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#recensione rap
koufax73 · 3 days
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Samu L, "Primordiale": recensione e streaming
Si intitola Primordiale ed esce per Lilith Label il lavoro di debutto di Samu L, nome d’arte di Samuel Dughetti, rapper genovese classe 1997. L’ep esce in contemporanea al video di Riga dritto, una delle tracce cardine del lavoro, rappresentata attraverso un videoclip che è anche una sorta di incubo molto realistico, per una storia di prigionia, anche mentale, e di liberazione.  I sei brani…
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seoul-italybts · 5 months
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[✎ ITA] Weverse Magazine : Recensione : Le Canzoni, il Ballo e la Strada di j-hope | 04.05.24⠸
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🌟 Weverse Magazine 🗞
Le Canzoni, il Ballo e la Strada di j-hope
__ Una recensione di HOPE ON THE STREET VOL.1  __
__ di KANG ILKWON | 04. 05. 2024
Twitter  |  Orig. KOR 
Nonostante la sua ascesa al successo da superstar globale insieme ai BTS, l'identità di j-hope continua fondamentalmente a gravitare attorno la street dance. L'ultimo album dell'artista, HOPE ON THE STREET VOL.1, è testimonianza dell'incrollabile connessione che ancora lo lega al mondo del ballo. Il rilascio di questo progetto è pubblicizzato come “special album (album speciale)” e la scelta del format in cui si presenta non poteva essere più azzeccata. L'album comprende sia nuove tracce che nuove versioni di alcune delle canzoni più amate tra quelle già rilasciate, come la versione solista di “on the street”—che era, in origine, una collaborazione con J. Cole—ed un remix di “what if…”
Per gli estimatori sia di nuove versioni e remix di brani pubblicati in precedenza che di tracce nuove di zecca, quest'album presenta la tracklist perfetta.
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La traccia che probabilmente susciterà più interesse è “NEURON”, in collaborazione con i talentuosissimi artisti hip hop coreani, Gaeko e yoonmirae i quali aggiungono un ulteriore, allettante strato di rap al brano. J-hope apre la traccia con il suo roco rap, catturando immediatamente l'attenzione di chi ascolta, con punte maestrali da parte di Gaeko - con la sua flow fitta e tagliente – ed il rap euforizzante di yoonmirae, in chiusura.
Il titolo, “NEURON”, è un triplo gioco di parole che allude 1) ai neuroni, le cellule del sistema nervoso, 2) al nome della crew di ballo di cui faceva parte j-hope e, 3) alle parole “New run” che troviamo nel testo – a loro volta allusione ad un nuovo inizio.
La produzione del brano ha un che di mozzafiato. In apparenza, è simile a “on the street”, ma l'arrangiamento, più ricco, riesce a distinguerla con il suo connubio di sound boom bap – tipico dell'hip hop della East Coast degli anni '90 e 2000 – e pop rap melodico. Nel ritornello troviamo anche la talk box, un sound comunemente tipico dell'hip hop della West Coast. Non mancano poi intriganti variazioni ritmiche e di flow nei versi che precedono il rap di yoonmirae. Grazie a questi e molti altri accenti coinvolgenti – come i riff di tastiera che, a cascata, scivolano via dal ritornello pop accompagnando il passaggio ad un nuovo beat - questo singolo è un'impareggiabile lettera d'amore di j-hope per l'hip hop.
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“i wonder…”, in cui troviamo anche il collega dei BTS, JungKook, è un magistrale mix di funk ed electro-pop. Supportati da una produzione ed un sound allegri e ritmati, il rap cantato in autotune da j-hope e la voce melodiosa di JungKook esprimono con risolutezza il loro amore e la loro fiducia per le/i fan, nonché – rafforzato dal viaggio musicale affrontato insieme, l'affetto per il gruppo, in quello che è un tributo particolarmente toccante a tuttə coloro che li hanno seguiti finora.
Subito dopo questa traccia, troviamo “lock / unlock” (with benny blanco and Nile Rodgers) e la sua disposizione nella tracklist è un vero colpo di genio perché tale collocazione enfatizza la base funk che caratterizza i due brani.
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Sebbene “lock / unlock” sia più ballabile, nonché più vicina a ciò che comunemente viene definito funk, le due tracce trovano un punto di incontro nell'orchestrazione delle sezioni ritmiche, le quali riescono a dare l'impressione che i due brani non siano altro se non due parti di una stessa canzone, tratteggiando però atmosfere diverse attraverso ritmi differenti.
La voce del poliedrico artista Benny Blanco e la chitarra di Nile Rodgers, leggenda vivente del soul/funk, complementano perfettamente il cantato di j-hope, rendendo la traccia particolarmente adrenalinica. Queste due canzoni, collocate una di seguito all'altra, contribuiscono ad incrementare gradualmente il ritmo dell'album, fino a culminare nel brano successivo, “i don’t know” with HUH YUNJIN of LE SSERAFIM. La patinata perfomance deep house di j-jope e l'incantevole monologo francese nonché voce di HUH YUNJIN sono splendidi.
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Le nuove versioni incluse in quest'album regalano agli ascoltatori scelte sonore che solo un progetto come questo – così diverso dai soliti album in studio—poteva presentare.
La versione solista di on the street” che troviamo nel VOL.1 vede j-hope colmare la strofa di J. Cole con nuovi, geniali versi rap, i quali permettono all'artista di amplificare ancor più il suo messaggio. La versione solista è un omaggio alla street dance, ovvero le radici di j-hope in quanto idol, le tappe superate lungo il percorso, l'ispirazione che continua a spingerlo verso nuovi obiettivi, nonché un omaggio alla strada in quanto maestra di vita; tutto questo confezionato in una nuova versione che dà così alle/i fan l'opportunità di ri-sperimentare un brano cui hanno già dimostrato tanto amore. Il verso più eccezionale ci è offerto proprio da quelle nuove parti di testo: “Conoscere il cammino e percorrerlo è diverso”. A volte, nel corso della nostra vita, pensiamo di sapere come raggiungere ciò che vogliamo—come realizzare i nostri sogni—ma, di fatto, mettere in pratica quei progetti è tutta un'altra storia. È un verso molto breve, ma rimane nel cuore.
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L'amatissima “What if…”, già rilasciata nel 2022 nell'album Jack In The Box, trova qui nuova vita sotto forma di dance mix grazie alla ri-masterizzazione dell'iconico sample “Shimmy Shimmy Ya” di Ol’ Dirty Bastard in un botta e risposta giocato tra hip hop in stile New Yorkese ed elettronica sopra le righe, senza tuttavia discostarsi dall'alta tensione offerta dalla traccia originale. La novità, in questo remix, è rappresentata dal contributo del cantautore e produttore JINBO, le cui aggiunte sono sì di supporto alla visione creativa di j-hope, ma rappresentano anche un a-parte fresco ed inedito. Ma prendiamoci qaualche istante per approfondire un po' di più la conoscenza di JINBO. Quest'ultimo è uno dei pochissimi artisti coreani che ha davvero saputo cogliere ed interpretare il neo soul e l'hip hop e che ha saputo trarne il massimo, incorporandoli in una carriera musicale costantemente a cavallo tra hip hop/R&B e K-pop. La sua voce, morbida e ricca di sentimento, serve ad alleggerire la parte conclusiva di una canzone fino a quel momento caratterizzata dai velocissimi rap di j-hope e da un beat grintoso e graffiante.
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HOPE ON THE STREET VOL.1 è un esempio magistrale di come sia possibile arrivare ad un pubblico di massa pur esplorando a fondo generi solitamente più di nicchia.
I messaggi che l'ambizioso j-hope ha voluto trasmetterci attraverso quest'album sono fondamentalmente semplici, testimonianza della sua sincerità— l'eterno amore per le sue radici nella street dance, l'orgoglio per il suo status di ballerino, il rispetto e la dedizione per il rap/hip hop nonché il profondo affetto nutrito per le/i fan che l'hanno sempre supportato—Ne è, infatti, intrisa ogni nota in ognuna delle canzoni contenute nell'album, forti di quelle sue umili aspirazioni.
E subito ci torna in mente Bong Joon Ho, quella volta che, notoriamente, ha citato Martin Scorsese durante gli Oscar: “Più una cosa è personale più sarà creativa.” L'intenzione di j-hope non è ostentare il suo apprezzamento per la street dance o l'hip hop, ma l'artista non dimentica mai quali sono le sue origini e non fa che ricordare a se stesso—gioiosamente, apertamente e in tutta onestà—qual è il tipo di percorso che sta affrontando.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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micro961 · 6 months
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“La musica dai tuoi occhi” - Il progetto musicale 2023/24 di Bluombre continua
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Per l’omonimo progetto musicale “La musica dai tuoi occhi” partito a dicembre 2023 e che ha già totalizzato 37.000 ascolti sulle piattaforme digitali, si arricchisce di una nuova versione. Parliamo della seconda collaborazione di Bluombre con il rapper Safil (Filippo Salonia), dopo quella della scorsa estate in “Tequila e amor”. Arriva infatti una versione molto interessante prodotta interamente dallo stesso Safil. Per la recensione ci siamo affidati ad un grande artista musicale e da poco anche scrittore: Mico Argirò.
“Un brano pop che mischia elementi rock, rap e diverse influenze. Cassa dritta, drill autotune sulla voce di Safil, un ritornello classico, "a braccia aperte", che si declina in maniera moderna e crea un ossimoro con la successiva parte urban. Una commistione di elementi pop classici e contemporanei, dal beat alle chitarre elettriche, fino al trattamento della voce. Una canzone che mette al centro la musica come grande passione, che si incarna negli occhi, occhi atomici, magnetici, positivi. Bluombre scrive il brano per la parte testuale e melodica ma poi in questa versione troviamo anche le influenze rap di Safil che l’ha prodotta e l’ha arricchita con 2 belle parti total-rap. Una prodizione molto curata ed innovativa attenzione, una versione nuova dal sound pieno e persistente, che si aggiunge a quella spagnola e alla principale italiana.”
Sappiamo anche che ci saranno altre 2 versioni: piano e voce e piano-solo. Tutto in pieno stile Bluombre.
Testo e musica di Bluombre (Giuseppe Tumolo). Parti rap scritte da Safil
Produzione esecutiva di Safil
Prodotta da Vinkleam
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Com’è nato questo brano?
Quando tutto era fermo, arriva l’illuminazione: ho mai scritto una canzone sugli occhi di una donna? A memoria direi di no, certamente sono stati nominati in qualche testo degli oltre 120 scritti prima di questo.
Ma cosa possono trasmettere gli occhi? Direi molto, si dice sono la luce dell’anima e sono molto importanti, penso determinanti, per captare sensazioni e a volte risposte dalla persona che abbiamo difronte.
Il testo è nato proprio dal ritornello “I tuoi occhi sono musica”, questo mettere sullo stesso piano un qualcosa di concreto che si può toccare con un qualcosa che non è materia ma è sensitivo, d’impatto e poi segna lo scorrere del nostro tempo. E quindi il pensiero è stato: “una bella melodia ce la portiamo dentro per sempre, così quando incrociamo degli occhi che ci trasmettono qualcosa”. Questi occhi hanno fatto partire un viaggio parallelo ad una melodia che poi è diventata canzone.
Sono gli occhi che incrociamo tutti i giorni, spesso non notati ed anonimi ma a volte comunicativi ed in grado di trasmettere qualcosa.
Possono annullare le distanze se da quegli occhi si arriva all’anima della persona, gli occhi di chiunque purché luminosi e veri. Anche quelli di una foto, ognuno che sia maschio o femmina, adulto o bambino può farne poi tesoro e tenerli dentro o magari provare a conquistarli.
Adesso questi occhi sono dentro questa canzone e lì resteranno per sempre. Presente anche la versione in lingua spagnola.
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tempi-dispari · 8 months
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Revman, l'eccezione del panorama rap nostrano
Questa non è una recensione in senso stretto. Stiamo parlando di Attraverso me di Revman, un rapper. Sulle nostre pagine non ci sono recensioni di questo genere perché non ci sono le competenze adeguate per poterle fare. Questo disco fa eccezione per il progetto in sé. Si tratta del primo cd di un rapper… poliziotto. E si, il nostro fa parte delle forze dell’ordine. Questo è già un aspetto particolare. A rendere ancor più interessante il lavoro è che Revman non fa mistero del proprio lavoro.
Anzi. Ne fa vessillo, tratto distintivo. Questo lancia una luce differente sulle canzoni e, soprattutto, sul loro contenuto a livello di testi. Non si tratta di liriche che fanno la morale, dei ‘pipponi’ da parte di un adulto al mondo giovanile. Sono testi personali, che vanno a fondo in un mondo fatto di contraddizioni, di dure prove, di pericoli, paure, ansie, disorientamento. Il tutto, però, affrontato da un punto di vista positivo, costruttivo, di lotta. Il messaggio che emerge è di non arrendersi nonostante tutto.
Di non mollare pur nelle prove più dure della vita. Ancor. Si parla di identità, personale e regionale. Sono le parole di una persona che ha vissuto, ha visto molte esperienze diverse, non sempre positive, eppure non si è arreso. Non si è lasciato fagocitare dalle situazioni. Soprattutto, non si è lasciato scivolare nell’autolesionismo, nel lamento senza reazione.
Da un certo punto di vista descrivere solo l’aspetto negativo della vita è fin troppo facile. Difficile o, più difficile, se vogliamo, è trovare delle soluzioni, dei motivi per uscire da quelle sabbie mobili. Revman lo fa. Analizza condizioni diverse, problemi personali, sociali, ambientali, e prova a suggerire un modo diverso di affrontarli. Non dà delle soluzioni, non potrebbe e non sarebbe neppure giusto. Offre delle alternative. Fa forza sulla possibilità di poter scegliere.
C’è sempre una scelta, per quanto dura e difficile. E non è arrendersi. È lottare. Ma farlo in un modo positivo, aggressivo nel senso di tenace, duro. Tutto questo lo si evince solo dopo diversi ascolti. Soprattutto lo si capisce quando si superano i pregiudizi. È anche questo il senso di questa recensione. Questo disco non è il tentativo da parte delle istituzioni di ‘agganciare’ le nuove generazioni. Non siamo di fronte ad un debole tentativo di comunicazione.
È un lavoro vero sentito. Da ribadire, non si tratta di filippiche, di discorsetti. Se l’hiphop è cantare la vita vissuta, esperienze vere, questo disco ne rispetta appieno lo spirito. Non avendo una cultura su questo genre aggiornata ai gorni nostri, non posso dire se è un disco degno di nota, migliore di altri, peggiore, o che si perde nel mare di produzioni quotidiane. Certo è che poche volte mi è capitato di sentire un rapper positivo, che non si limita a descrivere il proprio dolore e non il modo in cui è riuscito ad uscirne.
Già solo questo pone questo disco sotto una luce diversa. Molti dicono di cercare dei contenuti nei testi. Con questo lavoro avranno trovato molti spunti. Anche nella modalità di trasmissione dei concetti. Diretto, senza fronzoli, senza metafore articolate, come è giusto che sia. Stilisticamente non è un dico monolitico. Dà spazio ad influenze diverse e a qualche spruzzata rock blues. Nulla di eclatante, ma quanto basta per essere vario.
Potrà essere fuori genere, ma è un disco che almeno una volta va ascoltato. Giusto che capire come i temi dei testi possono variare ed andare oltre lo sfogo momentaneo di un periodo no.
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silviomancinelli · 2 years
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#pushmmua #rap https://silviomancinelli.wixsite.com/liberissimo/post/pushmmua-mmua segui la recensione https://www.instagram.com/p/ClbndalIJac/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Mazz — Doppia Zeta
Con Doppia Zeta Mazz raccoglie alcuni dei suoi primi lavori ed entra ufficialmente nella scena, aggiungendo alcune tracce inedite. La struttura dell'opera si rifà a molti formati musicali distinti: l’impostazione è propria di un album, la lunghezza è quella di un EP e la differenza di stile fra le tracce richiama il mixtape. Uno dei punti piú interessanti di questa produzione è proprio la varietà sonora strumentale, che al netto di alcune sbavature offre sempre un ritmo e una carica emotiva differenti in ogni brano. Questa varietà, però, apporta fra le canzoni una discontinuità che si sarebbe potuta diminuire semplicemente cambiando l’ordine di alcuni brani all’interno dell’album.
I temi
Durante tutto l’ascolto ricorrono solitudine, rabbia e malinconia; l’amore non corrisposto occupa un’intera traccia, 2 Aprile, ma si può sentire in modo piú o meno diretto anche in altri pezzi, come ad esempio in Subconscio. Di questi temi risalta soprattutto la componente autobiografica: come Mazz stesso ha spiegato, questo album racconta della sua “uscita” da una situazione personale sgradevole e precaria e del suo nuovo approccio alla musica come modo di scaricare la negatività al di fuori della sua famiglia.
Le tracce
L’intro dell’album segue in modo piano, quasi piatto, il canone di una canzone trap, con la sola eccezione di un Autotune poco invadente: i toni sono altezzosi, la base è scarna e percussiva. Da questa traccia sono già chiari gli intenti dell’intero album. La prima parte di Subconscio si attiene al paradigma del Lo-Fi hip-hop: la citazione ad inizio traccia, i suoni falsamente rotti e tagliati delle frequenze piú alte e il ritmo molto calmo sono una buona cornice per sviluppare (e superare) il tradimento di un amico, un amore tossico, le delusioni in famiglia e tra gli amici. Dopo una metafora dal flow e dall’incedere un po’ stentati, la canzone cambia completamente stile, proponendo una ritmica piú “classica” e sostenuta, che segna il passaggio dal dolore alla rabbia del testo. Come spiegato nel suo stesso testo, Ma Famille insegue i tratti caratteristici dell’afro trap. Il ritmo ballabile è il vero tratto interessante della traccia, che per il resto rimane abbastanza monotona e a tratti scontata, con attacchi verbali un po’ forzati. La traccia con la produzione e l’esecuzione migliori è senz’altro Sempre Solo: l’atmosfera trap cupa segue molto bene l’incedere di Mazz, che in questo testo limita le variazioni di metro al minimo, cosí da seguire la base in modo continuo.
È evidente che Doppia Zeta ricalchi un certo periodo di Salmo: come Salmo eseguiva sopra pezzi di Skrillex, in questa traccia la base campiona ampiamente Nuclear (Hands Up) di Zomboy. La produzione strumentale di questo brano è, a nostro parere, quella piú problematica, perché i preset usati sono rimasti ruvidi ed asciutti, rendendo la percezione d’insieme molto piú povera; il rallentamento rispetto all'originale, poi, acuisce ulteriormente questi problemi fino ad esasperarli. Tali problemi sono dovuti sicuramente alla difficoltà di mastering tipica della dubstep, un genere per niente facile per un produttore che non vi lavori abitualmente. Nell’album è incluso il singolo 2 Aprile. A fronte di una base semplice, ma molto efficace, l’esecuzione di Mazz è un po’ carente, e il testo sbilanciato non aiuta. La base di influenza hip-hop di MRN accompagna una contemplazione in solitudine della città sotto la pioggia di settembre. No Filter offre un’interpretazione non molto originale di una “trappata all’americana”, satura di Autotune e con una melodia strumentale che alla lunga dà fastidio. L’outro dell’album dà musicalmente il senso della fine, anche se di una fine frettolosa in alcune soluzioni di testo.
L’esecuzione
Dell’esecuzione di Mazz si è parlato poco finora, dando piú spazio a commenti sulla produzione strumentale: si è fatta questa scelta perché le critiche al modo di rappare-cantare di Mazz sono comuni a quasi tutte le tracce. I testi delle canzoni peccano di una scarsa revisione: in alcuni casi è palese anche per un ascoltatore poco avvezzo al genere una soluzione metricamente piú soddisfacente di quella proposta; in alcuni punti sono molto ripetitivi; nelle tracce piú “arrabbiate” gli sbalzi di violenza verbale sono molto repentini e lasciano spaesato l’ascoltatore. Benché la produzione copra molto queste mancanze, soprattutto nella parte centrale dell’album, esse non possono essere trascurate in un album appartenente ad un genere che si basa soprattutto sulla capacità di esprimersi a parole, a volte addirittura a cappella, con un supporto strumentale minimo — nonostante la sua importanza indubbia. In un lavoro futuro, inoltre, è possibile che i temi personali ed autobiografici non siano sufficienti per generare un prodotto originale e fresco.
Conclusione
Doppia Zeta contiene qualche spunto interessante sia a livello di produzione sia quanto all’introspezione nella lore di Mazz; ciononostante, alcuni problemi di lavoro e rifinitura del testo abbassano drasticamente il livello generale della produzione, comunque piú che sufficiente per essere la prima per Mazz. Ci aspettiamo che in un album futuro molti dei problemi elencati vengano affrontati.
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croccantissimo-blog · 4 years
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EMIS KILLA . JAKE LA FURIA - 17
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Non è questo il giorno in cui cambieremo il mondo, ma il giorno in cui brucia (quindi tanto vale starsene a cavallo di cavalli impellicciati, noi, non i cavalli).
Tra voglia di street credibility (Emis) e soldi a palate (Jake) messi su palate di soldi (Emis & Jake), viene fuori un disco comunque esperto e solido.
Che dire? Ti piace il rap machistico, soldi, fica, pezzi di coca e zarraggine tipo a caso, ma a volontà? A me NO. Ma se a te si, potrebbe piacerti.
Tecnicamente il rap è insurclassabile, fresco, pieno di sberle in faccia, influenzerà sicuramente le nuove leve, specie quelle cresciute con il mito dei Dogo e della Milano rap, tra cui ahimè non mi trovate, grazie a Dio sono cresciuto altrove e c'ho 28 anni.
I cliché ci sono tutti ma non si può proprio dire che non spacchino tutte cose (fallo te un rap così, poi parli).
Resta un disco che ascolto con rimpianto, niente di nuovo, ribadita egemonia del cash flow milanese e tanta voglia de scopa, che ogni tanto ci sta comunque.
17 tracce di cui molte si ripetono: i due ci tengono a dire spesso che scopano e c’hanno i soldi e ribadire i soliti concetti che sembrano incarnare per scelte di vita e musicali, ma si differenziano per ignoranza (primi per distacco) e in questo sembra vogliano suonare “classic” rispetto a tanta roba trap di oggi, intento secondo me non riuscito. Tanti flow gia sentiti, basi in linea con il rap italiano di tendenza di oggi, sicuramente ben fatte, parole pesanti e lingua velenosa, questo si (broken language, maleducato, toro loco ecc x quasi 17).
Chi si aspettava una sorta di Club Dogo vecchia scuola reunion rimane deluso, chi si aspettava un rap più sperimentale con tematiche diverse rimane deluso... chi cerca invece il rap di oggi in Italia (non un vanto spesso), con tutti i clichè spinti al massimo e un secchio di zarraggine ha trovato il suo disco dell’anno, che infatti sicuramente venderà un botto, quindi contenti tutti (no???????). Questo è il mio parere, si fa per parlare.
Pezzi consigliati:
 L’ultima Volta feat Massimo Pericolo https://www.youtube.com/watch?v=TDBY8XJwVP8
Quello che non ho  https://www.youtube.com/watch?v=Un3HRFdPleE
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gazemoil · 4 years
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RECENSIONE: Pufuleti - Catarsi Awa Maxibon (La Tempesta Dischi, 2020)
di Viviana Bonura
Pufuleti, nome d’arte di Giuseppe Licata, ad ogni ascolto mi sembra sempre di più il fratello perduto di Slowthai. I punti in comune ci sono: immigrato, voce fuori dal coro, liriche irregolari, flow stralunato e atmosfere un tantino surreali da farti sentire a disagio ma anche farti spuntare un ghigno d’approvazione in viso. Di origini siciliane, ma trapiantato in Germania da piccolo, con Catarsi Awa Maxibon è al secondo disco in studio sotto il nome Pufuleti, ma è attivo nella scena rap tedesca da più di una decade come Joe Space. 
Forse è anche per l’esperienza del rap in un’altra lingua che quando Pufuleti decide di impadronirsi dell’italiano lo fa con un’approccio del tutto anticonvenzionale - oltre a non porsi problemi nel mischiarlo con tedesco e inglese. Nelle dieci tracce hip-hop un pò lo-fi del suo secondo disco infilza rime assurde ed ogni tanto pure oscene, dal fascino sgangherato e spigoloso, su basi che omaggiano la vecchia scuola americana ma in cui risuonano anche tutti quegli elementi bizzarri e freschi della nuova ondata alternativa italiana, grazie pure ai continui esilaranti riferimenti alle televendite fine anni '90 e inizio 2000 che ci piacciono tanto. Catarsi Awa Maxibon è fantastico perchè è assurdo, delirante, geniale nell’adozione di nuove vie semantiche “che diventano ricerca affannosa di un assurdo che dia senso alle piccole cose”. Certe atmosfere visionarie e un pò malate sono impossibili da ignorare, e questo fin dal primo ascolto che si rivela subito dirompente ed inarrestabile grazie alle tracce dalla breve durata cucite come un pezzo unico di una trasmissione televisiva.
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TRACCE MIGLIORI: BBC Cocau; Montecore; Post piscina 99
TRACCE PEGGIORI: Sparacogna
VOTO: 75/100
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thewikigreg · 5 years
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Coez non vi sta neanche più ad ascoltare
Negli anni '90 su Topolino c'era un tipo di storia particolare, la storia a bivi; praticamente, se avete visto Bandersnatch, è appunto l'episodio interattivo di Black Mirror messo nero su bianco. La peculiarità di questo tipo di storia è quella di poter esplorare i diversi finali, i diversi percorsi, sapendo qualcosa in più ogni volta che torni a un bivio precedente e fai un'altra scelta per arrivare infine a esplorare tutte le conclusioni possibili. In qualche modo, mi piace pensare che una cosa simile sia successa anche a Coez quando ha iniziato a scrivere il suo nuovo disco, il quarto del suo "nuovo periodo", È sempre bello.
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Dopo essere uscito dalla FIMI col carrello pieno di ori e platini sarebbe stato facile proseguire sulla stessa falsariga del disco che lo ha lanciato definitivamente al grande pubblico, ma la scelta del ritornellaro più famoso d'Italia è quella di prendere una strada diversa anche se non del tutto nuova; con Niccolò Contessa, produttore dell’album, prende le esperienze di Niente che non va e Faccio un casino, le mette insieme, le rielabora e quello che nasce è un disco che suonerebbe bene come seguito diretto sia dei due sopracitati ma anche di Non erano fiori. È come se il nuovo album fosse nato senza una precisa collocazione temporale, con evidenti richiami a un cantautorato da sempre nelle corde di Coez e la volontà di non accontentarsi ma, anzi, di perdersi nel cielo e allargare i propri confini.
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Musicalmente la presenza di Contessa assicura una raffinatezza assoluta nei suoni sin dall'attacco di Mal di gola, con alcune perle pregevoli come Domenica e Aeroplani, che potrebbe essere il brano migliore scritto nel post Non erano fiori (precisazione doverosa perché La strada è mia farà sempre un campionato a parte). Proprio in Domenica troviamo una delle caratteristiche più particolari dell'album e della crescita costante di Coez, ovvero l'alternanza di ciò che sembra e ciò che davvero è, un equilibrio perfetto tra una delle citazioni a Vasco presenti in È sempre bello e una sonorità totalmente opposta rispetto a quella che ci si potrebbe aspettare da un omaggio al rocker di Zocca. Il citazionismo è uno dei punti cardine del disco, come in Vai con Dio, dove si unisce anche una scrittura à la Dalla che esalta quel "se ti hanno visto bere a una fontana / ero io" in uno dei pezzi maggiormente ricchi di riferimenti più o meno velati all'amore fisico, raccontato (contrariamente ad altre occasioni) più per immagini e doppi sensi abbastanza espliciti per tutto il disco, senza mai però cambiare davvero il registro linguistico selezionato.
La scelta di Bandersnatch iniziale, in fondo, è anche questa: le esperienze trionfali (perché solo di trionfo si può parlare) degli ultimi dischi hanno dato una marcia in più a livello di consapevolezza ed esperienza, una capacità migliore di selezionare parole e punti di riferimento, scostandosi quasi del tutto dal primo periodo della sua carriera per proseguire con una evoluzione sinceramente pazzesca. Resta, chiaramente, qualche medaglia rap su un petto pieno di riconoscimenti: il contrasto con le forze dell'ordine è giocoforza diverso da quello che può vivere un Massimo Pericolo, ma aver trovato nel vinile il posterone di "AMARE TE È FACILE COME ODIARE LA POLIZIA" è a maggior ragione simbolico di come le barriere musicali siano sinceramente poca cosa per chi ha fatto un casino che sta sconvolgendo da mesi la musica italiana.
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C'è una cosa in È sempre bello che mi ha spiazzato, ed è l'assenza di una "difficoltà" che sottolineavo nella recensione di Faccio un casino, perché c'è una scissione profonda adesso nella vita musicale di Coez e in alcuni lati personali che non hanno probabilmente neanche più bisogno di essere cantati, ma le tasche sembrano davvero più leggere a distanza di anni. È forse anche per questa almeno apparente spensieratezza che le autocitazioni riescono anche ad assumere una nuova vita (il coltello di Non erano fiori in Fuori di me, o quella ironica di Jet in Gratis) e il mood resta quello di un viaggio verso una meta felice. Un viaggio magari guardando le nuvole, come fossimo su un aeroplano, ed è con questo pessimo stratagemma linguistico che mi collego al finale del disco, che coincide con il suo punto più alto.
La prima volta che ho ascoltato Aeroplani mi sono sentito strano. Era chiaramente la prima volta che finivo il disco e pensavo che il tappeto sonoro ipnotico mi avesse fatto perdere qualche passaggio del testo, per cui l'ho rimessa da capo. La sensazione è rimasta la stessa anche dopo il secondo ascolto, e tuttora quando l'album finisce è sempre spiazzante, come se ci fosse qualcosa di nascosto tra quelle righe, un detto-non detto che probabilmente potrà essere capito appieno solo dopo tanti ascolti—se effettivamente decifrabile. Una sensazione che impreziosisce, e molto, il lavoro di un artista diventato ormai grande, che non ha voluto accontentarsi di un successo facile neanche ora che avrebbe fatto almeno un altro platino proponendo una replica di Faccio un casino (che poi, dopotutto, "Ho alzato un gran casino e dopo tutto 'sto casino / come mai non sto bene?"). Coez ha ripreso un bivio precedente scegliendo un'altra strada ed esplorando un altro finale, un'altra conclusione, e conquistando un altro successo con un disco decisamente meno immediato ma di profondo impatto. È sempre bello va bene per l'ascolto in macchina mentre vai a mare ma è ottimo per quel venerd�� sera in cui ti chiudi in camera con te stesso per provare a decriptare i perché della tua vita, quando ti senti "in isolamento / ma con un'isola dentro". È un disco che resta attaccato sulla pelle, sotto pelle, nel cervello, nell’anima; definitivamente un altro gioiello dell'artista che sta cambiando le regole della musica italiana ridendo su quell’odio che non vi fa mica bene.
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digitalive · 4 years
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Piola: il disincanto e la musica rap come unica ancora di salvezza
https://www.taxidrivers.it/169212/streaming/netflix-film/piola-il-disincanto-e-la-musica-rap-come-unica-ancora-di-salvezza.html
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djtubet · 4 years
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Oggi si festeggiano i 47 anni dalla nascita del Hip Hop, davvero onorato che proprio oggi la notizia del nuovo brano 🎵Nord Sud 🎵 
sia apparsa su:
🇮🇹 https://realrapitaliano.com 🇮🇹
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koufax73 · 2 years
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Olly, "Il mondo gira": recensione e streaming
Olly, “Il mondo gira”: recensione e streaming
Un posto in gara tra i big di Sanremo 2023 e un nuovo ep, Il mondo gira: quello che è appena trascorso è un venerdì che difficilmente Olly dimenticherà. Genovese, classe 2001, bazzica da ormai qualche anno nella scena rap ligure, mai così fiorente come negli ultimi anni. Sensibilità, energia, voglia di divertire e di divertirsi, vocalità e pronuncia personalissimi: questi sono i punti di forza…
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seoul-italybts · 9 months
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[✎ ITA] Weverse Magazine : Recensione : I BTS Hanno Vissuto un'Esistenza Degna dei BTS | 10.01.24⠸
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I BTS Hanno Vissuto un'Esistenza Degna dei BTS
__ Seguite il loro viaggio nella docu-serire BTS Monuments : Beyond The Star __
__ di KIM DOHEON | 10. 01. 2024
Twitter  |  Orig. KOR 
Un giorno il mondo si è fermato. Inizia così il verso introduttivo della canzone “Life Goes On”, dei BTS, e lo ritroviamo nelle primissime scene della docu-serie BTS Monuments: Beyond The Star, legato al momento in cui il gruppo ha dovuto cancellare il suo ambizioso tour programmato per il 2020, a causa dell'inaspettata – e senza precedenti – pandemia di COVID-19. Poi torniamo indietro nel tempo, fino al 12 giugno 2013, e vediamo gli idol appena prima del loro showcase di debutto. Gli 8 episodi del documentario rappresentano una chiusura per il primo capitolo di questa band epocale, in tutta la sua gloria, ma non si limita ad elencare i loro successi. Roma non fu costruita in un giorno, ed i BTS non sono diventati superstar dall'oggi al domani.
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Molti media occidentali hanno paragonato l'ascesa dei BTS nel panorama internazionale a quella dei Beatles e la conseguente 'invasione british'. Sebbene non ci sia dubbio i due gruppi abbiano elementi in comune—l'enorme successo commerciale in suolo americano ed essere diventati un enorme fenomeno mediatico— ciò che rende le loro storie realmente simili è il fatto che entrambe le band sono emerse dall'anonimato più totale e si sono fatte strada “a discapito del nostro benessere fisico”, per usare le parole di SUGA. Dopo aver raccolto un ristretto seguito iniziale esibendosi nella loro città natale, Liverpool, i Beatles si sono spostati nella città tedesca di Amburgo, nel 1960, dove hanno continuato ad esibirsi senza sosta, spesso anche per oltre 12 ore al giorno. La loro era una rigida e pesante routine cui non sarebbero mai riusciti a sopravvivere senza caffeina ed alcol—nonché un periodo in cui capire come poter vendere la propria musica ad un pubblico poco ricettivo. Nel 1961, i loro impegni non hanno fatto che intensificarsi, sempre divisi tra il Cavern Club di Liverpool e le loro esibizioni ad Amburgo – dove tenevano concerti di 7 o 8 ore, fino a notte fonda. Ancor oggi, nelle coscienze del pubblico globale, i Beatles sono cristallizzati come leggende, ma quella fama è il risultato dei massacranti sforzi fatti fin dai giorni in cui nessuno conosceva il loro nome.
Allo stesso modo, i BTS non sono comparsi dal nulla, un bel giorno, all'improvviso. La nuova docu-serie loro dedicata ci mostra l'addestramento serrato cui hanno dovuto sottoporsi dopo esser passati dallo status originario di gruppo hip-hop a quello di idol K-Pop, nel momento del loro debutto, a riprova di tutto il sangue, il sudore e le lacrime che hanno volontariamente sacrificato pur di avere successo nella loro carriera frenetica e costellata di crisi. Jimin ricorda di aver vissuto in sala prove per sei mesi, ma quello non era che l'inizio. Come ricorda RM, tutti e sette si sono spinti al limite in nome di un obiettivo comune ma solitario—il debutto— e, una volta raggiunto, hanno dovuto affrontare sfide ancor più grandi. In seguito ad enormi investimenti e ad un arduo processo compositivo, tutti quanti si aspettavano che “Danger” sarebbe diventata il successo che avrebbe potuto distinguerli dalla massa; tuttavia, il brano non è riuscito ad entrare in classifica e, anzi, ha lasciato l'agenzia in difficoltà economiche. L'eco di quest'esperienza ha gettato una fitta ombra di impazienza, fatica, preoccupazioni e sfinimento sul gruppo. La loro agenzia non è poi così grande e non hanno alcuna garanzia di successo per il futuro. Ai membri dei BTS non resta che affrontare la situazione di petto. I ragazzi avvertono istintivamente un senso d'urgenza che li spinge a mettersi all'opera, mostrando il lato più orgogliosamente onesto di sé attraverso il rap e le loro canzoni. “L'ansia giovanile era concretamente evidente”, osserva SUGA, e mai parole furono più vere. La creatività emerge in tutto il suo potenziale, quanto più coltivata attraverso l'impegno ed il duro lavoro. “Abbiamo sempre lavorato sodo”, dice Jin “sia che stessimo affrontando un periodo difficile o no.”
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Monuments non insiste tanto sull'immenso successo dei BTS fine a se stesso, concentrandosi invece su come i membri abbiano sempre avuto lo sguardo fisso sui loro obiettivi a venire. E l'entusiasmo che accompagna il loro impegno sembra avvalorare l'impressione che il loro successo fosse, in fin dei conti, inevitabile. Il loro primissimo concerto alla Ax Hall, il 17 ottobre 2014; la loro prima vittoria ad uno show musicale, nel 2015; l'esibizione sul tanto agognato palco dell'Olympic Gymnastics Stadium, l'anno successivo; il titolo di Artista dell'Anno vinto agli Mnet Asian Music Awards (MAMA) 2016; il loro ingresso nel mercato musicale americano, dopo aver battuto il testardo record detenuto per anni da Justin Bieber nella categoria Top Social Artist ai Billboard Music Awards, nel 2017; la posizione #1 sulla classifica Billboard Hot 100, ottenuta con “Dynamite”; la prima nomina ai Grammys come Best Pop Duo/Group Performance—inevitabilmente, il loro duro lavoro non poteva che portarli a tutto questo. E la maggior parte delle volte il gruppo ha deciso di imboccare il percorso più arduo e meno comune. La prospettiva di un tour globale – fino a quel momento inimmaginabile – ed il penetrante sguardo del mercato internazionale non possono che pesare sul gruppo ed avere conseguenze. In pieno esaurimento, i BTS lasciano parlare la loro musica, cantando “Per te sarei disposto a fingere d'essere felice quando sono triste” nel brano “Fake Love”, rilasciato nel 2018. I ragazzi stanno essenzialmente confessando al proprio pubblico che c'è una parte di finzione, che ciò che li riguarda non è tutta gioia, brillantezza e serenità, nonostante abbiano ora intrapreso la scalata alla fama globale.
Ci si presenteranno sempre nuove sfide, ma ad ogni ostacolo incontrato sulla via corrisponderà sempre una nuova, preziosissima opportunità di maturazione e crescita. Tutto ciò che dobbiamo fare è riservarci del tempo per riflettere e trovare il modo più adatto per superarle. E questo è esattamente ciò che hanno capito anche i BTS. Dopo essere sopravvissuti insieme ad una gavetta infernale e sofferenze innominabili, i membri dei BTS sono ora più che semplici colleghi di lavoro—sono amici e affrontano insieme tutti i momenti più entusiasmanti e preziosi delle loro vite. In questo viaggio all'insegna dell'amicizia, non passa istante in cui i ragazzi non condividano i propri sentimenti con gli altri. E le/gli ARMY, incrollabile fonte di supporto per il gruppo, sono loro vicinə e li amano incondizionatamente. Fin da quando, nel 2013, JungKook ha ringraziato tra le lacrime le/gli ARMY per aver festeggiato il suo ed i compleanni di RM e Jimin per la prima volta, le/i fan hanno continuato a motivare il gruppo, donando loro la forza di tirare avanti ed una ragione per cantare. Un altro momento chiave a dimostrazione di quanto sia importante il fandom è quando, durante il concerto tenutosi alla Gocheok Sky Dome il 12 novembre 2016, le/i fan cantano “2! 3!” - canzone dedicata dalla band all'ARMY - insieme ai BTS. Diversamente dalle 'fan song' scritte da altri gruppi, quelle dei BTS non sono necessariamente dolci ed ottimiste—tramite esse, i ragazzi cercano concretamente di creare un legame con le/i fan, parlando sinceramente di tutte le difficoltà che hanno dovuto affrontare. Come dice RM, i BTS piacciono “non perché cantiamo o balliamo meglio degli altri”, ma grazie ad “un sentimento speciale che è solo nostro”. Quindi, in fin dei conti, è l'onestà emotiva a trionfare. In un mondo in cui le preferenze ed i gusti in fatto di musica sono sempre più frammentari, i BTS hanno saputo emozionare e radunare un enorme massa di persone, a riprova dell'enorme impatto e forza che può avere una community così grande ed unita. E questa è la gioia più grande, per i BTS, che guardano con affetto e gratitudine alle/ai loro fan, ora che hanno imparato ad accettare e ad adattarsi al loro alto status, godendosi anche ciò che esso comporta.
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I 10 anni di carriera dei BTS spiccano solidi come un monumento sulla linea temporale della musica K-Pop. Dopo soli 8 anni dal debutto, SUGA commentava che la sensazione era già simile a ciò che dovevano provare i loro colleghi con 20 e più anni di esperienza, visto tutto il sangue, il sudore e le lacrime versati dai BTS fino a quel momento. Ma poi, un giorno, proprio quando i ragazzi sono pronti a rilasciare “ON” e MAP OF THE SOUL: 7—lavori in cui descrivono la gioia e divertimento che sanno ancora trovare a dispetto delle avversità- il mondo si ferma. Ciononostante, ora, i BTS non hanno più paura. Si prendono il tempo necessario e fanno tutto ciò che è in loro potere, portando conforto al mondo grazie alla loro onestà e alla fiducia che hanno saputo conquistare.
Come dice orgogliosamente JungKook, “Ho vissuto un'esistenza adeguata alla persona che sono” e, allo stesso modo, i BTS hanno vissuto un'esistenza degna dei BTS. E continuano a viverla, questa 'vita da BTS'—sia ora che sono momentaneamente distanti, che in futuro, un giorno non troppo lontano, quando si riuniranno.
⠸ ita : © Seoul_ItalyBTS ⠸
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livingwomen · 5 years
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RECENSIONE BOTSWANA KID DI BIG HOUSE
RECENSIONE BOTSWANA KID DI BIG HOUSE
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Ah, questo ragazzone.
Dà da pensare, Biggie. Ma soprattutto, si dà da pensare. “Think-About-Kid”.
Il suo nuovo monile ha avuto una gestazione lunga e complessa, un continuo ottovolante fatto di brusche frenate ed improvvise ripartenze, inseguendo una linea di traguardo che forse lui stesso finiva con l’allontanare da sé, in continua olimpionica Sfida con la sua debordante creatività.
Tog…
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lanavetro · 4 years
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Non scrivo mai i miei pensieri su social in cui compare il mio nome, un po’ per timore, un po’ per il mio essere educatamente introverso, ma perlopiù non mi piace la tempesta che si potrebbe venire a creare a partire da un semplice commento o un banale post, poichè credo che questa tipologia di sistemi nascondano un ingranaggio malato dove ognuno deve poter esprimere il proprio giudizio, seppur ingiustificato o spesso privo di alcun fatto a sostenerlo, solo per il gusto di criticare o per pompare il proprio ego. Ancor di più, non penso di dover condividere certe idee con persona con la quale non condivido nulla se non un follow o un’amicizia, dove solitamente non mi interessa né l’uno né l’altro, ma sono troppo pigro per prendere provvedimenti.
Sono decisamente lontano da questo tipologia di musica (chi legge il mio blog da un po’ l’avrà capito) che è la trap o il rap. In generale, in questo genere, non ho mai ascoltato altro se non hip hop e qualche artista italiano che comunque si mantenesse su quel tipo di scuola. Iniziando a lavorare nell’ambito della musica (lavorare è un parolone) mi sono detto (anzi, costretto) che era ora di cominciare ad ascoltare qualcosa di “moderno” o di comunque mainstream. Be’, la melma è tanta, i contenuti spesso son pochi, salvo qualche eccezione come l’artista che sto condividendo, che alterna molti momenti bassi a momenti alti, dove quest’ultimi nascondono sempre qualche verso o qualche particolare gioco di parole che, in un modo tutto suo, mi fa riflettere molto. Non sto per fare una recensione dell’artista o dell’album, ma bensì vorrei raccontare una breve coincidenza dopo che ho ascoltato questo brano per svariati giorni cercando di elaborarne il significato. Dopo una manciata di minuti spesi a pensarci, e dato che il mio modo di vedere la musica non si arrende a delle frasi messe a caso (a meno che non sei Alberto Ferrari dei Verdena, ma anche lì, penso che le parole siano più uno strumento che accompagna il brano, come una chitarra o un synth), ho maturato il pensiero che effettivamente qui, Vale Lambo (che nome d’arte è?) racconta un punto di vista del suo percorso artistico che è semplicemente la necessità di togliersi da “mezzo alla strada”, dove il desiderio è di salvarsi, di non finire a fare l’unica cosa che si vede in quei rioni, e lo narra attraverso una supplica alla madre. Il fatto è che Valerio, in fin dei conti, è abbastanza consapevole di essere un miracolato e lo si capisce dall’inizio del ritornello. Non tutti riescono a uscire dalla dimensione di un quartiere in cui lo stato sembra non esistere, anzi, esiste, ma è un sovrastato, e spesso le persone che ne fanno parte, talvolta ragazzini, sanno che l’unica fine che gli spetta è quella di morire giovani, che nel gergo di quei posti lì, significa diventar leggenda. Il desiderio malato di queste persone di frequentare un certo tipo di vita che li condanna a diventar leggenda, si contrappone alla speranza e la supplica verso l’unica autorità che riconoscono in quanto creatore di quella che potrebbe essere la leggenda stessa, ovvero la madre. Perchè la madre è l’unico modo per potersi salvare ed è l’unica persona che non si deve mettere in discussione, poiché, in quanto tale, non sceglie di amarti, ma lo fa incondizionatamente senza alcuna riserva. Questa cosa, in una minima parte, mi commuove e mi fa riflettere molto. Mi dice, brevemente, che io sono un privilegiato e che effettivamente non ho nulla a che vedere con quella realtà. Non la capisco, non la comprendo, non la vivo, però magari mi permetto di giudicarla. Io non sono nato con un padre carcerato, con una casa che è poco più grande di una camera da letto e che magari mia madre ha affittato grazie a pochi soldi racimolati con del lavoro a nero, che la costringe ad essere assente nella mia vita. Non ho avuto intorno solo vicoli, lampioni spenti poco dopo il calar del sole, persone poco raccomandabili intorno, coicanomani ed eroinomani tra gli amici e via dicendo. Io non so cosa vuol dire tutto questo, e meno male. Ho avuto la fortuna di nascere in un posto in cui lo stato esiste più di altri. So cosa vuol dire avere scelta perché so che questa scelta esiste, ma non posso avere la presunzione che tutti i ragazzi come me abbiano questa conoscenza. Non posso permettermi di dire che, effettivamente, anche quel ragazzo di 17 anni che è morto durante una rapina sparato da un poliziotto, domenica notte, nel centro di Napoli, sappia cosa vuol dire avere una scelta diversa e una speranza in più rispetto a tutto quello che una vita di stenti e la povertà ti offrono. Sempre se si ha il coraggio di chiamare vita, 17 anni. Perché 17 anni non sono niente. Mi piace pensare, ritornando sul brano condiviso, che anche quel ragazzo, prima di spirare, abbia supplicato alla madre di toglierlo da quel macello in cui si è trovato, di salvarlo. Perché alla fine che colpa ne ha se l’unico mondo mostratosi è quello?
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ris8lifestyle · 2 years
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Kendrick Lamar riaccende il bus, porta tutti a scuola e parla a tutti noi
Oggi è uscito il nuovo disco di #KendrickLamar. Come è arrivato al concetto I AM. ALL OF US.? Te lo raccontiamo in questo articolo. #RIS8 #ris8lifestyle #magazine #milano #music #newalbum #recensione #rap #kdot #theheart #MrMorale&thebigSteppers
Kendrick Lamar ritorna dopo cinque anni dall’uscita del suo ultimo album. In gergo losengeleno vi direbbero che è un: a fuckin’ kickback in triple fuckin’ A. La lettera A, in molte zone della città la usano come segno di apprezzamento elevato verso qualcosa. Ad esempio: «questo liquore è pazzesco ed è fottutamente da tripla A». Domenica scorsa ha pubblicato un singolo seguito da un video…
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