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#istituzioni totali
gregor-samsung · 2 months
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" Nel 1925, un manifesto di artisti francesi che si firmavano la « revolution surrealiste », indirizzato ai direttori dei manicomi, cosi concludeva: « Domattina, all’ora della visita, quando senza alcun lessico tenterete di comunicare con questi uomini, possiate voi ricordare e riconoscere che nei loro confronti avete una sola superiorità: la forza ». Quarant’anni dopo - legati come gran parte dei paesi europei, ad una legge antica ancora incerta fra l’assistenza e la sicurezza, la pietà e la paura - la situazione non è di molto mutata: limiti forzati, burocrazia, autoritarismo regolano la vita degli internati per i quali già Pinel aveva clamorosamente reclamato il diritto alla libertà… Lo psichiatra sembra, infatti, riscoprire solo oggi che il primo passo verso la cura del malato è il ritorno alla libertà di cui finora egli stesso lo aveva privato. La necessità di un regime, di un sistema nella complessa organizzazione dello spazio chiuso nel quale il malato mentale è stato isolato per secoli, richiedeva al medico il solo ruolo di sorvegliante, di tutore interno, di moderatore degli eccessi cui la malattia poteva portare: il valore del sistema superava quello dell’oggetto delle sue cure. Ma oggi lo psichiatra si rende conto che i primi passi verso la « apertura » del manicomio producono nel malato una graduale trasformazione del suo porsi, del suo rapporto con la malattia e col mondo, della sua prospettiva delle cose, ristretta e rimpicciolita, non solo dalla condizione morbosa, ma dalla lunga ospedalizzazione. Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale… viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione… "
Franco Basaglia, Le istituzioni della violenza, in:
AA. VV., L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, (a cura di Franco Basaglia; collana Nuovo Politecnico, n° 19), Giulio Einaudi editore, 1974⁷ [1ª edizione 1968]; il brano citato si trova alle pp. 129-130 (corsivi dell’autore).
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colonna-durruti · 1 year
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Ciò che dovremmo ricordare
_le istituzioni totali sono gli ingranaggi della macchina totalitaristica e in ultima analisi non sono altro che l'espressione più efficiente dei modelli produttivi capitalistici
_l'obbedienza non è un valore
_la disumanizzazione dell'altro è ciò che ha consentito lo scatenarsi di un odio feroce fomentato dai grandi proprietari delle fabbriche e dai loro rappresentanti politici che inizialmente videro nel nazismo un argine alle conquiste sociali dei lavoratori
_la propaganda è il veleno con il quale sono state infettate intere generazioni
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bitcoinreportitalia · 1 month
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💰 1. BlackRock vs Grayscale: Sfida per il Trono di Bitcoin
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🌟 Entro 3 settimane, l'ETF Bitcoin di BlackRock potrebbe superare il Grayscale Bitcoin Trust (GBTC) in termini di BTC totali detenuti. Se i flussi attuali rimangono stabili, il sorpasso potrebbe avvenire addirittura entro 10 giorni.
🌟 Cosa significa?
🌟 BlackRock, un gigante finanziario con $10 trilioni di asset in gestione, diventerebbe il più grande holder di Bitcoin, confermando l'ingresso ufficiale delle grandi istituzioni nel mondo crypto. 🌟 Declino di Grayscale: GBTC, che ha dominato il panorama per anni, vedrebbe la sua posizione di leader messa in discussione. Il deflusso di capitali potrebbe accelerare, alimentando la volatilità di Bitcoin. 🌟 Vittoria per Bitcoin? L'ascesa di BlackRock potrebbe portare a una maggiore adozione di Bitcoin da parte del pubblico, ma potrebbe anche centralizzare il potere e la governance del sistema.
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lamilanomagazine · 2 months
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Emilia Romagna, al via il primo bando regionale di 'basket bond': messo a disposizione delle aziende un fondo di garanzia da 25 milioni di euro
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Emilia Romagna, al via il primo bando regionale di 'basket bond': messo a disposizione delle aziende un fondo di garanzia da 25 milioni di euro.  Tra gli interventi previsti: la riqualificazione energetica, l'utilizzo di energie rinnovabili per gli impianti, i processi di economia circolare e la transizione ecologica. Bper Banca attraverso la direzione Corporate Investment Banking aiuterà le imprese emittenti a strutturare il proprio mini-bond. L'operazione è possibile grazie a un protocollo d'intesa siglato tra la Giunta regionale e Cassa Depositi e Prestiti Bologna – Dagli investimenti per la riqualificazione energetica e l'utilizzo di energie rinnovabili, associati anche a opere di miglioramento e adeguamento sismico, fino agli interventi per lo sviluppo di impianti e processi di economia circolare e per la transizione ecologica delle imprese. Sono questi gli obiettivi degli investimenti che le aziende dell'Emilia-Romagna potranno finanziare con il primo bando regionale di emissione di basket bond da 100 milioni di euro grazie alla garanzia messa a disposizione dalla Regione pari a 25 milioni. Con un canale di accesso al credito alternativo al tradizionale canale bancario, viale Aldo Moro punta a sostenere investimenti delle imprese in linea con l'obiettivo e le risorse del programma regionale Fesr 2021-2027 sui temi di sostenibilità, decarbonizzazione, biodiversità e resilienza. Oggi a Bologna, nella sede della Regione, la presentazione del primo bando regionale con gli assessori regionali Vincenzo Colla (Sviluppo economico e Green economy) e Paolo Calvano (Bilancio), il vicedirettore generale e direttore business di Cdp, Massimo Di Carlo e Marco Mandelli, chief Corporate & Investment Banking Officer di Bper Banca. Nel dettaglio, l'operazione poggia sul protocollo d'intesa siglato tra la Giunta regionale e Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che ha avviato un rapporto di collaborazione proprio per promuovere l'emissione di obbligazioni da parte delle piccole e medie imprese della Emilia-Romagna. Inoltre, la garanzia rilasciata dalla Regione consentirà lo sviluppo di un volume di credito complessivo pari a quattro volte il fondo messo a disposizione, per un totale appunto di 100 milioni di euro. Bper Banca aiuterà le imprese emittenti a strutturare il proprio mini-bond, quale arranger del programma, e, insieme a Cassa Depositi e Prestiti, agiranno come investitori, sottoscrivendo ciascuna il 50% delle emissioni totali. "Un aiuto concreto alle imprese dell'Emilia-Romagna per investimenti all'insegna della sostenibilità, decarbonizzazione, biodiversità e resilienza- hanno detto Colla e Calvano-. Questi strumenti di finanziamento parallelo al sistema bancario sono finalizzati proprio a consentire l'accesso al mercato dei capitali a medie imprese o a quelle società a piccola e media capitalizzazione che, altrimenti, non avrebbero singolarmente l'appetibilità per attrarre a sé investimenti da parte di investitori qualificati e istituzionali". "Con il nuovo programma presentato oggi, prosegue e si rafforza il percorso di Cdp al fianco delle imprese del territorio, in sinergia con le istituzioni e il sistema bancario- ha dichiarato Di Carlo-. L'utilizzo dei Basket Bond e della garanzia regionale rappresenta un enorme opportunità di sviluppo per le aziende in quanto, grazie all'importante effetto leva presente in queste strutture, per ogni euro di risorse pubbliche impiegate vengono mobilitati quattro euro di finanziamenti per le Pmi della Regione. Inoltre, Cdp si conferma leader di mercato avendo partecipato a tutte le principali operazioni di Basket Bond in Italia, dal programma dedicato agli obiettivi Esg a quello per la promozione dell'innovazione tecnologica, che hanno visto coinvolte più di 240 società, per un importo di emissioni totali che supera il miliardo di euro". "Bper Banca partecipa attraverso la direzione Cib- ha spiegato Mandelli - a questa importante operazione dimostrando ancora una volta una grande attenzione per la crescita delle imprese del territorio, con focus particolare rivolto alla transizione energetica. Abbiamo una struttura che ci consente ormai di intercettare aziende di dimensioni diverse e con necessità strategiche differenti, offrendo strumenti di finanziamento tradizionali o altri più moderni e alternativi" Il bando I basket bond sono pacchetti di mini-bond emessi dalle imprese: possono accedere allo strumento le Pmi con almeno una sede operativa in Emilia-Romagna, a eccezione delle imprese operanti nel settore dell'agricoltura e della pesca e dell'acquacoltura. I mini-bond vengono ceduti, attraverso un articolato sistema di cartolarizzazione, a investitori istituzionali. I basket bond rappresentano lo strumento principale attraverso cui la Regione può sostenere l'accesso a canali alternativi di finanziamento per le imprese del territorio. Tra le caratteristiche del programma di emissione, sono previsti tagli dei mini-bond da un minimo di 2 a un massimo 4,8 milioni di euro, con una durata fino a 8 anni e possibile preammortamento fino a 24 mesi. Grazie alla presenza della garanzia regionale di prima perdita, le imprese emittenti conseguiranno un importante risparmio in termini di minor costo del credito.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 7 months
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Franca Ongaro Basaglia
Un odore spaventoso che ti impregnava i vestiti e che non ti andava via neanche quando tornavi a casa, ti facevi la doccia e ti cambiavi. L’odore del manicomio. Odore di chiuso, di feci, di orine e di sofferenza.
Franca Ongaro scrittrice, attivista e politica italiana, è stata protagonista, insieme al marito, Franco Basaglia, del movimento della Psichiatria Democratica.
Nata a Venezia, il 15 settembre 1928, era all’ultimo anno del liceo classico, nel  1945, quando ha incontrato uno studente di medicina che, nel 1953, è diventato suo marito e il compagno di vita e battaglie.
I suoi interessi, all’inizio, erano rivolti verso la letteratura, ha pubblicato diversi racconti per l’infanzia, una riduzione dell’Odissea (illustrata da Hugo Pratt) e un’altra del romanzo Piccole donne, sul Corriere dei Piccoli.
Quando, negli anni sessanta, Franco Basaglia, da medico ha abbandonato la carriera accademica per tentare la strada della pratica clinica, entrando nell’ospedale psichiatrico di Gorizia, dove è iniziata la “rivoluzione psichiatrica” proseguita poi a Trieste, Franca Ongaro ha stravolto i suoi interessi e si è dedicata completamente alle pratiche di rottura istituzionale attuate in quegli anni.
Col marito e con il gruppo di psichiatri e intellettuali radunati attorno a loro, ha scritto, curato e tradotto i testi che testimoniano il prezioso lavoro che, scuotendo le fondamenta dell’istituzione ospedaliera, ha portato alla legge 180, che ha portato la chiusura dei manicomi in Italia.
Due suoi testi, Commento a E. Goffman, La carriera morale del malato di mente e Rovesciamento istituzionale e finalità comune, fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro di apertura dell’ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos’è la psichiatria (1967) e L’istituzione negata (1968). È stato grazie alle sue traduzioni di Asylums (1969) e Il comportamento in pubblico (1971) che l’Italia ha potuto leggere i testi di Erving Goffman, ha tradotto e introdotto anche il lavoro di Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972).
È stata coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia, L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico (del 1968), Morire di classe (1969), La maggioranza deviante (1971), Che cos’è la psichiatria (1974), I crimini di pace (1975) fino alle Condotte perturbate, uscito in Francia nel 1987.
Ha portato, nel continuo scambio di idee col coniuge e nel gruppo di lavoro, il prezioso contributo della sociologia, di cui era appassionata pur non avendo una formazione accademica, che all’epoca era molto lontana dal contesto della psichiatria.
Ha curato la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia, morto prematuramente nel 1980, appena un paio d’anni dopo l’approvazione della legge che porta il suo nome.
È autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla bioetica, sulla condizione femminile, sulle pratiche di trasformazione delle istituzioni totali. Tra i suoi testi principali ci sono i volumi Salute/malattia. Le parole della medicina (1979), raccolta dei lemmi di sociologia della medicina scritti per l’Enciclopedia Einaudi; Manicomio perché? (1982); Una voce. Riflessioni sulla donna (1982) in cui ella stessa parla del rischio di ritrovarsi «relegata a preparare il latte caldo ai rivoluzionari» e che include la voce donna della Enciclopedia Einaudi.
Tra i saggi, Eutanasia, in Le nuove frontiere del diritto, Democrazia e Diritto, n. 4 – 5, Roma, 1988; Epidemiologia dell’istituzione psichiatria. Sul pensiero di Giulio Maccacaro (1997); Eutanasia. Libertà di scelta e limiti del consenso in Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella società contemporanea del 2001.
Attiva in politica, si è impegnata, come parlamentare, affinché la legge 180 non venisse snaturata o archiviata, promuovendo una maggiore comprensione dei temi relativi alla salute mentale da parte della classe politica e di chi nell’amministrazione era poco favorevole al cambiamento.
Da senatrice della Sinistra Indipendente, per due mandati, dal 1983 al 1992, è stata leader della battaglia parlamentare e culturale per l’applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, da cui è scaturito il testo base del primo Progetto obiettivo salute mentale (1989). Ha collaborato alla stesura delle varie disposizioni regionali che hanno diffuso maggiormente la cultura dell’accoglienza delle persone malate psichiatriche nelle più diverse zone del Paese.
Franca Ongaro, si è tanto spesa per la condizione femminile. Avendo avuto occasione di incontrare molte pazienti psichiatriche, ha visto l’impatto della malattia mentale su di loro e verificato che spesso che la causa dell’internamento era dovuta a semplici atti di ribellione contro il patriarcato e l’ordine costituito dominato dai maschi.
Nel luglio 2000 ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and Mental Health e nell’aprile 2001 l’Università di Sassari le ha conferito la Laurea Honoris Causa in Scienze Politiche.
Franca Ongaro ha lasciato la terra il 13 gennaio 2005 a Venezia, lasciandoci diverse eredità, prima di tutto, la capacità di conferire al proprio lavoro un valore politico, agendo sulle contraddizioni e lottando contro ogni facile riduzionismo della realtà. Guardando alle sue azioni, resta l’insegnamento di proseguire ad accogliere le persone diverse da noi, spalancando non soltanto le porte delle istituzioni ma delle nostre menti. Si tratta di tenere aperta una finestra sull’impossibile, la stessa da cui Basaglia e Ongaro scelsero di iniziare a guardare i panorami di quell’utopia della realtà che avrebbe costituito gli scenari di Gorizia e Trieste.
Il suo pensiero e la passione civile di una vita per tutelare i diritti delle persone più deboli continuano a essere un faro che illumina la strada che dobbiamo ancora percorrere.
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scienza-magia · 10 months
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Aumentano gli attacchi a siti web italiani da parte di "hacker di Stato"
Hacker, boom di attacchi cyber in Italia: oltre 90 eventi al mese. Oltre mille (1.094) incidenti informatici trattati, per una media di circa 90 eventi al mese, con un picco di 118 a febbraio 2022. Di questi, 126 hanno avuto un impatto confermato dalla vittima, per una media di 10,5 incidenti al mese. Sono i dati contenuti nella Relazione annuale dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) presentata al Parlamento. L’anno scorso, a causa anche del conflitto in Ucraina, sono infatti aumentati gli attacchi informatici in Italia e nel mondo. «Nel corso del 2022 - si legge nella Relazione - è stato osservato, a livello globale, un deciso aumento di attività malevole ai danni di settori governativi e infrastrutture critiche. L'Italia è risultata tra i Paesi maggiormente interessati dalla diffusione generalizzata di malware e da attacchi cibernetici mirati, specie in danno del comparto sanitario e di quello energetico».
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Dalla diffusione di malware tramite email al phishing, dunque, gli attacchi hanno riguardato sia il settore pubblico che privato e sono stati condotti da 20 diverse gang di criminali, tra le quali le più attive sono risultate «LockBit», «Conti» e «AlphaVM», responsabili della metà degli eventi totali. Nel corso del 2022, infatti, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha gestito 160 attacchi cyber contro istituzioni pubbliche nazionali. Di questi, 57 hanno avuto un impatto confermato dai soggetti colpiti, «procurando talvolta il malfunzionamento dei sistemi e conseguenti ritardi nell'erogazione dei servizi». Considerando la frequenza e l'impatto (una media di oltre un incidente a settimana) delle diverse tipologie di eventi, è emerso come il ransomware sia stata l'attività più sfruttata per gli attacchi contro le istituzioni pubbliche, seguita da attacchi di tipo DDoS e dall'infezione dei sistemi tramite altri tipi di malware. In particolare, mentre le amministrazioni centrali dello Stato sono state colpite in prevalenza da DDoS, il settore sanitario, i Comuni e le Regioni sono bersaglio principalmente di ransomware. Dall’analisi e dalla successiva classificazione dei 1.094 eventi cyber è stato possibile individuare le tipologie: 594 riguardano diffusione malware tramite email, 204 brand abuse, 203 pishing, 130 ransomware, 102 information disclosure, 87 sfruttamento vulnerabilità verso web servere, 74 scansioni, 67 esposizioni dati, 64 tentativi di intrusione tramite credenziali, 44 DDoS, 42 smishing, 38 compromissione casella email mentre 38 da malware Read the full article
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Luca De Meo richiama Bruxelles alla realtà
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I nodi su cui il presidente di Renault richiama la commissioni europea sono essenzialmente tre: il ruolino di marcia verso la decarbonizzazione ritenuto troppo severo, con tempi troppo stretti, una regolamentazione costosa per le case, ma soprattutto la non sufficiente comprensione del fatto che l'industria dell'automobile viene messa seriamente a repentaglio la propria competitività nei confronti di Usa e Cina. In altri termini, si rischia la deindustrializzazione. Ne ha parlato il ceo del gruppo Renault, Luca de Meo, nelle vesti di nuovo presidente dell’Acea, l’associazione dei car-maker europei. I costruttori vogliono ottenere l’attenzione della politica. «La posta in gioco è molto alta», ha detto de Meo, illustrando l’iniziativa. La direttrice generale di Acea, Sigrid de Vries, ha ricordato che il 2022 è stato un anno durissimo (complici le difficoltà sul fronte energetico, delle materie prime e degli approvvigionamenti di componenti) sul piano dei volumi, scesi ai minimi da tre decadi, 9,2 milioni di unità. Un rimbalzo intorno al 5%, a 9,8 milioni, è atteso per l’anno appena iniziato. «Equivarrebbe comunque a un 25% sotto il livello del 2019, segno che l’industria è ancora in condizione di fragilità». «Nello stesso periodo la quota di mercato interno delle case automobilistiche europee è scesa di 7 punti, al 70%. E recenti decisioni politiche rischiano di mettere l’industria automobilistica europea ancora più in difficoltà», creando una «situazione sfavorevole rispetto ai concorrenti cinesi e americani». «Mentre l’approccio dell’Europa è quello di regolamentare la strada verso emissioni zero, altre regioni del mondo stanno incentivando quella strada. Gli Stati Uniti e la Cina stanno sostenendo e stimolando in maniera massiccia la loro industria, in particolare attraverso l’Inflation Reduction Act (Ira) e il piano Made in China 2025 (Mic)». Quanto pesa l’industria dell’Auto Ma de Meo ha tenuto a premettere che la severità di Bruxelles nei confronti delle quattro ruote (che dovranno ridurre la emissioni di CO2 del 100% entro il 2035, mentre per l’industria dell’energia di parla del 70% e per il resto dei trasporti del 50%) va a impattare con quello che rappresenta un’industria di primaria importanza per l’economia del continente: «Parliamo di quasi 13 milioni di posti di lavoro in Europa, il 7% del totale. E del 30% delle spese totali in R&S nel continente, in tutti i settori. Parliamo dei veicoli, auto, veicoli commerciali e camion che assicurano ogni giorno l’80% della mobilità di persone e merci in chilometri. Si prevede che queste percentuali rimarranno molto simili fino al 2050». Dati che dovrebbero fare riflettere. «La risposta delle istituzioni europee - ha chiarito de Meo - è di fondamentale importanza. Abbiamo bisogno delle istituzioni dalla nostra parte. Abbiamo bisogno che siano coerenti, che si basino sui fatti e che organizzino i vari settori e le parti interessate. Chiediamo all’Europa di mettere in atto una politica industriale automobilistica ambiziosa, in grado di rivaleggiare con quelle di altre regioni del mondo, salvaguardando e promuovendo al contempo il libero scambio su scala globale». Con Euro 7 fabbriche chiuse E invece, per cominciare, c’è la proposta Euro 7, la normativa che regolerebbe le emissioni diesel dal 2025. Ma non solo. De Meo ha criticato anche il pacchetto “fit for 55” e il bando dei motori endotermici dal 2035. «Nella sua forma attuale, l’Euro 7 secondo i nostri ingegneri, potrebbe aumentare il costo delle auto in media di 1.000 euro: significa raddoppiare il prezzo finale. Con tale incremento stimiamo una sostanziale riduzione del mercato delle auto nuove, di circa il 7%. Sappiamo che le persone manterranno le auto vecchie più a lungo o acquisteranno auto usate invece di nuove. Sta già accadendo e il parco circolante sta invecchiando ovunque». In effetti l’età media delle auto europee è salita ancora, a 12 anni, nel 2021. Secondo l’Acea si potrebbe ottenere un rapporto costi-benefici di gran lunga migliore se si riorientassero «gli enormi investimenti che sarebbero richiesti dall’Euro 7, allocandoli per accelerare l’elettrificazione, rendere i veicoli elettrici più convenienti o ridurre le emissioni dell’attuale flotta», ad esempio tramite carburanti a basse emissioni. Il capo della Renault ha messo in guardia dalle illusioni: i veicoli tradizionali «saranno la maggioranza del parco auto anche oltre il 2050; se vogliamo arrivare a 0 per allora, dovremmo affrontare anche questa sfida e questa è una parte della verità». In definitiva la proposta Euro 7 nella sua forma attuale «avrà un forte impatto sulla nostra attività e sulle nostre persone. Le scadenze sono troppo brevi. Soltanto in Renault potrebbe portare alla chiusura di almeno quattro stabilimenti in breve tempo». Scontro ad armi impari con Usa e Cina Last but not least, il confronto, durissimo, con Stati Uniti e Cina. I primi, forti di una recente legge, la Inflation reduction act (IRA) che stanzia quasi 300 miliardi di dollari per incentivare produzione e acquisto di auto elettriche, ma anche la produzione negli States, attraendo anche aziende europee. Il rischio è la desertificazione industriale in Europa. Gli alleati di sempre sono scesi su un piano di forte competizione e negli ultimi mesi non sono mancati i momenti di confronto duro. «Attraverso l’IRA vediamo gli Stati Uniti stimolare la loro industria nella transizione ecologica, mentre l’approccio dell’Europa è quello di regolamentare il settore, spesso in modo non sincronizzato», è stata la critica di de Meo. Anche in Italia esplode il fenomeno dei coding bootcamp: corsi da tre a sei mesi per diventare programmatori, data analyst o tecnici di cybersecurity. Con il 95% di corsisti assunti, anche dalle multinazionali... Quanto ai cinesi, con il supporto della finanza locale, hanno superato ogni gap tecnologico e si apprestano a invadere il nostro mercato dopo avere spinto la quota dell’elettrico al 30% del mercato interno. Loro hanno massima accessibilità alle materie prime (delle batterie, in particolare), l’Europa deve importare praticamente tutto. A Davos la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen ha annunciato il “Net-Zero Industry Act”, la costosa risposta europea ai rivali globali: oltre 500 miliardi di euro. Ora si discute su una bozza intitolata “Un piano industriale Green Deal per l'era Net-Zero”, che ha l’obiettivo di «sostenere la produzione industriale di tecnologie chiave per l'Ue». Il nuovo pacchetto green della Commissione Ue. Basterà? Si parla di più incentivi e crediti di imposta per le tecnologie pulite (con un allentamento della stretta sugli aiuti di Stato), un quadro normativo più semplice e obiettivi industriali per garantire che le dipendenze strategiche non mettano a rischio la transizione ecologica ed energetica. La Commissione europea la comunicherà domani. Il pacchetto sarà discusso dal Parlamento europeo e dai leader dell'Ue a Bruxelles il 9 e 10 febbraio. «Quello che chiediamo oggi - ha concluso de Meo - è un approccio strategico, una visione aperta, un programma realistico e, soprattutto, l’opportunità di collaborare e portare la voce dell’industria automobilistica nel dibattito. Quello che offriamo è la nostra determinazione a raggiungere gli obiettivi che ci vengono assegnati, la trasparenza e un approccio basato sui fatti, oltre al lavoro quotidiano di milioni di persone». Read the full article
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avvocatoreale · 1 year
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Resoconto del Convegno sul Codice rosso del 17/11/2022 organizzato dall’Associazione Avvocati nella Polis
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Con l’accreditamento del Consiglio Nazionale Forense, il 17/11/2022 si è tenuto il Convegno online promosso dall’Associazione Avvocati nella Polis, sulla piattaforma Microsoft Teams, avente come titolo: “TRE ANNI DI CODICE ROSSO: Un bilancio della Legge 69/2019 a tre anni dalla sua entrata in vigore”.
Sono intervenuti, nell’ordine, come relatori, la Dott.ssa Livia Locci, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, la Dott.ssa Giulia Marzia Locati, Giudice della Sezione Terza Penale del Tribunale di Torino e l’Avv. Daniela Rossi, Avvocato del Foro di Torino.
A moderare l’incontro è stato l’Avv. Fabrizio Reale, Avvocato del Foro di Torino e Presidente dell’Associazione Avvocati nella Polis che ha organizzato l’evento formativo il quale ha comportato l’attribuzione di 2 crediti formativi in materia di diritto penale.
Il Presidente dell’Associazione Avvocati nella Polis ha curato l’introduzione ai temi del convegno anche con l’ausilio di alcune slides che forniscono, anzitutto, alcuni dati statistici relativi ai reati di violenza domestica e di genere diffusi dall’Istat.
Il primo dato, quello più estremo, attiene all’andamento negli anni dei femminicidi in Italia.
Le donne vittime di omicidio volontario, in Italia, nell’anno
- 2019: erano state 111;
- 2020: erano state 116, (lo 0,38 per 100.000 donne).
- 2021: erano state109;
- 2022: sino a Giugno erano 51.
Risulta quindi verosimile pensare che anche nell’anno 2022 il dato finale sarà in linea con quello degli altri anni secondo una sin troppo facile proiezione.
È seguita a questo punto l’esposizione e la rappresentazione di tre grafici, con relative tabelle riepilogative, che danno conto di quanto segue.
 - GRAFICO 1: vittime di omicidio volontario divise per genere negli anni dal 1992 al 2018
La serie storica degli omicidi per genere (Grafico 1) mostra come siano soprattutto gli omicidi di uomini a essere diminuiti in 26 anni (da 4,0 per 100.000 maschi nel 1992 a 0,7 nel 2018), mentre le vittime donne di omicidio sono rimaste complessivamente stabili (da 0,6 a 0,4 per 100.000 femmine).
Il calo differenziale nel periodo tra i due sessi è stato favorito anche dalla contrazione degli omicidi legati alla criminalità organizzata, che coinvolgono – esclusivamente o quasi – gli uomini. Questa statistica, peraltro, conferma anche una tendenza ormai ben nota, quella per cui la criminalità organizzata è meno contrassegnata dalla commissione di reati violenti avendo attualmente più l’ambizione di infiltrarsi nelle istituzioni in modo da controllare la politica e da inserirsi nei gangli del tessuto economico del Paese e si sta sempre di più trasformando in una criminalità dei colletti bianchi.
- GRAFICO 2: vittime di omicidio secondo la relazione con l’omicida, divise per genere, negli anni dal 2005 al 2020
Come si può constatare, mentre nel caso di omicidi di uomini, nella maggioranza dei casi l’omicida è uno sconosciuto o non identificato, nel caso degli omicidi che colpiscono le donne, nella metà dei casi circa, l’autore è il partner o l’ex partner.
GRAFICO 3: misura il rapporto tra gli omicidi volontari di donne totali e omicidi da parte del partner in alcuni Paesi dell’Unione europea - anno 2019
Come si vede in Italia (seguita solo da Grecia e Irlanda), questo rapporto si assottiglia molto perché i valori, sono rispettivamente 0,4 e 0,2 (ogni 100.000 donne): vi è in sostanza una coincidenza più alta tra omicidio e omicidio da parte del partner.
 Questi dati si riferiscono dunque a rilevazioni che si estendono al massimo fino al 2020.
È Interessante capire se vi sia stata una recrudescenza durante il lockdown e l’epidemia per via della convivenza forzata in ambiente domestico: in effetti si ha un dato alquanto significativo, quello delle chiamate al numero 1522. Si è riscontrato quanto segue: rispetto al quarto trimestre 2020, il quarto trimestre 2021 ha fatto registrare un INCREMENTO DELLE CHIAMATE, PASSATE DA 6.858 A 11.337, CON UN +65%, precisando comunque che nel dato sono comprese le chiamate per ricevere INFORMAZIONI, queste sono passate da 954 chiamate a 3.739 (+292%).
La PANDEMIA, come confermano anche gli avvocati familiaristi, ha segnato proprio un momento di crisi della famiglia, ma se in certi casi la conflittualità è degenerata, non si è più nel semplice perimetro della crisi familiare, bensì in quello della commissione di reati, anche gravi.
 Da mettere in rilievo anche una proposta di legge del 2022 a cui aveva lavorato la XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, che poi non ha avuto seguito: è la proposta FRASSINETTI, FRAGOMELI e SPADONI riguardante l’introduzione di DISPOSIZIONI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE. La proposta riguardava la possibilità di INTRODURRE AGEVOLAZIONI FISCALI PER CHI ASSUME CON CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO VITTIME DI VIOLENZA inserite cioè in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai Centri anti-violenza o dalle Case Rifugio; inoltre si prevedeva una QUOTA DI RISERVA sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati in favore delle donne vittime di violenza di genere.
Sono queste misure che potrebbero rivelarsi preziose e che tengono conto del fatto che spesso la violenza trova il suo presupposto nella mancanza di indipendenza economica della vittima che non lavora e teme di denunciare perché rimarrebbe (insieme ai figli, a volte minorenni), priva di sostentamento.
È un dato di fatto, peraltro, che ancor oggi spesso a parità di lavoro, di mansioni, gli uomini percepiscano di più delle donne e si registrano molte altre di queste discriminazioni nel mondo del lavoro.
Non solo le leggi in materia penale possono dunque intervenire per contrastare il fenomeno delle violenze domestiche, ma anche in altri settori.
Peraltro, ha sottolineato ancora l’Avv. Reale, non si può pensare che tutto debba essere sempre risolto da magistrati, avvocati e dalla Giustizia in genere, occorre anche agire a livello educativo, partendo dall’insegnamento nelle scuole, nella famiglia, serve una crescita anche culturale, occorre uno scatto, una presa di coscienza e una maggior sensibilizzazione.
 Al di là, poi, delle riforme e di quella che nello specifico viene trattata nel presente convegno, l’Avv. Reale, richiamando la sua personale esperienza maturata quando si è occupato di questo tipo di reati (violenze domestiche e di genere), ha riscontrato quanto le riforme siano importanti, certo, ma anche come in questa materia rivesta soprattutto grande importanza l’ascolto della vittima (in tutte le fasi del procedimento, sin dalle sue battute embrionali, sino al dibattimento).
Del resto la GIURISPRUDENZA è sempre stata assai consolidata nello statuire che le dichiarazioni della persona offesa «possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 19/07/2021 – dep. 24/10/2012, n. 41461), con l’ulteriore precisazione, che, qualora la persona offesa sia costituita parte civile, occorrerà procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi.
Corretta e condivisibile impostazione perché spesso le violenze avvengono tra le mura domestiche in assenza di testimoni.
 Introducendo, a questo punto, un suo dato personale, l’Avv. Reale ha messo in evidenza come in questa materia l’incontro con la sua assistita e il suo ascolto abbia rivelato aspetti sorprendenti. Inizialmente preferiva ricevere insieme ad una collega donna o ad una collaboratrice, pensando in tal modo di mettere più a suo agio la propria assistita, invece poi con il tempo ha compreso che questa cautela non serviva perché le vittime mantenevano, nonostante tutto, la lucidità per riuscire a distinguere e non avere un pregiudizio rivolto indifferentemente nei confronti di tutto il genere maschile.
Sorprendente anche loquacità delle vittime: il timore di una loro reticenza, per pudore o per la sofferenza nel rievocare i brutti ricordi, o che le stesse potessero essere frenate e riluttanti a parlare si è rivelato anch’esso infondato: al contrario, quasi sempre, la prima ora di un colloquio è assorbita dalla loro narrazione che è preferibile non interrompere anche quando il racconto si sofferma su aspetti che potrebbero non essere giuridicamente o processualmente rilevanti, tuttavia è utile che le stesse possano sfogarsi trovando nel colloquio con il proprio legale anche un fattore in qualche modo terapeutico. Il racconto offerto dalle vittime è sempre stato molto completo e comprensivo anche dei dettagli più intimi e più dolorosi.
Spesso sono proprio gli avvocati a raccogliere le prime dichiarazioni, ma a volte le vittime hanno già raccontato la loro storia alla polizia oppure al Centro antiviolenza, e, nonostante ciò, sono disposte a raccontare tutta la loro storia senza tralasciare nulla.
L’ascolto quindi è importante e se ne deve tenere conto anche in sede di escussione testimoniale. Si assiste talvolta ad un esame incalzante del Pubblico Ministero o dello stesso difensore della parte civile, proprio alla luce della sopra ricordata giurisprudenza, perché si vuole la prova dichiarativa della persona offesa. A volte però si ha a che fare con persone ancora molto intimorite perché nei casi più gravi i maltrattamenti diventano una vera e propria riduzione in schiavitù, che avviene quando la persona offesa è stata soggiogata e posta in una condizione di soggezione psicologica.
Per sintetizzare, la riforma del Codice rosso è intervenuta, anzitutto, ad introdurre nuove fattispecie criminose.
Una nuova figura di reato è il cd. “revenge porn”, di cui all’art. 612-ter c.p. (“Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”).
L’art. 583-quinquies c.p. ha introdotto la fattispecie penale della “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”.
Con l’art. 558-bis c.p. la riforma ha aggiunto il reato di “Costrizione o induzione al matrimonio”.
C’è poi l’art. 387-bis c.p. con cui la novella ha aggiunto il reato di “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa famigliare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.
Sono, poi, con la riforma, intervenuti inasprimenti di pena per reati già esistenti: la pena della reclusione del maltrattamento è passata dal quadro edittale compreso da 2 a 6 anni di reclusione a quello che va da 3 a 7 anni, per lo stalking essa è passata da quello che va da 6 mesi a 5 anni di reclusione a quello compreso tra 1 anno e 6 anni e 6 mesi, la violenza sessuale ha subito un aumento che ha portato la precedente forbice tra 5 e 10 anni di reclusione a quella tra 6 e 12 anni ed infine la violenza sessuale di gruppo è passata dalle pene detentive comprese tra 6 e 12 anni di reclusione a quelle che vanno da 8 a 14 anni.
In termini processuali, importanti novità sono state quelle dell’allungamento dei termini per sporgere querela dai precedenti 6 mesi agli attuali 12 e la disposizione che stabilisce che nelle violenze domestiche e di genere il Pubblico Ministero, entro tre giorni dalla comunicazione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa.
Altrettanto rilevante è stata poi l’innovazione consistente nel subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici percorsi di recupero.
Un impatto non meno trascurabile è rappresentato dal disposto di cui all’art. 14 della Legge 69/2019 che ha inserito il nuovo art. 64-bis delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, con la previsione della trasmissione obbligatoria al giudice civile (nei procedimenti di separazione personale dei coniugi o relativi ai figli minori) dei provvedimenti disposti nei procedimenti penali per reati di violenza domestica o di genere.
 Al termine di questa introduzione, l’Avv. Reale ha lasciato la parola alla Dott.ssa Livia Locci la quale ha trattato i seguenti punti:
- Le fattispecie penali introdotte dalla novella del 2019: rimedio ad un vuoto normativo?
- Gli inasprimenti di pena di reati già esistenti prima della Legge 69/2019.
La relatrice ha ricordato che la materia è, innanzi tutto, regolata da una disciplina sovranazionale, in primis, quella dettata dalla Convenzione di Istanbul del 2011 del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata in Italia con una Legge del 2013.
Tale Convenzione contiene una definizione di violenza domestica, nella quale confluiscono tutti gli atti di violenza per ragioni di genere, comprese le minacce di compierli. È una privazione della libertà privata e pubblica. Anche i Giudici, ha sottolineato la Dott.ssa Locci, contribuiscono con le loro sentenze alla formazione di un compendio culturale e educativo.
È di particolare interesse la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, 22/04/2022 – 19/05/2022, n. 19847, che, innanzi tutto, chiarisce come sia inammissibile l’interpretazione limitativa e ridimensionante di confinare il reato di cui all’art. 572 c.p. ai solo casi in vi siano continuative forme di violenza fisica, omettendo del tutto la violenza psicologica o la violenza economica. Inoltre deve essere preso in considerazione tutto il periodo della relazione a prescindere da quei momenti intervallati di cd. “luna di miele” di ricomparsa di un clima disteso.
La Convenzione di Lanzarote per la protezione dell’infanzia, ha osservato ancora la relatrice, prevede l’ascolto del minore solo da parte del Pubblico Ministero o da parte della polizia giudiziaria, ma non da parte del Giudice e questa è una lacuna (anche nei procedimenti in cui vi sono situazioni di violenza assistita). Serve un esperto di psicologia evolutiva per l’ascolto del minore. Allo stesso modo, anche per le donne vittime di violenza servirebbe l’assistenza di uno psicologo durante il loro ascolto, stante la loro condizione di vulnerabilità.
Anche il difensore della persona offesa potrebbe rappresentare al Pubblico Ministero la sussistenza di una particolare fragilità emotiva della sua assistita.
Alcune notazioni sono necessarie riguardo alle fattispecie penali di nuova introduzione.
In particolare, quanto all’art. 387-bis c.p., che sanziona la violazione delle misura di allontanamento, occorre osservare che è previsto l’arresto, ma non è prevista l’adozione di misure cautelari.
Con riguardo all’art. 588-bis c.p., quello che introduce il reato di costrizione al matrimonio, è interessare notare come la relazione di accompagnamento illustri quale ratio di tale norma quella della completezza della tutela delle vittime di genere e della violenza domestica ed evitare interventi non tempestivi.
Il D.Lgs. 15/12/2015 n. 212 è attuazione della Direttiva 2012/29/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25/10/2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Sul punto occorre soffermarsi sulla sentenza della CEDU del 02/03/2017, Talpis c. Italia, che ha condannato l’Italia per il mancato adempimento degli obblighi di protezione e dunque per violazione del diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani e degradanti perché le istituzioni non sono intervenute tempestivamente per tutelare la Sig.ra Talpis e i suoi figli, vittime di violenza domestica perpetrata dal marito della donna.
Una risoluzione del CSM considera la tutela della vittima possibile solo con l’intervento tempestivo delle autorità al fine di evitare la violenza ed impedire che degeneri.
È difficile individuare degli indici di predittività delle violenze, spesso si è in presenza di condotte tenute da soggetti non tossicodipendenti, non disagiati, non socialmente isolati ed in assenza di indizi che possano far presagire scenari tragici.
Nella sentenza CEDU Kurt c. Austria del 14/07/2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dettato una sorta di decalogo delle misure da adottare sancendo però anche il principio per cui l’adozione di misure preventive è un’obbligazione di mezzi e non di risultato. Non è sufficiente, tuttavia, basarsi sulle sole dichiarazioni della vittima, ma vanno ricercati ulteriori elementi sul territorio. Si tratta di una ricerca incrociata, sottraendo la centralità dell’apporto dichiarativo della persona offesa il quale andrà integrato da altri elementi, quali i certificati dei passaggi in ospedale, l’estrazione dei dati dal telefono della persona offesa, i consulti avuti con il medico di base, le relazioni dei servizi sociali, intercettazioni, la raccolta di precedenti denunce e altri atti indagine che si riveleranno assai rilevanti soprattutto nei non pochi casi di ritrattazione.
Come si può constatare, l’intervento al Convegno come relatrice della Dott.ssa Locci è dunque da apprezzare soprattutto per la dimensione sovranazionale del suo apporto ai lavori.
 Successivamente ha preso la parola la seconda relatrice, la Dott.ssa Giulia Marzia Locati, la quale era investita della trattazione dei seguenti temi:
- La «sirena rossa»: le accelerazioni dei passaggi procedurali e gli interventi in materia di misure cautelari;
- La sospensione condizionale della pena subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero.
Anche la Dott.ssa Locati, esordendo, ha sottolineato come l’Italia sia stata spesso condannata dalle istituzioni europee.
Affrontando prima di tutto l’argomento relativo alle accelerazioni processuali, la relatrice ha opportunamente osservato che questi reati normalmente avvengono da parte di chi convive con le vittime. La tempestività di intervento è dunque fondamentale.
Il fenomeno della “luna di miele” avviene di solito a fronte di un pentimento dell’autore del reato. È dunque preferibile evitare una deposizione della persona offesa durante uno di questi periodi di luna di miele.
La Dott.ssa Locati si è mostrata, poi, concorde con la Dott.ssa Locci nel ritenere che sarebbe utile l’ascolto della vittima con l’ausilio di un esperto e ciò anche in dibattimento, al fine di aiutare il Giudice a comprendere le complesse dinamiche psicologiche.  Si nominano periti per il crollo di ponti o infrastrutture, in tema di responsabilità medica e in tanti altri casi e poi si è restii a prevedere l’intervento di un esperto in psicologia e questa è una forte contraddizione del nostro processo.
Passando poi all’esame delle modifiche apportate dal Codice rosso alla disciplina processuale, la relatrice ha evidenziato tre punti: la comunicazione anche in forma orale della notitia criminis prevista dall’art. 347, comma 3, c.p.p., l’assunzione di informazioni entro tre giorni dalla persona offesa ai sensi dell’art. 362, comma 1-ter, c.p.p. e il compimento degli atti delegati dal Pubblico Ministero da parte della Polizia Giudiziaria che, ai sensi del nuovo comma 2-bis dell’art. 370 c.p.p., deve avvenire «senza ritardo».
Non sono previste sanzioni processuali a presidio di queste norme, ma si tratta di interventi che anno favorito una maggior speditezza del procedimento.
Da menzionare anche il disposto dell’art. 132-bis c.p.p. in forza del quale nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta ai procedimenti riguardanti alcuni reati, tra cui quelli presi in considerazione dal Codice rosso.
L’entrata in vigore della riforma del Codice rosso ha coinciso in buona parte con il periodo in cui si è verificata l’emergenza epidemiologica. Il problema è stato dunque quello di garantire l’oralità anche quando ciò contrastava con le esigenze di prevenzione sanitaria.
Per garantire un corretto ascolto della persona offesa, compatibilmente con i tempi processuali più ristretti, nelle Procure sono adottati dei format predefiniti al fine di velocizzare gli interventi di protezione.
In tema di MISURE CAUTELARI, la Dott.ssa Locati ha sottolineato che spesso il reato è posto in essere da incensurati, quindi da soggetti che in astratto fruiranno della sospensione condizionale della pena: l’aver dunque sganciato la valutazione della applicabilità delle misure cautelari dalla prognosi sulla concessione della sospensione condizionale della pena è stato un intervento opportuno.
La violenza di genere è un reato di prossimità ed è importante l’adozione di misure di non avvicinamento, favorendo il controllo degli spostamenti anche con il braccialetto elettronico.
C’è però da rilevare una carenza di fondi che è di ostacolo all’adozione di misure che contemplino l’uso di tale forma di controllo. L’applicazione del braccialetto elettronica è soggetta al consenso dell’indagato/imputato, però in caso di non accettazione ci sarebbe il carcere. È stato introdotto, poi, con il Codice rosso il reato che consegue alla violazione di queste misure, mentre prima l’infrazione comportava solo l’aggravamento della misura.
Anche gli obblighi di comunicazione alla persona offesa e al suo difensore su revoche e sostituzione delle misure sono importanti perché sollecitano un contraddittorio in tempi ristretti: solo la persona offesa può infatti essere a conoscenza di certi fatti che talvolta sono ignoti anche al Pubblico Ministero.
Fin qui ci si muove sul terreno della repressione, ma sul piano preventivo occorre tener conto degli aspetti educativi e culturali. Per la sospensione condizionale della pena non è allora sufficiente l’incensuratezza e la prognosi di non recidivanza del reo, ma occorre anche l’adesione a corsi di recupero e programmi trattamentali.
Questa attività rieducativa e risocializzante è utile per la società, ma lo è anche per l’offensore.
C’è un termine entro cui adempiere a questo obbligo che, secondo la relatrice non deve essere la pronuncia della sentenza, bensì il suo passaggio in giudicato, per conciliare il suo espletamento con il principio della presunzione di non colpevolezza. Tuttavia questo obbligo deve essere sancito nella sentenza, di primo grado, o anche dopo, in sede di impugnazione, o anche durante l’incidente di esecuzione e, se non viene mai indicato, deve essere adempiuto entro 5 anni.
Si è così concluso l’intervento della Dott.ssa Locati che si è distinto per la sua esaustività e per la profondità delle riflessioni.
L’ultima relazione è stata affidata all’Avv. Daniela Rossi che ha intrattenuto l’uditorio sui seguenti argomenti:
- il trattamento psicologico dei condannati per reati sessuali, maltrattamenti e atti persecutori e l’accesso ai benefici penitenziari ed offrendo una ricca rassegna giurisprudenziale intervenuta sui temi trattati nel Convegno.
Con il suo intervento, l’Avv. Daniela Rossi, ha dapprima messo in evidenza come il reperimento di uno dei centri presso cui seguire un corso di recupero, al fine di beneficiare della sospensione condizionale della pena, non sia affatto semplice in quanto essi sono pochi, introvabili e la frequenza di tali programmi non è gratuita. La non gratuità di questi corsi è certamente un ostacolo, soprattutto quando si tratta di persone non abbienti che, proprio in ragione delle proprie condizioni economiche disagiate, sono ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Una delle poche associazioni che tengono tali corsi senza oneri economici per i partecipanti è il Gruppo Abele, ma non sono molti i posti disponibili.
Trattando l’argomento già interessato dall’intervento della Dott.ssa Locati, l’Avv. Daniela Rossi ha ricordato che si registra anche della giurisprudenza della Corte di Cassazione (una sentenza del 27/01/2020, in particolare) secondo cui è nulla quella sentenza non indica il termine entro cui deve essere frequentato il corso di recupero necessario per accedere al beneficio della sospensione condizionale della pena.
La sospensione condizionale della pena è importante soprattutto per chi è condannato per condotte tenute in presenza di minori poiché in tali casi il reato è ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione: l’art. 4-bis O.P. ricomprende nel novero dei reati ostativi anche quello di cui all’art. 583-quinquies c.p. e i reati sessuali commessi nei confronti di minori.
In carcere poi i detenuti devono sottoporsi a percorsi di recupero se ambiscono a fruire di benefici penitenziari. Spesso, del resto, questi soggetti non sono patologici, ma non si rendono conto del disvalore, tendono a minimizzare le loro condotte e quindi è utile che si sottopongano ad un percorso attraverso cui giungano ad una presa di coscienza e finalizzati ad una maggior sensibilizzazione.
Nel suo encomiabile impegno di approfondimento, l’Avv. Daniela Rossi ha dato conto delle risultanze di un incontro avuto in carcere, presso la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, con la Direttrice dell’istituto penitenziario e con tutto lo staff di psicologi e criminologi che le hanno illustrato il lavoro che viene svolto per allestire questi corsi di recupero.
Attualmente ci sono due programmi, quello svolto a favore dei sex-offenders e quello avente ad oggetto un trattamento intensificato (per reati contro le donne e contro i familiari).
I partecipanti a questi corsi, al momento, sono 8.
Il condannato presta il suo consenso e poi gli si somministra un test. Gli aderenti possono decidere tra un percorso individuale ed un percorso collettivo. I reati commessi, più di frequente, sono quelli di cui agli artt. 562 c.p. e 609-bis c.p. e peraltro di solito si tratta di soggetti privi di precedenti penali e la metà di essi non ha una recidiva. Per essere ammessi al trattamento non occorre la confessione del reato. Di solito questi soggetti non parlano mai del fatto di reato, ma si tende a sensibilizzarli. Essi normalmente si sentono accolti e non giudicati e dunque si può dire che le loro sono esperienza positive. Questi percorsi, mediamente, durano un anno. Anche questi corsi che si tengono in carcere, la metà circa, sono a pagamento. Per alcuni degli operatori il fatto che la frequenza del corso sia a pagamento è un ulteriore segno di impegno e di sincera resipiscenza, ma resta il fatto che non dovrebbero esserci discriminazioni basate sul censo.
Nella seconda parte del suo intervento l’Avv. Daniela Rossi ha offerto un’utile prospettazione del quadro giurisprudenziale più recente.
Innanzi tutto si è soffermata sul confine esistente tra la fattispecie del maltrattamento e quello dello stalking con l’aggravante del fatto commesso a danno di persona a cui si è legati da una relazione. In questo caso prevale l’art. 572 c.p. per via della clausola di sussidiarietà contenuta nell’art. 612-bis c.p. (salvo che il fatto costituisca più grave reato) e, tra i due reati, quello più grave è il primo.
Secondo un’abbondante giurisprudenza, poi, su un altro punto controverso, la cessazione della convivenza non esclude il reato di maltrattamento se sussiste la condivisione di un rapporto e di un legame dettato dalla presenza di figli avuti insieme. Al contrario, altre sentenze, si sono espresse in senso più restrittivo per il principio di tassatività delle condotte di reato, ritenendo che serva una convivenza stabile affinché possa configurarsi il reato di maltrattamento (così Cass., Sezione Sesta Penale, 11/10/2022 n. 38336).
È stata inoltre respinta la questione di legittimità costituzionale circa una ingiustificata disparità di trattamento (e dunque per una violazione del principio di ragionevolezza enucleato nell’art. 3 Cost.) nella equivalenza sanzionatoria tra i reati a danno di minori e quelli a danno degli adulti avvenuti in presenza di minori, in quanto anche la violenza assistita provoca sofferenza (così Cass., Sezione Terza Penale, 30/05/2022 n. 21024).
In chiusura, la relatrice ha dato conto anche di quella giurisprudenza di Cassazione (una sentenza della Sezione Sesta Penale assai recente del 12/10/2022) che ritiene sussistere l’aggravante del fatto commesso in presenza del minore anche quando quest’ultimo non è visibile al soggetto maltrattante.
Si è così concluso l’intervento dell’Avv. Daniela Rossi, molto apprezzabile per il meticoloso lavoro di ricerca e di studio condotto dalla relatrice la quale ha altresì fatto emergere quanto sia spesso accentuato il divario tra le enunciazioni formali delle riforme e la loro concreta attuazione sul campo.
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avvocatinellapolis · 1 year
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Atti del Convegno “TRE ANNI DI CODICE ROSSO: Un bilancio della Legge 69/2019 a tre anni dalla sua entrata in vigore” del 17/11/2022
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Con l’accreditamento del Consiglio Nazionale Forense, il 17/11/2022 si è tenuto il Convegno online promosso dall’Associazione Avvocati nella Polis, sulla piattaforma Microsoft Teams, avente come titolo: “TRE ANNI DI CODICE ROSSO: Un bilancio della Legge 69/2019 a tre anni dalla sua entrata in vigore”.
Sono intervenuti, nell’ordine, come relatori, la Dott.ssa Livia Locci, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, la Dott.ssa Giulia Marzia Locati, Giudice della Sezione Terza Penale del Tribunale di Torino e l’Avv. Daniela Rossi, Avvocato del Foro di Torino.
A moderare l’incontro è stato l’Avv. Fabrizio Reale, Avvocato del Foro di Torino e Presidente dell’Associazione Avvocati nella Polis che ha organizzato l’evento formativo il quale ha comportato l’attribuzione di 2 crediti formativi in materia di diritto penale.
Il Presidente dell’Associazione Avvocati nella Polis ha curato l’introduzione ai temi del convegno anche con l’ausilio di alcune slides che forniscono, anzitutto, alcuni dati statistici relativi ai reati di violenza domestica e di genere diffusi dall’Istat.
Il primo dato, quello più estremo, attiene all’andamento negli anni dei femminicidi in Italia.
Le donne vittime di omicidio volontario, in Italia, nell’anno
- 2019: erano state 111;
- 2020: erano state 116, (lo 0,38 per 100.000 donne).
- 2021: erano state109;
- 2022: sino a Giugno erano 51.
Risulta quindi verosimile pensare che anche nell’anno 2022 il dato finale sarà in linea con quello degli altri anni secondo una sin troppo facile proiezione.
È seguita a questo punto l’esposizione e la rappresentazione di tre grafici, con relative tabelle riepilogative, che danno conto di quanto segue.
 - GRAFICO 1: vittime di omicidio volontario divise per genere negli anni dal 1992 al 2018
La serie storica degli omicidi per genere (Grafico 1) mostra come siano soprattutto gli omicidi di uomini a essere diminuiti in 26 anni (da 4,0 per 100.000 maschi nel 1992 a 0,7 nel 2018), mentre le vittime donne di omicidio sono rimaste complessivamente stabili (da 0,6 a 0,4 per 100.000 femmine).
Il calo differenziale nel periodo tra i due sessi è stato favorito anche dalla contrazione degli omicidi legati alla criminalità organizzata, che coinvolgono – esclusivamente o quasi – gli uomini. Questa statistica, peraltro, conferma anche una tendenza ormai ben nota, quella per cui la criminalità organizzata è meno contrassegnata dalla commissione di reati violenti avendo attualmente più l’ambizione di infiltrarsi nelle istituzioni in modo da controllare la politica e da inserirsi nei gangli del tessuto economico del Paese e si sta sempre di più trasformando in una criminalità dei colletti bianchi.
- GRAFICO 2: vittime di omicidio secondo la relazione con l’omicida, divise per genere, negli anni dal 2005 al 2020
Come si può constatare, mentre nel caso di omicidi di uomini, nella maggioranza dei casi l’omicida è uno sconosciuto o non identificato, nel caso degli omicidi che colpiscono le donne, nella metà dei casi circa, l’autore è il partner o l’ex partner.
GRAFICO 3: misura il rapporto tra gli omicidi volontari di donne totali e omicidi da parte del partner in alcuni Paesi dell’Unione europea - anno 2019
Come si vede in Italia (seguita solo da Grecia e Irlanda), questo rapporto si assottiglia molto perché i valori, sono rispettivamente 0,4 e 0,2 (ogni 100.000 donne): vi è in sostanza una coincidenza più alta tra omicidio e omicidio da parte del partner.
 Questi dati si riferiscono dunque a rilevazioni che si estendono al massimo fino al 2020.
È Interessante capire se vi sia stata una recrudescenza durante il lockdown e l’epidemia per via della convivenza forzata in ambiente domestico: in effetti si ha un dato alquanto significativo, quello delle chiamate al numero 1522. Si è riscontrato quanto segue: rispetto al quarto trimestre 2020, il quarto trimestre 2021 ha fatto registrare un INCREMENTO DELLE CHIAMATE, PASSATE DA 6.858 A 11.337, CON UN +65%, precisando comunque che nel dato sono comprese le chiamate per ricevere INFORMAZIONI, queste sono passate da 954 chiamate a 3.739 (+292%).
La PANDEMIA, come confermano anche gli avvocati familiaristi, ha segnato proprio un momento di crisi della famiglia, ma se in certi casi la conflittualità è degenerata, non si è più nel semplice perimetro della crisi familiare, bensì in quello della commissione di reati, anche gravi.
 Da mettere in rilievo anche una proposta di legge del 2022 a cui aveva lavorato la XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, che poi non ha avuto seguito: è la proposta FRASSINETTI, FRAGOMELI e SPADONI riguardante l’introduzione di DISPOSIZIONI PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE. La proposta riguardava la possibilità di INTRODURRE AGEVOLAZIONI FISCALI PER CHI ASSUME CON CONTRATTI A TEMPO INDETERMINATO VITTIME DI VIOLENZA inserite cioè in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai Centri anti-violenza o dalle Case Rifugio; inoltre si prevedeva una QUOTA DI RISERVA sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati in favore delle donne vittime di violenza di genere.
Sono queste misure che potrebbero rivelarsi preziose e che tengono conto del fatto che spesso la violenza trova il suo presupposto nella mancanza di indipendenza economica della vittima che non lavora e teme di denunciare perché rimarrebbe (insieme ai figli, a volte minorenni), priva di sostentamento.
È un dato di fatto, peraltro, che ancor oggi spesso a parità di lavoro, di mansioni, gli uomini percepiscano di più delle donne e si registrano molte altre di queste discriminazioni nel mondo del lavoro.
Non solo le leggi in materia penale possono dunque intervenire per contrastare il fenomeno delle violenze domestiche, ma anche in altri settori.
Peraltro, ha sottolineato ancora l’Avv. Reale, non si può pensare che tutto debba essere sempre risolto da magistrati, avvocati e dalla Giustizia in genere, occorre anche agire a livello educativo, partendo dall’insegnamento nelle scuole, nella famiglia, serve una crescita anche culturale, occorre uno scatto, una presa di coscienza e una maggior sensibilizzazione.
 Al di là, poi, delle riforme e di quella che nello specifico viene trattata nel presente convegno, l’Avv. Reale, richiamando la sua personale esperienza maturata quando si è occupato di questo tipo di reati (violenze domestiche e di genere), ha riscontrato quanto le riforme siano importanti, certo, ma anche come in questa materia rivesta soprattutto grande importanza l’ascolto della vittima (in tutte le fasi del procedimento, sin dalle sue battute embrionali, sino al dibattimento).
Del resto la GIURISPRUDENZA è sempre stata assai consolidata nello statuire che le dichiarazioni della persona offesa «possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone» (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza 19/07/2021 – dep. 24/10/2012, n. 41461), con l’ulteriore precisazione, che, qualora la persona offesa sia costituita parte civile, occorrerà procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi.
Corretta e condivisibile impostazione perché spesso le violenze avvengono tra le mura domestiche in assenza di testimoni.
 Introducendo, a questo punto, un suo dato personale, l’Avv. Reale ha messo in evidenza come in questa materia l’incontro con la sua assistita e il suo ascolto abbia rivelato aspetti sorprendenti. Inizialmente preferiva ricevere insieme ad una collega donna o ad una collaboratrice, pensando in tal modo di mettere più a suo agio la propria assistita, invece poi con il tempo ha compreso che questa cautela non serviva perché le vittime mantenevano, nonostante tutto, la lucidità per riuscire a distinguere e non avere un pregiudizio rivolto indifferentemente nei confronti di tutto il genere maschile.
Sorprendente anche loquacità delle vittime: il timore di una loro reticenza, per pudore o per la sofferenza nel rievocare i brutti ricordi, o che le stesse potessero essere frenate e riluttanti a parlare si è rivelato anch’esso infondato: al contrario, quasi sempre, la prima ora di un colloquio è assorbita dalla loro narrazione che è preferibile non interrompere anche quando il racconto si sofferma su aspetti che potrebbero non essere giuridicamente o processualmente rilevanti, tuttavia è utile che le stesse possano sfogarsi trovando nel colloquio con il proprio legale anche un fattore in qualche modo terapeutico. Il racconto offerto dalle vittime è sempre stato molto completo e comprensivo anche dei dettagli più intimi e più dolorosi.
Spesso sono proprio gli avvocati a raccogliere le prime dichiarazioni, ma a volte le vittime hanno già raccontato la loro storia alla polizia oppure al Centro antiviolenza, e, nonostante ciò, sono disposte a raccontare tutta la loro storia senza tralasciare nulla.
L’ascolto quindi è importante e se ne deve tenere conto anche in sede di escussione testimoniale. Si assiste talvolta ad un esame incalzante del Pubblico Ministero o dello stesso difensore della parte civile, proprio alla luce della sopra ricordata giurisprudenza, perché si vuole la prova dichiarativa della persona offesa. A volte però si ha a che fare con persone ancora molto intimorite perché nei casi più gravi i maltrattamenti diventano una vera e propria riduzione in schiavitù, che avviene quando la persona offesa è stata soggiogata e posta in una condizione di soggezione psicologica.
Per sintetizzare, la riforma del Codice rosso è intervenuta, anzitutto, ad introdurre nuove fattispecie criminose.
Una nuova figura di reato è il cd. “revenge porn”, di cui all’art. 612-ter c.p. (“Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”).
L’art. 583-quinquies c.p. ha introdotto la fattispecie penale della “Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”.
Con l’art. 558-bis c.p. la riforma ha aggiunto il reato di “Costrizione o induzione al matrimonio”.
C’è poi l’art. 387-bis c.p. con cui la novella ha aggiunto il reato di “Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa famigliare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.
Sono, poi, con la riforma, intervenuti inasprimenti di pena per reati già esistenti: la pena della reclusione del maltrattamento è passata dal quadro edittale compreso da 2 a 6 anni di reclusione a quello che va da 3 a 7 anni, per lo stalking essa è passata da quello che va da 6 mesi a 5 anni di reclusione a quello compreso tra 1 anno e 6 anni e 6 mesi, la violenza sessuale ha subito un aumento che ha portato la precedente forbice tra 5 e 10 anni di reclusione a quella tra 6 e 12 anni ed infine la violenza sessuale di gruppo è passata dalle pene detentive comprese tra 6 e 12 anni di reclusione a quelle che vanno da 8 a 14 anni.
In termini processuali, importanti novità sono state quelle dell’allungamento dei termini per sporgere querela dai precedenti 6 mesi agli attuali 12 e la disposizione che stabilisce che nelle violenze domestiche e di genere il Pubblico Ministero, entro tre giorni dalla comunicazione della notizia di reato, assume informazioni dalla persona offesa.
Altrettanto rilevante è stata poi l’innovazione consistente nel subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena alla partecipazione a specifici percorsi di recupero.
Un impatto non meno trascurabile è rappresentato dal disposto di cui all’art. 14 della Legge 69/2019 che ha inserito il nuovo art. 64-bis delle norme di attuazione di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, con la previsione della trasmissione obbligatoria al giudice civile (nei procedimenti di separazione personale dei coniugi o relativi ai figli minori) dei provvedimenti disposti nei procedimenti penali per reati di violenza domestica o di genere.
 Al termine di questa introduzione, l’Avv. Reale ha lasciato la parola alla Dott.ssa Livia Locci la quale ha trattato i seguenti punti:
- Le fattispecie penali introdotte dalla novella del 2019: rimedio ad un vuoto normativo?
- Gli inasprimenti di pena di reati già esistenti prima della Legge 69/2019.
La relatrice ha ricordato che la materia è, innanzi tutto, regolata da una disciplina sovranazionale, in primis, quella dettata dalla Convenzione di Istanbul del 2011 del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata in Italia con una Legge del 2013.
Tale Convenzione contiene una definizione di violenza domestica, nella quale confluiscono tutti gli atti di violenza per ragioni di genere, comprese le minacce di compierli. È una privazione della libertà privata e pubblica. Anche i Giudici, ha sottolineato la Dott.ssa Locci, contribuiscono con le loro sentenze alla formazione di un compendio culturale e educativo.
È di particolare interesse la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, 22/04/2022 – 19/05/2022, n. 19847, che, innanzi tutto, chiarisce come sia inammissibile l’interpretazione limitativa e ridimensionante di confinare il reato di cui all’art. 572 c.p. ai solo casi in vi siano continuative forme di violenza fisica, omettendo del tutto la violenza psicologica o la violenza economica. Inoltre deve essere preso in considerazione tutto il periodo della relazione a prescindere da quei momenti intervallati di cd. “luna di miele” di ricomparsa di un clima disteso.
La Convenzione di Lanzarote per la protezione dell’infanzia, ha osservato ancora la relatrice, prevede l’ascolto del minore solo da parte del Pubblico Ministero o da parte della polizia giudiziaria, ma non da parte del Giudice e questa è una lacuna (anche nei procedimenti in cui vi sono situazioni di violenza assistita). Serve un esperto di psicologia evolutiva per l’ascolto del minore. Allo stesso modo, anche per le donne vittime di violenza servirebbe l’assistenza di uno psicologo durante il loro ascolto, stante la loro condizione di vulnerabilità.
Anche il difensore della persona offesa potrebbe rappresentare al Pubblico Ministero la sussistenza di una particolare fragilità emotiva della sua assistita.
Alcune notazioni sono necessarie riguardo alle fattispecie penali di nuova introduzione.
In particolare, quanto all’art. 387-bis c.p., che sanziona la violazione delle misura di allontanamento, occorre osservare che è previsto l’arresto, ma non è prevista l’adozione di misure cautelari.
Con riguardo all’art. 588-bis c.p., quello che introduce il reato di costrizione al matrimonio, è interessare notare come la relazione di accompagnamento illustri quale ratio di tale norma quella della completezza della tutela delle vittime di genere e della violenza domestica ed evitare interventi non tempestivi.
Il D.Lgs. 15/12/2015 n. 212 è attuazione della Direttiva 2012/29/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25/10/2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. Sul punto occorre soffermarsi sulla sentenza della CEDU del 02/03/2017, Talpis c. Italia, che ha condannato l’Italia per il mancato adempimento degli obblighi di protezione e dunque per violazione del diritto alla vita e del divieto di trattamenti inumani e degradanti perché le istituzioni non sono intervenute tempestivamente per tutelare la Sig.ra Talpis e i suoi figli, vittime di violenza domestica perpetrata dal marito della donna.
Una risoluzione del CSM considera la tutela della vittima possibile solo con l’intervento tempestivo delle autorità al fine di evitare la violenza ed impedire che degeneri.
È difficile individuare degli indici di predittività delle violenze, spesso si è in presenza di condotte tenute da soggetti non tossicodipendenti, non disagiati, non socialmente isolati ed in assenza di indizi che possano far presagire scenari tragici.
Nella sentenza CEDU Kurt c. Austria del 14/07/2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dettato una sorta di decalogo delle misure da adottare sancendo però anche il principio per cui l’adozione di misure preventive è un’obbligazione di mezzi e non di risultato. Non è sufficiente, tuttavia, basarsi sulle sole dichiarazioni della vittima, ma vanno ricercati ulteriori elementi sul territorio. Si tratta di una ricerca incrociata, sottraendo la centralità dell’apporto dichiarativo della persona offesa il quale andrà integrato da altri elementi, quali i certificati dei passaggi in ospedale, l’estrazione dei dati dal telefono della persona offesa, i consulti avuti con il medico di base, le relazioni dei servizi sociali, intercettazioni, la raccolta di precedenti denunce e altri atti indagine che si riveleranno assai rilevanti soprattutto nei non pochi casi di ritrattazione.
Come si può constatare, l’intervento al Convegno come relatrice della Dott.ssa Locci è dunque da apprezzare soprattutto per la dimensione sovranazionale del suo apporto ai lavori.
 Successivamente ha preso la parola la seconda relatrice, la Dott.ssa Giulia Marzia Locati, la quale era investita della trattazione dei seguenti temi:
- La «sirena rossa»: le accelerazioni dei passaggi procedurali e gli interventi in materia di misure cautelari;
- La sospensione condizionale della pena subordinata alla partecipazione a percorsi di recupero.
Anche la Dott.ssa Locati, esordendo, ha sottolineato come l’Italia sia stata spesso condannata dalle istituzioni europee.
Affrontando prima di tutto l’argomento relativo alle accelerazioni processuali, la relatrice ha opportunamente osservato che questi reati normalmente avvengono da parte di chi convive con le vittime. La tempestività di intervento è dunque fondamentale.
Il fenomeno della “luna di miele” avviene di solito a fronte di un pentimento dell’autore del reato. È dunque preferibile evitare una deposizione della persona offesa durante uno di questi periodi di luna di miele.
La Dott.ssa Locati si è mostrata, poi, concorde con la Dott.ssa Locci nel ritenere che sarebbe utile l’ascolto della vittima con l’ausilio di un esperto e ciò anche in dibattimento, al fine di aiutare il Giudice a comprendere le complesse dinamiche psicologiche.  Si nominano periti per il crollo di ponti o infrastrutture, in tema di responsabilità medica e in tanti altri casi e poi si è restii a prevedere l’intervento di un esperto in psicologia e questa è una forte contraddizione del nostro processo.
Passando poi all’esame delle modifiche apportate dal Codice rosso alla disciplina processuale, la relatrice ha evidenziato tre punti: la comunicazione anche in forma orale della notitia criminis prevista dall’art. 347, comma 3, c.p.p., l’assunzione di informazioni entro tre giorni dalla persona offesa ai sensi dell’art. 362, comma 1-ter, c.p.p. e il compimento degli atti delegati dal Pubblico Ministero da parte della Polizia Giudiziaria che, ai sensi del nuovo comma 2-bis dell’art. 370 c.p.p., deve avvenire «senza ritardo».
Non sono previste sanzioni processuali a presidio di queste norme, ma si tratta di interventi che anno favorito una maggior speditezza del procedimento.
Da menzionare anche il disposto dell’art. 132-bis c.p.p. in forza del quale nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta ai procedimenti riguardanti alcuni reati, tra cui quelli presi in considerazione dal Codice rosso.
L’entrata in vigore della riforma del Codice rosso ha coinciso in buona parte con il periodo in cui si è verificata l’emergenza epidemiologica. Il problema è stato dunque quello di garantire l’oralità anche quando ciò contrastava con le esigenze di prevenzione sanitaria.
Per garantire un corretto ascolto della persona offesa, compatibilmente con i tempi processuali più ristretti, nelle Procure sono adottati dei format predefiniti al fine di velocizzare gli interventi di protezione.
In tema di MISURE CAUTELARI, la Dott.ssa Locati ha sottolineato che spesso il reato è posto in essere da incensurati, quindi da soggetti che in astratto fruiranno della sospensione condizionale della pena: l’aver dunque sganciato la valutazione della applicabilità delle misure cautelari dalla prognosi sulla concessione della sospensione condizionale della pena è stato un intervento opportuno.
La violenza di genere è un reato di prossimità ed è importante l’adozione di misure di non avvicinamento, favorendo il controllo degli spostamenti anche con il braccialetto elettronico.
C’è però da rilevare una carenza di fondi che è di ostacolo all’adozione di misure che contemplino l’uso di tale forma di controllo. L’applicazione del braccialetto elettronica è soggetta al consenso dell’indagato/imputato, però in caso di non accettazione ci sarebbe il carcere. È stato introdotto, poi, con il Codice rosso il reato che consegue alla violazione di queste misure, mentre prima l’infrazione comportava solo l’aggravamento della misura.
Anche gli obblighi di comunicazione alla persona offesa e al suo difensore su revoche e sostituzione delle misure sono importanti perché sollecitano un contraddittorio in tempi ristretti: solo la persona offesa può infatti essere a conoscenza di certi fatti che talvolta sono ignoti anche al Pubblico Ministero.
Fin qui ci si muove sul terreno della repressione, ma sul piano preventivo occorre tener conto degli aspetti educativi e culturali. Per la sospensione condizionale della pena non è allora sufficiente l’incensuratezza e la prognosi di non recidivanza del reo, ma occorre anche l’adesione a corsi di recupero e programmi trattamentali.
Questa attività rieducativa e risocializzante è utile per la società, ma lo è anche per l’offensore.
C’è un termine entro cui adempiere a questo obbligo che, secondo la relatrice non deve essere la pronuncia della sentenza, bensì il suo passaggio in giudicato, per conciliare il suo espletamento con il principio della presunzione di non colpevolezza. Tuttavia questo obbligo deve essere sancito nella sentenza, di primo grado, o anche dopo, in sede di impugnazione, o anche durante l’incidente di esecuzione e, se non viene mai indicato, deve essere adempiuto entro 5 anni.
Si è così concluso l’intervento della Dott.ssa Locati che si è distinto per la sua esaustività e per la profondità delle riflessioni.
L’ultima relazione è stata affidata all’Avv. Daniela Rossi che ha intrattenuto l’uditorio sui seguenti argomenti:
- il trattamento psicologico dei condannati per reati sessuali, maltrattamenti e atti persecutori e l’accesso ai benefici penitenziari ed offrendo una ricca rassegna giurisprudenziale intervenuta sui temi trattati nel Convegno.
Con il suo intervento, l’Avv. Daniela Rossi, ha dapprima messo in evidenza come il reperimento di uno dei centri presso cui seguire un corso di recupero, al fine di beneficiare della sospensione condizionale della pena, non sia affatto semplice in quanto essi sono pochi, introvabili e la frequenza di tali programmi non è gratuita. La non gratuità di questi corsi è certamente un ostacolo, soprattutto quando si tratta di persone non abbienti che, proprio in ragione delle proprie condizioni economiche disagiate, sono ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Una delle poche associazioni che tengono tali corsi senza oneri economici per i partecipanti è il Gruppo Abele, ma non sono molti i posti disponibili.
Trattando l’argomento già interessato dall’intervento della Dott.ssa Locati, l’Avv. Daniela Rossi ha ricordato che si registra anche della giurisprudenza della Corte di Cassazione (una sentenza del 27/01/2020, in particolare) secondo cui è nulla quella sentenza non indica il termine entro cui deve essere frequentato il corso di recupero necessario per accedere al beneficio della sospensione condizionale della pena.
La sospensione condizionale della pena è importante soprattutto per chi è condannato per condotte tenute in presenza di minori poiché in tali casi il reato è ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione: l’art. 4-bis O.P. ricomprende nel novero dei reati ostativi anche quello di cui all’art. 583-quinquies c.p. e i reati sessuali commessi nei confronti di minori.
In carcere poi i detenuti devono sottoporsi a percorsi di recupero se ambiscono a fruire di benefici penitenziari. Spesso, del resto, questi soggetti non sono patologici, ma non si rendono conto del disvalore, tendono a minimizzare le loro condotte e quindi è utile che si sottopongano ad un percorso attraverso cui giungano ad una presa di coscienza e finalizzati ad una maggior sensibilizzazione.
Nel suo encomiabile impegno di approfondimento, l’Avv. Daniela Rossi ha dato conto delle risultanze di un incontro avuto in carcere, presso la Casa Circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino, con la Direttrice dell’istituto penitenziario e con tutto lo staff di psicologi e criminologi che le hanno illustrato il lavoro che viene svolto per allestire questi corsi di recupero.
Attualmente ci sono due programmi, quello svolto a favore dei sex-offenders e quello avente ad oggetto un trattamento intensificato (per reati contro le donne e contro i familiari).
I partecipanti a questi corsi, al momento, sono 8.
Il condannato presta il suo consenso e poi gli si somministra un test. Gli aderenti possono decidere tra un percorso individuale ed un percorso collettivo. I reati commessi, più di frequente, sono quelli di cui agli artt. 562 c.p. e 609-bis c.p. e peraltro di solito si tratta di soggetti privi di precedenti penali e la metà di essi non ha una recidiva. Per essere ammessi al trattamento non occorre la confessione del reato. Di solito questi soggetti non parlano mai del fatto di reato, ma si tende a sensibilizzarli. Essi normalmente si sentono accolti e non giudicati e dunque si può dire che le loro sono esperienza positive. Questi percorsi, mediamente, durano un anno. Anche questi corsi che si tengono in carcere, la metà circa, sono a pagamento. Per alcuni degli operatori il fatto che la frequenza del corso sia a pagamento è un ulteriore segno di impegno e di sincera resipiscenza, ma resta il fatto che non dovrebbero esserci discriminazioni basate sul censo.
Nella seconda parte del suo intervento l’Avv. Daniela Rossi ha offerto un’utile prospettazione del quadro giurisprudenziale più recente.
Innanzi tutto si è soffermata sul confine esistente tra la fattispecie del maltrattamento e quello dello stalking con l’aggravante del fatto commesso a danno di persona a cui si è legati da una relazione. In questo caso prevale l’art. 572 c.p. per via della clausola di sussidiarietà contenuta nell’art. 612-bis c.p. (salvo che il fatto costituisca più grave reato) e, tra i due reati, quello più grave è il primo.
Secondo un’abbondante giurisprudenza, poi, su un altro punto controverso, la cessazione della convivenza non esclude il reato di maltrattamento se sussiste la condivisione di un rapporto e di un legame dettato dalla presenza di figli avuti insieme. Al contrario, altre sentenze, si sono espresse in senso più restrittivo per il principio di tassatività delle condotte di reato, ritenendo che serva una convivenza stabile affinché possa configurarsi il reato di maltrattamento (così Cass., Sezione Sesta Penale, 11/10/2022 n. 38336).
È stata inoltre respinta la questione di legittimità costituzionale circa una ingiustificata disparità di trattamento (e dunque per una violazione del principio di ragionevolezza enucleato nell’art. 3 Cost.) nella equivalenza sanzionatoria tra i reati a danno di minori e quelli a danno degli adulti avvenuti in presenza di minori, in quanto anche la violenza assistita provoca sofferenza (così Cass., Sezione Terza Penale, 30/05/2022 n. 21024).
In chiusura, la relatrice ha dato conto anche di quella giurisprudenza di Cassazione (una sentenza della Sezione Sesta Penale assai recente del 12/10/2022) che ritiene sussistere l’aggravante del fatto commesso in presenza del minore anche quando quest’ultimo non è visibile al soggetto maltrattante.
Si è così concluso l’intervento dell’Avv. Daniela Rossi, molto apprezzabile per il meticoloso lavoro di ricerca e di studio condotto dalla relatrice la quale ha altresì fatto emergere quanto sia spesso accentuato il divario tra le enunciazioni formali delle riforme e la loro concreta attuazione sul campo.
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sambilling · 2 years
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gregor-samsung · 4 years
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Famiglia, scuola, fabbrica, università, ospedale, sono istituzioni basate sulla netta divisione dei ruoli: la divisione del lavoro (servo e signore, maestro e scolaro, datore di lavoro e lavoratore, medico e malato, organizzatore e organizzato). Ciò significa che quello che caratterizza le istituzioni è la netta divisione fra chi ha il potere e chi non ne ha. Dal che si può ancora dedurre che la suddivisione dei ruoli è il "rapporto di sopraffazione e di violenza fra potere e non potere, che si tramuta nell’esclusione da parte del potere, del non potere": la violenza e l’esclusione sono alla base di ogni rapporto che si instauri nella nostra società. I gradi in cui questa violenza viene gestita sono, tuttavia, diversi a seconda del bisogno che chi detiene il potere ha di velarla e di mascherarla. Di qui nascono le diverse istituzioni che vanno da quella familiare, scolastica, a quelle carcerarie e manicomiali; la violenza e l’esclusione vengono a giustificarsi sul piano della necessità, come conseguenza le prime della finalità educativa, le altre della «colpa» e della «malattia». Queste istituzioni possono essere definite come le "istituzioni della violenza". Questa la storia recente (in parte attuale) di una società organizzata sulla netta divisione fra chi ha (chi possiede in senso reale, concreto) e chi non ha; da cui deriva la mistificata suddivisione fra il buono e il cattivo, il sano e il malato, il rispettabile e il non rispettabile. Le posizioni sono - in questa dimensione - ancora chiare e precise: l’autorità paterna è oppressiva e arbitraria; la scuola si fonda sul ricatto e sulla minaccia; il datore di lavoro sfrutta il lavoratore; il manicomio distrugge il malato mentale. Tuttavia, la società cosiddetta del benessere e dell’abbondanza ha ora scoperto di non poter esporre apertamente il suo volto della violenza, per non creare nel suo seno contraddizioni troppo evidenti che tornerebbero a suo danno, ed ha trovato un nuovo sistema: quello di allargare l’appalto del potere ai tecnici che lo gestiranno in suo nome e continueranno a creare - attraverso forme diverse di violenza: la violenza tecnica - nuovi esclusi. Il compito di queste figure intermedie sarà quindi quello di mistificare - attraverso il tecnicismo - la violenza, senza tuttavia modificarne la natura; facendo sì che l’oggetto di violenza si adatti alla violenza di cui è oggetto, senza mai arrivare a prenderne coscienza e poter diventare, a sua volta, soggetto di violenza reale contro ciò che lo violenta. Il compito dei nuovi appaltatori sarà quello di allargare le frontiere della esclusione, scoprendo, tecnicamente, nuove forme di deviazione, fino ad oggi considerate nella norma.
Franco Basaglia, Le istituzioni della violenza, in:
AA. VV., L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, (a cura di Franco Basaglia; collana Nuovo Politecnico, n.19), Giulio Einaudi editore, 1974⁷ [1ª ed.ne 1968]; il brano citato si trova alle pp.115-16.
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abr · 4 years
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(...) dolo o colpa che sia, Trump ha detto nella conferenza stampa di lunedì scorso 27 aprile che gli Stati Uniti vogliono «centinaia di miliardi di dollari» da Pechino, come riparazione ai danni causati dalla diffusione della pandemia. (...) È una posizione largamente condivisa nel partito repubblicano (...) tra i parlamentari e nella fitta rete di think tank conservatori consultati dai consiglieri di Trump. La spinta arriva anche dalle profondità del Paese. Il governatore del Missouri, Mike Parson, ha deciso di citare in giudizio il governo cinese. Farà la stessa cosa il suo collega del Mississippi, anche lui repubblicano. È già un passaggio importante e politicamente delicato, poiché si passa dalle «class action», cioè dalle cause promosse da gruppi di privati, a iniziative giudiziarie intraprese da istituzioni americane. Secondo il Washington Post ci sono diverse opzioni allo studio. Tutte sono incardinate sulla necessità di superare l’immunità degli Stati sovrani, in modo da costringere la Cina a rispondere dai danni causati.  (Uno) spunto viene dalla proposta avanzata da Marsha Blackburn, senatrice repubblicana del Tennessee: cancellare il rimborso dei titoli in scadenza e/o non versare gli interessi (mediamente pari all’1,2%) sui 1.100 miliardi di «Us Bond» in possesso dei cinesi. Il senatore repubblicano Tom Cotton, invece, uno degli interlocutori più assidui del presidente, chiede di «sganciare l’economia americana da quella cinese» e vuole farlo per legge, imponendo alle multinazionali statunitensi attive in Cina di rientrare. Lindsey Graham, altra sponda al Senato del presidente, preme perché Pechino venga «punita». È evidente che sarebbero decisioni dall’impatto potenzialmente devastante sulle relazioni tra le due superpotenze economiche mondiali.  (...) Pechino ha già reagito furiosamente all’idea australiana di costituire una commissione d’inchiesta internazionale in grado di inviare ispettori indipendenti a Wuhan per investigare sull’origine della infezione. Ieri un portavoce del ministro degli esteri cinese, Geng Shuang, ha dichiarato: «Gli Usa dovrebbero sapere che il loro nemico è il Covid-19, non la Cina. Vogliono chiamarci a rispondere della nostre presunte responsabilità? Non ci sono basi legali, non esiste un precedente internazionale». Gli americani stanno lavorando anche per linee esterne, sondando gli alleati europei, a cominciare dalla Cancelliera Angela Merkel, che la settimana scorsa aveva chiesto «trasparenza» ai dirigenti del Partito comunista cinese. Trump, come sempre, tiene d’occhio i sondaggi. L’ultima rilevazione approfondita è quella del Pew Research Center, pubblicata il 22 aprile. Il 66% degli interpellati diffida apertamente della Cina, contro il 26% di bendisposti.
G.Sarcina sul CdS, mica le “macchine del fango delle destre”, via https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/sturm-und-trump-ldquo-virus-sono-sicuro-che-arrivi-laboratorio-235116.htm
Nell’era post ideologica sono trumpiano non per scelta aprioristica ideologica - hahah - ma perchè DICE LE COSE CHE PENSO PIU’ SOVENTE DI TUTTI GLI ALTRI. 
Trump contrariamente ai politicanti di scuola che guardano indietro, interpreta in modo naturale le nuove tendenze in atto in buona parte della società. Non è più il tempo per volpi felpate, tromboni ladroni e conigli mannari: la classe media evapora, il centro non esiste più, è il tempo degli “estremisti” che partano da posizioni apparentemente inconciliabili ma che siano trattativisti estremi sul piano internazionale e liberisti totali su quello interno. 
Gente che respinga i  benecomunismi pelosi livorosi; il Bene Vero si raggiunge badando ognuno a casa propria e tenendo pulito il pezzo di strada davanti, ognun per se e Dio (compassion) per tutti. 
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fairychildsplay · 3 years
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Oggi non sono quasi uscita dal letto fino alle sette ma nelle ultime due ore ho recuperato alla grande, arrivando a piedi in pellegrinaggio fino al carcere ed elaborando una teoria mega complicata sulle istituzioni totali e il potere che mi sono, ovviamente, già dimenticata.
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lamilanomagazine · 5 months
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Abi-Dipartimento di Pubblica Sicurezza: rapine in calo in tutti i comparti più a rischio
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Abi-Dipartimento di Pubblica Sicurezza: rapine in calo in tutti i comparti più a rischio. Cresce la sicurezza nelle banche che operano in Italia e negli altri comparti più esposti al fenomeno criminale delle rapine. Nel biennio 2021-2022, infatti, a fronte di una ripresa delle rapine totali commesse in Italia (+7,8% rispetto al biennio 2019-2020), è stata registrata una sensibile riduzione del fenomeno in tutti i settori considerati. Il calo più evidente ha riguardato le rapine in banca, che si sono quasi dimezzate (-46%). Seguono le rapine ai distributori di carburante (-30,8%), nelle farmacie (-26,6%), negli uffici postali (-25,6%) e nelle tabaccherie (-22,5%). Rapine pressoché stabili negli esercizi commerciali (+0,4%), mentre aumentano quelle commesse per strada (+14,7%). Sono questi i principali risultati della nuova edizione del Rapporto Intersettoriale sulla Criminalità Predatoria che prende in considerazione le rapine compiute nel 2022, mettendo a confronto i diversi settori più esposti al fenomeno. Il Rapporto è stato realizzato dagli esperti di OSSIF (il Centro di Ricerca ABI sulla Sicurezza Anticrimine) e del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale, con la partecipazione di Assovalori, Confcommercio–Imprese per l'Italia, Federazione Italiana Tabaccai, Federdistribuzione, Federfarma, Poste Italiane, unem e Italiana Petroli. Per il Direttore Generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, «la sicurezza di clienti e dipendenti è una priorità fondamentale per il settore bancario, da sempre impegnato su questo fronte in termini di investimenti e formazione, ma soprattutto di stretta collaborazione con le Istituzioni e le Forze dell'Ordine. La drastica riduzione del fenomeno delle rapine, che negli ultimi dieci anni ha fatto registrare un calo del 90%, passando dalle 1.242 del 2012 alle 124 del 2022, è il risultato tangibile di questo impegno e conferma che procediamo nella direzione giusta. È importante – secondo Sabatini – proseguire in questo impegno e tenere sempre alta l'attenzione per arrivare pronti alle nuove sfide che il mondo globalizzato ci impone». «Nell’ambito del consolidato rapporto di collaborazione tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e l'Associazione Bancaria Italiana, l'obiettivo comune è quello di condividere in modo tempestivo ogni elemento di valutazione del rischio, utile ai fini dell'attività di analisi strategica interforze sviluppata dal Servizio Analisi Criminale per prevenire e contrastare la criminalità in maniera sempre più efficace e fornire ai cittadini i risultati di questo impegno, contribuendo a favorire la percezione della sicurezza. Le Forze di polizia affrontano questa sfida con grande tenacia. Il costante, tendenziale decremento della criminalità predatoria nel comparto rappresenta uno stimolo in più nel proseguire insieme su questa strada» – ha detto il Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - Direttore Centrale della Polizia Criminale, Prefetto Raffaele Grassi.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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corallorosso · 4 years
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Salvini dice che qualcuno «fa apposta a tenere gli italiani chiusi in casa per controllarli» La ruota del lockdown gira vorticosa. Negli ultimi giorni siamo nella fase ‘riaprire tutto’. Quella che Matteo Salvini aveva sposato il 27 febbraio, salvo poi ricredersi un paio di settimane dopo chiedendo di chiudere le attività in maniera ancora più severa di quanto fatto dal governo. Da qualche giorno, però, il leader della Lega è tornato a chiedere con forza la riapertura delle attività e il ritorno dei cittadini nelle strade. Nella giornata di ieri, durante una sua diretta su Instagram, l’ex ministro dell’Interno ha detto di essersi stufato di restare chiuso in casa. E che, per Salvini, gli italiani sono chiusi in casa per essere più facilmente controllati. «Filippo vuole uscire, siamo in due: quando usciamo ci ritroviamo per organizzare qualcosa? Per farci vedere, per contare: altrimenti ci tengono solo davanti allo schermo. Secondo me – ha continuato Salvini – qualcuno fa apposta a voler tenere gli italiani chiusi in casa lontani dalle case e dai negozi, per tenere tutto sotto controllo. Perché è più facile controllare gli italiani, cuori, teste (per chi ce l’ha) solo usando la distanza». Ora, vale appena la pena ricordare che la motivazione per cui gli italiani sono chiusi in casa e rispettano le misure di distanziamento è relativa al fatto che, dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, ci sono stati quasi 25mila morti e che i casi totali sono quasi 190mila. Dunque, è irrispettoso per tutte queste persone e per i loro familiari sostenere che le misure di lockdown servano a qualcuno semplicemente per ‘controllare gli italiani’. Lo stesso Matteo Salvini, negli ultimi giorni, ha sollevato il presunto problema relativo a una relazione secretata dal ministero della Salute sulla possibilità di contare tra i 600mila e gli 800mila morti in Italia nel caso in cui non fossero state prese misure severe di lockdown. Eppure, quello stesso documento ha permesso a centinaia di migliaia di italiani di avere salva la vita, dal momento che le istituzioni hanno seguito le indicazioni dei team medico-scientifici in merito alle misure di contenimento dell’epidemia. Vogliamo cambiare anche questa narrazione sul coronavirus e trasformare l’Italia del 2020 in una gigantesca riedizione di 1984? di GIANMICHELE LAINO
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scienza-magia · 1 year
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Piattaforme exchange criptovalute in crisi sistemica
Genesis, Silvergate e Huobi: continua il caos delle criptovalute. Nel mondo cripto il 2023 è iniziato come si era concluso il 2022: sotto l’onda di Ftx, il crack del primo exchange. Prima Genesis, poi Silvergate, ora Huobi. Nel mondo cripto il 2023 è iniziato come si era concluso il 2022: sotto l’onda di Ftx, il crack del primo exchange che ha generato un effetto contagio che pare inarrestabile. Almeno tra gli operatori, visto che sul mercato delle singole valute l’impatto è - per ora - almeno in parte più contenuto. Nelle ultime ore la crisi ha colpito anche la piattaforma di trading Huobi, ultima tra le vittime dell’ecosistema. La società con sede a Singapore ha annunciato che ridurrà del 20% i suoi dipendenti, mantenendo un «team molto leggero» nell’attuale contesto di mercato ribassista. La comunicazione segue quella della società di brokeraggio Genesis Global Trading, che ieri è stata costretta a tagliare del 30% i suoi dipendenti, mentre la società di servizi finanziari per il mondo delle criptovalute, Silvergate, complice un’emorragia di depositi, ha previsto esuberi pari al 40% della sua forza lavoro. I guru dalle stelle alle stalle Depositi in fuga, rischi di bancarotta e mercato in subbuglio sono ancora l’effetto del ciclone Ftx. Che però nasconde un problema ben più profondo, di fiducia mal riposta in figure fino a ieri considerate veri e propri guru e oggi diventate truffatori in grande stile.
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Sam Bankman-Fried, ovverto mister Ftx, martedì si è dichiarato non colpevole di otto capi d’accusa tra cui frode e cospirazione per riciclaggio di denaro. Il 30enne è accusato di aver saccheggiato i depositi dei clienti Ftx per sostenere il suo hedge fund Alameda Research, acquistare immobili e donare milioni di dollari a cause politiche. Anche un altro imprenditore cripto, Alex Mashinsky, fondatore ed ex Ceo di Celsius Network, nelle scorse ore ha dovuto affrontare una battaglia legale. Una nuova causa intentata ieri dal procuratore generale di New York, secondo il quale Mashinsky ha frodato gli investitori nascondendo la salute fallimentare della sua piattaforma di prestito di criptovaluta ora in bancarotta. Come ricordato da Reuters mentre Mashinsky è stato ceo, tra il 2021 e il 2022, Celsius ha fatto circa un miliardo di dollari in prestiti ad Alameda Research, secondo la causa. Il caso Silvergate È di ieri, invece, il tonfo di Silvergate Capital che è arrivata a perdere il 47% sul Nasdaq, dopo che la società specializzata in servizi finanziari e nelle criptovalute ha comunicato che i depositi totali di asset digitali dei suoi clienti sono scesi in un trimestre (dal secondo al terzo del 2022) da 11,9 miliardi a 3,8 miliardi di dollari. La società ha addebitato la fuga di capitali a «una crisi di fiducia in tutto l'ecosistema»cripto, che ha portato «molti partecipanti del settore a passare a una posizione di risk off sulle piattaforme di trading di asset digitali». Silvergate Capital cita anche i «numerosi fallimenti di alto profilo» degli ultimi mesi, alludendo, tra gli altri, al caso Ftx. Al fine di mantenere il suo bilancio altamente liquido, Silvergate ha venduto titoli di debito del valore di 5,2 miliardi di dollari, generando una perdita di 718 milioni di dollari. Silvergate ha poi annunciato il licenziamento di 200 dipendenti, circa il 40% della sua forza lavoro. La mannaia di Genesis Stessa musica per Genesis, che prevede a sua volta di tagliare il 30% della sua forza lavoro in un secondo round di licenziamenti in meno di sei mesi, secondo fonti interpellate dal Wall Street Journal. Genesis, che intermedia risorse digitali per istituzioni finanziarie come hedge fund e gestori patrimoniali, ha annunciato a novembre che la sua piattaforma avrebbe smesso di concedere nuovi prestiti e impedito ai clienti di ritirare fondi, citando le turbolenze del mercato causate dal fallimento di Ftx. Secondo quanto riportato dal quotidiano finanziario americano, Genesis sta prendendo in considerazione la possibilità di presentare istanza di fallimento per il Chapter 11. Read the full article
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