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#stile femminile
samisabbadini · 8 months
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Sami Sabbadini Skirts
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Website: https://www.samisabbadini.com/
Address: Milan, Italy
Sami Sabbadini è un brand esclusivamente made in Italy, specializzato in gonne per donne e bambine. Offre una linea pret-a-porter con tessuti personalizzati e una linea su misura per eventi speciali, inclusi modelli per taglie curvy. La collezione è visionabile a Milano su appuntamento.
Sami Sabbadini is an exclusive Italian brand specializing in skirts for women and girls. The brand stands out for its unique designs, high-quality fabrics, and personalized luxury experience. With a focus on elegance and attention to detail, Sami Sabbadini offers a range of skirts suitable for various occasions, from casual gatherings to exclusive events.
Facebook: https://www.facebook.com/onsamitable.skirt.79
Instagram: https://www.instagram.com/samisabbadini_skirts/
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abatelunare · 5 months
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Vendetta treeeeeeeemenda vendettaaaaaa
Cassie vive con due genitori che le rinfacciano di continuo di aver mollato la facoltà di medicina. Sì, perché lei di giorno lavora in una caffetteria. Mentre di notte gira per i locali fingendosi ubriaca persa. E se qualche stronzo cerca di approfittarsi di lei, lo gonfia come un tacchino imbottito. La ragione di questo comportamento da Giustiziere della notte 2.0 è presto detta. Una sua carissima amica è stata violentata mentre era ubriaca. Ed è stato uno degli studenti che frequentavano la sua stessa facoltà. Quando viene a sapere che costui sta per sposarsi, Cassie rompe ogni indugio. La pratica va chiusa. In via definitiva. Una donna promettente è un film basato sulla Vendetta. Al femminile, però. La protagonista è bravissima. E la vicenda viene raccontata con una misticanza di crudeltà, ironia e sarcasmo. L'abilità della regista sta anche nel rivelare molto per gradi le radici di tanto risentimento. Si comincia infatti a intuire qualcosa solo dopo circa una quarantina di minuti. Il colpo di scena principale era tutto sommato intuibile (ci sono arrivato perfino io). E il finale lascia un retrogusto amarognolo in bocca. Ma è decisamente nello stile di Cassie. Anche se io ne avrei preferito un altro.
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fashionbooksmilano · 4 months
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Moda di carta
Isabelle de Borchgrave a Villa Necchi Campiglio
Giorgio Verzotti
Skira, Milano 2016, 98 pagine, 104 ill.a colori, 24x28cm, brossura, ISBN 9788857234168
euro 26,00
email if you want to buy [email protected]
Pubblicato in occasione della mostra milanese in collaborazione con il FAI – Fondo Ambiente Italiano e la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, il volume illustra la storia della moda e dello stile attraverso una selezione di abiti realizzati interamente in carta con l’inconfondibile talento creativo dell’artista Isabelle de Borchgrave: un originale excursus che parte da un sontuoso abito di corte di Elisabetta I per arrivare agli eleganti vestiti da ballo di Worth, agli abiti in stile orientale delle sorelle Callot fino alle inconfondibili creazioni di Coco Chanel e ai tailleur di Dior.
Non solo vestiti, ma anche scarpe e accessori che ci mostrano come da un materiale così semplice possa uscire una tale opera d’arte: “Si parte sempre da un foglio di carta – dice Isabelle de Borchgrave – ma poi la pittura, le mani, l’acqua, la straordinaria padronanza e la fantasia nell’uso dei materiali riescono a produrre effetti di velluto e di seta, spessori e morbidezze alla vista e al tatto, lucentezze d’oro e di perle e impalpabili preziosi merletti che ricordano la perfezione dei maestri fiamminghi”. Moda di carta presenta le riproduzioni delle più grandi marche, dal classico tailleur di Dior agli abiti da sera di Lanvin e Poiret, ai tradizionali capi di Chanel, oltre alle minuziose riproduzioni di abiti-icona che hanno rivoluzionato il nostro modo di vestire come l’abito Delphos, disegnato da Mariano Fortuny ispirato dalle tuniche delle sculture greche che rappresenta una radicale innovazione nell’abbigliamento femminile, poiché confortevole, privo di busto, e di facile realizzazione.
09/05/24
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Perfetti per l'estate
Come di consueto, proponiamo agli affezionati lettori delle biblioteche milanesi la nostra rubrica di consigli di lettura, perfetti per l’estate!
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Fonte: Pexels
La recente ristampa de Al paradiso delle signore di Zola è una ghiotta occasione per leggere un romanzo avvincente, tomo XI del ciclo dei Rougon-Macquart: un feuilleton di gran classe per gli appassionati di moda, scritto da un maestro nell’arte della descrizione (il tema è simile a quello de Il ventre di Parigi, ma concentrato sull’abbigliamento), “che esplora lucidamente l’universo femminile”, spaziando per tutti gli strati sociali della Parigi di metà Ottocento. Una lettura che analizza la nascita di un fenomeno moderno tuttora in espansione: il grande magazzino, oggi diventato centro commerciale (come in Il denaro si descriveva la bolla finanziaria del 1860, profetica di quelle dei nostri tempi). Non erano necessarie le parole di Gide (e di molti altri critici citati nella preziosa prefazione di Mario Lunetta) per rivalutare questo capolavoro. Iperbolico, lussureggiante, immaginifico.
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A questo romanzo è vagamente ispirata la serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 2015, ora diventata una vera e propria soap, ma ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta a Milano, dove esistette davvero un negozio chiamato “Paradiso delle signore”.
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Ironico (di un’ironia antifrastica), divertente, scorrevolissimo, Di chi è la colpa? fu pubblicato nel 1947 ed è l’unico romanzo dello scrittore russo Aleksandr Ivanoviĉ Herzen. Dimenticatevi Tolstoj e Dostoevskij, il suo stile ricorda piuttosto il Gogol’ fantasioso e stravagante dei racconti. Citiamo dalla prefazione di questa recente ristampa: «È strano che questo straordinario scrittore, in vita celebre personalità europea, stimato amico di Michelet, Mazzini, Garibaldi e Victor Hugo, a lungo venerato nel suo paese non solo come rivoluzionario, ma come uno dei più grandi uomini di lettere, sia tuttora poco più di un nome in Occidente. Il piacere che si ricava dalla sua lettura … rende ciò una strana e ingiustificata perdita». Sottoscriviamo in pieno.
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È già in testa a tutte le classifiche la nuova avventura, attesa da ben sei anni dopo Il morso della reclusa, dell’ispettore Adamsberg, creato dall’abile penna della scrittrice francese Fred Vargas, questa volta in trasferta nella selvaggia Bretagna, il regno di Asterix e dei menhir. Sulla pietra è il decimo resoconto della serie dell’improbabile ispettore e le profonde conoscenze storiche dell’autrice si dispiegano felicemente in questo noir ricco di misteri e di legami con il passato.
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Appena ripubblicato da Edizioni Capricorno nella collana Capolavori Ritrovati, L’altare del passato di Guido Gozzano ci consente di scoprire, se ancora non l’abbiamo fatto, la prosa del poeta di “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. In questi undici racconti “riaffiorano tutti i temi cari al poeta - la malinconia, il rimpianto per il tempo che passa, i ricordi ingialliti, l’esitazione amorosa, l’indulgenza verso gli oggetti inutili”.
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A cento anni dalla nascita dell’autore (New Orleans 1924 - Bel Air 1984) Garzanti ha appena ripubblicato Bare intagliate a mano: cronaca vera di un delitto americano (presente anche nella raccolta Musica per camaleonti), sorta di reportage esposto in forma narrativa di Truman Capote. Non potevamo aspettarci niente di meno dallo scrittore che, dieci anni prima della pubblicazione di questo giallo, in Sangue freddo (da cui nel 2005 è stato tratto un film con la strepitosa partecipazione di Philip Seymour Hoffman) aveva romanzato un fatto di cronaca che nell’America del 1959 aveva destato grande scalpore: lo sterminio di un’intera famiglia per un bottino di pochi dollari.
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Anche questo thriller, per quanto incredibile possa sembrare la sua progettazione (e poi realizzazione), si ispira alla realtà, raccontata in forma di dialogo tra l’autore e l’investigatore incaricato delle indagini. Uno stile assolutamente inimitabile.
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Ambientato in una Milano semideserta di metà agosto (il cadavere di una donna annegata viene recuperato nel Lambro) Le conseguenze del male di Gian Andrea Cerone è ormai un best seller. Avevamo già proposto questo autore nel post natalizio (I libri della renna) per un racconto contenuto nell’antologia Un lungo capodanno in noir, la cui protagonista, Marisa Bonacina, era la moglie del commissario Mandelli, che invece campeggia in questo thriller estivo da leggere tutto d’un fiato. Il numero di donne trovate annegate è decisamente troppo alto perché si tratti sempre di suicidi e, contestualmente, il commissario, costretto a interrompere le ferie, si trova a fare i conti con il passato. Un duplice percorso di indagine guidato da una scrittura che attanaglia l’attenzione del lettore per non abbandonarla più.
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Il Saggiatore ha appena ripubblicato una raccolta dei racconti di un autore ingiustamente dimenticato, Guido Morselli, intitolata Gli ultimi eroi. “Gli ultimi eroi raccoglie per la prima volta tutti i racconti di Guido Morselli, narrazioni in cui, come solo nelle sue opere più alte, la sua invenzione si libera, dando vita a realtà alternative e a commoventi ritratti umani: da un Mussolini che si trasforma per amore in leader democratico all’incontro fra Pio XII e uno Stalin che vuole sostituirlo con un sosia; dall’ultima grottesca resistenza di un gruppo di soldati nazisti fuggiti da un manicomio a un comico tentativo di far finanziare agli americani l’Unità d’Italia. Fantasmagorie proiettate sul muro da una lanterna magica, la cui luce ci permette di osservare per una volta, una volta ancora, l’abbacinante talento di un maestro nascosto”. Da non perdere.
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Se ancora non l’avete letto, vi consigliamo Zipper e suo padre, uno dei migliori romanzi di Joseph Roth. Ambientato durante gli anni della Grande guerra e della repubblica di Weimar, è incentrato sul tema universale dei rapporti familiari e questo ne fa un’opera sempre attuale. Dal padre frustrato che maltratta e umilia la moglie e il figlio primogenito, al protagonista (amico del narratore, rappresentato dallo scrittore stesso) Arnold che, dopo la partecipazione al conflitto, si isola diventando angolista, neologismo che indica la sua volontà di stare in disparte in qualsiasi circostanza sociale, la famiglia Zipper rappresenta il simbolo dei danni provocati dalla guerra. Il risultato è la formazione di una generazione di indifferenti (per citare le parole dell’autore), proprio come li descriveranno Gramsci, nell’articolo Odio gli indifferenti, e Moravia, nel suo capolavoro. Si gusta ogni singola pagina.
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generalevannacci · 5 months
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Chiara De Filippo
È uscita ieri l’autobiografia della nostra Rosa Luxemburg, la ‘rivoluzionaria’ del PD di cui è giusto ricordare un paio di cose a cominciare da quella volta in cui, nel 2016, da consigliera regionale del Veneto si diede assente per malattia mentre invece era in India per un matrimonio.
Una roba da film di Vanzina insomma ma persino Vanzina rispetto ad Alessandra Moretti appare un fine intellettuale.
Moretti che, è giusto ricordare, passa alla storia (o meglio ad un lauto stipendio) come renziana ma che fu portata nel PD e candidata da Bersani.
Facciamo un breve recap, come nelle serie tv (genere horror ovviamente)
Quando la Moretti viene candidata per sfidare Zaia in Veneto rilascia una memorabile intervista al Corriere in cui dichiara "Renzi mi ha telefonato di notte per chiedermi di candidarmi e io ho accettato. Sono quella che può mettere più in difficoltà Zaia, quando uno convoca la nazionale cosa fa? Chiama i migliori".
Chi ha vinto? Zaia che, con questa alternativa, avrei votato persino io dandomi della terrona da sola
Poi la perla: "Il mio stile in politica è uno stile femminile, c'è la cura di me stessa, la voglia di essere sempre a posto.".
Insomma verso lo squallore ed oltre.
Poi ancora:"La bellezza non è incompatibile con l'intelligenza!".
E ancora: "La Bindi aveva uno stile per fortuna è cambiato il mondo, uno stile che mortificava la bellezza.".
Bastavano già le prime due righe ma Alessandra nostra ci tiene a fugare i nostri dubbi: è una persona fuori luogo, sempre
Poi arriva il capolavoro: "Io vado dall'estetista ogni settimana, faccio qualsiasi cosa!".
Così, come fosse la descrizione di un sito di una che chiami per un addio al celibato
"Non ci intimidiscono, più fanno così più saremo belle curate!".
Chi la intimidisce non si sa, forse i peli pubici
"Il nostro stile è LADYLIKE!" dove nostro è riferito a lei, la Madia e la Boschi.
Non credo ci sia altro da commentare.
Solo un suggerimento. Se penso a quanto questa persona ha guadagnato in questi anni dalla politica, il miglior titolo per questa autobiografia altro non è che DANNO ERARIALE.
La rivoluzione? lasciala stare…
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canesenzafissadimora · 5 months
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«Lei non ti dice le sue ragioni, ti aggredisce».
«E’ fredda, dura…sembra senza cuore».
«E’ distaccata, le persone le tiene a distanza».
Ci sono donne che hanno fatto della ruvidità il loro stile di vita. Sono come la carta vetrata. Graffiano, convinte che un po’ di morbidezza sia pericolosa.
La psiche di queste donne è in costante difesa. Lasciarsi andare, soprassedere e dolcificare sono modi di essere non contemplati. Meglio le spine. Sono più sicure. Pungono chi si avvicina e garantiscono una distanza di sicurezza.
E’ una vita vissuta in difesa, dove la regola prima diventa: «Se non tengo gli altri al loro posto, se ne approfittano». Non è facile. Il comportamento spinoso diventa come una seconda pelle. Ci si dimentica che insieme a quei pungiglioni ci sono anche dei petali dalla superficie setosa, che vogliono far parte della vita, delle relazioni con gli altri.
Pungere, alla lunga, diventa molto faticoso se non ci concediamo mai di accarezzare. E inaridisce l’anima.
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Simona Oberhammer – "La Via Femminile"
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stephpanda · 7 months
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Essere me significa essere perennemente divisa tra quella voglia di vestirsi elegante, super femminile, stile femme fatale e quella voglia di vestirmi con felpe giganti (possibilmente prese dal reparto maschile), stile barbona.
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raccontiniper18 · 8 months
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Prima esperienza lesbo
Visto il poco successo dell'esperienza omosessuale,abbiamo deciso di non scrivere il continuo che consisteva in un piccolo amplesso ma di scrivere della prima esperienza lesbo di lei.
Se siete lettori ''veterani'' del blog sapete che mi sono approcciato al mondo lesbo prima ancora di scoprire cosa fosse un orgasmo, si perchè mia sorella mi ha placato le mie prime voglie.
Eravamo rimasti al patto di doverci calmare almeno una volta a settimana le nostre voglie assieme, e raccontarci magari di esperienze vissute.
Ci raccontammo tutto, davvero tutto nei minimi dettagli e per raccontare tutto dovrei scrivere un libro, ma racconto la scena che mi fece impazzire più di tutto e ancora oggi a ricordarla mi fa bagnare come un adolescente, un lago.
Era periodo di influenza ed entrambe restammo a casa ammalate per 3 giorni, i primi 2 li trascorremmo a letto mezze morte, guardando delle serie sul pc per ammazzare il tempo ma eravamo talmente ammattite che non pensavamo al sesso, cosa che al terzo giorno lei mi sveglio, mi chiese come stessi e gli dissi che stavo meglio, allora mi sorrise e mi disse di seguirla.
Andò in camera dei miei (ovviamente vuota dato che loro erano a lavoro e noi due eravamo a casetta sole sole) apri un cassetto e tolse due o tre vestiti ed estrasse un piccolo cimelio, una scatoletta di latta grandicella si girò e rise ma io da povera innocente e credo ancora un po' influenzata non capii. Lo apri' stile affari tuoi, scavicchi ma non apra e dopo 1 minuto interminabile lo apri' del tutto e SORPRESAAAAAAAA quattro bei dildi di varie dimensioni, tre plug uno piccolissimo uno medio e uno cicciosissimo, e una cinghia che lei chiamò strapon e disse che papà molto probabilmente lo prendeva dietro da mamma.
Io esterrefatta e un po' stralunata rimasi male ''Ma come? papà è gay?''
Lei '' Nooooooooh, gli uomini alla prostata e piace tanto anche a loro prenderlo nel culetto''.
Io affermai ''Ma cosa, che schifo nel culetto, sai che dolore?''
Lei a sua volta ''Macchè,poi vediamo qualche pornino e vedi che piace ad entrambi''.
Lascio la scatoletta di latta sul letto dei miei e ci dirigemmo in camera nostra, e al pc cercò 2 porno ovviamente uno anal femminile e uno strapon.
La mia patata era bella eccitata e bagnata, più per la situazione che per la voglia di culo o di essere inchiappettata dato che il mio sederino era fatto solo per ''cacciare'' e non per ''entrare'' cose.
Glielo dissi ''Sorellina il mio culetto non è cosi' grosso e largo come quello della donnina e del uomo''
Lei rispose con un freddo ''Poi si allarga''
Io sempre più confusa le sorrisi, ma in cuor mio sapevo che il mio culo,non era cosi' e non mi stimolava minimamente nulla.
Ovviamente come detto ero ed eravamo verginelle entrambe e quindi ci divertivamo quasi ogni giorno con i nostri clito, sia reciprocamente che in solitaria. Le voglie c'erano e anche un sacco, sognavamo piselli che ci si infilavano dappertutto ma mai nel sederino, almeno io. Lei a quanto disse, lo desiderava anche dietro. CHE PORCA MIA SORELLA, CHE VACCA pensai.
Ma lo dissi ad alta voce e lei invece di arrabbiarsi, sorrise e annui , e disse certo come tutti,maschi femmine tutti hanno il culo e tutti ne traggono piacere, e anche tu vedrai, vieni in bagno zoccoletta.
(Non ci eravamo mai chiamate cosi' saranno i residui di influenza ma eravamo diventate un po' scurrili nel linguaggio e non lo eravamo mai state, ma in quella situazione a me piaceva e anche a lei).
Mi diressi in bagno mi spogliai ed entrai in doccia, lei mi segui' andò prima a fare pipi' e poi mi segui' entrò in doccia, non era la prima volta che ci lavavamo assieme quindi era ''normale'' solo che questa volta lei dopo essersi insaponata per bene le mani mi insaponò prima le tette e senza farmi fiatare scesce giù, torturò per 2 minuti buoni il mio clito. E quando stavo per venire mi sorprese e scivolò nel mio ano con un dito e subito me lo ficco dentro. O per la paura o per la sorpresa venni', e mi abbracciai a lei per la poca forza nelle gambe.
Dopo essermi ripresa, alzai lo sguardo e mi ''rialzai'' con il viso. Lei mi sorrise e disse ''Hai capito la porcellina, non entra niente nel mio culetto e invece sono entrate 2 dita.''
''Scemaaaaaaa, non entra niente ed era un dito'' le urlai a 2 cm dal viso.
Lei si morse il labbro e disse ''Guarda che sono due ce le ho ancora dentro di te, vedi?'' E fece su e giù nel mio sfintere ''Diooo non era ancora uscita e io al suo su e giù godevo'' Cazzo che mi piaceva altro che, altro che utilizzare quel buco per lo scopo principale. Serve, e dico SERVE anche a godere.
Senza pensare le dissi '' In genere quando godo mi da fastidio toccarmi nuovamente il clito,ma adesso sto impazzendo dal piacere vuoi che ti entri anche io nel tuo culetto? voglio sentire cosa si prova ad inculare''
Usciamo dalla doccia, mettiti lo strapon e inculami come se avessi il cazzo, ma non devi pensare che io sia io, ma che sia papà mettiamo una foto al pc e mi inculi ok?
Come potevo dire di no?????????
Al pc però non c'era un porno ma...
Continua.
Se vi è piaciuto fatecelo sapere in chat, ovviamente questo racconto non è come gli altri è più esplicito è molto più ''volgare'' non so se può piacere o meno. Aggiornateci vi aspettiamo in chat per discutere e magari raccontateci anche voi la vostra prima esperienza omo o lesbo.
Buona giornata e grazie per la lettura se siete arrivati qui'
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superfuji · 8 days
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Un corpo che nella sua ipertrofica perfezione ha influenzato l’immaginario del canone maschile è stato quello di Arnold Schwarzenegger, colui che è riuscito a scavalcare gli argini di un settore ghettizzato e criticato dall’opinione pubblica. I palestrati, fino ad allora derisi come fenomeni da baraccone, attraverso l’ultracorpo di Arnold hanno ottenuto un nuovo status. Arnold era il corpo muscoloso ma non mostruoso. Ipertrofico ma bello. Il faccione sorridente col ricciolo sulla fronte, accoppiato ai pettorali guizzanti, diventava glamour.
Arnold era l’adone. Il semidio. Solare, riuscito, vincente. E così seduceva non solo la nicchia, ma anche il pubblico main stream. La mania per il fitness, che si imporrà nel nostro stile di vita, non farà altro che prendere la spinta estrema del body building e ammorbidirla, imborghesirla un po’. “Muscolosità, dieta, controllo, allenamento, routine, diventeranno gli imperativi del corpo contemporaneo. Il bisogno di stare dentro una forma tonica diverrà sinonimo non solo di bellezza in termini puramente estetici, ma di un sentimento di compiutezza per l’individuo, che di conseguenza acquisterà forza e sicurezza migliorando l’autostima”. Il corpo di Arnold è l’eccezione che indica la strada affinché i nostri corpi comuni si votino al corpo bello in quanto sportivo, sportivo in quanto sano, e sano in quanto: felice? Per certi versi, il canone dominante femminile ha creato maggiore pressione. I nostri corpi di donna, storicamente vessati e considerati minori, ancora si trovano a dover fare i conti con un’idea di perfezione estetica stereotipata, asfittica e ossificata nel tempo. Il movimento di emancipazione femminile prende avvio dal corpo, lo teatralizza e ne fa luogo scenico di rivoluzione e liberazione dai dogmi. Il corpo della donna rivendica parità, eguaglianza e s-classificazione della forma. E così diventa politico. Rivendicare la libertà del corpo, ostentandone l’esibizione, crea un diabolico cortocircuito. L’atto che nasce come slogan progressista, il sono-libera-di-mostrarmi-nuda, paradossalmente non fa che riattizzare il pensiero maschilista. Nel momento in cui vorremmo fare del corpo un simbolo della nostra soggettività individuale, ne stiamo anche mostrando il suo simulacro, in tutta la sua appetibile dimensione sessuale. Il pericolo è che, se sbandierarlo in nome della libertà vuol dire fare politica, in un certo senso stiamo optando per del mero populismo. La magrezza non è solo sinonimo di bellezza. Qualità e virtù morali nei secoli hanno strutturato il concetto di donna ideale. Magra in quanto bella. Bella in quanto perfetta. Perfetta in quanto proba, pura, irreprensibile. Il valore etico ha consustanziato una forma fisica. I corpi delle ballerine hanno vissuto questo percorso iniziatico. Qualcosa di sacro brucia nella loro magrezza. Discendenti delle sante anoressiche, anomale eredi del corpo cavo immacolato, attraverso il sacrificio, la privazione, l’esercizio di volontà, esse si sono donate alla dea Tersicore e hanno vissuto l’estasi e il tormento dell’arte. Emblema della divina leggerezza rimane Carla Fracci. Modello e prototipo imperituro della danza. Eterna fanciulla danzante, la definì Montale.
La Fracci, cristallizzata nella grazia del pudore, con il suo monacale e ligio senso del dovere, getta coordinate etiche ed estetiche sull’immaginario novecentesco del femminile mischiandosi ai corpi patinati di modelle e soubrette televisive. Il corpo leggero e sottile diventa sacro e profano al tempo stesso. E risulta vincente e desiderato. Con l’avvento del virtuale l’entusiasmo per la sottigliezza diventa estremo. Si impone il corpo s-materiale. In assenza di peso, nello schermo, abbiamo creato il corpo che bramavamo. Perfetto a tal punto da eliminare il corpo stesso e rinascere a sua sola immagine. Nel tentativo di estirpare il difetto reale, nuovi corpi galleggiano vitrei nell’etere, mai nati e mai morti, perfettamente utopici. Corpi inesistenti, scartavetrati dai filtri, incamminati sulla strada della reinvenzione. E così facendo corteggiamo proprio quella spinta alla perfezione da cui stiamo cercando di affrancarci. Ci siamo incaricati di rinascere a nuova forma e un delirio di onnipotenza ci attraversa. Si rinasce a sé stessi nella sanificazione della forma. E a questa siamo devoti. Santifichiamo un ultracorpo che non a nulla di religioso ma che profanamente trasuda disumana perfezione.
Ultracorpi, disumane perfezioni
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muffa21 · 20 days
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Ieri sera sono stato all'Alcatraz. Non capisco molto di questo genere di musica, ma credo che tutta la fauna milanese appassionata di Techno aspettava l'evento da un anno, come quello più importante in assoluto della stagione. È stato come andare alla prima della Scala, ma agli antipodi per quanto riguarda lo stile musicale e il genere di invitati che ti aspetteresti ad ascoltare la Tosca in religioso silenzio.
Siamo entrati al tocco della notte e subito le droghe hanno fatto la loro selezione naturale. Ragazzi e ragazze che s'aspettavano troppo dalla serata, e non hanno saputo gestire l'ansia da prestazione sono cascati come birilli dopo le prime note. Sono rimasti così gli esperti del settore, i premi nobel dell'Md e della musica selvaggia proveniente direttamente dalla consolle di questi dj, evidentemente famosissimi, che hanno mosso i loro primi passi nella lande metanfetaminichendella Berlino ovest dei primi anni Novanta (non a caso la serata si chiamava Der Techno).
Io sono rimasto sobrio come un bicchiere d'acqua distillata. Mi sono concesso solo due morettone ipa a 10 euro ciascuna. Ammetto che la seconda l'ho presa solo per rivedere il viso della barista, una delle donne più belle che ho avuto il privilegio di potere guardare.
Ma ritornando alla gente presente alla serata... gli uomini avevano spalle grosse come portaerei, ogni addominale scolpito con la precisione maniacale di un cesellatore di mosaici, tutti a petto nudo e sudati come cavalli del palio di Siena. Le donne erano un tripudio di muscoli guizzanti e abiti che potevano benissimo restare negli armadi, dato che non servivano a coprire nemmeno le pudende. A un occhio poco attento poteva sembrare che queste creature eteree e bellissime avessero impiegato dieci minuti per mettersi addosso un pietoso velo di stoffa e uscire. Ma sapevamo tutti che il loro stile era ricercato fino al minimo dettaglio, dall'acconciatura, al numero di borchie che dovevano ricoprire il seno destro, al tipo di smalto che doveva colorare l'ultima unghia del piede sinistro.
Ma nelle donne tutta questa ipersessualizzazione, sapevo, da bambino abusato, in molte di loro era una risposta agli stessi traumi subiti da me. Il dolore lo si affronta o tacendo e digrignando in silenzio i denti o urlando fino a che la gola ti diventa un'unica macchia rossa e infiammata, che come una luce al neon dice solo guardatemi.
Non tutte, spero, avevano subito abusi sessuali ( molestie sì, tutte. le ho viste reiterarsi anche ieri sera purtroppo) ma la tristezza che mi accompagnava nel guardarle, bellissime e dannate, è stata quasi catartica.
Ho rivelato ai miei due amici, dentro un mccafè, alle sei del mattino, cosa ho subito da piccolo e perché avere ricevuto un piedino sotto al tavolo la sera prima è stato per me un evento epocale (io che inizio a inculare simbolicamente il mio abusatore). E ho rivelato questo arcano del mondo femminile delle molestie, dell'abuso, del tacere e dell'urlare.
Spero che abbiano capito. Io ho solo provato a dare loro un piccolo strumento per capire meglio il dolore di alcuni esseri umani. E che come sempre l'apparenza non solo inganna, ma copre. Perché sotto c'è una ferita che a vederla farebbe fermare gli orologi del mondo.
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campadailyblog · 2 months
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Moda di marzo: Tendenze primaverili da non perdere
Marzo segna il passaggio dall’inverno alla primavera. Porta con sé nuove tendenze e stili da non perdere. Questo periodo è perfetto per aggiornare il guardaroba con capi di transizione. Il trench, le salopette in denim e le gonne sbarazzine sono ideali per rinnovare il guardaroba. Vogue Italia suggerisce di abbinare il trench a slingback nere e accessori trendy. Le salopette in denim si combinano…
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diceriadelluntore · 11 months
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Storia Di Musica #298 - X, Under The Big Black Sun, 1982
Le due voci di oggi, nel percorso mensile di scoperta dei gruppi in cui la voce leader è maschile e femminile, rappresentano il duo più spettacolare, più estremo e più stupefacente (in molti sensi). Furono agli inizi degli anni ’80 la nuova sensazione della musica punk americana (che ricordo aveva caratteristiche molto diverse da quello europeo, musicali si, ma soprattutto ideologiche). La storia parte con John Nommensen Duchac, un musicista statunitense cresciuto nei dintorni di Los Angeles. Nel 1978 in piena stagione punk insieme ad un chitarrista rockabilly che collaborò con Gene Vincent (quello di Be-Bop-A-Lula) e Etta James, Billy Zoom, e un batterista che ama il country e il blues, D.J. Bonebrake, inizia a suonare nei locali alternativi di Los Angeles. Nel 1979 l’incontro con una poetessa beat (definizione sua) Christene Lee Cervenka, che viene convinta a cantare. Lei cambia il nome in Exene Cervenka, John in John Doe, che è il nome usato negli USA per indicare un uomo la cui reale identità è sconosciuta. Scelgono un nome per il loro gruppo del tutto coerente con la loro idea di apparire enigmatici e “qualunquisti”: X. Con questo nome incidono i primi due singoli, Los Angeles e Adult Book, che comparivano in una compilation dal titolo Yes L.A., la risposta sarcastica ad un progetto simile sulla new wave newyorchese, che si intitolava No New York prodotto da Brian Eno. L’incontro decisivo avviene al Whisky Club di Los Angeles dove li vide suonare Ray Manzarek, colonna dei The Doors. Con il suo aiuto firmano un contratto discografico e nel 1980 esce Los Angeles. Album epocale anche per la iconica copertina (una X in fiamme su sfondo nero) la band mostra il suo lato alternativo allo stesso punk: mini storie nichiliste (Your Phone’s Off The Hook, But You’re Not), inni alla malinconia (The Unheard Music, Nausea, costruite anche con il Farfisa in stile Doors di Ray e usate recentemente in documentari e in famose serie TV), la ripresa di Los Angeles e una cover arrabbiata di Soul Kitchen come omaggio al maestro in consolle. Critica e pubblica sono estasiati e gli X iniziano ad essere la prima vera sensazione del punk californiano. Sull’onda di Los Angeles, nel 1981 la band replica con Wild Gift. Stavolta la copertina è a colori accesi, sempre con Manzarek in produzione, il disco è tutto dominato dai duetti acidi di John Doe e Exene, e musicalmente il punk rock si alterna a momenti dove l’amore di Zoom per il rockabilly ha la meglio (In This House That I Call Home), con due dediche speciale alla città degli angeli, mai così decadente come in Universal Corner e Beyond And Back. Anche questo disco è un successo di critica e pubblico. Alla prova del nove del terzo album, arriva l’atteso capolavoro.
Under The Big Black Sun esce per la Elektra (la casa discografica dei Doors, ultimo regalino di Manzarek) nel 1982: in copertina un disegno del famoso Alfred Harris. Under The Big Black Sun è un album che sulla solita base schizzata e veloce del punk innesta altri stili, per un disco seminale per le generazioni successive: la meravigliosa Hungry Wolf e Motel Room In My Bed sono super rock e tutte giocate sui duetti vocali tra Doe e Exene, e dominati, soprattutto la seconda, dalla stupenda chitarra affilata di Zoom e il drumming di Bonebrake. La poesia del duo si districa tra sbavate storie d’amore, finite spesso in adulteri (Riding With Mary) o nella desolazione di una metropoli che è nerissima e maledetta (Because I Do). La sorella della Cervenka, Mary, morì durante le registrazioni, e a lei Exene dedica la toccante Come Back To Me (dove compare addirittura un sax). Zoom giganteggia anche in Real Child Of Hell e nella famosa How I (Learned My Lessons). C’è spazio anche per una “ballata” (The Have Nots) e per una ripresa di un brano blues (passione profonda di Doe, che con i due maschi della band farà due dischi di country blues con il nome The Knitters) Dancing With The Tears In My Eyes, di Dubin e Burke, nel repertorio di Leadbelly. Il momento magico continua con il successivo More Fun In The New World (1983) in cui si vira più verso tematiche sociali e non più solo personali, con due canzoni che diventeranno famose, The New World e una cover di Breathless di Jerry Lee Lewis, usata nella colonna sonora di All'Ultimo Respiro, remake americano del 1983 del classico di Godard Fino All'Ultimo Respiro, con Richard Gere protagonista. Di questi quattro dischi la celeberrima e mai troppo ringraziata etichetta discografica Rhino ha ripubblicato tutti i dischi rimasterizzati, con l’aggiunta di numerose chicche, anche live. John Doe ha affiancato alla carriera musicale anche una da attore, con ruoli anche in film famosi (Il Duro Del Road House, L'Ultima Volta Che Mi Sono Suicidato, Boogie Nights - L'Altra Hollywood tra gli altri) e ha partecipato a due serie TV molto famose qualche anno fa come Roswell e One Tree Hill. Exene Cervenka invece ha pubblicato diversi libri di poesia. Fino al 1985 i due erano anche sposati (poi la Cervenka sposerà Viggo Mortensen, da cui si separerà a sua volta), e non mi sembra un caso che dopo la loro separazione quel mix speciale e imprevedibile di punk e poesia di cui erano capaci sia diminuito. Date un ascolto ai loro lavori, tra l’altro in pieno stile punk durano pochissimo (Los Angeles in versione originale 27 minuti).
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Egon Schiele, Female Torso Seen from Behind
L'opera intitolata "Torso femminile visto da dietro" di Egon Schiele è un capolavoro dell'arte espressionista. Questa tela, realizzata nel 1913 con tecnica mista di matita e gouache su carta, è custodita presso il Leopold Museum di Vienna, che l'ha acquisita nel 1994.
La figura ritratta è quella di una donna che si trova di spalle, mostrando solo la parte inferiore del corpo. L'artista ha descritto con grande maestria la forma del corpo umano, utilizzando tratti decisi e sicuri, dando un senso di profondità e tridimensionalità all'immagine. Il torso è rappresentato con una grande attenzione ai dettagli, evidenziando le curve della schiena.
Egon Schiele era noto per la sua capacità di rappresentare il corpo umano in modo molto realistico e intenso, facendo emergere le emozioni e la sensualità del soggetto. In questa opera, il suo stile espressionista si esprime attraverso le linee e i colori, che creano un'atmosfera intensa e suggestiva.
La figura femminile rappresentata in "Torso femminile visto da dietro" sembra avere un alone di mistero intorno a sé, come se ci fosse un segreto celato dietro la sua posa. Ci si chiede cosa stia pensando la donna, cosa stia guardando, o se si stia preparando a fare qualcosa. L'immagine lascia molto spazio all'interpretazione personale dello spettatore, che può immaginare la storia della figura ritratta.
Un altro aspetto interessante di questa opera è la scelta dei colori. Schiele utilizza principalmente toni del nero e del grigio, ma aggiunge anche accenti di rosso nella zona della schiena e delle spalle, creando un contrasto cromatico che enfatizza la figura. Inoltre, i tratti decisi della matita e le pennellate di gouache contribuiscono a creare un effetto dinamico e vibrante.
"Torso femminile visto da dietro" di Egon Schiele è un'opera affascinante che cattura l'attenzione dello spettatore grazie alla sua maestria tecnica e all'intensità dell'espressione artistica. La figura femminile rappresentata con grande realismo, la scelta dei colori e la capacità di Schiele di creare atmosfere suggestive contribuiscono a rendere questa opera un'importante testimonianza dell'arte espressionista del primo Novecento.
Joe Conta
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fashionbooksmilano · 2 years
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Freedom
Azzedine Alaïa, Artur Elgort  
Introduzione di Grace Coddington
Damiani, Bologna 2023, 124 pagine, 70 illustrazioni, cartonato, 24 x 32,7 cm, ISBN: 9788862087957
euro 70,00
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Negli anni '70, a loro insaputa, Azzedine Alaïa e Arthur Elgort stavano imboccando sentieri destinati a confluire in una strada comune che avrebbe dato vita ad una nuova immagine femminile. Da un lato Alaïa si stava rendendo conto che il fulcro della moda non erano più i saloni delle sfilate ma le strade in cui si muovevano le donne reali. Dall'altro Elgort, all'epoca giovane fotografo per l'edizione inglese di 'Vogue', inaugurava uno stile fotografico più leggero, informale e di grande spontaneità rispetto ai suoi contemporanei. Dalla loro collaborazione scaturì una nuova rappresentazione della donna contemporanea: assertiva, determinata e indipendente.
Da lunedì 23 gennaio a domenica 20 agosto 2023 la Fondazione Azzedine Alaïa di Parigi ospiterà una mostra fotografica curata e diretta da Carla Sozzani e Olivier Saillard intitolata Azzedine Alaïa, Arthur Elgort. Freedom. Le opere in mostra documentano il lungo sodalizio artistico che Alaïa ed Elgort hanno intrapreso fin dagli anni '80. La mostra è accompagnata da una omonima monografia pubblicata da Damiani che presenta più di 150 immagini in bianco e nero.
19/03/23
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multiverseofseries · 3 months
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Sei nell'anima, il film Netflix su Gianna Nannini: più fiction che rock
Sei nell'anima, film che racconta la storia di Gianna Nannini dagli esordi fino al successo nel 1983. Più fiction che cinema, ma con un'ottima protagonista: la rivelazione Letizia Toni. Su Netflix.
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"Non comprometterti mai, sei tutto ciò che hai" scrive con il rossetto sullo specchio la giovane promessa della musica italiana Gianna Nannini. Tratto dalla sua autobiografia Cazzi miei, pubblicata nel 2016, il film sulla vita della cantante rivela tutto nel cambio di titolo. È vero, i "cazzi suoi" ci sono, ma gli sceneggiatori Cosimo Calamini e Donatella Diamanti, con la regista Cinzia TH Torrini, hanno scelto una linea più morbida, anche rassicurante, nonostante i duri temi trattati. Da quel titolo rock, imprevedibile, come è la cantante di Siena, si è passati quindi a Sei nell'anima, una delle sue canzoni più famose. La prova del nove è arrivata dalla fonte primaria: quando le viene chiesto perché la scelta proprio di quel brano come titolo di un film sulla sua storia, Nannini dice: "Perché questa canzone fa sentire sempre tutti meglio. Rappresenta una perdita e tutti ne abbiamo una". Peccato: un'artista come lei avrebbe meritato un racconto molto più complesso.
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Letizia Toni è la giovane Gianna Nannini
Se il libro di partenza è quasi una seduta di psicoterapia, in cui Nannini si racconta a briglia sciolta, rivelando anche parti tragiche del proprio vissuto, come la morte per overdose di un'amica all'inizio del suo arrivo a Milano per tentare fortuna come cantautrice e, soprattutto, la grave crisi nervosa avuta durante la realizzazione dell'album che l'avrebbe portata al successo, Latin Lover, uscito nel 1982, nel film di Cinzia TH Torrini tutto è edulcorato, sbiadito. I fatti salienti del percorso dell'artista vengono accumulati uno dietro l'altro come delle figurine, senza dar loro nessuno spessore. Sembra quasi che gli sceneggiatori abbiano deliberatamente scelto di non costruire la drammaturgia del racconto: tutto sembra accadere all'improvviso e quasi per caso in Sei nell'anima.
Eppure di cose interessanti e forti ne sono accadute nell'esistenza di una delle cantautrici più importanti d'Italia, unica nel suo genere, sempre troppo poco celebrata rispetto alla sua importanza nel panorama musicale del nostro paese. Nannini è stata infatti una ragazza del 1954 che, in un'epoca in cui non si parlava ancora di emancipazione femminile (le donne hanno votato per la prima volta solo otto anni prima della sua nascita!) ha scelto di ribellarsi al padre, a capo di un'azienda dolciaria, che la voleva a lavorare con lui, per seguire il proprio sogno. Da sola è andata a Milano, da sola ha proposto con ostinazione le canzoni scritte, cantate e suonate da lei, quando invece la maggior parte delle artiste erano semplicemente interpreti. Non solo: Nannini è tra i pochissimi ad aver fatto rock in Italia, tra i primi ad aver adottato un look androgino, icona LGBTQ+, compagna per 40 anni di una donna, madre a 50 anni. Di cose da raccontare ce n'erano in abbondanza per costruire una storia entusiasmante e anche un po' selvaggia. Invece siamo di fronte a una fiction Rai fotografata come un teen drama. Con tanto di pioggia digitale a sottolineare i momenti drammatici. Un po' di compromissione, purtroppo, c'è stata.
Letizia Toni è Gianna Nannini
Da piattaforma all'avanguardia e spericolata, che ha realizzato prodotti innovativi quali House of Cards, BoJack Horseman, Sense8 e The O.A., Netflix si sta trasformando sempre di più in una succursale della Rai. La "novità" sta però nel dare a tutto una confezione più internazionale: quella che al momento va per la maggiore è, dicevamo, lo stile da teen drama. Ovvero fotografia cupa, pioggia digitale, scene madri urlate, frasi sussurrate, musica martellante, montaggio frenetico (a proposito di montaggio: il materiale di partenza era di tre ore, poi ridotto a metà. Cosa sia successo in post-produzione non ci è dato sapere, ma è un'informazione che fa sorgere domande). Poco importa che si racconti la vera storia di Gianna Nannini o si porti su schermo il successo letterario del momento: tra Sei nell'anima e Fabbricante di lacrime (recensione qui) non c'è differenza.
Ed è veramente un peccato che anche la rocker d'Italia abbia subito questo appiattimento del gusto ormai sempre più capillare e premiato dall'algoritmo. Proprio lei che è sempre stata la nota fuori dal coro. Per fortuna un elemento da salvare c'è: la protagonista Letizia Toni. L'attrice, toscana anche lei, spicca per carisma e talento: è lei a cantare nella maggior parte delle scene, dopo aver studiato la giusta respirazione proprio con Nannini. Le movenze, gli sguardi sono perfetti: Toni ha studiato bene il personaggio, senza però cadere nell'effetto parodia o "Tale e quale show". Purtroppo però la sua bravura non basta a risollevare un progetto senza anima, nonostante il titolo.
Conclusioni
In conclusione Sei nell'anima, il film di Cinzia TH Torrini non rende giustizia alla storia della rocker Gianna Nannini, la cui vita spericolata e controcorrente avrebbe meritato un racconto molto più complesso, non una fiction Rai travestita da teen drama. Molto brava invece la protagonista Letizia Toni: un talento da tenere d'occhio.
👍🏻
L'interpretazione della protagonista Letizia Toni: un talento da tenere d'occhio.
👎🏻
La scrittura didascalica.
Il montaggio che riduce tutto a una raccolta di figurine.
La recitazione non all'altezza di alcuni personaggi di contorno.
La fotografia.
La pioggia aggiunta in digitale.
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nusta · 3 months
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Stasera mi sono dedicata alla lettura e di nuovo con Sortilegi di Bianca Pitzorno ho cominciato e finito tutto d'un fiato. Anche questo è un libro breve, composto da tre racconti, il primo più lungo ed elaborato, gli altri velocissimi. Tante emozioni, dolcezza, sorpresa, rabbia e frustrazione, più il piacere di leggere un italiano "anomalo", perché viene in parte ricreato lo stile dell'epoca dei fatti, ambientati nel corso del Seicento. Mi è sembrato di tornare sui banchi di scuola a leggere i brani delle antologie di letteratura *_*
A riattizzare negli animi la paura della strega ci fu, sul finire di settembre, il caso di Guido di Cesco Arrighi, il quale era stato, come ognuno avea a mente, uno dei primi, insieme al Lapo e al Vieri suoi compagni, a dire d’aver scorto la sconosciuta in fondo alla valle. Guido in quei giorni avea tolto in moglie la figliola di Agapito Grazzini, una giovane sana e ben formata che si nomava Porzia, ma con suo gran sconcerto né la notte degli sponsali né le notti e i dì seguenti gli riuscì di compiere con essa l’unione coniugale. E ciò, come fu appurato più tardi, non a causa di qualche difetto della sposa o della di lei estrema ritrosia, siccome vergine e d’età assai acerba, ma per la propria impotenza, ché ad ogni nuovo assalto Guido si ritrovava col membro intirizzito e privo d’alcun vigore. La vecchia Lisabetta di Poggio Alto, chiamata a dar consiglio e rimedio come colei ch’era esperta nell’arte di raccogliere i putti alla nascita e d’ogni malanno femminile, dopo aver tentato invano di fortificare lo sposo con brodo di cappone nel quale erano bolliti a lungo de’ chiodi di garofano e noce moscata, disse che se questo ottimo medicamento non avea sortito alcun effetto, la cagione del male era da ricercarsi in qualche malocchio o legatura gettati sullo sposo dalla strega di Vallescura. Guido protestò non esser ciò possibile, giurando per tutti i Santi di non essersi mai accostato alla sconosciuta sì da esserne toccato, di non aver mangiato alcun cibo dalla mano di lei, anzi, di non esser mai stato da lei nemmanco veduto, cosa di cui era certissimo. Ma gli fu risposto che simili streghe e maliarde sanno lanciar sguardi senza parere e che tale è la forza di questi sguardi da compiere guasti d’ogni sorta negli uomini, negli animali e nelle cose.
Alla fine del primo racconto c'è anche una breve bibliografia sulla stregoneria e i processi alle streghe, per chi volesse approfondire. Se fossi un'insegnante lo farei leggere alle mie classi, siccome sono solo zia aspetterò che le mie nipotine abbiano l'età giusta per consigliarlo pure a loro. Mi sa che alla prossima occasione lo regalerò a mia mamma, insieme a "Il sogno della macchina da cucire".
Queste storie di donne del passato sono davvero preziose, sono proprio contenta di aver "riscoperto" questa autrice *_*
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