Tumgik
#inusuali
marcogiovenale · 2 months
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pod al popolo #034, "se uno vuole leggere dei nuovi libri": flash di nanni balestrini @ ricercare 1996
Il suggerimento è sempre valido. Ripetuto in Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo fail again fail better dell’occidente postremo. Buon ascolto. frammento da https://youtu.be/Js7a6NNkRik
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ilsilenteloquaceblog · 2 months
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“Allusivo,
metaforico,
con doppi sensi…
faceva far,
alla Lingua,
UN GIRO IN BOCCA…
usando termini
inusuali.
Lo stile Suo era diverso,
unico… PIÙ RICERCATO.”
Il Silente Loquace ©
— @ilsilenteloquaceblog
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petalididonna · 29 days
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Inusuali
Sillabe
Si
Contendono
Elogio.
#paroleavanvera@petalididonna
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abatelunare · 30 days
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Di punti di vista inusuali
Credo di averlo affermato in altri post. Io amo la Pixar. Perché, a differenza della Disney, sa come si racconta una storia. Ne è l'ennesima dimsotrazione il seguito di Inside Out. Ormai Riley è cresciuta. Ha raggiunto la pubertà. E nuove emozioni hanno raggiunto la sala di controllo. Ansia, in particolare, prende il controllo estromettendo quelle vecchie. Provoca un po' di casino. Ma poi tutto si aggiusta. Inside Out 2 racconta una storia risaputa in modo nuovo. Al pari del primo capitolo esplora una fase della giovinezza da un punto di vista inusuale. Con svariate invenzioni visive. Divertendo e sfiorando i cuori degli spettatori. Spero si fermino qui. Rischierebbero di rovinare tutto. E sarebbe un peccato…
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diceriadelluntore · 6 months
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Storia Di Musica #320 - Arcade Fire, Funeral, 2004
La caratteristica comune dei dischi di Aprile è arrivata per caso, e mi ha fatto scoprire delle cose bellissime che non conoscevo. Sono per questo molto felice di presentarvi le mie scelte ma stavolta la caratteristica comune la tengo segreta per questo primo appuntamento, si capirà in seguito e vi invito anzi, per giocare insieme, a ipotizzare quale sia. Inizio raccontandovi di una band, e un disco, che hanno davvero segnato la storia della musica indipendente internazionale, facendo il successo di una formazione di rock canadese che nel corso degli anni ha continuato a stupire. Il nucleo originale del gruppo prende vita a Boston, dove si conoscono Win Butler e Josh Deu, che formano gli Arcade Fire. Passano poche settimane e si trasferiscono nel paese natio, precisamente a Montreal, dove fanno i primi concerti in piccole location, a feste private e persino nelle gallerie d'arte. A Montreal Win Butler incontra Régine Chassagne, che prima diventerà cantante e poi futura sua sposa, per un motivo che sta scritto nel libretto del disco di oggi:"il caldo costrinse i due a sposarsi". Registrano le prime canzoni con questa formazione: Chassagne-Butler, Josh Deu, il bassista Mules Broscoe, il chitarrista Dane Mills e a Brendan Reed alla batteria. Il primo EP esce a nome Arcade Fire nel 2002, ma fu l’inizio di un rinnovamento traumatico della formazione: Broscoe si chiama fuori dalla band, Mills abbandona nel modo più spettacolare, lasciando nel bel mezzo di un concerto alla Casa del Popolo di Montréal. In sostituzione dei due ex-membri subentrano il fratello di Win, William Butler, e Tim Kingsbury, e con questa formazione pubblicano un secondo EP, Us Kids Now. Prima della fine del primo anno di promozione, la band ottiene un contratto con l'etichetta indipendente Merge Records, che in quegli anni e in quelli a venire sfornerà gioielli musicali in serie, con la quale continua tuttora a pubblicare album. Entra in formazione Howard Bilerman alla batteria.
Nel 2004 la quasi sconosciuta formazione canadese dà alle stampe un album, Funeral (che si intitola così perchè durante la registrazione morirono parenti dei componenti della band) che nel giro di poche settimane fa gridare al miracolo. Gli Arcade Fire diventano la band più ammirata dai critici, che inseriscono Funeral nei primi posti delle classifiche non solo del 2004 ma del decennio, degli ultimi 25 anni, di sempre. Nasce una band di culto. Il loro suono è barocco, gioioso, ricco di sfumature con una sezione di archi dolente e armoniosa, la doppia voce Butler \ Chassange ad alternarsi, facendo un album che per meriti loro, per momento storico e per magia complessiva sembra perfetto. Il gruppo ha ben in mente da cosa partire: ci sono echi Bowie nella stupenda Rebellion (Lies) (che in Italia è famosa come sigla di Otto E Mezzo, il programma de La7 di Lilli Gruber), la linea di basso e il suono alla The Edge della chitarra, i New Order in tutta la serie di Neighborhood in 4 parti, denominate Tunnels, Laika, come la cagnetta che andò nello spazio, Power Out e 7 Kettles. Crown Of Love è magnifica e finisce in stile epico, Wake Up che è spectoresca nell’arrangiamento e nel finale stile U2 (Bono diventerà un grande ammiratore, e apriranno molti concerti del Vertigo Tour del 2005 della band irlandese, e la parte iniziale di Wake Up fu usata come intro a City Of Blinding Lights); Haiti, che è placida e sofisticata, mostra le loro qualità nelle ballate. Une Année Sans Lumière cambia il cantato dall’inglese al francese, ed è davvero ballabile e dolcissima. In The Backseat con la voce della Chassagne che sembra alzarsi all’infinito rispetto alla musica, è un crescendo emozionale da ricordare, con intermezzo di archi. Nonostante le evidenti ispirazioni tutto l’album è una continua sorpresa eccitante, tra le pieghe degli arrangiamenti, tra i piccoli assoli di strumenti inusuali (farfisa, xilofono, gli archi, un corno francese), tra la voce sincopata e trascinante di Butler e quella morbida e vellutata della Chassagne. Funeral fa rimanere basiti per come tutto l’insieme funzioni in armonia e con un gusto che manca a tante band di oggi.
Il disco vende già molto bene, ma è con Neon Bible (2007) che il successo diventerà internazionale: un disco più sofisticato, e anche più arrabbiato e teso, ammirato per canzoni come Keep The Car Running, No Cars Go e la splendida e dolente My Body Is A Cage, che verrà ripresa da Peter Gabriel in Scratch My Back del 2010, versione che fa da colonna sonora ad una delle puntate più intese della serie Tv culto House M.D. La triade iniziale trova il culmine con The Suburbs, del 2010, che debutta in vetta alla classifica di Billboard e vince il premio Grammy per il miglior disco dell’anno, primo lavoro di una casa discografica indipendente ad ottenerlo. Dello stesso disco, fu fatto una sorta di video documentario diretto da Spike Jones che verrà presentato a numerosi festival cinematografici internazionali: la band collaborerà alla colonna sonora del film Lei (Her) scritto e diretto da Spike Jonze che vede Joaquin Phoenix come protagonista, e alcuni dei brani per il film troveranno posto in Reflektor, altro disco grandioso, del 2013. Se non ho capito male, ritorneranno presto anche in Italia per dei concerti questa estate, sarebbe l’occasione migliore per scoprire una band dalle caratteristiche uniche e dalla musica speciale, che è stata protagonista influente e simpatica della musica degli ultimi 20 anni in maniera anche inaspettata.
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 11 months
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La porta del tuo cuore è socchiusa... Lascia uscire fioca luce che mi colpisce e mi fa sognare... Mi sento capita... Serena e accettata... Mi sento totalmente rapita dai tuoi modi dolci e inusuali... Son abituata a ben altri ideali... Se chiudo gli occhi mi parte un sospiro... Sarebbe bello averti vicino... Sarebbe un sogno se la porta di colpo si spalancasse... E del tuo cuore potessi vedere di più che solo un riflesso... Sono sicura sarebbe stupendo... Ma mi accontento di farmi accarezzare dal pensiero lieve che ti lasci scappare...
~ Virginia ~
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zarathelonewolf · 1 month
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Ok mo parto.
Qualche altra persona che parla italiano, di sinistra, pro-LGBTQIA e pro-Palestina qui sopra? Oppure spero nel nulla?
Solo per sapere eh... É inutile cercare persone che non dicono slur, che non insultano "i gay", e che non chiamano qualcuno "disabile" perché ha dei comportamenti inusuali oppure, come spesso succede, "per scherzare"... Almeno, mi é inutile nel luogo dove vivo ora, o al di fuori dei social. Oppure ho delle chance? Che ne so, parliamone... Ormai sto perdendo le speranze 🥹🤣😭.
Uso solo Tumblr. Mi piacciono vari manga ma non ho mai letto Naruto e ho droppato Berserk perché ha smesso di piacermi oltre a un certo punto. Al momento mi interessano Demon Slayer, Gachiakuta, Fire Force, e sono da molto tempo fan di Fullmetal Alchemist Brotherhood, anche se uso questo blog soprattutto per reblog su questioni sociali e potrebbe non emergere.
Uso il pronome "lei" e mi sento parte della community LGBTQIA+, in particolare mi ritrovo con le esperienze di persone asessuali e aromantiche, ma mi sento più asessuale che aromantica, perché posso provare attrazione romantica per le persone, ma svanisce molto facilmente soprattutto se non mi fido appieno della persona; anche se vorrei avere una relazione sessuale, non provo moltissima attrazione sessuale, pure la mia abilitá di sentire quest'ultima fluttua in maniera irregolare. Non ho mai avuto una vera e propria "cotta", anche se potrebbe essere perché tutti coloro a cui ho confessato mi hanno riso in faccia, o dietro le spalle. Boh, non lo so sinceramente... In quei momenti in cui provo attrazione sessuale e romantica, é principalmente verso gli uomini, trans o cis che siano. Per questo mi definisco aroaceflux/aceflux sex-favourable, e bisessuale con forte preferenza per gli uomini.
Per coloro che magari non conoscono bene i termini LGBTQIA, vi prego di non farvi intimidire dai termini, possiamo parlare di tante altre cose oltre alla mia identitá. Anche di gatti carini e coccolosi o di draghi, anzi mi piacerebbe tanto. O di videogiochi. Anche quello é molto interessante per me.
Sono nel range d'etá dai 18 anni in poi. Se mi si vuole conoscere più a fondo, potrei dire esattamente quanti anni ho, ma per ora no. Potete chiedermi varie cose, ma se mi scrivete cose esplicite potrei non rispondere e bloccarvi. Chiedete, prima di scrivere cose esplicite, ma rispondo di no nella maggior parte dei casi, o alternativamente, che vorrei conoscere meglio che tipo di personalitá avete prima di accettare un certo tipo di dinamica.
Detto questo, spero che il mio messaggio raggiunga qualcuno. Non ho mai navigato la parte italiana di Tumblr e ho paura di farlo, visto quello che ho giá letto, ma questo potrebbe essere l'inizio. Evitate di contattarmi se siete neo fascisti o neo nazisti, anti-femministi, omofobici, transfobici, islamofobici, xenofobici, razzisti e abilisti grazie. Non parlatemi se siete contro la determinazione della Palestina come Stato libero da Israele, o se siete contro la resistenza dell'Ucraina agli attacchi russi.
Foxy saluta!
For all non italian readers, I basically presented myself in this post. 18/18+, she/her. I spoke of my sexual orientation (aroaceflux), fluctuating sex repulsion, and the manga I have read (not Naruto, haven't completed Berserk, Demon Slayer, FMA:B, Gachiakuta, Fire Force). Also that I like to talk about cats, videogames, dragons. I wrote to be aware that explicit messages may be met with no response, blocking, or inquiry to know more about the sender. And basically that I don't like homophobic, transphobic, xenophobic, neo nazifascists, anti-feminists, islamophobic, racists and ableists.
Foxy says hi!
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susieporta · 1 month
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Sentire l’altro, non sentire se stesso
"La mancanza di confini tra se stesso e l’altro, conseguenza del mancato sviluppo di un’identità autonoma, rende il carattere simbiotico estremamente sensibile all’ambiente esterno e alle emozioni degli altri, in particolare ai loro stati negativi, di cui tende a sentirsi colpevole e responsabile, e alla loro irritazione verso di lui, che spesso interpreta come premessa di un abbandono. La sua capacità di sintonizzarsi sugli umori, i bisogni e i sentimenti altrui lo rende però anche una persona dotata di inusuali doti di empatia: in una relazione può sentire tutto quello che il partner vuole da lui, ma non può sentire se stesso e ciò che è buono per sé. Come ogni altra armatura, anche questa ha la caratteristica di proteggere se stessa e i propri compiti difensivi, autodeterminandosi continuamente. Il simbiotico, quindi, tende coattivamente a selezionare amici e compagni di vita che ripropongano il modello materno: in linea di massima, persone che abbiano bisogno di altri disposti a sintonizzarsi sui loro bisogni, e che siano al tempo stesso difficili da soddisfare. Nella relazione con loro, il simbiotico riproduce la relazione patologica originale, e ottiene un doppio vantaggio: da un lato, immergendosi nei bisogni dell’altro, riempie se stesso, perché questo è ciò che sa fare per non avvertire il vuoto della propria identità; dall’altro, ricominciando dal punto in cui il suo sviluppo si era interrotto, si dà l’opportunità di provare a risolvere il conflitto per poter proseguire lungo la strada della sua evoluzione personale."
da "Il corpo non mente, Luciano Marchino
#quandolosentinelcorpodiventareale
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idettaglihere · 1 month
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Hai problemi ormonali? Non ho potuto non notare il fatto peluria in posti in cui solitamente le donne non dovrebbero averne, posti inusuali
ma che stracazzo te ne frega a te bho
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automatismascrive · 6 months
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Giudice, vittima e carnefice: Broken Minds
Dice il saggio: i guilty pleasures sono una trappola poiché non c’è motivo di provare imbarazzo per ciò che piace. Dunque non sono particolarmente a disagio nel mettere nero su bianco che due delle mie serie di videogiochi preferite in assoluto sono Danganronpa e Zero Escape. Certo, probabilmente lo sono anche perché riescono a grattare un prurito che quasi nessun altro videogioco mi ha mai sopito, ma sono convinta che al di là dei misteri macchinosi e al limite del sensato, per non parlare dei personaggi stereotipati quando non direttamente cretini, si celi un delizioso piacere nel comporre i pezzi di un puzzle incredibilmente complicato o nel vederlo semplicemente sistemarsi con l’avanzare della trama – oltre alla mia goduria personale nel fare esperienza di quei twist finali anche un po’ nonsense che ho coltivato da quando a otto anni mi sono data la missione di leggere tutti i Piccoli Brividi. Che è poi anche il motivo per cui dalle medie in poi mi sono affrettata a divorare l’intera bibliografia di Hercule Poirot, che pur essendo assai meglio costruita presenta spesso e volentieri lo stesso problema di artificiosità che è facile da segnalare nelle avventure sopracitate (niente colpi di scena stupidi, grazie a dio).
Dicevo poc’anzi però che difficilmente i videogiochi riescono a regalarmi questa specifica soddisfazione – le due saghe citate, assieme ad Ace Attorney che sta prendendo polvere nella mia lista di Steam ormai da un decennio, sono diventate così popolari anche per la peculiarità del loro gameplay nel panorama odierno, che fonde puzzle, visual novel e a volte anche inusuali minigiochi. Sono quindi sempre contenta di poter testare e segnalare altri giochi che scavano a piene mani nel mystery strambo per regalarci la gioia di un pazzo pazzissimo giallo interattivo di serie B, siano essi giochi su piccioni avvocati ambientati nella Francia del 1800 (consigliato) o visual novel ambientate nel Giappone degli anni Novanta: è proprio di quest’ultimo videogioco, intitolato Broken Minds e pubblicato da LockedOn nel 2018, che voglio scrivere oggi.
Noa Karada vive da sola, non ha nessun amico e pochi conoscenti, ma i suoi genitori sono un’ingombrante presenza nella sua vita, specialmente quando si autoinvitano a casa sua per cenare a sbafo, giudicare le sue scelte lavorative e chiederle denaro in prestito; è perciò con un certo sollievo che Noa è costretta a lanciarsi dalla finestra per scappare da un incendio che sembra scoppiare durante la cena, preceduto da un’inquietante presenza mascherata da coniglio che aveva bussato sul vetro appena prima che scoppiasse l’allarme. Le indagini però devono partire in ogni caso, dunque Noa decide di affidarsi alla Yamagata Private Detective Agency, nonostante i loro modi sgradevoli ed eccentrici e la loro professionalità assai dubbia… La situazione però non tarda a precipitare quando numerosi cadaveri si aggiungono al mistero, mentre la nostra protagonista deve fare i conti con l’ingombrante presenza dei detective che sembrano più interessati a battibeccare e a compromettere la scena del crimine anziché a risolvere il caso a loro assegnato.
Questo setup un filo peculiare per un’indagine – se non altro perché i detective sono fin da subito presentati come individui non solo strambi ma anche piuttosto svogliati e incompetenti – viene supportato da un sistema di gioco che alterna dialoghi con sprite a schermo in cui occasionalmente potremo scegliere che risposta dare, sequenze di minigiochi che ci permetteranno di unire i puntini sulle dinamiche e le motivazioni del (dei?) misterioso criminale, e momenti in cui potremo selezionare lo stato emotivo di Noa. Quest’ultima fase di gioco è cruciale, poiché in base al mood selezionato con le prime scelte ci imbarcheremo in route drasticamente differenti, in cui molte conversazioni e soprattutto diverse opzioni saranno sbloccate o al contrario rese impraticabili a causa del drastico cambiamento di Noa, aprendo un totale di ben sei route diverse, ciascuna con più finali; è vero che tale varietà è in alcuni casi poco significativa, modificando solo il tono di certi dialoghi, ma rimangono comunque tutte abbastanza interessanti da essere portate a termine, complice il magico pulsante skip seen text, specialmente quando il giocatore riesce a farsi un’idea più precisa di che cosa sta succedendo nella vita di Noa e delle motivazioni del misterioso criminale.
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Quando si esplora l’ambiente si guarda praticamente uno slideshow, ma funziona abbastanza bene.
Questa varietà a livello di meccaniche, per quanto si possa sostanzialmente ricondurre a delle variazioni su tema sul formato visual novel, è ben incorniciata da uno stile grafico altrettanto vario: gli sprite dei personaggi sono cartooneschi, spigolosi e dalle proporzioni esagerate, a metà tra una serie di Cartoon Network e quelle illustrazioni piatte tipiche di certe graphic novel, ma si muovono in un ambiente finto-3D molto realistico e pensato per colpire per il suo contrasto nel momento in cui il giocatore si trova a navigarlo per cercare indizi o per scegliere il personaggio con cui parlare. Si tratta oltretutto di un gioco con un livello di attenzione al dettaglio e di rifinitura davvero sorprendente, considerando il suo stato di super-indie (ha nove recensioni su Steam, al momento!): oltre alle sequenze in cui Noa esplora l’ambiente attorno sé ci sono un paio di animatic piuttosto complesse, menù personalizzati per tutti i minigiochi, musiche originali composte per il gioco e sprite creati appositamente per la risoluzione finale del caso; anche le opzioni di accessibilità e le quality of life features sono tante, ben pensate e rendono l’esperienza di gioco piuttosto rilassante. Senza conoscere la storia del gioco sarebbe difficile sospettare che tutto questo sia il lavoro di un singolo, ma LockedOn specifica che l’unica persona coinvolta in maniera significativa nel progetto è proprio ləi. Ciò dota oltretutto Broken Minds di un’estetica generale molto riconoscibile e soprattutto molto schizofrenica, che ben si adatta al mondo e ai personaggi pensati dallo sviluppatore, che restituiscono un quadro di generica nevrastenia e di interazioni fortemente sopra le righe.
Ciascun personaggio con cui avremo la possibilità di interagire, infatti, sarà o marcatamente stereotipato fino a rasentare la parodia – come i genitori di Noa, talmente sgradevoli da risultare comici – o affetto da ogni sorta di tic, paturnie o instabilità: il capo dell’agenzia YPDA, Takuma Karashi, è un detective che maschera la sua inefficienza con un comportamento tipico dei detective dei gialli, arroganti e capaci di collegare gli indizi più sottili per arrivare ad una conclusione inaspettata, che in Broken Minds però porta solo a connessioni bislacche e insensate; la patologa Yuzuki Hiiro è insicura e morbosa, nonché straordinariamente incompetente, mentre Ume Hakase, l’esperta di tecnologia, si ritiene anche fine psicologa e cerca di scavare nelle improbabili motivazioni dei criminali senza alcuna pretesa di appellarsi ai fatti. Nonostante la profonda introversione e insicurezza, Noa sembra di primo acchito l’unica persona con una parvenza di normalità, fatto che favorisce assai bene l’immedesimazione del giocatore in ogni scena in cui la ragazza si trova costretta ad interagire con i personaggi che la aiuteranno (o la intralceranno) nelle indagini; certo, più il giocatore scava nei possibili scenari di gioco più la facciata di normalità di Noa inizia ad incrinarsi, fino ad arrivare ai veri finali della VN che saranno in grado di fare chiarezza sugli eventi che accadono nel corso della vicenda.
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I detective come raffigurati in un’illustrazione. La mia preferita è la patetica Yuzuki, che però nasconde un segreto...
Eventi che effettivamente si ricompongono in un puzzle piuttosto intrigante: per quanto LockedOn stessə abbia ammesso che iniziare certe route può rovinare in parte la sorpresa che il giocatore dovrebbe provare completando i due True Ending (sconsiglio in particolare la route del Puppet da giocare tra le prime), in generale il mistero è in grado di lanciare al giocatore una quantità importante di domande interessanti, e anche solo la curiosità di vedere i quattro finali principali di ciascuna route spinge a cercare di completare il gioco. Per quanto trovi che la storia manchi di un colpo di scena super incisivo o di un twist che cambi radicalmente le carte in tavola al livello del mio amato Zero Escape, fatto che si soffre particolarmente sul finale, la qualità della narrazione e dei passaggi logici rimane piuttosto alta e permette alla VN di collocarsi tranquillamente in un ottimo posto nell’immaginaria classifica della qualità della scrittura delle sue colleghe di genere (il fatto che questa classifica sia estremamente povera in termini di qualità assoluta è un dettaglio in questo caso secondario). La vera nota dolente di questa visual novel risiede invece nel modo in cui si arriva a ricomporre i pezzi del puzzle.
Già, perché sebbene ritenga che le idee alla base dei minigiochi che costituiranno il modo principale per risolvere i misteri che circondano Noa siano originali e interessanti, la loro realizzazione lascia parecchio a desiderare. I cosiddetti Logic Train sono composti da una ruota delle fallacie, in cui sarà necessario associare ad ogni frase la fallacia logica che la contraddistingue per costruire un’argomentazione, un puppet theatre per ricostruire la scena del delitto e un minigioco in cui si dovranno selezionare le aree cerebrali… rilevanti… per l’affermazione fatta da qualcuno. Sì, l’ultimo è davvero tremendo, soprattutto perché siccome le aree del cervello si palleggiano compiti molto simili ci si troverà a cliccare tutte le aree simili per capire quale coppia è quella giusta, ma anche la ruota è composta da moltissime fallacie che si sovrappongono almeno parzialmente, e il fatto che sia possibile girare la ruota per ottenere un indizio o una penalità in maniera del tutto casuale non fa che contribuire alla frustrazione.
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Lo schermo da cui selezionare le main mood. Non ho screen dei minigiochi perché li ho odiati troppo, ma concederò che sono belli da vedere.
Il teatro dei burattini è invece abbastanza funzionale, anche perché è stato significativamente migliorato dalle build precedenti, almeno a giudicare dai commenti su Steam e itch.io. Si tratterebbe di un’esperienza molto frustrante, se lə sviluppatorə non avesse inserito sia l’opzione di giocare tutti i minigiochi in modalità facile sia quella di saltarli a piè pari, scegliendo invece tra diverse opzioni quella più logica per proseguire con la ricostruzione del caso o con l’obiezione di Noa – presumo che LockedOn si sia resə conto di quanto i minigame stessero impattando negativamente l’esperienza di gioco e in più di una nota alle patch ha reiterato che i Logic Train sono molto difficili (verissimo, anche se per le ragioni sbagliate). L’unico lato positivo di questi segmenti è che i loro tutorial sono accompagnati da uno sprite chibi della stessa Noa davvero adorabile.
Non posso lamentare però molto altro a questo gioco, se non il fatto che all’occasione l’elemento mystery e quello parodistico cozzano tra loro rendendo difficile al giocatore da una parte sentirsi abbastanza coinvolto nel mistero da provare a svelarlo route dopo route, o dall’altra di ridere liberamente delle interazioni disturbanti che si vengono a creare tra questo cast disturbato; per la maggior parte del gioco però ho trovato che Broken Minds riuscisse piuttosto bene ad amalgamare questi generi per tessere una storia in uguale parte appassionante e canzonatoria: il fatto che la personalità frammentata ma seria di Noa sia a messa a confronto con l’assurdità parodistica degli altri personaggi e che ne esca spesso e volentieri perdente (o additata come quella “strana”) indubbiamente è la chiave di volta su cui si regge questo precario equilibrio di genere che tanto amo in giochi come questo – e pazienza se ogni tanto una crepa si allarga in questa costruzione pericolante.
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Sì, Ume, immaginavo. Questa sarà l’interazione più gentile che avrete con lei.
Beyond Broken Minds: due racconti, Prison of Lies e molto altro
Nonostante Broken Minds non abbia raggiunto purtroppo alcuna notorietà, LockedOn è abbastanza affezionatə alla sua ambientazione da aver prodotto, oltre che numerosi fix per il gioco e diversi update nel corso del tempo, anche altri pezzettini del puzzle che rimangono inesplorati nel gioco principale; sono nati così due racconti inclusi nel gioco base, Broken Egg e Broken Spiral, accompagnati dalle adorabili illustrazioni che ho inserito anche nel consiglio, che svelano qualche retroscena del gioco principale e che seguono i detective della YPDA oltre il caso di Broken Minds. La prima di queste infatti narra di una misteriosa sparizione che ha come tema ricorrente le uova, tutta raccontata dal punto di vista della persona scomparsa, mentre la seconda si incentra sul lavoro del misterioso quarto membro della YPDA in incognito, infiltrata nella polizia giapponese. Si tratta di storie scritte proprio come graphic novel, dunque in prima persona e dallo stile parco di descrizioni e ricco di dialoghi colloquiali, che permettono di aggiungere a questo mosaico di personaggi bizzarri almeno un paio di divertenti new entry e di fare luce su alcune delle vicende che erano rimaste in ombra durante il gioco principale, nonostante sia stato annunciato a questo proposito anche un seguito (Broken Spirits) che non ha ancora visto la luce.
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Reiwa compare nel gioco principale come assistente dello psicologo di Noa. Ha una cantilena? Tipo troppo irritante?
LockedOn non è però una one-hit wonder, nonostante il secondo capitolo di Broken tardi ad arrivare: la sua pagina itch conta diversi giochi all’attivo, tra cui Prison of Lies, scritto nel corso di una VN jam e quindi abbastanza corto, ma che costruisce un mistero molto interessante pescando a piene mani proprio dagli Zero Escape, con un cast più serio e meno nevrotico di quello di BM e tanta tanta tensione. Si tratta dell’unico altro gioco dellə sviluppatorə che ho provato, ma anche i due capitoli della saga di Methods sembrano essere dei gialli interessanti e ben rifiniti, giustificando anche il prezzo un po’ più importante – se questo Broken Minds riesce ad appassionarvi, consiglio di tentare l’acquisto.
Sono sempre felice di scoprire sviluppatori che hanno una chiara idea di che cosa vogliono scrivere e che hanno anche le capacità per farlo bene; che poi questi sviluppatori seguano il solco di alcune delle mie serie videoludiche preferite è solo la ciliegina sulla torta; spero dunque di avervi incuriosito abbastanza da dare una chance a questa VN, o perlomeno a giocare Prison of Lies per convincervi che LockedOn merita il vostro danaro. Che poi sono tipo sei euro, eh, intendiamoci.
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klimt7 · 1 year
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Il buio e le stelle
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Nuovi angoli del reale.
Indagare, dove conducano
quelle scale.
Una mattina, che non è niente male
e che la tua curiosità esistenziale
ti stupisce ancora con lo stupore
di quand'eri bambino
preso ad esplorare
di ogni possibilità, le strade.
Allora, come ora
tu non conosci le cose
ma ti ostini, caparbio
a prendere direzioni inusuali.
A incaponirti ad espandere il mondo.
A slabbrare il confine dal tuo cortile
al Buio inspiegabile
che ti aprono dentro, le Stelle.
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youtube
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youtube
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colorfulprincewombat · 10 months
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Nel sottomettermi ai suoi desideri mi sento estremamente appagata, questo non mi rende meno donna o meno libera come si potrebbe semplicemente immaginare, al contrario.
La mia libertà è proprio in questa scelta consapevole, seppur audace e per alcuni versi incomprensibile, di assecondare la mia natura più autentica.
Mi eccitano i suoi ordini perentori e che siano inequivocabili, credibili, inusuali, privi di qualsiasi compromesso, frutto di una maestria fuori da ogni schema.
Sono libera di assecondare le sue voglie e lo faccio perché godo nel farlo, mi eccita sentirmi il collo vestito della sua volontà, le gambe costrette fra loro, talmente costrette che può passarci solo il mio piacere liquido.
Custodisco il mio segreto non perché me ne vergogni, ma perché è una cosa a cui tengo, molto, come fossi un'adolescente con il proprio diario: nel palesarlo lo renderei meno eccitante.
Riflettendoci mi immagino già fra le sue cosce, che mi accarezza la nuca, mi scosta i capelli dopo aver redarguito le mie innumerevoli e provocatorie intemperanze che però adora ascoltare, mi immagino lì a slacciargli le scarpe, per poi farlo di nuovo mio.
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memorieallaluna · 11 months
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Tutti siamo “la persona tossica” per qualcuno. Io sicuramente lo sono stata per lui e mi dispiace tanto, troppo. Ci penso ogni giorno a quanto io ci tenessi a lui, a quanto bene mi ha fatto e quanto male forse io ho fatto a lui. Mi manca, ma so e ho sempre saputo che tra noi non poteva funzionare. Non poteva essere una storia da costruire, con alle spalle tutto quello che io avevo. Sarebbe stato molto probabilmente un errore. A volte l’amore si presenta sotto forme strane, inusuali. Ma la bellezza che mi ha trasmesso lui, io la porto dentro di me sempre.
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abatelunare · 9 months
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Strumenti dell'enfasi
Nella scrittrice napoletana Matilde Serao - che sono andato riscoprendo di recente - non manca mai di colpirmi la tragicità delle vicende, narrate in tono altrettanto tragico. La sua cifra credo sia l'enfasi, per lo meno rispetto alla più asciutta Grazia Deledda. Non è che esageri, ma tende molto alla sottolineatura delle situazioni, attraverso l'impiego di frasi lunghe, elaborate, precise e ricche di particolari. Il suo periodare è poi reso denso da termini quanto meno inusuali. Due hanno attirato la mia attenzione. Il primo è trambasciato, vale a dire afflitto da grande dolore o angoscia (c'entra l'ambascia, eh). Il secondo è l'aggettivo iemale: significa invernale ed è ricavato da hiemalis (derivato a sua volta da hiems, inverno). Mi piace imparare cose nuove…
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diceriadelluntore · 1 year
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Storia Di Musica #275 - AA.VV. - The Indian Runner (O.s.t.), 1991
La colonna sonora di oggi ha una storia davvero particolare. Sean Penn, al suo primo film da regista, ha una folgorazione ascoltando un disco, tanto che decide di scrivere una sceneggiatura basandosi sulla storia raccontata da un brano in particolare: Highway Patrolman di Bruce Springsteen, da quel capolavoro che è Nebraska (1982). Il film, The Indian Runner (1991, in italiano intitolato Lupo Solitario) racconta di Joe e Frank Roberts. Joe è lo sceriffo di una piccola cittadina agricola del Nebraska, Plattsmouth, Frank è un soldato dell'esercito degli Stati Uniti. La vita dei due fratelli separati è scossa dalla morte della madre prima e poi dal suicidio del padre. Frank incontra il fratello dopo essere tornato dalla guerra in Vietnam. È diventato un uomo scontroso e cupo, incapace di starsene fuori dai guai. Joe cerca di ricostruire una vita per lui e per suo fratello, Frank ha una relazione con una ragazza del posto, Dorothy,  con cui avrà un figlio. Quando tutto sembra mettersi per il meglio, Frank dopo un diverbio uccide il gestore del bar della piccola cittadina, Caesar, e scappa, inseguito dal fratello, che combattuto tra il dovere e l’affetto al confine della contea decide... (beh conviene vederlo il film no?). Interpretato tra gli altri da David Morse (Joe Roberts), Viggo Mortensen (Frank Roberts), Valeria Golino (Maria, moglie di Frank), Patricia Arquette (Dorothy, la compagna di Frank), Charles Bronson e Sandy Dennis (i coniugi Roberts) e Dennis Hopper (Caesar, il gestore del bar ucciso da Frank) fu poco distribuito, nonostante sia molto apprezzato dalla critica e abbia una regia particolare, con scelte registiche non canoniche (tra rimandi ai film di John Cassevetes, e scene inusuali cui un parto ripreso quasi in prima persona e scene di nudo maschili). La colonna sonora è divisa in due parti: una su brani classici e l’altra con il contributo di due grandi musicisti, Jack Nitzsche e David Lindley. Nitzsche è stato uno dei grandi produttori, arrangiatori e sessionisti della musica americana: braccio destro di Phil Spector, co autore di numerose hit con Sonny Bono, suonò il piano in alcuni dei più bei dischi dei Rolling Stones (Paint It Black, Let’s Spend The Night Together e le orchestrazioni di You Can’t Always Get What You Want), fido collaboratore di Neil Young, e autore, per limitarci alle colonne sonore, di quelle mitiche di Qualcuno Volò Sul Nido Del Cuculo e de L’Esorcista. David Lindley è un altro pezzo da novanta, definito una volta dalla rivista Acoustic Guitar un maxi-strumentista per la quantità di strumenti che sapeva perfettamente suonare. Produttore di, tra gli altri, Linda Ronstadt, Curtis Mayfield, James Taylor, David Crosby, Graham Nash, Terry Reid, Bob Dylan, Rod Stewart, Joe Walsh, Leonard Cohen, Ry Cooder, Ben Harper e soprattutto Dolly Parton. Suonò anche con un interessantissimo gruppo sperimentale, i Kaleidoscope, ed è uno dei maggiori collezionisti di strumenti al corda del pianeta. I due scrivono le musiche, per lo più strumentali, che accompagnano le immagini del film, tra meraviglie come Flop House, Brothers, Indian Summer e My Brother Frank che termina con i titoli di coda. La prima parte invece racchiude alcuni gioielli della stagione d’oro del rock, che sebbene non legati filologicamente con il periodo della nostra storia, sono scelte azzeccatissime. Si inizia con Feelin’ Alright, nella versione originale dei Traffic (e portato al successo da Joe Cocker), che sfuma poi nella dolcezza di Comin’ Back To Me dei Jefferson Airplane, da quel manifesto della psichedelia che fu Surrealistic Pillow (1967, che inizia con Marty Balin che canta così “The summer had inhaled and held its breath too long\The winter looked the same, as if it never had gone\And through an open window where no curtain hung\I saw you\I saw you\Comin' back to me). Poi arriva la forza di Fresh Air, dei Quicksilver Messenger Service, altra meraviglia della San Francisco rock, da Just For Love (1970), primo disco con il ritorno in formazione di  Chester William "Chet" Powers Jr., meglio conosciuto con i suoi nomi d’arte di Dino Valenti e Jesse Oris Farrow (il primo usato prima del suo arresto per possesso di droga, il secondo dal 1970 in poi). Arriva poi Green River, grande classico dei Creedence Clearwater Revival, dall’omonimo album del 1969 (anno in cui registrarono tre dischi capolavoro), e ispirato ad un ricordo d’infanzia di John Fogerty (il Green River era anche il gusto di una famosa bevanda zuccherina per adolescenti). Penn chiama due sue amici, Eric e Brett Haller, a suonare una dolce Brothers For Good, e tra l’altro dopo questa esperienza i due non hanno più suonato in maniera ufficiale in nessun disco che io sia capace di rintracciare. Chiudono poi due capolavori: la Summertime di Janis Joplin, dal capolavoro di George Gershwin per l’opera Porgy And Bess del 1935,e qui lacerata dalla voce unica e inimitabile di Joplin, segnando un’epoca; I Shall Be Released è una canzone di Bob Dylan del 1967, ripresa in Music From The Big Pink (1968) dal grandioso gruppo canadese della The Band, con Richard Manuel alla voce solista, e Rick Danko e Levon Helm alle armonie vocali, uno dei primi brani di Dylan profondamente religiosi, giocato sul simbolismo della redenzione mistica con il rilascio di un detenuto. La canzone, che era presenta nei leggendari Basement Tapes, è una delle più utilizzate di sempre come cover, con centinaia di rivisitazioni. E la canzone di Springsteen da cui tutto parte? Non si è mai capito perchè non compaia, tutta via Springsteen è accreditato come co-sceneggiatore originale. La canzone, ridotta all’osso e malinconica come tutto quel leggendario album, sembra un racconto, ed inizia così:
My name is Joe Roberts, I work for the state I'm a sergeant out of Perrineville, barracks number eight I always done an honest job, as honest as I could I got a brother named Franky, and Franky ain't no good.
P.S. La storia anticipa ad oggi perchè domani vi farò vedere dove sono per un lieto evento.
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curiositasmundi · 11 months
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Nelle ultime settimane sui social network sono circolati molto alcuni screenshot che mostrano messaggi di testo contenuti in un fumetto bianco, sovrapposti a una mappa della Striscia di Gaza dai colori inusuali: la terra è rosa, il mare lilla. «Non so quanto vivrò, quindi voglio solo condividere questo mio ricordo qui prima di morire. Non lascerò la mia casa, accada quel che accada. Il mio più grande rimpianto è non aver baciato un ragazzo. È morto due giorni fa. Ci eravamo detti quanto ci piacevamo, ma l’ultima volta ero stato troppo timido per baciarlo. È morto nel bombardamento. Penso che sia morta anche una grande parte di me. E presto morirò anch’io. A Younus, ti bacerò in paradiso», dice il messaggio che è circolato di più.
L’immagine proviene da un sito creato nel 2017 dal canadese Lucas LaRochelle per un corso universitario, che negli ultimi sei anni è diventato uno spazio digitale molto amato da decine di migliaia di utenti LGBTQ+: si chiama Queering the Map, “rendere queer la mappa”. “Queer” è la parola che in inglese letteralmente significa “strano”, e che fu a lungo usata in modo dispregiativo per rivolgersi a persone omosessuali, con identità sessuali non conformi o che semplicemente si discostavano dai comportamenti ritenuti appropriati per il loro genere. Nel tempo però la comunità LGBTQ+ l’ha rivendicata, e oggi è usata comunemente come termine ombrello che comprende persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, non binarie, intersessuali, asessuali e così via (è la Q della sigla LGBTQ+).
Un altro messaggio pubblicato su Queering the Map e circolato in questi giorni fa riferimento al fatto che da anni sia praticamente impossibile per i palestinesi lasciare liberamente la Striscia di Gaza. «Ho sempre immaginato io e te seduti fuori al sole, mano nella mano, finalmente liberi. Ma ora te ne sei andato. Se avessi saputo che le bombe che piovono su di noi ti avrebbero portato via da me, ti avrei detto che ti adoravo più di ogni altra cosa. Mi dispiace di essere stato un codardo». «Per favore sappiate che nonostante quello che dicono i media, i palestinesi gay esistono. Siamo qui, e siamo queer. Palestina libera», dice un post geolocalizzato vicino alla città palestinese di Khan Younis, verso la quale migliaia di persone sono fuggite dopo l’ordine di evacuazione ricevuto dall’esercito israeliano.
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