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#IL CIELO NELLA STANZA
x-heesy · 4 months
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Intomysoul
If I close my eyes it's just to see you
You're in this movie (hey)
The credits stop, we're the ones going down (hey)
I have the sun on my face if you laugh (woh)
You're beautiful even if you scream (woh)
I swear, I can give you so much more than what you point out in the books (woh)
Look what you do to me, naked in front of this audience
I'm not the type you know, love verses make me feel stupid
I end up punching the doors
You say you're crazy, but crazy about you
Then we fuck, you come six times
What the fuck will the neighbors say about me?
You are the poem I didn't write
The song that doesn't exist
The city I haven't seen
You make all this shit seem less sad
Sometimes I'm a monster, the chalet heart
Cold like the place you like
Ink tears with thunder
They ask about our love, De André, eh
I closed the sky, in the room I have blue walls (hey)
I've lost my mind, you're the reason
What makes me go out, eh
You make me go outside
You're like the beat of my heart, we keep on
Baby please forgive me I love hard
Shall we need space, turn around and get closer, then we
Back together and back together again (hey, hey)
I could watch you for hours
But today I can't, tomorrow I swear
Frozen hands on the heart
Hands on your neck, hands on your ass
Excuse my touch of class (hey)
But I believe the earth is flat (hey)
When you're here the world reverses its axis (hey)
And you slide into my arms
The heart stops, let's change the batteries
These words fire like rifles
A second passes between saying and dying
A lifetime isn't enough to make her understand (hey)
Love makes you lose your light
It's like hell but it's raining feathers
I'm the type who keeps to himself
This blanket is not enough for two
It can be cold even on August 15th
And you're on the other side of the world
I know it's obvious to look at the stars
I live a second that lasts forever
I closed the sky, in the room I have blue walls (hey)
I've lost my mind, you're the reason
What makes me go out, eh
You make me go outside
You're like the beat of my heart, we keep on
Baby please forgive me I love hard
Shall we need space, turn around and get closer, then we
Back together and back together again
Feel how he does it, feel how he does it
The song I wrote for you
You didn't expect it but here it is
You didn't expect that from someone like me, nah
IL CIELO NELLA STANZA (THE SKY IN THE ROOM) (feat. NSTASIA) by Salmo @ombrabrontok 🇮🇹
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papesatan · 23 days
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Trovo che nulla parli di noi come le nostre lacrime. Di conseguenza, ho deciso di trascrivere qui una lista di eventi e situazioni che mi fanno piangere inconsolabilmente:
le lettere scritte da mia madre e nascoste in un vecchio diario di scuola, quando andavo ancora alle medie. Le ho scoperte soltanto pochi mesi fa, riaprendolo casualmente, e sono scoppiato a piangere,
il finale di Mary Poppins, quando dopo essere stato licenziato, il signor Banks torna a casa con l’aquilone finalmente riparato e comincia a giocare coi figli, correndo fuori con loro per farlo volare nel parco (scena tuttora inguardabile per me senza cominciare a frignare),
gli abbracci alla stazione,
l’episodio di Doraemon in cui Nobita vorrebbe ringraziare la persona che, durante una gita all’asilo, lo aiutò a rialzarsi, scacciando i bruchi pelosi che lo ricoprivano. Tuttavia, Nobita non riesce a ricordare il suo volto, così Doraemon gli offre l’opportunità d’incontrare chiunque voglia nella Stanza del Rivedersi,
la perduta innocenza,
il finale dell’Uomo dei Sogni, quando Ray incontra suo padre, morto da tempo, e prima che questi svanisca gli chiede: “Ehi papà, vuoi giocare un po’ con me?” (tema a quanto pare ricorrente, dovrei forse dedurne qualcosa?),
l’inesorabile decadimento fisico e psichico dei miei genitori, ormai pressoché anziani,
la tenerezza del mio cagnolino e la consapevolezza della sua ineluttabile caducità, 
questo mio talento letterario negletto e sprecato, gettato ormai ad appassire come giardino incolto,
il finale della terza stagione di Person of Interest, quando Samaritan sembra aver ormai vinto, ma il monologo di Root ci ricorda che nonostante tutto il male che ci opprime, non dobbiamo mai smettere di sperare,
Exit music for a film dei Radiohead, dal minuto 2:50, ovvero lo smanioso desiderio di rivalsa che da sempre m’avvampa e mi corrode animo e viscere dopo ogni mortificante derisione, al pensiero che sì, un giorno tutti sapranno, e allora, beh, gliela farò vedere io… (me ne rendo conto, di solito è così che nascono i serial killer). Questa parte, ad ogni modo, mi emoziona a tal punto da avermi spinto a scrivere il finale della mia storia: “Un ventoso mattino di settembre, i servi del marchese  avrebbero forzato le porte dello studio, ove il misero scrittore soleva rinchiudersi di notte, e lo avrebbero trovato morto, riverso fra le sue carte in una pozza di vomito. Spalancate le finestre a lutto, i poveri disgraziati sarebbero stati travolti allora dall'empia ferocia di quegli astiosi fogli sdegnati dal tempo e, così finalmente libere, pagine e pagine d'inchiostro si sarebbero riversate in strada, pronte a prender d'assalto case e negozi, scuole e caserme, mulinando burrascose sulla città, fra le strida dei borghesi impazziti e le urla dei bambini accalcati contro i vetri, fino a seppellire il mondo, terra e cielo, sotto cumuli di scritti dissotterati dal fuoco e dagli abissi”,
la morte di Due Calzini in Balla coi lupi (e il tema ad esso collegato), quando il lupo segue fedelmente Dunbar ormai prigioniero e i soldati gli sparano addosso per dimostrare la loro tonitruante possenza di coraggiosissimi esseri umani supercazzuti, finché non l’ammazzano senza pietà. 
la lettera di Valerie da V per Vendetta, (credo non occorrano spiegazioni né commenti qui),
la mia sciagurata impotenza dinanzi al dolore degli amici,
la morte del commissario Ginz ne Il dottor Živago: “Soldati armati di fucili lo seguivano. ‘Cosa vorranno?’ pensò Ginz e accelerò il passo. Lo stesso fecero i suoi inseguitori. [...] Dalla stazione gli facevano segno di entrare, lo avrebbero messo in salvo. Ma di nuovo il senso dell’onore, educato attraverso generazioni, [...] gli sbarrò la via della salvezza. Con uno sforzo sovrumano cercò di calmare il tremito del cuore in tumulto. Pensò: ‘Bisognerebbe gridargli: - Fratelli, tornate in voi, come volete che sia una spia! - Qualcosa di sincero, capace di svelenirli, di fermarli.’ [...] Davanti all’ingresso della stazione si trovava un’alta botte chiusa da un coperchio. Ginz vi balzò sopra e rivolse ai soldati alcune parole sconvolgenti, fuori dell’umano. Il folle ardire del suo appello, a due passi dalle porte della stazione, dove avrebbe potuto rifugiarsi, sbigottì gli inseguitori. I soldati abbassarono i fucili. Ma Ginz si spostò sull’orlo del coperchio della botte e lo ribaltò. Una gamba gli scivolò nell’acqua, l’altra rimase penzoloni fuori della botte. [...] I soldati accolsero la sua goffa caduta con uno scroscio di risate: il primo lo colpì al collo, uccidendolo. Gli altri gli si gettarono sopra per trafiggere il morto a baionettate”. Non riesco a dire come questa fine mi commuova, ma credo abbia a che fare con goffaggine, spietatezza e umiliazione, cose che mi colpiscono tutte enormemente,
l’episodio de La casa nella prateria, in cui il signor Ingalls realizza una scarpa speciale per la piccola Olga che zoppica a causa di un’asimmetria nelle gambe. Il padre però non vuole che giochi con le altre bambine perché teme possano deriderla o che, ancor peggio, possa farsi male. Aggredisce così il signor Ingalls per essersi intromesso, ma all’improvviso vedendo la figlia giocare felice in cortile, muta espressione commuovendosi profondamente, ed io con lui. È la gioia d’un padre che comprende che sua figlia è finalmente felice. 
la vittoria dell’Italia alle olimpiadi di Torino 2006 nel pattinaggio di velocità, inseguimento a squadre maschile. Avevo 17 anni, avevo finito da poco i compiti e non so perché, restai paralizzato di fronte alla tv ad ammirare l’impresa di Enrico Fabris e compagni, esplodendo poi in un inspiegabile pianto liberatorio che ancora oggi sa per me d’imponderabile (disciplina mai più seguita, che quel giorno però mi regalò un’emozione eguagliata solo dall’oro di Jacobs nel ‘21 - senza lacrime),
la canzone Ave Maria, donna dell’attesa: dal matrimonio di mia sorella ad oggi son passati sette mesi, eppure questa canzone mi fa ancora lo stesso perturbante effetto, scuotendomi ogni santa volta.
Isengard Unleashed dalla colonna sonora del Signore degli Anelli, in particolare, il momento coincidente con la marcia degli Ent (vedi sogni di furiosa rivalsa), dal minuto 2:18,
la comprensione altrui,
ogniqualvolta ho dovuto accompagnare qualcuno all’Eterna Porta e dirgli addio in Spiritfarer,
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trovare ricci spiaccicati sulla strada,
gli immarcescibili sensi di colpa per la morte del gattino Figaro, quando avevo cinque anni,
le storie di grandi insegnanti, capaci di lasciare tracce di sé nei loro alunni.
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sofysta · 1 month
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[Il minotauro, di Benjamin Tammuz]
Thea,
questa lettera battuta a macchina non reca alcuna firma, ed è probabile che non ci incontreremo mai, anche se io ti ho vista e ho fatto in modo che anche tu mi vedessi. È stato circa sei settimane fa. Ti sono passato davanti, fissandoti, e tu mi hai guardato come si guarda uno che ti passa davanti per strada. Non mi hai riconosciuto. Ma anche se non mi hai riconosciuto, tu mi appartieni..Non avrai mai l’occasione di farmi delle domande, ma la mia voce ti giungerà nelle lettere, e io so che le leggerai. Come faccio a saperlo? Non posso darti altra spiegazione se non quella che sto per dirti: da quando ho memoria di me, io ti ho cercata. Mi era chiaro che tu esistevi, ma non sapevo dove. Il mio lavoro mi ha portato nella città dove vivi. Il mio lavoro è tutto un susseguirsi di supposizioni, ipotesi, rischi. Ho scelto questo lavoro perché non ho mai amato nessuno – tranne te – anche se per tutta la vita ho cercato di amare, cioè di tradirti. Ho legato la mia vita a un lavoro duro e brutale poiché mi sentivo costretto ad amare. Ebbene, io amo il paese che servo, i monti, le valli, la polvere, la disperazione, le strade, i sentieri. L’ho fatto perché non avevo altra scelta, non sapevo se ti avrei mai incontrata. E ora che ci siamo incontrati, è troppo tardi: c’è stato un errore. Deve esserci stata qualche confusione nelle date di nascita, di passaporti; anche in cielo c’è disordine, come in tutti gli altri uffici. In ogni modo, ormai è tardi e impossibile. Sono venuto a sapere l’indirizzo del collegio dove studi quest’anno, e so anche in quale università sei iscritta per il prossimo. So che ami la musica. Col tempo saprò anche altre cose. Con questa lettera ti arriverà un pacco contenente un giradischi e un disco. Vorrei che domenica alle 17 tu mettessi il disco sul giradischi. Io farò la stessa cosa nella mia stanza d’albergo, a poca distanza da te, così noi due ascolteremo la stessa musica alla stessa ora. Questo sarà il nostro primo incontro, e io saprò se hai fatto come ti ho chiesto. A dire il vero, so già fin d’ora che esaudirai la mia richiesta. Ti ho amata in tutti i giorni della mia vita. È duro rassegnarsi all’idea che per strada non mi hai riconosciuto. Ma la colpa non è tua, c’è stato uno sbaglio: di date, di luoghi, di tutto. Non ho dubbi che l’intenzione era di accanirsi contro di me, non contro di te. Non irritarti, non aver compassione. Non avevo mai conosciuto la felicità finché non ti avrei incontrata.
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ross-nekochan · 1 month
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Racconti di viaggio - parte 1
L'India non è per tutti.
È un paese complicato che mette a dura prova te stesso in molti aspetti.
Il primo aspetto è l'igiene. Io non sono affatto una persona schifettosa e igieno-fobica come molte persone del primo mondo sono (anzi faccio cose che solo a dirle molti mi vomiterebbero in faccia), per cui ho un'alta tolleranza alla carenza di igiene e pulizia e la cosa mi è pesato solo in un punto. In India hanno le case mediamente a posto, ma fuori è letteralmente una discarica a cielo aperto: non ci sono cestini, proprio non esistono, e l'immondizia si butta a terra con tutta la non-chalance del mondo, che sia una bottiglia di plastica o un piatto di carta con rimasugli di cibo. Tutto a terra, sempre. Questo ovviamente crea spesso odori molto sgradevoli e una presenza esagerata di insetti e mosche ovunque. La cosa molto triste è anche che ci sono tantissimi animali in giro tra mucche e cani abbandonati (letteralmente centinaia, mai visti così tanti sebbene dove sono cresciuta è sempre stato pieno) che mangiano quella roba e spesso è praticamente plastica. Più dello schifo questa cosa mi ha messo molta tristezza. L'unico punto che proprio non ho tollerato su questo tema è l'assenza di carta igienica. Pensavo fosse una mancanza della casa del mio amico e invece persino nei ristoranti non c'era. Piuttosto mettono sempre una fontana o una mini doccia da usare a mo' di bidet... va bene, perfetto, ma io dall'acqua puoi come mi asciugo? Mistero della fede (ancora oscuro).
Il secondo aspetto è la povertà. Ero nella capitale per cui in teoria ci dovrebbe essere una concentrazione alta di gente che riesce a vivere dignitosamente (e infatti è così perché i miei amici avevano case okay, sebbene i palazzi siano fatiscenti all'esterno), eppure la quantità di gente che vive in delle baracche di fortuna o per strada è allarmante. Manco fossero in guerra come in Palestina. Una volta ho letteralmente visto una madre che faceva il bagnetto in strada a sua figlia con una bottiglia d'acqua. In più, quando la madre del mio amico mi ha detto: "dopo arriva la persona che pulisce per cui chiedile anche di pulire la tua stanza" io mi aspettavo una donna, come da noi, matura o quanto meno adulta... invece mi ritrovo davanti una BAMBINA. Avrà una decina di anni e viene pagata dalla famiglia del mio amico per pulire e lavare a terra (con lo straccio tra le mani, mica con la mazza da scopa), lavare i piatti ecc. Quando me la sono trovata davanti e l'ho vista pulire ho avuto una pietà infinita.
Esiste una parte di India ancora più povera di quella che ho visto, eppure, esiste anche un'India che sa rivaleggiare con il primo mondo. Quando sono andata in ospedale perché la mia amica giapponese scema si è sentita male tra febbre e diarrea, l'ospedale non sembrava affatto fatiscente e anzi non aveva nulla da invidiare a un comune ospedale italiano. Bollywood sa sfornare film di una profondità e di un genio disarmanti. In ultimo, quest'anno sono riusciti ad andare totalmente da soli sulla luna. È un piccolo continente che racchiude in sé i problemi di tutto il globo e, da europea, la cosa è straniante.
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kon-igi · 2 months
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IL RAGAZZO E LA MONTAGNA
C'era una volta un giovane esploratore, la cui più grande passione era addentrarsi in tundre, scendere in ghiacciai e percorrere deserti alla ricerca della Gemma Preziosa.
Ogni luogo della terra aveva una propria Gemma Preziosa - scintillante, tenebrosa, rubescente o lattiginosa - e lui aveva viaggiato già mezzo mondo ed esplorato mille lande impervie per trovarle e collezionarle tutte.
Nella sua casa aveva una stanza intera piene di tali meraviglie, tutte racchiuse in teche di cristallo, ma il giovane esploratore non amava tornare nella propria casa, se non per riporvi i suoi tesori.
Intendiamoci, adorava la propria casa e la propria città, voleva bene ai suoi genitori e stava bene con i suoi tanti amici, ma il suo animo inquieto lo portava puntualmente a guardare le nuvole fuori dalla finestra, desiderando di poterle cavalcare e andarsene via col vento.
Un giorno sentì parlare dell'Ultima Montagna e di come al suo interno fosse la celata la pietra più preziosa di tutte: il Cuore di Gea.
L'Ultima Montagna si trovava nel paese di Finisterrae e il suo vecchio mappamondo non aveva ancora finito di girare che lui si era già messo in cammino.
Non fu un viaggio facile, né per le gambe né per il cuore, perché dovette salutare molte persone - Finisterrae era lontana - e parte del suo percorso lo dovette fare a piedi, passo dopo passo, senza mai più incontrare anima viva (tranne i ragni, che gli tennero compagnia nelle lunghe notti insonni ma che però non erano gran conversatori).
Quando arrivò all'Ultima Montagna rimase con la bocca spalancata per qualche minuto (i ragni controllarono preoccupati se ci fossero delle carie ma uscirono soddisfatti): un'enorme montagna scintillante di materiale translucido giallo paglierino svettava fino a quasi bucare la volta del cielo.
Ma il suo stupore si tramutò ben presto in preoccupazione quando, a un esame più attento, il giovane esploratore si rese conto che la montagna era in realtà un enorme conglomerato di Crisoberillo come non se n'erano mai visti in alcun libro di geologia.
Molto bene - pensò con stanca autoironia, guardando il suo piccone - sulla Scala delle Durezza di Mohs il crisoberillo ha un punteggio di 8,5 ma volendo considerare il bicchiere mezzo pieno mi è andata anche bene... la montagna poteva essere fatta di Rubino o di Zaffiro!
E cominciò a scavare una galleria per raggiungere il Cuore di Gea.
Man mano che avanzava a fatica all'interno della montagna, egli si rese conto di una cosa molto strana: per ogni colpo di piccone e di scaglia di crisoberillio che cadeva a terra lui sentiva di perdere qualcosa.
Ma cosa? - si chiese.
Non lo so - si rispose.
E allora pensò di riempire quei vuoti nel cuore immaginando il momento in cui avrebbe finalmente scalzato dalla roccia il Cuore di Gea... la gioia di sentirlo pulsare tra le proprie mani, gli occhi socchiusi per schermarsi dal bagliore di mille soli di puro cristallo, lo stupore delle persone al suo ritorno, la teca gigante già pronta al centro della sua collezione.
Quello di cui in un primo momento il Giovane Esploratore non si rese conto è che ogni picconata stava sottraendo un minuto alla sua vita e le picconate erano tante e il tempo scorreva avanti in una sola direzione, dritto come la galleria che sventrava la montagna.
Le mani che impugnavano il piccone invecchiavano, come invecchiavano le domande che lui si faceva...
Perché? Da dove? Verso cosa?
Quando le domande diventano opprimenti, i colpi del piccone rallentavano, salvo poi riprendere forza al pensiero della gemma che ogni giorno si avvicinava.
E poi, dopo mille eternità l'ultima picconata, la parete che crolla ed ecco il Cuore di Gea, sospeso nel buio luminescente di un antro nel ventre della colossale montagna.
Ma il Giovane Esploratore non poteva più definirsi tale.
Non stava più esplorando nulla e di certo non era più giovane.
Con passo incerto e polverose mani tremanti si avvicinò al Cuore di Gea e fece per prenderlo.
Ma si fermò.
Verso cosa? E perché?
E poi la domanda giusta.
Da dove?
Da dove vengo? Cosa ho lasciato? Chi ho lasciato?
E voltandosi vide che la lunga galleria che portava all'esterno era disseminata di corpi, congelati nell'atto di colpire la roccia.
Erano tutti lui, metro dopo metro sempre più vecchio, bloccati nell'attimo in cui aveva deciso di cancellare un ricordo per fare spazio al pensiero della Gemma Più Preziosa.
Sono morto? - si chiese.
Sì, ogni volta - si rispose.
Il Cuore di Gea lo guardava con occhio pulsante ma la mano, dimagrita e raggrinzita, scese sul fianco.
Non era quello che voleva... quello era ciò che aveva deciso di volere per cancellare i veri desideri, quelli che lo tenevano vivo in attesa del domani.
E il vecchio ragazzo si voltò e tornò indietro, accarezzando con una mano sempre più giovane tutti i sé che aveva lasciato morire per non aver voluto ricordare come vivere.
E li perdonò tutti, uno a uno, finché la luce del sole non gli baciò le palpebre socchiuse e lui non ritrovò la voglia di esplorare, mai perduta ma solo addormentata sotto a una pesante coperta di tristi rimpianti.
E come il mappamondo tornò a girare, il vero Cuore di Gea riprese a battergli nuovamente nel petto, perché Finisterrae è quel luogo che comincia nel punto in cui appoggi il piede per iniziare il viaggio verso il domani.
Questo post è dedicato a @seiseiseitan, per me il più grande esploratore <3
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smokersbaby · 1 year
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Birthday present - "Smoker's birthday event"
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This is the first fanfic for the "Smoker's birthday event", this prompt is mine but I'll publish two other requests on March 16th and 18th so stay tuned!
Characters: Smoker TW: n.fsw, fingering, oral sex (receiving), unprotected sex, creampie (no breeding kink included), a little bit rough and a lot of fluff too 💕 Words count: 1,6 k The song that inspired me while I was writing this: -> Il cielo nella stanza - Salmo -> English translation MINORS DNI
It was such a busy day for Smoker, all day long managing between papers about the navy's commitments and new bounties on pirates. Office days were the moments he hated more, probably the most boring part of his job. Besides, today was his birthday and he didn't even plan anything to celebrate it. His mind was so into the work that he didn't even realize that you, his s/o, were knocking at his office's door. You waited a bit for his response, but as soon as you realized that you were waiting in vain, decided to slowly open the door and let yourself in, locking the door behind you. Here he was: hunched over his documents, so involved in writing something on reports that even when you reached his desk he didn't rise his head to greet you (simply because he didn't notice your footsteps in the room). "I think someone needs a pause…" you whisper in his ear. He feels goosebumps all over his body as feeling you close since he thought he was alone in the room. "Y/N! Didn't I tell you to knock before coming in?". You chuckle a little hearing his words "Well, I did, you are the one here that didn't notice. I just thought you might need a pause. Furthermore, isn't today your birthday?" He sighs "It's just a day like another, no time for me, just work…". As you observe his desk covered in papers, you can't help but wonder if he'd prefer to see you on that table instead of the documents. Without thinking twice, you sit on the desk, throwing the majority of the papers on the floor. "W-What are you…" he seems upset as you do so, but his expression changes as he sees you dressed differently from your standards: instead of trousers, you are wearing a short skirt that leaves little to the imagination. He becomes a blushing mess seeing his s/o dressed like that: "What's this? I've never seen you wearing that…". "Oh it's just a skirt, haven't you ever seen one?" you laugh a bit seeing him so flustered. You fix your eyes on him: "Smoker, I think that you need a pause, it's your birthday after all, and you deserve it…" as you say that, you grab his hand and bring it under your skirt. His hand twitches a bit feeling nothing but your soft skin underneath since you were wearing nothing besides your skirt. He's flabbergasted by your actions, his heart starts pounding hard in his chest as he sees you being so audacious. He's more a man of actions than of words, so he wastes no time in pulling you closer to him grabbing you with his free hand by your waist. You gasp as you feel his hand starting to rub your clit with his palm without hesitation, probably because the way you teased him before awakened his wildness, normally he takes more time to get into it. He slowly lifts your head by your chin and leans towards you for a kiss, you expect a light and soft one but, instead, he starts biting slightly your lower lip. His tongue sneaks into your mouth reaching for yours, Smoker seems to crave you as if he wants to devour you.
This kiss is enough to make you soak wet. Smoker notices with his hand that your count is dripping in excitement and starts pumping two of his fingers inside of you. He does that so suddenly that a loud moan escapes from your lips. You wrap your legs around his waist as he stands tall before you, his fingers reaching such sweet spots inside of you. "Let me taste you, love" he whispers in your ear as if he's begging for it. You nod your head in agreement, there's no way you would say no. He kisses you from your lips down to your chest, slightly biting your hard nipples, from your belly to your inner thighs. He makes you wait a little bit just to increase your desire. "P-please Smoker…" you beg. "Patience, love" you can imagine the grin on his face at that exact moment, he loves being praised to hurry. But he can't wait either. He wants to devour you and feel how good you taste. The hotness of his tongue caresses your clit as he grabs you by your hips with both hands to dive between your tights. You run your fingers through his white hair to feel him closer, you can feel him almost gasping for air but, instead, Smoker starts swirling his tongue on your clit making you moan uncontrollably. At that exact moment, both of you don't care about being heard by his colleagues, on the contrary, it spices things up. Two of his fingers rub your slit just before pumping again inside of you, he wants to fuck you with his hands before fucking you himself. Needless to say that having Smoker's mouth on your clit and fingers inside of you makes you want to cum all over his face, but the need of having his cock instead of his digits inside of you is so big that you can't wait for any longer. "Come here, love" you whisper, there's no need to tell him twice. He stands up as he hears you begging for him, the bulge on his trousers making you gasp as if it were your very first time. Your hands shake a bit as you try to take his belt off. You're amazed by seeing his thick cock already leaking precum, he doesn't have to stroke himself since he has been rock hard since the beginning of your games. Smoker leans towards you, making his length slide against your slit to tease you more. You put your arms around his neck and give him a needy kiss. He devours your lips back as he whispers against your mouth how much he loves you for being just as you are. His cock slowly slides inside your cunt as it stretches your soft walls. Due to his thickness, it's almost like the very first time. Your nails almost scratch his back as he fills every inch of you with his length, he stays still for a moment making sure you are comfortable before starting to move slowly. His thrusts are so deep that you can feel how involved he is in this. Everything that Smoker does it's not lighthearted, above all when it comes to you. A loud groan comes from his mouth, "Y-your so tight…" he whispers in your ear. You can't help but smile while you hear him saying that. When it comes to fucking you, he loses his mind in half a second, Smoker's pace begins to become faster and faster, and the sound of his hips hitting yours echoes in the room and fills the office.
You hold tight to his back trying to keep up with him, he's become less rational and wilder right now, there's nothing that can stop him from pounding into you like that, not even the chatting sound coming from outside the room (no need to say that the other marines are hearing you quite well right now since you won't stop moaning). Your fingers grab the back of his head and pull him to your mouth, your lips meet his in a wet kiss that it's all tongue and teeth, he almost devours you with that kiss while he trusts inside of you without hesitating a bit. You clench your gummy walls around his hardness to make him feel how much you want to feel him all and make him feel good, probably you shouldn't have done that since he lets a growl escape his mouth as he grabs you from your hips to have a better grip, the tip of his cock hitting your sweets spot and making you see stars. You can't take it anymore, that's too good to hold back your incoming climax. "S-Smoker… I'm going to…" you try to say, but he places his forehead on yours as he stares into your eyes and whispers: "Me too love… cum for me… make a mess all over this cock.". His words awaken one of the most intense climaxes of your life, the deep connection that you have with this man it's the secret ingredient that makes you feel that good, you both know it's not just physical attraction. His eyes are lost in yours right now. In less than a second Smoker cums too, as he feels you clenching around him. He fills you up to the point that his fluids start to leak outside your slit without even pulling it out. He hugs you to feel you close after that, he does it every time after you two finish, but you know this hug means a lot to both of you, it's like he states how much he loves you without telling a word. Smoker looks right back at you, his hand caressing your cheek. "Aishiteru" he whispers to you that he loves you in Japanese and you love when he does that, it comes from his heart. As you continue to cuddle while he's still deep inside of you, someone knocks at the door. Shock appears on Smoker's face, realizing that all the other marines have probably heard them (they did for sure). You chuckle seeing his expression, he's so cute when he looks like that. "Guess you have to deal with it, happy birthday love…" you say smirking and giving him a light kiss on the cheek. You dress up in less than a second and exit through the back door. You know he'll forgive you for this when he'll come home and find you with another gift for him.
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neropece · 4 months
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“skater at sunset” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Il sole stava già iniziando la sua lenta discesa dietro gli edifici di mattoni rossi e intonaco che costellavano il centro della città. Una luce dorata tingeva il cielo, facendo brillare le finestre dei grattacieli come pezzi di vetro spezzato. Jack, un uomo di mezza età dalle spalle curve e dallo sguardo stanco, si trascinava lungo le strade trafficate, cercando di raggiungere casa dopo una giornata di lavoro che sembrava non avere mai fine.
Mentre si avvicinava al suo appartamento, passò davanti a un negozio di dischi di seconda mano che aveva sempre ignorato. Qualcosa, quella sera, attirò la sua attenzione. Una copertina sgargiante spiccava tra gli svariati album impolverati esposti nella vetrina. Era un disco di qualche band indie locale, ma ciò che catturò l'occhio di Jack fu l'immagine sulla copertina.
Al tramonto, su una pista da skate, in quella che sembra una città europea, uno skater si muoveva fluido con la sua tavola sotto i piedi. La silhouette nera del ragazzo si stagliava contro il cielo dai colori invecchiati dal passaggio del tempo. Il movimento della tavola da skate e del ragazzo disegnavano un'ombra allungata sulle piastrelle di cemento. Era un momento intrappolato nel tempo, un istante di pura grazia e abilità, catturato in una frazione di secondo.
Senza pensarci due volte, Jack varcò la soglia del negozio e chiese al commesso dietro al bancone di vendergli quel disco. Il giovane commesso, con una pettinatura alla moda e un paio di occhiali da sole sul naso, gli sorrise e accettò di buon grado la sua richiesta.
Tornato a casa, Jack mise il vinile sul giradischi polveroso che aveva ereditato da suo padre. Il suono scricchiolante della puntina che si posava delicatamente sulla traccia iniziò a riempire la stanza. Le note di chitarra si diffusero nell'aria, e Jack si ritrovò avvolto dalla melodia malinconica.
Chiuse gli occhi e si immaginò sul bordo di quella pista, al tramonto, mentre uno skater sconosciuto danzava con il pavimento in un perfetto equilibrio tra gravità e libertà. Sentì la brezza tiepida sulla pelle, assaporò la sensazione di libertà che solo uno skate e una strada deserta possono offrire.
La musica continuava a suonare, e Jack si lasciò trasportare in quel mondo di movimenti eleganti e sfide audaci. Quella copertina diventò per lui un portale, un ricordo che sfuggiva alle mani ma che, grazie alla musica, poteva rivivere ogni volta che lo desiderava. E così, nella sua solitudine quotidiana, trovò un rifugio in un tramonto urbano immortalato su una copertina di vinile.
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zaydabuzaydrp · 2 months
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Abu Zayd, più precisamente Zayd Abu Zayd Ab-Alh-Rahmann III, meglio conosciuto come "il Moro Zeyt", è un altro dei grandi protagonisti della nascita del Regno cristiano di Valencia.
Ultimo signore almohade di Valencia, era il pronipote del califfo berbero Abd-Al-Mucmin. Pur essendo originario di Baeza, era stato avviato alla politica dal nipote, il califfo Yusuf II, che lo nominò governatore di Valencia.
L'ultimo re almohade di Valencia vide presto sorgere problemi, sia per la pressione delle truppe cristiane a nord sia per quella di altri signori musulmani a sud. Insieme alla corruzione politica, che già esisteva all'epoca, avevano soffocato il popolo.
Dopo la morte del califfo Yusuf II, la decadenza politica si aggravò. Fu allora che Abu Zayd fu costretto a chiedere la protezione di Ferdinando III, il re santo di Castiglia. I raccolti rovinati da una piaga di cavallette e la mancanza di cibo incoraggiarono la ribellione della popolazione. In questa situazione, Zayyan Ibn Mardanis, discendente del re Lobo, arrivò a Valencia da Onda e guidò il rovesciamento di Abu Zayd, che dovette lasciare la città con il suo seguito e la sua famiglia nel 1229, diretto a Segorbe (Castellón).
Qui storia e leggenda si fondono, poiché si dice che la conversione del "moro Zeyt" sia avvenuta a Caravaca de la Cruz, dove la leggenda vuole che sia apparso il simbolo della croce.
Secondo la tradizione locale più diffusa, si dice che dalla fine del 1230 o all'inizio del 1231, il re almohade di Valencia e Murcia, Abu Zayd, si trovava nei suoi possedimenti a Caravaca. Interrogò i cristiani che teneva prigionieri per scoprire quali mestieri esercitassero, con l'obiettivo di occuparli secondo le loro capacità. Tra loro c'era il sacerdote Ginés Pérez Chirinos che, come missionario, era venuto da Cuenca nelle terre saracene per predicare il Vangelo. Egli rispose che il suo compito era quello di celebrare la messa e il re moresco voleva sapere com'era. Fu ordinato di portare da Cuenca i paramenti corrispondenti e il 3 maggio 1232, nella sala nobile della fortezza, il sacerdote iniziò la liturgia. Tuttavia, poco dopo aver iniziato la liturgia, dovette fermarsi, spiegando che gli era impossibile continuare perché mancava un elemento essenziale all'altare: un crocifisso.
In quel momento, attraverso una finestra della stanza, due angeli scesero dal cielo e posero delicatamente una croce a due bracci sull'altare. Il sacerdote poté quindi continuare la celebrazione della messa e, in presenza di tale meraviglia, Abu-Ceyt (insieme ai membri della sua corte presenti) si convertì al cristianesimo. In seguito si scoprì che la croce apparsa era il pettorale del vescovo Roberto, primo patriarca di Gerusalemme, realizzato con il legno della croce dove morì Gesù Cristo.
Quando Abu Zayd si convertì, prese il nome di Vicente Bellvís, come riportano le cronache dell'epoca. Morì tra il 1265 e il 1270.
La morte di Abu-Zayd è precedente all'11 dicembre 1268, data in cui il documento lo dichiara defunto. I suoi figli e parenti ricevettero un'importante eredità e, essendo imparentati con la nobiltà aragonese, divennero anch'essi signori cristiani.
QUI GIACE D. VICENTIUS BELVIS CON I SUOI ​​FIGLI UN TEMPO ZEIT ABUSIÒ RE VALENTIA MAURUS ADEO IL PROTETTORE DELLA SUA RELIGIONE VT DUE UOMINI INNOCENTI BEATI GIOVANNI DI PERUSIA E PIETRO DI SASSO-FERRATICO FIGLI E COMPAGNI DI PADRE FRANCESCO CHE PREDICANO LA VERA FEDE DI CRISTO OTTENUTO ATTRAVERSO LA SPADA MA RICEVERE LA LUCE DEL PADRE ISPIRATORE OGNI PECCATO FU CONSUMATO DAL SANTO BATTESIMO E IL SEGNO DELL'ETERNA RICONCILIAZIONE EGLI DESTINÒ UNA VOLTA LA SUA SALA IN CHIESA E SEDE.
Intorno al 16 giugno 1860, a Valencia fu eretta una lapide che lasciava in vista alcuni resti umani, il cui stato denotava la loro antichità. Nello stesso luogo fu rinvenuta una pergamena che recitava come segue:
Data di nascita:
17 ottobre 1195
Data di morte:
11 dicembre 1268
Titoli:
-Principe musulmano
-Signore cristiano
Etnia:
Berbero
Religione:
Islam
Religione 2:
Cristiano cattolico
Dinastia:
Almohade
Prestavolti nella trama:
-Alvaro Rico
-Walid Azaro
-Asier Cadenas
-David Raya (pv attuale)
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smokingago · 1 month
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Toccati.
Nuda toccati
davanti al mio sguardo.
Volute di fumo dalla mia bocca,
ansiti sensuali dalla tua.
Segui i ritmi
della mia voce,
ora pacati e poi frementi.
Lascia che osservi
il sudore della tua fronte,
la tua mente che m'insegue,
le cosce che si aprono,
offrendo l'abbandono.
E la lingua che bagna il tuo sorriso.
Toccati.
Toccati i seni gonfi e sublimi
e i capezzoli turgidi.
Ora, negli insistenti sospiri,
nell'attesa di un ordine,
riposati negli attimi che non hanno tempo.
Lascia che la marea defluisca
dalle tue vene per
tramutarsi in fuoco.
Mi alzerò, accarezzando i tuoi capelli,
sussurrando parole dolci e sconce.
E poi esplodi nell'estasi
tanto attesa.
Sarai ibera e splendente
nella stanza che si tramuta in cielo.
Supernova
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mucillo · 11 months
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"Morirò rivoluzionario, proletario, marxista, materialista dialettico e di conseguenza ateo convinto. La mia fede nell'avvenire comunista dell'umanità non è meno ardente, anzi è più salda oggi di quanto non fosse nella prima gioventù. Natascia si è appena avvicinata alla finestra che dà sul cortile, e l'ha aperta in modo che l'aria entri più liberamente nella mia stanza. Posso vedere la lucida striscia verde dell'erba ai piedi del muro, e il limpido cielo azzurro al disopra del muro, e sole dappertutto. La vita è bella. Invito le generazioni future a purificarla da ogni male, oppressione e violenza e a goderla a pieno.“
Lev Trotsky
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psiqotic · 4 months
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finisce che prendo a cazzotti le porte. dici: “sei pazzo!” ma pazzo di te. dopo scopiamo e tu vieni sei volte, cazzo diranno i vicini di me?
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borbottii · 11 months
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4 sfondi di 4 giorni importanti:
- la piena sessione, il caldo che può solo emanare il cemento torinese dentro una stanza all’ottavo piano, i capelli bagnati e le gambe alzate, un libro su casi clinici neurologici, la notte che cala dolce, il cielo che si riflette nella stanza, sto bene, sento che vivo, magari ci starebbe una granita
- compleanno, un quarto di secolo, nutrirsi di cose buone e nutrirsi del buono che c’è, girovagare per Torino e atterrare sotto un noce del Caucaso, salirci sopra e stare a penzoloni, reggersi sulle proprie gambe e imparare a non farlo, celebrare un giorno che è una vita ma nulla di serio dopotutto, essere presenti, essere vivi
- lo scorcio dopo tanti km, fare un cosa perché ti andava, fare qualcosa perché ti piace, fare qualcosa anche se non l’hai programmata bene, fare qualcosa perché ti fa stare bene, fare per il gusto di scoprire, perdersi perché poi in qualche modo ci si ritrova, l’importanza degli snack nello zaino ma anche ti mangiare le more per strada, la sensazione bella di fare fatica
- fine di una sessione, il ritorno a casa per qualche settimana, adattarsi a ritmi di altri, a cibi diversi ma regole vecchie, il calore dei campi e la calma che solo qui c’è, la voglia di fare, la voglia di vivere, le cose che posso fare solo qui, le persone che posso vedere solo qui, il respiro che torna ma poi manca, il riconnettersi per poter ricominciare
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klimt7 · 2 years
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Perchè ti odio
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Odio il modo in cui mi parli ma non, il tuo taglio di capelli. Odio i tuoi anfibi, ma non come leggi e sai tutto quello che penso. Forse ti odio così tanto, che allora, si spiega il mio stare male dallo stare bene e da scrivere stupide poesie o pensieri in forma di fiori, fiori di parole colorate e piene di linfa vitale, con radici affondate nella terra e nel mare, come piante vere.
Odio le parole che non ti dico e che poi trovo scritte, piovute sparse, sui fogli sui quali disegno.
Mi impegno a non darti spazio e tu mi invadi. Mi occupi ogni cellula, con ricordi antichi presi dal nostro comune futuro.
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Mi odio quando non posso che darti ragione e scrivere al posto tuo, molti pensieri che ti galleggiano dentro, da un sacco di tempo. O quelli che ancora non hai avuto modo, di mettere a fuoco.
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Sono flash quelli che mi accendi in testa. Talvolta sento bruciare frasi e fiamme sotto i capelli  e dietro la fronte e mi brucia la gola per ogni silenzio che vi si impiglia, quanto rimango soprapensiero a contemplare il tramonto.
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Odio davvero quando mi fai sorridere o commuovere per un qualcosa che tu chiami difetto e che io guardando meglio, scopro essere un frammento di gentilezza di cui Tu, nemmeno ti rendi più conto.
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Odio che non ci sei e che occupi tutta la mia giornata.
Odio quando ricordi da dove vieni, perché poi lì, mi ci perdo e vorrei guardare il mondo da ogni finestra, dietro cui ti sei fermata quel giorno, a fissare gli alberi e i rami quasi stilizzati d’inverno. Quelli che spiccano scuri, contro il grigio scabro del cielo che promette neve. E più oltre, si sente la vibrazione dei fiumi. Quelli che ancora oggi, scorrono continuamente dentro i cassetti della tua stanza.
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Ecco, sto imparando tutte le finestre e le stanze e la pioggia che è scesa nei luoghi che hai frequentato. Odio la cascata ininterotta di attimi, che ti hanno visto diventare quella che io conosco soltanto oggi. Odio il tempo che ti ha allevata perché ha dimenticato di occuparsi di me, perché quasi sicuramente, io pure c’ero, nascosto in qualche piccola tasca. Dei jeans o dello zaino. E poi tu che camminavi e correvi su un tappeto di foglie cadute e croccanti dai colori ancora sgargianti.
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Ma la cosa che odio di più in assoluto, è che io non riesca ad odiarti forte, come si deve o come si dovrebbe.
No. Quello proprio no, ci provo e niente, non mi riesce e allora vorrei dirtelo, gridarlo forte, riempire il tramonto con parole sussurrate sotto l’arancio tenue del sole, che va sotto l'orizzonte tracciato sul mare. E forse, sono proprio quelle le parole che pronunciano i colori, nella sera che avanza, mentre il sole s'immerge.
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Poi mi sveglio e trovo che è un peccato che non mi chiami, perché potrei scrivere al telefono, un libro di parole sorridenti, quanto gli occhi che avresti ad ascoltarle.
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Rosso si colorava
Come il quadro che ho nella stanza
Il cielo con te quann dicive
"Vuless sta tutta a vita abbracciat accussi cu tte"
Nata bucia, ma m'astrignev e parol ca tu me dicive
E o' sacc, è colpa mia
O' sacc, è colpa mia
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unwinthehart · 6 months
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ciao scusami, per caso ti ritrovi il video di mahmood e blanco che cantano il cielo in una stanza? vorrei cercare di capire dallo sguardo se blanco sapeva del malore di mahmood. sai, se cercava di sostenerlo, aiutarlo... vanno bene pure delle gif e non ti preoccupare, rispondimi quando puoi 😘
Qui per il video. Saperlo, Blanco doveva saperlo per forza. Da varie interviste: era andato nella sua stanza per controllare "che non fosse morto", Mahmood è stato malissimo fino a due secondi prima di salire sul palco (tant'è vero che hanno praticamente dovuto spingercelo su), da quello che ho capito non avrebbero neanche dovuto iniziare a cantare da seduti, ma è stato un cambio all'ultimo per Ale. In seguito hanno saltato l'intervista con RaiRadio2 (che si fa appena si finisce di cantare) e sono andati via subito dall'Ariston.
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swingtoscano · 6 months
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Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi, per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti d’essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dai prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti “Che bello!” Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti intorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata ad esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti “Che bello!”, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di se una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E’ inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo e donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso tra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
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