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#opere teatrali
sofysta · 6 months
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Puccini - Madame Butterfly
Un bel di vedremo
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Un bel dì, vedremo levarsi un filo di fumo sull’estremo confin del mare. E poi la nave appare. Poi la nave bianca entra nel porto, romba il suo saluto. - Vedi? È venuto! - - Io non gli scendo incontro. Io no. - - Mi metto la sul ciglio del colle e aspetto, e aspetto gran tempo e non mi pesa la lunga attesa. - È uscito dalla folla cittadina, un uomo, un picciol punto s'avvia per la collina. - Chi sarà? Chi sarà? - - E come sarà giunto che dirà? Che dirà? - - Chiamerà ***Butterfly*** dalla lontana? - Io senza dar risposta me ne starò nascosta, un po' per celia e un po' per non morire al primo incontro. Ed egli alquanto in pena chiamerà, chiamerà: ***Piccina mogliettina, olezzo di verbena*** i nomi che mi dava sempre al suo venire.
Butterfly rivolgendosi poi a Suzuki dice nella sua battuta finale :
Tutto questo avverrà, te lo prometto. Tienti la tua paura io con sicura fede l'aspetto.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Invece di seguire il programma di austerità del suo predecessore Hoover, il presidente del New Deal, come ha notato Barbara Spinelli su «la Repubblica», «aumentò ancor più le spese federali. Investì enormemente sulla cultura, la scuola, la lotta alla povertà». Purtroppo, aggiunge la Spinelli, «non c’è leader in Europa che possegga, oggi, quella volontà di guardare nelle pieghe del proprio continente e correggersi. Non sapere che la storia è tragica, oggi, è privare di catarsi e l’Italia, e l’Europa». Già: addirittura una «catarsi». Ma è proprio quello che ci vorrebbe. Roosevelt, infatti, non mise solo i disoccupati a scavare buche e a riempirle, come tanto spesso si dice. Tre dei più importanti progetti della Works Progress Administration, i più singolari, innovativi e duraturi, furono quelli compresi nel cosiddetto Progetto Federale numero 1, altrimenti noto come Federal One, che sponsorizzò per la prima volta piani di lavoro per insegnanti, scrittori, artisti, musicisti e attori disoccupati. Il Federal Writers’ Project, il Federal Theatre Project e il Federal Art Project misero al lavoro per qualche anno più di ventimila knowledge workers (come li chiameremmo oggi), tra i quali c’erano Richard Wright, Ralph Ellison, Nelson Algren, Frank Yerby, Saul Bellow, John A. Lomax, Arthur Miller, Orson Welles, Sinclair Lewis, Clifford Odets, Lillian Hellman, Lee Strasberg (il fondatore del mitico Actors Studio) ed Elia Kazan. Non si trattò di elemosina: checché. Oltre a produrre opere d’arte (migliaia di manifesti, disegni, murales, sculture, pitture, incisioni...), gli artisti plastici e figurativi vennero impiegati nella formazione artistica e nella catalogazione dei beni culturali, e crearono e resero vivi anche un centinaio di community art centres e di gallerie in luoghi e regioni in cui l’arte era completamente sconosciuta. In tre anni, nella sola New York, più di dodici milioni (12.000.000!) di persone assistettero agli spettacoli teatrali incentivati dal Federal Theatre Project. Quanto al Writers’ Project, che costò ventisette milioni di dollari in quattro anni, produsse centinaia di libri e opuscoli, registrò storie di vita di migliaia di persone che non avevano voce e le classificò in raccolte etnografiche regionali, ma soprattutto, con le American Guide Series, contribuì a ridare forma all’identità nazionale degli Stati Uniti, che la Grande Depressione aveva profondamente minato, fondandola su ideali più inclusivi, democratici ed egualitari. E scusate se è poco. Tuttavia anche lì, e anche allora, non mancavano i sostenitori dell’idea che la cultura è un lusso e, soprattutto, un lusso di sinistra. Dal maggio del 1938, sotto la guida di due «illuminati statisti» come Martin Dies e J. Parnell Thomas, la Commissione della Camera contro le attività antiamericane non smise di accusare i tre progetti di essere al soldo di Mosca e non si arrese fino a quando non furono fermati. Poi, venne la guerra e molti sogni si infransero. Ma intanto, con quel solido lavoro culturale alle spalle, le fondamenta di una nuova consapevolezza di sé e di una nuova idea di futuro erano comunque gettate. E da lì, dall’idea di fondo della necessità dell’intervento statale per vivificare la cultura e modificare così la specializzazione produttiva di un Paese, partirà, già durante la guerra, un altro liberale illuminato, Vannevar Bush, consigliere di Roosevelt, per elaborare il famoso rapporto Science: the Endless Frontier, che rappresenta un po’ il manifesto della politica culturale e scientifica – e a ben vedere anche economica – che avrebbero seguito gli Stati Uniti nei successivi decenni fino a Barack Obama. “
Bruno Arpaia e Pietro Greco, La cultura si mangia, Guanda (collana Le Fenici Rosse), 2013¹ [Libro elettronico]
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klimt7 · 3 months
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Gioachino Rossini
Compositore italiano
[ Pesaro, 29 febbraio 1792 - Passy, 13 novembre 1868 ]
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Ieri ho trascorso la giornata a Pesaro da poco proclamata "Capitale della Cultura 2024" , città che non avevo finora mai visitato.
Dopo la visita al palazzo Ducale...
[ qui il link e un video]
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ho voluto visitare la Casa natale, ora Museo, di Gioachino Rossini.
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Gioachino Rossini, è stato un pianista e compositore di opere musicali, teatrali e liriche ed ha conosciuto un travolgente successo nella prima metà dell'Ottocento.
Possiamo dire che fu il primo compositore di musica classica a scatenare una entusiastica ammirazione e fenomeni di moda e di emulazione, al pari degli attuali "Influencers", in tutta Europa, ma più ancora in Francia, in Inghilterra e in Germania.
Anche il suo stesso abbigliamento diede origine a mode e a imitazioni (celebri i suoi copricapo).
Rossini fu un bambino prodigio. A soli 7 anni entrò al Conservatorio, a 12 anni componeva sonate, a 14 anni ricevette la commissione dell'opera Demetrio e Polibio.
A soli 37 anni decise di ritirarsi dalla carriera pubblica e dalle turnèe. All'età in cui la carriera degli altri musicisti toccava il culmine, il grande compositore pesarese, decise all'improvviso, di smettere di la sua carriera pubblica e di comporre opere teatrali.
Fu il più importante compositore italiano della prima metà del XIX secolo e uno dei più grandi operisti della storia della musica, e per la precocità e la velocità di composizione, è stato soprannominato il "Mozart italiano" .
Definito da Giuseppe Mazzini «un titano. Titano di potenza e d'audacia
Oltre che compositore raffinato, Rossini fu buongustaio in tutti i sensi e anche eccellente cuoco, e si dice che fosse inarrivabile nel cucinare i maccheroni, di cui era goloso, come era appassionato di un certo pasticcio di pollo con gamberi al burro.
Egli cercava di trarre dai fornelli le stesse armonie del pianoforte.
Da Napoli si faceva venire i maccheroni, da Siviglia i prosciutti, da Gorgonzola l'omonimo formaggio, da Milano il panettone.
Fu un innovatore dallo spirito ipersensibile ed inquieto, molto moderno quindi grazie alla sua insolita e complessa personalità.
Dopo la fine della sua carriera pubblica come compositore, fu ospite graditissimo del Re di Francia che gli attribui un ricco vitalizio, purchè si fermasse a Parigi e facesse parte della corte.
Premetto che fino ad oggi, io non mi ero mai interessato di Lirica.
Da ieri però una grande curiosità mi è presa dopo aver letto un pò di notizie su questo artista che ho poi scoperto avere importanti legami con la mia terra (la Romagna).
La prima notizia che mi ha coinvolto è stato apprendere che suo padre era di umilissime origini: era originario di Lugo di Romagna.
Ma ecco come ne parla Wikipedia:
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Ma oggi, volendo ricordare la genialità e la modernità, del tutto fuori dagli schemi ottocenteschi, di questo Compositore che è passato alla storia come personaggio, bizzarro, amante del buon vivere, del bere, del cibo e delle belle donne, voglio scegliere un frammento delle sue tante opere trovato casualmente su YouTube.
Il brano è "Nacqui all'affanno..." ed è centrato sulla personalità della protagonista dell'opera "Cenerentola"
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Libretto / Testo italiano
CENERENTOLA:
Nacqui all' affanno, al pianto
Soffrì tacendo il core
Ma per soave incanto
Dell'età mia nel fiore
Come un baleno rapido
La sorte mia cangiò.
No, no; tergete il ciglio
Perché tremar, perché?
A questo sen volate
Figlia, sorella, amica
Tutto trovate in me.
TUTTI ( coro)
M' intenerisce e m' agita
È un nume agli occhi miei
Degna del premio sei,
Che dato viene a te.
CENERENTOLA :
Padre... Sposo... Amico... oh istante!
Non più mesta accanto al fuoco
Starò sola a gorgheggiar.
Ah! fu un lampo, un sogno, un gioco
Il mio lungo palpitar
TUTTI (coro) :
Tutto cangia a poco a poco
Cessa alfin di sospirar.
Di fortuna fosti il ​​gioco
Incomincia a giubilar.
Libretto inglese / traduzione:
CINDERELLA :
Born to trouble, to tears,
He suffered by keeping his heart silent
But for sweet charm
From my age in the flower,
Like a quick flash
My fate changed
No, no; wipe the edge
Why tremar, why ?
At this speed
Daughter, sister, friend
You find everything in me.
ALL:
M 'softens and agitates me
It is a nume in my eyes
Worthy of the prize six
What data comes to you
CINDERELLA :
Father ... Spouse ... Friend ... oh instant!
No longer saddened by the fire
I will be alone in gorgheggiar.
Ah! it was a flash, a dream, a game
My long palpitar.
ALL :
Everything changes gradually
He ceases to sigh
Fortunately, you were the game
It starts to jubilate
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Riferimenti su Gioachino Rossini:
.
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«Per quanto mi riguarda, penso che non ci sia mito più irritante e falso di quello dell'Eterno femminino, che è stato inventato dagli uomini con la complicità delle donne e che descrive queste ultime come intuitive, affascinanti, sensibili. Gli uomini hanno il potere di dare a simili parole un'accezione lusinghiera, al punto che molte donne si lasciano ingannare da quest'immagine. Svelano i misteri dei loro cuori, i segreti delle loro intime emozioni con umiltà, offrono all'uomo il riflesso dei suoi desideri, rafforzando il suo senso di superiorità. Ma quando parla di sensibilità delle donne, in realtà l'uomo si riferisce alla loro pretesa mancanza di intelligenza, quando parla di fascino alla loro pretesa mancanza di responsabilità, quando parla di capriccio alla loro pretesa propensione al tradimento. Non lasciamoci ingannare.»
Simone de Beauvoir, da “La femminilità, una trappola”. Articolo per Vogue, 1947
Il 14 aprile del 1986 si spegneva a Parigi Simone de Beauvoir, scrittrice, filosofa e femminista che ha lasciato un segno indelebile nella cultura del XX secolo.
Figura iconica dell'esistenzialismo, legata a Jean-Paul Sartre, è celebre per "Il secondo sesso", opera fondamentale del femminismo moderno che denuncia la discriminazione verso le donne.
Oltre a saggi e opere teatrali, ha scritto romanzi come "L'invitata" e "Memorie di una ragazza perbene".
Figura controversa, ma senza dubbio tra le più importanti del Novecento, il suo pensiero continua a influenzare il dibattito su femminismo, esistenzialismo e libertà individuale.
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fashionbooksmilano · 1 year
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Domenico Gnoli
Testi di Daniel Soutif, Marco Bazzini, Stefano Pezzato e una biografia di Claudio Zambianchi
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato 2004, 210 pagine, 19 x 27 cm, ISBN 88 85191 24 X
euro 75,00
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Volume pubblicato in occasione della mostra Domenico Gnoli al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci 22 febbraio - 9 maggio 2004
In mostra oltre 220 opere di tutte le fasi della sua produzione: dai disegni, di cui molti inediti, alle scenografie e bozzetti teatrali, alle numerose illustrazioni per riviste, dai primi dipinti alle rare sperimentazioni astratte di fine anni ’50, dalla serie di sculture eseguite nel 1968 ai più noti dipinti degli anni 1966-69.sculture,
08/06/23
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diceriadelluntore · 11 months
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Juice Sanguinis
Francesco Paolo de Ceglia è stato già protagonista di uno dei miei post bibliofili, qualche anno fa, quando scrisse un libro eccezionale sulla Storia del Miracolo di San Gennaro, che fu una lettura entusiasmante. È con lo stesso spirito di curiosità che ho comprato il suo ultimo, lavoro, dal titolo, non si può dire altro, gotico:
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Anche in questo caso si tratta di una Storia Naturale, intesa come studio e descrizione dei componenti della natura, che stavolta riguarda i vampiri. Dico subito una cosa: non esiste una traduzione precisa del concetto di “vampiro” e persino la sua etimologia è oscura e misteriosa (va da sé, visto l’argomento, si potrebbe pensare), ma è chiaro che la nostra idea di “Vampiro” un succhiasangue spesso ben vestito che abita un castello terrificante sta al termine come Babbo Natale sta alla Coca-Cola. E lo spiega, con la sua scrittura precisa e barocca, il professore de Ceglia, che insegna Storia della Scienza presso l’Università di Bari, intraprendendo un percorso affascinante che parte da un dato storico: a metà del 1700, un po’ per pruderie editoriali un po’ per motivi politici, alcuni resoconti di ufficiali dell’Impero Austro-Ungarico, mandati da Vienna in sperduti angoli orientali dell’Impero, scoprirono che le popolazioni locali avevano “problemi” riguardanti dei “ritornati”, persone cioè morte ma che continuavano a disturbare la popolazione, soprattutto i familiari. Si fecero indagini, autopsie, e tra il preoccupato e lo scettico quei documenti arrivarono a Vienna, e segretamente poi pubblicati e ripresi da numerose Riviste Scientifiche e letterarie che accesero la miccia sui morti viventi dell’Europa orientale. Da qui, con un lavoro filologico e storico impressionante (oltre 1000 note, più di 400 tra Autori e Testi citati) de Ceglia indaga a ritroso sulle tradizioni legate a queste presenze, al ruolo che la Chiesa ha giocato sulla loro diffusione o sul loro confinamento, sulle problematiche teologiche, storiche e persino economiche. E si scopre che sotto la definizione vampiro si annidano figure che adesso definiamo con altri nomi, come gli zombie, ma che a seconda del contesto avevano caratteristiche specifiche, e molte altre comuni, che attraversano per centinaia di anni alcune zone dell’Europa. La storia è, il più delle volte, sempre la stessa: dopo il suo decesso, un membro marginale della comunità, spesso segnato da caratteristiche fisiche peculiari, ritorna col proprio corpo (e non semplicemente come spettro evanescente) a tormentare la popolazione del proprio villaggio, del tutto indifferente alla ratio che vorrebbe un corpo sepolto, e riesumato solo per accertarne l’assenza di decomposizione o eventualmente arderlo, inamovibile e del tutto incapace di vagare quando cassa e terra lo abbracciano. Ma non fu sempre così, e la categorizzazione delle varie differenze è meravigliosa, come lo scoprire perchè, e nel libro è prontamente spiegato, ci sono intere fasce di territorio europeo dove questo fenomeno non si riscontra. 
Ma Dracula? Beh, questo lo posso svelare: fu un bellissimo ma cagionevole di salute scrittore irlandese, che nel 1890 stava scrivendo un libro, dal titolo provvisorio di Conte Wampyr lo inventò. Si imbattè in un libello nascosto in una biblioteca, Resoconto sui principati di Valacchia e Moldavia, nel quale aveva letto: “Dracula in lingua valacca significa Diavolo. I Valacchi avevano l’abitudine all’epoca, e ce l’hanno ancora oggi, di dare questo soprannome a tutte le persone che si distinguono per coraggio,. azioni crudeli o abilità”. Persino il riferimento a Vlad III Dracula, detto l’Impalatore (Tepes,  nomignolo che si sarebbe affermato dopo la sua morte) è piuttosto occasionale. Quando uscì il suo romanzo, nel 1897, il clamoroso successo e l’imperitura trasfigurazione in opere teatrali e soprattutto cinema e televisione (potere dell’immagine, punto dell’era contemporanea) Dracula si trasformò in un elegante mordicollo, che odia la luce, che preferisce le tenebre e che trasforma chi morde in vampiro (che leggendo il libro sono caratteristiche che non si riscontrano, se non in minima parte, nelle storie dei vampiri “naturali” e sono tutta farina del sacco di Stoker).
Soprattutto, e qui sta la bellezza secondaria, è un grande affresco sul ruolo storico, culturale, politico e simbolico del rapporto con l’altro, con il diverso e, en passant, con la morte. E ci sono delle osservazioni che davvero entusiasmano (per chi leggerà il libro, raccomando particolare attenzione all’introduzione dell’idea del Purgatorio o come, per evitare pericolose contaminazioni, i segnali di santità sui corpi cambino repentinamente per non confondersi con quelli dei “non morti”).
È una lettura impegnativa, sia per l’argomento, per il tono da pubblicazione accademica (ma molto ironica e in alcuni passaggi esilarante) e anche per il prezzo del volume (34€) ma che scandaglia la storia dai miti greci fino a Buffy L’ammazzavampiri e True Blood o Twilight, nuovi fenomeni che cambiano ancora radicalmente la figura del vampiri, regalandole nuove e inaspettati rappresentazioni. D’altronde il possesso della conoscenza non uccide il senso di meraviglia e mistero. C’è sempre più mistero (Anaïs Nin).
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elorenz · 3 months
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Sono sempre stato un grande fan de La signora in giallo. Quando tornavo dal liceo certe volte non pranzavo neanche per non perdermi la puntata. Col tempo si è creata una sorta di atmosfera cult che ne ha impoverito il valore, ma se uno analizza la struttura delle puntate si rende conto della maestria dei tre creatori di ideare, come furono a suo tempo i romanzi gialli con Miss Marple di Agatha Christie, una serie leggera senza sbavature di trama. La componente drammatica che spesso si scantena nella risoluzione del delitto non ha nulla da invidiare ad opere teatrali di spessore (soprattutto per la bravura di Angela Lansbury); non solo, ci sono dei chiari riferimenti Hitchcockiani nello stile di regia e nelle ambientazioni della serie che ne alzano la qualità. Un giallo complicato è sempre piacevole da vedere e ti regala quella sensazione di sorpresa che non ti aspetti ma non è questo il caso, qui la semplicità dei casi ti porta ad elaborare teorie e ti fornisce dettagli che qualsiasi tipo di spettatore riesce a notare (se attento) portandoti a puntare il dito sul colpevole. Questa è la cosa che più apprezzavo della serie perché col tempo diventava un gioco ed è proprio quello che, secondo me, volevano Peter Steven Fischer, Richard Levinson, William Link.
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abatelunare · 6 months
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Quello che non leggo
Ci sono alcuni generi letterari ai quali - salvo rare eccezioni - mi accosto con grande fatica.
Il primo è il giallo. Ho sempre preferito guardare un giallo, piuttosto che leggerlo. Forse perché la vista mi permette di capire meglio. Ci sono sempre - a prescindere dal genere letterario - cose che la scrittura non è in grado di rendere.
Il secondo è il fantasy. Parlo delle narrazionni con ambientazione del tutto irreale. Ed è quello che non mi cattura. Infatti amo Neil Gaiman, che pratica un fantasy con forti agganci al cosiddetto mondo reale.
Il terzo ha a che fare con la guerra. Non ne faccio una questione di pacifismo o interventismo. Semplicemente non mi interessa. I film di tipo bellico li guardo, a dire il vero. Ma perché mi piace a loro spettacolarità.
Il quarto potrebbe essere il teatro. Ma è una cosa un po' strana, perché per esempio le opere teatrali di Pirandello e d'Annunzio le apprezzo e le leggo. Sono un lettore effettivamente lunatico.
Il quinto riguarda l'arte. Non mi piacciono i libri illustrati, che parlino di fotografia o pittura o roba affine, poco importa. Per me un libro non deve avere illustrazioni, ma soltanto parole.
So di essere un rompicoglioni. Come essere umano, ma soprattutto come lettore. E posso solo peggiorare. Questa è la cosa divertente.
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carmenvicinanza · 10 months
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Ágota Kristóf
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Ágota Kristóf, scrittrice e drammaturga ungherese passata alla storia della letteratura mondiale col suo capolavoro La trilogia della città di K. che ha ricevuto numerosi premi letterari ed è stato tradotto in oltre trenta lingue.
I suoi romanzi, dalla scrittura asciutta e incisiva, la prosa austera e la narrazione senza fronzoli, esplorano, in maniera cruda e provocatoria, temi universali come la violenza, la guerra, l’infanzia e la natura umana. I personaggi dei suoi racconti sono spesso segnati dalla condizione esistenziale dell’erranza, di chi è costrettə ad abbandonare la propria terra per cercare rifugio in un paese straniero
Nata il 30 ottobre 1935 a Csikvánd, un piccolo villaggio in Ungheria, a quattordici anni scriveva le sue prime poesie mentre studiava in un collegio di sole ragazze.
Nel 1956, dopo l’intervento dell’Armata Rossa per soffocare la rivolta popolare contro l’invasione sovietica, è fuggita con il marito e la figlia in Svizzera stabilendosi a Neuchâtel, dove ha vissuto fino alla morte, avvenuta il 27 luglio 2011.
Quando è scappata aveva poco più di vent’anni e una bambina di undici mesi avvolta alla schiena. Ha dovuto imparare a ricostruirsi una nuova vita, una nuova lingua, che ha adoperato per scrivere sentendosi sempre analfabeta perché non la padroneggiava abbastanza. Ha lavorato come operaia in una fabbrica, poi è stata insegnante e traduttrice, ha divorziato e avuto altri due figli. 
La sua fuga è stato un trauma da cui non si è mai ripresa, allontanata dagli affetti in un mondo totalmente diverso da quello a cui apparteneva. La condizione inesorabile della persona migrante che deve adattarsi a una realtà da cui si sente estranea.
Ha raggiunto il successo internazionale nel 1987, con la pubblicazione de Le grand cahier che, insieme a La preuve e Le troisième mensonge è confluito in quel grande capolavoro che è stato la Trilogie (Trilogia della città di K.). I tre libri ripercorrono il tema del distacco, la separazione di due gemelli, Klaus e Lucas, e il ritrovamento dopo la guerra.
La sua scrittura è scarna, crudele, reale. Un pugno nello stomaco di chi la legge. Quello che racconta non ha bisogno di fronzoli o abbellimenti, è il ritratto di una realtà dura che molto coincide con la sua biografia. Ha rappresentato le tragedie della guerra con una disperazione fredda e sorda, come se scrivesse attraverso gli occhi di un bambino che non giudica mai niente, che si limita a registrare quello che accade con spietata ingenuità.
Vari i romanzi e le opere teatrali che ha scritto consumando, con parole dure, la lotta per integrarsi in una nuova cultura, la continua guerra di chi ha perso la propria terra e non potrà mai più tornare indietro.
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canterai · 1 year
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Se sopravvivo fino a domani la Traviata entra ufficialmente a fare parte delle opere teatrali e sinfoniche che mi hanno salvato la vita.
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personal-reporter · 1 year
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Umberto Saba: 140 anni dalla sua nascita
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Umberto Saba è stato uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo.  Nato a Trieste il 9 marzo 1883, Saba ha lasciato un'impronta indelebile nella letteratura italiana e internazionale.  Nel 2023 si celebreranno i 140 anni dalla sua nascita, un'occasione per ricordare la sua vita e la sua opera. La vita di Umberto Saba Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli, è nato a Trieste il 9 marzo 1883. Figlio di un agente di commercio e di una donna ebrea di famiglia benestante, Saba trascorse la sua infanzia e la sua adolescenza a Trieste, città che avrebbe influenzato profondamente la sua poesia. Dopo aver abbandonato gli studi di medicina, Saba si dedicò alla scrittura e alla poesia. Nel 1910 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, "Poesie", che fu seguita da molte altre raccolte, tra cui "Il canzoniere" e "Ultime cose". Durante la sua vita, Saba ebbe molti problemi personali e familiari. Ebbe una relazione difficile con la madre e la moglie, e fu costretto a fuggire dall'Italia durante il regime fascista. Tuttavia, nonostante questi problemi, Saba continuò a scrivere poesie e a pubblicare libri fino alla sua morte.Umberto Saba morì a Gorizia il 25 agosto 1957, all'età di 74 anni. L'opera di Umberto Saba L'opera di Umberto Saba è stata caratterizzata da una grande sensibilità e da un profondo senso di introspezione. Saba ha scritto poesie che esplorano i temi dell'amore, della solitudine, della malinconia e della morte, con una grande attenzione per i dettagli e per le emozioni. La poesia di Saba è stata influenzata da molti autori, tra cui Dante, Petrarca, Leopardi e Pascoli. Tuttavia, Saba ha sviluppato uno stile personale e originale, che lo ha reso uno dei poeti più amati e apprezzati della letteratura italiana. Le opere di Saba sono state tradotte in molte lingue e hanno ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. La sua poesia è stata descritta come "intima", "sincera" e "profonda", e ha influenzato molti altri poeti italiani e internazionali. I 140 anni dalla nascita di Umberto Saba Il 9 marzo 2023 si sono celebrati i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba. In Italia e in tutto il mondo, si terranno eventi e iniziative per ricordare la vita e l'opera di questo grande poeta. Saranno organizzate mostre, conferenze, letture e spettacoli teatrali, per celebrare la figura di Saba e la sua eredità letteraria. Inoltre, molte case editrici stanno preparando nuove edizioni delle opere di Saba, con introduzioni e commenti di critici e poeti. Saranno anche pubblicati nuovi libri su Saba e la sua poesia, per approfondire la conoscenza di questo autore straordinario. In conclusione, i 140 anni dalla nascita di Umberto Saba saranno un'occasione per ricordare la vita e l'opera di uno dei più grandi poeti italiani del XX secolo. La sua poesia ha influenzato molte generazioni di lettori e poeti, e la sua eredità letteraria è ancora viva e attuale oggi. Read the full article
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conigli-letterari · 1 year
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Dottor Johann Faust, uno dei personaggi più conosciuti e importanti del canone occidentale. Sono innumerevoli le sue reincarnazioni letterarie: da Johann Spies nel ‘500 alla versione ottocentesca di Goethe. Dallo spagnolo Calderón de la Barca al francese Valéry. Dal romanzo di Thomas Mann del ‘900 fino alla versione del 2020 di Chris Bush.
🎭 Il post di oggi riguarda una delle primissime apparizioni di questo personaggio: “The Tragical History of Doctor Faustus” di Cristopher Marlowe, play teatrale del 1593.
L’opera è un mix di elementi molto diversi tra loro: troviamo scene che rimandano alle morality play medievali ed elementi ancor più antichi derivanti della tragedia greca come il chorus. Pur essendo una tragedia, inoltre, contiene anche elementi puramente farseschi atti a stemperare la tensione.
Si tratta di un’opera nella quale l’intento moralizzatore è manifesto, eppure, in questa cornice il personaggio di Faust spicca per la propria modernità. Certo, Faust non è certo uno stinco di santo: è un arrogante, un megalomane assetato di potere che decide di vendere l’anima pur di raggiungere i propri scopi. Ma è anche un dotto: ha in sé una fortissima curiosità e sete di conoscenza. Incarna il potenziale umano; é l'uomo del rinascimento proiettato verso un futuro di libertà intellettuale, ma non scevro in insidie.
Una delle parti più belle e poetiche del testo è il monologo di Faust durante le sue ultime ore di vita, prima di essere trascinato all’inferno. Un momento di puro lirismo; se proprio non vi piace leggere le opere teatrali, consiglio comunque di recuperare almeno questo monologo straordinario.
[Credit dipinto: Faust on Easter morning - Johann Peter Krafft - 1830]
[ ig: @conigli_letterari ]
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gregor-samsung · 9 months
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" In altri tempi non erano molte le donne che arrivavano a passare una vecchiaia serena. Le condizioni di vita erano difficili e la durata molto inferiore a quella attuale. Quando le bocche da sfamare erano tante per il capofamiglia e le risorse minime, pare ci fosse l’usanza di abbandonare le vecchie che avevano superato i settant’anni a morire sulla montagna. Era al figlio maggiore che toccava l’ingrato compito di caricarsi la madre sulla schiena e portarla fino a un luogo che gli indicava lei stessa. Questa spietatezza imposta dalla povertà in cui si trovava gran parte della popolazione non nasceva tuttavia da indifferenza nei confronti degli anziani, al contrario: il numero di poemi, opere letterarie e teatrali che si ispirano a questo tema sta a testimoniare quale profonda ferita il crudele sacrificio abbia inferto ai singoli individui e alle comunità, al punto che il dolore antico continua a turbare l’immaginario collettivo (di quest’argomento tratta ancora il racconto Obasute, di Inoue Yasushi, del ’55, e il film Narayama Bushi-ko, di Imamura Shohei, vincitore al festival di Cannes del 1983). In realtà la società giapponese, ancor oggi profondamente confuciana, tiene le persone anziane, uomini e donne, in gran rispetto, e attualmente nel mondo industrializzato è forse quella che garantisce loro la condizione meno triste. Potendo, le famiglie evitano di confinare i vecchi genitori negli ospizi, o di lasciarli in solitudine, per affetto, senso del dovere, riconoscenza. E anche per timore delle critiche. Il calendario include un giorno festivo, il 15 settembre, dedicato al «Rispetto verso le Persone Anziane».
Ad esse ci si rivolge sempre in tono deferente, e quando le loro condizioni fisiche e mentali si deteriorano la gente fa prova di grande pazienza e indulgenza nei loro riguardi (ricordo che in una famiglia del quartiere a nord di Osaka dove abitavo la nonna ultraottantenne, affetta da Alzhaimer, soleva andare al supermercato, riempire il carrello e tornare direttamente a casa senza passare dalla cassa. Ogni volta il direttore del supermercato avvisava la nuora, che al ritorno della suocera prendeva il carrello e senza farsi vedere da lei lo riportava indietro così com’era. Nessuna denuncia, nessuno scandalo). Eppure la senescenza della popolazione sta diventando anche in Giappone un problema allarmante, che rischia di mettere a dura prova la tradizionale tolleranza nei confronti degli anziani. "
Antonietta Pastore, Nel Giappone delle donne, Giulio Einaudi, 2004. [Libro elettronico]
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chez-mimich · 1 year
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ROMEO E GIULIETTA
È tradizione ormai inveterata che tutti i registi teatrali, a cominciare dai più grandi, quando devono cimentarsi con un testo classico del teatro, cerchino nelle loro messe in scena di darne una versione “attualizzata”, cerchino insomma di ambientare l’azione nella contemporaneità. Sono pochi i registi che hanno resistito a questa tentazione. Così anche Mario Martone, uno dei più celebrati registi italiani (non solo teatrale, s’intende), ha ceduto al richiamo del “hic et nunc”, nella sua prima regia per il Piccolo Teatro di Milano, dove ha portato in scena “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare, scritta presumibilmente tra il 1594 e il 1597. L’operazione, come è facilmente immaginabile comporta dei rischi notevolissimi: opere tanto perfette, fatte di equilibri delicati, orditi e trame calibratissime e veicolatrici di messaggi profondi, di morali solenni o di dubbi amletici, se non maneggiate con cura possono trasformarsi in patetiche boiate o ridicole rappresentazioni. Credo si possa dire che Mario Martone abbia superato più che brillantemente la prova che si presentava piuttosto ardua. L’apertura del sipario con il disvelamento della scena, ha subito fatto ben sperare: un colossale intreccio di rami di un gigantesco albero (o forse l’intersecarsi di più alberi), popolato dai protagonisti del dramma shakesperiano, con una carcassa d’auto e altre tipologie di rifiuti urbani, introducono Montecchi e Capuleti, molto più simili a due gang giovanili che non alle due storiche famiglie veronesi. Il rischio era elevato, non v’è dubbio, ma fin dai primi dialoghi, la bellezza del testo (voglio solo ricordare le funamboliche parole di uno strepitoso Mercuzio, (interpretato da Alessandro Bay Rossi), sembra valorizzata da questa ambientazione che, se da un lato propone una bucolica visione naturale, dall’altro sottolinea la crudezza della cultura urbana nella durezza delle dialettiche famigliari, tematica ben presente nel testo di Shakespeare, come sottolinea lo stesso Martone. Anche l’adattamento dell’opera originale, con ampi inserti di frasi e gesti idiomatici della nostra contemporaneità utilizzati da Chiara Lagani, non solo quindi semplice traduttrice, rende il testo agibile al presente. Se sulla trama è inutile indugiare, trattandosi di un capolavoro della letteratura e del teatro, è certamente utile interrogarsi sulla sontuosa scenografia di Margherita Palli. L’imponente albero, che deve molto alle “macchine ronconiane”, quasi un bosco in sospensione, permette agli attori di muoversi ed agire sui giganteschi rami utilizzati come spazi e camminamenti, mettendo quindi la “natura” del sentimento in luogo della “cultura” della città, quella Verona che fa da sfondo alla vicenda dei due giovani innamorati. Un po’ una contraddizione se vogliamo, anche in considerazione del fatto che gli scontri tra i componenti delle due famiglie sono di natura prettamente urbana. Trenta gli attori, quasi tutti giovani o giovanissimi sulla scena, un formicaio brulicante dove su tutti, non potevano che brillare i due eccezionali protagonisti Romeo (Francesco Gheghi) e Giulietta (Anita Serafini, 15 anni). Una recitazione intensa e mai forzata, un mondo d’amore disperato, ma sempre protetto dall’ostile mondo circostante. Allo Streheler di Milano fino al 6 aprile, disponibile per chi non si voglia perdere un “quasi-capolavoro”.
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Certe persone vivono in lotta con altre, con se stesse, con la vita. Allora si inventano opere teatrali immaginarie e adattano il copione alle proprie frustrazioni.
Paulo Coelho
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fashionbooksmilano · 1 year
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Molière en Costumes
Véronique Meunier
5 Continents, Milano 2022, 176 pagine, 23,5 x 29,5 cm, francese, ISBN  979-12-5460-003-0
euro 35,00
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Il volume, riccamente illustrato, è una vera sorpresa per gli occhi del lettore, che viene accompagnato all’interno delle diverse sezioni del libro con lo scopo di celebrare il 400° anniversario della nascita del celebre autore, attore e commediografo francese: Molière!                                                                   Oltre 150 costumi teatrali, così come una collezione di modelli e fotografie costituiscono l’importante apparato iconografico del volume e mettono in luce diversi temi che hanno legato Molière al costume di scena. Selezionati perché oggetti singolari ed emblematici di un regista – Dom Juan di Louis Jouvet, Dandin di Roger Planchon o Le Malade imaginaire di Jean-Marie Villégier – o di un costumista come Suzanne Lalique, Christian Bérard o Patrice Cauchetier. I costumi divengono quindi il riflesso di particolari tendenze: talvolta si tratta di ricostituzione storica, altre di moda del tempo o di trasposizione storica, ma non mancano prodotti dell’immaginazione di un designer.  Le opere e i costumi provengono anzitutto dalle collezioni del Centre national du costume de scène di Moulins, dalla Comédie-Française e dal Dipartimento delle Arti dello Spettacolo della Bibliothèque National de France, ma non mancano prestiti di teatri, compagnie o istituzioni culturali, quali il Théâtre national populaire di Villeurbanne e la Maison Jean Vilar.
Il libro accompagna la grande mostra intitolata “Molière en costumes” organizzata dal Centre national du costume de scène di Moulins dal 26 maggio al 6 novembre 2022.
24/12/22
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