Tumgik
#dove sei andata? Oh
fuoridalcloro · 4 months
Text
Marmellata #25
Ci sono le tue scarpe ancora qua ma tu te ne sei già andata C'è ancora la tua parte di soldi in banca ma tu non ci sei più C'è ancora la tua patente rosa tutta stropicciata E nel tuo cassetto un libro letto e una Winston blu L'ho fumata
Ci sono le tue calze rotte la notte in cui ti sei ubriacata C'è ancora lì sul pianoforte una sciarpa blu Ci sono le tue carte e il tuo profumo è ancora in questa casa Proprio lì dove ti ho immaginata C'eri tu
Ma, da quando Senna non corre più Ah, da quando Baggio non gioca più Oh no no, da quando mi hai lasciato pure tu Non è più domenica Ma poi si dimentica Non si pensa, non si pensa più
Ci sono le tue scarpe ancora qua ma tu non sei passata Ho spiegato ai vicini ridendo che tu non ci sei più Un ragazzo in cortile abbraccia e bacia la sua fidanzata Proprio lì, dove ti ho incontrata Non ci sei più
Ma, da quando Senna non corre più Ah, da quando Baggio non gioca più Oh no no, da quando mi hai lasciato pure tu Non è più domenica E non si dimentica
Ora vivo da solo in questa casa buia e desolata il tempo che davo all'amore lo tengo solo per me Ogni volta in cui ti penso mangio chili di marmellata Quella che mi nascondevi tu L'ho trovata
-Cesare Cremonini-
12 notes · View notes
cartoon2d · 2 months
Text
Tumblr media
Il primo incontro di Basil e Jennifer
Basil racconta- Era il primo giorno di primavera un sabato se non erro, ero andato da solo al parco, ma ad un tratto, sentii uno strano suono. Mi misi a correre, volevo sapere chi era a farlo, ma ahimè caddi in una buca profonda. Per fortuna non mi feci nulla, ma ero solo e spaventato. Iniziavo a perdere le speranze, ma tutto d'un tratto...
JENNIFER- Ehi là? C'è qualcuno la giù?
BASIL- Sì, ti prego aiutami.
JENNIFER- Aspetta, guardo se riesco a trovare qualcosa per tirarti fuori. Ecco afferra questo bastoncino...l'hai preso?
BASIL- Sì!
JENNIFER- Perfetto. Ora cerca di arrampicarti.
BASIL- Sono quasi arrivato.
JENNIFER- Non riesco più a tenerla. Afferra la mia mano.
Basil dà la mano a Jennifer e riesce a salvarsi
JENNIFER- Ti sei fatto male?
BASIL- No, sto bene. Grazie, per avermi salvato.
JENNIFER- Oh figurati. Si può sapere come ci sei finito in quella buca?
BASIL- Ho sentito uno strano suono e volevo scoprire da dove proveniva e allora ho corso e il resto lo sai, ma forse me lo sono sognato.
JENNIFER- Ma anch'io l'ho sentito.
BASIL- Davvero?!
JENNIFER- Sì! Che ne dici se lo cercassimo insieme?
BASIL- Chi? Noi due?
JENNIFER- Certo. Su andiamo.
Jennifer prende la mano di Basil. Il misterioso suono li conduce davanti ad un cespuglio
BASIL- Dev'essere qui...dietro. Al mio 3 andiamo, 1-2-...3.
I due topini oltrepassano il cespuglio e...vedono un cagnolino
BASIL e JENNIFER- Ma è un cucciolo.
BASIL- Di razza basset hound. Dev'essersi smarrito.
JENNIFER- Oh poverino. (Si avvicina al cucciolo) Ciao piccolino. Non devi aver paura, siamo qui per aiutarti. Non è così?
BASIL-Sì certo, ma prima di tutto analizziamo bene la situazione. Questo cucciolo porta un collare quindi appartiene dicerto a qualcuno. Non si è smarrito da molto, sta mattina pioveva molto e il suo pelo è troppo asciutto e pulito.
JENNIFER- (Accarezza il pelo del cane) Sì è vero, il suo pelo è bello asciutto e morbido. Secondo me questo cucciolo è venuto qui da solo.
BASIL- Cosa te lo fa pensare?
JENNIFER- È troppo piccolo per portarlo a passeggio ed è anche rischioso se incontra dei cani adulti. Io ipotizzo che sia scappato o da una casa o forse (si guarda attorno)...ma certo, il negozio di animali è qui vicino al parco. Qualcosa lo deve aver spaventato e istintivamente ha cercato un luogo tranquillo dove rifugiarsi.
BASIL- (Stupito) Sì...credo che tu abbia perfettamente ragione. La domanda è cosa l'ha spaventato?
Basil guarda attentamente il cucciolo e...
BASIL- A-ah, ma certo.
JENNIFER- Cosa?
BASIL- Guarda il suo collare. Non noti niente?
JENNIFER- Il cinturino del collare non è infilato nel fodero.
BASIL-Esattamente. Ora ti dico com'è andata secondo me. Un cliente è entrato nel negozio di animali e ha scelto questo cucciolo e il negoziante stava per mettergli il collare, ma il negoziante non riusciva a metterglielo perché non stava fermo, e come hai detto tu il cagnolino spaventato è scappato ed è corso fin qui.
JENNIFER- Sì, non può che essere andata così.
BASIL- Per fortuna ha il collare con la piastrina quindi possiamo rintracciare il suo proprietario e sapremo anche il suo nome.
JENNIFER- Giusto e appena lo sappiamo lo accompagniamo a casa.
BASIL- (Si avvicina al cucciolo che inizia ad annusarlo) È più facile dirlo che farlo.
JENNIFER- Buono piccolino. Cerca di stare fermo. (Gli accarezza il muso dolcemente)
Basil finalmente riesce a leggere
BASIL-Si chiama Ugo.
JENNIFER- Ugo? Oh è un bellissimo nome.
BASIL-Il suo indirizzo è...ma tu guarda che fortuna. Vive sopra casa mia.
JENNIFER- Perché dove abita?
BASIL- Baker Street numero 219, il suo padrone è il mio vicino di casa.
JENNIFER-Conosco Baker Street è lì che c'è il miglior panificio.
BASIL- Già.
JENNIFER-Hai sentito Ugo, si va a casa.
Ugo abbaglia felice
JENNIFER-Ma...come facciamo...non è addestrato.
BASIL-Tsk tsk, si dia il caso che io ho la soluzione proprio in tasca. Ugo essendo un basset hound è un cane da caccia quindi ha un eccellente fiuto e sarà proprio quello a guidarlo. Con questo (estrae un panino) panino che proviene dal panificio di Baker Street, basterà che Ugo lo annusi e...ah
Ugo mangia il panino
BASIL-Addio merenda. (Severo) Ma bravo, l'unica pista che avevi l'hai fatta sparire.
JENNIFER- Oh povero Ugo (lo accarezza dolcemente) sei affamato vero?
BASIL-(Offeso) Povero Ugo?! Questa è bella, mi dici come facciamo adesso?
JENNIFER- Non c'è bisogno di disperarsi. Guarda cos'ho nella tasca.
Basil guarda e vede un panino
JENNIFER-Ugo, guarda cos'ho qui.
Ugo inizia a scodinzolare
JENNIFER-Ah- Ah prima di mangiarlo devi annusarlo e devi seguire la pista e quando arriveremo a destinazione potrai mangiarlo. Intesi? (lo fissa negli occhi seria).
Ugo-Wof.
JENNIFER-Bravo. Ora tocca a te (consegna a Basil il panino).
BASIL-Bene, Ugo voglio che tu annusi questo panino (Ugo annusa il panino).
Hai sentito il suo profumo?
Ugo annuisce
BASIL- Bravo. Ci puoi dare un passaggio?
Ugo si abbassa e i topini salgono sopra
BASIL-Grazie.
JENNIFER-Grazie Ugo.
BASIL-Bene, Ugo andiamo!
Ugo conduce i topini proprio davanti al panificio di Baker Street
BASIL-Ce l'ha fatta. Bravissimo Ugo.
JENNIFER- Sapevo che ci saresti riuscito. Ecco il panino, te lo sei meritato.
Ugo mangia il panino e i topini scendono
BASIL- Seguici Ugo, la tua casa è quella lì.
Entrano nella casa attraverso lo sportellino dove entrano di solito i cani e i gatti
JENNIFER-Guarda com'è felice.
BASIL- Già. Certo che un cane così sarebbe bello addestrarlo.
JENNIFER-Sì dopotutto si è affezionato a noi. Tu che ne pensi Ugo?
Ugo- Wof.
JENNIFER-Credo che sia un sì.
BASIL-Lo penso anch'io.
JENNIFER- Noi tre siamo una bella squadra.
BASIL-Sì è vero.
JENNIFER- (Vede Ugo nella cesta) Oh guardalo...com'è carino.
BASIL-Sta arrivando qualcuno, presto nascondiamoci.
Jennifer piccola- Ciao Ugo.
Basil piccolo-Domani veniamo a trovarti.
Voce umana di un signore- Mi dispiace figliolo, abbiamo fatto il possibile e poi ci sono altri cuccioli in quel negozio di animali puoi sceglierne un altro.
Voce umana di un ragazzino- (Amareggiato) No, lui era perfetto è stato lui a scegliermi, tutta colpa di quello collare e adesso il mio Ugo sarà tutto solo.
Ugo- Wof, Wof.
Ragazzino- Ugo? (Vede il cagnolino corrergli incontro) Ugo!
Il ragazzino lo abbraccia in lacrime e Ugo gli fa le feste
Ragazzino- Oh Ugo, sei tornato da me. Ti prometto che non ti perderò più. Papà, hai visto è tornato.
Padre- Incredibile.
Ragazzino- Mamma, mamma Ugo è tornato.
Voce umana di una signora- Sì e di sicuro sarà affamato gli preparo subito qualcosa.
I due topini guardano la scena felici e soddisfatti
BASIL-Missione compiuta.
JENNIFER-Il nostro Ugo finalmente ha ritrovato il suo padrone.
BASIL-Sì e poi è in buone mani, il piccolo Sherlock è un ragazzino buono, aveva bisogno di un amico. Andiamo.
Basil e Jennifer escono dalla casa
BASIL- Aiutare gli altri che soddisfazione.
JENNIFER-Sì, è una sensazione meravigliosa.
BASIL e JENNIFER-È come se fossi stato(a) un(a) detective.
Sì guardano stupiti
JENNIFER- Vuoi diventare un detective?
BASIL- Sì è il mio sogno.
JENNIFER-Anche il mio.
BASIL-Davvero?
JENNIFER-Sì, ma...(triste) non sarà facile realizzarlo, (seria) ma ce la metterò tutta.
BASIL-Beh...secondo me la stoffa ce l'hai.
JENNIFER- Dici davvero?
BASIL-Certo.
JENNIFER-Grazie.
Inizia a piovere
JENNIFER-Sarà meglio che corra a casa prima che il tempo peggiori.
BASIL- Se vuoi ti accompagno.
JENNIFER-Ma no, sei a un passo da casa.
BASIL-Tu mi hai salvato, è il minimo che possa fare, prendo l'ombrello e arrivo.
Basil accompagna Jennifer e arrivano davanti ad una villa
BASIL- (Stupito) Abiti in questa mega villa?
JENNIFER- Sì. Grazie per aver accompagnata, sei stato molto gentile.
BASIL- Di niente.
JENNIFER- Magari...possiamo trovarci al parco.
BASIL- Sì sarà il nostro punto d'incontro e poi andiamo da Ugo.
JENNIFER- Perfetto. Ehi aspetta come ti chiami?
BASIL- Basil.
JENNIFER- Io sono Jennifer, ma tu puoi chiamarmi Jenny. Siamo amici?
Jennifer allunga la mano e Basil gliela stringe
BASIL- Amici.
Basil racconta- E così nacque la nostra amicizia.
è una pagina del mio libro (Ugo è praticamente Toby,ma essendo italiana io uso i nomi che gli abbiamo dato noi)
7 notes · View notes
Text
Tumblr media
Io e il mio miglior amico, eravamo seduti al bar, come ogni tanto ci accadeva.
Mentre sorseggiavamo il caffè, a bruciapelo, mi chiese...
- La ami, vero? Il tuo pensiero non è qui, è con lei...
Io sospirai, profondamente, passandomi la mano tra i capelli.
- È difficile da spiegare...
Lei è matta. Lei è follia.
Mi fa impazzire quando mi dice:
"Tu non lasciarmi mai sola. Mai! Per nessun motivo! Resta per sempre con me!"
Ma 5 minuti dopo, con la stessa determinazione, è capace di dirmi:
"Lasciami perdere, non voglio più sentirti".
Lei può essere timida o esuberante.
Insicura oppure determinata.
Dolce oppure perfino arrogante.
Tutto questo in un veloce battito di ciglia.
Questa è lei.
Lei non è una sola donna.
Lei è molte donne, ognuna capace di stupirmi.
Lei è tutte queste donne insieme con lo stesso odore. L'odore di lei. Inconfondibile ormai.
Sai... ogni tanto, i suoi occhi, nascondono un piccolo velo di tristezza, legato credo alle ferite del passato.
Ma poi, in un attimo, quegli occhi diventano un cielo dove perdersi. Si illuminano. Giuro!
E il suo sorriso... beh, il suo sorriso è qualcosa di unico. È magia. Mi basta guardarlo per essere felice.
Ecco, il suo sorriso è virulento. Contagioso!
E io, non capisco più nulla.
Non riesco più a pensare a nulla, esiste solo lei.
Non so più cosa dire e l'unica cosa che mi esce dalla bocca è:
"Sei bellissima!"
Oh sì amico mio, lei è splendida.
E nel suo splendore fatico a capirla. Per un niente, può arrabbiarsi, iniziando a tremare e piangere.
E io sto male, perché vorrei solo vederla felice.
Dicono che quando le donne piangono, vogliono solo essere abbracciate...
Beh, ti giuro che quando sono con lei, non faccio altro.
L'abbraccio e la bacio.
La bacio e l'abbraccio.
E mi fa impazzire quando, mentre guido, appoggia la testolina sulla mia spalla.
Lei diventa la mia metà senza meta.
Viaggiamo insieme e potrei anche non fermarmi più e continuare a correre.
Con lei vicino, per sempre.
- Ti manca?
- Non sempre, solamente quando respiro...
- E adesso, dov'è? Se n'è andata via sola?
- Oh no, non sola. Ci sono io con lei.
Io sono dentro di lei...
( Claudio Del Pizzo )
19 notes · View notes
thegretchenimages · 1 year
Text
Io comunque non capisco perché dobbiamo avere questi obblighi morali assurdi inculcati fin da piccoli che per ogni cosa che devi fare non la devi fare per puro piacere tuo, per un tuo tornaconto personale NO lo devi fare perché deve servire o ai tuoi genitori in futuro o ai tuoi nonni o alla famiglia in generale. Perché se lo fai sei una brava persona, perché "a quest'ora ci potevi pensare te invece di tizio" , perché "la patente la devi prendere perché così ci scorrazzi in giro i tuoi parenti quando dovranno andà tra ospedali e cazzi vari" , "devi venirci a trovare eh perché non ci si vede mai e sei l'unico parente più vicino" . Ma v'ho forse chiesto qualcosa ? Ma so stata io a pretendere attenzioni da parte vostra ? Ma se sta società è sempre andata così di merda non bisogna perpetuare sto disagio. Ma se le vostre decisioni vi hanno portato e continuano a portarvi dove non volete esse perché ci dobbiamo andare di mezzo con tempo e sanità mentale noi nuove generazioni?! Ma perché tutti devono vedere dei pargoli una loro nuova versione, un'altra loro opportunità, l'idea che questi devono per forza seguire il vostro filone logico e concludere quello che voi non avete mai concluso. Ma allora fanno bene quelli che se ne vanno in Tibet a cercare loro stessi per secoli e si presentano a casa solo quando orami non se li ricorda più nessuno.
Oh
3 notes · View notes
swingtoscano · 2 years
Text
Io e il mio miglior amico, eravamo seduti al bar, come ogni tanto ci accadeva.
Mentre sorseggiavamo il caffè, a bruciapelo, mi chiese...
- La ami, vero? Il tuo pensiero non è qui, è con lei...
Io sospirai, profondamente, passandomi la mano tra i capelli.
- È difficile da spiegare...
Lei è matta. Lei è follia.
Mi fa impazzire quando mi dice:
"Tu non lasciarmi mai sola. Mai! Per nessun motivo! Resta per sempre con me!"
Ma 5 minuti dopo, con la stessa determinazione, è capace di dirmi:
"Lasciami perdere, non voglio più sentirti".
Lei può essere timida o esuberante.
Insicura oppure determinata.
Dolce oppure perfino arrogante.
Tutto questo in un veloce battito di ciglia.
Questa è lei.
Lei non è una sola donna.
Lei è molte donne, ognuna capace di stupirmi.
Lei è tutte queste donne insieme con lo stesso odore. L'odore di lei. Inconfondibile ormai.
Sai... ogni tanto, i suoi occhi, nascondono un piccolo velo di tristezza, legato credo alle ferite del passato.
Ma poi, in un attimo, quegli occhi diventano un cielo dove perdersi. Si illuminano. Giuro!
E il suo sorriso... beh, il suo sorriso è qualcosa di unico. È magia. Mi basta guardarlo per essere felice.
Ecco, il suo sorriso è virulento. Contagioso!
E io, non capisco più nulla.
Non riesco più a pensare a nulla, esiste solo lei.
Non so più cosa dire e l'unica cosa che mi esce dalla bocca è:
"Sei bellissima!"
Oh sì amico mio, lei è splendida.
E nel suo splendore fatico a capirla. Per un niente, può arrabbiarsi, iniziando a tremare e piangere.
E io sto male, perché vorrei solo vederla felice.
Dicono che quando le donne piangono, vogliono solo essere abbracciate...
Beh, ti giuro che quando sono con lei, non faccio altro.
L'abbraccio e la bacio.
La bacio e l'abbraccio.
E mi fa impazzire quando, mentre guido, appoggia la testolina sulla mia spalla.
Lei diventa la mia metà senza meta.
Viaggiamo insieme e potrei anche non fermarmi più e continuare a correre.
Con lei vicino, per sempre.
- Ti manca?
- Non sempre, solamente quando respiro...
- E adesso, dov'è? Se n'è andata via sola?
- Oh no, non sola. Ci sono io con lei.
Io sono dentro di lei...
Claudio Del Pizzo
7 notes · View notes
danilacobain · 2 years
Text
Selvatica - 59. Un’opera d’arte
Nel momento esatto in cui l'aveva vista entrare, tutto il suo mondo aveva ripreso a girare, come se da quando Corinna era uscita dalla sua vita tutto si fosse inceppato e avesse iniziato un lento declino.
Seguì la ragazza lungo un corridoio illuminato da faretti color violetto e poi giù per una scala stretta e buia. Corinna aprì una porta e accese la luce. Era una sala enorme, piena di tele appoggiate ai muri, statue, cornici, teloni a perdita d'occhio. C'era odore di tempera e di altre sostanze chimiche.
«Sono passata a casa tua, stamattina.» Ante smise di guardarsi intorno e fissò gli occhi su di lei. Indossava una camicetta bianca e una gonnellina a pieghe nera. Negli occhi passò un guizzo di malinconia. «Mi hanno detto che ti sei trasferito.»
Annuì, pensando a quanto presto le avrebbe fatto vedere la casa nuova. «Sì. Come mai sei passata?»
«Volevo ringraziarti, per tutto quello che hai fatto per me. Ieri ho incontrato Isotta e mi ha detto di Antonio. E poi l'altra volta ho detto cose che non pensavo.»
Avrebbe voluto prenderla tra le braccia e baciarla. Non gliene fregava niente di tutto quello che era stato, di tutto quello che si erano detti. Sentiva solo il suo cuore battere forte e una voce che gli diceva di non lasciarla mai più. Prese un bigliettino dalla tasca e glielo porse.
«Tieni.»
Corinna lo strinse tra le dita. «Cos'è?»
«È il numero di un gallerista.»
Lesse il bigliettino e sorrise. «Lo conosco, sono andata a molte sue mostre.»
«Chiamalo quando vuoi, ti aspetta per un colloquio.»
Lei lo guardò incredula. «Stai scherzando?»
«No.»
Il sorriso di gioia che apparve sul suo viso fu la gratificazione più grande. Era sicuro che le avrebbe fatto immensamente piacere.
«Oh mio dio, Ante... Non so cosa dire.»
«Corinna, sono venuto per dirti anche un'altra cosa.» Fece un piccolo passo verso di lei. «Mi manchi moltissimo. So di essere stato veramente duro con te, però capisci...»
«No, aspetta, Ante.» Corinna aveva il volto serio e per un istante il suo cuore tremò. «Tutto quello che è successo è colpa mia. Tu sei sempre stato perfetto, sono stata io a farmi influenzare dalle esperienze passate. Se non ti ho parlato di certe cose non è stato perché non mi fidassi di te. E adesso lo so che non te ne saresti mai andato, ma allora... mi sentivo troppo vulnerabile. Mi vergognavo del casino in cui mi trovavo ed ero convinta che ce l'avrei fatta da sola.»
Lui sospirò. «Vedi, questo è un lato che ho sempre amato di te, fin dalla prima volta che ci siamo visti. Mi piace tantissimo questo tuo essere forte e fiera. Vorrei solo che capissi che condividere i problemi con il tuo ragazzo non è un segno di debolezza. Non è che se tu me ne avessi parlato io ti avrei guardato con occhi diversi.»
«Ora lo so.» Corinna gli sorrise, con quel sorriso carico di aspettative che lo faceva impazzire.
«Credo di aver parlato abbastanza.»
La afferrò per un braccio e la strinse a sé, accarezzandole il volto con il dorso della mano, specchiandosi nei suoi occhi marroni. La bocca sfiorò quella di Corinna mentre sentiva le mani di lei circondargli la vita e rimettere tutto a posto. Il cuore tornava a battere senza più fare male, il suo odore era un balsamo che scendeva dritto nello stomaco e ammorbidiva la tensione accumulata, il suo calore scioglieva il sangue fino a farlo pulsare in parti del corpo rimaste sopite troppo a lungo. Rimaste in attesa di lei.
Infilò le dita tra i suoi ricci ribelli, baciandola con urgenza e fame. Ante lasciò le sue labbra solo per poter trovare un posto dove appoggiarsi. Vide un pilatro dietro di lui, prese Corinna per mano e la guidò dietro la colonna, schiacciandola contro il cemento. Le sbottonò un paio di bottoni della camicetta.
Lei sospirò mentre la baciava lungo il collo. «Ante, che vuoi fare?»
Le accarezzò la gamba, infilando poi la mano sotto la gonna. «Voglio scopare con te, amore mio.»
Corinna ridacchiò. «Non possiamo farlo qui, se dovesse entrare qualcuno...»
Ante si allontanò di poco, iniziando ad accarezzarla tra le gambe, facendo scivolare le dita lungo la sua apertura calda. Corinna si morse il labbro e chiuse gli occhi, trattenendo il fiato. Li riaprì mentre le dita di Ante la riempivano ed emise un gemito sommesso.
«Sicura che non possiamo?» Corinna strinse la mano attorno al polso di Ante, spingendo le sue dita più dentro. «Te la ricordi la nostra ultima volta?»
Sollevò gli angoli della bocca in un sorriso complice, annuendo. «In macchina.»
«Lasciati andare come facesti quella sera.»
Corinna premette le labbra sulle sue in un bacio casto che si trasformò subito in un groviglio di lingue infuocate e mani che si infilavano sotto ai vestiti, che stringevano la pelle, che accarezzavano con delicatezza sensuale e tormentosa le parti del corpo che pulsavano e desideravano unirsi.
Quando finalmente lei lo accolse dentro, Ante si lascio andare a un lungo sospiro. «Sto impazzendo.»
Lei gli avvolse le braccia intorno al collo. «Dimmi che sei tornato per restare.»
E come avrebbe potuto essere diversamente? Ante non riusciva neanche più ad immaginare un singolo istante della sua vita senza Corinna. Pensò che quel posto fosse perfetto per la loro riconciliazione. I loro corpi uniti, i cuori che battevano all'unisono, le loro bocche che si incontravano con dolcezza e passione. Loro due erano un'autentica opera d'arte. E Corinna era la parte più bella, più luminosa.
La sentì tremare tra le sue braccia, vicina all'apice del piacere tanto quanto lui. La amava con tutto se stesso, amava quella creatura come mai aveva amato prima. La tenne stretta a lungo, dopo aver raggiunto l'orgasmo, quasi come a volersi accertare che fossero insieme davvero e non nei suoi sogni.
«Posso passare a prenderti quando finisci? Andiamo a cena fuori, ti va?»
Corinna sollevò lo sguardo su di lui mentre si riabbottonava la camicia. Quanto era bella dopo aver fatto l'amore. «Sì.»
Ante le diede un bacio sulle labbra. «Allora vado.»
Lei lo trattenne per un braccio. «Ehi. Grazie per avermi perdonato.»
Ante la guardò un istante, sorridendo. «Ne parliamo a cena. Ci sono anche altre cose che ti devo dire.»
Le strizzò l'occhio e uscì da quella stanza che conteneva tante meraviglie e qualche segreto, come quello che era appena successo tra loro due.
2 notes · View notes
macabr00blog · 5 months
Text
I MASCHI DI OGGI
Completamente distrutto, incontro la Dior all’incrocio tra viale Carducci e via Dante, mi fermo ad aspettarla a lato della strada, proprio sotto il semaforo. Un gruppetto di tamarri-baffo-prepubero mi suona il clacson da una multipla scassatissima e con il motore chiaramente modificato. Ricchiò! Il mio gilet in lana finta a tre euro in qualche bancarella dell’usato che sapeva di muffa ora reso nuovo in questo look totalmente azzerato dal sudore dei trenta gradi di maggio.
La Dior guida una cinquecento color panna, cerchioni neri opachi, scritte rosse, la finezza e l’eleganza e lei che rutta nel vano e fuma una sigaretta dopo l’altra. Salgo sulla sua auto quando riesce ad accostare, poco più avanti, in un posteggio bici completamente empty, lo sportello sfrega contro un tronco di un albero di piccole dimensioni trapiantato in un’aiuola, la Dior bestemmia incalzante. Dal suo temperamento caldo-tendente-al-furente posso ben percepire la scalmana che l’ha presa questo pomeriggio.
Dovevamo partire alle quattro, sono le sei, lei guida lungo Santo Stefano, troviamo un posto auto lodando chissà quale santo pre-bestemmiato, la Dior ci si infila a fatica spintonando tra altre due auto. Sfrega un po’ gli sterzi, fa quattro belle manovre decentemente assestate, lei è donna di mondo, e tira quattro altri ceffoni a Dio. Quando scende raggiungiamo Via Cavour perché la Dior ha perso la sua sigaretta elettronica e sta andando in escandescenza. È totally mad e sbraita come una cagna, cosa che sottolinea di essere riappropriandosi della sua identità, fino a che non entriamo nel negozio e si paga una nuova fiammante carta di sola andata per un tumore, tutta imbellettata e sudata con i capelli a spazzola chiarissimi che se la suona e se la canta maneggiando il gioiello tumorale. Corriamo di nuovo verso il parcheggio-col-culo cercando di contattare Miss. Afghano, lei risponde a scatti al telefono e volano paroloni di volgarità estrema, è imbottigliata nel traffico delle sei di pomeriggio e un imbecille troyone si è fermato in mezzo la cazzo di strada, Porco Quel Dio Che Mi Fu Tanto Caro, ma che mi sentisse una buona volta, cazzo di quel Gesu Maiale, ora sto arrivando, arrivo, datemi un attimo, Porca Troia.
In cinque minuti io e la Dior usciamo dal parcheggino niente male, qualche fatica alle auto vicine, e ci imbocchiamo verso una chiesa decadence style in via Massarenti. La chiesa ha un parcheggio gratuito dove la Dior si fa inculare spesso la notte quando i genitori del Basilico non l’accolgono come una figlia. E d’altronde figlia non è.
Oh, se solo il suo grande amore anale fosse anche un incesto…
Accostiamo e ci raggiunge La Miss Afghano, o la Miss in momenti in cui non ha nascosto la panetta nelle valigie, anche lei già sudata ed esaurita. La sua lamentela però si estende cauta quando siamo già saliti nel Pandino selvaggio, tutto trekking e stivaletti di montagna, tutto chiappe all’aria come quella volta che la Miss ha incontrato un bel giovane marocchino dal quale comprava un ottimo fumo nero e si è fatta piegare, sabato, sabato ce l’ho fatta, azzero l’anno e mezzo di astinenza. È contenta ma è palesemente sfatta, torna da un turno al ristorante di circa otto ore, le si piegano le dita a fatica a forza di sorreggere vassoi, vassoietti, calici, calicini, piatti, piattini, lagna e lagna, finalmente un cazzo anche per me! E poi di nuovo segue la lamentela. L’Afghana è lercia lercia e lascia le carte del bingo sparse nell’auto, fanghi, una coperta spessa in lana, mozziconi, ceneri di qualsivoglia tipo. Passiamo la Tangenziale, uscita due, stradoni di provincia. La Dior scazza con il telepass, che palle che l’ho portato, dice. Fuma due o tre paglie che getta senza paura in mezzo alla steppa secca della campagna, chissà magari un big incendio furente come lei la rallegrerà. La Miss intanto si lamenta e schiaccia forte forte l’acceleratore in un broom tutto naturale e secco, sfreccia ai 120 su una provinciale.
Stiamo raggiungendo gli altri per il trentunesimo compleanno della Sardina, su i monti di chissà quale spazio desolato, siamo già quattro ore in ritardo.
Ce ne mettiamo altre due a salire su, la Dior insiste per guidare il Pandino selvaggio e rischiamo di cadere giù da una pendenza, il retro dell’auto tutto completamente graffiato, ma la Miss ride e scherza, sembra che ci abbia fatto l’abitudine ancora prima che accada. Arriviamo alla casa alle 21:15, dopo qualche sonoro bestemmione veneto davanti ad una coppia really eterosessuale sui sessanta chi basta e chi avanza, la Dior perde per l’ennesima volta la sigaretta elettronica, che ritroviamo dopo qualche piccola e approfondita ricerca in mezzo le cianfrusaglie di lerciume e letame della Miss.
La Sardina ci accoglie a braccia aperte, ci informa che il pischello che si è portata appresso come un cane da chiavata pronta, non l’ha ancora baciata. Ci mostra oltre il didietro abbassandosi i pantaloni, un bel culotto 90/100, liscio liscio e pronto per la sodomizzata nottata. Noi le raccontiamo dell’incidente della Dior, risate, giustificazioni sul ritardo, risate, la sigaretta della Dior, risate. Entriamo nell’abitazione di montagna con un aria di fuoco dentro, tutti pronti a vedere il bel bocconcino che la Sardina si è ripassata in queste settimane. Il pischello ha circa vent’anni e un’aria totalmente assente. Faccia e corpo real Jeffrey Dahamer, capello sbarazzino con un ciuffo spesso e scuro. Poi ci sono anche la fighetta eterosessuale che la Sardina si porta in giro a mò di borsetta, quella con cui doveva andare a convivere tempo fa e che ora se la fa con l’amico del Dahamer, un baffo veramente orribile e tutto foruncoloso e rachitico. La fighetta si presenta per l’ennesima volta a me, alla Dior e alla Miss, stolta la donna, noi la conosciamo già dagli estremi dei racconti della Sardina, tutte le volte che questa fighetta parla o fa qualcosa di scorretto la Sardina alza il telefono come una vecchia comare qual è e inizia il racconto epico delle gesta eterosessuali di questa figa sfigata.
Ci prepariamo alla bevuta mentre la Miss ovviamente ne tira su una bella dritta e compatta come un bellissimo cazzo bianco, già accesa dopo neanche mezz’ora dal nostro arrivo. Io e la Dior ci dividiamo prima una Peroni e poi l’altra, cerchiamo di non guardare male l’approviggionamento di stasera, pizza fredda e secca dentro il cartone e qualche pacco luminescente di patatine da discount, e in più quel faccia di fetente del Brufolo che mi siede accanto con fare saccente, con quel baffo di foca che farebbe spaventare un biologo, le mani secche secche e nodose come un vecchio.
Ma avrà vent’anni, venticinque massimo, mi dice la Dior in separata sede. Io insisto sul fatto che sia più di là che di qua con questa stempiata accentuata e questo riporto in posizione. Preferirei scoparmi un verme, dice la Dior, sempre al punto giusto della critica, sempre cosi croccante nella sua analisi. E io le chiedo, esattamente, dove se lo farebbe infilare il cazzo di un verme. E ridiamo.
Per tutta la sera il Dahamer mi sluma ma io tiro molto molto corto, tengo la conversazione rada e mi faccio notare dalla Sardina che non sembra minimamente accorgersi di come quel ventenne mi stia chiedendo di posizionarglielo. La Sardina d’altronde è distratta dalle sue stesse ciglia, dalla serata, dal pensiero che il Dahamer non la guarda, ci dice che non ha manco messo le mutande per l’occasione, e lui nemmeno un bacio, nemmeno uno, solo a stampo accostato forse per casualità. Sembra già innamorata la Sardina, ma il Dahamer si scrive già con un suo coetaneo che ha visto due sere prima, è completamente assente se non per vigilare sulla mia bocca, dalla bocca alla patta quando mi alzo, mi sento sinceramente violentato al terzo sguardo bavoso. Sembra disperato quel ventenne, come se la Sardina non se lo fosse chiavato per una settimana, come se con lei rimanesse a bocca asciutta, sembra che veda un uomo o un ricchione per la prima volta quando mi guarda, nel mio look totalmente punk filo stiloso e con i miei capelli chiari che ingurgito birra e sigarette per non posizionarmi nel suo sguardo, ma lui la mena e la stramena con i racconti dei suoi studi e dei suoi amici virili e io palle gonfie e cazzo in ritirata mi concedo una guerra di risate sotto i baffi con la Dior che lancia sguardi ben poco carini. La Sardina si lamenta con noi, siamo davvero scortesi, e non vorrei sottolineare che il suo boy mi sta facendo una radiografia al corpo, manco non avesse mai visto un maschio.
Alla fine siamo sempre io, la Dior e la Miss già alla quarta canna, ridiamo e scherziamo e poi ci spegne il sonno e la stanchezza e il fatto che a trentanni siamo qui ancora a festeggiare la Sardina e i suoi amorosi insuccessi e le sue palle enormi e le sue mutande assenti e la sua voce squillante e le sue moine paranoiche e ci compiaciamo. Ridiamo e scherziamo e usciamo di casa per prendere un po’ d’aria perché in quella stanza sono tutti alle prese con sbaciucchiamenti veramente teen che mi fanno colare un rivolo di vomito dalla bocca. La Miss piscia ubriaca in mezzo ad un campo, facciamo sei foto mosse con pose ridicole in mezzo alla strada, risaliamo verso la casa con lo stomaco pieno d’alcool e il cervello fumato con la panetta e ci stringiamo alla Miss che ha carenze di ferro e che a momenti si addormenta alla vecchia e abbandonata fermata del bus.
Al nostro ritorno la Sardina si fa percepire in calore tramite i gemiti sodomiti che provengono dalla sua stanza e che si propagano velocemente ovunque, ridiamo ancora come delle vecchie zitelle pazze e a stento ci reggiamo in piedi in quella caciara di sesso trenta-venti e allora pensiamo che il Dahamer ha gusti un po’ casuali, che va dove lo porta il cazzo o il culo, che ha vent’anni e che anche noi a vent’anni eravamo cosi in calore che ci bastava un maschio, anche solo uno, in tutto il mondo.
E ora che ne abbiamo trenta per uno, di anni e di maschi, di boys siamo diventate aride e anche se la lista è lunga come un biscione, esperienze e carinerie, alla fine siamo sempre noi tre vecchie checche a ridere di gusto e a passarci la scabbia dai colli delle birre, oh com’era bello a vent’anni quando ancora ci bastava l’amore, ora che ne abbiamo trenta siamo svampite e disunite, ancora qui a parlare di boys con toni very hot ma senza concludere nulla nella conoscenza, perché conosciamo, conosciamo, abbiamo avuto la sfortuna di conoscere, i maschi di oggi.
0 notes
sognosacro · 6 months
Text
Consideriamo il fatto che sono predisposta ad agire, a concretizzare le cose, ma che non so cosa, ne come.
Dobbiamo valutare gli aspetti illusori di questo atto psicologico sulla salute:
Devo dire che in certe circostanze mi trovo in completa armonia con me stessa, la mie sensazioni di pace e liberazione mi pervadono e la percezione della realtà è una sensazione di luce, bellezza e amore.
Qualità moltorara per il mio ego, che costantemente si preoccupa, si ossessiona e la mancanza di denaro è fattore fondamentale di questo. Poi ci aggiungiamo "Uh a 26 anni vivi con il padre, non hai un lavoro nè un fidanzato, quello che fai non ti guadagni una cippa e fai cose sui social, ma quanto sei patetica?!"
Però sei felice cazzo. Sei più felice ora di quando vendevi gelati.
"Oh ma potresti tornare ai mercatini a vendere rame, quanto sei ridicola ad aver rinunicato a tutto quel materiale."
Io che mi arrovello in questo triturante pensiero di aver fallito, di essere un fallimento, di aver sbagliato tutte le scelte della mia vita.
Una mano angelica che mi mostra "quanto sono andata avanti, quanto sono cresciuta, quanto sto ancora cambiando e cosa posso diventare".
Io che ritorno al presente e non vedo niente di tutto questo e ritorno nel mio buco scricciolo sola come un verme, sudicio che non vuole nessuno.
Incapace di intendere e di volere, di parlare e di farsi valere.
Io che non ho nessuno su cui appoggiarmi e il mio ego che ride di me, del mio povero padre e di tutto quello che sono.
Una madre che pressiona e mi aiuta in questo processo.
La rigidità e l'oppressione sociale, il governo, le lamentele, il presidenzialismo e il posizionamento sociale.
Io non ho un cazzo da dare a questo mondo, mi ripeto ed è così che rimango senza niente.
Ed è così che riconquisto me stessa e riscopro il mio valore interno, che a mio avviso si situa nel terzo chakra, dove si situa l'autostima. Lì dove ho più male, la pancia.
Li dove mi sento costretta a fare a pugni per guadagnarmi la vita.
Li dove non ho potuto far altro che scappare
Lì dpve ho tradito me stessa, il mio valore più alto.
Non posso credere che devo ancora aspettare per qualcosa che mi oppressa e ossessiona così tanto.
Quando cazzo me lo merito il mio successo?
Quando avrò la realtà che desidero?
Quando portò vivere la mia atessa vita?
Oh e non accetto "Il tempo è relativo"
È una grandissima cazzata, perchè per quanto il tempo possa essere illusorio o relativo, sono complice del fatto che cresco fisicamente e mi modifico sembrando sempre più adulta.
In una casa, dove sono figlia, dove sono bambina, dove sono mantenuta cazzo.
Cosa c'è di coerente in questo? Cosa posso fare per migliorare? Quale aspetto di me è così immaturo e irresponsabile da non permettersi di mantenersi da solo nella vita? Dal non semtirsi degno o capace di sostenere le responsabilità di una casa, di una macchina, di un telefono, che ne so.
Mi chiedo questo come una pretesa fondamentale di un mio diritto della vita.
0 notes
maref-pics · 2 years
Photo
Tumblr media
Cara Nicoletta, che scherzo hai fatto. Te ne sei andata cosi senza darci il tempo di capire, un paio di mesi e via. Quale miglior foto per ricordarti se non il mare, quel mare di Calabria che ci ha visto ridere e crescere estate dopo estate. . Ricordo ogni momento trascorso insieme, quanto ci facevi penare per scendere quegli scaloni da Suso al borgo per prendere il pullman guidato da quello che sarebbe diventato tuo suocero. E le ore davanti allo specchio a truccarti perché mica si usciva senza essere in ordine e agghindate a dovere, ma manco il piede fuori dalla porta mettevi se non eri a posto. E poi quel vezzo di completare il trucco evidenziando con la punta della matita quel piccolo neo simbolo di bellezza. Ma tu bella lo eri davvero con quel visino contornato da una cascata di ricci che sapevi domare e far risaltare. E che dire della tua voce, roca che sembrava avessi una raucedine perenne. . Oh, cara Nicoletta quanti bei ricordi, quante storie ci sarebbero da raccontare di queste vite che durano il lampo di una scintilla nell immensità del tempo. E l' ultimo ricotdo che porterò con me che mi lascia una gran pena ma grata a mia sorella per avermelo fatto,, è di quando eri nel letto dell hospice dove speravi di guarire, cosi ho potuto salutarti in videochiamata ancora una volta, per l ultima volta. Ti ho vista sofferente ma il tuo visetto era quello di sempre o forse i miei occhi ti volevano vedere cosi e la tua voce, oramai poco più di un soffio, era come la ricordavo o forse eran le mie orecchie a volerle sentire cosi. . Cara Nicoletta 61 anni sono davvero troppo pochi per "passare oltre". Ma forse ora sei tra coloro che ti hanno preceduta e amata e ti staranno riempiendo di abbracci, di coccole o forse rinascerai in qualcos'altro, chissa'... .io qui ti ricorderò con affetto, simpatia ma anche con la tristezza per essertene andata troppo presto. . Che la terra ti sia lieve mia cara cugina. Con affetto Maria https://www.instagram.com/p/Cda2IW3t4C4/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
jacopocioni · 2 years
Text
Trattoria di Gaetano Piccioli
Tumblr media Tumblr media
Nel Viale Regina Margherita, a Firenze, l’odierno Viale Lavagnini, si trovava un tempo la trattoria di Gaetano Piccioli, detto Picciolo, dove pare si mangiasse una superba bistecca alla fiorentina. La trattoria aveva dei separé, nel senso di salottini riservati, ed era uno dei motivi per cui, oltre all’ottimo cibo, era molto apprezzata da personaggi famosi e da tutti coloro che vi potevano pranzare ed intrattenervisi godendo di una certa intimità. Vasco Pratolini, nel suo romanzo “Lo scialo”, la cita in più punti. Riporto dei brani dove Picciolo viene nominato:
Tumblr media
“…Ormai, l’incanto durato sei sette mesi, dietro i separé di Picciolo, dentro la camera della pensione Belvedere, era spezzato.” “…”non saprei.” E subito aggiunse: “noi, dove andiamo?” Anche a questo egli aveva avuto modo di pensare, ricordandosi di un ristorante, tra porta San Gallo e la Fortezza da Basso, dove, “se i racconti sono veri” si sarebbero trovati, e in ogni senso, a loro agio. Per anni, il ristorante nel quale non aveva mai messo piede, era stato argomento di conversazione in ufficio. C’erano, si diceva, al piano superiore, delle salette riservate. Una volta, prima della guerra, ne erano stati pieni i giornali, di Picciolo e delle sue sale riservate, per via di un marito che aveva sorpreso la moglie con l’amante e gli aveva sparato. “Lui era un ufficiale, il ganzo un deputato.” «Dov’è? Non l’ho mai sentito nominare.» «Ma se è uno dei più antichi di Firenze.» «Oh» ella ammise. «Nemmeno negli altri, ci sono mai andata. Conosco il Paoli, conosco Oreste, conosco il Comparini in via del Corso, ma per essermi fermata qualche volta a vedere le aragoste in vetrina.» «Ma se c’è tutti i giorni la reclame sui giornali.» Era dell’importanza ch’egli si voleva dare.”
Tumblr media
Oltre a Pratolini, un altro grande scrittore che soggiornò a lungo a Firenze, dove condusse una vita all’insegna del lusso e della sregolatezza, amò particolarmente questa Trattoria. Si trattava del poeta Gabriele D’Annunzio, che fu un grande estimatore della cucina di Firenze, ed in particolare amava la cucina delle trattorie, che frequentava non perché a buon mercato, ma per la genuina bontà delle loro pietanze. Spesso si recava da Picciolo in compagnia di Eleonora Duse, ma anche con amici giornalisti e critici teatrali, e la pietanza che più amava e più spesso ordinava era la bistecca. Anche quando si ritirò al Vittoriale, D’Annunzio conservò un bellissimo ricordo della cucina fiorentina. Proprio mentre si trovava al Vittoriale, un giorno D’Annunzio ricevette inaspettatamente una lettera dal figlio di Picciolo, alla quale rispose prontamente con uno scherzoso telegramma: “Il tuo inaspettato messaggio risveglia i miei più dolci ricordi fiorentini. Stop. Ti mando quel che vuoi, ma tu mandami per telegrafo la bistecca di tre quarti che mangiammo allora insieme col non dimenticabile Jarro. Stop. Abbraccio il babbo. Gabriele D’Annunzio”.
Tumblr media
Gabriella Bazzani Read the full article
1 note · View note
sofieanjaworld · 2 years
Text
       ☆    —   ♯ 𝐃𝐈𝐀𝐋𝐎𝐆𝐔𝐄         ↻  sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ + ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ      h. 09.01,  september 09th, 2022        📍   sᴛᴏᴄᴋʜᴏʟᴍ﹐ sᴡᴇᴅᴇɴ.        ❪      ✨      ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Non ti ho sentito rientrare ieri sera. Pensavo che fossi andata subito a dormire, ma quando sono passata in camera, non ti ho trovato. Vuoi del caffè? »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Sì, per favore, grazie. Sono uscita a fare una passeggiata, non riuscivo a dormire e non ho voluto svegliare né te né papà. Va tutto bene? Sembri apprensiva. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Immagino che sia dovuto al fatto che la nostra conversazione di ieri. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Che cosa è successo? E'... E' mancata? »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Ieri nel tardo pomeriggio. Non hai sentito la notizia? »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « No, ho staccato internet e il telefono e mi sono presa un a giornata di stop. Mi... Mi dispiace molto. Si dice in questi casi, no? Immagino che questo metta in moto un sacco di problemi, da come gestire il funerale alla nuova incoronazione di Carlo. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Non è solamente questo che mi preoccupa. E' che... »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Onestamente proprio non riesco a comprendere. C'è qualcosa che non mi dici, sei diventata misteriosa, svii alcuni argomenti e ieri sera ho incontrato Alexander. Cosa mi stai tenendo nascosto, mamma? »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Alexander Sørensen? »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Sì, quali altri Alexander conosci? »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « E' solo che... Nulla. Come sta? Non ho più incontrato sua madre, ma immagino che gli impegni mi abbiano fatto essere piuttosto assente. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Non hai risposto alla mia domanda. Cosa stai nascondendo? »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Sai che esiste il segreto professionale, soprattutto in politica, non essere sciocca, Sofie. Hai cominciato a guardare troppe serie televisive e vedi cose dove non esistono. Semplicemente sono preoccupata per Liz, non sarà facile per lei. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Sono certa che se la caverà. Ad ogni modo, nessuna serie televisiva, come le chiami tu, ma dovresti mentire meglio perché so che mi stai nascondendo qualcosa e lo scoprirò, credimi. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « ... »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Presto dovrò partire per Londra, devo ancora finire l'intervista agli sposi e la settimana prossima ci sarà anche l'anniversario dei 130 anni di Vogue. La settimana della moda è alle porte e si prospettano settimane impegnative. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Ti piace proprio questo lavoro, mh? Dovresti però prendere anche del tempo per te, prima che sia troppo tardi. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Mi dà il suo bel da fare, ma sì mi piace. Al momento, è l'unica cosa che mi fa stare bene. Oh, non fare nemmeno la melodrammatica, e da quando pensi che si debba fare una pausa? Abbiamo basato tutta la nostra vista sul non avere mai un momento libero e adesso? Sei diventata strana... »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Solamente perché mi preoccupo per te. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Uhm... Sarà. Sono contenta di aver visto Alexander, era tanto tempo che non lo vedevo. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Non vi siete più sentiti? »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Di tanto in tanto, ma io sono sempre in giro per il mondo e lui non ha mai tempo, sempre imbrigliato in call e viaggi d'affari. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Capisco. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Qualcosa non va? Non hai più bevuto il tuo caffè e si sta raffreddando. »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Oh no, no... Devo, devo andare in Parlamento, ho delle riunioni che mi aspettano. »   sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ  « Ci vediamo per pranzo? »   ʜᴇʀ ᴍᴏᴛʜᴇʀ  « Non credo, ci vediamo per cena. Mi raccomando, goditi almeno oggi di relax. Non si sa mai quando accade, le cose possono cambiare da un momento all'altro. »
Tumblr media
0 notes
danilacobain · 2 years
Text
Ossigeno - 22
22. A lume di candela
Sveva entrò in camera e si lasciò cadere sul letto. Una tristezza infinita la pervase. Ma che cosa sto facendo?, si chiese, sto uscendo con Zlatan solo per dimenticare Logan? Ma la risposta le arrivò alla mente forte e chiara, e se ne stupì. No. Lei si era sentita attratta da Zlatan ancora prima che Logan tornasse. Da quella sera al party di inaugurazione del Garden Flower, nel momento in cui gli aveva stretto la mano e si erano guardati negli occhi. E poi, la volta successiva, quando era rimasta a guardarlo a lungo mentre discuteva con la sua ex fidanzata e avevano stabilito una specie di tregua tra loro... Sorrise da sola, rivolta al soffitto bianco che stava contemplando. Che figuraccia che aveva fatto con lui quando gli aveva dato del cafone. In realtà era un gran bravo ragazzo, educato e gentile, e aveva un cuore buono. E alla clinica. Sveva non poteva dimenticare come l'aveva guardata quella mattina mentre lei lo visitava. L'aveva fatta sentire... viva. Era stato lì che aveva iniziato a sentire quel calore nello stomaco quando erano vicini. Ma poi era arrivato Logan e aveva scombussolato tutto. Fino a quando, quella mattina a casa sua, non erano stati sul punto di baciarsi.
Quindi no, non era andata a letto con Zlatan solo per dimenticare Logan. Però, forse, era il caso di rimanere con i piedi per terra e non farsi coinvolgere troppo dalla situazione. Alcuni colpi sulla porta la distrassero dalle sue riflessioni e si alzò per aprire. «Chi è?» «Sono io, Zlatan.» Oh, eccolo qui. Eccitazione e ansia si mescolarono in lei. Aprì la porta e se lo trovò davanti, tutto sorridente. I capelli erano ancora umidi e gli ricadevano sulle spalle coperte da una camicia color antracite e un jeans scolorito. «Sei ancora così?» Sveva si passò una mano tra i capelli intrecciati e pieni di sale. «Sì, stavo giusto andando a prepararmi.» «Non mi fai entrare?» Lei ci pensò un attimo, poi si spostò e lo fece passare. Chiuse la porta e si girò a guardarlo. Si ritrovò stretta fra le sue braccia, avvolta nel profumo di bagnoschiuma e shampoo mischiati all'odore unico della sua pelle che la mandava fuori di testa. Zlatan le sorrise appena e poggiò le labbra sulle sue. Un bacio delicato. «Mhm» un altro bacio, e un altro ancora. «Mi sei mancata tanto, oggi.» «Anche tu.» Ed era vero, aveva pensato alle sue labbra in continuazione. Ma era ancora scombussolata da quello che era successo poco prima e Zlatan notò la sua espressione poco convinta. La lasciò andare. «Ehi, che hai?» «Niente...» «Che ti ha detto Mark?» Sveva distolse lo sguardo. «Niente. Lui... niente di importante.» «Okay. Bè, sono venuto per invitarti a cena fuori...» «A cena fuori?» «Sì. Sai, volevo stare un po' da solo con te.» «Oh...» Zlatan prese un bel respiro. «Sveva, si può sapere che hai? Poco fa mi hai chiesto di venire in camera tua per fare la doccia insieme e adesso sembra che la mia presenza ti dia fastidio. Che ti prende?» Sveva si allontanò da lui e camminò per la stanza. Zlatan aveva perfettamente ragione e lei era una stupida. Che cazzo! Erano tutte paranoie inutili, lei voleva stare con Zlatan tanto quanto lui voleva stare con lei. E questa era l'unica cosa che contava. L'unica. Si voltò di nuovo verso lui, che era rimasto immobile a fissarla. «Non so cosa mi è preso, Zlatan. Ho avuto un... un... non so. Paura, forse.» «Paura di cosa? Di me?» Lei sospirò e si sedette sul letto. «Ah, che stupida che sono» disse sottovoce, mentre si passava le mani sul volto. Zlatan si sedette accanto a lei. «Che ti ha detto Mark, Sveva? Lo so che c'entra lui. Ti ha baciata di nuovo?» Sveva gli sorrise. «No, non mi ha baciata. E... Zlatan, gli ho detto di noi due.» «In che senso?» «Gli ho detto che ci stiamo frequentando.» Zlatan sorrise. «Oh. Bene. Però non capisco una cosa, perché hai detto di aver avuto paura?» «Lascia stare. Allora, dove mi porti a cena?» «In un posto molto romantico...» Sveva alzò le sopracciglia e sorrise. «Un posto romantico?» Zlatan la tirò per un braccio e le diede un bacio. «Dai, sbrigati. Se il tuo invito è ancora valido potrei aiutarti a fare la doccia...» La sua voce si era abbassata di qualche tono e Sveva ebbe un fremito. Emise un piccolo lamento e lo baciò. «No. Sei già vestito...» «Uhm. Mi spoglio subito.» «Zlatan, ci metto dieci minuti.» «Posso restare?» «No! Aspettami in giardino.» Zlatan si alzò, la fece alzare e la spinse in bagno. «Sbrigati. Sono impaziente.» Sveva fece qualche smorfia, ma si chiuse in bagno e aprì l'acqua della doccia.
Zlatan rimase nella camera di Sveva. Non capiva perché lei avesse detto di avere avuto paura. Era più che sicuro che fosse colpa di Mark, voleva sapere cosa si erano detti. Le aveva fatto delle avances, altrimenti Sveva non gli avrebbe mai detto che stava frequentando lui. Aveva una gran voglia di parlargli a quattrocchi, capire che diavolo gli passava per la testa. Adesso comunque non voleva farsi impensierire, voleva godersi la serata con Sveva, e magari anche la nottata. Bussarono alla porta e Zlatan andò ad aprire. Se fosse stato Mark... «Zlatan!» «Ehi.» «Che testa, ho sbagliato stanza. Stavo cercando mia sorella...» «È in bagno.» «Chi?» «Tua sorella.» «Ah. E tu che ci fai qui?» «La sto aspettando, dobbiamo andare a cena fuori.» «Quindi non venite con noi?» «No.» «Okay. E... okay, ci vediamo dopo allora...» «Non credo.» «Come?» chiese Ignazio stralunato. Non era mai stato geloso di sua sorella, Sveva era più grande di lui ed era sempre stata fidanzata, ma questa situazione lo imbarazzava un pochino. Zlatan era un suo grande amico e lei sua sorella, immaginarli insieme era... stranissimo. Zlatan finse un'aria innocente. «Che c'è? Ho solo voglia di stare da solo con lei. Dopo cena magari la porto a fare una passeggiata in spiaggia.» Ignazio scosse la testa ridendo. «Sicuro. Divertitevi allora.» «Lo faremo» Zlatan strizzò l'occhio all'amico e risero insieme. Chiuse la porta proprio nell'istante in cui Sveva usciva dal bagno con una minuscola asciugamano intorno al corpo. Rimase immobile a fissarla, il corpo teso già smaniava per lei. La cena avrebbe aspettato, adesso aveva un altro tipo di fame.
Sveva guardò Zlatan in piedi vicino alla porta e sorrise. Si portò le mani sui fianchi e fece finta di essere arrabbiata. «Ma non ti avevo detto di aspettarmi in giardino?» «No, non mi risulta.» Intanto stava avanzando lentamente. Lei si passò la lingua sulle labbra, improvvisamente a corto di saliva. «Bugiardo.» «Tentatrice.» «Se fossi rimasto fuori non ti avrei tentato...» «Allora ho fatto bene a restare.» Era ad un soffio dalle sue labbra, ma questa volta non aspettò che fosse lui a baciarla, si alzò sulle punte dei piedi e con deliberata lentezza gli accarezzò le labbra con la lingua, le mani stavano già sbottonando la camicia. Zlatan le prese la nuca e la baciò a fondo, prima lentamente, poi voracemente. Le lingue si intrecciavano, danzavano, e i respiri si perdevano nelle loro bocche. Zlatan fece scivolare via l'asciugamano dal corpo di Sveva e le accarezzò la schiena, il collo, il seno. Lo strizzò nel palmo, scese verso la rotondità delle sue natiche. Lei sospirò. «Spogliati» gli sussurrò, allontanandosi da lui per mettersi comoda sul letto e godersi lo spettacolo. Si morse le labbra mentre Zlatan davanti a lei si toglieva la camicia e scopriva quell'addome perfetto e leggermente arrossato dal sole. Seguì le sue mani che sbottonavano i jeans e li abbassavano, rilevando il pene turgido e invitante ancora nascosto sotto i boxer. Riportò lo sguardo sul volto di Zlatan e scoprì che lui la stava osservando, un lieve sorriso gli increspava le labbra e il desiderio nei suoi occhi la lasciò senza fiato. Si liberò velocemente dell'ultimo pezzetto di stoffa che lo copriva e salì sul letto con un movimento felino. Sveva gemette quando Zlatan le allargò le gambe e si posizionò in mezzo. Si chinò sul suo collo e lo leccò, le stuzzicò l'orecchio e il punto sensibile dietro il lobo. Lei gli morse la spalla e gli graffiò la schiena. Pochi istanti dopo furono una cosa sola, persi nella loro passione. Ansiti e gemiti, e morsi e graffi, spinte decise e altre più lente. Si baciarono a lungo al culmine del piacere, i cuori battevano all'unisono e i respiri si mescolavano. Rimasero abbracciati in silenzio per un po', godendosi il calore dei propri corpi vicini e le loro carezze reciproche. «Hai fame?» chiese all'improvviso Zlatan. «Un po'» rispose lei. «Vuoi ancora andare al ristorante? O preferisci rimanere qui?» Sveva si scostò per guardarlo. Gli sorrise e gli poggiò un piccolo bacio sulle labbra. «Rimaniamo qui. Ceniamo sul terrazzino.» Lui le scostò una ciocca di capelli dal volto. «Okay.» Allungò una mano verso il telefono e digitò il codice per la reception. «Salve, vorremmo ordinare la cena. Ah, ah. Sì, a base di pesce: un antipasto e un secondo. Anche il dolce, sì. Ah, e anche una candela. Grazie» Abbassò la cornetta e tornò a concentrarsi su Sveva. La sbaciucchiò e poggiò la testa sul suo petto, facendosi accarezzare i capelli mentre le baciava la pancia. «A cosa ti serve una candela?» chiese scioccamente Sveva. «Ti avevo promesso una cenetta romantica... la candela serve per creare l'atmosfera» rispose lui sorridendo. «Pensavo volessi fare qualche giochetto perverso.» Zlatan si bloccò con la bocca sul suo ombelico. «Tentatrice» mormorò sulla sua pelle, alzò la testa per guardarla. «Dopo, magari...» «Dopo...?» chiese lei con aria divertita. «Ti farò urlare per tutta la notte. È una promessa.» Abbassò di nuovo la testa sulla sua pancia e cominciò a scendere, lasciando la scia umida della sua saliva mentre la leccava fino ad arrivare tra le sue gambe. Glielo aveva promesso e mantenne la sua promessa. Trascorsero l'intera notte ad amarsi, concedendosi solo la pausa per la cena a lume di candela sul terrazzino.
Quella notte, però, Zlatan non andò via. Si addormentò accanto a lei, con il volto affondato nei suoi capelli e un braccio a cingerle la vita.
E tenerla stretta sul suo cuore.
2 notes · View notes
tempergay · 2 years
Text
😫😫😫😫😫😫
3 notes · View notes
sayitaliano · 2 years
Text
youtube
LA DOLCE VITA | FEDEZ FT. TANANAI & MARA SATTEI
E poi passa un anno e ci sembra meno And then a year passes and it feels less Mi trovi diverso, mi prendi la mano You find me changed, you take my hand Da soli siam* tutti nessuno (When we're) alone we're all nobody Che vita è? What type of life is it?
La vita senza amore dimmi tu che vita è Life without love you tell me what type of life is Oh, dove sei andata, oh, mi sei mancata Oh, where have you gone, oh, I missed you Mi perdo dentro al taxi che mi porterà da te I lose myself inside the cab that will take me to you Bello stare a casa, musica italiana It's good to stay home, Italian music
Ci vuole ancora un po' We still need some time Prenditi il mio letto, lasciami un pezzetto Take my bed, leave me a little piece Se lo vuoi non me ne andrò If you want to I won't leave La vita senza amore non mi farà mai bene, perché Life without love will never do me good, because
Non so dirti di no quando I cannot tell you no when Vivo solo per lei I only live for it
Ah, Oktoberfest, mi piace fare la fest* (festa) Ah, Oktoberfest, I like to party (party) Tutti nel back, tutti nel back a far fest* Everyone in the back(stage), everyone in the back(stage) to party
Buonasera, e chiedo scusa Good evening, and I'm sorry Non ho capito cosa c'era nei suoi occhi (droga?) I don't understand what was inside her eyes (drugs?) Perché se no era colpa mia, perché con me non studia mai Because if not it was my fault, because with me she never studies So che canzoni vuole lei, faccio a parole** col DJ I know which songs she wants, I have a word-fight with the DJ
So che non hai visto le Hawaii I know you haven't seen the Hawaii (haven't been to the Hawaii yet) Dirotteremo Ryanair We'll divert Ryanair E se ci beccano stica-ah-ah And if they catch us, who cares
La vita senza amore dimmi tu che vita è Life without love you tell me what type of life is Oh, dove sei andata, oh, mi sei mancata Oh, where have you gone, oh, I missed you Mi perdo dentro al taxi che mi porterà da te I lose myself inside the cab that will take me to you La vita senza amore non mi farà mai bene, perché Life without love will never do me good, because
Non so dirti di no quando I cannot tell you no when Vivo solo per noi, chiamami se vuoi I live only for us, call me if you want Diglielo agli altri che stasera non puoi Tell the others that tonight you can't Sei tutto per me You're all for me
La vita senza amore dimmi tu che vita è Life without love you tell me what type of life is Oh, dove sei andata, oh, mi sei mancata Oh, where have you gone, oh, I missed you Mi perdo dentro al taxi che mi porterà da te I lose myself inside the cab that will take me to you La vita senza amore non mi farà mai bene, perché Life without love will never do me good, because
Non so dirti di no quando I cannot tell you no when Vivo solo per noi, chiamami se vuoi I live only for us, call me if you want Diglielo agli altri che stasera non puoi Tell the others that tonight you can't Sei tutto per me You're all for me
----
-*siam = siamo, poetic version -you can hear for example, after the first stanza, the beginning of the famous "24000 baci" by Ariano Celentano -*fest = festa, poetic version (also cause inside of Oktober-fest) -** faccio a parole => sounds like "faccio a pugni" = I have a fist-fight, so I translated it as word-fight -beccare, stica
7 notes · View notes
suburbandogsclub · 3 years
Text
La mia più grande paura
Mark l'ho visto una sola volta, prima della pandemia e in una delle mie prime uscite in questo piccolo grande paesino. Piano: escape room e pizza da Luca, bene così, si torna sedicenni, ma che c'è da lamentarsi. Mark comunque è un quarantenne di boh, Glasgow o Edinburgo, sinceramente giovanile, abbastanza palestrato e autoironico, subito in confidenza, ti sembra uno di quei pompati che si mettono la maglietta nera attillata, ma in realtà è alla mano e grazie ai compari mediterranei subito setta l'atmosfera dai toni camerateschi ma inclusivi, e infatti anche le ragazze ridono tutte assieme.
Queste serate da Luca sono più o meno sempre sullo stesso tiro, si cazzeggia, si giudica il cibo che arriva non arriva è buono da noi si fa così o colì, si parla dei tropici, oppure Joao inizia a parlare del cane di Agustina che si voleva accoppiare con un cuscino e finisce col chiedere a Diego se vuole figli, con la fidanzata che a due posti di distanza freme tutta per rispondere al posto suo.
Ad ogni modo Joao è proprio un funambolo, un protagonista di un romanzo portoghese, cioè è il cantante di fado di Alfama che è tutto immerso a ragionare appassionatamente con un compagno di bevuta di cose leggere e cose profonde, e tu lo vedi seduto al tavolo, e chiedi ma si paga per entrare, chiaramente intimorito perchè dici questo è filosofo e mo mi manda affanculo, e lui spezza i battiti e dice ma no no, vieni vieni, prenditi una sedia e bevi un bicchiere di vino con noi. Joao è lo stesso che nei momenti critici in cui la cameriera arriva con la pizza che tutti bramavano da tempo, nel momento di massima catarsi nonchè pressione per questa povera crista che si sta cercando di guadagnare la serata con il massimo dei sorrisi, ti tira per la manica e inizia e dire "e poi guarda ti dico, io penso che alla fine andrò a vivere in Costa Rica, pensa che puoi andarti a fare il bagno con la pioggia perchè tanto ci sono 30 gradi in ogni periodo dell'anno" e come ti voglio bene Joao, perchè la pizza io quasi la odio, e non che del Costa Rica mi interessi poi tanto, cioè buon per te che la tua ragazza è di lì, però ecco, mi interessa nella misura in cui mi ricordi che è normale non avere l'ansia per una banalissima pizza ed è importante finire un discorso o voler condividere qualcosa con qualcuno con la massima serietà.
Tant'è vero che anche Diego alla fine si unisce al gruppetto, chiaramente apprezzando il flusso spontaneo della conversazione, perchè lo so che anche se è un tipo a volte sulle sue, sa stare con gli altri, ecco magari non è il suo hobby preferito, però oh, una volta che ha deciso di uscire poi sta al gioco. E infatti non mi sorprende più di tanto sapere che tutti noi membri di questo gruppetto siamo cresciuti in maniera simile, anche a migliaia di chilometri di distanza, inteso che: quando le prendi, non solo le prendi, ma le prendi ancora di più se piangi, che fidatevi, funziona una meraviglia per creare dei soldatini perfettamente autosufficienti nella vita, onesti, diligenti, educati, rispettosi, ma sulle ripercussioni subconsce segretamente repesse oddio, ho qualche dubbio, ovviamente a meno che non sei un cantante di fado.
Tra l'altro Joao è anche quello che ha portato Mark quella sera prima della pandemia, nonchè l'unico in grado di reggere una discussione dove uno scozzese dice a un portoghese e a un italiano (e mentre lo scrivo mi accorgo che è il setup di una barzelletta fine anni 90) che Bale è meglio di Ronaldo, dettaglio che avevo onestamente rimosso, ma che comunque, per quanto Ronaldo quasi lo odio, ma come cazzo fai a dire una cosa del genere, ma allora voi il pallone lassù lo vedete proprio al contrario.
Poi la serata sembra andata, ormai alle 11 e mezza l'Olanda di questo piccolo paesone è già a letto, per cui pensa un ristorante, quindi Michela, facendo seguito alla pausa dopo il discorso di Ronaldo, chiede ma Mark l'ha finito il ciclo di chemio? Io non lo sapevo, le pupille già mezze dormienti si riattivano per un momento, ora tutte concentrate sul cantante di fado, che pacatamente spiega che boh forse sì, l'ultima volta che l'ha visto è stato tempo fa, forse all'inizio del ciclo, quando per due o tre weekend era stato da lui ad aiutarlo, visto che vive da solo, ovviamente anche lui a migliaia di chilometri da casa, e quand'è così non hai forza di fare nulla ovviamente, ma poi boh. Gli aveva detto Ma perchè non vieni a Braga con me per Natale, ma lui "nah, Oi'm gauna be foine, daun' wo-y man" e a quel punto pure il cantante di fado deve alzare le mani, dopo qualche commento sullo stato fisico attuale, sottolineando che ovviamente dimenticati le spalle e gambe da palestrato, e dopo aver detto che la situazione è anche peggio, visto che il padre è andato via da qualche giorno e la madre è sulla stessa strada.
Per cui Mark, io ti devo chiedere scusa se ti uso così, però nello spazio di una serata da commensale e un'altra, dopo due anni, da fantasma, hai all'improvviso dato forma alle mie più grandi paure, che finora avevo solo ipotizzato, ma che tristemente mi ricordano che non devono viaggiare poi troppo in lungo e in largo per materializzarsi in una sceneggiatura concreta, ed è curioso che questo accada proprio oggi, in un sabato 26 marzo che si era aperto con la notifica vibrata troppo presto che ricordava "oggi è il compleanno di Pà, vuoi mandare un messaggio di auguri?". Quello che si dice un finale ad effetto.
Domani si continua: impacchettamenti, rimuovere il calcare dalla doccia, svuotare l'armadio e non dico di no, anche una certa eccitazione pre-ultimamandatadellaserratura. Lasciare questo piccolo paesone non è di certo una sorpresa, ma guardarsi indietro non è comunque facile, perchè vuol dire anche guardarsi un pò avanti. Nonostante questi tre anni, o anzi, ora più che mai, ancora niente risposte, ma un unico mantra autogeno sopravvive, poggiato su esili, dubbiose radici: I'm gonna be fine.
8 notes · View notes
lovesickshanties · 2 years
Text
OFMD ficlet - V
"NO!"
"NOOO FERMO!"
"Oh no oh no oh no-"
"Bevo al mio amore!" lesse Stede, premendosi una mano sul cuore. "E così, sollevata la fiala, Romeo beve. Ah, onesto speziale, le tue droghe sono rapide. Così, con un bacio, io muoio."
"OH NOO-"
"E adesso, quando Giulietta si sveglierà..!" gemette Black Pete, nascondendo la faccia sulla spalla di Lucius.
Lucius, gli occhi un po' lucidi, lo cinse con un braccio.
Non capitava spesso di leggere Shakespeare a un pubblico completamente vergine.
Stede sollevò per un istante lo sguardo dalla pagina e trovò  gli occhi di tutti ansiosamente puntati su di lui.
Anche un paio di brillanti occhi neri.
Stede sentì un fiotto di calore affluirgli al viso; tornò rapidamente a nascondere il naso nel libro e proseguì la lettura, cercando di rendere il più possibile giustizia alla scena.
Alle ultime battute di Giulietta, però, lo sconforto generale raggiunse il culmine.
"Caro pugnale; questa è la tua guaina." lesse Stede, con voce carica di pathos. "Arrugginisci qui, e fammi morire."
"AVEVATE DETTO CHE ERA UNA STORIA D'AMORE!" esplose Wee John, il faccione rosso rigato di lacrime. 
Stede sollevò di nuovo gli occhi con aria colpevole. "Lo è." confermò timidamente. "Una delle più belle mai scritte."
"FIGURIAMOCI LE ALTRE!" tuonò Wee John nascondendo il volto fra le mani prima di scoppiare in lacrime. Frenchie gli battè cautamente qualche colpetto di conforto sulla schiena.
Anche Black Pete singhiozzava silenziosamente fra le braccia di Lucius, mentre Mr. Buttons si asciugava gli occhi. "Era la preferita di Karl." spiegò, commosso.
The Swede guardava Stede come se avesse appena preso a calci un cucciolo, sentimento che Stede stava iniziando a condividere. 
"...E insomma finisce che sono tutti morti." fece Roach con una smorfia, strappando un ululato di angoscia dal petto di Wee John. Stede si sentiva inspiegabilmente colpevole. Fece per aprire la bocca, quando-
"No." si intromise Ed, apparentemente lui per primo sorpreso di avere parlato. Quando tutti gli occhi si rivolsero a lui, carichi di attesa, si schiarì la voce e si alzò in piedi. "Fingere la propria morte non funziona bene, quando ci sono dei testimoni." osservò, allargando le braccia. "E quel frate? Dite un po', voi vi sareste fidati del frate?"
Tutti scossero la testa.
Stede rimase in silenzio, perplesso, ma curioso di scoprire dove Ed sarebbe andato a parare. 
Edward incontrò il suo sguardo e alzò le sopracciglia, "Ecco perché hanno dovuto mettere su una farsa infallibile. Una frottola a prova di bomba. Si sono finti morti, di nuovo, finché non li hanno davvero lasciati in pace." disse. "Una farsa al quadrato."
I presenti pendevano dalle sue labbra.
"Quindi ce l'hanno fatta?" chiese The Swede, trepidante.
"Ci puoi scommettere i denti che ti restano," confermò Ed, e un boato di sollievo esplose tutto intorno, sormontato dallo strozzato "oh, grazie al cielo" di Black Pete.
"Sono fuggiti per mare e hanno avuto nove figli, sei maschi e tre femmine," proseguì Edward, annuendo con aria saputa. "E nessuno lo ha mai scoperto, nemmeno il tizio che ha scritto la storia."
"...E invece lo sabes tu." commentò asciuttə Jim, che non aveva ancora detto una parola. 
Edward gonfiò il petto. "Naturalmente," replicò, "sono cresciuto nella vecchia Inghilterra."
E con questa sorprendente rivelazione Edward lanciò a Stede un'occhiata che lui, se non si fosse trattato di Ed, non si fosse trattato di Stede, avrebbe definito quasi implorante.
"Oh, sì, è assolutamente andata così." si affrettò a farfugliare Stede, quando ebbe finalmente mangiato la foglia. "C'è un sacco di disinformazione sulla Londra elisabettiana. Sono vissuti per sempre felici e contenti. Naturalmente."
"...naturalmente." mormorò Edward abbassando lo sguardo con un timido sorriso, prima di guardare Stede con un luccichio negli occhi scuri.
E chissà perché, nella mente di Stede Shakespeare ripeté, "C'è più pericolo nei tuoi occhi che in venti delle loro spade."
11 notes · View notes