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#Schiena tatuata
vivere-a-venezia · 1 year
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Fatto!
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danilacobain · 1 year
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Ossigeno - 19
19. Fuoco nelle vene 
Desiderare così tanto una donna, sapere che anche lei lo desiderava allo stesso modo e doversi trattenere in continuazione dal prenderla, chiuderla in uno stanzino buio e farla sua, era straziante per Zlatan. Se ne stava in spiaggia, sdraiato sul lettino, con gli occhi chiusi, cercando di non pensare che proprio accanto a lui c'era la bellissima donna che da qualche settimana popolava tutte le sue fantasie. Gli sarebbe bastato aprire gli occhi e guardarla per infiammarsi all'istante e anzi, lo era anche ad occhi chiusi. Il solo ricordo di come lei aveva risposto ai suoi baci, alle sue carezze... Non era sicuro di riuscire a trattenere i suoi istinti che gli urlavano a gran voce di portarla via da lì e di fare l'amore con lei.
La voglia di guardarla ebbe il sopravvento, così aprì piano gli occhi e voltò la testa verso di lei. Indossava un costume verde scuro e portava un grazioso cappello di paglia, le dita delicate, che la sera prima aveva sentito tra i suoi capelli e sulla sua pelle, stringevano un giornale. Notò che lui la stava guardando e gli sorrise, un sorriso dolce e intrigante, pieno di segreti e desiderio. Non poteva resistere a lungo, soprattutto se lei lo guardava così. Si alzò di scatto e si avviò in acqua, sperando che fosse abbastanza fredda da fargli spegnere il fuoco che gli ardeva nelle vene.
Sveva guardò Zlatan allontanarsi verso la riva e si godette lo spettacolo della sua schiena tatuata. Aveva sempre sospettato che avesse un corpo perfetto, qualche volta lo aveva visto senza maglietta in tv o su qualche foto ma ora ne aveva l'assoluta certezza. Chissà se lui la desiderava anche solo la metà di quanto lo desiderava lei... Valentina la richiamò al presente. «Sveva, lei è Andra, la moglie di Mark.» Di fianco a sua cognata c'era una graziosa donna bionda, con un bel sorriso, che la guardava. La moglie di Mark aveva deciso all'ultimo momento di raggiungere il marito e Sveva non poteva che esserne felice: almeno quella sera nessuno avrebbe interrotto lei e Zlatan mentre... Si alzò e le porse la mano. «Sveva, molto piacere.» Le tre donne si recarono al bar e presero qualcosa di fresco da bere. Trascorsero la mattinata insieme, mentre i maschi organizzavano la gita in barca che avrebbero fatto l'indomani. Pranzarono in un ristorantino con vista sul mare. Zlatan la guardava spesso, accresceva il desiderio che aveva di lui con i sorrisi mozzafiato che le rivolgeva. Non erano seduti vicini, purtroppo, perché lei avrebbe tanto voluto che le sfiorasse la mano. Anelava un contatto con lui, disperatamente. Si attardò sulla terrazza del ristorante per scattare delle foto. Non era la prima volta che visitava la Grecia e le Cicladi, ma lo spettacolo era sempre bellissimo. Ne rimaneva rapita sempre come se fosse la prima volta. Era poggiata al parapetto di ferro, verniciato di rosso, e si godeva l'odore del mare quando avvertì un tocco leggero sulla spalla. Sapeva che era Zlatan senza bisogno di girarsi. Solo il suo tocco le dava quelle sensazioni. Aveva i brividi dappertutto e un indescrivibile desiderio di gettargli le braccia al collo e baciarlo. Lui si appoggiò alla ringhiera accanto a lei. «Zlatan.» «Pare che sia davvero difficile riuscire a stare un po' da soli.» Lei gli sorrise. «Adesso, per esempio, siamo soli...» Zlatan guardò oltre la sua spalla, poi la prese per un braccio e la portò dietro un angolo riparato, lontano da occhi indiscreti. «Ora, siamo soli.» Senza aspettare la sua risposta la baciò. L'urgenza di accarezzare le labbra di Sveva lo rese rude e famelico. La lasciò senza fiato. «Potremmo andarcene in albergo e trascorrere un pomeriggio piacevole...» le disse Zlatan, accarezzandole il volto. «Oppure potrei prenderti qui, adesso. Devo ammetterlo, la seconda ipotesi mi tenta.» Sveva fu attraversata da una scarica di desiderio. «Se ce ne andassimo adesso potrebbero sospettare qualcosa.» Zlatan le fece un sorriso sghembo. «Ti piace tenermi sulle spine, vero?» «Stasera, Zlatan. Stasera saremo solo io e te, te lo prometto.» «Okay.» Si allontanò un po' ma lei lo tirò per la maglietta e lo baciò. Zlatan le strizzò le natiche, si avvicinò al suo orecchio e lo solleticò con la lingua e il respiro caldo. «Non tentarmi, Sveva. Non hai idea di quanto ti desideri.» «Credo di aver cambiato idea...» Zlatan la fissò, sapeva che non avrebbe mai potuto fare l'amore con lei lì, in quel momento. Lei si mordicchiava il labbro inferiore, eccitata da quella situazione, e per un momento pensò di poterlo fare davvero. L'avrebbe sbattuta contro il muro, lei gli avrebbe avvolto le gambe intorno alla vita e lui si sarebbe perso nel suo calore, nel suo odore... Delle voci li fecero fermare. Zlatan si rese conto che non aveva solo immaginato quella scena, ma l'aveva messa in pratica per metà. Erano avvinghiati vicino al muro, le mani di lei sotto la sua maglietta e le sue dentro il costume di Sveva. Guardarono entrambi verso la terrazza, poi si sorrisero. Zlatan le diede un bacio veloce. «Stasera. Tutta mia.» «Non vedo l'ora» disse lei, ansante. Uscirono insieme e insieme raggiunsero gli altri sulla spiaggia affollata. Entrambi avevano il fuoco nelle vene, entrambi desideravano una sola cosa e non vedevano l'ora che quella giornata finisse.
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pinknachowitch · 2 years
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#ginobramieri #raimondovianello #francofranchi #ciccioingrassia #margaretlee
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ilmerlomaschio · 3 years
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rossoscarlatto.net
Tatuata
"Allora hai deciso..."
"Sì".
"E se poi ti stancassi ? Volessi levarlo ? Non ti piacesse più..."
"Non credo...e in ogni modo, lo sai, non do peso al mio corpo, non mi guardo allo specchio..., non m'importa cosa ne penserò domani o fra vent'anni, ho solo bisogno di un segno..."
"Un segno...?"
"Devo segnare questo tempo...ricordarlo..."
"Ricordarlo ? Puoi farlo comunque...perché sulla pelle ?"
"Definitivo..., questa fuga non è con la testa nel sacco, so che sto fuggendo e da cosa..."
"Tu hai troppi uomini..."
"In questo periodo ? Sì...sempre... quando sono così..."
"Tu li usi..."
"E loro usano me...normale...".
"Non sei innamorata, è vero...?"
"Ho bisogno di sogni, lunghissimi, interminabili..."
.................
Ore 16.35. Sono in anticipo.
"Ciao..."
"Ho appuntamento alle 17.00..., posso aspettare ?"
"Accomodati, lui è di là...nel frattempo puoi guardare i cataloghi, hai già un'idea ?"
"No. Nessuna."
Il divanetto è molto piccolo, e davanti una tendina trasparente, nera su un vetro. Dietro intravedo un'ombra. E un rumore, quasi un ronzio. Forte, insistente. Che cosa succede di là ? Nessuno parla...solo il ronzio.
Sfoglio le pagine piene di simboli scuri, linee, curve, punte, e piccoli totem, simbologie di mondi passati, qualche animale, e piume, ali. Che fare ? Che tipo di segno sul mio povero polso ? Un sole ? Questo piccolo pesce ? Questa spirale appuntita ?
"Hai bisogno d'aiuto ?"
Lei è vestita di nero, come me. Al naso, sopracciglia, e labbro inferiore anelli e altri piccolissimi oggetti.
"Fra poco tocca a te... è quasi pronto..."
Arriva. E' qui vicino. Mi guarda. Lo guardo.
Alto. Magro abbastanza. Le maniche corte della maglietta blu, larga, scoprono ogni forma incisa, e incredibile, sulle sue braccia. E colori. Anelli ad ogni suo dito. E il viso. Rugoso, ma giovane, con occhi chiari e una bocca grande, non ben delineata. Senza barba.
"Ciao...che cosa posso fare per te...?"
Huuummm, che cosa puoi fare per me ?...devo dirtelo subito... o dopo?
"Credo che un occhio...forse...ma molto stilizzato...una forma semplice, pulita...non troppo grande..."
"Ok, vieni..."
Si muove piano e sparge in giro un po' del suo profumo di muschio. La sala degli orrori ora è davanti ai miei occhi. Arrivandoci senza sapere cos'è può essere scambiata per lo studio di un dentista. Ma la musica ovunque, e forte, i disegni alle pareti, le sue foto nudo con esibizione d'ogni piccola e grande opera d'arte, mi fanno sentire finalmente a casa.
"Siediti qui...vicino a me..."
Mi accomodo, un po' timorosa sulla poltroncina vicino al tavolo, dove lui sta disegnando il mio occhio. Con la matita su una velina trasparente.
"Così... ti piace ?"
"Sì.....va bene..."
Si alza. Più in là la poltrona da esecuzione, il patibolo, quasi un lettino, di pelle imbottita rossa. Mi allungo, e lui prende il mio polso. Non parla, e da un cassetto tira fuori un rasoio. In un attimo graffia via i pochi peli sul mio braccio fino alla mano. Io tremo, sono già spaventata.
"Posso... scappare... se...?"
"Scappare ? e dove...stai tranquilla... ci penso io... non sentirai male... non troppo...sopporterai...vedrai..."
La decalcomania ora è sul mio polso, bella disegnata, e blu.
"Ecco...questa è la giusta posizione... potranno vederlo bene, tutti..."
Comincio a sudare, la ghigliottina è lì davanti a me, e sta iniziando il suo ronzio terribile.
L'ago. Mio dio. L'ago.
Punge. Punge e colora la mia pelle. E lui preme, e striscia per seguire il tratto del suo disegno, il mio occhio.
Non voglio scappare. Sono immobile e senza respiro.
Il mio braccio sulla sua gamba, e lui curvato a tenerlo fermo. E incidere.
"Ti fa male...?"
La sua voce adesso è bassa, e lenta. Tutta la pelle del mio capo freme.
So che la mia spina dorsale sta iniziando a gioire. La sento.
Il piacere che sale dai miei fianchi sino alla nuca, e poi scende sino all'interno delle mie cosce.
Ancora immobile.
Ma con la mente sono già ad accarezzare la lampo dei suoi pantaloni, e tutta la meraviglia che gli sta sotto.
"Ti fa male...?"
Sì. Mi fa male. Tu sai che mi stai facendo male. E anche come.
Conosci il tipo di dolore che procuri alle tue vittime.
E sono certa che la tua erezione è già cominciata.
Non mi chiedi se voglio sospendere per un attimo. No. Non lo fai.
E io non vorrei. Non devi fermarti, ora. Non più.
Che bello. E' bellissimo. Non potevo immaginarlo, sai ? Proprio non ne avevo sospetto.
Il segno che lasci sulla mia pelle vergine, è il tuo segno.
Il passaggio di te, su di me.
Molto più di una prima penetrazione. Altro tipo di verginità persa.
Quella di un angolo della mia testa, che ti lascia entrare dentro di me, e modificare il mio corpo.
Perché ho sempre sfuggito ogni mostra di body art ?
Stupida. Molto stupida. Ora capisco il piacere infinito.
E ne sto vivendo solo una piccola goccia.
E il senso di potere. Gigantesco. Voglio coprire il mio corpo di segni. Non smettere mai.
Aaaahhh... il tuo ago...come spinge... e striscia....e colora...
Ancora. Non fermarti. Non smettere mai. Fammi bruciare, ancora.
E incidi. Segnami. E segnami ancora...
"Ancora... un po' di grigio...qui...è troppo vuota...questa forma..."
Sì...ancora. Grigio...azzurro...rosso...verde....Tutti i colori che vuoi. Riempi i miei pori. Senti che vuoti ? Senti che voglia di essere pieni... di te... e dei tuoi colori...?
Perché non mi tagli, ora ? Potresti...sai ? Non scapperei. No.
Qualsiasi lama nelle tue mani.
Oltre ogni pene, oltre ogni lingua e ogni mano.
Potresti farmi scoppiare, sai ? E sono già molto vicina. E la schiena mi trema.
E le gambe sono spalancate sai? Senti come sono bagnata ?
Allagata. Per te.
Potresti tirare fuori il tuo pene mentre continua il ronzio ?
Oppure allungare la tua terza mano, quella con le dita sensibili, e infilarmele tutte, una per una, e riempirmi ? Le sento già tutte dentro di me. Vuoi farmi venire ? Così ?
E allora anche la tua lingua. Ti prego. Non risparmiarti. Dammi tutto di te.
Lo prenderei, sai ? Il tuo tutto, e anche di più...
Ma...non hai ancora finito ? Allora anche tu non vuoi smettere. Ti piace.
Allora... sei sadico... è per questo che il tuo pantalone è così gonfio, qui proprio davanti a me ? E io sono masochista ? non so... Ma che piacere sottile... e inciso sulla mia pelle...
"Ti rifaccio questa riga... perché..."
Perché ? Hai capito quanto mi piace ? Grazie. Sei buono. Continua allora. Forse riesci a farmi venire. Mi piacerebbe sai ? Cosa direbbero quelli di là, che stanno aspettando, se ad un tratto oltre al ronzio del tuo ago, sentissero anche l'urlo ? Il mio urlo, quello più forte, e lungo. Quello che stai costruendo sulla pelle del mio povero polso. Lo vuoi ? Vuoi sentire il mio urlo ? E poi che faresti ? Lasceresti ogni cosa...? Smetteresti... per allargare le mie gambe ancora di più ? E affonderesti dentro di me ? Lo vorresti ? O forse è già troppo il piacere che senti nella tua mente mentre mi incidi... incidi il tuo segno su di me ?
"Ti piace ?"
"Sì...è bellissimo...sei stato bravo"
"Posso fotografarti ?"
Puoi fare quello che vuoi, lo sai.
Sei il mio cavaliere, ora... il cavaliere degli aghi.
E asciugami ora. Non posso uscire da qui, tutta bagnata.
"Torna, per ogni eventuale... io sono sempre qui...".
Sono troppo bagnata. Aspetta. Non mandarmi via, adesso, solo perché c'è qualcuno che deve entrare ora, e al mio posto.
"Ciao, ti aspetto allora..."
Esco. Ma piano. E i sogni sono ancora con me.
Sta piovendo una pioggia discreta, e non ho ombrelli da aprire.
Cosa faccio ? Vado subito in auto ? O forse è meglio camminare un po'. Sì magari sulla riva del mare. E' sempre bello in inverno, e con la pioggia tutto sembra più morbido.
La piccola ferita che brucia sotto la fasciatura... non stavo sognando, ora c'è un tatuaggio sul mio povero polso. Povero ? Superbo, come dice il mio amante migliore, "superba giornata amica mia".
E sono bagnata, è vero. E non solo di pioggia. Bagnata di me.
E ho voglia. La reprimo ? Perché...?
Ricordo una volta, da ragazzina...l'amore sulla spiaggia, sotto una barca capovolta. Era sera come ora. E le luci lontane da noi, passavano appena da sotto, giusto per farci vedere le nostre mani che si toccavano. E le risate. "Ci avrà visto qualcuno...? ...e se ci fosse qualcuno qui fuori...?" Nessuna paura allora. Ma adesso ? Mi infilerei sotto una barca capovolta per darmi piacere ? No. E non ci sono più le barche dei pescatori su questa spiaggia. Ora è un porto di lusso. Ma le panchine, quelle sì, ci sono.
Vado più in là, dopo l'ultimo lampione. Quella panchina isolata proprio vicino allo scoglio.
Eccola. Perfetta.
E la pioggia mi aiuta. Questa mano destra, così libera, che mi cerca. Se la lascio entrare sotto lo slip, potrà aiutarmi ? Sì. Penso di sì. Di solito è il mio letto il posto migliore, e meglio sotto il piumone d'inverno. Posso allargare le gambe nude e sentirmi tutta. Riconoscere ogni pelo, e bagnarmi le dita di miele. Ma ora arrivo subito e soltanto alla mia clito. E' qui, proprio qui sotto, e già mi fa male. La scopro, la apro, nel punto più impazzito di tutto il mio corpo. Da lì è impossibile tornare indietro. Quando arrivo su quella punta di piccolo cazzo infuocato, la testa mi scoppia.
E allora, sì. Mi lascio scoppiare.
E' stata una bella giornata.
E qui la pioggia è diversa dal solito. Calda, caldissima tra le mie cosce.
Dedicato ad Alex Tatu, tatuante in Sanremo.
FalcoSirene
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paoloxl · 3 years
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27 agosto 2006: due fascisti uccidono Renato Biagetti
Sulla spiaggia di Focene, veniva ucciso a coltellate Renato. Aveva 26 anni, si era appena laureato in ingegneria, faceva il tecnico del suono ed era parte del movimento dei movimenti sociali romani. Stava uscendo da una dancehall reggae con la ragazza e un amico, quando due fascisti di 17 e 19 anni, con il proposito di cacciare “gli alternativi” dalla “loro” città, li aggredirono. Uno era Gioacchino Amoroso, figlio di un addetto alla sicurezza, l’altro era Vittorio Emiliani, figlio di un carabiniere.
Emiliani aveva in mano un coltello, sferrando otto fendenti contro Renato: una alla coscia, le altre al petto di cui due al cuore. L’autopsia riportò che la causa della morte era da attribuirsi alle coltellate al cuore “inflitte con estrema violenza tanto da lasciare il segno dell’elsa del coltello” sul corpo di Renato. Nell’aggressione furono feriti anche la sua compagna Laura e l’amico Paolo che ricevette una coltellata alla schiena.
Meno di un anno dopo il diciannovenne Vittorio Emiliani, figlio di un maresciallo dei carabinieri è condannato a 15 anni e 3 mesi di reclusione per omicidio volontario, grazie al rito abbreviato, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a una provvisionale di centoventimila euro.
Anche se i due imputati (l’altro è un minorenne, figlio di un vigilante) agli arresti domiciliari) sono noti come giovani di destra e uno ha una croce celtica tatuata sul braccio, il giudice non ritiene che il movente sia stato politico e perciò rifiuta la costituzione di parte civile all’Associazione partigiani.
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giulia-liddell · 4 years
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Risveglio
Parole: 1763
No beta, we die like men
Fandom: Sanremo RPF
Ship: Borgan
Avvertimenti: angst, menzione di alcol, velata menzioni di uso di droghe
Note autore: Questa fic fa riferimento a questo (x) background che ho scritto, ma dovrebbe essere comprensibile anche senza averlo letto. Non rispondo di eventuali danni psicologici che possono essere causati dalle mie fic su questa ship (ma se proprio ne avete bisogno vi posso risarcire)
Marco sente la luce del mattino arrivargli dritta sulla faccia e non può evitare di aprire gli occhi. Dopo qualche secondo di disorientamento si rende conto di non essere nella sua camera. Grugnendo riesce a rigirarsi verso l’interno del letto appoggiando il suo peso su un braccio. Non ha bisogno di vedere il volto della figura sdraiata di spalle davanti a lui per sapere che è Cristian. Segue con lo sguardo la curva della schiena scoperta trattenendosi dal tracciare il percorso delle vertebre appena visibili con le dita. Sa che la sua pelle è calda, come lo era la notte prima, come lo era la sera prima, come lo era ogni altra volta che si sono trovati in questa situazione. Man mano che si sveglia Marco riesce a sentire il mal di testa che preme contro le sue tempie. Improvvisamente riesce a sentire il sapore dell’alcol in bocca come se avesse bevuto fino a pochi secondi fa e gli fa venire voglia di vomitare. Non tanto perché gli dia fastidio, beve talmente tanto che non potrebbe mai dargli fastidio, ma perché si fa schifo da solo. Non riesce nemmeno a richiamare alla memoria i ricordi completi della nottata appena passata. Anche se sa benissimo come è andata. È sempre la stessa storia con lui e Cristian.
Morgan chiude gli occhi mentre cerca di pensare a cosa è successo questa volta. Era uscito con i suoi amici, forse aveva preso qualcosa prima di raggiungerli al locale, anzi sicuramente perché i suoi ricordi sono leggermente distorti, sbagliati, non al posto giusto. Cristian era lì. Ovviamente Cristian era lì. E che cosa poteva fare lui se non bere e mormorare qualche insulto sottovoce, quando era abbastanza vicino a lui da poter essere sentito. A fine della serata, quando i loro amici se n’erano andati ognuno in una direzione diversa Cristian lo aveva trovato nel vicolo accanto al locale e lo aveva trascinato verso il suo appartamento. Puzzava di alcol ed aveva lo sguardo stravolto e chiaramente non capiva che cosa stava combinando perché non ha mai portato Morgan nel suo nuovo appartamento: sono sempre andati nel lor- nell’appartamento di Marco.
Morgan è sicuro che Cristian lo abbia coperto di graffi e di morsi fino a renderlo insensibile, perché è quello che fa sempre. Un breve sguardo al proprio petto gli conferma che ha ragione. Traccia con un dito i contorni dei segni che riesce a vedere sulla sua pelle e pensa all’immagine di Cristian nel momento in cui glieli ha lasciati. Può immaginarlo, ma non riesce veramente a ricordarlo. Sa che può aggrapparsi solo a quei ricordi perché una volta sveglio Cristian non gli darà alcun tipo di attenzione, non gli parlerà, non lo stringerà, non lo bacerà. E detesta non riuscire a tenersi stretti quei momenti nella memoria perché sa che sono gli unici momenti di intimità e di vicinanza che ha con lui, quando Cristian è troppo sbronzo o troppo distratto dalla frustrazione per un’altra relazione finita per curarsi veramente di quello di cui ha bisogno Marco o anche solo per accorgersi della sua esistenza probabilmente. E la cosa che fa più male è che Morgan farebbe esattamente lo stesso se fosse al posto di Cristian. Sa benissimo che essere trattato come un semplice oggetto è quello che si merita, ma allo stesso tempo non può fare a meno di desiderare che Cristian voglia di più. La verità è che a Cristian manca solo il contatto, non lui.
Cristian inizia a muoversi leggermente ed in quel momento Morgan realizza che questa volta è a lui che tocca andarsene, che questa volta si trova in casa di Cristian e dovrà trovare la forza di uscire dalla porta. Lo sente mugugnare mentre scaccia a forza il sonno e si mette a sedere sul letto continuando a dargli le spalle. Cristian butta lo sguardo oltre la sua spalla senza guardarlo negli occhi e mormora un “sei ancora qui?”. Morgan vorrebbe replicare che “Sì, ovviamente sono ancora qui e voglio restare qui, con te. Voglio restare qui per sempre. Perché ho sbagliato. Perché sono uno stronzo. Perché avevi ragione tu. Perché senza te io non ci so stare. Perché mi manchi da morire. Perché la nostra fede ce l’ho tatuata sul dito e questo vuol dire che non ci potremo separare mai perché non è un anello che si può buttare via. Perché voglio solo ricominciare. Perché tu mi rendi migliore ed io voglio essere migliore per te.”, ma no, non dice niente di tutto ciò. Finge una mezza risata mentre si mette i pantaloni e poi si accende una sigaretta «Dopo tutte queste volte pensavo di iniziare a chiederti dei soldi.» commenta facendo ballare la sigaretta tra le sue labbra e subito si odia per quello che ha detto. Ma è la sua reazione naturale a tutto quello che dice. Cristian si volta raccogliendo le gambe di lato, con le lenzuola che cadono ed ormai non coprono quasi più il suo corpo. Morgan si sforza di non farci caso, di non pensare a quanto una cosa del genere fosse normale quando erano ancora sposati, ma allo stesso tempo non può fare a meno di fissare l’immagine nella sua testa. Peccato che l’espressione di quello che non può che essere odio di Cristian rovini la visione.
«Non ti preoccupare non ci saranno altre occasioni. E spegni quello schifo non voglio odore di erba in casa mia.» replica Cristian con la voce carica di veleno, e subito si rivolta dall’altra parte e comincia a vestirsi. Marco non ha notato se anche il suo sguardo ha vagato lungo il suo corpo, ma non crede che sia successo. «Questa?» dice sollevando la sigaretta anche se Cristian gli sta dando le spalle «L’ho rollata io, ma è tabacco te lo assicuro. Non rischierei mai di contrariarti più di tanto, altrimenti non avresti più nessuno da scopare quando ti spezzano il cuore.» risponde cercando di suonare altrettanto carico d’odio e intanto si rimette la maglia che è stata buttata in angolo della stanza. Cristian gli lancia la sua giacca mentre esce dalla stanza «Come ho detto, non ci saranno altre volte. Levati dalle palle, in fretta.» gli dice senza incrociare il suo sguardo. Marco si accorge che anche sulla sua pelle ci sono tracce della notte precedente. Non si ricorda di aver cercato di marchiarlo, ma riesce ad immaginare di averlo desiderato e se lo ha desiderato, nella foga del momento e senza i suoi freni inibitori deve averlo anche fatto.
Dopo essersi assicurato di aver raccolto tutte le sue cose dal pavimento Morgan esce dalla camera da letto e trova Cristian in piedi vicino alla tavola della cucina. Vorrebbe scusarsi con lui. Per qualsiasi cosa. Anche per quello che non è colpa sua. Vorrebbe scusarsi perfino per l’esistenza dell’universo perché si sente in colpa come se lo avesse trascinato in un mondo in cui lui non vuole stare. Ironico. Si rende conto di essere lui stesso quello sempre in fuga dal mondo. Ma invece che scusarsi fa una battuta, perché non riesce a trattenersi «Come non mi offri nemmeno un caffè?» dice mentre si infila la giacca e si aspetta che Cristian risponda in maniera simile a prima, che faccia un commento, una battuta o che lo insulti in un qualche modo. Invece no, Cristian deglutisce e risponde in un sussurro, forse pensando di non poter essere sentito «Eri tu che mi preparavi il caffè.». Marco si blocca. Ha sentito. Non sa se gli conviene fare finta di non averlo fatto però. Perché questo è fuori dalla loro solita routine. Nella loro routine di solito neanche si parlano perché Cristian scappa prima che lui si possa svegliare. Si caccia le mani in tasca ed inizia a scorrere con l’unghia del pollice su ogni polpastrello per tenersi ancorato alla realtà. Non lo ha immaginato. È abbastanza certo di essere sveglio e sobrio in questo momento. Potrebbe anche non esserlo però. Potrebbe non essere neanche uscito la sera prima ed essere buttato da qualche parte sul pavimento di camera sua perché ha trovato una foto di Cristian di cui pensava di essersi liberato.
«Ci vediamo la prossima volta che qualcuno ti lascia.» dice Marco mentre si dirige verso la porta per uscire. Se davvero se lo sta solo immaginando non ha senso dire quello che pensa davvero perché non sarebbe reale… E se non se lo sta immaginando, non ha senso comunque perché non aggiusterebbe le cose o forse perché non avrebbe mai il coraggio di parlare. Cristian sta continuando a provare ad andare avanti e lui è solo una distrazione temporanea tra un tentativo e l’altro. «Incredibile.» inizia a dire Cristian e si sposta per appoggiare la testa contro il muro accanto alla porta «Posso ripeterti anche cento volte che non ci sarà una prossima volta, ma tu continui ad insistere che tornerò da te… Quando? Dai fai qualche stima.» nella sua voce non c’è rabbia né disprezzo, suona più che altro sconfitto. «Quando la tua prossima relazione fallirà di nuovo.» dice di riflesso Morgan, perché è quello che pensa, ma mentre si ritrova a fissare ancora una volta la schiena di Cristian adesso riesce a notare qualche graffio che deve avergli lasciato la notte scorsa. «Quando non riuscirai più a sentirmi sulla pelle.» si corregge allora Morgan, ma quasi non crede alle proprie parole. Cristian sospira «Sei uno stronzo, Morgan.» dice prima di voltarsi di scatto, afferrarlo e spingerlo contro il muro dove prima si era appoggiato lui. Marco ha appena il tempo di registrare quello che è successo prima che Cristian lo baci. Si arrende subito al bacio perché come potrebbe non farlo? Lascia che le labbra di Cristian scivolino sulle sue con una voglia che non sembra appartenergli e poi lascia che morda le sue labbra con una delicatezza che si trasforma presto in un desiderio furioso. Questo momento più di qualsiasi altro sembra frutto della sua immaginazione ed allo stesso tempo la cosa più vera che sia accaduta negli ultimi giorni, negli ultimi mesi, negli ultimi anni.
In un attimo Cristian lo lascia andare, come se si fosse improvvisamente bruciato e quasi lo spinge fuori dalla porta. Morgan ha giusto una frazione di secondo per osservare ancora la sua faccia nello spiraglio della porta prima che si chiuda. Nota un paio di lacrime che scendono lungo le sue guance e le sue labbra che si muovono per dire qualcosa che Morgan non capisce. Il suono della porta che si chiude di colpo lo fa quasi sussultare. Si chiede che cosa abbia detto Cristian. Probabilmente non saprà mai la risposta.
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carolinerecords · 4 years
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NELCASO
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Nati e cresciuti in Riviera, in piccoli paesini dislocati tra Bordonchio, Viserba e Rimini, i Nelcaso hanno iniziato a suonare che ancora non avevano la patente per andare a fare i primi concerti, dal 2012 circa. Quando erano tutti assieme vicino al mare era più facile  trovarsi e fare le prove settimanali. Poi qualcuno è andato a Bologna, qualcuno a Milano, qualcuno prima a Milano e poi a Bologna. Sono sempre stati in tre, Moro, Gaio e Rocco, ma in questo disco è arrivato Martino, un cuoco che suona la batteria. “Niente di più, niente di meno. Facciamo emo-folk tirato un po’ via.” - dicono. “Greetings from Kuiper belt” è l’ultimo disco dei Nelcaso, uscito lo scorso 10 aprile e prodotto da Winter Beach, Floppy Dischi, è un brutto posto dove vivere, Dreamingorilla Rec. Il viaggio più lontano che la band abbia mai fatto insieme. Un viaggio non lineare che parte dalla riviera, passa dal Sud America, rimbalza dallo spazio cosmico fino ad uno skate park del Midwest.  Questo quarto e ultimo disco della band è una cartolina spedita a tutti quelli che si sono chiesti dov’erano finiti: da nessuna parte, o meglio molto lontano. Ecco dove.  C’è un racconto di Carver che si chiama “Distanza” e che stranamente parla di Milano, degli istanti e delle scelte che creano quella piccola fessura che separa tutto quanto. Il fatto è che solo in questa distanza d’istanti vissuti si vedono bene le cose, solo da lontano si scontorna bene la terra e tutte quante le galassie. Questo è il resoconto del loro viaggio in otto canzoni.
1 - Ti svegli su un isola deserta. No panic: hai potuto portare con te tre cose e una di queste è un album.
- Se una delle tre cose è un giradischi e se l’isola deserta si trova nel mar dei Caraibi direi l’album omonimo dei Buena Vista Social Club.
2 - On the road: c'è un’ autoradio con dentro una musicassetta. Dentro ci sono almeno tre canzoni da cantare a finestrino aperto.
- Biglia - Brace Perth - Bon Iver Seppia - Setti (bonus track Un mare - Setti).
3 - Hai rimandato, hai rimandato, ma oggi tocca a te. La playlist dal dentista per non sentire il trapano nelle orecchie.
- Scolata alla goccia di Varnelli e Gogol Bordello finché non mi sveglio in mutande, con un'aquila bicefala tatuata sulla schiena steso in un campo di patate.
4 - Qual è il tuo memorabilia musicale a cui non potresti mai rinunciare?
-  Prima maglietta comprata ad un concerto dei Verdena. Non mi entra più e comincia ad avere le maniche rigide ma io la indosso ancora con disinvoltura.
5 - Guilty Pleasure : quella canzone che ti fa vergognare, ma che non puoi proprio fare a meno di ascoltare.
- La dico? La dico. Let it go del film Frozen. Canzone + dialoghi uguale lacrime assicurate.
6 - Film o serie tv : questa volta sceglilo per la colonna sonora.
- 
Twin Peaks, neanche a chiederlo. (bonus Narcos per gli amanti dell’esotico). 7 - La chiavetta nello spazio : la band o il musicista di cui la terra non ha proprio bisogno.
- Ci vorrebbe una chiavetta bella grossa, diciamo almeno dieci yottabyte di musica.
8 - Il 1999 per noi Caroline Records è stato l'anno in cui abbiamo cominciato a diventare quello che musicalmente siamo oggi: tu a che punto eri?
- Diciamo che 3 membri su quattro erano seduti davanti alla televisione a guardare Ash che lasciava andare Butterfree con le lacrime agli occhi. Martino probabilmente era già in giro a scorrazzare tra skate park e concerti punk rock.
9 - E invece un album degli ultimi 12 mesi che tutti dovrebbero ascoltare?
- Il nostro! Comunque è uscita veramente tanta roba bella. Anche in Italia. Mi sento di consigliare il nuovo disco di Colombre, veramente bello. 
10 - Dal vivo: il miglior concerto che hai visto, quello che rimpiangi di aver perso e quello che non vuoi assolutamente perdere.
- Il primo, non si scorda mai, Verdena al Velvet di Rimini. Tre ore no stop condite da fender distrutta sul palco e dedica finale a Silvio Berlusconi (perché?). Sono uscito senza una scarpa ma con una maglietta stupenda. Sui rimpianti tanti. Ora come ora però la cosa che rimpiango è non essere andato a tutti i concerti dei Camillas a cui sarei potuto andare. E sapere che non ce ne saranno più è molto doloroso. Da non perdere tutti, se c’è la possibilità bisogna andare, soprattutto se si parla di musica locale. Just the locals save the locals (strizzatina d’occhio ad amici). —
▼ foto di Rocco Monti
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gloriabourne · 5 years
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The one where Fabrizio gets mad and Ermal needs his forgiveness
Fabrizio era infastidito, quasi arrabbiato.
Non aveva altri modi per descrivere il suo stato d'animo in quel momento.
Forse anche il termine frustrato lo descriveva abbastanza bene, ma più che altro era infastidito.
"Bizio, dai..."
Fabrizio non si preoccupò nemmeno di rispondere ad Ermal, limitandosi a lanciargli un'occhiata scocciata mentre le porte dell'ascensore si aprivano e lui si infilava al suo interno.
Ermal lo seguì sbuffando e si appoggiò alla parete, accanto a Fabrizio.
"Vuoi evitare di parlarmi ancora per molto?" chiese appena l'ascensore iniziò a muoversi.
"Purtroppo non credo servirebbe a qualcosa" borbottò Fabrizio ed Ermal sorrise per essere quanto meno riuscito ad ottenere una risposta.
Fabrizio aveva il broncio da almeno venti minuti e Ermal continuava a non capire quale fosse il motivo.
"Allora mi dici che ti prende?"
Fabrizio rimase in silenzio, mentre aspettava che l'ascensore raggiungesse il loro piano.
Cosa avrebbe dovuto dirgli?
Che era arrabbiato semplicemente perché Ermal gli aveva accidentalmente sfiorato il collo durante un'intervista? Che ce l'aveva a morte con lui perché sapeva benissimo che effetto gli faceva essere toccato in quel punto - sicuramente Fabrizio glielo aveva fatto capire la notte precedente - e soprattutto sapeva quanto odiasse essere provocato in quel modo in un momento in cui non poteva rispondere alle provocazioni?
Appena le porte dell'ascensore si aprirono, Fabrizio sgusciò fuori e iniziò a percorrere il lungo corridoio che portava alle loro stanze.
Ermal lo seguì in silenzio fino a quando lo vide fermarsi di fronte alla sua camera ed estrarre la tessera magnetica dalla tasca.
Senza pensarci troppo - e dopo una brevissima occhiata per assicurarsi che nessuno stesse assistendo alla scena - lo prese per un braccio e lo trascinò di fronte alla porta successiva, quella della sua camera.
Fabrizio - capendo che Ermal lo avrebbe comunque costretto ad entrare in camera con lui e probabilmente lo avrebbe sottoposto a un interrogatorio per capire che problemi avesse - non oppose resistenza ed entrò nella stanza.
Chiuse gli occhi per un attimo, ricordando come si era sentito quando era entrato nella stessa stanza appena ventiquattro ore prima, quando le cose con Ermal erano ancora confuse e nessuno dei due aveva avuto il coraggio di dire all'altro cosa provasse.
Si era sentito ansioso, come se tutti i baci che si erano scambiati da Sanremo fino a quel momento non avessero importanza e fossero stati solo momenti di debolezza, come se ogni volta in cui erano stati nello stesso letto a fare l'amore non avesse nessuna importanza.
E invece poi in quella stanza era cambiato tutto. Ermal lo aveva baciato, aveva trovato il coraggio di dirgli che avrebbe voluto continuare a farlo per sempre e Fabrizio aveva risposto che per lui era lo stesso. E poi avevano fatto l'amore fino a togliersi il fiato, promettendosi che quando sarebbero tornati in Italia, quando avrebbero accantonato l'esperienza dell'Eurovision, tra loro non sarebbe cambiato niente.
Sembrava passata una vita da quel momento.
L'unica cosa che teneva Fabrizio con i piedi ancorati a terra, con la certezza che erano passate solo poche ore dal momento in cui avevano deciso di fare sul serio, era il fatto che fino al giorno precedente non si sarebbe mai permesso di fare una scenata perché credeva che Ermal lo avesse volutamente provocato. Quello era un limite che fino a quel momento non si era mai permesso di oltrepassare.
"Sei arrabbiato e non riesco a capire perché" disse Ermal, mentre si sfilava la giacca e la abbandonava sullo schienale di una sedia.
Fabrizio sospirò.
Non era nemmeno più arrabbiato, in realtà.
Il fatto era che in quel momento - in quel breve istante appena dopo l'intervista, in cui avevano fatto un paio di foto ed Ermal aveva accarezzato il suo collo con le dita - gli erano tornati in mente tutti i momenti in cui avevano fatto l'amore e si era sentito morire all'idea di non poterlo baciare all'istante. E un po' si era arrabbiato perché era quasi certo che Ermal lo avesse fatto volutamente, con il solo scopo di provocarlo in un momento in cui lui non poteva fare niente se non cercare di rimanere impassibile.
Ma poi la rabbia era sparita - come ogni volta in cui Ermal era vicino a lui - ed era rimasta solo quella tremenda frustrazione e quella voglia di baciarlo fino a fargli mancare il respiro.
"Non sono arrabbiato" disse Fabrizio ancora in piedi in mezzo alla stanza, mentre Ermal si sedeva sul letto.
"Ok, allora dimmi che ti prende" rispose Ermal continuando a fissarlo.
Fabrizio sbuffò e si passò una mano tra i capelli con fare nervoso.
Le cose tra lui ed Ermal si erano appena chiarite e stabilizzate, non sapeva ancora quale fosse il modo più giusto di comportarsi e se fosse il caso di confessargli ciò che gli passava per la testa oppure no.
"Sei uno stronzo" disse qualche attimo dopo, decidendosi a dire semplicemente ciò che pensava.
"Come, scusa?" chiese Ermal perplesso.
"Sei uno stronzo. Perché sai benissimo che effetto mi fa anche solo starti vicino, sai benissimo cosa provo quando mi tocchi. E prima, mentre facevamo quelle foto... Cazzo, Ermal, avrei voluto baciarti lì, davanti a tutti."
Ermal lo guardò mentre un sorriso gli incurvava leggermente le labbra. Sapere di fare quell'effetto a Fabrizio, lo faceva sentire bene come poche altre cose nella vita.
"Puoi baciarmi ora" disse Ermal alzandosi e camminando verso di lui.
"No."
Ermal si bloccò a pochi passi da lui, senza capire il motivo del suo rifiuto. "Cosa?"
Fabrizio cercò di restare serio, mentre quell'idea assurda continuava a ronzargli nella testa.
Non voleva davvero mostrarsi arrabbiato con Ermal, ma continuava a pensare a come sarebbe stato fingere di essere così arrabbiato da spingere Ermal a farsi perdonare.
Perdonare per cosa poi? Per averlo accidentalmente toccato più del normale durante un'intervista?
L'idea era assurda anche solo a pensarci, eppure Fabrizio non riusciva a fare a meno di pensare a tutti i risvolti che avrebbe potuto avere quella situazione, mentre sentiva i suoi jeans farsi sempre più stretti.
"Tu non hai idea di come mi sono sentito. I brividi lungo la schiena mentre sfregavi la mano sul mio collo, l'esigenza di baciarti e toccarti ma non poterlo fare..." disse Fabrizio con voce più roca del solito.
"Quindi vuoi vendicarti? Tu non hai potuto baciarmi quando volevi e io ora devo subire la stessa cosa?" disse Ermal divertito.
Ormai aveva capito che Fabrizio non era veramente arrabbiato e che lo stava solo prendendo un po' in giro.
"No, però credo di avere il diritto di togliermi qualche soddisfazione, quindi ora si fa a modo mio. Devi farti perdonare" disse Fabrizio con tono fermo, anche se in realtà non era mai stato così insicuro.
Sapeva quanto Ermal amasse avere il controllo della situazione in quei momenti, e non era certo che avrebbe accettato di lasciargli fare ciò che voleva.
Ma Ermal sembrava più che d'accordo a lasciare che, per una volta, fosse Fabrizio a gestire quella situazione.
Camminò lentamente all'indietro, tornando a sedersi sul letto con un sorrisetto malizioso stampato in faccia, e disse: "Va bene, Bizio. Cosa vuoi che faccia?"
Fabrizio sorrise per un attimo, felice che Ermal lo avesse assecondato in quella folle idea che gli era passata per la mente, e poi si avvicinò a lui sbottonandosi i jeans e abbassandoli abbastanza da lasciar vedere l'enorme rigonfiamento nei suoi boxer.
Ermal seguì ogni suo movimento, aspettando che Fabrizio gli dicesse chiaramente cosa desiderava.
Aveva voluto iniziare quel gioco e ora Ermal non vedeva l'ora che lo portasse a termine.
Ogni volta che erano stati a letto insieme, era sempre stato lui ad avere il controllo della situazione.
Inizialmente perché era una situazione nuova e lui si sentiva insicuro, quindi Fabrizio gli aveva lasciato prendere il controllo in modo da sentirsi a suo agio. E poi semplicemente le cose erano continuate in quel modo.
Quella era una svolta nel loro rapporto e, nonostante una piccola parte di Ermal temesse ancora di fare certe cose nel modo sbagliato e volesse avere il controllo della situazione, non gli dispiaceva poi così tanto che per una volta fosse Fabrizio a guidarlo.
Osservò Fabrizio toccarsi distrattamente attraverso il tessuto dei boxer e, il solo vedere la sua mano tatuata stretta sulla sua erezione ancora coperta, gli provocò un familiare brivido di aspettativa lungo la schiena.
Iniziava a sentire il tessuto dei suoi pantaloni tirare dolorosamente e non riusciva a pensare ad altro se non al sollievo che avrebbe provato quando finalmente la sua erezione sarebbe stata libera da ogni costrizione, ma in quel momento non era lui a decidere cosa fare.
Era Fabrizio ad avere il comando ed Ermal voleva che fosse lui a dirgli se e quando avrebbe potuto finalmente spogliarsi.
In un attimo, si rese conto di quanto quella situazione - seppure nuova e completamente sconosciuta per Ermal - lo stesse eccitando più di ogni altra cosa.
Fabrizio infilò i pollici oltre il bordo dei boxer e li spinse verso il basso insieme ai jeans, sfilandoseli un attimo dopo.
Ermal deglutì a vuoto mentre Fabrizio, ormai nudo dalla vita in giù, si sfilava lentamente la giacca e la maglia e le abbandonava sul pavimento.
Ogni volta che Ermal si trovava di fronte al corpo nudo di Fabrizio, non poteva evitare di fissarlo e imprimere nella sua memoria ogni suo particolare.
Gli sembrava ancora strano che un uomo così bello - bello davvero, e non solo esteticamente - avesse deciso di stare proprio con lui.
Fabrizio intanto si stava toccando svogliatamente, ormai senza strati di stoffa a coprire la sua erezione, tenendo lo sguardo fisso su Ermal.
"Lo sai cosa vorrei. Ormai mi conosci" disse Fabrizio avvicinandosi ulteriormente.
Ermal sollevò lo sguardo, abbastanza da poterlo guardare negli occhi, e rispose: "Lo so, ma voglio sentirtelo dire. Se vuoi che io faccia qualcosa per farmi perdonare, devi chiedermelo."
"Che stronzo che sei" mormorò Fabrizio trattenendo un sorriso.
Ermal si strinse nelle spalle, come a confermare che era effettivamente uno stronzo ma che non gli importava.
"D'accordo, se proprio vuoi sentirtelo dire... Voglio che mi tocchi. E poi voglio sentire la tua bocca su di me, tanto lo sappiamo entrambi che la storia che non ti piacciono i lecca-lecca è una cazzata" disse Fabrizio.
"Pessima battuta" constatò Ermal, senza però farsi ripetere da Fabrizio ciò che desiderava.
Gli spostò delicatamente la mano, sostituendola con la sua, e iniziò a masturbarlo lentamente, sentendo l'erezione del compagno pulsare tra le mani.
Quando lo sentì iniziare a gemere - mentre teneva gli occhi chiusi e la testa reclinata - Ermal fece un ghigno soddisfatto. Sapere che Fabrizio gemeva così per lui, a causa di ciò che lui gli stava facendo, lo faceva sentire potente. E anche se in quel momento era Fabrizio a decidere cosa fare, ad avere il controllo della situazione, Ermal in realtà sapeva bene che era lui ad avere tutto sotto controllo, che se solo avesse smesso di fare ciò che stava facendo Fabrizio lo avrebbe letteralmente supplicato di continuare.
Continuando a tenere lo sguardo fisso su di lui, prese in bocca la sua erezione, facendola scivolare fino in gola.
Dalla bocca di Fabrizio uscì un gemito più forte degli altri, mentre abbassava lo sguardo e puntava gli occhi in quelli di Ermal.
"Cazzo, potrei venire solo guardandoti" mormorò facendo scivolare una mano tra i suoi capelli e accompagnando i suoi movimenti.
Ermal accelerò il ritmo, stuzzicando la punta con la lingua e massaggiandogli i testicoli pieni con la mano, fino a quando Fabrizio - ormai vicino all'orgasmo - lo costrinse a fermarsi.
"Sei già al limite? Peccato, iniziavo a divertirmi" disse Ermal, pulendosi gli angoli della bocca con il dorso della mano.
"Al tuo posto, non farei troppo lo spavaldo" rispose Fabrizio.
La sua erezione pulsava così tanto da fargli male e sentiva il bisogno di raggiungere l'orgasmo il prima possibile, ma non voleva dare ad Ermal quella soddisfazione.
"Potrei abituarmi a questa versione di te. Non sono abituato a vederti fare il prepotente in queste situazioni, però mi piace" disse Ermal, iniziando a toccarsi distrattamente attraverso la stoffa dei pantaloni che ancora indossava.
"Smettila di toccarti" ordinò Fabrizio. Se a Ermal piaceva che lui facesse un po' il prepotente in camera da letto, di certo lui non glielo avrebbe negato.
Ermal sollevò le mani all'istante, mentre sulle sue labbra continuava a esserci l'ombra di un sorriso malizioso.
"Spogliati" ordinò nuovamente Fabrizio, facendo un passo indietro per permettere ad Ermal di alzarsi dal letto e spogliarsi di fronte a lui.
Lo osservò mentre si toglieva i vestiti lentamente - troppo lentamente per essere un movimento casuale - e cercò di resistere all'impulso di masturbarsi di fronte a lui, conscio che se lo avesse fatto sarebbe venuto in un attimo.
"E adesso?" chiese Ermal provocandolo.
Fabrizio non rispose. Si limitò a far tacere anche Ermal avvicinandolo a sé e baciandolo.
Affondò la lingua nella sua bocca, lasciandosi scappare un gemito nel momento esatto in cui il suo bacino si scontrò con quello del compagno.
Ermal posò le mani sui fianchi di Fabrizio, facendole poi scivolare sulle sue natiche e stringendole, obbligando il compagno a emettere una serie di altri gemiti osceni.
"Voglio essere io a prenderti, questa volta" sussurrò Fabrizio, mentre si allontanava dalle labbra di Ermal solo per iniziare a torturargli il collo.
Ermal annuì con un cenno, mentre inclinava la testa per lasciare a Fabrizio più spazio.
Qualche attimo dopo, si ritrovò con la schiena premuta sul materasso e Fabrizio inginocchiato tra le sue gambe che lo fissava eccitato.
Fabrizio si chinò su di lui, appoggiandogli due dita sulle labbra e invitandolo a leccarle, e Ermal non poté fare a meno di assecondarlo, tenendogli il polso fermo e facendo scivolare le dita del compagno nella sua bocca.
Fabrizio rimase incantato a fissare le labbra di Ermal chiuse attorno alle sue dita, mentre sentiva la lingua del compagno scivolare sulla sua pelle cospargendola di saliva. Al solo pensiero, sentì la sua erezione pulsare dolorosamente.
Voleva fare l'amore con Ermal, lo voleva disperatamente, e quell'attesa - per quanto lo avesse stuzzicato all'inizio - lo stava innervosendo.
Ormai stanco di aspettare, ritrasse le dita dalla bocca di Ermal e le indirizzò verso la sua apertura.
Ermal cercò di trattenere una smorfia di leggero fastidio sentendo le dita del compagno farsi lentamente spazio dentro di lui, ma pochi attimi dopo - non appena Fabrizio sfiorò la sua prostata - si ritrovò a gemere e ad andare incontro alle sue dita.
Fabrizio lo preparò con calma, consapevole che Ermal non fosse abituato a trovarsi in quella situazione e, solo quando fu convinto che Ermal non stesse più provando alcun fastidio, decise di sostituire alle sue dita la sua erezione.
Appena iniziò a spingersi lentamente in lui, Ermal chiuse gli occhi cercando di mostrarsi impassibile a quel dolore iniziale che sapeva benissimo avrebbe sentito, e Fabrizio - nonostante fino a quel momento avesse cercato di impartirgli degli ordini e di mostrarsi più autoritario del solito - non riuscì a evitare di sporgersi verso di lui lasciandogli un bacio su una guancia e sussurrando: "Ora passa, amore mio."
Ermal annuì mentre sentiva i suoi muscoli abituarsi lentamente all'intrusione e dopo qualche attimo sentì finalmente il dolore svanire.
"Muoviti" mormorò qualche secondo dopo.
Fabrizio - che fino a quel momento aveva tenuto le labbra premute sulla sua pelle, come a volerlo rassicurare - lo guardò e disse: "Sicuro?"
Ermal annuì con un cenno, desideroso di sentire Fabrizio muoversi dentro di sé.
"Chiedimelo" disse Fabrizio, usando di nuovo il tono autoritario di qualche minuto prima.
"Ti prego, Bizio..."
Fabrizio sorrise, soddisfatto di aver costretto Ermal a supplicarlo per ottenere qualcosa, e iniziò a muoversi lentamente.
Avrebbe voluto affondare in lui più velocemente, far raggiungere a entrambi l'orgasmo che desideravano, ma allo stesso tempo voleva che fosse Ermal a chiederglielo. Voleva che arrivasse al punto di supplicarlo ancora.
"Bizio, più forte..." sussurrò Ermal dopo qualche attimo. Aveva i capelli scompigliati, alcuni ricci erano appiccicati alla fronte sudata e aveva la faccia stanca.
Eppure Fabrizio non riuscì a evitare di divertirsi ancora per un attimo. Finse di non averlo nemmeno sentito, rallentando ancora di più di movimenti e obbligando Ermal a pregarlo di avere di più.
Solo dopo l'ennesima supplica, Fabrizio si decise ad accontentarlo accelerando il ritmo delle spinte e portando una mano tra loro, muovendola rapidamente sull'erezione di Ermal.
Pochi minuti dopo, Ermal venne nella mano di Fabrizio e sul suo stesso stomaco. Per Fabrizio fu necessario semplicemente guardare Ermal venire sotto di lui e gemere il suo nome, affinché lo seguisse a ruota riversandosi dentro di lui.
Quell'orgasmo era stato più intenso di qualsiasi cosa avessero provato prima di quel momento e per entrambi furono necessari parecchi minuti prima di riuscire a recuperare il fiato necessario ad emettere anche solo un sospiro.
Il primo a ritrovare la forza di parlare - e la capacità di articolare una frase di senso compiuto - fu Ermal.
Si voltò verso Fabrizio - steso accanto a lui, con gli occhi chiusi e il cuore che ancora non aveva ripreso a battere normalmente - e disse: "Eri davvero arrabbiato prima?"
Fabrizio scosse la testa, poi aprì gli occhi e si voltò verso di lui. "No, figurati. Cioè, ero un po' arrabbiato perché ero convinto che tu mi avessi provocato volutamente e perché di fronte a tutte quelle persone non potevo fare ciò che avrei voluto. Però, insomma, non è che fossi arrabbiato davvero. Infastidito, frustrato... ma arrabbiato, no. Non veramente, almeno."
Ermal rimase un attimo in silenzio, come se in quel momento il suo cervello avesse bisogno di qualche secondo in più per elaborare quel discorso, poi sorrise.
Fabrizio aggrottò la fronte. "Che hai da sorridere?"
"Niente, solo che un po' mi spiace che tu non fossi davvero arrabbiato."
"Perché?" chiese Fabrizio sempre più confuso.
Ermal si morse il labbro inferiore e arrossì, quasi vergognandosi di ciò che stava pensando. Poi disse: "Perché mi è piaciuto questo metodo per cercare di farmi perdonare."
E in quel momento Fabrizio ebbe la certezza che forse da lì in poi avrebbe finto di essere arrabbiato molto più spesso.
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Per sempre sarai
PROMPT: Mi piacerebbe leggere qualcosa dove Ermal, che ormai da più di un anno conosce Fabrizio, si è lasciato talmente coinvolgere dal suo modo di essere che decide di fargli una sorpresa. Va da Romina e si fa fare un tatuaggio. Una cosa piccola perché è la sua prima volta, ma molto significativa per loro. Vuole essere il suo modo per dire a Fabrizio che gli entrato fin sotto la pelle e che non potrà mai cancellarlo. Insomma una cosa da diabete. 😂
Ci tengo a dire che mentre scrivevo sta cosa è partita “Piccoli problemi di Cuore” e sto ridendo da mezz’ora a sentire ermal che canta “sono piccoli problemi di cuore nati da un’amicizia che profuma d’amore” vi giuro non ce la sto facendo manco mai anche se quando mai ce la faccio
Ma ecco che vado (sarà breve e diabetoso ve lo dico in anticipo ma sono soft af oggi)
Ermal non è mai stato un tipo da tatuaggi
Sia ben chiaro, non che abbia qualcosa contro i tatuaggi o chi se li fa eh
Però non sono mai stati una cosa sua e non ha mai sentito il particolare desiderio di farsene uno nonostante ne abbia visti alcuni esteticamente molto belli
Finché non è arrivato Fabrizio
Fabrizio con la sua pelle inchiostrata che è come un libro aperto su cui puoi leggere la sua storia
Fabrizio che è più tatuaggi che braccia e petto
Fabrizio che è bello, bello in tutto, sia dentro che fuori
Fabrizio che, lo sa, ha finito per entrargli fin sotto la pelle, lasciandovi un segno indelebile della sua presenza
Esattamente come un tatuaggio sulla pelle, solo sull’anima
Tuttavia, più il tempo passa e più Ermal inizia a provare il curiososo desiderio di vederselo anche stampato addosso, questo segno
Una cosa piccola, magari, ma qualcosa che sia loro e loro soltanto
Per la verità, non ci deve pensare poi tanto.
L’idea gli viene un giorno mentre, a letto, stanno accoccolati vicino, la sua schiena contro al petto di Fabrizio e le loro mani strette insieme, la penombra della luce lunare e dei lampioni che nella notte romana sa di serenità
E di colpo, sa cosa deve fare
Il giorno dopo, va da Romina.
Va da Romina perché sa che deve essere lei e nessun’altro a fargli quel piccolo favore
Non ci vuole nemmeno molto: lei è stupita di vederlo arrivare, ma quando le spiega ciò che vuole sorride
“Si può fare?” le chiede e lei sorride “Per così poco” replica lei
La sera stessa sta a casa loro, con il suo segreto nascosto sotto alla camicia
Mangiano insieme, esattamente come al solito -quando gli è concesso dai rispettivi impegni, chiaro- e sistemano i piatti nel lavandino.
Tutto scorre normalmente, insomma
Si baciano
Tanto, come al solito quando riescono a stare insieme - conciliare due carriere come le loro non è facile tra concerti, interviste, inviti ai programmi...
È solo quando arrivano in camera e Fabrizio gli bacia il collo che Ermal sorride
Sorride perché sa cosa sta per trovare, quando lo spoglierà, e non riesce a impedire alle proprie labbra di aprirsi in un sorriso nonostante si senta anche un po’ agitato
E se non gli piacesse?
Non che creda davvero a questa ipotesi, ma sai com’è, su un 99,9% di probabilità che gli piaccia c’è sempre quello 0,1% che...
“Che c’è?”
Fabrizio glielo chiede curioso, squadrandolo appena, divertito
“Niente”
Troppo in fretta, ha risposto troppo in fretta
“Che mi nascondi?” Domanda Fabrizio, ancora più incuriosito
Capisce benissimo dalla sua espressione che c’è qualcosa, ma Ermal scuote appena il capo e si morde il labbro senza dire niente
Fabrizio lascia perdere.
Non perché voglia farlo, ma perché sa che glielo dirà non appena vorrà e dato che non è nulla di brutto che deve dirgli continua a baciarlo, delicatamente, iniziando a slacciargli appena la camicia
“Hai una sorpresa per me?” Chiede, la voce appena roca
Ermal non parla.
Non parla ma ad ogni bottone slacciato si morde più forte il labbro, in attesa che veda
“Ao, t’hanno mangiato la lin-“
Si interrompe
Si interrompe perché non riesce a credere a quel che vede e Ermal sa che ha visto perché gli fissa insistemente il petto
Petto sul quale, a destra, Ermal si è fatto tatuare una semplice parola
Pace
Sta lì e Fabrizio la guarda, incredulo, e senza nemmeno accorgersene vi passa la punta delle dita, sfiorandola
“Ti piace?”
Ermal glielo chiede appena timoroso dato il suo prolungato silenzio, ma quando Fabrizio alza la testa, gli occhi lucidi che si scontrano con i suoi, sa che si, gli piace, molto
“L’ho messa qui” dice, posando la mano sulla sua “nella tasca a destra in alto, metaforicamente parlando” cita e poi sorride appena, intrecciando le dita con le sue “Mi è venuto in mente vedendo la tua mano sul mio petto. Volevo qualcosa che fosse nostro e mentre ero lì steso a letto con te l’ho letto e ho pensato che era vero, che era così che mi sentivo: in pace”
E fa un sospirone tremante “so quanto è importante questa parola per te e so anche quanto è vero che è così che mi sento quando stiamo insieme. Tu... hai rimesso tutto a posto in un periodo in cui le cose erano veramente, beh, una merda. Mi hai dato tantissime cose, Fabrizio, tutte bellissime e io-“
Si interrompe perché Fabrizio lo bacia. Lo bacia e può sentire il suo viso umido ma non importa perché lo stringe a se forte, fortissimo, e può sentire in quella stretta tutto l’amore che prova
E quella stessa pace che hanno tatuata addosso quando sono insieme, sulla pelle e nell’anima
E sa di aver fatto la scelta giusta
D’altronde, chi ti entra sotto la pelle più di qualcuno che ti regala tanto di quel bene da farti sentire in pace con tutto?
Anche quando niente è a posto, ma tu sei in pace perché beh, sei tu che sei nel posto giusto
E Fabrizio tira su con il naso, premendo le labbra contro i suoi ricci scuri che tanto ha imparato ad amare, come ha imparato ad amare lui, in ogni aspetto
“È bellissimo” risponde, tirandosi appena indietro, asciugandosi il viso
E poi, gli da un bacio leggero, casto, che posa sulle sue labbra con dolcezza
Ermal vi legge un grazie, lì dentro, e un amore così grande che non è sicuro di meritare ma che di certo Fabrizio ha scelto di dare a lui
Finiscono a letto, poi, si, a baciarsi dolcemente
E quando gli sembra di averne abbastanza, rimangono accoccolati
Ermal sorride, notando come le dita di Fabrizio corrano sempre più spesso sul suo petto
“Ho anche affrontato la paura di quei maledetti aggeggi per tatuarmi per te” scherza, baciandogli la guancia
Fabrizio sorride, l’espressione dolce e serena mentre guarda quelle quattro lettere sul suo petto
“Ermal” lo richiama “per quel che vale, non cambierei niente del momento in cui ho fatto questo tatuaggio” dice, mostrandogli la mano “però grazie per avergli ridato un senso positivo dopo tutto questo tempo”
Non c’è nient’altro da aggiungere mentre si stringono a vicenda, accoccolandosi più vicini
Perché in fondo, hanno già detto tutto ciò che c’è da dire
E su di loro, cala semplicemente la pace
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pagliachrismusic · 3 years
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Ma quanto è bello il tatuaggio di @francescowild ? Voglio anch’io la schiena tutta tatuata come lui! 🤩 nooooo… io non sono tipo da tatuaggi! 😜 . . Ph📸: @alebaroni__ . . #pagliachris #frawild #tatoo #backstage #videoclip #moto #motocycle #blacktattoo #style #ontheroad #behindthescenes #menstyle #strikeapose #burningup #brum #photography #photooftheday #featuring #divideetimpera #lastsong https://www.instagram.com/p/CVz86qJITer/?utm_medium=tumblr
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stanza707 · 6 years
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Madreh:"Giorgia si è tatuata dietro alla schiena"
Cugina1:"UUUUH Voglio vedere!"
Cugina2:" Sì! Vedereeeee!"
Io:"Ok, regà però mi nonna non lo sapeva eh"
Nonna:" Io so' sorda mica ho capito che state a dì"
Zia:"Voglio guardare anche io!"
Nonna:"Oh! Ma che te sei impazzita?? Ma che te l'ha fatto??"
Zia:" E allora Cugino1 che ne ha 5!"
Nonna:"Levati questo coso dalla schiena! Guarda che te lo gratto via con la spazzola!"
Io:"E allora hai visto Cugino1? Alzagli le maniche!"
Nonna:" EEEEEH??"
Cugino1:"E allora hai visto Cugina1??"
Cugina1:"Ma io non l'ho ancora fatto!"
Nonna:"Oh ma che ce l'avete tutti?"
Cugino1:"Ma hai viso Cugino2???"
Nonna:"!!!"
Cugino1:"E non hai visto Madreh di Giorgia???"
Io:"Ok basta sta degenerando"
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scurtiteam · 4 years
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Oggi il corriere mi ha portato un #regalo 🥰 Non so chi io debba ringraziare per il pensiero e per la meraviglia delle #parole che ha voluto dedicarmi. ❤️ "Come un drago che non fugge dai propri demoni, come una fenice che risorge più forte su di essi da un futuro migliore" Qualcuno che mi conosce, che sa della mia passione per la #lettura e della mia #fenice tatuata dietro la schiena..ma soprattutto qualcuno con un' #animabella che non stima i rapporti personali per convenienza, che sa guardare oltre all'opportunismo e al ricavare qualcosa per se stesso da qualsiasi cosa, qualcuno che sa che qualcosa di bello e di migliore deve arrivare, qualcuno che guarda agli altri con gli occhi del #cuore e non quelli del portafoglio. Che tu possa ricevere indietro almeno il triplo di quanto regali agli altri. Grazie di ❤️ #libri #pensieri #cosebelle #sorpresa #vadovetiportailcuore #vita #love (presso Orvieto) https://www.instagram.com/p/CDJoTTBCstl/?igshid=cjlgjxpmtb70
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﹟Rᴀᴠᴇɴғɪʀᴇʀᴘɢ 𝐀𝐫𝐞𝐬 & 𝐋𝐚𝐮𝐫𝐞𝐥 𝟹𝟶.𝟶𝟺.𝟸𝟶 Bosco
Il viso sporco, le nocche delle mani sanguinanti, mentre la giovane veggente continuava a sfogare la propria rabbia, la propria frustrazione, verso quel povero albero in mezzo al bosco. Non ci andava spesso a dire il vero, ma mai prima di allora aveva provato tanti sentimenti contrastanti. Era felice, era arrabbiata, era triste. Per questo quella volta non era andata al bar per distrarsi, per questo aveva evitato la palestra. Non doveva farsi vedere da nessuno, non poteva farsi vedere in quello stato, con il viso rigato dalle lacrime. Alla fine chi poteva vederla nel bosco? Chi poteva sentirla? Era il posto perfetto. Un altro pugno, la mano tatuata chiusa si stava scontrando ancora una volta con la corteccia bianca e luminosa, adornata da profonde crepe nere, di quel povero albero che aveva preso di mira. Un grido, la odiava. No, la amava. No. No. No. No e ancora no! La verità era che non poteva dare un nome a quel sentimento, non poteva spiegare come si sentiva. Era una cosa più grande di lei e ne era consapevole. Quella maledettissima fata che continuava a perseguitarla, si sentiva presa in giro. Presa in giro da lei, dal destino.
"Chi è là? Tu chi sei?"
Una voce femminile spezzò il filo dei pensieri della veggente che intanto stava ripensando a tutto ciò che aveva pensato. Così, con gli occhi pieni di rabbia girò il viso verso la donna, quasi ringhiando.
"La vera domanda è: Chi sei tu? E perchè sei qui?"
Chiese, forse aveva gridato più forte del previsto.
Laurel Tempest A. Seered
Spesso dalle decisioni sbagliate venivano straordinarie opportunità, ma non era ciò che era successo quando decise di andare a fare una passeggiata nel bosco. Quel luogo così tetro ed oscuro sembrava attirarla ad ogni passo, ma soprattutto la veggente sentiva il richiamo di quella oscurità che, in qualche modo, ora faceva parte di lei. Tante cose ormai erano cambiate nel corso degli ultimi anni, la spensieratezza aveva ceduto il passo a sentimenti di certo più maturi ma anche a una consapevolezza che affondava le sue radici in quelle esperienze così negative. Passo dopo passo, Laurel si stava addentrando sempre di più nel fitto bosco quando sentì dei rumori che assomigliavano sempre più a tonfi. Aveva parlato come se chiunque potesse mostrarti, un velo di paura tradiva quella voce spezzata, ma fu la replica della giovane che si mostrò a farla bloccare a qualche metro di distanza. « Rispondere con una domanda... Decisamente scontato. » Bofonchiò la giovane dai crini cremisi mentre osservava con più attenzione la ragazza che mostrava i segni di chi non se la stava passando bene. Crepe su crepe risaltavano sulla corteccia di quell'albero, ma soprattutto rimase impressionata dalla forza e falla furia che sembrava trasudare. « Prendertela con quell'albero, farà migliorare la situazione... Qualunque cosa tu stia cercando di fare. Mi chiamo Laurel. »
Ares Knight
"Probabilmente si, ma non mi interessa di risultare originale." Ammise quindi la veggente, posando lo sguardo su quella ragazza: capelli cremisi, grandi occhi castani. Faceva sicuramente parte della famiglia Seered, una delle più importanti in quella piccola cittadina, una delle più conosciute. Una veggente, proprio come lei. Eppure ad Ares sembrava che la cosa non interessasse più di tanto. Era una donna, una bellissima donna, che però l'aveva appena interrotta. Distratta. Si girò quindi nuovamente, colpendo un'ultima volta l'albero, non con meno potenza rispetto alle precedenti, ma forse con meno fretta, con meno rabbia. Sospirò, certo lei non aveva torto, anche se Ares fosse riuscita ad abbattere l'albero cosa avrebbe ottenuto? Solamente delle dita sanguinanti e doloranti, nient'altro sarebbe cambiato. Non sarebbe tornata indietro nel tempo, non avrebbe smesso di pensare a quella fata. "Ares. Ares Knight." Disse quindi semplicemente prima di sfilarsi la giacca dei Wolves, liberandosi da quello che in quel momento avrebbe descritto come un peso, lasciandola andare a terra. "Tu perchè sei da queste parti, rossa?"
Laurel Tempest A. Seered
Una certa tensione tradiva le parole della rossa che, nonostante lo sguardo sprezzante che le rivolgeva la sconosciuta, sapeva perfettamente come tener testa a chi poteva essere decisamente una testa calda. Più osservava i movimenti scattanti della mora, più la curiosità faceva capolino in lei spingendola a chiedere anche cose che non avrebbe dovuto. Si limitò così a stringersi nelle spalle, un movimento leggero ma che probabilmente diceva più di mille parole. Si sentiva osservata, perfino studiata, e sapeva perfettamente che i suoi lunghi capelli rossi erano un modo perfetto per far sì che tutti la riconoscessero in città. « Ti alleni per scatenare una guerra? Credimi ci sono già abbastanza tafferugli. » Domandò prima di avvicinarsi ma rimanendo sempre a debita distanza. Con un tipo del genere poteva accadere qualunque cosa, e non ci teneva minimamente a tornare a casa con un occhio nero. Osservò poi i movimenti e solo quando vide lo stemma dei Wolves sulla schiena della giacca, cominciò a capire il temperamento della giovane. « Diciamo che avevo bisogno di sgranchirmi le gambe, ma il bosco sembra essere diventato sempre più frequentato ultimamente. Ma comunque... A parte distruggerti le mani, pensavi di abbatterlo? Magari potresti semplicemente parlare invece di rispondere come una donna delle caverne. »
Ares Knight
"Una guerra?" Ripeté la ragazza dai corti capelli, scuotendo leggermente il viso, mentre il suo respiro iniziava a regolarizzarsi. La sua postura, fino a poco prima curva, stava tornando composta e le mani, chiuse a pugno, stavano iniziando ad allentare la presa. " Devi essere molto sfacciata, o molto stupida, per dire ad una ragazza visibilmente fuori controllo, in mezzo al bosco, che sembra una cavernicola." Rispose quindi Ares, che iniziò quindi ad accarezzare le affusolate dita sanguinanti prima di fare un passo verso di lei. Ormai il movimento del suo petto era quasi impercettibile, era calma. Si stava distraendo. Senza neanche rendersene conto quella donna le stava dando un grandissimo aiuto. "Sai, a volte parlare non è così semplice come sembra... O addirittura può far stare ancora peggio."
Laurel Tempest A. Seered
Il fatto che la più piccola dei Seered fosse sfacciata non era affatto una novità. Nonostante fosse ligia alle regole, Laurel sapeva infatti farsi valere anche quando incontrava qualcuno di sconosciuto, ma nel mezzo di quel bosco di cui narravano fin troppe storie, la rossa aveva semplicemente espresso la sua opinione. Si ritrovò così a scuotere il capo mentre gli occhi della sconosciuta ora sembravano essere focalizzati unicamente su di lei. « Semplicemente osservo i fatti. » Si limitò a replicare la rossa con una rapida scrollata di spalle. Non era nelle sue intenzioni insultare la giovane, s'era limitata solamente a dire le cose come stavano eppure fece un passo indietro. Avrebbe dovuto tornare a casa, buttarsi nel suo immenso letto e chiudere gli occhi, solo così avrebbe allontanato tutto quei pensieri che le stavano dando il tormento. « Io trovo siamo più consoni metodi più civili, e magari parlare... Può farti sentire peggio nell'immediato, ma dopo è una liberazione. Ad ogni modo, sei libera di ritornare a prendertela con quel povero albero. » Senza nemmeno darle modo di replicare, Laurel fece un altro passo indietro dando un ultimo sguardo alla sconosciuta, prima di voltarsi e tornare verso casa. Avevano ragione le persone che dicevano che si incontravano persone strane nel bosco, e non tutte erano fate.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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10 domande random a caso: - hai un tatuaggio? - oggetto da cui non potresti mai separarti? - fiore preferito? - colore preferito? - hai delle fobie? - ti arrabbi facilmente? - ti mangi le unghie? - il momento più bello della tua infanzia? - cosa fai quando sei triste? - se ti tingessi i capelli di un colore strano, quale sarebbe?
1. Ho una L tatuata dietro la schiena.2. Il mio abito da torero, ovvio!3. Le rose4. Verde5. Perdere le persone che amo di più 6. No, solo quando mi toccano Lovino7. No, per fortuna no.8. Di sicuro i momenti passati con Francis e Gilbert sono i migliori9. Mi ingozzo di pomodori!10. Azzurro! Sarebbero originali e strani!
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paoloxl · 4 years
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La mattina del 28 novembre le agenzie senza enfasi o approfondimenti battono la notizia di una operazione di polizia contro vari estremisti di destra, detta “Ombre Nere“. Poi nel corso della giornata emergono alcuni altri particolari: il blitz aveva avuto luogo da impulso della Digos di Enna e del Servizio per il Contrasto dell’estremismo e del terrorismo del Viminale, d’intesa con la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Ci sono state svariate perquisizioni con 19 indagati. Comunque l’operazione non ha interessato solo Enna ma anche Siracusa, Milano, Monza, Bergamo, Cremona, Genova, Imperia, Livorno, Messina Torino, Cuneo, Padova, Verona, Vicenza e Nuoro.
I principali quotidiani online, pur non fornendo grandi spazi alla notizia, informano che l’attività di indagine era cominciata un paio di anni fa e sussurrano la figura di un cosiddetto legionario, di origine calabrese, operante in Liguria: ma niente di più.
I giornali cartacei del 29 novembre danno vari particolari, soffermandosi su aspetti per così dire suggestivi come l’indagata Miss Hitler, una signora biondissima ossigenata nazistissima e violentemente antisemita caratterizzata da una enorme aquila con svastica tatuata su tutta la schiena.
Ma con le ore l’indagine si svela che si sta trattando non di una cosetta folklorica e invasata ma di una trama robusta e pericolosa.
In primis i simpatici camerati stavano fondando o avevano fondato una organizzazione nazifascista temibile con contatti coi loro camerati spagnoli, francesi e portoghesi (particolare importante questo, giacchè il paese lusitano, dai primi anni post rivoluzione dei garofani, appariva immune da presenze nazifasciste, laddove durante il lungo regime fascista lusitano l’Internazionale Nera era stata di casa a Lisbona).
Miss Hitler, al secolo Francesa Rizzi, quindi non solo personaggio folklorico, il 10 agosto 2019 rappresentava l’Italia a un convegno internazionale nazi; nel suo intervento aveva chiuso ovviamente con dichiarazioni roboanti antisemite. Al convegno di Lisbona oltre la Rizzi i relatori erano Mario Machado, Blagovest Asenov, Alba Lobera, Josele Sanchez, Mattias Deyda, Yvan Benedetti, tutti personaggi tristemente ben noti delle destre estreme europee.
In secondo luogo, il nome del legionario è stato reso finalmente noto, si tratta di Pasquale (alias Leo/Leone) Nucera, un nome inquietante. Nel corso del 1995 Nucera dichiarò che una settimana prima dell’ omicidio di Lodovico Ligato, nella villa di Reggio Calabria dell’ex presidente dell’ Ente Ferrovie si svolse una riunione, presenti politici e mafiosi locali; la dichiarazione avvenne in una deposizione resa nel carcere di Nizza. Nell’aprile 1995 sempre in quanto pentito di ndrangheta parlò di un enorme carico di esplosivo nelle stive della “Laura C” da mezzo secolo in fondo al mare, in Calabria, di cui le mafie da sempre si sarebbero servite. Successivamente Nucera già conoscitore degli ambienti dei mercenari italiani in Iraq, dichiarerà che era stata programmata una evasione cruentissima di Totò Riina, per il tramite di mercenari slavi e di pezzi degli apparati italiani. Quindi   Nucera è da annoverarsi tra i pentiti ed è pertanto sotto il controllo delle forze di polizia italiane. Eppure qualche mese orsono cercava di organizzare attentati dimostrativi: “Potremmo lanciare una molotov all’Anpi [in Lombardia]”. Lo diceva, essendo intercettato dalla Digos di Enna. Inoltre Nucera risulta tra le figure di riferimento del partito Forza Nuova, di cui a inizio 2018 era diventato vicecoordinatore nella provincia di Imperia. Infine secondo gli investigatori dell’operazione Ombre nere il Nucera avrebbe un ruolo da addestratore delle ‘milizie’ di chiara matrice filonazista, xenofoba e antisemita di cui si progettava la creazione.
Da ultimo la non tanto folklorica Miss Hitler ebbe poco tempo fa una soffiata dall’interno  della Polizia che si stava indagando su lei e i sui suoi camerati, la talpa è stata identificata in un assistente capo che era in servizio all’ufficio di gabinetto della questura Torino, si tratta di L.N., 54 anni, che è ora indagato per rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informatico da parte di un pubblico ufficiale.
Definire il quadro inquietante è dir poco.
Claire Lacombe
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muah muah muah muah muah muah muah muah muah muah su quella schiena tutta tatuata
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