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equus-ferro · 1 year
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Mark Maggiori western painting study, as a warm-up
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strwbrryfire · 6 months
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ur a cowboy like me
(day three: western au)
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lukosei · 2 years
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If you look closely enough at the clouds Howard and Lalo are frolicking in the heavens
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jojo-lane · 4 months
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A quick little study of one of Mark Maggiori's paintings.
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raffaeleitlodeo · 5 months
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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angelap3 · 12 days
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Oggi è il 15 Aprile ed in questo giorno, nel 1967, a Roma moriva il grande “Totò”. Era nato nel 1898, a Napoli con il nome di Antonio Vincenzo Stefano Clemente De Curtis, e fu tra i maggiori rappresentanti del teatro (presente in 50 commedie) e del cinema comico italiano (presente in 97 film) di tutti i tempi. Non fu riconosciuto dal padre e visse in estrema povertà la sua gioventù nel “Rione Sanità”. Non impegnato nello studio e distratto precocemente dalla passione per il teatro, dalla quarta elementare fù addirittura retrocesso in terza, dove iniziò ad intrattenere i compagni di scuola con piccole recite e battute. Dopo le elementari, al Collegio Cimino, il colpo di un pugno causato involontariamente da un precettore né causò una particolare deformazione al mento ed al naso, cosa che caratterizzò in seguito la sua “maschera” di comico. Abbandonò gli studi senza conseguire la licenza ginnasiale, ed a 15 anni iniziò ad esibirsi nei teatrini periferici con macchiette ed imitazioni con lo pseudonimo di “Clement”. Dopo la prima Guerra Mondiale (trascorsa in reggimenti a Pisa, Pescia e Livorno) riprese il teatro e tra il 1923 ed il 1927 si esibì nei maggiori caffè-concerto italiani raggiungendo notorietà nazionale con le sue macchiette e mimiche facciali.Negli anni trenta si dedicò all'”avanspettacolo” iniziando ad improvvisare ed inventare deformazioni linguistiche. Nel 1933, a 35 anni, fu adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas di Tertiveri, nel 1937 visse il debutto cinematografico e nel 1938 perse la vista dall'occhio sinistro (cosa che mantenne segreta e che solo i familiari sapevano). In seguito lavorò con i massimi attori e registi italiani, raggiungendo il massimo successo popolare (anche se non di critica). Fu anche attore televisivo (con 9 telefilm) drammaturgo, poeta, paroliere, compositore e cantante. Paragonato ai massimi attori comici mondiali come Charlie Chaplin e Buster Keaton, ancora oggi è considerato il comico italiano più popolare di ogni tempo.
Bruno Pollacci
Direttore dell'Accademia d'Arte di Pisa
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kon-igi · 7 months
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Gentile Kon (not that kind), da persona quale sono, cioè molto colpita dagli avvenimenti degli ultimi 3 anni, con il retropensiero al primo starnuto del fare ammalare gli anziani acciaccati della famiglia, e quindi di essere causa della loro morte (temi che comunque tratto con il mio psicoterapeuta), ti chiedo: la stagione alla porte sta già portando sintomi influenzali diffusi, a quale combinazione di sintomi/febbre è sensato fare il tampone rispetto al rischio maggiore/minore di avere il covid rispetto ad altre malattie? E a seguire, in una scala da "ho un po' di raffreddore" a "ho la broncopolmonite" è meglio evitare contatti con persone anziane, come ad esempio andarli a trovare? Scusa ma sono molto in confusione ed è come se non mi ricordassi più di come si sta normalmente al mondo.
Tieni a mente questo...
il Sars-CoV2 e il Covid non sono più un virus e una malattia degni di attenzioni maggiori rispetto ad altri virus influenzali e parainfluenzali.
Con la vaccinazione il tasso di letalità si è abbassato ENORMEMENTE e quindi il Sars-CoV2 è entrato a far parte del serraglio microbiologico endemico.
Ce l'avremo sempre attorno. Per sempre.
L'unica differenza è che ha un rivestimento capsidico tale da non renderlo termolabile alle temperature estive, quindi non ha gli stessi cicli stagionali dell'AH1N1, la classica influenza che arriva a Novembre-Dicembre.
Piuttosto, con gli anziani/immunodepressi non dovresti essere caut* ora per il Covid ma ci si sarebbe dovuti comportare con cautela anche quando c'era solo la 'semplice' influenza...
Nel 2017 i morti per influenza sono stati 663, il doppio dei 316 registrati nell’anno precedente. Nel 2015 i decessi sono stati 675 e 272 nel 2014. Tra il 2007 e il 2013 i morti per influenza sono stati rispettivamente: 411, 456, 615, 267, 510, 458 e 417. Tra il 2007 e il 2017, l’influenza è stata la causa iniziale di morte per un totale di 5.060 decessi, una media di 460 l’anno. A seconda delle stime dei diversi studi, vanno poi aggiunti tra le 4 mila e le 10 mila morti “indirette”, dovute a complicanze polmonari o cardiovascolari, legate all’influenza (fonte ISS)
E per il discorso di differenziare il Covid dalla semplice influenza, in effetti hanno più o meno gli stessi sintomi e puoi farlo (con un tampone) ma non serve a granché...
Se temi di attaccare uno dei due o tutti e due a qualche caro, fai come me e vaccinati per entrambi, ricordando che l'H1N1 non è ancora arrivato in Italia e che quelle che senti in giro adesso sono sindromi parainfluenzali causate da uno delle decine di virus respiratori che si riattivano con il freddo.
TL;DR Se hai tosse e raffreddore usa la mascherina e gira lontano dai nonni, vaccinati contro Covid&Influenza e ricorda che quando vivi nella paura della morte, la morte s'è già presa la parte migliore della tua vita [Polonio_mode off].
Ci vediamo nella luce <3
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abr · 4 months
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L’elezione di Javier Milei e i suoi primi passi stanno spiazzando non poco la sinistra. La quale, incapace ormai di pensare il mondo (...), aveva preventivamente catalogato il nuovo premier argentino nella categoria del “populismo”. Non risparmiando nemmeno ironie sulla sua folta e ribelle capigliatura (come per le fake news, la misoginia etc., anche l’accusa di body shaming non vale per gli avversari).
Che (...) la sua elezione fosse proprio una risposta dell’elettorato al potere pluridecennale del populismo argentino (...) lo si è capito bene dal discorso d’insediamento pronunciato qualche giorno fa, realistico fino ad essere spietato.
In esso, ovviamente con tutte le notevoli differenze del caso, sono sembrate risuonare le parole che Winston Churchill pronunciò agli inglesi in tempo di guerra, quando disse di non poter promettere loro altro che lacrime e sudore. Una via difficile da seguire, ma l’unica dietro la quale sarebbe stato possibile intravedere la luce che portava fuori dal buio tunnel del presente (...).
Milei non ha poi perso tempo e già ieri ha annunciato una sostanziale svalutazione della moneta nazionale. (...) Già pronte sono poi altre misure tese a ridurre la spesa pubblica, dal taglio dei ministeri ai trasferimenti dallo Stato alle Province, dalla riduzione dei sussidi alla liberalizzazione delle importazioni.
Forse Milei è piaciuto agli argentini anche perché essi si sono sentiti trattati per la prima volta (...) da adulti, cioè non come bambini da ingannare o peggio da trattare, come fa la sinistra, con “superiorità” e (paternalismo arrogante). (...)
Con Milei non funziona nemmeno l’altra retorica della sinistra, quella che fa gli avversari incolti e ignoranti. I suoi studi e i suoi libri, la sua carriera accademica, (...) ne fanno (...) uno dei maggiori economisti del continente (...). Quando parla di economia, ad uno come Milei è impossibile rispondere, come fa di solito la sinistra, con slogan e frasi fatte.
Ma la vera novità del nuovo presidente argentino, quella che ne fa attualmente un unicum mondiale, è sicuramente un’altra: la coerente e solida formazione liberale che lo ha portato a proporre ai suoi connazionali un “nuovo contratto sociale” basato sul “rispetto illimitato del progetto di vita” di ognuno. Egli ha tagliato corto contro la politica delle tasse e dei sussidi e ha fatto risuonare più volte, nei suoi discorsi, la parola libertà (...).
È una novità questa che un po’ spiazza anche la destra (quella sociale) (...). Milei inoltre, nel suo discorso d’insediamento, ha saputo usare anche toni di speranza, con una sapiente e dotta retorica, in un mix di realismo e idealismo che è ciò che forse manca ancora alla destra nostrana. (...)
via https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/37838798/javier-milei-presidente-argentino-realista-sincero.html
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deathshallbenomore · 7 months
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Sicuramente sono stata abbastanza aggressiva con il mio commento, tuttavia non sono d'accordo con il tuo ragionamento riguardo al fatto che siccome non rappresenta il tuo pensiero completo su una questione allora non può essere criticato. Io non so se sei o meno classista, ma ti posso assicurare che quel commento specifico lo é, probabilmente proprio perché quando esprimiamo pareri parziali, non troppo ragionati e facile scadere in pregiudizi e luoghi comuni. Il mio è un invito a non rimanere passiv* alle proprie scorciatoie di pensiero ed essere critici rispetto al proprio modo di interpretare il mondo. Spesso queste battute di pancia sono molto utili a capire certe storture. Rispetto a agli esempi da te proposti sono d'accordo, ma solo in parte. Tu hai menzionato solo quegli aspetti di alcuni lavori che necessitano di un'esperienza empirica (per fare una casa devo aver fatto esperienza di come si fa empiricamente, per operare una persona lo stesso), ma quei lavori portano con sé altri aspetti più teorici per cui una formazione istituzionale non è garanzia di una maggiore conoscenza. Esempio: una persona con malattia cronica può avere maggiori informazioni sulla sua condizione e essere di maggiore aiuto rispetto al medico medio
allora soprassediamo sulla lezione di buone maniere e consapevolezza di classe, considerando che, come peraltro accenni anche tu, non mi conosci. spero vivamente che nelle vere cause per cui battersi nella vita concreta impieghi la stessa energia che stai usando su tumblr (e lo dico senza troppo sarcasmo, me lo auguro davvero).
[dando per scontate le altre cose che si dicevano prima, e quindi anche i punti su cui concordo con te] vediamola un attimo diversamente: a me pare classista, piuttosto, un sistema tale per cui, per esempio, il notaio arriva da una famiglia di notai. o uno che premia la "meritocrazia", dove però il merito corrisponde all'aver fatto esperienze costose o non pagate e che quindi presuppongono, nella maggior parte dei casi, un certo agio economico di partenza. in generale un sistema che non dà a tutti gli stessi mezzi, alla faccia dell'uguaglianza, ma che comunque si aspetta i medesimi risultati. allora quello sfocia nel/o deriva dal (è un loop del terrore questo in cui viviamo) classismo.
immaginare che una persona valga di meno perché non ha una due o x lauree è classista. esigere che il mio medico sia per davvero un medico, che abbia acquisito conoscenze teoriche e pratiche certificate e accertate, e che non abbia studiato all'università della vita, non è classista. l'esempio delle malattie croniche? chi dice che sia sbagliato immaginare una medicina (e magari non solo la medicina) più collaborativa, dove determinate condizioni e soluzioni sono esplorate anche con l'input di chi le vive in prima persona? certo non io. ma un conto è quello, un altro è presumere che, studi o non studi, tutte le opinioni su [cosa per cui sarebbe preferibile avere una solida preparazione comprovata e non autocertificata] siano equivalenti.
per misurare le competenze di una persona, per considerarla o meno professionista/esperta etc. servono dei criteri ben saldi (seppur alle volte fallibili, dobbiamo metterlo in conto), altrimenti vale veramente tutto, se ci mettiamo a screditare o mettere sullo stesso piano (professionalmente parlando, s'intende) le opinioni di chi ha studiato (o fatto pratica, a seconda) una vita per fare x e quelle di chi invece se ne occupa più che altro per passione (anche derivandone una conoscenza vastissima). piuttosto critichiamo il sistema per cui studiare una vita è ancora un privilegio e non un diritto da garantire a chiunque.
detto ciò comunque non è che seguire me e le quattro baggianate che dico qua sia prescrizione medica. ché in quel caso, se anche l'avesse prescritto un medico con le lauree appese nello studio, sarebbe chiaramente un cialtrone
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dovevonascerequadro · 2 years
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LA VERA STORIA DI QUESTO QUADRO
È la "Madonnina" più riprodotta di tutti i tempi, ma la sua origine nasce così
In realtà, il quadro ritrae una fanciulla di undici anni, Angela Cian, con il fratellino più piccolo Giovanni in braccio. Ilpittore Roberto Ferruzzi (Dalmazia 1853 -Luvigliano, Colli Euganei, 1934) era figlio di un noto avvocato, e, dopo gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova. Molto dotato nel disegno, pur continuando i corsi universitari, studiò disegno e pittura e si dedicò anche alla musica. Nel 1879 si stabilì a Luvigliano (Colli Euganei) dove si dedicò esclusivamente alla pittura creando attorno a sé un cenacolo culturale che divenne meta dei maggiori artisti dell’epoca. Un giorno vide una ragazzina, Angelina Cian, seconda di quindici figli, che teneva in braccio il fratellino Giovanni addormentato. L'immagine dei fratellini colpì il pittore per la sua tenera dolcezza, e la riprodusse in un dipinto che intitolò ‘Maternità’. Il dipinto fu esposto alla Biennale di Venezia nel 1897 e venne premiato; il successo popolare suggerì un cambiò di titolo in ‘Madonnina’. Il quadro fu poi acquistato per tremila lire, cifra astronomica per l’epoca, e più volte rivenduto. Infine fu acquistato dai fratelli Alinari, noti fotografi di Firenze che lo misero in esposizione nei loro studi. Fu ancora rivenduto, ma i fratelli Alinari si riservarono i diritti di riproduzione. La "Madonnina", detta "delle vie", o "del riposo", fu riprodotta in migliaia di copie, biglietti, "santini", oggetti di devozione. Durante la Seconda Guerra mondiale, l'ambasciatore americano in Francia, John G.A.Leishman, acquistò il quadro, ma durante il viaggio verso gli Stati Uniti la nave venne silurata e la bella Madonnina finì in fondo al mare. Alcuni sostengono che non sia perduta, ma in una collezione privata in Pennsylvania. La ragazza del ritratto, Angelina, che ispirò la Madonnina, si era nel frattempo trasferita a Venezia. Si sposò e seguì, nel 1906, il marito in California, a Oakland. Ebbe dieci figli, ma la sua felicità svanì per l’improvvisa morte del marito; vedova, non fu in grado di affrontare le avversità della vita; i suoi figli furono ospitati in irfanatrofio e lei, in preda alla disperazione, fu internata in manicomio. Morì nel 1972. Non seppe mai che il suo viso avrebbe ispirato milioni di persone in tutto il mondo .
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radiogiornale · 10 months
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RADIO PIRATA: Il ritorno di Big L Radio London su 1206 kHz, 24 ore su 24, dal 29 luglio al 14 agosto.
Di nuovo con, in tasca, una licenza temporanea rilasciata dall'OFCOM. Questa volta Big L trasmetterà non da una nave ma dagli studi su un autobus rosso a due piani installato nel parcheggio Spa Pavilion di Felixstowe sul lungomare.
Questa è un'iniziativa di Ray Anderson, RadioFab e la Spa.
Radio Caroline non sarà più l'unico pirata ad essersi imbarcato per i 17 giorni di questa trasmissione speciale che trasmetterà anche tutte le hit degli anni "Pirate Radio" con tanti famosi DJ del passato!
Puoi sintonizzarti su 1206 kHz o saperne di più su RadioFab.com ( www.biglradiolondon.co.uk Facebook)
Il 12 agosto, guarda "Roger "Twiggy" Day's Pirate Radio Hits Show" sul palco dello Spa Pavilion Felixstowe con Dave Berry, Vanity Fare e Chris Farlowe.
Molti ex DJ della stazione pirata stanno partecipando all'evento.
Il 14 agosto ricorre il 56° anniversario dell'adozione della "legge sui reati marittimi". Questo sarà, ancora una volta, l'ultimo giorno di trasmissione di questa effimera radio su 1206 khz.
Online e maggiori info su www.biglradiolondon.co.uk
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asterillustration · 1 year
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a master study done in gouache of the piece “The place where you can hear silence” by the talented Mark Maggiori.
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duca-66 · 2 years
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A 30 anni dagli accordi di luglio: la fine della scala mobile e il calo dei salari.
Recentemente il Governatore della Banca d’Italia Visco ha messo in guardia dal rischio inflazione, se in conseguenza dell’aumento dei prezzi iniziassero ad aumentare anche i salari si correrebbe il rischio di cadere nella spirale inflazionistica, perché l’aumento delle retribuzioni produrrebbe un ulteriore impennata del costo della vita. È un’affermazione non condivisibile e profondamente sbagliata. Innanzitutto va ricordato che l’aumento dei prezzi è prodotto dall’aumento del costo dell’energia, questo succede per la combinazione di due motivi: la speculazione e le folli scelte italiane ed europee rispetto alla crisi in Ucraina.
Questa considerazione però non esaurisce le critiche alle affermazioni del Governatore. Il sostegno al potere d’acquisto dei salari non provoca inflazione ma è la risposta che viene data per tutelare il lavoro dipendente. Recentemente è stata pubblicata dall’Ocse una statistica sull’andamento salariale dal 1990 al 2022 in Europa, il nostro è l’unico Paese dove salari sono diminuiti (-2.90%). Se pensiamo che il diesel per auto nel 1990 costava 981,56 lire (circa 50 centesimi) e che oggi ha superato i due euro possiamo calcolare un aumento di più del 400% a fronte dell’andamento salariale descritto. Un Paese che continua a comprimere i salari sarà un Paese sempre più povero e sempre più indebitato.
A 30 anni di distanza dagli accordi di luglio possiamo dunque tirare un bilancio su quell’accordo. Quando i sindacati scelsero la strada concertativa abbandonarono la difesa del mondo del lavoro, questi risultati sono la sconfitta della linea dell’allora segretario Generale della CGIL Trentin, salario in cambio di diritti. Se la prima parte dell’operazione (la contrazione salariale) è riuscita la seconda (maggiori diritti) si è tradotta nell’opposto. Dobbiamo quindi riconoscere che questa è una sconfitta della quale i sindacati ed anche la sinistra portano la responsabilità. La CGIL non è stata la vittima di questa politica ma anzi ha, attraverso la concertazione, ad essa contribuito. Non fu però una rottura rispetto al passato ma la coerente prosecuzione con le affermazioni di Lama sui salari che non potevano essere una variabile indipendente.
Prima della nascita del PDS già il PCI non era rimasto sordo a certi argomenti, quando nel 1976 il Centro Studi di politica economica (CESPE) del PCI organizzò un importante convegno nazionale fra gli invitati c’era anche l’economista Franco Modigliani, questi sostenne la necessità di cancellare la scala mobile istituita l’anno precedente, perché a suo avviso questa scelta peggiorava la bilancia commerciale italiana. Queste tesi sono cresciute fino a diventare egemoni fra chi (non senza senso dell’ironia) si definisce erede di quella storia. L’Unione europea e l’euro hanno affossato il mercato interno pensando che sarebbero state le esportazioni a sostenere l’economia, invece il risultatoè stato quello di dare il via ad una concorrenza al ribasso fra i lavoratori. Negli anni passati ci hanno spiegato (spesso gli stessi che oggi dissertano di geopolitica e ieri parlavano di Covid) che i sacrifici erano necessari per risanare i nostri bilanci, eppure le conseguenze della deflazione salariale è il debito pubblico più alto della storia italiana. Dal ’92 ad oggi i colpi al mondo del lavoro sono proseguiti, l’anno successivo il Governo Ciampi in accordo con le parti sociali bloccò gli aumenti contrattuali nazionali decretando che gli aumenti sarebbero potuti avvenire solo a livello aziendale, ci fu poi il famigerato pacchetto Treu (primo governo di centro-sinistra sostenuto anche dal PRC) che introdusse la flessibilità, è inutile riassumere le ulteriori tappe, dalla legge 30 al Jobs Act, il punto è che il risultato è stato l’impoverimento del lavoro. In questi 30 anni circa il 10% del Pil si è spostato da salari e stipendi a profitti e rendita, è un dato che va ricordato quando sentiamo dire che non ci sono soldi o che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità. Questo impoverimento è avvenuto anche distraendo risorse dai servizi pubblici (scuola, sanità, previdenza e welfare in generale) per destinarle al finanziamento degli stessi settori gestiti dal privato, queste erano risorse provenienti dalla fiscalità generale sostenuta in gran parte proprio dal lavoro. Insomma un’altra forma di socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti, di redistribuzione della ricchezza dal basso verso l’altro. La diseguaglianza non è solo ingiusta da un punto di vista etico e politico è anche inefficiente da un punto di vista economico produttivo, Elkann guadagna oltre 35 milioni all’anno ma se continua a tagliare gli stipendi chi comprerà le panda?
A fronte di quelli che Andrea Catone ha definito i ‘Trenta ingloriosi’ [MarxVentuno n° 1 2021] la sinistra ed i comunisti sono assenti. Se una parte, che difficilmente possiamo considerare sinistra, si è schierata alla guida di questo percorso, un’altra parte non ha capito l’importanza di questa battaglia sostituendo la rivendicazione (giusta) per i diritti civili a quella per i diritti sociali. Dobbiamo ripartire da qui, dobbiamo ricostruire una battaglia di classe e per farlo oserve dare una prospettiva strategica alle lotte. Prendiamo ad esempio il settore della logistica, qui si registra accanto ad una forte repressione una grande conflittualità ma il rischio è che queste battaglie siano staccate non tanto fra loro ma rispetto ad un disegno complessivo di una società più progressista e democratica. Unire le tante lotte, compresa anche quella per la pace, è il primo passo per ricostruire una sinistra di classe e anti-capitalista. Se non partiamo da qua ci troveremo fra un anno nuovamente a leccarci le ferite dopo la nuova e scontata debacle elettorale.
di Marco Pondrelli.
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raffaeleitlodeo · 4 months
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Questa vita vale un botto?
Questo è quello che mi chiedo ogni volta che mi sveglio il primo gennaio di ogni anno e apro gli occhi su un cellulare carico di auguri e uccelli morti.
Sì, perché come chiunque quel giorno ricevo i classici messaggi di auguri per un felice nuovo anno e da #ornitologo attivo sui social ricevo le foto degli uccelli trovati morti nei giardini, per strada, sotto alle finestre, accanto alle vetrate. Foto inviate affinché io possa dare un nome all’ennesima vittima della festa: merli, pettirossi, passeri, tortore, codirossi spazzacamini ecc. sono le specie più frequenti.
L’impatto che l’esplosione dei botti ha sugli #uccelli selvatici che abitano le città è impressionante. Basti pensare che lo studio effettuato nel 2017, "Effects of fireworks on birds: A review", pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science & Technology, stima che circa 100.000 uccelli muoiono ogni anno a causa dei fuochi d’artificio in Svizzera. Questa stima si basa su studi che hanno utilizzato diverse tecniche, tra cui l’osservazione diretta, il ritrovamento di carcasse e l’analisi dei dati di radar.
In precedenza, nel 2002 è stato pubblicato su Journal of Ornithology uno studio dal titolo "Acute effects of fireworks on birds: A review". In questo studio si dimostra che i fuochi d’artificio possono causare una serie di effetti negativi sugli uccelli, tra cui aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, rilascio di ormoni dello stress e disorientamento. In questo studio i ricercatori hanno stimato che circa 200.000 #uccelli muoiono ogni anno a causa dei fuochi d’artificio in Germania.
In Italia non esistono dati ufficiali sulla stima del numero di uccelli vittima del Capodanno, ma sappiamo che l’avifauna per motivi di svernamento si concentra in questo periodo proprio nei paesi mediterranei come il nostro, e alcune specie raggiungono le densità maggiori proprio negli ambienti urbani, per cui il numero di vittime potenziali qui da noi è immenso. Anche la potenza di fuoco messa in campo nelle nostre sovraffollate città è superiore di quella svizzera o tedesca, soprattutto se rapportata alla superficie.
Ovviamente gli uccelli non sono le sole vittime, anche molti altri animali selvatici e domestici patiscono questo modo di festeggiare. Numerosissimi sono i cani e i gatti che fuggono impauriti e non vengono più ritrovati dalle loro famiglie.
Per non parlare dell’inquinamento atmosferico: i fuochi d’artificio rilasciano in atmosfera ossido di azoto e di zolfo, monossido di carbonio e metalli pesanti. Nel 2022 l’ARPA Lombardia ha condotto uno studio sull’impatto dei fuochi d’artificio sull’inquinamento atmosferico. I risultati riportano che il 6% delle emissioni totali di PM10 in Lombardia è prodotto dai fuochi d’artificio esplosi a Capodanno.
Mi chiedo quale sia il senso di aver inserito la #biodiversità nella nostra #Costituzione se poi non riusciamo neanche a rinunciare ad un #petardo per la sua salvaguardia.
Mi auguro per questo 2024 un’esplosione di buon senso.
Rosario Balestrieri, Facebook
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scienza-magia · 1 year
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Super worms per pulire l'ambiente dalla plastica
Vermi mangia plastica: realtà o finzione? La scoperta sconcertante. I rifiuti di plastica sono ovunque, la scienza sta cercando alternative ecologiche per smaltire ciò che non può essere recuperato in altro modo L’enorme quantità di rifiuti esistenti  non accenna a diminuire anzi, al contrario, cresce in maniera esponenziale. La plastica prodotta annualmente è enorme e, per quanto, cerchiamo di farvi fronte con il riciclo, ma non basta. Il quadro della situazione peggiora ulteriormente, se consideriamo tutto ciò che si disperde nell’ambiente e che non è biodegradabile.
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Verme mangiaplastica (Fonte foto: cleanmalaysia.com) Le materie plastiche permangono per almeno 1000 anni, provocando danni immensi alla natura, agli  animali, e quindi alla salute umana. Finalmente si stanno attuando progetti di rinnovamento aziendali,  che vanno a modificare la situazione a monte, perché non è possibile proseguire con questo ritmo di distruzione  del pianeta. Ma tutta la plastica esistente, ed attualmente in produzione,  come possiamo eliminarla? Diversi studi sono stati portati avanti in questo ambito. uno, si è svolto presso il Dipartimento di Ingegneria civile ed ambientale dell’Università di Stanford. La scoperta riguarda l’esistenza di una tipologia di vermi che si nutrono di plastica. Si sono fatti esperimenti su 100 esemplari cibati con circa 37 grammi di polistirolo al giorno. Questi  lo hanno trasformato, in parte, in anidride carbonica ed in parte, in frammenti biodegradabili. Non solo si presentano sani come quelli che si nutrivano di sostanze comuni ma, allo stesso tempo, i loro escrementi risultano essere sicuri, tanto da poterli utilizzare come fertilizzante organico nei terreni per le colture. Le recenti scoperte sul verme mangia plastica Questo grazie all’azione di microrganismi presenti nel loro intestino, in grado di smaltire il polietilene, ossia la plastica utilizzata per i sacchetti dei rifiuti. I ricercatori intendono capire  se tali microrganismi possono decomporre anche altri tipi di plastiche come il polipropilene, presente in prodotti che vanno dal tessile ai componenti automobilistici. Un altro studio di questo genere, è descritto dalla rivista Microbial Genomics, condotto dagli scienziati della School of Chemistry and Molecular Biosciences presso l’Università del Queensland.  Gli scienziati hanno definito questi vermi  Super worms.
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Vermi mangia plastica (Fonte foto: leonardo.it) Anche in questo caso hanno nutrito degli esemplari seguendo regimi alimentari diversi per un periodo di tre settimane. Ad un gruppo è stata somministrata schiuma di poliestere e ad un altro crusca. I primi, non solo sono sopravvissuti, ma hanno anche mostrato un aumento del peso marginale, ricavandone energia. Occorrono, comunque,  altri studi sui processi di metabolizzazione, quali sono le condizioni favorevoli alla degradazione e quali sono i micro organismi in grado di assimilare i polimeri. I risultati potrebbero rappresentare un prezioso aiuto per ottenere enzimi più potenti che possano degradare maggiori quantità di plastica esistente. Sviluppare dunque, nuove tecnologie alternative, per la gestione sicura di questo tipo di rifiuti. Vi è forte interesse, inoltre, anche per l’ambiente marino. Qui il materiale plastico rappresenta una particolare minaccia, non solo per le specie che vivono nell’oceano, ma anche per i volatili che se ne nutrono. Read the full article
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newsintheshell · 1 year
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DISNEY+: ecco tutti i nuovi anime in arrivo appena presentati al Content Showcase 2022
Tokyo Revengers cambia casa, la Fenice di Tezuka risorge e altre novità ci attendono nel 2023 e oltre.
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Considerato che a distanza di più di un anno dal precedente appuntamento, tuttora alcune delle serie annunciate in occasione dello scorso Content Showcase di Disney devono ancora cominciare ad arrivare su Disney+, fa un po' sorridere (e anche un po' piangere) che la casa di Topolino si affretti comunque a sbandierarne delle altre.
Quanto ci metterà ad imparare la stessa lezione impartita a Netflix? I fan non amano aspettare troppo, soprattutto se si parla di titoli dal grande richiamo, ma andiamo con ordine.
🔶🔸TOKYO REVENGERS: CHRISTMAS SHOWDOWN
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Togliamoci subito il dente e veniamo alla prima notizia, che come per "BLEACH: THOUSAND-YEAR BLOOD WAR" penso farà mettere le mani nei capelli a diversa gente: ebbene sì, l'attesa seconda stagione dell’action supernatural drama, tratto dal celebre manga di Ken Wakui (che qua in Italia possiamo leggere grazie a J-POP Manga), sarà distribuita in esclusiva da Disney. Press F for Crunchyroll.
In Asia, fra l'altro, gli episodi verranno passati in simulcast, a partire da gennaio 2023, mentre qua in Occidente non è chiaro entro quando li vedremo arrivare.
Faccio notare che la licenza in questione fa parte di un pacchetto, ottenuto tramite un rinnovato accordo con la casa editrice Kodansha, quindi prepariamoci a una guerra sempre più aperta fra i vari servizi di streaming on demand. 
🔶🔸PHOENIX: EDEN17
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Altro sorpresa, stavolta piacevole però. Nel corso del 2023 arriverà un nuovo adattamento animato de "LA FENICE", uno dei grandi classici firmati dal Dio del Manga in persona: Osamu Tezuka.
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Il format non è stato specificato, ma il teaser anticipa già il bel lavoro in corso d'opera fatto presso STUDIO 4℃ (I Figli del Mare, La Fortuna di Nikuko).
🔶🔸SYNDUALITY
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Confermato l'arrivo sul catalogo anche della serie mecha sci-fi che accompagnerà il lancio, nel 2023, dell'omonimo videogioco sviluppato da Game Studio per Bandai Namco.
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In produzione presso lo studio 8-BIT (That Time I Got Reincarnated as a Slime, Blue Lock), l'anime ha come regista un insospettabile Yusuke Yamamoto (Encouragement of Climb, OshiBudo).
Spesso me ne dimentico, ma in tempi non sospetti ha anche diretto "KNIGHT'S & MAGIC" e "AQUARION EVOL".
🔶🔸 MURAI IN LOVE
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Per questa siamo ancora, evidentemente, in alto mare. Non si sa ancora se sia una serie tv o no (ma presumo di sì dai), né chi ci stia lavorando o quando arriverà, ma intanto abbiamo la conferma che potremo vedere la commedia romantica comodamente in streaming.
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Tratta dal manga di Junta Shima, la storia ha come protagonista un innamoratissimo e determinatissimo liceale, che per vincere il cuore della propria insegnante è pronto a qualsiasi cosa, anche ad un cambio radicale per assomigliare in tutto e per tutto al suo personaggio dei videogiochi preferito.
🔶🔸DRAGONS OF WONDERHATCH
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Il potere degli isekai è così incontrastato che ormai anche Disney è capitolata. Per l'inverno 2023, infatti, è stato annunciato il debutto di questo originale ibrido fra live action e anime.
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Dietro alla cinepresa della parte con attori in carne troviamo Kentaro Hagiwara (Tokyo Ghoul - Il Film), mentre la regia della parte animata è in mano a Takashi Otsuka (One Piece: Stampede).
Quest'ultima sta venendo realizzata presso gli studi PRODUCTION I.G (Ao Ashi, The Deer King) con alla base il concept design di Posuka Demizu, l'illustratrice di "THE PROMISED NEVERLAND".
🔶🔸PROJECT BULLET/BULLET
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In ultimo, chiudiamo con un altro progetto originale nato da un'idea di Sunghoo Park (Jujutsu Kaisen, The God of High School), sulla quale sta lavorando da parecchi anni.
Il titolo della serie è ancora provvisorio e maggiori dettagli verranno rivelati in futuro. Per il momento vi posso solo dire che il tutto è in cantiere presso E&H PRODUCTION (Ninja Kamui), lo studio appena fondato dal regista.
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Autore: SilenziO)))
blogger // anime enthusiast // twitch addict // unorthodox blackster - synthwave lover // penniless gamer
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