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#componimenti
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Nuova poesia
Disponibile alla pagina facebook “ci penso e poi mi esprimo” L’immagine è il frutto del componimento pubblicato.
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parolerandagie · 11 months
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Come la cipria, sulle rughe
così la nebbia, sulla città,
la mattina, a coprirne la tristezza.
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allecram-me · 4 months
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Prospettiva di notte, #46
Notti insonni si moltiplicano, di zanzare dentro e fuori le orecchie, la mia testa: senza la grazia di lasciarmi andare alla corrente del tempo cronologico, senza il coraggio di vivermi nella verità della luce del giorno.
Madri sognate si scontrano coi deliri di riparazione, c’è tempo e tempo, luogo e luogo, ciò che appropriato e ciò che è davvero, che reclama la vergogna. Disperata, io ancora non cedo, e mi faccio questo perché è chiaro che io sola posso, tutto, quindi quello che lascio è frutto di una scelta. Spietata, perché il sonno è compassione, è quel silenzio che non riesco mai a sentire, che assomiglia alla morte. Io, d’altro canto, non assomiglio alla mia vita, sto piuttosto in questa via di mezzo tra le notti in bianco e la tristezza della sveglia, quando è troppo tardi, il giorno dopo.
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pietro-balivo · 24 days
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Dò queste interpretazioni:
"Bruciai tutti i miei componimenti e con loro tutte le mie emozioni".
"Persi l'amore delle mie amate".
"Pensai di morire"
"Persi la fede"
"Persi la mia amata sorella".
Dopo la morte della sorella, si ruppe il cordone familiare e si rifece una vita. Era la sorella che lo teneva legato a sé.
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mucillo · 1 year
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Gli haiku sono antichi componimenti giapponesi. Brevi, semplici e in apparenza immediati, esprimono emozioni indicibili con grazia e potenza.
Come questo di Mizuta Masahide, un haiku dedicato al tema del cambiamento e che sfrutta l’immagine della luna per raccontare i nuovi inizi.
L’haiku di Mizuta Masahide
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Il tetto si è bruciato:
ora
posso vedere la luna.
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princessofmistake · 6 months
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e-nìg-ma Dal greco àinigma, derivato del verbo ainìssesthai parlare per enigmi, a sua volta da àinos racconto, favola. Questa parola è vertiginosa: ci descrive un mistero profondo, pieno di strette ambiguità, un rovello che impegna duramente l’intelletto. Ma il suo primo significato è più ameno di quanto il colore e l’uso consueto di questa parola non suggerisca; infatti, indica in primis l’indovinello. Non dobbiamo farci fuorviare dal fatto che ‘indovinello’ è un diminutivo, e ci pare subito qualcosa di simpatico. La storia di brevi componimenti poetici allusivi, che sfidano a scoprire il loro oggetto coperto, è molto antica e decisamente seria. Basti pensare alla figura mitica della Sfinge, che fuori Tebe proponeva i suoi enigmi ai viaggiatori, sbranandoli se non riuscivano a risolverli. Fra l’indovinello e la generica frase oscura il passo è breve: si può notare che il professore parla per enigmi, saggiando l’acume dei suoi studenti, nell’enigma del referto medico è nascosto il responso atteso con tanta apprensione, e la risposta enigmatica ci lascia nel dubbio. Ed è dall’oscurità di questi detti che oggi l’enigma prende il significato più generale di fatto inspiegabile, di mistero. Può essere un enigma la costruzione in fisica di una teoria unificata delle forze, può essere un enigma il comportamento indecifrabile di una persona, così come la dinamica di un delitto. Non a caso la celebre macchina crittografica usata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale fu chiamata proprio ‘Enigma’; con una vena di compiacimento, questo nome attinge all’immaginario millenario di uno sforzo mentale vano davanti alle fitte tenebre di un segreto - evidente ma impenetrabile. O quasi.
unaparolaalgiorno.it/significato/enigma
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sciatu · 1 year
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Nell’inizio del 1200 la Sicilia è un regno ricco e parte di un impero che andava da Tunisi fino alla Danimarca Palermo era una capitale potente in cui Federico II aveva instaurato una corte forte nelle armi ed evoluta nella cultura, una cultura che non era formata solo dalla quella araba arrivata con i conquistatori nord africani sconfitti dal conte Ruggero ed ora erano sudditi di Federico, e neanche quella provenzale o francese discesa con i Normanni e con le popolazioni lombarde e piemontesi che li avevano seguiti. Era una cultura somma di queste due culture apparentemente opposte ed arricchite da quella bizantina ed ebrea. La stessa lingua, che di quella cultura era la forza, era una lingua unione ed evoluzione di tutti i popoli dell’isola a cui i guerrieri normanni avevano concesso di vivere e di pregare secondo la loro origine. L’amministrazione del regno infatti teneva conto di tutte le diversità che lo costituivano. Così ad esempio, vi erano notai Arabi, notai Ebrei e notai Latini che certificavano e regolavano la vita amministrativa dei privati e dello stato. Tra questi, vi era anche il notaio Jacopo da Lentini, il cui nome appare non solo nel registro notarile dell’epoca, ma anche in importanti atti amministrativi del regno. Essendo parte della forza amministrativa del regno, notar Jacopo era coinvolto anche nella gestione militare ricoprendo l’incarico di comandante della fortezza di Mazzarino. Per questo motivo i suoi contatti con la corte erano assidui e continui. Federico, contrariamente a molti nobili europei, aveva avuto una educazione multiculturale, con insegnanti arabi e latini. Per questo parlava diverse lingue, scriveva libri sull’uccellagione, poesie e ballate che a quel tempo avevano una grande importanza. Le poesie potevano essere imparate facilmente da qualsiasi suddito che non avesse istruzione ed erano uno strumento per veicolare sia le grandi gesta dei cavalieri, che l’amore o la protesta del popolo, la sua rabbia o le sue istanze politiche. Le ballate guidavano le danze dando ritmo ed eleganza ai movimenti di uomini e donne accompagnati dai pochi strumenti musicali di allora. I menestrelli ed i giullari componevano poemi e ballate d’amore secondo la cultura d’origine e l’esperienza dei singoli, spesso in modo ripetitivo e volgare o erudito ed ironico a seconda dei gusti di chi li ospitava. Molti di questi componimenti si concentravano sulla donna, che per i menestrelli e poeti arabi era una conquista, una preda da mostrare o un premio per le battaglie fatte per conquistarla. Per i menestrelli provenzali la donna era una madonna, una nobile dama degna del cavalier che la serviva. Per i poeti siciliani e per Jacopo da Lentini in particolare, la donna è la perfezione che l’uomo non ha; la donna è chi può dare nello stesso tempo la vita e la morte, è la compagna senza di cui il Paradiso stesso non può essere tale. Versi assoluti non per l’amore fine a se stesso, ma per la donna che si ama, versi per un sentimento dominante giustificati dal fatto che per Jacopo la donna è quanto manca all’uomo per aver pace, armonia e la pura bellezza. Jacopo anticipa la Beatrice di quel Dante che considerava i poeti siciliani dei maestri nell’arte del poetare e dell’amare (tutto ciò che gli italiani fanno in poesia, si può dire siciliano). Jacopo è anche il lato oscuro dell’amore, nell’impossibilità di essere amato per quanto si ama, nel dolore che nasce dalla difficoltà di poter rivelare e mostrare quanto di immenso si prova. Il sentimento è una tempesta che nessuno vede, è una forza invisibile impalpabile che attrae come quella di una calamita e a cui nessuno può sottrarsi, è un destino che non arriva mai a compimento. Per poter meglio dire quello che prova Jacopo crea una nuova forma di poesia, rivoluzionaria per quel tempo: il sonetto. Il sonetto forse non è altro che una ballata minore che si apre e che racconta con due quartine di versi e giudica e riassume con due terzine di versi finali. Le rime, vicine ed immediate battono un tempo che la metrica incalza facendo diventare il tutto efficiente ed elegante. Dante, Petrarca avrebbero usato il sonetto con tocchi e forme celestiali, Shakespeare avrebbe fatto raggiungere al sonetto vette ineguagliabili, Trilussa lo avrebbe trasformato in uno ironico schiaffo alla sua società di allora a dimostrare la straordinarietà di un mezzo che ha affascinato e aiutato migliaia di poeti a creare il loro cammino poetico. Noi conosciamo le opere di Jacopo grazie alla traduzione che ne fecero i poeti toscani nell’ italiano della loro epoca. I versi di Jacopo erano però scritti nel siciliano della corte di Federico, un siciliano evoluto che nella traduzione in italiano perde forza e freschezza. Ad esempio, nel tradure i poemi siciliani, i poeti toscani hanno dovuto inventare la famosa “rima siciliana” una rima che in italiano non lo è ma che lo sarebbe stata se fosse stata scritta in siciliano. Malgrado questa limitazione, le poesie di Jacopo ci raccontano l’eleganza di un tempo e la modernità di un sentimento dove l’amore non è un ideale ma una persona, dove i propri sentimenti sono l’eco della vita e, nello stesso tempo, una forza che ci innalza e ci abbatte, ci salva, ci distrugge, ci domina e che non riusciamo mai a saziare per come vorremmo o dovremmo. Questo era Jacopo da Lentini, notaio, burocrate, castellano e poeta, ai tempi del grande Federico Stupor Mundi.
In the early 1200s Sicily was a rich kingdom and part of an empire that ranged from Tunis to Denmark. Palermo was a powerful capital in which Frederick II had established a court strong in arms and evolved in culture, a culture that was not formed only by the Arab culture which arrived with the North African conquerors defeated by Count Roger and were now subjects of Frederick, nor the Provençal or French descent with the Normans and with the Lombard and Piedmontese populations who had followed them. It was a sum culture of these two apparently opposite cultures and enriched by the Byzantine and Jewish one. The language itself, which was the strength of that culture, was a language of union and evolution of all the peoples of the island to whom the Norman warriors had allowed to live and pray according to their origins. In fact, the administration of the kingdom took into account all the differences that made it up. Thus, for example, there were Arab notaries, Jewish notaries and Latin notaries who certified and regulated the administrative life of individuals and the state. Among these, there was also the notary Jacopo da Lentini, whose name appears not only in the notarial register of the time, but also in important administrative deeds of the kingdom. Being part of the administrative force of the kingdom, notar Jacopo was also involved in military management, holding the position of commander of the fortress of Mazarin. For this reason his contacts with the court were assiduous and continuous. Federico, contrary to many European nobles, had had a multicultural education, with Arab and Latin teachers. For this he spoke several languages, wrote books on fowling, poems and ballads that were of great importance at that time. Poems could be easily learned by any subject who had no education and were a tool to convey both the great deeds of the knights, and the love or protest of the people, their anger or their political demands. The ballads led the dances giving rhythm and elegance to the movements of men and women accompanied by the few musical instruments of the time. The minstrels and jesters composed love poems and ballads according to the culture of origin and the experience of the individuals, often in a repetitive and vulgar or erudite and ironic way according to the tastes of their hosts. Many of these poems focused on the woman, who for Arab minstrels and poets was a conquest, a prey to be displayed or a prize for the battles waged to conquer her. For Provençal minstrels, the woman was a madonna, a noble lady worthy of the cavalier who served her. For Sicilian poets and for Jacopo da Lentini in particular, woman is the perfection that man does not have; the woman is who can give life and death at the same time, she is the companion without whom Paradise itself cannot be such. Absolute verses not for love as an end in itself, but for the woman who loves herself, verses for a dominant feeling justified by the fact that for Jacopo the woman is what she is missing from the man to have peace, harmony and pure beauty. Jacopo anticipates the Beatrice of that Dante who considered Sicilian poets masters in the art of poetry and love (everything that Italians do in poetry can be said to be Sicilian). Jacopo is also the dark side of love, in the impossibility of being loved as much as he loves himself, in the pain that arises from the difficulty of being able to reveal and show how immense one feels. Feeling is a storm that no one sees, it's an impalpable invisible force that attracts like a magnet and that no one can escape, it's a destiny that never comes to fruition. In order to better express what he feels, Jacopo creates a new form of poetry, revolutionary for that time: the sonnet. The sonnet is perhaps nothing more than a minor ballad that opens and tells with two quatrains of lines and judges and summarizes with two tercets of final lines. The rhymes, close and immediate, beat a tempo that the metric presses, making everything efficient and elegant. Dante, Petrarca would have used the sonnet with celestial touches and forms, Shakespeare would have made the sonnet reach unparalleled heights, Trilussa would have transformed it into an ironic slap on his society at the time to demonstrate the extraordinary nature of a medium that has fascinated and helped thousands of poets to create their own poetic path. We know Jacopo's works thanks to the translation that the Tuscan poets made of them into the Italian of their time. However, Jacopo's verses were written in the Sicilian of Federico's court, an evolved Sicilian that loses strength and freshness in the Italian translation. For example, in translating Sicilian poems, the Tuscan poets had to invent the famous "Sicilian rhyme", a rhyme that is not a rhyme in Italian but would have been if it had been written in Sicilian. Despite this limitation, Jacopo's poems tell us about the elegance of the past and the modernity of a feeling where love is not an ideal but a person, where one's feelings are the echo of life and, at the same time, a force that lifts us up and knocks us down, saves us, destroys us, dominates us and that we can never satiate as we would like or should. This was Jacopo da Lentini, notary, bureaucrat, castellan and poet, at the time of the great Federico Stupor Mundi.
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"Destrutturalismo" n.7, una rivista "contro"...
Alcuni miei componimenti poetici sono stati pubblicati sul n.7 della rivista “Destrutturalismo”: come descrive molto chiaramente il nome del quadrimestrale, compito principale della critica letteraria, e artistica in senso lato, oggi, è o dovrebbe essere quello di “destrutturare” certe convinzioni stilistiche e convenzioni accademiche tacitamente introiettate da autori e critici.…
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diceriadelluntore · 2 years
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Puntatori
Nel 1891, Sir Arthur Conan Doyle pubblica il primo dei 56 racconti con protagonisti Sherlock Holmes e John H. Watson. Il titolo è Uno scandalo in Boemia ed è, non solo a mio parere, una delle avventure più belle del detective londinese e del suo amico medico reduce di guerra. In particolare, questo racconto ha tre particolarità: la prima è che fu il primo, sulle pagine del The Strand, illustrato dalla matita elegante di Sidney Paget; la seconda, è che uno dei personaggi centrali è Irene Adler, cantante d’opera, avventuriera e amante dell’uomo che si presenta nello studio di Baker Street per chiedere aiuto, Wilhelm Gottsreich Sigismond von Ormstein, erede al trono di Boemia. La Adler finirà per raggirare il nostro eroe, tanto che il Dottor Watson senza malcelare la sua soddisfazione dirà che Holmes è “fallace di fronte all’arguzia di una donna”. Ma il terzo punto è quello che è davvero interessante: Holmes chiede a Watson di prendere notizie su questa Adler dal suo schedario, “un sistema di catalogare ogni trafiletto riguardante nomi e fatti notevoli, cosicché era difficile che venisse nominato qualcosa o qualcuno su cui Holmes non avesse qualcosa da aggiungere. Nel caso specifico trovai la biografia della signora infilata tra quella di un rabbino ebreo e quella di un comandante di stato maggiore, autore di una monografia sui pesci di mari profondi” (Sherlock Holmes, Tutti I Racconti, a cura di Luca Lamberti, Einaudi, 2011).
Holmes aveva uno schedario, che usava come un database, una sorta di indice in versione libera, che è uno dei punti più eccentrici che Dennis Duncan, professore di Inglese all’University College di Londra, racconta in questo splendido saggio, che è stato il mio compagno di viaggio nelle gite della settimana scorsa
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Duncan racconta la storia di una delle più grandi invenzioni della conoscenza: l’indice analitico. Infatti, prima dell’indice a noi più comune, cioè “l’elenco dei titoli che distinguono le varie parti in cui l’opera è suddivisa o dei titoli dei brani, dei componimenti poetici che vi sono raccolti, talora soltanto della numerazione progressiva dei capitoli, disposti nell’ordine di successione con indicata a lato la pagina in cui si trovano; può essere posto prima o dopo il testo” (voce Indice, Enciclopedia Treccani)”, e che sembrerà strano è pratica comune solo da un 150 anni in editoria, l’umanità culturale si è interrogata spesso sulla costruzione di un indice analitico, o sommario, cioè un elenco strutturato di parole o locuzioni, le voci, trattate o citate all'interno di un testo e corredate da uno o più indicatori, i puntatori, che rimandano alle parti di testo dove è menzionata la voce relativa. 
Tutto nasce, tra Storia e Leggenda, ad Alessandria, presso la maestosa Biblioteca del Mouseion, quando Callimaco di Cirene, che erroneamente ne è considerato bibliotecario (la storia è particolare, è probabile che non lo fu mai, si sa che fu Zenodoto di Efeso il bibliotecario storicamente attestato nel III secolo a.C.) si pose una domanda di fronte alla leggendaria ricchezza dei testi di quella biblioteca: tra quelle centinaia di opere, come era possibile trarre velocemente un’informazione? La sua soluzione furono i Pinakes, una sorta di prima opera bibliografica: pinax vuol dire tavola, in senso stretto le tavolette dove si scriveva, e l’opera di Callimaco, di cui non ci sono arrivati che frammenti da altre opere che la citano, doveva essere organizzata per genere di opere (retorica, legge, epica e tra cui il miscellaneo, dove si parla di plaukuntopoiika, che è l'arte di cucinare le focacce), disponendo gli autori in ordine alfabetico, da Alfa a Omega, aggiungendo piccole informazioni: il patronimico, il luogo di nascita, l’epiteto, la professione, dati biografici, spesso un elenco delle opere o un incipit. Questo fu il primo passo di una storia che passa per le corrispondenze medioevali, che aiutavano a cercare nella Bibbia i riferimenti per i sermoni e le prediche, ai numeri di pagina (la cui prima apparizione avviene solo nel 1470), alle dispute sull’uso dell’indice, visto come un’escamotage per non leggere davvero i libri, fino a cose sorprendenti, come l’uso satirico degli indici analitici, nel’700, per attaccare avversari accademici, politici e che fanno scoprire personaggi sconosciuti adesso come William King, che scriverà cose meravigliose attraverso indici satirici di altre opere di suoi contemporanei. E se la cosa può sembrare antica e melanconica, vi scrivo come inizia la pagina di Google che si intitola “In che modo la Ricerca Google organizza le informazioni”: È come l’indice alla fine del libro, con una voce per ogni parola visualizzata su ciascuna pagina web che indicizziamo. Quando indicizziamo una pagina web, la aggiungiamo alle voci per tutte le parole che contiene. Il mega indice del mondo moderno insomma. O di tutto quello che il mondo mette nel web.
Tra romanzi tutti giocati sull’indice (uno su tutti, il magnifico Fuoco Pallido di Nabokov), passando per monasteri innovativi del XIII secolo, fino a politici conservatori, scrittori narcisi e gli ebook, un viaggio straordinario su come, dice Duncan, “abbiamo imparato con fatica e ostinazione a rendere leggibile il grande e vitale caos di conoscenza che ogni giorno produciamo”.
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aitan · 10 months
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"Se avessi l'ingegno del Cervantes, io farei un libro per purgare, come egli la Spagna dall'imitazione de' cavalieri erranti, così io l'Italia, anzi il mondo incivilito, da un vizio che, avendo rispetto alla mansuetudine dei costumi presenti, e forse anche in ogni altro modo, non è meno crudele né meno barbaro di qualunque avanzo della ferocia de' tempi medii castigato dal Cervantes. Parlo del vizio di leggere o di recitare ad altri i componimenti propri: il quale, essendo antichissimo, pure nei secoli addietro fu una miseria tollerabile, perché rara; ma oggi, che il comporre è di tutti, e che la cosa più difficile è trovare uno che non sia autore, è divenuto un flagello, una calamità pubblica, e una nuova tribolazione della vita umana."
Giacomo Leopardi, Pensieri, XX
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michelangelob · 1 year
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Sol d’uno sguardo fui prigione e preda
Sol d’uno sguardo fui prigione e preda, così scrissi in uno dei miei componimenti poetici. Scriversi versi in fondo equivale a mettersi a nudo, a mostrare parti di sé che nemmeno si vorrebbero mettere sotto gli occhi degli altri. Tanto si è discusso e dibattuto sulle mie poesie, sulla loro interpretazione e ancor di più sulla questione della pubblicazione. Solo pochi miei contemporanei ebbero la…
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cipensoepoimiesprimo · 4 months
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Poesie 2.0
Componimento originale intitolato “Siamo in Grado” Dedicato alla perla del Nord Est e ai suoi cittadini. Di Alessandro Quagliozzi #cipensoepoimiesprimo #amicodigradoedeigradesi
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parolerandagie · 11 months
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Sole d'autunno:
un fallace belletto
su giorni freddi.
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ilguardianodelfaro · 2 years
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Grazie all’Anonimo che ha ritenuto degno di un compenso uno dei miei ultimi componimenti.
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mariaceciliacamozzi · 2 years
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Amore e poesia
Nel Paese del Sol levante, l'amore è tutt'ora pervaso dall'effimero e dalla vulnerabilità della vita. Infatti, nella cultura giapponese, sin dall'antichità non esistevano parole corrispondenti ad "amore", in senso sentimentale.
Nella tradizione giapponese chi si ama non ha l'abitudine di esternare il proprio affetto in modo così aperto, come è invece consuetudine in Europa.
Quando gli amanti, un po' timidi o riservati di carattere, si comunicano il proprio sentimento lo fanno in modi più sottili, per esempio scambiandosi poesie "waka", componimenti che seguono raffinate tecniche letterarie.
Natsume Sōseki (1867-1916), il romanziere nipponico più importante dell'epoca moderna dopo Murasaki Shikibu, che studiò letteratura inglese un paio d'anni a Londra, scrisse anche una trattazione su come tradurre "I love you" nella sua lingua madre e formulò una traduzione piuttosto originale, che poteva essere resa con "la Luna è bella, vero?". Questa particolare traduzione risuona ancora oggi nei cuori dei giapponesi, dato che se ne fa spesso uso nei social media.
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aki1975 · 1 month
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La città di Bergen (Briggen) ha un quartiere di case e fondachi cinquecenteschi costruiti da mercanti tedeschi provenienti dalla costa anseatica. Si tratta di un esempio di come al tempo il baricentro commerciale si stava spostando verso Nord con il conseguente declino di Venezia e dell’intera penisola.
La letteratura italiana è una letteratura in cui dominano i temi del rimpianto dal “Ahi serva Italia” dantesco fino alla delusione successiva all’Unità. Dopo le due guerre mondiali predomina poi l’inquietudine dell’uomo moderno verso la tecnica, l’imperialismo, il cinismo della società.
Di seguito alcuni esempi successivi alla Restaurazione.
1821 - Santorre di Santa Rosa guida i moti liberali che invocano la Costituzione. Il tricolore è issato alla Cittadella di Alessandria. Vittorio Emanuele I abdica in favore di Carlo Felice.
1831 - Carlo Alberto Re di Sardegna
Canti (Leopardi). I componimenti presentano un’evoluzione dai primi testi di stampo alfieriano e romantico agli Idilli, frutto della poetica dell’indefinito e di una filosofia schopenaueriana (Il mondo come volontà e rappresentazione è del 1819) in cui vi è il contrasto fra finito (il mondo) e l'infinito (il pensiero) restituito in forma poetica.
All'Italia
O patria mia, vedo le mura e gli archi / E le colonne e i simulacri e / l’erme / Torri degli avi nostri, / Ma la gloria non vedo, / Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi / I nostri padri antichi
Il passero solitario
D’in su la vetta della torre antica, / Passero solitario, alla campagna / Cantando vai finchè non more il giorno; / Ed erra l’armonia per questa valle. Primavera dintorno / Brilla nell’aria, e per li campi esulta, / Sì ch’a mirarla intenerisce il core. / Odi greggi belar, muggire armenti; / Gli altri augelli contenti, a gara insieme / Per lo libero ciel fan mille giri, / Pur festeggiando il lor tempo migliore:/ Tu pensoso in disparte il tutto miri; / Non compagni, non voli, / Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi; / Canti, e così trapassi / Dell’anno e di tua vita il più bel fiore. Oimè, quanto somiglia / Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, / Della novella età dolce famiglia,/ E te german di giovinezza, amore, / Sospiro acerbo de’ provetti giorni / Non curo, io non so come; anzi da loro / Quasi fuggo lontano; / Quasi romito, e strano / Al mio loco natio, / Passo del viver mio la primavera. / Questo giorno ch’omai cede alla sera, / Festeggiar si costuma al nostro borgo. / Odi per lo sereno un suon di squilla, / Odi spesso un tonar di ferree canne, / Che rimbomba lontan di villa in villa. / Tutta vestita a festa / La gioventù del loco / Lascia le case, e per le vie si spande; / E mira ed è mirata, e in cor s’allegra. / Io solitario in questa / Rimota parte alla campagna uscendo, / Ogni diletto e gioco / Indugio in altro tempo: e intanto il guardo / Steso nell’aria aprica / Mi fere il Sol che tra lontani monti, / Dopo il giorno sereno, / Cadendo si dilegua, e par che dica / Che la beata gioventù vien meno. Tu, solingo augellin, venuto a sera / Del viver che daranno a te le stelle, / Certo del tuo costume / Non ti dorrai; che di natura è frutto / Ogni vostra vaghezza. / A me, se di vecchiezza / La detestata soglia / Evitar non impetro, / Quando muti questi occhi all’altrui core, / E lor fia voto il mondo, e il dì futuro / Del dì presente più noioso e tetro, / Che parrà di tal voglia? / Che di quest’anni miei? che di me stesso? / Ahi pentirommi, e spesso, / Ma sconsolato, volgerommi indietro.
L'infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / E questa siepe, che da tanta parte / Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. / Ma sedendo e mirando, interminati / Spazi di là da quella, e sovrumani / Silenzi, e profondissima quiete / Io nel pensier mi fingo; ove per poco / Il cor non si spaura. E come il vento / Odo stormir tra queste piante, io quello / Infinito silenzio a questa voce / Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, / E le morte stagioni, e la presente / E viva, e il suon di lei. Così tra questa / Immensità s’annega il pensier mio: / E il naufragar m’è dolce in questo mare.
A Silvia
Silvia, rimembri ancora / Quel tempo della tua vita mortale, / Quando beltà splendea / Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, / E tu, lieta e pensosa, il limitare / Di gioventù salivi?
"il maggio odoroso"
"le sudate carte"
Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna, / In sul calar del sole, / Col suo fascio dell’erba; e reca in mano / Un mazzolin di rose e di viole, / Onde, siccome suole, / Ornare ella si appresta / Dimani, al dì di festa, il petto e il crine. / Siede con le vicine / Su la scala a filar la vecchierella, / Incontro là dove si perde il giorno; / E novellando vien del suo buon tempo, / Quando ai dì della festa ella si ornava, / Ed ancor sana e snella / Solea danzar la sera intra di quei / Ch’ebbe compagni dell’età più bella. / Già tutta l’aria imbruna, / Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre / Giù da’ colli e da’ tetti, / Al biancheggiar della recente luna. / Or la squilla dà segno / Della festa che viene; / Ed a quel suon diresti / Che il cor si riconforta. / I fanciulli gridando / Su la piazzuola in frotta, / E qua e là saltando, / Fanno un lieto romore: / E intanto riede alla sua parca mensa, / Fischiando, il zappatore, / E seco pensa al dì del suo riposo. Poi quando intorno è spenta ogni altra face, / E tutto l’altro tace, / Odi il martel picchiare, odi la sega / Del legnaiuol, che veglia / Nella chiusa bottega alla lucerna, / E s’affretta, e s’adopra / Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. Questo di sette è il più gradito giorno, / Pien di speme e di gioia: / Diman tristezza e noia / Recheran l’ore, ed al travaglio usato / Ciascuno in suo pensier farà ritorno. / Garzoncello scherzoso, / Cotesta età fiorita / E’ come un giorno d’allegrezza pieno, / Giorno chiaro, sereno, / Che precorre alla festa di tua vita. / Godi, fanciullo mio; stato soave, / Stagion lieta è cotesta. / Altro dirti non vo’; ma la tua festa / Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.
"Dolce e chiara è la notte senza vento" (La sera del dì di festa)
"natio borgo selvaggio" (Le ricordanze)
"le magnifiche sorti e progressive" (La ginestra)
"Passata è la tempesta: / Odo augelli far festa, e la gallina, / Tornata in su la via, / Che ripete il suo verso" (La quiete dopo la tempesta)
1840 - Promessi sposi (Manzoni). I personaggi del popolo non sono più ritratti in modo macchiettistico come in Goldoni, anche se ancora non emerge la dimensione tragica che connoterà il Verismo.
1848 - Prima guerra d’indipendenza e sconfitta, l’anno successivo, a Novara. Abdicazione a favore di Vittorio Emanuele II.
1852 - Cavour primo ministro
1853 - Scoppia la guerra di Crimea
1859 - Seconda guerra d’indipendenza. Battaglia di Solferino e San Martino. Armistizio di Villafranca
1860 - Spedizione dei Mille. Brixio seda una rivolta contadina a Bronte, origine del fenomeno del brigantaggio che perdurerà dopo l’Unità.
1861 - Unità d’Italia
1862 - Garibaldi ferito sull’Aspromonte
1864 - Strage di Torino per via dello spostamento della capitale a Firenze come promesso a Napoleone III
1866 - Terza guerra d’indipendenza
1867 - Nel tentativo di conquistare Roma, Garibaldi sconfitto a Mentana
1869 - la tassa sul macinato consente di raggiungere il pareggio di bilancio. Fosca (Tarchetti), romanzo della Scapigliatura milanese, movimento tardo-romantico che avverte la lontananza, anche generazionale, degli ideali risorgimentali.
1870 - Francia sconfitta a Sedan e presa di Roma. Ostilità della Chiesa nei confronti del Regno (non expedit)
1876 - Sinistra storica al governo con Depretis che governa grazie a pratiche clientelari e trasformiste e che supporta l’industria settentrionale.
1879 - Odi barbare (Carducci)
"I cipressi che a Bólgheri alti e schietti van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti" (Davanti San Guido)
1881
I Malavoglia, capolavoro del verismo italiano. La lettura dell’Italia post-unitaria compiuta dal verismo e dal suo atteggiamento di osservazione dei fatti come accadeva in Francia con Zola corre parallelamente al simbolismo (Pascoli) e al decadentismo (D’Annunzio) perché rappresentano la sfiducia contro la scienza. Altrove il realismo racconta la finis Austriae come in Philip Roth. Se Carducci è il cantore del Risorgimento e usa la metrica classica, Pascoli la disarticola e si ispira al ruolo anche sonoro ed evocativo della parola come Baudelaire e Rimbaud: da qui la poesia del Novecento. Mentre Zola indaga la società degli operai, Tolstoj l’aristocrazia moscovita (Anna Karenina), Verga si rivolge ancora al mondo dei pescatori e manca quella volontà di denuncia che in Francia è costituita dallo J’accuse, ma che contiene anche i semi decadenti del languore di Verlaine e dell’estetismo di Huysmans. Precursore dell'Esistenzialismo del '900 è invece Fedor Dostojevskij che rifiuta il capitalismo europeo e vede nel dolore la via per la salvezza. In Delitto e Castigo (1866), ad esempio, Raskolnikov vuole affermare la sua libertà assoluta uccidendo un'usuraia e sfidando la polizia, ma l'umanità delle persone che incontra fuggendo e l'amore di Sonja lo portano a redimersi e a costituirsi. Anche ne I fratelli Karamazov (1880), la leggenda del Grande Inquisitore mette in evidenza, con il bacio di Gesù al prelato spagnolo, quanto la risposta al cinismo per il quale l'umanità non ha bisogno di libertà non possa che essere l'amore.
“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo” (Anna Karenina, Tolstoj)
"L'uomo non può vivere senza inginocchiarsi davanti a qualcosa. Se l'uomo rifiuta Dio, si inginocchia davanti ad un idolo" (Delitto e castigo, Dostojevskij)
Malombra (Fogazzaro), romanzo non verista, ma lirico, impressionista e simbolista da cui traspare quella lettura evocativa del reale (le Corrispondenze di Baudelaire, il Battello ebbro di Rimbaud) e quel languore di Verlaine che sfoceranno nel Crepuscolarismo e nella sua visione demitizzante della poesia, anti dannunziana, ma anche nella poetica della memoria di Proust (“i veri paradisi sono quelli perduti”).
1882 - Triplice Alleanza siglata in funzione antifrancese. La “via prussiana” perseguita dall’Italia è anche frutto degli investimenti tedeschi nell’industria locale.
1885 - La conquista di Roma (Serao)
1886 - Cuore (De Amicis), opera che guarda manzonianamente al mondo degli umili, ma in modo solo caritatevole e bozzettistico.
1887 - Crispi primo ministro
1889 - Il piacere (D’Annunzio), opera principale del decadentismo italiano che altrove assume le forme di Des Esseintes in A Ritroso (Huysmans, 1884), Il ritratto di Dorian Gray (Wilde, 1890) e Il grande Gatsby (Scott Fitzgerland, 1925)
1893 - Scandalo della Banca Romana
1894 - I Viceré (De Roberto)
1895 - Piccolo mondo antico (Fogazzaro)
1896 - Sconfitta di Adua
1898 - Bava Beccaris, primo ministro Rudinì, seda una rivolta a Milano
1900 - L’anarchico Gaetano Bresci uccide Umberto I. Zanardelli primo ministro
1902 - La pioggia nel pineto (D’Annunzio)
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitìo che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode voce del mare. Or s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pèsca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alvèoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.
1903 - Vittorio Emanuele III nomina Giolitti primo ministro. I canti di Castelvecchio (Pascoli)
Oh! Valentino vestito di nuovo, / come le brocche dei biancospini!
1904 - Il fu Mattia Pascal (Pirandello). L’imprevisto rivela la frammentarietà dell’io, fra maschera e persona, e mette in luce il contrasto fra pubblico e privato.
1908 - Umorismo (Pirandello) che deriva dal sentimento del contrario e dalla volontà di raccontare i fatti interpretandone le ragioni non evidenti, sottolineando la differenza fra realtà e verità. È il concetto alla base del teatro di Pirandello (Così è se vi pare) come la frattura fra persone e personaggi: Maschere nude sarà il titolo di tutte le opere teatrali.
1909
Manifesto del futurismo (Marinetti)
I vecchi e i giovani (Pirandello) che racconta la disillusione degli ideali risorgimentali nella Sicilia dei fasci socialisti repressi dal governo Crispi nel 1894
1910 - Salvemini definisce Giolitti “ministro della malavita” mentre i nazionalisti di Corradini lo dichiara simbolo dell’Italietta imbelle. La violenza politica è sospinta dai pensieri di Nietzsche e Sorel, ma anche dall’ irrazionalismo antipositivista di autori come Papini e Prezzolini ai quali si oppone il pensiero borghese di Benedetto Croce. Lo stesso conflitto tra conservatori e rivoluzionari si troverà ne La montagna incantata di Mann (1924).
1911 - Invasione della Libia. Il Codice di Perelà (Palazzeschi)
1912 - Suffragio universale maschile. È l’avvento delle masse nella politica con una élite liberale incapace di guidarle mentre vige ancora il non expedit. Mussolini saprà incanalare il consenso sfruttando la paura di capitalisti e borghesi di fronte all’avanzare del socialismo dopo la tragedia della Prima guerra mondiale.
1913
Canti orfici (Campana), forse l’unica poeta maudit italiano
Canne al vento (Deledda). Come Dostojevski che rifiuta il razionalismo illuminista e riconosce il “sottosuolo” in cui si tormenta l’uomo , si ha l’innesto su temi veristi di sensibilità quasi religiose che affrontano la fragilità umana e il senso della colpa. È il tempo della crisi della società borghese: l’incapacità di gestire i problemi sociali e di offrire una risposta alle problematiche individuali, avendo disgregato la società precedente, apre la vita ai grandi autori del declino. Kafka affianca un racconto minuzioso del reale alle sue inquietudini nascoste, Mann ne i Buddenbrook o in La morte a Venezia quasi raffigura questa epoca e si dimostra affascinato dal mito irrazionale della gioventù anche se poi leverà la propria voce contro il nazismo.
1914 - Canti orfici (Campana)
1919 - Occupazione di Fiume
Allegria di naufragi (Ungaretti) in cui prevale la poetica simbolista della parola, contro la retorica dannunziana, contro la semplice rivoluzione futuristica della metrica. In quell'anno Paul Valery pubblica la "Crisi del pensiero" che sottolinea come la guerra abbia spazzato via le istanze delle avanguardie sulla stessa linea di Pensiero del poeta russo Majakovskij.
Si sta come / d'autunno / sugli alberi / le foglie (Soldati)
Tra un fiore colto e l’altro donato / l’inesprimibile nulla (L'eterno)
Di queste case / non è rimasto che qualche brandello di muro / Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto / Ma nel cuore nessuna croce manca / È il mio cuore il paese più straziato (San Martino del Carso)
1921 - Nascita del Partito comunista. Canzoniere (Saba)
1922 - Marcia su Roma. L'Enrico IV (Pirandello) spiega la differenza fra la comicità derivante dall'avvertimento del contrario (il protagonista che crede di essere l'imperatore Enrico IV) e il pensiero dal sentimento del contrario: da tale confronto anche il dissidio fra maschera e persona.
1923 - La coscienza di Zeno (Svevo). Come nel modernismo di Joyce (Ulysses è del 1922), di Proust (La ricerca del tempo perduto è pubblicata fra il 1920 e il 1927) e di Schnitzler (Doppio Sogno, 1925), il racconto non è fatto da un narratore onnisciente, ma la realtà è determinata dalla psicologia dei personaggi che, dall’inettitudine nei confronti della vita, maturano una coscienza. Incalzata dal cinema, la letteratura fra scomparire l’azione ed emergere il monologo interiore, il flusso di coscienza.
1924 - Omicidio di Matteotti
1925
Manifesto degli intellettuali fascisti (Gentile) e antifascisti (Croce)
Ossi di seppia (Montale) in cui si riprende la lezione simbolista nella tecnica del correlativo oggettivo, ideata da T.S. Elliot, ove le sensazioni possono essere espresse solo dalle cose: ne emerge una poesia metafisica come nella poetica di De Chirico
Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto / presso un rovente muro d'orto, / ascoltare tra i pruni e gli sterpi / schiocchi di merli, frusci di serpi.
E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Non chiederci la parola
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato / l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco / lo dichiari e risplenda come un croco / Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirtisì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Spesso il male di vivere ho incontrato
Spesso il male di vivere ho incontrato: / era il rivo strozzato che gorgoglia, / era l’incartocciarsi della foglia / riarsa, era il cavallo stramazzato. / Bene non seppi, fuori del prodigio / che schiude la divina Indifferenza: / era la statua nella sonnolenza / del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
1929 - Gli indifferenti (Moravia) a sfatare i luoghi comuni sulla borghesia italiana rivelandone il cinismo e le miserie contro al moralismo fascista del tempo.
1933 - Fontamara (Silone) pubblicato in Svizzera
1938 - Anschluss. Trattato di Monaco. Leggi razziali in Italia. Un anno sull’altopiano (Lussu)
1939 - Patto Molotov - Ribbentrop. Invasione della Polonia, dei Paesi Bassi e della Francia
1940
L’Italia entra in guerra venendo sconfitta in Africa e in Albania
Il deserto dei Tartari (Buzzati), esempio di realismo simbolico
1941 - Attacco di Pearl Harbour. Conversazione in Sicilia (Vittorini)
1942 - Montgomery sconfigge Rommel e la Folgore ad El Alamein. Ed è subito sera (Quasimodo)
E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze / sull’erba dura di ghiaccio, al lamento / d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo? / Alle fronde dei salici, per voto, / anche le nostre cetre erano appese, / oscillavano lievi al triste vento
1943
Battaglia di Stalingrado e ritirata di Russia. Sbarco alleato in Italia. Caduta di Mussolini che poi, liberato dai tedeschi, fonda la Repubblica di Salò. Badoglio firma l’armistizio. Bonomi primo ministro
Cristo si è fermato ad Eboli (Carlo Levi) in cui il neorealismo riprende la volontà verista di raccontare le vite dei più umili anche con un atteggiamento di denuncia.
1944 - Battaglia di Cassino
1945 - Fucilazione di Mussolini. Uomini e no (Vittorini), primo romanzo neorealista sulla lotta partigiana dopo la retorica fascista.
1947 - Se questo è un uomo (Levi). Dialoghi con Leucò (Pavese), esempio di realismo simbolico
1949
La bella estate (Pavese). In opposizione all’ermetismo, Pavese usa la “poesia racconto” come Whitman e Rilke.
L’Agnese va a morire (Renata Viganò)
1951 - Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (Pavese)
"E Cesare perduto nella pioggia / Sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina" (Alice, De Gregori)
1952 - Il visconte dimezzato (Calvino) in cui ad una narrazione puntuale si accosta la dimensione fiabesca: è il realismo simbolico. Della trilogia “I nostri antenati” seguono Il barone rampante e Il cavaliere inesistente di cui vi è solo l’armatura.
1953 - Il sergente nella neve (Rigoni Stern)
1957 - Quer pasticciaccio brutto di via Merulana (Gadda) con una lingua sperimentale e barocca che imita la complessità della vita
1958 - Il Gattopardo (Tomasi di Lampedusa)
1961 - Il giorno della civetta (Sciascia) dall’umorismo di tipo pirandelliano
1962 - Il giardino dei Finzi-Contini (Bassani) sulle leggi razziali in Italia
1963 - Centomila gavette di ghiaccio (Bedeschi)
1968 - pubblicato postumo, Il partigiano Johnny (Fenoglio) in cui emerge l’influenza crescente della letteratura americana (Faulkner, Steinbeck, Dos Passos, Hemingway) in Italia e l’uso dell’inglese dopo anni della retorica di Strapaese.
1979 - Se una notte d’inverno un viaggiatore (Calvino) in cui due lettori non riescono a continuare a leggere il libro che hanno iniziato e finiranno per sposarsi. Esempio di metanarrativa.
1980 - Il nome della rosa (Eco)
1985 - Rinascimento privato (Bellonci)
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