersi un po’ in giro come Papa, e far sorrridere tutti i presenti, perchè aveva il senso del limite. una persona profonda, un santo certo, perchè questo è la materia di un santo. non l’infallibilità, ma la sua umanità. e che per me rappresenta tutto quello che il cristianesimo deve e dovrebbe e dovrà essere. tutto quello che è importante che un cattolico faccia  esista  pensi dica e si comporti. tutto quello che è importante per me essere: credente, umano, magari possibilmente se forte, e... un po’ irriverente, ogni tanto un po’ fuori dalle righe per ricordarsi che siamo fatti di poco e di umiltà Wojtyla  un Papa con un carattere così marcato, e una immagine così forte,  che è uno di pochi che abbiamo chiamato col suo cognome vero e non solo col battesimale papale perchè lui era Papa Woytila, e non JP II e basta.
Lui era Karl. Il piccolo prete operaio, di provincia che faceva escursioni con i suoi parrochiani, con una giovane e fidanzata chenuotava come un “dannato” e che ha deciso da adulto di farsi prete, e diventato Papa. Ecco il 2 aprile 2005 ho pianto un amico,  scomparso. JP II
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haut2ed · 4 years
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La pioggia bagnava tutta la città. Il vento, impetuoso, penetrava nelle case e produceva un rumore, simile ad un fischio monocorde, che accarezzava i timpani e metteva in allerta. Un cagnolino, bianco, riposava ai piedi di un tavolo. La scodella con il cibo era piena, segno che anche i cani subivano l’influenza del tempo.
Io me ne riposavo sul letto grande. Le lenzuola di un verde rigoglioso ricoprivano il mio corpo. Intanto pensavo, con la pancia piena. Pensavo che il freddo mi fa compagnia, non mi mette brutte sensazioni di ansia e panico e mi permette di respirare regolarmente.
Per scrivere, bisogna vivere e fare esperienze.
I miei ventitré anni sono stati inevitabilmente segnati, ma non ricordo di aver camminato sotto alla pioggia, inzuppandomi tutta, col cuore leggero e pochi pensieri per la testa.
Tutto è stato un pieno di emozioni scorrette e visite indesiderate.
La mia vita è una forza sempre in bella mostra, pronta a scattare contro gli episodi stantii.
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lontanoblog · 4 years
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Avrà avuto anche la rabbia dentro, ma quel campo, quel campo così immenso la faceva sentire libera.
Libera da un mondo che non le apparteneva, libera da tutto ciò che bruciava, da tutto ciò che non comprendeva.
Era semplicemente lei, e quel vuoto mai colmato, quel vuoto come se solo lei sapesse capire, perché il resto era troppo ostile.
Sarrebbe bastato solo chiudere gli occhi, e immaginarsi il mondo ideale, che poteva essere semplice come una cosa più astratta o elaborata.
Chiudere gli occhi senza far prevalere il bianco però, perché il bianco doveva vivere solamente nell'anima di chi non la aveva.
Quanti ricordi raffioravano nella mente buia e tempestosa, quanto astratta, dipinta, dipinta da quel dipinto che non veniva mai come si immaginava lei, così rimaneva interno e colorava il suo mondo, dall'interno verso l'esterno.
Aveva sul comodino quel dannato gabbiano che la fissava e che gli chiedeva di capirlo, di ascoltarlo, la voce del nonno affianco a lei, quel gabbiano aveva la mente di quel nonno un po' testardo, che le aveva insegnato a sognare.
Il tetto rosso di quella casa bianca che la guardava imperterrito, come se la stesse spiando, con quelle tegole arrugginite che chiedono restauro.
C'era anche un altra casa in lontananza, ma quella era più nascosta, era quasi immersa in un paesaggio, in un quadro lontano all'ultimo corridoio.
E poi il cagnolino nero, al quale immerso nel prato gli si vedeva solo il codino arricciato, come uno squalo con la famosa pinna fuori dall'acqua che ostacola il territorio.
E poi le canne, quelle canne gialle in fiore, che si lasciavano trasportare dal vento, e che insieme danzavano mille coleografie organizzate solo da loro, coleografie segrete e mai interrotte da quel vento che sapeva avvolgerti e stringerti forte al cuore.
E poi i campanacci, i campanacci della chiesa o delle pecore, sempre presenti e duraturi, sempre armoniosi e privi di melodia, campanacci liberi scorrazzanti, mai zitti, come i pensieri di un animo fragile e sensibile.
Come quel gabbiano, un altro gabbiano, uno che volava senza sosta davanti ai monti viola, come se volesse completare il quadro, volava verso l'orizzonte e scomparì, come se anche lui, o lei, avesse completato la missione dell'essere liberi e volare in alto come il famoso gabbiano del comodino.
Come era facile vedere tutto ciò con gli occhi vivi, vedere gli attimi, gli attimi di un mondo che stava per scomparire per sempre.
Chi avrebbe ricordato tutto ciò al futuro?
Chi avrebbe ricordato l'esistenza degli attimi?
Chi avrebbe ricordato un prato, un gabbiano, un paesaggio?
Chi avrebbe ricordato tutto ciò che l'uomo sta distruggendo?
La natura è forte, ma l'anima di chi non ce l'ha ancora di più.
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