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#dettaglio dell’opera
arteeofficial · 9 months
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Il simbolo del viaggio spirituale
Appuntamento con l’arte n 223 Il labirinto è simbolo della custodia dei segreti del cuore e del riserbo e quindi dell’affidabilità del gentiluomo. Simbolo del viaggio spirituale che porta alla meta dopo varie difficoltà. Simbolo del pellegrinaggio e del percorso iniziatico. Il labirinto è il simbolo di un complesso sistema di difesa a carattere iniziatico, posto a guardia di un luogo sacro o di…
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cinefiloatratti · 2 years
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Nel leggere un pensiero sulla fortuna di avere accanto qualcuno che ti consiglia cose interessanti, mi é capitato di riflettere su quanto io provi piacere nel condividere ciò che mi appassiona. Questa sensazione trovo sia difficilmente descrivibile. La soddisfazione nell’osservare silenziosamente le persone reagire in modi simili o diversi ai miei, la gioia di poter discutere nel dettaglio delle emozioni e dei pensieri emersi durante la visione dell’opera. Sento come se quel film, quel libro, quel contenuto lo avessi realizzato io. Alla fine credo che questa sia una tra le più autentiche forme di comunicazione che l’uomo può adottare. Quando non sono tanto le parole ad esprimere ciò che uno vive nell’animo, ma il sentire, che viene trasmesso tramite racconti, immagini, suoni… é proprio lì che si trova la comprensione a mio avviso
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patti-campani · 11 years
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Accrochage
“Il problema della nostra epoca è che è tutta piena di cartelli e priva di destinazioni”  questo l’appunto trovato a bordo pagina di quaderno e, come spesso mi succede, senza autore o riferimenti: fiducia in una memoria che è da tempo vagabonda. La cosa particolare è che alcuni giorni fa, in tempi perfetti per questo progetto, un’amica me l'ha suggerito involontariamente inviandomi un link che riportava la citazione completa di autore… coincidenze. Ma tant’è.  A ben vedere però  farei una piccola, ma significativa, variante al testo di Kronenberger e direi piuttosto che “Il problema della nostra epoca è che è tutta piena di cartelli che indicano destinazioni”.  Personalmente preferisco gli indizi alle indicazioni: quanto poco spazio resta altrimenti  all’attenzione, all’intuito e alla scoperta se si segue una traccia  certa. Meglio perdersi un poco lungo il percorso. Del resto  Walser, amato maestro dell’eterno vagabondare nella natura così come nella vita e nell’arte, mi ha insegnato, senza mai deludermi, che in  “… un’avventura nomade, dissociata e abbandonata agli incontri più incongrui, casuali e sorprendenti,  si abbraccia ogni particolare del circostante e insieme lo si osserva da una invalicabile distanza … “
E questo pensiero mi ha condotta attraverso Accrochage: non volevo dare o avere  indicazioni,  passare un filo di lettura orientato, ma piuttosto mischiare le carte e dare l’opportunità ad autori diversi tra loro per ricerca ed espressione, di convivere, di confrontarsi e di unirsi in imprevisti incontri. Del resto questo è il tempo o il modo  delle espressioni contemporanee, mutanti e aperte, nel quale  i confini tra i vari linguaggi sono sempre più labili, difficili da definire  e capire, perché si trasformano in continuazione. Accrochage, quindi, un bisticcio o schermaglia, un confronto di lingue, pensieri e poetiche, che rappresenta nel suo insieme una parte dell’espressione artistica attuale, acuta e presente a dispetto di alcuni vuoti propositivi che ci circondano.
Difficile costruire i limiti di una mostra  con l’intenzione di non volerla improntare seguendo un tema specifico. Come definire un limite  del campo  all’interno del quale poter rappresentare l’ordine o il disordine del senso del discorso? Ho scelto  di dare un ruolo fondamentale all’insieme cercando di evitare di racchiudere le opere di ogni  artista in una situazione di definizione ed invitando artisti in grado di attraversare liberamente ogni contesto espressivo, abbattere generi di appartenenza o correnti e  creare una sorta di rebus nel quale poter rintracciare  una soluzione, possibile solo tenendo conto dell’ insieme. 
Ho chiesto espressamente agli artisti invitati di partecipare con più lavori e  su un formato contenuto per poter realizzare  un’onda multiforme di immagini che andasse ad invadere in maniera serrata lo spazio, li ho invitati a   lasciare andare un’ immediata leggibilità personale per puntare sulla forza di una coralità a più voci.
Un’opera unica, quindi, ad occupare i limiti fisici del locale in una proposizione senza soluzione di continuità tra un autore e l’altro, tra una tecnica e  l’altra. Più di sessanta artistia rappresentare pittura, fotografia, grafica, illustrazione, installazione, video, mail art e quanto nasce dalla contaminazione dei singoli ambiti.
Un flusso continuo che  contenga , spavaldo,  dissonanze e armonie di questa modalità nomade e inquieta . E da questo flusso bisogna lasciarsi assorbire, prestargli attenzione, dare senso e presenza ad ogni singolo passaggio ad ogni frame che lo compone. Del resto le relazioni e le intersezioni si possono strutturare solo attraverso il dettaglio o il frammento, appunto. E qui naturalmente si entra nel merito dei singoli lavori, dell’opera nella sua unicità, nel filo armonico della poetica di ogni singolo artista che possiamo riconoscere e rintracciare, come una  voce amata, all’interno del coro di commistioni di segni e linguaggi.
La partecipazione così numerosa rende impossibile dedicarmi con parole ad ogni singola presenza senza cadere in una sintesi parziale  e vaga; solo la visione accurata delle  opere stesse  può accompagnarci in questa conoscenza. E se l’incessante bombardamento di immagini e di informazioni spesso portano la vista  ed insieme il pensiero ad essere distratti e superficiali, qui, forse, le dissonanze possono esserci d’aiuto: farci  da inciampo per condurci a rallentare il movimento e salvarci dal battere il naso contro la disattenzione.
Patti Campani,  maggio 2013
ACCROCHAGE   un progetto a cura di Patti Campani
Partecipano:
Claudio Alba, Marco Ara, Aseret Marille, Giampaolo Atzeni, Angelo Barile, Pietruccia Bassu, Lancillotto Bellini, Mauro Bellucci, Davide Bonazzi, Barbara Bonfilio, Carmine Calvanese, Silvia Camagni, Totò Cariello, Daniele Carnovale, Luna Cesari, Daniele Contavalli, Corti Manuela, Michele D’Agostino, Laura della Gatta, Federica De Ruvo, Luca Di Martino, Fernando Di Nucci, Roberta Fanti, Fathi Hassan, Massimo Festi, Roberta Filippelli, Maria Grazia Galatà,  Alberto Gallingani, Marina Gasparini, Anna Girolomini, Vittorio Gui, Piotr Hanzelewicz, Holly Demetra Heuser, Gabriele Lamberti, Marco Lavagetto, Paolo Maggi, Bruno Mangiaterra, Luigi Mastrangelo, Viviana Mauriello, Antonella Mazzoni, Gianfranco Milanesi, Mauro Molle, Monalisa Tina, Daniela Montanari, Sabrina Muzi, Emilio Nanni, Nieddu Gianni, Marilena Pasini, Simone Ponzi, Loredana Raciti, Nicola Rotiroti, Mauro Sambo, Gianfranco Sergio, Mike Michele Sigurtà, Gabriele Talarico, Elettra Tam Vania, Danilo Vaiz, Vittorio Valente, Samantha Vichi, Stefano Scheda, Sozzi Valentina, Xel, Roberto Zizzo
Opening: sabato 8 giugno dalle 19 alle 23
Fiorile+spazioUN1CO, via baruzzi 1\2 Bologna
8 - 18 giugno
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francolancio · 6 months
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Il 22 marzo 2024 sarà presentato, presso la Feltrinelli di Napoli, il volume Il viaggio di Pulcinella sulla luna, uscito per i tipi della Giannini editore e per cui ho curato la grafica.
Il Viaggio di Pulcinella sulla Luna è una suite in sei parti per una o due voci recitanti e pianoforte. E’ una fiaba allegorica musicale di Gian Paolo Vitelli e Riccardo Zinna. La realizzazione del libro ha avuto un percorso lungo e ‘faticato’ come richiedono tutte le opere dense. Gian Paolo ha composto le musiche dell’opera suggestionato da alcune immagini dell'ottocento di Pulcinella, che tenta la fuga sulla luna, ha poi chiesto a Riccardo, attore di prim’ordine, e suo amico soprattutto, di completarla con un testo teatrale. Riccardo che, purtroppo non ho avuto il privilegio di conoscere, stava già combattendo con un male incurabile e di lì a poco sarebbe venuto a mancare. Questo suo scritto rappresenta, di fatto, il suo testamento artistico. E’ una favola contro le guerre e concepita in altri tempi si rivela di bruciante attualità.
Riccardo era anche un pittore di talento ed per questo che all’interno del libro ho scelto di inserire immagini dei suoi dipinti. Come tanti Pulcinella senza maschera, il dettaglio dei volti separa le varie sezione dell’opera. All'inizio di questo lavoro, ho avuto l’opportunità di visitare l’atelier di Riccardo e mi hanno colpito dei vetri che lui aveva oscurato con una tinta blu, un ‘paesaggio lunare’, che non potevo non utilizzare.
Il libro è un progetto complesso che contiene i testi che spiegano la genesi dell'opera, i testi critici, il testo dell’opera in napoletano e le sue ‘traduzioni’ in italiano e in inglese, la partitura musicale, i quadri di Riccardo e un cd per l’ascolto dell’esecuzione al piano di Gian Paolo e la voce recitante di Riccardo.
Gian Paolo è pianista e architetto e la mia collaborazione a questo suo lavoro è un modo per aiutarlo a dirimere questa sua duplice natura. Già in altra occasione avevamo collaborato insieme. Alla mia mostra delle 16 Clarisse al Castello Aragonese di Ischia, Gian Paolo aveva realizzato l’allestimento sonoro che completava l’opera.    
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decorverona · 8 months
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Interventi di ristrutturazione edilizia
Hai mai sentito parlare dell’isolamento termoacustico realizzato grazie alla posa di pannelli termoisolanti? Uno degli interventi di ristrutturazione edilizia che l’azienda DecorVerona.it Ristrutturazioni chiavi in mano di Verona ti proporrà è proprio l’installazione di un cappotto interno.
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giancarlonicoli · 9 months
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15 dic 2023 12:09
SGARBI E LA TELA CHE SCOTTA – VITTORIO SGARBI È PROPRIETARIO DI UN QUADRO DEL SEICENTO DI RUTILIO MANETTI, ESPOSTO PER LA PRIMA VOLTA NEL 2021 IN UNA MOSTRA, CHE SEMBRA IDENTICO A UN'OPERA RUBATA NEL 2013 IN UN CASTELLO DI PINEROLO. TRANNE CHE PER UN PARTICOLARE, UNA CANDELA IN PIÙ – PIÙ VOLTE, PRIMA CHE IL DIPINTO SPARISSE, UN FEDELISSIMO DEL CRITICO D'URTO CERCO’ DI ACQUISTARLO DALL'ANZIANA PROPRIETARIA – IL PARERE DEL RESTAURATORE: “SONO SICURO, SI TRATTA DELLO STESSO QUADRO” – L’INCHIESTA DEL “FATTO” REALIZZATA INSIEME A “REPORT” – VIDEO
Sgarbi possiede un Manetti, contenuto nella banca dati del Nucleo di Tutela dei Beni culturali dei Carabinieri e che risulta rubato. Con il Fatto Quotidiano, #Report ricostruisce la storia dell'opera che Sgarbi sostiene di aver rinvenuto per puro caso. Domenica, 20.55 su #Rai3 pic.twitter.com/AXz0dWiKWS — Report (@reportrai3) December 15, 2023
Estratto dell’articolo di Thomas Mackinson per “il Fatto quotidiano”
Una preziosa tela del sottosegretario Sgarbi risulta rubata. Due anni fa, Vittorio Sgarbi inaugurava a Lucca la mostra “I pittori della luce”. Il pezzo forte era un “inedito” di Rutilio Manetti, un dipinto caravaggesco del ‘600 che vale diverse centinaia di migliaia di euro. Il Fatto Quotidiano sco però che tanto inedito non è: quella Cattura di San Pietro si ritrova infatti tra le foto della banca dati dell’Interpol e risulta rubata.
Fino al 2013 si trovava in un castello di Buriasco, non lontano da Pinerolo, di proprietà di un’anziana signora, Margherita Buzio. Sgarbi è stato lì più volte. È un suo fedelissimo, Paolo Bocedi, che si propone per comprarlo: la signora rifiuta. Poche settimane dopo, scopre che dei ladri si sono introdotti nel castello e hanno ritagliato e asportato la tela del Manetti. Al suo posto, trova una foto dell’opera attaccata con una spillatrice.
La vittima denuncia il furto, avanza anche dei sospetti, ma il fascicolo viene subito archiviato dall’allora procura di Pinerolo. Passano dieci anni, e la tela rispunta restaurata a Lucca, ma con un dettaglio diverso: una torcia sul fondale che nella foto dell’Anticrimine non c’è.
Il restauratore di Sgarbi, però, è sicuro: “Il quadro è quello, me lo portò un amico di Vittorio insieme a un trasportatore, arrotolato come un tappeto”. Interpellato sul punto, il sottosegretario sosterrà che è suo: comprò una villa di campagna a Viterbo e ci trovò dentro un Manetti. “Uno ha la candela e l’altro no, sono diversi”, dice al Fatto senza riuscire a spiegare la coincidenza per cui proprio pochi mesi dopo il furto la “sua” versione si trovasse sul tavolo del suo restauratore di fiducia. Ma a smentirlo sono anche gli ex proprietari della villa e le troppe falle del testo curatoriale.
La candela-fantasma è solo l’ultimo enigma di una vicenda clamorosa che il Fatto e Report sono riusciti a ricostruire grazie a un’inchiesta congiunta che sarà trasmessa domenica prossima e che ha attirato l’interesse degli inquirenti. […]
Tutto parte da Brescia, dove incontriamo Gianfranco Mingardi, restauratore di 68 anni che fin dagli anni Ottanta collabora con il critico-collezionista. Per lui ha messo mano a oltre 100 dipinti, molti dei quali mai pagati, compreso quello espostoa Lucca.
La sua è una testimonianza chiave, tanto che dopo l’intervista è stato sentito per ore dai carabinieri del Nucleo tutela dei Beni culturali di Roma come persona informata dei fatti. “Nella primavera del 2013 mi chiama Vittorio – racconta –Timando un dipinto da mettere a posto, dice”.
Gli verrà consegnato a metà luglio 2013 all’uscita dell’autostrada A4, appena fuori dal casello di Rovato, “senza telaio, arrotolato come un tappeto” aggiunge, mostrando le foto che fece prima di metterci mano e dopo aver terminato il lavoro. Precisa che Sgarbi venne anche di persona nel suo studio per sollecitarlo. La scheda degli interventi eseguiti riporta “prima pulitura, inserti, velinatura, telaio”.
“Mi resi conto che quella tela scottava, gli chiesi allora un’attestazione di proprietà. Disse che me l’avrebbe mandata ma non lo fece, e quando protestai mi disse di star tranquillo, che tanto poteva raccontare che stava a villa Maidalchina, quella poi indicata nella mostra. Gliela restituii finita il 10 dicembre 2018”.
Mingardi racconta anche che a consegnargli il dipinto furono un trasportatore con furgone accompagnato in moto da Paolo Bocedi, un grande amico di Sgarbi. Per i lombardi è un nome noto: saronnese, dal ’74 passa come “uno dei primi imprenditori in Lombardia a ribellarsi alla mafia” e ancora oggi vive con una tutela di primo livello.
[…] L’amicizia con Sgarbi risale alla fine degli anni Novanta, gli fa da assistente, da autista. Nel 2003 fa notizia un’accusa di truffa allo Stato: dovendo ritirare a Genova una Fiat Panda destinata al sottosegretario Sgarbi, esce con quella del Procuratore capo. “Era tutto un equivoco”, chiarì poi l’avvocato Paolo Cicconi, che è anche l’avvocato di Sgarbi.
Il suo nome finisce nell’indagine su presunti falsi venduti su Telemarket di Giorgio Corbelli, l’ex presidente del Napoli che nel 2004 si candidò alle Europee nella lista Sgarbi liberal Pri. Sgarbi fece da consulente per la difesa che gli valse l’assoluzione.
[…]  Del quadro che ha restaurato, Mingardi non sa più nulla fino alla mostra del 2021, quando una funzionaria della sovrintendenza lo chiama da Lucca: “Gianfranco, è quello che hai sistemato tu?”. Gli manda la foto, a lui sembra proprio quello.
“Sono sicuro, è lo stesso dipinto e si vede anche dalle imperfezioni come le gocciolature, un bravo copista mai le avrebbe riprodotte”. E lo sa perché l’ha tenuto nel suo laboratorio per ben cinque anni, lo conosce palmo a palmo. Salvo per un dettaglio, la candela in alto a sinistra. “Sono certo che non c’era ”dice al Fatto scuotendo la testa, convinto che sia stata dipinta (o fatta riemergere) con l’intento di differenziarlo il tanto che basta da poter dire “vedete che è diverso, non è quello rubato!”.
In effetti nella foto allegata alla scheda dell’Interpol quella candela non c’è, e pure le misure del dipinto sono diverse: 247 cm per 220, mentre la scheda del restauratore riporta 230x205 e quella dell’opera esposta da Sgarbi a Lucca 233 cm per 204. Il dipinto, insomma, si è rimpicciolito di 15 cm per lato. “Per forza, è stato tagliato all’interno della cornice, con un taglierino!”, dice Mingardi sollevando in aria le foto.
Spiega anche che asportandola a quel modo, la preziosa tela è stata danneggiata, strappata.
[…] Tra vero e verosimile spuntano altre differenze. La scheda della mostra firmata da Sgarbi e accreditata dal professor Marco Ciampolini, esimio conoscitore del Manetti e della pittura senese, indica una provenienza certa. “Stava nella villa Maidalchina di Olimpia Pamphilij vicino a Viterbo, ora proprietà della Fondazione Cavallini Sgarbi, eretta tra 1615 e 1625. Il dipinto è ricordato, genericamente fra altri quadri, nell’in ventario dell’11 ottobre 1649, redatto dal notaio Cosimo Pennacchi, deibeni di Andrea Maidalchini, fratello di Olimpia.
Le opere d’arte, fra le quali il celebre Busto di Innocenzo X di Alessandro Algardi, passarono poi a Giulio Bussi e ai conti Gentili”. “Viene da Villa Maildalchina”, ripete Sgarbi anche alle telecamere di Report, sostenendo ancora di aver comprato la villa e averci trovato dentro un Manetti. Ma quel testo curatoriale sembra un castello in aria.
 “La mia famiglia tenne la villa per 20-25 anni – racconta l’ex proprietario Luigi Achilli – nel 2000 la vendemmo agli Sgarbi ed era già un rudere abbandonato, tutto aperto, non c’era neppure un cancello o una recinzione. Era alla mercé di tutti”. E così è oggi, ci siamo stati senza riuscire a raggiungerla per gli sterpi. […]
E allora, da dove spunta questo “inedito”? I carabinieri del Nucleo tutela Patrimonio culturale di Roma individuano nella loro banca dati il corrispettivo della scheda dell ’Anticrimine europea. È una denuncia per furto sporta al comando dei carabinieri di Vigone, non lontano da Pinerolo, ed è datata 14 febbraio 2013.
Alla denuncia corrisponde un fascicolo contro ignoti aperto dalla Procura di Pinerolo ma archiviato dopo una settimana.
Girandola di telefonate e salta fuori la denunciante. È la nostra signora Margherita Buzio, 85 anni, che vive in una bella villetta di Bugliasco con annesso un castello del 1300. È la vedova del proprietario dell’im mobile che fino al 2008 aveva un rinomato ristorante. La signora Buzio, diffidente, parla dalle inferriate. Le mostriamo la foto della Cattura di San Pietro: “Sì, è quella”, dice.
Conferma di essere stata proprio lei, ormai dieci anni fa, a firmare la denuncia per furto. “Hanno tagliato la tela, l’anno arrotolata e l’hanno portata via”, racconta specificando che al Castello c’erano diversi quadri, ma “l’unico rubato è quello”. Vintala diffidenza, la signora apre le porte del castello. Mentre si avvicina, racconta l’epoca d’oro: “Anche Sgarbi era venuto qui a presentare il suo libro, io non c’ero ma c’era il gestore. Li ha visti lui questi quadri, li aveva anche valutati tutti, tranne questo”.
E che fine ha fatto? “Ai primi di febbraio del 2013 i ladri sono entrati di notte, indisturbati. Avevamo chiuso da pochi mesi, aveva nevicato e per terra c’erano le tracce. Hanno scavalcato il muro, superato il fossato e rotto la catena del cancello”. […] C’è ancora la grande cornice del ’600, ma al posto del dipinto c’è una foto stampata su telo di plastica e attaccata con delle graffette.
 “Era troppo pesante per portarlo via così e l’hanno tagliato, sostituendolo pensavano che non me ne sarei accorta”, dice la signora Buzio, mentre dal telaio spunta ancora un lembo dell’originale strappato. Signora, sospetti? “Erano venuti tre signori, uno diceva che gli interessava il Castello e un altro voleva sapere se il quadro era in vendita. Due volte son venuti per comprarlo, ma ho sempre detto di no e poi non ho visto più nessuno”. Neppure lei sapeva il reale valore dell’opera “mi avevano detto 25 mila euro”.
Recuperata la denuncia dell’epoca, il nome di Sgarbi, insospettabile, non c’è. Ma ecco il colpo di scena che lo inchioda a questa storia, insieme a Bocedi, l’amico e fidatissimo paladino contro l’usura. “Preciso – si legge in coda alla deposizione della signora –che il sig. Boce di Paolo, in occasione delle sue visite, notando il quadro, mi chiedeva se era in vendita, gli rispondevo che lo avrei ceduto solo assieme al Castello”. Il suo dipinto riapparirà, magicamente, alla mostra di Sgarbi 10 anni dopo. Ma con la candela che non c’era e come “inedito” di sua proprietà.
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano: apre al pubblico la mostra "XHIXHA. La Reggia allo specchio"
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Milano: apre al pubblico la mostra "XHIXHA. La Reggia allo specchio". Dal 1 luglio, fino a domenica 3 settembre, Palazzo Reale presenta la mostra “XHIXHA. La reggia allo specchio”, un nuovo progetto espositivo dell’artista Helidon Xhixha (Durazzo, 1970). L’esposizione, promossa da Comune di Milano - Cultura, prodotta da Palazzo Reale con lo studio Helidon Xhixha e curata da Michele Bonuomo, traccia un itinerario in cinque tappe che attraversa gli spazi della reggia milanese, accompagnando il visitatore dallo Scalone d’Onore progettato dal Piermarini alle sontuose Sale storiche, oggetto di recente restauro. La pratica artistica di Helidon Xhixha si radica nello studio approfondito delle proprietà dell’acciaio inox e nel suo utilizzo come materia fondante per la realizzazione di monumentali installazioni scultoree. Rifacendosi all’antica concezione dello specchio come passaggio verso un universo altro e del riflesso come l’illusione per eccellenza, l’artista realizza paesaggi astratti enigmatici, composti di forme geometriche ed essenziali. I cubi, i cilindri, i parallelepipedi e le sfere che compongono il vocabolario visivo di Helidon Xhixha sono lavorati in modo da moltiplicarne le superfici riflettenti, realizzando un’impressione di dinamismo e catturando le immagini che circondano l’opera, dalle architetture degli ambienti alle persone. In mostra a Palazzo Reale una selezione di cinque installazioni, concepite appositamente per intercettare e amplificare gli elementi architettonici degli ambienti storici in cui sono esposte. Il percorso espositivo ha inizio con l’opera “Roccia del Mediterraneo” (2019) che accoglie il visitatore dallo Scalone d’Onore, sul cui soffitto Giuliano Traballesi affrescò una allegoria dell’Aurora, rappresentata da una giovane donna alata portatrice di una fiaccola che mette in fuga la notte e gli spiriti maligni delle ombre; è Aurora, la dea romana che apre le porte del giorno, dopo aver attaccato i cavalli al carro del Sole, che versa la rugiada sulla terra, annunciando al mondo il mattino. Si prosegue quindi negli ambienti delle Sale storiche, realizzati in epoca Neoclassica: restituiti al loro splendore originario grazie al restauro (2022) e alla ricollocazione di alcuni arredi storici, ospitano una serie di sette arazzi dedicati al mito di Medea e Giasone. Le quattro sculture site-specific di Helidon Xhixha sono state selezionate per dialogare con gli interni: il cubo, il cilindro, il parallelepipedo, la piramide e la sfera richiamano infatti molti elementi decorativi, insiti nello stile neoclassico, che caratterizzano i sontuosi ambienti dell’appartamento di parata, le cui decorazioni e arredi sono catturati e restituiti attraverso le superfici curve progettate dall’artista in un racconto sempre differente. La luce, uno dei principali tratti d’ispirazione del Piermarini e degli artisti che con lui lavorarono, sulla superficie d’acciaio di Xhixha sembra addirittura smaterializzare la scultura. Ecco la ragione per cui Xhixha afferma di non scolpire l’acciaio, ma di utilizzarlo per scolpire la luce. Grazie a queste sculture, che diventano dei dispositivi interattivi, i visitatori potranno riscoprire il ricco apparato decorativo delle Sale ed apprezzare, fin nel dettaglio, elementi artistici che ad una visione di insieme possono sfuggire, sentendosi protagonisti attivi sia dell’opera di Xhixha che del Palazzo. La mostra “XHIXHA. La reggia allo specchio” è realizzata con il supporto di Imago, Fondazione Giacomini e Magna Pars. Accompagna l’esposizione il catalogo edito da Silvana Editoriale, che affianca alle vedute dell’allestimento i contributi del curatore Michele Bonuomo, dello storico dell’arte Marco Tonelli e del direttore di Palazzo Reale Domenico Piraina.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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spritzapeiron · 2 years
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René Ferretti batte Galadriel
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L’arte del minestrone
Sarà forse questo il racconto di un’esperienza personale, ma non poteva mancare una breve pensata dopo aver visto nello stesso mese due serie tv di cui tanto si è parlato. Ora, i seriofili sorrideranno al mio modesto record, diranno: “Due serie io me le faccio alla settimana”. Lo so, ammetto di non  essere un divoratore di film a puntate, anche se vi importerà ben poco di questo dettaglio. Vi svelo allora quali sono le due serie in questione.
La prima è Gli anelli del potere (The rings of power), attesa circa dal 2017 dalla fanbase tolkeniana, hype che a me personalmente è sceso a ridosso dell’uscita, visto il trailer ma soprattutto dopo il bombardamento di format simili che hanno fatto le piattaforme streaming, saziandomi; l’altra è invece Boris 4, il presagio di una porcata firmata Disney che però, attenzione, a detta mia e dei miei amici si è fatta rispettare. Dico amici perché chiunque abbia visto Boris in vita sua sa che poi è tutta una questione di meme e battute celebri fra la cerchia di persone che l’hanno guardata, una cosa molto italiana insomma. Ma questa non è una recensione, sia chiaro. È piuttosto una sorta di confronto lontanamente filosofico di ciò che queste due opere artistiche rappresentano e mi hanno rappresentato: vediamo se è lo stesso per voi. 
Partiamo da Gli Anelli del Potere, rivisitazione dell’universo di Tolkien con l’intenzione di essere a tutti gli effetti dell’inarrivabile saga de Il Signore degli Anelli. Silmarillion e compagnia bella lasciamoli da parte, c’è sicuramente gente più esperta di me che ha fatto le proprie considerazioni sulla coerenza letteraria della nuova produzione di Amazon rispetto alle opere a cui si ispira, soltanto il web ne è pieno e zeppo. Quello che vorrei qui mettere in luce è l’intento, lo spirito autoriale dell’opera. Non citerò personaggi, non farò spoiler, potete stare tranquilli, ancora una volta, non è una recensione. Pongo invece una domanda, forse una provocazione: 
Gli Anelli del Potere era qualcosa di davvero necessario? 
Secondo me no. In primis, perché la confusione dal punto di vista della scrittura e appunto della coerenza letteraria è abbastanza lampante, ma come detto sopra numerose argomentazioni a favore di ciò si trovano ovunque, online e non solo. In secundis, ci saranno altre quattro stagioni: perché? Di Caravaggio ce n’era uno solo, non so se mi spiego. È chiaro che ci sono mezzo i milioni, anzi i miliardi di dollari spesi per un progetto di enorme portata, ma se lo stesso progetto è scritto male e rispetta malamente la filosofia stessa di Tolkien (e su questo consiglio un video di Dufer che ne parla, troverete il link alla fine), perché bisogna portare avanti questi miseri tentativi di riscaldare un grande minestrone. Perché non investire invece il denaro in idee nuove, che potranno forse un giorno tramutarsi in opere dello spessore de Il Signore degli Anelli? No, bisogna piuttosto scrivere male una serie surrogata approfittando della rinomanza dell’opera da cui si prende ispirazione: il minimo sforzo creativo per il massimo risultato, tanto la gente la guarda lo stesso. Che palle. Stiamo fino a prova contraria parlando di arte nelle sue molteplici sfumature, come la letteratura e il cinema, se manca lo spirito di fondo, un’idea solida che diventa il motore dell’opera stessa, il resto ha davvero poca importanza. Potremmo dire che i soldi non comprano l’arte, oltre che la felicità come si usa dire. Ma in fondo stiamo parlando di prodotti consumati dalla massa, di cui noi facciamo parte, e alla massa spesso basta essere saziata, anche con la minestrina riscaldata, cucchiaino dopo cucchiaino, una puntata dopo l’altra. 
Poi c’è Boris 4, arrogante come non mai, volontariamente brutta e bella allo stesso tempo. Un susseguirsi continuo di richiami nostalgici e cliché, la locura italiana portata nel mondo senza però pretendere di essere un capolavoro. No, non lo è, ma mantiene comunque una propria dignità artistica, ed è proprio questo che la eleva. La Terra di Mezzo è Cinecittà, Sauron è l’occhio della piattaforma: tutto vede, tutto coordina. Il riso in faccia all’inclusione forzata, multietnica, multigender, insomma, tutto ciò che oggi marca bene le differenze invece che valorizzarle. La serie tv nella serie tv, Gesù di Nazareth interpretato da un magistrale Stanis LaRochelle, grottesco come sempre, interpretato a sua volta  dall’attore che l’Italia intera sottovaluta, Pietro Sermonti. Ciò che non è un capolavoro alla fine un po’ lo diventa, proprio perché prende per il culo ciò che le piattaforme oggi rappresentano, fagocitate dalla massa informe di videoconsumatori che vogliono minestra, minestra e ancora minestra. Ecco in Boris all’opera i tre sceneggiatori che imboccano le loro vacche, portandole all’ingrasso: ce n’è per tutti, consumate. 
Infine, il rocambolesco colpo di scena. Sì, è spoiler: 
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Alla fine la serie diventa un film. 
René Ferretti batte Galadriel. 
A noi
le serie 
hanno rotto il cazzo!!!
Fonti:
Gli Anelli del Potere - J.D. Payne, Patrick McKay
Boris 4 - Mattia Torre, Luca Vendruscolo, Giacomo Ciarrapico, Luca Manzi
youtube
Tommaso Mosole
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susieporta · 3 years
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AMORE E PSICHE: LA FAVOLA DELL’ANIMA SECONDO CANOVA
Non è necessario essere degli eruditi per restare incantati davanti all’incontro dell’Anima (questo il significato del nome Psiche presso gli antichi greci) con gli ardori di Eros, dove la perfezione della forma si accende di infuocata tenerezza e un varco si apre tra l’umano e il divino.
Tanto bella che Flaubert disse:
"Non ho guardato nulla del resto della galleria. Ci sono tornato più volte e, l’ultima, ho baciato sotto l’ascella la donna in deliquio che tende verso Amore lunghe braccia di marmo. E il piede! E la testa! Il profilo! Mi si perdoni, dopo molto tempo è stato il mio unico bacio sensuale, ed era qualcosa di più: baciavo la bellezza stessa, ed era al genio che sacrificavo il mio ardente entusiasmo”.
All’origine dell’opera c’è un mito greco, che lo scrittore latino Lucio Apuleio rese popolare tra i romani con il libro Le Metamorfosi o L’Asino d’Oro. Psiche è una fanciulla talmente bella da suscitare l’invidia di Afrodite, che ordina al figlio Eros di farla innamorare dell’essere più vile e disgustoso. Ma nemmeno il dio alato resiste al fascino di Psiche.
Invece di darla in sposa a un terribile drago, Eros la attira verso uno splendido palazzo dove i due si incontrano al buio, in un incanto che si rinnova ogni sera. A una condizione: lei non dovrà mai indagare sull’identità del marito. La curiosità, tuttavia, prende il sopravvento. Una notte la fanciulla accende una lucerna e scopre tremante che Amore dorme al suo fianco. Una goccia d’olio bollente finisce sulla spalla di lui, che fugge adirato.
La furia di Afrodite si scatena, ma la ragazza ha dalla sua il favore degli dei. Sottoposta alle prove più ardue, Psiche le supera tutte fino a tradirsi in un gesto avventato: apre il vaso della bellezza che, nell’oscurità degli Inferi, Persefone le ha dato da consegnare ad Afrodite, e cade in un sonno profondo.
Sarà Eros a risvegliarla e la coppia vivrà per sempre sull’Olimpo, insieme alla figlioletta Edoné, la Voluptas dei latini.
La caratteristica principale:è bella a 360 gradi, ve la propongo con questo taglio di luce che esalta le splendide ali.
Antonio Canova, Amore e Psiche, Dettaglio, 1788-1793, Marmo bianco, 155 cm, Parigi, Musée du Louvre
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arteeofficial · 6 years
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La mostra Racconti del Mare – Frammenti di Pasquale Scognamiglio in arte Pascal  che apre 22 febbraio  e prosegue fino al 30 marzo, illustra il percorso artistico e i frammenti tratti dal libro “Racconti del Mare – Storie dal Museo del Mare di Napoli” scritto dalla penna di Francesco Di Domenico.
Le opere presenti in mostra sono le illustrazioni presenti nel libro   e  i frammenti delle stesse. Un ‘immersione negli acquarelli di Pascal e nei frammenti degli stessi che potrebbero rappresentare una citazione dell’opera.
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Promossa e prodotta dal Museo del Mare di Napoli,  curata da Paola Pozzi, storica presidente di Frame di Napoli, l’esposizione intende celebrare il ruolo centrale di Pasquale Scognamiglio  nella pittura moderna, attraverso un’esecuzione pittorica veloce ed immediata al passo con i tempi, rivoluzionaria e concreta ed espressione romantica dell’anima blu delll’artista.
Viene raccontato in questa mostra un taglio nuovo e originale, quello che passa attraverso il dettaglio dell’opera che diventa opera nuova in  corsa verso la modernità – ha dichiarato la storica dell’arte Adriana Dragoni –. La fondamentale collaborazione con Frame, il Museo del Mare di Napoli e Arteè  consentirà ai visitatori di ammirare l’espressione culturale di un’artista in forte ascesa nonché testimone culturale e antropologico dei simboli in chiave  contemporanea.
Racconti del Mare – Frammenti di Pascal La mostra Racconti del Mare – Frammenti di Pasquale Scognamiglio in arte Pascal  che apre 22 febbraio  e prosegue fino al 30 marzo, illustra il percorso artistico e i frammenti tratti dal libro “Racconti del Mare – Storie dal Museo del Mare di Napoli” scritto dalla penna di Francesco Di Domenico.
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toscanoirriverente · 3 years
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Dunque: i filosofi Agamben e Cacciari hanno sollevato un polverone, pubblicando un documento che, accusando chi è favorevole al green pass di voler introdurre un’ulteriore, pericolosa forma di restrizione della libertà sulla strada che porta a forme non democratiche di governo, in realtà esprimono anche una serie di argomenti, sotto la forma retorica di domanda, che sono tipicamente utilizzati dalla galassia di chi si oppone al vaccino per giustificare le proprie scelte. Domande, cioè, che sottintendono dubbi tali da rendere legittima la scelta di non vaccinarsi, al pari di quella di vaccinarsi; e, per converso, rendono illegittima ogni forma di coercizione al vaccino, cui è assimilata anche la richiesta del green pass.
Non intendo rispondere al documento pubblicato originariamente il 26 luglio sul sito dell’Istituto per gli studi filosofici di Napoli: altri, anche più titolati di me visto il genere di argomenti utilizzati, ne hanno mostrato l’ovvia inconsistenza e la grossolanità. (...)  Sorrentino sul Sole 24 Ore, che in un’accurata disamina dell’origine del documento di Agamben e Cacciari parla di “salti logici” dei due filosofi. 
A me, tuttavia, interessa rispondere al solo Cacciari, perché ieri, pressato evidentemente dalle numerosi reazioni, ha sentito il bisogno di articolare meglio il suo pensiero, trovando ospitalità sulla Stampa. Di questo articolo ci sarebbe molto da dire, ma a me interessa rispondere su alcuni punti precisi, laddove cioè il filosofo “con grande umiltà” pone alla “Scienza” con la maiuscola una serie di domande. Domande che, come accennavo in precedenza, assomigliano agli artifici retorici dei No vax, volti a dimostrare l’esistenza di dubbi che non sussistono, nel senso che si tratta di questioni già risolte, le quali però si finge che siano ancora aperte. 
Chiede “alla Scienza”, innanzitutto, Cacciari: “Non dovrebbe un cittadino leggere e sottoscrivere prima della vaccinazione l’informativa dello stesso ministero della Salute?” Questa, naturalmente, non è affatto una domanda di pertinenza scientifica, né per merito né per metodo; ma proverò comunque a dare una risposta. Al sottoscritto, come a tutti coloro che si sono presentati per la vaccinazione, è stata presentata la documentazione necessaria per poter prestare il proprio consenso informato; documentazione differente per ogni tipo di vaccino e aggiornata a mano a mano che nuove informazioni divenivano disponibili. Già la modulistica in questione conteneva informazioni di significato non accessibile a tutti, per esempio la composizione del vaccino utilizzato; e per questo presso ogni hub vaccinale era possibile porre domande o formulare richieste di chiarimento con i medici presenti; questo per non parlare dell’opera dei medici di base, che si sono prestati alla campagna vaccinale e hanno fornito informazioni personalizzate ai propri pazienti. Mai i cittadini hanno conosciuto con così grande dettaglio, aggiornamento e meticolosità la natura di ciò che si iniettavano; dunque trovo l’obiezione fuori luogo.
La seconda domanda è un tipico cavallo di battaglia degli antivaccinisti, che è usato per instillare paura, e Cacciari la formula così: “Che cosa ne pensa la Scienza del documento integrale Pfitzer [sic!] in cui si dice apertamente che non è possibile prevedere gli effetti del vaccino a lunga distanza, poiché non si sono potute rispettare le procedure previste (solo 12 mesi di sperimentazione a fronte degli anni che sono serviti per quello delle normali influenze)?”. Mi piacerebbe innanzitutto verificare le fonti di questa affermazione, ma assumiamo che sia vera, e che davvero da qualche parte Pfizer abbia scritto una cosa del genere “apertamente”. Intanto, per il vaccino influenzale che inoculiamo ogni anno non vi è affatto un periodo di anni di sperimentazione clinica, visto che ogni anno si cambia vaccino a causa della variazione di quelli che si ritengono saranno i ceppi prevalenti nell’inverno. In secondo luogo, come ho già scritto più volte, quello di “lunga distanza” è un concetto relativo: quanto sarebbe la “distanza” temporale che si vorrebbe, per essere convinti? E perché proprio quella? In ogni caso, sappia Cacciari che i tempi di sviluppo e di somministrazione di massa di alcuni vaccini sono stati anche più ristretti del caso attuale; e anche se in quelle occasioni ci fu già chi prospettò potenziali e indefiniti “effetti a lungo termine”, questi non sono stati osservati. Il problema comunque è che la richiesta di “escludere effetti a lungo termine” è semplicemente impossibile da soddisfare, ed è pertanto usata dagli oppositori di qualunque sviluppo tecnologico nella forma di un malinteso principio di precauzione; non si può rispondere a questa richiesta, così come non si può provare l’inesistenza o l’esistenza di un dio. Il ragionamento è diverso: di fronte a un pericolo concreto, che si manifesta nel presente, si raggiunge il massimo di sicurezza che sperimentazioni su decine di migliaia di persone per alcuni mesi possono garantire, e poi, in presenza di morti e malati di virus, si procede con il vaccino. In alternativa, cosa avrebbe detto il filosofo Cacciari, se al propagarsi del virus e all’impilarsi dei morti, le aziende farmaceutiche avessero tenuti chiusi i depositi, attendendo qualche anno per maggior sicurezza di non arrecare danno? Sarebbe stato etico veder morire le persone, avendo a disposizione i dati che si avevano quando è iniziata la campagna vaccinale?
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newsintheshell · 3 years
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J-POP Manga e Edizioni BD: tutte le uscite di novembre 2021
In arrivo i cofanetti di Bunny Girl Senpai, Gekiman e il volume finale di Hell’s Paradise.
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Di seguito tutte le novità targate Edizioni BD e J-POP Manga che potremo trovare in fumetteria e negli store online a partire da questo mese di novembre, che trovate più in dettaglio anche sul Direct 87.
4 NOVEMBRE
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Dal 4 novembre saranno disponibili molte tra le novità più attese! BJ Alex di Mingwa, disponibile in un esclusivo cofanetto da collezione contenente i primi due volumi dell’opera e racconta la storia del timido Dong-Gyun che trascorre le sue serate guardando le dirette sexy di BJ Alex, lo streamer mascherato che lo sta facendo impazzire. Sarà inoltre disponibile il romanzo da cui è tratto l'adattamento manga e il film di animazione Josée la tigre e i pesci. Scritto da Seiko Tanabe, il volume racchiude un'antologia di nove splendidi racconti.
Continuano anche Hanako-kun, I 7 miseri dell'Accademia Kamome 13 e Jealousy 02.
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Per Edizioni BD sarà disponibile Black Rock di Dario Sicchio e Jacopo Vanni, un teso western fuori dagli schemi e con tinte sovrannaturali nato per il mondo dei webcomics e finalmente adattato in formato cartaceo. Gli Squalificati, di Delia Parise, l'opera vincitrice dell'ultima edizione del Lucca Project Contest 2020, il più prestigioso concorso italiano per giovani talenti della nona arte! Ed infine il volume conclusivo della saga di Cullen Bunn, Dark Ark 04 - Dopo il diluvio.
10 NOVEMBRE 
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Il 10 novembre arriva il nuovo titolo del maestro del gekiga Kazuo Kamimura che, insieme al famoso autore televisivo Yu Aku, ha creato Cannibale, uno straordinario inedito, un’opera spietata sul desiderio di celebrità e sul mondo dello spettacolo. La storia di una giovane ragazza disposta a tutto pur di diventare la nuova stella dello spettacolo. Sarà inoltre disponibile your name. – Official Visual Guide Book, l'anime di Makoto Shinkai che ha conquistato i botteghini di tutto il mondo, si svela in questa vera e propria guida illustrata: studi dei personaggi e delle ambientazioni, sketch e storyboard, segreti del dietro le quinte e interviste allo staff.
Per Edizioni BD arriva Tristerio e Vanglorio, opera di Federico Fabbri e Francesco Catelani in cui due cavalieri sgangherati alle prese con pericoli clamorosamente aldilà della loro portata. Il giusto mix di underground e comicità, impreziosito da eleganti e mature influenze retro-pop. Dalla penna di Roberto Recchioni, uno degli autori italiani contemporanei più conosciuti, arriva Cane Grinta, un’autoritratto d’autore visto dagli occhi di un cane fifone, disponibile in fumetteria anche nell’edizione deluxe a tiratura limitata.
Continuano Beyond the Clouds 03, Black Jack 04, Game of Familia 04 e La finestra di Orfeo 05.
17 NOVEMBRE 
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Per J-POP manga, arriva il 17 novembre l’attesissimo Rascal does not dream of Bunny Girl Senpai, in un esclusivo cofanetto da collezione in cui sono inclusi i 2 volumi che comprendono il seguito: Rascal does not dream of Petit Devil Kohai. L’opera ha ispirato l’anime di successo dello studio CLOVERWORKS (Horimiya, Shadows House, The Promised Neverland)! Un racconto irresistibile in due miniserie complete, raccolte in un unico cofanetto per essere godute tutte d'un fiato.
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Arriva inoltre l’opera che racconta la genesi di una delle pietre miliari del manga d’ogni tempo, Devilman, in un racconto a fumetti del mitico Go Nagai! In Gekiman, disponibile in un cofanetto comprensivo di 3 volumi in cui l’autore racconta la sua storia, riadattata, seguendo le vicissitudini di Geki Nagai. Tra aneddoti personali, professionali e una reinterpretazione moderna dello stesso Devilman. Sarà inoltre disponibile Dust 8, un nuovo volume unico della Osamushi Collection: durante il tragitto, un aereo attraversa in qualche modo il mondo degli spiriti e lì precipita, schiantandosi sulla "Montagna della vita". L'impatto frantuma la roccia magica del monte e ne proietta le schegge nei corpi di otto passeggeri...
Continuano Caste Heaven 07, BJ Alex 01, I diari della speziale 04, Kingdom 49, Kowloon Generic Romance 02, Land of the Lustrous 10, So, I’m a spider so what? 09, Tsugumi Project 03.
24 NOVEMBRE 
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Il 24 novembre saranno disponibili ben due edizioni speciali: Blue Period 08, l’opera di successo di Tsubasa Yamaguchi, di cui ora è disponibile l’anime su Netflix, avrà in allegato un artbook esclusivo con le illustrazioni inedite dell’autrice.
Hell’s Paradise - Jigokuraku 13, volume conclusivo della serie action di Yuji Kaku, sarà disponibile con un esclusivo shikishi, in allegato alla prima tiratura dell’ultimo volume dell’opera.
Per gli amanti dello yaoi, arriva Fukurokoji – Vicolo Cieco di Tamekou, autrice di The Dream of Cuckoos e A lotus flower in the mud. Nazuna è sempre stato innamorato di Takumi, il fidanzato della sua sorella gemella. Dopo l’improvvisa morte in un incidente della ragazza, i due uomini iniziano una relazione, basata sull’incredibile somiglianza del volto di Nazuna con quello della sorella. Ciò che è nato dal profondo dolore per un lutto potrà diventare vero amore, o rimarrà un disperato tentativo di negare la tragedia di una vita spezzata?
Continuano anche: Bunny Girl Senpai 01, Frieren – Oltre la fine del viaggio 02, Il Terzo Occhio 02, Komi can’t communicate 12, Super HxEros 09, Tokyo Revengers 09 e Zombie 100 05.
RISTAMPE:
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Game of Familia 02
The Promised Neverland 04, 05 e 06
Tokyo Revengers 04 e 05
Zombie 100 – 01
Golden Gai - Le notti di Tokyo
I Fiori del Male
Una gru infreddolita
Showa 01
La Regina d’Egitto - L’occhio azzurro di Horus 01, 02, 03 e 04
HoriMiya 16 (SPECIAL EDITION)
Non tormentarmi, Nagatoro! 02
Ten Count 01, 02, 03, 04 e 06
KILLING STALKING STAG. III - 04 – con box vuoto in allegato
KILLING STALKING STAG. III - 05 – con box vuoto in allegato
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Autore: SilenziO)))
[FONTE]
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LA MONNALISA DEL NORD : una perla da bigiotteria
Ci troviamo in Olanda, precisamente nella città di Delft, dove il pittore Johannes Vermeer intorno al 1665 dipinse uno dei suoi più celebri capolavori : La Ragazza con l’orecchino di perla.
Ancora oggi l’identità della donna ritratta resta a noi sconosciuta. Nessuna fonte contemporanea è in grado di dirci chi sia stata la modella che abbia posato per il dipinto, o se il dipinto raffigura una persona realmente esistita ed è quindi un ritratto. Viene spontaneo domandarsi se quella ragazza è una persona che Vermeer conosceva o con cui aveva rapporti di qualsiasi sorta, o se si tratta invece di un volto idealizzato.
Tutti conosciamo il famoso volto della fanciulla dallo sguardo misterioso e ipnotico rappresentato con mezzo busto di profilo e la testa di tre quarti verso lo spettatore. Indossa un inusuale turbante composto da una fascia azzurra che le avvolge la testa.
Una fanciulla dalle labbra rosse carnose che si schiudono in un abbozzo di sorriso. Ma è il dettaglio particolare della perla attorno al quale si nascondono curiosi retroscena, che rendono il quadro ancor più intrigante.
Partiamo dal fatto che il pittore olandese ci ha illusi attraverso la sua bravura; da uno sguardo più attento e ravvicinato possiamo notare che la perla infatti è dipinta utilizzando poche pennellate, separate l’una dall’altra: è l’occhio umano che ha l’illusione di vederla intera.
Altro fattore interessante è la grandezza e quindi la preziosità della perla stessa, sebbene la ragazza che la indossa appaia di modeste condizioni, tale oggetto era nel Seicento un privilegio delle dame dell’alta borghesia. Una rarità per quei tempi. Nel caso della perla raffigurata nel dipinto, possiamo notare un esemplare di grandi dimensioni che in natura non esisterebbe e secondo lo storico dell’arte James Earle, si tratterebbe semplicemente di vetro o metallo smaltato per assomigliare ad una perla.
In sostanza chiunque sia la ragazza raffigurata nel quadro, anche indossando della semplice bigiotteria è riuscita ad incantare tutto il globo. Ad oggi è anche  un’immagine che è entrata nella cultura di massa, n’è stato tratto un film omonimo e il suo volto è su molti libri e gadget di ogni tipo.
[E’ possibile vedere il dettaglio dell’orecchino attraverso la pagina di Google Arts and Culture e digitare il titolo dell’opera ingrandendo l’immagine fino a vedere le striature delle pennellate. Sulla piattaforma sono disponibili le collezioni dei musei di tutto il mondo.]
https://artsandculture.google.com/asset/ragazza-con-l-orecchino-di-perla-johannes-vermeer/3QFHLJgXCmQm2Q
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Presente ❗ Festival del Reale
Il concept
Presente è un progetto di rigenerazione urbana che si attua con una strategia d’azione culturale ad ampio raggio, nel territorio di Barriera di Milano. Il progetto nasce con la spinta propulsiva di una serie di associazioni locali e prevede la collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti, il patrocinio della Circoscrizione 6 e il supporto del Comune di Torino. 
Presente è un progetto basato sulla creazione di un rapporto sinergico tra ambiente e tessuto sociale, tra il mondo della cultura e il mondo economico locale. 
rigenerare gli spazi comuni e riappropriarci dell’arte nella sua caratteristica essenziale di grimaldello capace di rompere gli schemi;
creare percorsi alternativi per esplorare e sviluppare in chiave artistica e poetica il senso di comunità;
riconoscere agli esercizi commerciali il ruolo di incubatori sociali di prossimità.
Una serie coordinata di azioni volte a mettere in discussione le idee di centro e periferia: ogni segmento della realtà periferica urbana può diventare centro, e ogni periferia sociale può ambire ad imporsi nel tessuto cittadino attraverso lo sviluppo di un’azione culturalmente efficace. 
La strategia di attuazione pone il suo centro focale nel concetto di Trasparenza, considerato nelle sue polarità opposte: 
in chiave negativa, la trasparenza come dramma sociale, economico e individuale;
in chiave positiva, la trasparenza come qualità essenziale per ridisegnare il futuro: rendere visibili (identità, luoghi, talenti, competenze, storie), portare alla luce (idee, proposte, visioni), togliere il velo (parallelamente alla mascherina che nasconde la nostra bocca vi è una mascherina immateriale, sociale e simbolica, che ci nasconde da un punto di vista umano e professionale). 
La Trasparenza, quindi, come tema centrale da sviluppare e da trasformare in azioni concrete nel corso del progetto, in un’idea di sviluppo sociale inclusivo, dinamico e creativo. 
Il territorio di azione
Torino, Barriera di Milano: un segmento di città in forte mutamento, ma anche un’area complessa, al cui interno si intersecano testimonianze di identità locali passate e nuove comunità aggregate, formate da culture che si sono sostituite (o mescolate) alle ondate migratorie della precedente era industriale. Il tutto a formare un mosaico estremamente vario, all’interno del quale fragilità economica e natura periferica si incontrano con  la capacità di creare progetti di rilancio culturale, isole urbane di creatività, progetti di rigenerazione capaci di cogliere possibilità di sviluppo. Osservando la mappa dall’alto ecco davanti a noi un territorio composto da una molteplice serie di unità, aggrappate come grappoli ai grandi assi di collegamento che dal centro cittadino si prolungano verso nord. Una periferia che è essa stessa città, e nella quale il concetto stesso di periferia si rivela mutevole, incerto, poiché alcune isole possiedono al loro interno un centro: dimensioni parallele dell’umano vivere, dell’umano abitare, dell’umana capacità di connettere e dell’umano desiderio di investire, in un processo di ibridazione tra identità storiche e identità nascenti. 
Le azioni
Organizzazione di workshop aperti alla cittadinanza, basati su pratiche creative che utilizzino il mezzo teatrale, la performing art e l’arte di strada per esplorare il tema della trasparenza nelle sue varie sfaccettature; nell’ambito dell’azione, la presentazione al pubblico di una creazione performativa creata con la cittadinanza;
organizzazione di una giornata poetica dedicata al tema della Trasparenza: reading e performance poetiche contestualizzate nella terza edizione del Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, evento promosso e curato da Neutopia;
creazione di uno Speakers’ Corner permanente (il secondo in Italia), come spazio di libero pensiero e di libera espressione, aperto a chiunque progettato da Beatrice Sacco e realizzato con il patrocinio del Comune di Torino, nella location di Piazza Bottesini;
organizzazione del Festival Presente, per celebrare l’alleanza tra mondo della cultura, esercenti e cittadini: le vetrine e i cortili di corso Vercelli, via Montanaro, via Feletto, Via Santhià, Via Baltea 3 e Via Agliè diventano spazi di sperimentazione, ospitando per un pomeriggio artisti e abitanti del territorio; una dichiarazione di esistenza che si attua attraverso una galleria di micro-performances adattate ai diversi contesti merceologici (con la regia dell’Associazione T.I.R. TeatroInRivolta);
creazione di un catalogo/mappa digitale, dedicato al festival.
Ambito: azione n. 3 
Creazione di uno Speakers’ Corner
Lo Speakers’ Corner è uno spazio aperto permanente, da collocarsi nel contesto di Piazza Bottesini, nel quale ogni persona possa liberamente esprimere il proprio pensiero, in forma discorsiva, lirica o artistica.  Il più famoso speakers’ corner è indubbiamente quello presente nel parco londinese di Hyde Park, ma non è il solo: in Australia, Canada, Malaysia e altri paesi del mondo esistono luoghi di questo tipo; in Italia, l’unico presente è situato in provincia di Pisa. 
Presente affida all'artista Beatrice Sacco la realizzazione dello Speakers’ Corner in piazza Bottesini. In quanto struttura permanente da collocarsi in uno spazio pubblico aperto, lo Speaker Corner dovrebbe idealmente unire alcune caratteristiche essenziali: 
originalità a livello di design (la valenza artistica dell’opera non ha solo una connotazione estetica, ma dev’essere considerata come contenuto intrinseco di un’installazione concepita per generare comunità, secondo i principi universali della libertà di espressione, a creare un’isola di cittadinanza democratica e poetica)
capacità di resistenza (alle intemperie, all’obsolescenza e ai sempre possibili atti vandalici) e utilizzo di materiali anche di recupero. 
elasticità di fruizione: l’opera dev’essere realizzata senza barriere architettoniche e dotata di illuminazione dedicata
identità: l’opera sarà marchiata con un logo (realizzato in bassorilievo o tradotto in elemento scultoreo) rappresentante un toro (simbolo della Città di Torino) che parla in un megafono: la città che genera dialogo, libero pensiero, circolazione di idee; senza preclusioni di razza, di genere, di condizione sociale, di età. 
Ambito: azione n. 4 
Il Festival Presente
Barriera di Milano, corso Vercelli: uno degli assi viari principali di Torino nord. Tra piazza Crispi e piazza Rebaudengo il tratto di strada è lungo e la carreggiata è stretta, divisa in due corsie. Un susseguirsi di attività commerciali, di umanità variegate, di lingue diverse: la periferia qui si fa pulsante, la vita pare più viva, il senso di lontananza dal centro cittadino si stempera in un sentimento di vicinanza prossima. In questo corridoio, che è un palcoscenico orizzontale, il Festival Presente vuole celebrare un matrimonio: tra artisti, cittadini ed esercenti. Non categorie di persone, ma anime messe in sofferenza da lunghissimi mesi di chiusura: la chiusura delle serrande, la chiusura dei luoghi di spettacolo, la chiusura degli spazi in cui avvenivano gli incontri quotidiani. A questa chiusura, la risposta che noi proponiamo di dare è racchiusa in una sola parola: presente. Presente è un attestato di esistenza e una prova di resistenza. Essere presenti nell’emergenza sanitaria globale, essere presenti nel tessuto problematico della quotidianità periferica, essere presenti nella tessitura e nella cura dei nostri rapporti individuali. Essere presenti come condizione fondamentale per dare vita ad un progetto di comunità, secondo quattro principi chiave: interazione, coesistenza, quotidianità e sostenibilità. 
Commercianti, cittadini e artisti che siglano un contratto simbolico, nel quale si fissano tempi e modalità di cooperazione. Lo scopo, trasformare le vetrine di corso Vercelli in spazi di azione poetica e performativa, per 2 giorni consecutivi. In ogni vetrina, una coppia formata da un’artista e da un abitante del territorio. Attori, cantanti, danzatori e poeti si sposano così artisticamente, per due giorni, con operatori di call-center, lavoratori precari, rider, operai, disoccupati, studenti e pensionati, utilizzando le vetrine dei negozi e dei bar come contenitori teatrali di prossimità: arte e umanità al dettaglio in una via attraversata da mezzi di trasporto pubblico, per dare luogo ad un evento pensato nell’ottica dell’elasticità di fruizione. In chiave propedeutica, il Festival prevede l’attuazione di un breve workshop sul territorio, uno spazio protetto in cui far incontrare gli artisti e i cittadini.
Da un punto di vista strettamente artistico, è insita in Presente un’opportunità di sperimentazione, che ha nei concetti di plasticità e adattamento i suoi punti focali. Lo spazio ridotto di una vetrina, il pubblico composto in parte da passanti, la necessità dell’artista di creare una positiva interazione con il proprio partner, la necessità del partner di essere accompagnato e aiutato, implicano necessariamente la messa in discussione dei linguaggi artistici e l’esplorazione di possibilità espressive più orientate verso la micro-performance. Un processo che inevitabilmente si apre ad un procedimento di travaso reciproco: di competenze, di sensibilità e di cultura. 
Ambito: azione n. 5 
Il catalogo
A completare l’azione di Presente, la creazione di un catalogo disponibile in versione digitale, all’interno del quale artisti, commercianti e artigiani abbiano un nome e un volto. Un Catalogo che sia anche mappa geografica  per orientarsi nei tre giorni di Festival, e in cui trovare orari delle performance, descrizioni degli artisti, categorie coinvolte, parole-chiavi e biografie essenziali dei partecipanti.
PROGRAMMA
• Giovedì 9 settembre 2021: installazione dello Speaker’s Corner dedicato alla memoria del poeta Ivan Fassio (1979/2020) progettato da Beatrice Sacco, con l’ausilio di Alessandro Bulgini (Opera Viva), T. I. R. Teatri In Rivolta e il patrocinio dell’Accademia Albertina di Torino e della Circoscrizione 6. Dalle ore 18:00. Poesie di strada di MisterCaos. Lettura di poesie dedicata. Alle 19:00: vernissage mostra Z. T. L. Zona a Traffico Liminale a cura di Davide Galipò con opere di Francesco Aprile, Andrea Astolfi, Cristiano Caggiula, Gianluca Garrapa, Antonio Francesco Perozzi, Alessandro Mangiameli, Elena Cappai Bonanni, Marco Cubeddu presso il circolo La scimmia in tasca in via Montanaro, 16. Presentazione del Manifesto del Liminalismo. Presentazione della nuova saracinesca di MisterCaos. Performance a cura di Marco Cubeddu, Ninelevetion di Bill Sick. Dalle 20:30: Lorelies Live.
• Venerdì 10 settembre 2021: Presente❗️Performance itineranti @ Bagni Pubblici Via Agliè, Pietra Tonale, La scimmia in tasca, Ventunesimo, Hub culturale da Baffo, Amerio Costumi, Sanatex, Bar edicola Doc, Materassaio Polvere, Via Baltea 3. Dalle ore 16:00 alle ore 20:00.
Per info e prenotazioni: [email protected]
• Sabato 11 settembre 2021: Finale Premio Roberto Sanesi di poesia in musica @ Parco Aurelio Peccei. Con Somma Zero, Ambra Drius, Mohamed Amine Bour, Kosmonavt. Special guest Federico Sanesi e Nuria Sala Grau ft. Pietra Tonale, La voce da una riva all’altra, Alessandra Greco, Nodi e Ascending Roots, Max Collini in Hai paura dell’indie? Dalle ore 20:00 alle ore 23:59. Presente ! Festival del Reale è un progetto di Associazione Culturale Neutopia, T.I.R. Teatri In Rivolta,  Poetrification e Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, con il sosegno di Comune di Torino, Casa Bottega e Rete italiana di cultura popolare, con il patrocinio della Circoscrizione 6. In collaborazione con La scimmia in tasca, Spazio Montanaro, Via Baltea 3, Bagni Pubblici via Agliè, Vernice Fresca, Pietra Tonale, Ventunesimo.
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fashionbooksmilano · 4 years
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Junky Pictures
Gennaro Castellano
Con i contributi critici, in italiano e inglese, di Gennaro Castellano, Angelo Trimarco, Carolyn Christov-Bakargiev, Horacio Fernandez, Elisabetta Luca, Corrado Levi e due interviste a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Ludovico Pratesi e Alberto Vannetti. Grafica e Impaginazione Gennaro Castellano, Amedeo Martegani
a+mbookstore edizioni, Milano 2000, 132 pagine, 21x27cm,19 ill. a colori, 61 b/n  
euro 50,00
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Junky Pictures di Gennaro Castellano è un interessante volume realizzato dall’artista napoletano in collaborazione con a+mbookstore. Il testo è una testimonianza, uno svelamento del processo ideativo che prepara l’esecuzione dell’opera, un percorso che ci guida direttamente al centro della poetica dell’artista. Castellano utilizza immagini preesistenti, provenienti dalle fonti più disparate: riproduzioni d’opere d’arte vecchie fotografie, manifesti, disegni. Il dato iconografico, elaborato prima attraverso la fotografia, è successivamente reinterpretato in forma pittorica, trasformato in dettaglio ingrandito, a volte accostato ad altri in stranianti associazioni, reso pura superficie, svuotato di significato e referenzialità, per arrivare alla nuda esteriorità, all’involucro. Castellano, pittore raffinato e intellettuale, indaga i limiti della pittura suggerendo una riflessione sui concetti cardine delle arti figurative, l’imitazione, la copia, il simulacro. Il volume, che rivela il processo che procede dall’immagine pretesto al testo pittorico, si apre con una cospicua sezione d’immagini in bianco e nero, esempi tratti dal repertorio che Castellano impiega come materia prima: riproduzioni, disegni, schizzi, progetti, appunti. Nella seconda parte, sono raccolte le riproduzioni d’alcune opere nelle quali ritroviamo, rielaborati, i materiali iconografici della sezione precedente. Infine una serie di testi critici e interventi dello stesso artista, apparsi su diverse riviste tra gli anni Ottanta e Novanta: una traccia testuale, volutamente lasciata in chiusura, per non pregiudicare l’approccio diretto con l’opera.
16/11/20
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edizionimedusa · 4 years
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Simone Pétrement, chi era? L’amica e biografa di Simone Weil, ma anche molto altro ancora. Sono molto scarne le informazioni che affiorano in rete sulla vita di Simone Pétrement. In parte, questa difficoltà nel reperire informazioni è conseguenza di una vita schiva, a lungo segnata da una malattia, la tubercolosi ossea, che l’accompagnò per molti anni, precludendole l’insegnamento e consegnandola dal 1937 al suo lavoro di conservateur presso la “Bibliothèque Nationale” di Parigi...
Il dualismo originale, scrive Simone Pétrement, esprime alcune forme soggettive del pensiero [...] non è una dottrina metafisica o cosmologica, una spiegazione dell’essere o dell’universo. [...] Esso esprime la credenza nella discontinuità del progresso dell’uomo, nella sua possibilità di evasione da questo mondo, nel rinnovamento totale della vita dello spirito.
Ma in parte, Simone Pétrement è invisibile perché la sua vita, la sua biografia è oscurata, divorata da quella, in effetti magnifica, romanzesca, della sua amica, Simone Weil. A lei, alla sua amica, è dedicata l’opera più nota di Pétrement: La vie de Simone Weil. Sono pagine fortunate, molto apprezzate dagli studiosi della Weil; sono larghi i riconoscimenti alla qualità dell’opera e della scrittura, gli apprezzamenti per questa biografia così partecipe, così attenta ai movimenti intimi di una vita conosciuta in modo molto ravvicinato, quasi dall’interno, nel dettaglio, e insieme sempre consapevole e rispettosa della distanza incolmabile che ci separa dal cuore delle motivazioni che suggeriscono e motivano scelte, azioni, movimenti del pensiero. L’amicizia delle due Simone è nata in un’aula di scuola, al Licée Henri IV, a Parigi, tra il 1925 e il 1927, durante le lezioni del filosofo Alain. Sempre, la grande filosofia, tutte le filosofie originali, innovative, che inaugurano nuove stagioni del pensiero (e che per Pétrement sono sempre filosofie dualiste), intendono trasformare, salvare la nostra vita. A partire da Zarathustra e da Platone, nella storia delle religioni Pétrement ritrova tracce di concezioni dualiste in moltissime esperienze, nella storia religiosa indiana, nel buddhismo, nella gnosi e in Mani, nel cristianesimo paolino e agostiniano, fino ai Bogomili e ai Catari, a Lutero e alla concezione giansenista della Grazia; ma forse la prima radice, la più antica concezione religiosa dualista, può essere a suo giudizio rintracciata nel mazdeismo di Zarathustra, e dunque in un’esperienza religiosa molto arcaica, ma da subito fortemente caratterizzata, per quel poco che è possibile sapere e capire del mazdeismo delle origini, da un sapore filosofico, da un’intonazione morale...
Simone Pétrement, Il dualismo della storia della filosofia e delle religioni, a cura di Roberto Peverelli 2020 - ISBN 978-88-7698-238-5 - pp. 128.
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