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#microscopico
ylliasbell · 5 months
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ARTE MICROSCOPICO
Revelando la belleza invisible
-Colectivo Citología Ciencia y Arte-
Omnis vita e Cellula
El O-cito cariñocito.
Save the whales.
Universo
Stranger Things
Caballo galopante
Fetoadenoma
Cervix Christmas
Flor reactiva
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phjlavtia · 1 year
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sono su tinder perché non voglio precludermi esperienze etc etc etc ma porco dio quanto fa schifo
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ninoelesirene · 9 months
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Avere una casa piccola, molto piccola, ha consolidato la mia naturale propensione a muovermi bene in spazi complessi, delicati. Serve attenzione e serve avere chiaro l’obiettivo, come fanno i gatti. Era così quando riempivo le figure di colore, quando ritagliavo i bordi di un disegno che avevo tratteggiato, minuscolo. Mi viene da questo il talento immediato con cui inserisco il filo nella cruna dell’ago o faccio un nodo microscopico, pur avendo mani grandi. Un gatto, dicevo, per questa e altre ragioni. O magari un chirurgo. O un gatto chirurgo.
L’importante è guardare.
È per questo che sono certo imparerei a muovermi negli anfratti complicati del tuo cuore, ignota miniera di diamanti: perché un giorno ho deciso che li avrei raggiunti, come un gatto che ritorna alla sua casa impervia, affacciata su una poesia nascosta e arrampicata sopra una collina che, sebbene al centro del mondo, solo pochi conoscono.
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kon-igi · 1 year
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QUEL POST CON CUI EMPATIZZERANNO IN TRE (ME COMPRESO) Parte 1
Non è una storia triste, non ci sono plot twist né morali strazianti per cui togliete pure il secchio da sotto la sedia ché i testicoli rimarranno al loro posto (figura retorica gender-inclusiva).
L’altro giorno @der-papero ha rebloggato un mio post in cui c’era l’immagine di una mazza ferrata per ‘resettare’ un pc dicendo ‘Non fare male ai computer che sono stati i miei unici amici per tanti anni! (o qualcosa del genere) ed è a quel punto che io ho pensato la stessa cosa, anche se in modo più specifico e meno informatico del suo.
Dal 1979 a oggi ci sono stati degli ‘amici’ che sono diventati una sorta di pietra miliare temporale a cui posso tornare con la memoria in modo microscopico e con una precisione quasi eidetica, al punto che li posso usare come una personalissima radiodatazione al carbonio per conoscere gli eventi contestuali occorsi in un dato periodo.
Quando ero piccolo ho sempre creduto che tutti giocassero ai videogames, sia con la propria console a casa che nei bar o nelle sale giochi e invece ho lentamente scoperto che non solo quasi nessuno aveva un console per videogames a casa ma che anche i cabinati che erano nelle sale giochi o nei bar per molti non erano affatto un’attrattiva.
Beh... per il sottoscritto le cose andavano in modo molto differente.
Alle console che ho posseduto dedicherò la seconda parte di questo post ma ora vi dico che sul viale pedonale principale di Viareggio (quello del carnevale, per intenderci) c’erano due sale giochi ENORMI (posso confermarlo a distanza di anni che non era solo lo sguardo di bimbo) e mio nonno paterno lavorava li vicino, ragion per cui mi bastava mendicargli mille o duemila lire, cambiare tutto in monete da 200 lire (i gettoni dovevano ancora arrivare) e giocare come se non ci fosse un domani.
Io non so se la seguente descrizione possa avere un senso per la maggior parte di voi ma dovete considerare quanto fosse ENORME il trip sinestesico nell’entrare in uno di quei luoghi: prima di tutto passavi dalla luce del sole a una penombra che assomigliava molto a un buio luminoso, poi le tue orecchie venivano sopraffatte da parecchi decibel di musichette a 8 bit che si mescolavano a formare un meraviglioso cachinno eustordente e infine l’odore di sigaretta che permeava ogni centimetro cubo dell’ambiente con una coltre di fumo in cui lampeggiavano gli schermi dei cabinati come finestre su altri mondi.
(in effetti a posteriori posso capire perché la mia passione non fosse così condivisa)
Ho parlato del 1979 perché quello fu l’anno in cui da flipper, biliardini e altri giochi analogici (che io schifavo) si passò al primo videogame completamente elettronico a grafica vettoriale: ASTEROIDS.
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Ora, siccome sono ben consapevole che la maggior parte di voi non ha la minima idea di cosa io stia parlando, sappiate che quando parlavo di finestre su altri mondi era proprio quella la sensazione che allora si provava: dalla visione passiva di un programma televisivo su tubo catodico passavi a poter FARE COSE SULLO SCHERMO, un qualcosa che pochi fra voi possono capire quanto fosse pazzesco.
E quello per me segnò un altro modo di considerare lo scorrere del tempo.
Per esempio, nell’Agosto del 1983 giocai per quindici giorni a Moon Patrol nel piccolo bar dell’Isola del Giglio dove andai in vacanza coi miei genitori 
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mentre al Bar Sombrero del mio quartiere nell’inverno del 1984 a Mag Max e Kung Fu Master, quest’ultimo a scrocco perché avevo imparato come accedere al sensore che veniva toccato dalla monetina e dava 1 credito
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la stessa estate, nella sala giochi in pineta, scoprii e finii Bubble Bobble (l’intro musicale mi dà ancora i brividi) mentre il Juke Box mandava in loop una canzone che dopo ho scoperto essere Sweet Dreams degli Eurythmics. 
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Trojan nel bar Moreno sotto a una tenda minuscola, R Type al chiosco sul viale dei tigli, Tiger Road al bagno Aretusa, Circus Charlie nel bar della stazione vecchia vicino al biliardo dal panno verde consumato e segnato dalle sigarette, Knuckle Joe in un hotel in Val d’Aosta per la gita di terza media, Wiz nel bar vicino casa di mia nonna materna, Bomb Jack al maneggio dove Diego con 200 lire giocava tutto il giorno e regalava crediti, Bank Panic al bar del cinema all’aperto e New Zeland Story in quello del palazzetto dello sport mentre mangiavo un Paciugo all’amarena, prima Green Beret e poi Iron Horse nella pasticceria sotto casa di mia nonna paterna con l’odore di sfoglie alla crema, Robocop e Xain’d Sleena al bar del liceo, finiti entrambi a memoria prima che suonasse la campanella, i tornei di Dark Stalker con i miei amici al bar della stazione nuova e poi ancora X-Men e Avengers.
Centinaia di giochi che meriterebbero decine di post perché con mille lire potevo andare in un mondo dove non ero più il ciccione sfigato che non sapeva giocare a pallone... ero quello che poteva sconfiggere i nemici e alla fine vincere, sempre.
L’ultimo arcade cabinato a cui giocai - e poi dopo quella data praticamente scomparvero per essere sostituiti dalle Slot Machine - fu Metal Slug, in data 1997, dopo aver lasciato Figlia Grande all’asilo nido nel piccolo ritaglio di tempo prima di andare nello studio medico dove avevo appena cominciato a lavorare.
Naturalmente lo finii ma finì anche col chiudersi quella parentesi durata appena vent’anni ma lunga una vita intera.
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Chi di voi è abbastanza vecchio da capirmi?
@axeman72​? @renatoram​? @ilnonnodiinternet​​? 
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instabileatrofia · 1 year
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Mi ricordo il filobus che passava in via Martorelli ed io ero microscopico in quel mondo di mura annerite dalla fuliggine di una città che era dimenticata e fuori da qualsiasi passaggio per qualsiasi direzione.
Che per contrasto a tutto quel grigio con mediocri aspirazioni di nero, per andare a scuola ci mettevano pullover blu su camicia blu, col papillon giallo. E tutto questo sembrava loro normale. Le bambine, sembravano tanti angeli candidi nel grembiulino bianco, l' immancabile molletta su un lato dei capelli, il colletto di pizzo colorato.
I regali, che siano d'oro, alla maestra a fine anno, da un plotone di morti di fame che erano la maggior parte delle nostre famiglie.
Gente di altrove, molti altrove.
Un bel cazzo di bordello, la maestra piemontese e bigotta ed alcuni compagni che ancora a stento parlavano italiano. I cocchi della maestra, quelle tre o quattro creature da WWF che per puro caso erano di origine autoctona, poi tutti "noialtri", cosa che ai tempi non mi era troppo chiara, dal momento che parlavo solo e perfettamente italiano.
Rubavo le Bic in drogheria.
Anche la Bic era un lusso, un sogno, abituati alla Corvina, penna di merda vera.
L.
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canesenzafissadimora · 6 months
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Siamo istanti, istanti che muoiono. Viviamo per le piccole cose, per i sorrisi e per i tramonti, per i momenti che possono durare secondi o minuti, per i baci, per i testi delle canzoni che il più delle volte non capiamo neppure. Siamo fatti di tanti piccoli istanti, un po’ come un puzzle a più pezzi, di quelli grandi, che sembrano non dover finire mai. E andiamo alla ricerca, tutta la vita, di queste tessere, degli istanti che mancano, perché a tutti manca sempre qualcosa, sebbene non sia mai chiaro cosa. Andiamo alla caccia degli istanti che muoiono, e ogni volta che ne troviamo uno, ci sembra di morire un po’ con lui, quando ormai è tutto finito, e il momento è andato via., scomparso per sempre. Così amiamo senza speranza sempre tutto quello che è destinato a non durare. Che poi, le cose più belle spesso non durano. Se i baci potessero essere per sempre, sarebbe come non baciarsi mai, e se la felicità più pura fosse perenne, non si saprebbe neppure che quella è la vera gioia. Così, eccoci trafelati alla ricerca degli istanti che muoiono. La ragazza che vuole l’amore vero, e fa di tutto per trovare, invece, qualcuno che semplicemente le dia il suo maledetto primo bacio, per poi lasciarla sola di nuovo; la bambina che vede la luna inseguire la sua auto dal finestrino, e si chiede ridendo, perché si trovi sempre li, nello stesso punto, e rincorra la macchina, punto microscopico e inutile dell’universo; la moglie, che aspetta con ansia che il marito torni dal lavoro per abbracciarlo; il ragazzo che non riesce a dormire, perché vuole a tutti i costi vedere di nuovo la ragazza nella classe all’ultimo piano il giorno dopo, anche solo per pochi secondi; la vecchia, che si gode quello che sa essere l’ultimo tramonto con il compagno di una vita, a cui presto dovrà dire addio per sempre. Tutti questi, tutti questi sono istanti che muoiono. Fugaci, quasi non ci accorgiamo di loro, che non hanno passato nè futuro. Leggeri come il nulla, e nel nulla tornano subito dopo. Eppure, noi siamo la somma di questi gesti insignificanti e apparentemente inutili, che, paradossalmente, ci rendono più vivi di altri.
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Muriel Barbery, "L'eleganza del riccio"
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theoldgaylion · 8 months
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COCCIANTE MICROSCOPICO 🥺
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3nding · 1 year
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Non so se sia più National Geographic o Comedy Central
Ricapitolando: dei calabroni hanno deciso di fare il nido all'interno della vetusta fontana di ghisa in giardino. Non posso usare il fuoco perché rischierei di sciogliere i tubi all'interno, né il pesticida vista la vicinanza con l'orto. Posso solo tappare i fori da dove entrano ed escono sti teppisti con le ali.
Giorno 1: Nastro da carrozziere. Li vedo ammassarsi incazzosi desiderosi di entrare e me ne vado convinto di aver vinto. Più tardi mi accorgo che hanno forato il nastro e sono rientrati.
Giorno 2: Vista la fragilità del nastro da carrozziere uso del nastro da pacchi. Riesco a sentire i vari colpi che danno mordendo il nastro e vado a letto convinto di aver vinto.
Giorno 3: al risveglio trovo il nastro da pacchi forato. Decido allora di incastrare un pezzo di legno da un ramo. Alla sera il pezzo di legno non c'è più. Inizio ad avere paura. Modello e appallottolo dell'alluminio che spingo con forza nel foro.
Giorno 4: al risveglio vedo che gli insetti di Satana hanno praticato un foro nell'alluminio a morsi. Come faccio a saperlo? Mentre sto guardando la situazione uno di loro esce beffardamente con un microscopico pezzettino di stagnola in bocca e vola via.
Ho la stessa espressione di quando Willie il Coyote vede passare bip bip all'interno della galleria che lui ha dipinto sulla parete di roccia.
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Il mattino non ha l'oro in bocca, se non al sapore di caffè.
Amava mescolarsi tra i il quotidiano arruffato e stanco, in un café di Parigi. Non era un tipo mattiniero, ma in quel café, sapeva di poter essere partecipe di un rito quotidiano, addirittura sacrosanto per un italiano all'estero: prendere il caffè. Non era solo questo, amava mischiarsi alla vita, quella di tutti i giorni. Li, in quella strada, in quel quartiere. Lui sapeva che tornando ogni giorno in quel café, gli sarebbe stato riservato amorevolmente un piccolo posto tutto per lui. Quanta cura e tenera delicatezza in un gesto non direttamente richiesto, ma così semplice. Sedeva in un angolino, allo stesso tavolino di sempre, dove si incontrava con un caro amico. Tutti i giorni. La stessa tenera delicatezza, la offriva a chi avesse voluto condividere con lui quel rito. A quel tavolino, sebbene anche solo per qualche minuto, ci sarebbe stato sempre posto. In quel microscopico angolo di vita, tra un sorso di caffè e una sigaretta accesa, ci si mischiavano preoccupazioni, successi, insuccessi, storielle di ogni genere, e qualche silenzio assordante. Quando Marcello morì, quel tavolino rimase riservato, il suo amico andò a prendere il caffè, ma non ebbe il coraggio di sedervi, poi non ci andò più. Quel caffè, gli sembrava più amaro del solito, non più buono come un tempo.
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aurozmp · 6 months
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perché quando succede qualcosa di bello nella mia vita, cerco un dettaglio, anche microscopico, per rovinare tutto?
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drzito · 11 months
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El mundo microscopico fotografiado en las imagenes ganadoras del concurso Nikon Small World 2023.
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carmenvicinanza · 9 months
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Cecilia Vicuña
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La donna di oggi è Cecilia Vicuña, artista visiva, poeta e attivista cilena, nota per le sue performance poetiche che rivendicano la sua identità femminile provando a riscrivere la storia della cultura indigena.
È creatrice di una poetica speciale che interseca arte e coscienza ecologica.
Il suo lavoro porta avanti conoscenze millenarie attualizzate con performance, film, installazioni, sculture, libri e gesti della vita quotidiana.
Ha scritto 25 libri di arte e di poesia, tradotti in sette lingue e anticipato i più recenti dibattiti su ecologia e femminismo decoloniale, immaginando nuove mitologie personali e collettive. Molte delle sue installazioni sono realizzate con materiali trovati e detriti abbandonati che intesse in delicate composizioni, nelle quali il microscopico e il monumentale trovano un fragile equilibrio, la sua arte è precaria, intima e, insieme, potente.
I suoi dipinti si ribellano alla forma, mettendo al centro l’immaginazione di una donna indigena.
Oggi le sue opere fanno parte delle collezioni di importanti musei tra cui il Guggheneim, il MoMa, la Tate, il Museo d’Arte Latinoamericana di Buenos Aires e il Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago del Cile.
È nata a Santiago del Cile il 27 luglio 1948 in una famiglia di artisti e intellettuali. Dal 1966, dopo aver iniziato con tele astratte, ha iniziato a lavorare a un  progetto che ancora oggi porta avanti, le precarios, sculture assemblate con materiali da recupero, esposte agli agenti atmosferici e alle maree.
Nel 1967 ha fondato il suo primo gruppo, Tribu No, che realizzava azioni artistiche collettive nella città di Santiago.
Nel 1968 ha pubblicato il suo primo poema sul periodico messicano El Corno Emplumado.
Dagli anni ’70, il suo lavoro si è confrontato visivamente e poeticamente con i rituali dell’America latina, delle popolazioni aborigene australiane, del Sudafrica e dell’Europa paleolitica. Le sue esibizioni, installazioni site-specific, quipu, sculture, dipinti, disegni e testi legano il filo rosso al sangue mestruale e alla continuità della vita.
Dopo aver esposto per la prima volta al Museo Nazionale delle Belle Arti di Santiago ed essersi laureata in Belle Arti, nel 1972 è partita per Londra per specializzarsi alla Slade School of Fine Art.
Si trovava in Gran Bretagna quando, l’11 settembre 1973, c’è stato il violento colpo di stato militare contro Salvador Allende guidato da Pinochet e ha chiesto asilo politico.
L’anno seguente ha fondato il gruppo Artists for Democracy per raccogliere fondi per la Resistenza cilena e organizzato il Festival of Arts for Democracy in Chile che ha visto partecipare 320 artisti e artiste internazionali tra cui Julio Cortázar, Christo e Sol LeWitt. Durante il Festival erano stati denunciati i soprusi commessi dalla dittatura militare di Pinochet e dalle altre dittature dell’America Latina e la violazione dei diritti umani.
Nel 1975 si è trasferita a insegnare storia dell’arte e poesia latinoamericana all’università di Bogotà, ha lavorato in ambito teatrale e condotto laboratori artistici con la comunità guambiana della Valle del Cauca, esperienza che l’ha portata ad approfondire il suo legame con la cultura indigena.
Quando al Concorso nazionale di poesia Eduardo Coté Lamus le è stato negato il premio a causa del tono erotico e irriverente della sua opera, è partita una serie di azioni artistiche di protesta che le hanno dato grande fama. 
A questo periodo risalgono le Palabrarmas, neologismo che unisce le parole (palabra) con le armi (armas), concretizzate attraverso varie tecniche artistiche che spaziano dal disegno alla performance, dalla scrittura ai film, come risposta poetica alla distorsione del linguaggio e alla violenza delle menzogne. 
Nel 1980 ha realizzato il suo primo documentario, ¿Qué es para usted la poesía? (Cos’è per voi la poesia?), oggi nella collezione del MoMA.
A New York ha collaborato con il periodico Heresies: A Feminist Publication on Art and Politics, leggendario gruppo di artiste e intellettuali femministe.
Nel 1981 ha esposto per la prima volta al MoMA, nella collettiva Latin American Video. 
Tra i viaggi in giro per l’America Latina e gli Stati Uniti, producendo reading, performance poetiche e esposizioni, non ha mai smesso di scrivere libri.
Nel 1995 ha tenuto il primo seminario con la comunità rurale di Caleu, in Cile, per promuovere la riscoperta delle conoscenze ancestrali dando origine a un metodo di educazione decolonizzatrice che ha chiamato Oysi, titolo che ha dato alla sua organizzazione senza scopo di lucro.
Nel 1997 è stata pubblicata la biografia The Precarious. The Art and Poetry of Cecilia Vicuña. L’anno successivo ha realizzato la prima mostra multimediale Cloud-net, dedicata al riscaldamento globale e all’estinzione delle specie e delle civiltà, temi che denuncia e porta avanti, instancabile, in ogni suo lavoro.
Numerose sono state le esposizioni e retrospettive tenute in giro per il mondo e le conseguenti acquisizioni da parte dei più importanti enti museali internazionali.
Nel 2015 è stata nominata Messenger Lecturer per il Dipartimento di Antropologia della Cornell University per contribuire all’«evoluzione della civiltà con lo scopo specifico di elevare lo standard morale della nostra vita politica, commerciale e sociale».
Nel 2017 ha partecipato a documenta 14, una delle più importanti esposizioni d’arte contemporanea nel mondo.
Nel 2018 ha ricevuto il premio Achievement Award assegnato da Cisneros Fontanals Art Foundation ed è stata nominata Sherry Memorial Poet in Residence 2018 per il Programma di poesia e poetica dell’Università di Chicago.
Nel 2019 ha ricevuto il Premio Velázquez di arti plastiche assegnato dal Ministero della cultura e dello sport della Spagna.
Al Centro Cultural España di Santiago del Cile, ha presentato Minga del Cielo Oscuro, convocando personalità del mondo dell’arte, astronomia, archeologia, musica ed etnomusicologia per riflettere sull’oscurità del cielo notturno e sulle molteplici conseguenze ecologiche, neurologiche e sociali della sua scomparsa.
Il 23 aprile 2022 è stata la prima artista cilena a ricevere il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Per l’occasione ha realizzato l’installazione site specific NAUfraga, dedicata alla fragilità (fraga) della laguna.
Il 3 maggio 2023 ha ricevuto la Laurea honoris causa dall’Università del Cile.
Per i suoi meriti, la poetica, l’instancabile ricerca e il fervente attivismo, si può considerare tra le più interessanti protagoniste dell’arte contemporanea.
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scienza-magia · 10 months
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Quando la meccanica quantistica incontra la relatività generale
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Una nuova teoria prova a mettere d'accordo Einstein e Heisenberg. La proposta dagli scienziati dell'University College di Londra: adattare la meccanica quantistica allo spaziotempo della relatività, non il contrario. La “più bella delle teorie” quella in grado di mettere insieme, individuandone una matrice comune, le principali leggi della fisica, che attraverso la matematica cercano di descrivere il mondo che ci circonda. Un qualcosa di unificante su cui i fisici si spaccano la testa – invano – da decenni, soprattutto da quando in qualche modo hanno provato a mettere insieme la relatività generale di Albert Einstein (che spiega la gravità attraverso la curvatura dello spaziotempo) e la meccanica quantistica di Werner Karl Heisenberg (che governa le particelle più piccole dell’Universo). Per questo, una nuova teoria che unifica appunto gravità e meccanica quantistica, è stata annunciata in due articoli pubblicati dai fisici dell'University College di Londra (Ucl). La fisica moderna ha come pilastri appunto le trattazioni di Einstein e Heisenberg ma queste due teorie sono in contraddizione tra loro, soprattutto da un punto di vista matematico, tanto che una “riconciliazione” è rimasta sfuggente per oltre un secolo. In particolare, la relatività generale è una teoria classica dei campi, che concepisce lo spazio e il tempo come continui, cioè infinitamente divisibili, e gli eventi che in essi accadono come deterministici, ovvero dipendenti gli uni dagli altri e quantificabili in modo univoco. Da un punto di vista matematico questa trattazione è da intendersi come “classica”. Non è così per quanto invece teorizzato da Heisenberg. Per lui – e sono state trovate ampie verifiche sperimentali a riguardo – l’osservazione del mondo microscopico andava fatta in modo diverso. Lì secondo il grande scienziato tedesco lo spaziotempo non sono dei “continui” come nella relatività generale ma dei “discreti” (ecco la quantizzazione del campo), in cui esistono appunto limiti alla divisibilità delle grandezze. Non solo, alla base della meccanica quantistica c’è il principio di indeterminazione dello stesso Heisenberg, che sostiene sia impossibile conoscere con precisione assoluta i valori di “grandezze" correlate fra loro, come la quantità di moto e la posizione di una particella. Insomma, nel mondo della meccanica quantistica tutto è incerto. Per l'unificazione, l'ipotesi era che la teoria della gravità di Einstein doveva essere modificata, o "quantizzata", per adattarsi alla teoria quantistica. Ma non ha funzionato mandando la teoria delle stringhe e la teoria della gravità quantistica su un binario morto.
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Illustrazione della fusione di due stelle di neutroni, con un'esplosione di raggi gamma - WikiCommons/CC by 4.0 La nuova teoria, sviluppata dal professor Jonathan Oppenheim (UCL Physics & Astronomy), ed esposta in uno dei due articoli, apparsa su Physical Review X (PRX), adotta un approccio alternativo suggerendo che lo spaziotempo potrebbe essere classico - cioè, non affatto governato dalla teoria quantistica. Invece di modificare lo spaziotempo, la nuova teoria - denominata "teoria postquantistica della gravità classica" - modifica la teoria quantistica e prevede un crollo intrinseco della prevedibilità mediato dallo spaziotempo stesso. Un secondo articolo, pubblicato contemporaneamente su "Nature Communications" a firma di ex studenti di dottorato del professor Oppenheim, esamina invece alcune delle conseguenze della teoria e propone un esperimento per testarla: misurare una massa in modo molto preciso per vedere se il suo peso sembra fluttuare col tempo. "La teoria quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein sono matematicamente incompatibili tra loro, quindi è importante capire come viene risolta questa contraddizione. Lo spaziotempo dovrebbe essere quantizzato, o dovremmo modificare la teoria quantistica, o ancora dovremmo trovare qualcos'altro di completamente diverso?", ha detto Oppenheim. Per Zach Weller-Davies, che come studente di dottorato presso l'UCL ha contribuito a sviluppare la proposta sperimentale e ha dato un contributo chiave alla teoria stessa, ha dichiarato: "Questa scoperta mette alla prova la nostra comprensione della natura fondamentale della gravità. Abbiamo dimostrato che se lo spaziotempo non ha una natura quantistica, allora devono esserci fluttuazioni casuali nella curvatura dello spaziotempo che hanno una firma particolare che può essere verificata sperimentalmente". I coautori, il dottor Carlo Sparaciari e la dottoressa Barbara oda, i cui calcoli analitici e numerici hanno contribuito a guidare il progetto, hanno espresso la speranza che questi esperimenti possano determinare se la ricerca di una teoria quantistica della gravità sia l'approccio giusto. La proposta di verificare se lo spaziotempo è classico cercando fluttuazioni casuali nella massa è complementare a un'altra proposta sperimentale che mira a verificare la natura quantistica dello spaziotempo cercando qualcosa chiamato "entanglement mediato gravitazionalmente". Il professor Sougato Bose (UCL Physics & Astronomy), che non è stato coinvolto nell'annuncio, ma è stato tra quelli che per primi hanno proposto l'esperimento di entanglement, ha detto: "Gli esperimenti per testare la natura dello spaziotempo richiederanno uno sforzo su larga scala, ma sono di enorme importanza dal punto di vista della comprensione delle leggi fondamentali della natura. Credo che questi esperimenti siano a portata di mano: queste cose sono difficili da prevedere, ma forse conosceremo la risposta entro i prossimi 20 anni". Read the full article
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kon-igi · 6 months
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Doc buon pomeriggio, ho fatto ago aspirato per un nodulo alla tiroide
Mi puoi aiutare a capire il referto in modo sintetico?
CAMPIONE INVIATO
tiroide - prelievo agoaspirato ecoguidato nodulo lobo dx
tiroide - esame citologico su agoaspirato ecoguidato
citologia - esame citologico
NOTIZIE CLINICHE:
Nodulo iso-ipoecogeno, a contorni netti, Ø mm 20, del lobo tiroideo dx.
REFERTO
MICROSCOPIA
Il quadro microscopico, moderatamente cellulare, mostra un fondo ematico e numerosi gruppi di macrofagi colloidofagici come da gozzo. Si osservano rari gruppi coesivi di elementi oncocitari con citoplasma granulare ossidilo, nucleolo incostante, talora prominente. Quadro da valutare anche in base ai dati clinici e strumentali, di lesione ossifila categoria indeterminata a minor rischio sec.Siapec*.
Categoria diagnostica: TIR3A (Indeterminate lesion, lower risk) sec. SIAPEC-AIOM-AME-AACE
Italian consensus for the classification and reporting of thyroid cytology. (J Endocrinol Invest Jun;37(6):593-9)
Commento: utile approfondimento con l'analisi dello stato mutazionale dei geni BRAF, NRAS, HRAS e KRAS da eseguirsi su prelievo dedicato*.
*Nota bene: l'analisi citologica e' parte integrante di una valutazione multidisciplinare comprendente l'esame clinico e strumentale (ecografico e/o scintigrafico etc.) ed in caso di discordanza con le altre valutazioni deve essere valutata la prosecuzione dell'iter diagnostico con altre modalità, eventualmente anche di prelievo (Diagn Cytopathol 2000; 22:126-130).
Grazie in anticipo.
(dalle analisi il tsh, ft3 e ft4 nella norma, anticorpi nella norma)
Immagino (anzi, ESIGO) che poi dovrai far vedere tale referto all'endocrinlogo che ti sta seguendo ma lunedì lo manderai via whatsapp anche al tuo medico... non perché ci siano delle cose brutte ma perché è così che funziona.
In parole povere il nodulo su cui è stato fatto l'agoaspirato presenta una CITOLOGIA INDETERMINATA cioè ci sono cellule che fanno il loro lavoro mescolate a cellule che invece potenzialmente potrebbero dare dei problemi.
Si usa l'agettivo INDETERMINATO perché il solo agoaspirato non basta a completare il quadro diagnostico (e infatti viene detto anche nel referto) e sebbene la classificazione TIR3A - Neoformazione follicolare a basso rischio di malignità - indichi un BASSO RISCHIO di tumore, consigliano di approfondire la predisposizione genetica a tale potenziale tumore.
Non è un tumore ma in particolari condizioni potrebbe diventarlo.
Alcuni consigliano l'asportazione con studio approfondito del nodulo (con questo si avrebbe la certezza) ma solo il 20% di questa neoformazioni risultano poi veramente a rischio e l'80% assolutamente innocue.
Sarà il tuo endocrinologo a indirizzarti verso la giusta prosecuzione dell'iter.
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astra-zioni · 1 year
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Se un giorno dovessi averne la possibilità racconterei quello che succede dentro i reparti psichiatrici nell’Italia del 2023. Magari non in tutti, ma certamente tutti hanno lo stesso iter, vecchio, anacronistico e molto spesso ai limiti della dignità umana. Ho assistito a scene terribili e devo sentire ancora osannare Basaglia per aver chiuso i manicomi come grande conquista, certo, peccato che hanno continuato ad esistere, in maniera più silenziosa e subdola. Grande rispetto per la figura di Basaglia, intendiamoci.
All’ultimo ricovero una situazione in particolare mi ha lasciata senza parole, inerme. C’era questo ragazzo straniero, parlava un italiano stentato, a un certo punto, mentre fumavamo fuori, mi dice: Io vorrei tenere gli occhi aperti, ma loro me li chiudono. Io gli chiedo chi, chi glieli chiuda, e lui mi risponde e mi fa intendere gli psichiatrici, i medici. Lui vorrebbe vedere, dice. Ovviamente si riferiva alla mole di farmaci con cui vengono imbottiti i pazienti nei reparti psichiatrici, indiscriminatamente, a prescindere dalla gravità, è prassi. E non sono cure personalizzate, intendiamoci; potrei elencare i soliti tre farmaci ormai vecchi e superati (e mal tollerati) con cui vieni sistematicamente trattato a prescindere che tu sia uno schizofrenico, un sociopatico o una persona che ha avuto un momento di cedimento. Diventi uno zombie umano. Sbavi. Non ti reggi in piedi. Non riesci ad articolare le parole, e di conseguenza non riesci neanche a spiegare in maniera coerente a chicchessia né il tuo stato, né gli abusi che eventualmente subisci all’interno. Perché all’interno non ci sono telecamere, non c’è alcuna tutela, a stento riesci a vedere e parlare con i familiari. Se ti ribelli ti legano o ti imbottiscono di altri farmaci o ti fanno restare lì dentro mesi. Ho visto gente in reparto per quasi un anno. Un fottutissimo anno a sostare in un reparto microscopico senza nulla da fare, imbottito di farmaci e con un paio d’ore d’aria al giorno. Gli psichiatri? Figure mitologiche che incontri una volta a settimana se ti va bene, senza alcun tatto, alcuna umanità. Esci da lì dentro più traumatizzato di come sei entrato. Come dite, il TSO è un’eccezione, dunque ti puoi sottrarre da un trattamento sanitario volontario? Ahahah. Il TSO teoricamente non viene quasi più applicato, perché è uno sbatti a livello giuridico e sono necessarie una serie di approvazioni, quindi, sempre teoricamente, una volta che ti ritrovi in reparto dovresti poter uscire, firmando, se non sei sotto TSO. Ebbene i reparti psichiatrici se ne fregano. È capace che tu per legge non stia sotto TSO, ma non puoi uscire uguale, neppure firmando. (Vi fermo subito, vale anche per casi in cui ti ci sei ritrovato senza aver necessariamente compiuto atti “gravi”). Ti ritrovi dunque senza tutele giuridiche di cui spesso non sei nemmeno tu a conoscenza, perché chi finisce là dentro è talmente ai margini della società che non conosce nemmeno i diritti di cui gode, lontano dai propri affetti, bistrattato dal personale sanitario ed imbottito contro la sua volontà di farmaci totalmente inutili che servono a sedarti e a renderti docile. Perché le cazzo di strutture psichiatriche pubbliche non sono strutture riabilitative, di “diagnosi e cura”, come piace chiamarle alla sanità, ma delle cazzo di strutture contenitive dove viene messo 1) chi non dovrebbe trovarsi lì perché ha spesso problemi altri, 2) persone “scomode” che non si sa dove cazzo mettere, e se non hai la fortuna di mantenere un briciolo di lucidità nonostante i farmaci, come me, e di osservare in maniera critica cosa accade, di avere qualcuno al di fuori che fa il casino per te, un legame con l’esterno, sei fottuto.
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una-wea--rara · 11 months
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Tienes prepucio? Se te nota algo así sobre la trusa 👀
Si, siguiente pregunta 😆
(¡¡¡¡¡EL ZOOM A NIVEL MICROSCOPICO ALV!!!)
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