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#luciano torri
garadinervi · 1 year
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Sottsass Associati, (1988), Edizioni L'Archivolto, Milano, 1989 [Saint-Martin Bookshop, Bruxelles-Brussel]
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Texts: Ettore Sottsass, Barbara Radice, Doug Tompkins, Luciano Torri, Herbert Muschamp, Jean Pigozzi, Philippe Thomé, and Marco Zanini
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francescosatanassi · 2 years
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9 NOVEMBRE
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Pochi giorni fa si celebrava la Liberazione di Forlì e come ogni anno mi piace raccontare un episodio legato a quei giorni. Si è sempre detto che il primo a entrare in città fu un battaglione scozzese. Ma esiste anche un’altra storia, che inizia finalmente a circolare e che vede i partigiani forlivesi protagonisti nella liberazione della propria città. Al grosso dell’8° Brigata Garibaldi fu formalmente impedito dagli inglesi di partecipare, ordinando loro di restare a Meldola e i bollettini della brigata lo confermano, ma i partigiani raccontano che furono le squadre di gappisti e le SAP del centro a cacciare i tedeschi. Esiste una mappa dove sono indicati i luoghi dove i partigiani erano concentrati per l’insurrezione di Forlì, che secondo i piani doveva avvenire ai primi di novembre: via delle Torri, via Vittorio Veneto, via G. Regnoli, il seminterrato dell’attuale campus universitario… e c’erano zone dove erano state nascoste le armi pronte per’azione: l’arena forlivese e il calzaturificio Zanotti, per citarne due. Nella notte del 1° novembre il commissario della 29° Brigata GAP Pino Maroni fu sorpreso all’altezza del ex palazzo Becchi e poi ucciso dai tedeschi proprio mentre si stava recando a prelevare alcune armi. Nonostante il “blocco” degli inglesi, il piano partigiano fu confermato e ordinato da Tabarri, comandante dell’8° Brigata. I collegamenti tra la brigata bloccata a Meldola e le squadre del centro storico erano tenuti da Luciano Lama. Le testimonianze di Sergio Flamigni e Luciano Marzocchi raccontano che nella notte i gappisti attaccarono i tedeschi in corso Diaz, Pelacano, Gorizia e viale Corridoni, dove fu colpita una colonna di carri con bombe a mano e armi automatiche. Il mattino del 9 novembre i partigiani occuparono la questura di Forlì, il municipio, il palazzo della prefettura e “nel pomeriggio i carri armati Alleati entrarono in città”. Secondo il partigiano Iader Miserocchi “gli Alleati entrarono a Forlì il 9 novembre, trovando la città già in mano ai partigiani che avevano organizzato un’insurrezione guidata da Lama.” Una volta raggiunta la piazza, gli inglesi trovarono i gappisti che li attendevano con il comunista Franco Agosto da loro nominato come sindaco. “Alla mattina del 9 di novembre - raccontò il partigiano Pasaròt - venne l’ordine di occupare Forlì e allora siamo usciti. Sembrava non ci fosse nessuno e invece quanta gente c’era che venne fuori a salutare alle finestre e ai balconi… e così sono arrivati gli inglesi che Forlì era già occupata dai partigiani.” Gli inglesi pubblicarono la notizia che Forlì era finalmente libera, prendendosi i meriti di essere stati i primi a entrare nella “città del Duce”, omettendo che la città fosse già in mano ai civili armati, cosa confermata anche dai partigiani Galio Rossi e Giovanni Nanni, che raccontarono che gli inglesi erano al Ronco e furono i partigiani che andarono loro incontro per accompagnarli nella città già libera. Ciò da finalmente significato a una frase legata a quei giorni e che a Forlì circolò per anni: “Vai a chiamare gli inglesi.”
[foto: soldati neozelandesi in Piazzale della Vittoria, 10 dicembre '44]
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lamilanomagazine · 1 year
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Al via il Porto Cesareo Film Festival, 2.700 lavoratori provenienti da 115 paesi
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Al via il Porto Cesareo Film Festival, 2.700 lavoratori provenienti da 115 paesi. Il “Porto Cesareo Film Festival” per il terzo anno consecutivo, rinnova il suo appuntamento con una rassegna cinematografica tra le più suggestive d’Europa. Sono 2700 i lavori, tra corti, mini corti e documentari pervenuti da 115 diversi paesi pervenuti ( TRA CUI Iraq, Iran, Perù, Ucraina, Malaysia, Paesi Bassi, India, Cile, Francia, Brasile, Regno Unito, Italia) e valutati da una giuria di esperti. L’evento, ricco di appuntamenti collaterali tra visite guidate per terra e mare, reading, concerti, showcooking, panel di discussione, incontri e proiezioni, è realizzato dal “Coordinamento Ambientalisti Pro Porto Cesareo ODV” nell’ambito del progetto A-Mare i Giovani (Progetto co-finanziato dal Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale nell’ambito del Piano Azione e Coesione - Avviso Giovani per il Sociale ed. 2018), coordinato dall’avv.to Marco Greco e Mino Buccolieri, con la direzione artistica di Anna Seviroli e con il sostegno del Comune di Porto Cesareo e di Apulia Film Commission. “L’evento nasce per promuovere e far conoscere il territorio e il suo patrimonio artistico, culturale, paesaggistico e archeologico sommerso. Sensibilizzare al rispetto della natura, denunciare i danni ambientali e le catastrofi causate dall’uomo. Indagare i confini tra mare e terra sono i temi portanti del festival”, spiegano gli organizzatori” L'edizione 2023, che racconta di un cinema nuovo, come strumento ideale per narrare e raccontare storie sempre diverse, troverà luogo presso due delle torri costiere cinquecentesche che caratterizzano la costa ionica salentina: Torre Santo Stefano (o Torre Chianca), un patrimonio architettonico, storico e culturale unico, per le serate del 1 e 2 e la Torre Lapillo per la serata conclusiva. Presentano, Fabiana Pacella e Gianni Seviroli. 1 SETTEMBRE LUOGO DELL’EVENTO: TORRE CHIANCA – Ore 18 Inaugurazione mostra fotografica Impatto di Tatiana Cardellicchio, scatti realizzati all’interno della Riserva Naturale Regionale Palude del Conte e Duna Costiera di Porto Cesareo. A seguire: – Inaugurazione dell’installazione Madre Terra di Hermes Mangialardo: un omaggio al nostro pianeta, una sfera del diametro di 4 metri creata per ricordare la maestosità della terra, ma anche la sua delicata essenza e fragilità. – Reading poetico con Emanuele Spedicato e Clio Evans sul libro “Destini: la nostra storia, vera e piena di speranza”; – Proiezione del documentario “Mare Nostrum“, realizzato dai ragazzi dell’Istituto Comprensivo di Porto Cesareo e l’Istituto “Don Tonino Bello” di Copertino, nell’ambito del progetto didattico “Cinema e Scuola – Laboratorio di linguaggio cinematografico e audiovisivo”. Direzione scientifica a cura del regista Carlos Solito; 1. Performance musicale di Napolinaria con la voce di Tania Lamparelli, il mandolino di Gianni Seviroli e la chitarra di Albina Seviroli; – Proiezione speciale di Addhumare di Hermes Mangialardo, cartone animato ambientato a Gallipoli; – Ore 20.45 Proiezione delle opere finaliste in concorso SABATO 2 SETTEMBRE 2023 – MATTINA E SERA Luogo dell’evento: Torre Chianca – Attività parallele*; – Al mattino, corso base di vela (riservato ai ragazzi dai 6 ai 16 anni) in collaborazione con il Circolo Nautico L’Approdo; – Presentazione del laboratorio di scrittura creativa curato dalla direttrice artistica Anna Seviroli (in un luogo inedito di Porto Cesareo); – Tavola rotonda: “Il cinema in Puglia come mezzo di denuncia: l’inquinamento atmosferico nel Salento, gli effetti sulla salute dei gas tossici e le polveri killer e l’inquinamento marino; – Reading poetico a cura del poeta Gianni Seviroli; – Evento speciale: proiezione del film documentario “Senza Paura” di Luciano Toriello. Una produzione MAD con il patrocinio di Apulia Film Commission; – Due chiacchiere con il regista Luciano Toriello e Serena Helena Van Put, giornalista per Alia, Il manifesto e Il Nuovo Quotidiano di Puglia; Ore 20.45 Proiezione delle opere finaliste in concorso; DOMENICA 3 SETTEMBRE 2023 – MATTINA E SERA Luogo dell’evento: Torre Lapillo- – Attività parallele*; – Archeo-snorkeling in collaborazione con l’Università del Salento e Riviera di Ponente – Natura dal Vivo; – Tavola rotonda: “Sapori di Puglia, sapori di cinema: il viaggio delle pellicole tra i percorsi enogastronomici della nostra terra” in collaborazione con il Dams di Lecce, Università del Salento con Luca Bandirali, la Città del Gusto Lecce – Gambero Rosso con Fiorella Perrone, Massimiliano Apollonio, presidente Movimento Turismo del Vino Puglia; – Serata di premiazione finale a Torre Lapillo, accesso su invito. Fabiana Pacella reciterà un monologo dedicato a Renata Fonte – Laboratorio del gusto con il pesce povero di Porto Cesareo nell’ambito del programma Mare in Mostra del progetto GOSPEL dell’Area Marina Protetta Porto Cesareo; – Esibizione del Butterfly Trio con Giorgia Santoro (flauti), Vanessa Sotgiu (pianoforte), Simona Gubello (soprano). ATTIVITÀ PARALLELE Attività a cura del Coordinamento Ambientalisti pro Porto Cesareo e del CEA (Centro Educazione Ambientale) di Porto Cesareo, nell’ambito del progetto “A-Mare i Giovani”: – Visite guidate – Escursioni naturalistiche nella Riserva Regionale Palude del Conte e Duna Costiera di Porto Cesareo; – Utilizzo di visori e tecnologie avanzate presso la torre di Torre Chianca (alla scoperta dell’archeologia subacquea del mare di Porto Cesareo) a cura del Dipartimento Beni Culturali Università del Salento e dell’Area Marina Protetta “Porto Cesareo”. GIURIA Luca Bandirali, (PhD) è Ricercatore Senior RTDb in Cinema Fotografia Televisione (L-ART/06) presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento. Collabora con il Centro Sperimentale di Cinematografia (corso triennale di Conservazione e Management del Patrimonio Audiovisivo). È abilitato per la prima fascia nel settore concorsuale 10/C1 (teatro, musica, cinema, televisione e media audiovisivi). Virginia Panzera, Docente di audiovisivo, Autrice, redattrice e assistente alla regia per alcune delle più importanti produzioni in Italia come Rai, Endemol, Sky. Piergiorgio Martena, Attore, regista e acting coach salentino, fondatore di Tujunga – acting house (Lecce), si forma presso l’Accademia Internazionale di Arte Drammatica Teatro Quirino – Vittorio Gassman di Roma, che annovera fra i docenti di Gigi Proietti, e presso la Taylor School of acting di Los Angeles. Dario Di Mella, direttore della fotografia, operatore di macchina, collabora alla realizzazione di più di 100 opere filmiche tra lungometraggi, cortometraggi, documentari, videoclip musicali, spot commerciali riscuotendo numerosi riconoscimenti personali. Dal 2014 è insegnante stabile di Direzione della Fotografia per l’Accademia del Cinema Ragazzi di Enziteto e per l’Università romana Luiss Writing School for Cinema. FabianaPacella (giornalista d'inchiesta, scrive per AGI, La Repubblica, La Gazzetta del Mezzogiorno. Referente di Assostampa Puglia e responsabile del presidio Puglia di Articolo21) Gianni Seviroli (creativo poliedrico e fondatore del quartetto musicale "Napolinaria");  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ideeperscrittori · 5 years
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PREFERISCO EMMA MARRONE A LUCIANO LIGABUE. E NON C'ENTRA LA MUSICA.
Certe notti la radio che passa "Il mio nome è mai più" sembra avere capito che sto attraversando una fase nostalgica. L'ho sentita alla radio una settimana fa e mi ha catapultato indietro nel tempo. Ricordo bene quella canzone. Era una sorta di inno antimilitarista, cantato da Ligabue, Jovanotti e Piero Pelù. L'ho ascoltata e ho controllato l'anno. Era il 2000. Un'altra epoca. Nel 2000 c'era una sinistra che aveva ancora un peso nel mondo della cultura e dell'intrattenimento, anche se tirava aria di tramonto. Gli anni Settanta, quando non potevi fare il cantautore senza dichiararti comunista, erano trascorsi da un pezzo. Negli anni Settanta c'era una sorta di carro del vincitore targato "sinistra". E gli opportunisti in Italia, come ben sapete, non sono mai mancati. Si schieravano in tanti da quella parte con orgogliose dichiarazioni pubbliche. Negli anni Settanta dovevi fare i conti con la sinistra per fare certi mestieri. Ma anche nel 2000 era ancora la parte giusta in molti ambienti. Persino nei salotti buoni. Stavano per accadere tante cose nel 2000: la repressione delle manifestazioni contro il G8, l'attacco alle Torri Gemelle, la paura. Ma chi poteva immaginarle? Forse si è rimesso in moto da lì, dalle radici che quei fatti hanno messo nell'immaginario collettivo, il declino della sinistra, dopo la prima botta del 1989 ("botta" è una parola molto "da Ligabue": consideratela un omaggio). Tuttavia le vere macerie si sono viste molti anni dopo. Nel 2003 si potevano ancora leggere interviste come quella a Pietro Sermonti, star della sit-come del momento ("Un medico in famiglia"). Sermonti diceva: "Sono iscritto a Rifondazione Comunista e ho partecipato al G8 di Genova". E pochi ci trovavano qualcosa di strano. Ma torniamo a Ligabue. Nel 2000 era considerato un artista schierato. Sfiorava soltanto i temi sociali nelle canzoni, ma nelle interviste si raccontava come un cantautore impegnato, nel solco di una tradizione che annoverava il suo amico Guccini tra i maggiori esponenti. Manifestava pubblicamente un'appartenenza, quando la sinistra esisteva e aveva spazio nel dibattito. Questa cosa mi è tornata in mente quando per caso ho riascoltato "Il mio nome è mai più". E mi è venuta la curiosità di cercare notizie su opinioni espresse da Ligabue in campo politico. Una delle pochissime cose che ho trovato nell'arco di un decennio risale a un anno fa. Ligabue guardava con favore al M5S. Diceva: "Il reddito di cittadinanza è una cosa di estrema sinistra". E avrei tante cose da dire su questo, ma non voglio parlare di promesse mancate e del fantasma del reddito di cittadinanza. È un discorso troppo lungo. Voglio solo far notare che ho trovato solo quello. Ho trovato solo un'intervista in cui Ligabue elogiava una promessa del M5S e si dichiarava confuso a proposito della parola "comunista". Non ho trovato una parola sulle ONG definite "taxi del mare" da Di Maio, sui migranti, su xenofobia e razzismo dilaganti. E pensare che nel 2011 Ligabue diceva: "Il futuro passa attraverso frontiere aperte". Dev'essersi accorto di qualche sbadiglio, perché oggi non dice niente. Il suo silenzio su questo tema è assordante. È un silenzio che pesa come un macigno, perché ora ci troviamo in una sorta di deserto dove non capita di incontrare esseri umani. Meglio non giocarsi una larga fetta di pubblico, vero Luciano? Parliamoci chiaro: non sei uno che rischia. "Certe notti" era una bella canzone. "Ho messo via" pure. Ma le hai travasate nel frullatore e hai ottenuto decenni di produzione discografica. Non hai mai abbandonato quel personaggio che ottiene consensi trasversali. Sei ancora il vecchio zio Luciano che prende la vita come gli viene, che si fa il suo giro, a modo suo, e si gode il viaggio perché vive il momento e guarda il panorama. Sei il vecchio zio Luciano che può anche perdere e fare errori, ma con un panorama così il vero vincitore morale è proprio lui. Molto genuino, caro Luciano. Ripeti questo concetto da decenni e funziona sempre (o quasi, visto il flop di un tuo recente concerto). Nell'intervista del 2018 ti dichiaravi confuso a livello politico. Ottima strategia: la confusione è un alibi intramontabile. Ora puoi stare zitto senza rimorsi. Ma mentre tu stai zitto, ci sono quelli che (per fortuna) non seguono il tuo esempio. Per dirtene una, ha parlato Emma Marrone, facendomi quasi venire un colpo per la sorpresa. Lo dico chiaro e tondo: non me lo sarei mai aspettato da lei. Emma Marrone è una che ha tutto da perdere. Perché è una star del pop melodico-romantico di stampo sanremese, un tipo di musica lontano mille miglia dall'impegno sociale. Perché è stata lanciata da "Amici" di Maria De Filippi, una trasmissione che non è mai stata un covo di comunisti. Perché il pubblico a cui parla non è quello dei frequentatori di centri sociali. Perché gran parte di quel pubblico non vuole sentir parlare di migranti e storie simili. Perché è stata celebrata in un mondo patinato e disimpegnato. Perché i sondaggi dicono che Salvini e quelli come lui continuano a crescere. Perché gli elettori sovranisti acquistano dischi. Perché certe idee oggi sono minoritarie in qualsiasi bar, in qualsiasi tram, in qualsiasi centro estetico. Eppure, di fronte alla xenofobia dilagante, Emma Marrone ha parlato. Si è schierata in diverse occasioni con parole nette a favore dell'accoglienza, affrontando un'ondata barbarica di insulti, che si è riversata su di lei con un repertorio comprendente le invettive di persone che le auguravano di essere stuprata. La musica di Emma Marrone non è il mio genere. Ma preferisco lei a te, caro Luciano. Il vincitore morale non sei tu. Preferisco Emma Marrone: una che si fa il suo giro, prende la vita come viene, guarda il panorama, in quel panorama nota qualcosa che le fa schifo e lo dice apertamente. consapevole di rischiare. Perché tra le cose che hai messo via, caro Luciano, c'è anche la capacità di rischiare: nella vita e nell'arte. Capisco la confusione a livello ideologico, capisco la mancanza di certezze, ma qui non si tratta di aderire a una complessa architettura filosofica o a una scuola di pensiero. Qui si tratta di valori universali come i diritti umani.
— L’Ideota
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Il Maratoneta del Suicidio, Sanremo 1995
Correva l'anno 1995, 21 febbraio. Pippo Baudo stava conducendo la quarantacinquesima edizione del Festival che risultò la più vista della storia della kermesse sanremese (per la cronaca, vinse Giorgia con "Come saprei”, i Neri per Caso vincitori nella sezione giovani con “Le ragazze”), quando un uomo con un maglione da sci a losanghe apparve sulla balconata proprio di fronte al palco minacciando di buttarsi di sotto. Si chiamava Pino Pagano, aveva 40 anni ed era disoccupato. La gente in sala pensò dapprima a uno scherzo ma la vicenda, a poco a poco, prese (almeno apparenti) contorni di serietà. Pippo nazionale provò a instaurare un dialogo, poi ruppe gli indugi e salì personalmente sulla balconata per salvare Pagano. Finì tra lacrime, abbracci e applausi. Nei giorni seguenti si mormorò che Baudo avesse organizzato tutto. [VF]
"Baudo sapeva tutto prima, sicuro... Sette giorni prima del mio exploit al teatro Ariston, mi ha telefonato a casa per chiedermi quando andavo a Sanremo. ' Se può venire lunedì per quella faccenda...stia dietro ai miei funzionari, mettetevi d' accordo fra di voi' . Sì, mi ha detto proprio così. Anzi, Marina, mia moglie, era preoccupata per quella telefonata. Non riusciva a capire per quale motivo Baudo cercasse proprio me, e a casa mia". E' l' ultima "verità" - l' ennesima - di Giuseppe Pagano, in arte "Pino", il disoccupato bolognese, maratoneta del suicidio annunciato. […]Paolo Benedini, segretario del presentatore, fa sapere: ' Baudo non intende rilasciare nessun commento sulla faccenda' . Pippo è parecchio stizzito. Nell' entourage del Festival corre voce che Baudo sia davvero amareggiato per questa trovata, e che non ha intenzione di perdere tempo rispondendo ad accuse che definisce ridicole. E poi si sente ripagato in malo modo da una persona in difficoltà che aveva cercato di aiutare.  […]”Pino" al tentato-lancio nel vuoto dalla balconata dell' Ariston era arrivato dopo una serie infinita di blitz da cardiopalma, dall'alto delle torri e dei campanili più noti del mondo. A partire dallo scorso dicembre, ecco la scalata al campanile di Giotto a Firenze, l' ascesa alla torre Eiffel, poi aveva scelto la gru in un cantiere di Bologna in pieno centro, il tetto di palazzo Comunale. Infine, uno show in municipio, dove si incatenò in pieno giorno davanti alla sala stampa, e poi ancora una notte da brivido a Capodanno: "Pino" si arrampica su un traliccio della Rai mentre in Piazza Maggiore si festeggia San Silvestro con Alba Parietti e Paolo Bonolis. Un habitué del suicidio annunciato insomma. Ma Pagano, dopo ogni tentativo, era sempre tornato a terra con le sue gambe, sano e salvo. E' stato pure protagonista di una causa contro la Coop Emilia Veneto, alla quale aveva chiesto un risarcimento perché si era sentito male dopo aver mangiato un "cannolo alla russa" preso in un supermercato. La Coop lo aveva denunciato per tentata estorsione. In questi giorni la Procura di Bologna lo ha prosciolto dall'accusa e la Pretura ha condannato la Coop a 4 milioni di multa. 
[…]Sabato 25 febbraio "Pino" era tornato a Sanremo. "Mi aveva invitato Pippo - giura lui - e invece all' arrivo ho trovato la polizia che mi ha trattenuto in commissariato fino all' alba. Mi hanno denunciato per procurato allarme e rispedito a casa col foglio di via. Un' ingiustizia, sono un uomo finito. Ho avuto solo 3 milioni e mezzo della Rai, per rimettere in sesto la mia auto che aveva avuto guasto in autostrada, e 500 mila lire che mi sono state consegnate da Baudo in persona. Nient' altro". [La Repubblica, Marzo 1995]
Cosa la spinse a salire sulla balconata? «Cercavo un trampolino di lancio». Detta così suona male. Per trovare lavoro?  «No, dissero che ero disoccupato, ma non era vero. Facevo consegne col furgone mio nell’Emilia. Volevo diventare famoso, farmi conoscere». Cosa ricorda di quella sera?  «Al bar in galleria mi riempii di Montenegro per farmi coraggio. C’era Luciano De Crescenzo. Lo avvicinai chiedendogli consigli per come pubblicare un libro». Che cosa le suggerì? «”Uagliò, dovete rivolgervi a qualche casa editrice, io non posso fare niente”». A metà serata il coraggio lo trovò.  «Una vecchietta con la pelliccia di volpe rifiutava di spostarsi per farmi passare. Mi chiedeva dove volessi andare. “Spostati dai coglioni”, le dissi, la tirai via e scavalcai. Il resto è storia». Una storia scritta assieme a Baudo, che venne a tirarla giù. «Promise di aiutarmi. Si fece dare 500 mila lire e me le consegnò. “Per il cappuccino”, disse». A diventare famoso però c’è riuscito. «Sì, ho fatto qualche soldino con ospitate nei locali. Ho prodotto un disco con Umberto Maggi, ex bassista dei Nomadi».
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bongianimuseum · 3 years
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Mostra Antologica di Paolo Gubinelli “Segni, graffi e colore” (Carte, ceramiche, vetri e progetti in plexiglass) Opere dal 1977- 2021 a cura di Sandro Bongiani 11 dicembre 2021 - 13 febbraio 2022 Via S. Calenda 105/D, 84126  SALERNO (Italy). http://www.collezionebongianiartmuseum.it
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Paolo Gubinelli
Biografia
    Nato a Matelica (MC) nel 1945, vive e lavora a Firenze. Si diploma presso l’Istituto d’arte di Macerata, sezione pittura, continua gli studi a Milano, Roma e Firenze come grafico pubblicitario, designer e progettista in architettura. Giovanissimo scopre l’importanza del concetto spaziale di Lucio Fontana che determina un orientamento costante nella sua ricerca: conosce e stabilisce un’intesa di idee con gli artisti e architetti:  Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Ugo La Pietra, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Umberto Peschi, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Emilio Scanavino, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, Zoren.
Partecipa a numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero.
 Le sue opere sono esposte in permanenza nei maggiori musei in Italia e all’estero.
Nel 2011 ospitato alla 54 Biennale di Venezia Padiglione Italia presso L’Arsenale invitato da Vittorio Sgarbi e scelto da Tonino Guerra, installazione di n. 28 carte cm. 102x72 accompagnate da un manoscritto inedito di Tonino Guerra.
 Sono stati pubblicati cataloghi e riviste specializzate, con testi di noti critici:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Paolo Bolpagni, Mirella Branca, Vanni Bramanti, Anna Brancolini, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Roberto Cresti, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Roberto Daolio, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Carlo Franza, Francesco Gallo, Roberto Luciani, Mario Luzi, Marco Marchi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Marco Meneguzzo, Fernando Miglietta, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Elena Pontiggia, Pierre Restany, Davide Rondoni, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
 Sono stati pubblicati cataloghi di poesie inedite dei maggiori poeti Italiani e stranieri:
 Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodaglio, Alberto Caramella, Roberto Carifi, Ennio Cavalli, Antonio Colinas, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
 Stralci critici:
 Giulio Angelucci, Biancastella Antonino, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Sandro Bongiani, Fabio Corvatta, Nevia Pizzul Capello, Claudio Di Benedetto, Debora Ferrari, Antonia Ida Fontana, Franco Foschi, Mario Giannella, Armando Ginesi, Claudia Giuliani, Vittorio Livi, Olivia Leopardi Di San Leopardo, Luciano Lepri, Caterina Mambrini, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Franco Neri, Franco Patruno, Roberto Pinto, Anton Carlo Ponti, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Maria Luisa Spaziani, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
 Nella sua attività artistica è andato molto presto maturando, dopo esperienze pittoriche su tela o con materiali e metodi di esecuzione non tradizionali, un vivo interesse per la “carta”, sentita come mezzo più congeniale di espressione artistica: in una prima fase opera su cartoncino bianco, morbido al tatto, con una particolare ricettività alla luce, lo incide con una lama, secondo strutture geometriche che sensibilizza al gioco della luce piegandola manualmente lungo le incisioni.
 In un secondo momento, sostituisce al cartoncino bianco, la carta trasparente, sempre incisa e piegata; o in fogli, che vengono disposti nell’ambiente in progressione ritmico-dinamica, o in rotoli che si svolgono come papiri su cui le lievissime incisioni ai limiti della percezione diventano i segni di una poesia non verbale.
 Nella più recente esperienza artistica, sempre su carta trasparente, il segno geometrico, con il rigore costruttivo, viene abbandonato per una espressione più libera che traduce, attraverso l’uso di pastelli colorati e incisioni appena avvertibili, il libero imprevedibile moto della coscienza, in una interpretazione tutta lirico musicale.  Oggi questo linguaggio si arricchisce sulla carta di toni e di gesti acquerellati acquistando una più intima densità di significati.
 Ha eseguito opere su carta, libri d’artista, su tela, ceramica, plexiglass, vetro con segni incisi e in rilievo in uno spazio lirico-poetico.
  Eng
Paolo Gubinelli, biography.
Born in Matelica (province of Macerata) in 1945, lives and works in Florence. He received his diploma in painting from the Art Institute of Macerata and continued his studies in Milan, Rome and Florence as advertising graphic artist, planner and architectural designer. While still very young, he discovered the importance of Lucio Fontana’s concept of space which would become a constant in his development: he became friends with such artists as :
Giovanni Michelucci, Bruno Munari, Agostino Bonalumi, Alberto Burri, Enrico Castellani, Piero Dorazio, Emilio Isgrò, Ugo La Pietra, Umberto Peschi, Emilio Scanavino, Edgardo Mannucci, Mario Nigro, Sol Lewitt, Giuseppe Uncini, and Zoren, and established a communion of ideas and work.
His work has been discussed in various catalogues and specialized reviews by such prominent critics as:
Many others have also written about his work:
Giulio Carlo Argan, Giovanni Maria Accame, Cristina Acidini, Mariano Apa, Mirella Bandini, Carlo Belloli, Paolo Bolpagni, Mirella Branca, Vanni Bramanti, Anna Brancolini, Carmine Benincasa, Luciano Caramel, Ornella Casazza, Claudio Cerritelli, Bruno Corà, Roberto Cresti, Giorgio Cortenova, Enrico Crispolti, Fabrizio D’Amico, Roberto Daolio, Angelo Dragone, Luigi Paolo Finizio, Alberto Fiz, Paolo Fossati, Carlo Franza, Francesco Gallo, Roberto Luciani, Mario Luzi, Marco Marchi, Luciano Marziano, Lara Vinca Masini, Marco Meneguzzo, Fernando Miglietta, Bruno Munari, Antonio Paolucci, Sandro Parmiggiani, Elena Pontiggia, Pierre Restany, Davide Rondoni, Maria Luisa Spaziani, Carmelo Strano, Claudio Strinati, Toni Toniato, Tommaso Trini, Marcello Venturoli, Stefano Verdino, Cesare Vivaldi.
His works have also appeared as an integral part of books of previously unpublished poems by major Italian poets foreigners:
Adonis, Alberto Bertoni, Alberto Bevilacqua, Libero Bigiaretti, Franco Buffoni, Anna Buoninsegni, Enrico Capodoglio, Alberto Caramella, Ennio Cavalli, Antonio Colinas, Giuseppe Conte, Vittorio Cozzoli, Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Eugenio De Signoribus, Gianni D’Elia, Luciano Erba, Giorgio Garufi, Tony Harrison, Tonino Guerra, Emilio Isgrò, Clara Janés, Ko Un, Vivian Lamarque, Franco Loi,  Roberto Luciani, Mario Luzi, Giancarlo Majorino, Alda Merini, Alessandro Moscè, Roberto Mussapi, Giampiero Neri, Nico Orengo, Ko Un, Alessandro Parronchi, Feliciano Paoli, Titos Patrikios, Umberto Piersanti, Antonio Riccardi, Davide Rondoni, Tiziano Rossi, Roberto Roversi, Paolo Ruffilli, Mario Santagostini, Antonio Santori, Frencesco Scarabicchi, Fabio Scotto, Michele Sovente, Maria Luisa Spaziani, Enrico Testa, Paolo Valesio, Cesare Vivaldi, Andrea Zanzotto.
 CRITICAL EXCERPTS:
 Giulio Angelucci, Biancastella Antonino, Flavio Bellocchio, Goffredo Binni, Sandro Bongiani, Fabio Corvatta, Nevia Pizzul Capello, Claudio Di Benedetto, Debora Ferrari, Antonia Ida Fontana, Franco Foschi, Mario Giannella, Armando Ginesi, Claudia Giuliani, Vittorio Livi, Olivia Leopardi Di San Leopardo, Luciano Lepri, Caterina Mambrini, Elverio Maurizi, Carlo Melloni, Eugenio Miccini, Franco Neri, Franco Patruno, Roberto Pinto, Anton Carlo Ponti, Osvaldo Rossi, Giuliano Serafini, Patrizia Serra, Maria Luisa Spaziani, Maria Grazia Torri, Francesco Vincitorio.
 He participated in numerous personal and collective exhibitions in Italy and abroad. Following pictorial experiences on canvas or using untraditional materials and techniques, he soon matured a strong interest in “paper” which he felt the most congenial means of artistic expression. During this initial phase, he used a thin white cardboard, soft to the touch and particularly receptive to light, whose surface he cut with a blade according to geometric structures to accent the play of light and space, and then manually folded it along the cuts.
In his second phase, he substituted thin white cardboard with the transparent paper used by architects, still cutting and folding it, or with sheets arranged in a room in a rhythmic-dynamic progression, or with rolls unfurled like papyruses on which the very slight cuts challenging perception became the signs of non-verbal poetry.
In his most recent artistic experience, still on transparent paper, the geometric sign with its constructive rigor is abandoned for a freer expression which, through the use of colored pastels and barely perceptible cuts, translates the free, unpredictable motion of consciousness in a lyrical-musical interpretation.
Today, he expresses this language on paper with watercolor tones and gestures which lend it a greater and more significant intensity.
He made white and colour pottery where engraved and relief signs stand out in a lyrical-poetic space.
  -       Le opere su vetro realizzate per Fiam Italia Pesaro, esposte nella collezione a Villa Miralfiore
 -       Le opere su ceramica realizzate: Ceramiche Biagioli Gubbio, Ceramiche Bizzirri, Città di Castello
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bergfanteam · 3 years
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Il Castello nella Neve ed il lago ghiacciato
Il Castello nella Neve ed il lago ghiacciato
Testo e foto di Luciano Magni Berg Comincia sempre così!! Una ripida salita lungo il sentiero n°7 ed i suoi ventuno tornanti che, con pazienza conto per capire quando avranno fine… Ma poi l’altopiano di Fodara Vedla mi accoglie con tutto il suo fascino, con le sue vette che, come torri di un grande Castello sembrano volere proteggere chi arriva e vive in questo luogo… Ma torniamo alla realtà…
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cerentari · 4 years
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Gioielli Rubati 130: Annalisa Rodeghiero - Enrico Toso - Domenico Carrara - Erospea - Luca Oggero - Vincenzo Ditoma - Luciano Orlandini - Carla Viganò.
Gioielli Rubati 130: Annalisa Rodeghiero – Enrico Toso – Domenico Carrara – Erospea – Luca Oggero – Vincenzo Ditoma – Luciano Orlandini – Carla Viganò.
Ringrazio Daniela Cerrato per la gentile collaborazione. Questo numero della rubrica è reperibile anche qui: https://ilmondodibabajaga.wordpress.com/ XI. A oriente di qualsiasi origine si vestiranno d’alba. Ne coglieranno l’essenzialità oltre ragione. La promessa prima, verrà conservata. A tutto ciò che deve ancora essere la sposa innalzerà altari, occhi. A tutto ciò mai torri né ombre. Nel…
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fashionluxuryinfo · 4 years
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‘I semi del male’: terrorismo islamico, quale la situazione attuale?
A quasi 20 anni dall’attacco alle Torri Gemelle e a uno dalla morte di Al Baghdadi, leader dell’ISIS, Stefano Piazza e Luciano Tirinnanzi ripercorrono ascesa e sviluppo dei movimenti fondamentalisti islamici, nel nuovo saggio storico di Paesi Edizioni.
https://www.fashionluxury.info/it/
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SAIL 2017 - LA CENTOMIGLIA - Un po' di storia - 2017
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9 settembre 2017 - La prima volta della Centomiglia è l'8-9 settembre 1951. Vince, dopo 20 ore e 25 minuti di navigazione, il veneto Umberto Peretti Colò con "Airone". 1952 la regata diventa internazionale E' il 6-7 settembre del 1952. Si corre la seconda edizione. Arrivano i tedeschi e la gara diventa internazionale. I passaggi del percorso vanno da Gargnano, a Malcesine,Torbole-Riva, Campione, Gargnano, Gardone Riviera, Sirmione, San Vigilio,Torri e ritorno a Gargnano. Si parte con pioggia e un vento impetuoso che costringe molte imbarcazioni ad abbandonare la regata. Sono 38. Arriveranno in 19. I tedeschi, scendono in gruppo con le loro velocissime Rennjollen, le macchine volanti di quel tempo, e la più classica Manjana, un 30 metri quadrati di 9 metri e mezzo di lunghezza. Vogliono subito essere protagonisti. Solo Umberto Peretti Colò, lo skipper primo nella edizione d’esordio, e i due Saccardo, Giambattista e Gianvico,  cercano di tenere testa al ritmo di navigazione dei timonieri dei laghi della  Baviera. Ma la “Panzer-division” sembra scatenata. La prima all'arrivo è il 30 metri quadri “Manjana” di  Martin Adolf, seguita dalle Rennjollen di Rudy Ott ed Eberhard Hoesch. Quasi dopo un'ora arriva “Adnar” di Gianvico Saccardo; dopo due ore “Airone” di Umberto Peretti Colò. Le barche italiane sono irrimediabilmente sconfitte. I Campioni in carica del 2016 I defender, i detentori dei Trofei, sono i fratelli tedeschi Helge e Cristian Sach con il catamarano Itelligence, barca svedese della serie M 32. Difenderanno la vittoria del 2016, un doppio traguardo con il trofeo Alessandro Bettoni e il trofeo Giorgio Zuccoli. Il Giacomo Garioni (l'ideatore della Centomiglia), va al primo monocarena. E nelle mani degli ungheresi di "Raffi.Ca", che avevano come tattico locale il giovane Michele Benamati di Malcesine, gloria di Laser e Optimist. Le nuove dinasty con i genitori che sembrano aver saputo trasmettere le stesse passioni. Clelia Sessa vince il trofeo delle Dame con l'Asso 99 della Canottieri Garda. Quest'anno la lotta sarà serrata. Giulia Conti è la favorita con il maxi "Clandesteam", ma ci saranno sugli Asso 99 Martina Capuccini Cozzaglio e le sorelle Ferrari.  Tra i giovani, 12 mesi or sono, vinse Guido Gallinaro con gli altri laseristi quello dello skipper più giovane a bordo del "Pigreco-Aron" (barca della scuola di Gargnano). Oscar Tonoli si consolò con il Trofeo Giornale di Brescia, per il primo timoniere bresciano; Gregor Stimpfl di "Hagar 3" del primo azzurro all'arrivo.  Helge Sach, il primo straniero, si è portato in Germania, nella sua Lubecca, la Coppa del Presidente della Repubblica Italiana. Il Beppe Croce dell'Orc era dello "Spirito Libero", il Protagonist di Claudio Bazzoli (equipaggio Raffagli, Del Bono, Bicelli), l'Orc High Tech della self costruzione della famiglia Bovolato, l'Orc dei grandi di "Atreju" con Andrea Zimperle, un Esse 850 (carena di Umbero Felci) per la Fraglia di Malcesine, che  si mise  in scia "Bravissima" di Giò Pizzati, terzo "Graffio" con a bordo i 18 anni di Luciano Andreoli.
FROM http://www.navigamus.info/2017/09/la-centomiglia-un-po-di-storia.html
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Personalities of Shiny
Susano'o
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Weiss
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Nova
Aoi
Maxwell
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John
Noel
Nadine
Akirimitsu
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Sarah
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Mitsuru
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Lora
Bella
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Nana
Platinum
Nessiah
Amy
Jaio Zhou
Hikaru
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Frair
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worldfoodbooks · 8 years
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NEW IN THE BOOKSHOP: SOTTSASS ASSOCIATI (1988) Scarce, deluxe first Japanese edition of the Sottsass Associati book from 1988, in original box sleeve with printed obi-strip. This large, lavishly illustrated book examines the diverse array of projects by Italian design group, Sottsass Associati – a partnership formed in Milan in 1980 between Ettore Sottsass, Marco Zanini, Matteo Thun, Aldo Cibic, and Marco Marabelli. Each of their major projects, traversing architecture, interior design, textiles, graphic design, product design, exhibition design, furniture design, etc. are documented here in full-colour photography and illustrations, including projects for Brionvega, Olivetti, Esprit, Fiorucci, Memphis Group, Knoll, Alessi, Driade, and many others. Essays by Ettore Sottsass, Barbara Radice, Jean Pigozzi, Herbert Muschamp, Philippe Thome, Doug Tompkins, Luciano Torri, and Marco Zanini. One copy via our website. #worldfoodbooks #sottsassassociati #1988 (at WORLD FOOD BOOKS)
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gardanotizie · 4 years
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Per la porta bronzea alla Chiesa S. Francesco, datata anni’60, lo scultore Luciano Vicentini, ispirato dalla Porta bronzea di San Zeno in Verona, ha ideato, dopo un’ampia ricerca storica, una porta bronzea, in dodici formelle, in cui ha impresso momenti significativi della storia di Sirmione. 1 Le Palafitte: Vicentini tratteggia insediamenti palafitticoli in era neolitica e nell’età del bronzo (IV millennio al 1500 a.C.) presenti lungo le rive di Sirmione: nelle zone di San Francesco, Porto Galeazzi, Maraschina, Lugana Vecchia (Silva lucana: palude boschiva). 2 Sirmione Romana La bellezza naturale della penisola benacense, attirò famiglie patrizie Romane, che utilizzando la via Gallica vi costruirono sontuose Villae d’Otium. Nella formella sono raffigurate le “Grotte di Catullo”, e una barca, ispirata da un frammento di affresco conservato nell’Antiquariumi. Il poeta veronese G. Valerio Catullo (87-54 a. C.) che nei carmi celebra l’amore infelice per l’infedele Lesbia, e la sua Domus nella bella Sirmione, che da allora può fregiarsi del titolo di “penisola Catulliana”. 3 Il popolo Longobardo Nella formella si vedono una famiglia Longobarda e un cavaliere. I Longobardi guidati da re Alboino, erano giunti dal Nord Europa, in Italia, avevano fondato il regno nel 568, con capitale Pavia, quindi, convertiti al cristianesimo, innalzarono monumenti e chiese anche a Sirmione: San Martino, oggi perduta, San Pietro in Mavinas e San Vito, e un monastero femminile con annessa la chiesa di San Salvatore, voluto dalla regina Ansa, (moglie di Desiderio) 4 Cunimondo da Sirmione: al popolo dalle lunghe barbe, è dedicata una seconda formella raffigurante il drammatico episodio dell’uccisione di Maniperto, fiduciario della regina Ansa, (nel 764 alla corte di Pavia) da parte di Cunimondo da Sirmione, che pentitosi venne da Lei graziato e, come riparazione offrì lasciti a tre chiese: San Martino, oggi santa Maria Maggiore; San Vito, abbattuta nel 1744, e San Pietro in Mavinas rappresentate sullo sfondo della scena. 5 Anno Mille Nella fascia superiore della formella sono scolpite la cascina Onofria, con omonima facciata della Chiesa, (nella zona bonificata dai benedettini, oggi un ruderi); in quella inferiore gli edifici della Lugana Vecchia (identificata nelle antiche carte come “betola” e “osteria”, “mansio”, luogo di sosta nella Silva Lugana). 6 I Catari a Sirmione L’artista rappresenta il tragico rogo dei catari a Verona, nel febbraio 1278. Essi credevano di aver trovato rifugio dalle persecuzioni francesi a Sirmione, per un voltafaccia degli scaligeri furono intrappolati e tradotti a Verona. 7 Sirmione Scaligera Nella formella si impone Il suggestivo Castello Scaligero e davanti le umili barche dei pescatori. Il Castello, voluto da Mastino della Scala a partire dalla seconda metà del XIII secolo, ha un mastio alto 30 m. da cui si domina il Garda. Il fortilizio, dopo la guarnigione scaligera, divenne una caserma francese e poi austriaca. Oggi emblema di Sirmione, 8 Sirmione Veneziana il Leone di san Marco impresso nella formella e su una “bissa” domina su pescatori e contadini poveri. La Repubblica Veneziana, sconfitti gli Scaligeri, iniziava la propria dominazione nel’400 fino al 1797, quando, con il trattato di Campoformio, i suoi territori furono ceduti da Napoleone all’Austria. 9 Sirmione e L’unità d’Italia Lode a tre monumenti celebrativi del Risorgimento: le torri di Solferino e San Martino (erette in memoria delle battaglie del 24 giugno 1859 con la sconfitta dell’Austria), e la Vecchia Dogana, posta nella fascia inferiore, simbolo della divisione di Sirmione al confine tra Italia e Austria, fino alla terza guerra d’indipendenza, nel 1866, quando l’Austria dovette cedere il Veneto al Regno d’Italia. 10 Sirmione e la Fonte Bojola Ispirato da fotografie dell’epoca, V. dedica la formella al palombaro veneziano A. Procopio che calatosi sul fondo del lago, (a circa 250 m. dal Lido delle Bionde), captò la sorgente solforosa, bollente a 60°: “Bojola”, il 24 agosto 1889, iniziava l’epoca del termalismo sirmionese. 11 Le Chiese di Colombare e Lugana In memoria del XX secolo V. ha scolpito le immagini della due Nuove chiese: Santa Maria Immacolata di Lugana, (eretta nel 1913), vicino al lago, e San Francesco alle Colombare, inaugurata nel 1969, con la particolarissima struttura a tenda progettata per valorizzare la partecipazione della comunità alle funzioni. 12 Sirmione Oggi conclude la narrazione, l’ultima formella con la penisola di Sirmione è da V. identificata in una donna che dorme dolcemente adagiata nella natura tra le onde del lago, la vite e l’olivo.
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Chiesa San Francesco Colombare Sirmione – La porta bronzea Per la porta bronzea alla Chiesa S. Francesco, datata anni’60, lo scultore Luciano Vicentini, ispirato dalla Porta bronzea di San Zeno in Verona, ha ideato, dopo un’ampia ricerca storica, una porta bronzea, in dodici formelle, in cui ha impresso momenti significativi della storia di Sirmione.
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Se la luna mi porta fortuna
di Achille Campanile È un peccato che lo spettacolo della levata del sole si svolga la mattina presto. Perché non ci va nessuno. D'altronde come si fa ad alzarsi a quell'ora? Se si svolgesse nel pomeriggio o, meglio, di sera sarebbe tutt'altro. Ma così come stanno le cose, va completamente deserto ed è sprecato. Soltanto se un geniale impresario lo facesse diventare alla moda, vedremmo la folla elegante avviarsi di buon'ora in campagna per occupare i posti migliori; in questo caso, pagheremmo persino il biglietto, per assistere alla levata del sole, e prenderemmo in affitto i binocoli. Ma per ora allo spettacolo si trova presente qualche raro zotico che non lo degna nemmeno d'una occhiata e preferisce occuparsi di patate, o di pomodori. E non soltanto gli uomini si disinteressano di questo spettacolo, specie dopo che i selvaggi adoratori del sole sono stati convertiti, ma anche le bestie. Qualcuno crede che il gallo saluti la levata del sole. È un errore. Il gallo canta nel cuore della notte per ragioni sue, o, se crede di salutare la levata del sole, vuol dire che non ha la più lontana idea dell'ora in cui il sole si leva. Le altre bestie a quell'ora dormono, o se sono sveglie, brucano l'erba, o scorrazzano per i prati, o vanno a caccia, o fanno toletta, e s'infischiano della levata del sole. Non parliamo poi dei pesci che, di solito, se ne stanno tranquillamente sott'acqua. Loro non li smuovono nemmeno le cannonate; crolli il mondo, non c'è caso che s'affaccino per vedere che cosa stia succedendo. Bisogna tirarli fuori con le reti. Si penserebbe che gli unici a fare onore allo spettacolo siano gli uccelli coi loro canti, ma nemmeno per sogno. Gli uccelli cantano a tutte le ore e non si occupano affatto della levata del sole. (Ma come sono stupidi gli uccelli! Non sanno fare altro che cantare. Si svegliano la mattina e il loro primo pensiero e di mettersi a cantare. Al tramonto, li trovate ancora che volano intorno alle vecchie torri e cantano. Ce ne sono di quelli che, invece di dormire, stanno tutta la notte sugli alberi a cantare, anche se nessuno li ascolti. Qualcuno passa la notte a fare sempre lo stesso verso e, peggio, qualche altro passa la notte a rifare questo verso, a cento passi di distanza. Li chiudete in gabbia e cantano, se la gabbia è appesa al davanzale, o se è dentro casa; volano in mezzo al cielo e cantano, vedono arrivare i cacciatori, coi fucili, i cani e i carnieri pronti, e cantano; quando hanno fame cantano e quando hanno mangiato cantano. È impossibile farli tacere con le buone o con le cattive. Non ci si riesce nemmeno con le schioppettate.) Cosicché, questo povero sole da tempo immemorabile replica inutilmente ogni mattina il suo grande spettacolo e mai ottiene quell'universale applauso fragoroso, che non potrebbe mancargli se, come di dovere, le alture, le terrazze, le rive del mare, le cupole, i bastioni e le torri, brulicassero d'un popolo di spettatori. Eppure non tralascia nulla che possa arricchire lo spettacolo. Si fa annunciare da una leggera ventata che, mentre è ancora buio, muove appena le foglie degli alberi e increspa le acque del mare. Poi comincia a mandar su una luce cinerea, opaca ed enigmatica, una luce di Purgatorio, che presto invade il cielo; non è notte e non è giorno ma è un momento incerto e inquieto, tra la vita e la morte fatto per accrescer l'effetto di quando, subito dopo, il cielo diventa d'un azzurro lucido e concavo, come quello dei cieli che sovrastano i presepii artistici. Questo cielo si fa sempre più sferico, spazioso e leggero, finche il Sole, che ha terminato i preparativi generali, chiama a raccolta tutte le proprie risorse e affronta in pieno il grosso dello spettacolo. Per prima cosa lancia in campo i carri delle nuvole, carichi d'oro e di porpora, soffia nei suoi cartocci di zolfo e di zafferano e confonde tutto nel pulviscolo; intanto si da al gettito intensivo dei colori - ecco il violetto, ecco il lilla, ecco il turchino l'arancione, il verde, il marrone, - scaraventa fontanoni di scintille e, tenendosi ancora nascosto, inizia il lancio delle bombe luminose la dove mezz'ora prima era notte - non basta: sta col piede sulla soglia, pronto ad apparire, ma, prima di fare la grande entrata, ha il supremo effetto: incendia la girandola finale, la scappata dei razzi dorati e delle fionde luminose, e, nel momento in cui tutto scoppia, crepita e turbina vertiginosamente, lui, eroico mattatore, fa dar fiato alle trombe d'argento sfodera la spada, squarcia l'orizzonte e, tra bagliori, lampeggiamenti e serpentine, appare. Oh, rabbia! Ancora un'entrata mancata: chi russa di qua chi russa di là, tutti dormono come ghiri e nessuno ha visto. Però c'è uno, uno soltanto, che ogni mattina aspetta il sole. Lontano nel cuore della foresta, un bestione enorme e simpaticone s'alza avanti giorno, fa una toletta sommaria, e si mette ad aspettare. Appena vede apparire l'astro, drizza verso di lui la proboscide - si tratta appunto dell'elefante, l'unico animale che saluti il sole - e barrisce. Quali misteriose intese corrono fra gli elefanti e il sole? Non lo sapremo mai. Tra l'altro, può darsi che il sole sorga ogni giorno soltanto per un accordo convenuto con gli elefanti. Questa è un'ipotesi seria e probabile non meno della teoria del Laplace sulla formazione dell'universo e della scoperta di Galileo sui moti della terra. Sfidiamo qualunque scienziato a provare il contrario. Nulla esclude che il sole sorga unicamente per una intesa con gli elefanti, come nulla esclude che la terra giri intorno al sole, o che il sole giri intorno alla terra e la terra non giri affatto, o che nulla, o che tutto giri. Chi, in quella grigia mattina del 16 dicembre 19..., si fosse introdotto furtivamente, e a proprio rischio e pericolo, nella camera in cui si svolge la scena che da principio alla nostra storia, sarebbe rimasto oltremodo sorpreso nel trovarvi un giovine coi capelli arruffati e le guance livide, che passeggiava nervosamente avanti e indietro; un giovine nel quale nessuno avrebbe riconosciuto il dottor Falcuccio, prima di tutto perché non era il dottor Falcuccio, e, in secondo luogo, perché non aveva alcuna rassomiglianza col dottor Falcuccio. Osserviamo di passaggio che la sorpresa di chi si fosse introdotto furtivamente nella camera di cui parliamo è del tutto ingiustificata. Quell'uomo era in casa propria e aveva il diritto di passeggiare come e finché gli piacesse. Egli, sia detto una volta per sempre, si chiamava... Quali difficoltà incontra uno scrittore nella scelta dei nomi da dare ai suoi personaggi! È più difficile dare un nome che un carattere. Perché il romanzo non è come la vita, che può permettersi qualunque libertà. Pensate a Garibaldi. Se voi aveste creato un personaggio simile, l'avreste chiamato Giuseppe? Sareste stati incerti fra Goffredo, Orlando, Fortebraccio o Cuordileone. La vita non ci sta troppo a riflettere: Garibaldi lo chiama Giuseppe: Beppe, Peppe, Peppino; Rossini lo chiama pensate un po', Giovacchino; a voi sarebbe mai passato per la mente di chiamare Giovacchino un uomo simile? E, se aveste dovuto creare un tipo di grande astronomo, lo avreste mai chiamato Galileo? E avreste mai chiamato Dante un poeta di quella fatta? Per un uomo simile ci voleva, a dir poco, un doppio nome: Gianfrancesco, Giampaolo, Gian Domenico. Oppure, un nome solo, ma un nome come Ercole. Petrarca con quel Francesco, non è niente di speciale. Pensate quanto sarebbe stato meglio Armando o Lucio Petrarca. L'unico che sia a posto è Machiavelli: Nicolò. Non Nicola, Nicolò: nome diplomatico e machiavellico per eccellenza. Fa ridere ed è imponente secondo il tono con cui lo si pronunzia. Arriva Nicolò: fa ridere. Ohé, c'è di là Nicolò: è pieno di importanza. I genitori non pensano abbastanza alla gravità di quello che fanno nel dare un nome ai figli. Essi predispongono con questo una notevole parte del destino di quelli e riducono sempre più il campo del libero arbitrio già tanto limitato dalla parentela, dal fisico, dal suono e dalla potenza della voce, e da tante altre cose, che i figli trovano già fissate nell'atto di venire al mondo: la statura, il colore dei capelli e degli occhi, non se li sono scelti da sé, idem la nazionalità il sesso l'epoca e il luogo della nascita; togliete all'arbitrio di chi viene al mondo anche il nome e lasciate il resto in sua facoltà. È come legarlo e dirgli: Cammina! Gerolamo non avrà il destino di Marcello, né Armando la sorte di Pasquale, di Firmino, o di Bartolomeo. Mentre Gastone sarà amato dalle donne più di Procopio, Adolfo finirà forse parrucchiere per signora; Nicola sarà a posto quando diventerà zio; egli non può aspirare a niente di più che ad avere dei nipotini o, al massimo, ad essere zar di Russia. Dicevamo dunque che il giovane si chiamava... Ma ci si consenta un'ultima osservazione sull'argomento dei nomi. Dopo di che chiuderemo questa parentesi col pieno trionfo della nostra tesi. Pensate a quel che avverrebbe se la scelta dei nomi fosse lasciata agli interessati. Se, per intenderci, ogni cittadino restasse senza nome fino a quando non fosse in grado di darsene uno da sé. Giunto a una certa età, gli si direbbe: «Ecco, ora puoi sceglierti un nome ". Passi per gli scrittori, gli artisti e tutti quei capi scarichi che sogliono adottare uno pseudonimo. Per essi sarebbe soltanto questione di scegliere fra Lucio, Luciano, Marcello, Claudio, Armando, Gastone, Paolo. Ma per gli altri! Ci può essere un ciabattino, contento del proprio stato, che si mette nome Crispino. Ce ne può essere un altro che aspira a diventare guerriero, e si mette nome Napoleone. E chi volete che dia a se stesso i nomi di Bartolomeo, Macario, Teopompo, o Marcantonio? Poi, finché uno è giovane, può aspirare al nome di Lucio o di Armando. Ma, quando è vecchio, che se ne fa di questi nomi? Senza contare altre ragioni di dubbio e di perplessità. A una certa età il cittadino è chiamato a esercitare il suo diritto - tutti i diritti dei cittadini sono dei doveri - di fissare il proprio nome. Egli ne avrà già una lista. Mario è escluso, perché troppo comune, Cornelio è buffo, Lorenzo è inutile, Amonasro suona male, Filippo lo porta il tale, Marcello è il nome del portiere, Giorgio è antipatico alla moglie, Clodoveo è difficile a pronunziarsi, questo è troppo lungo, quest'altro non dice niente, questo non ha giorno onomastico. Finché, magari, si finisce col mettersi un nome che non piace affatto e per tutta la vita si resta col rimpianto e si dice: « Ah, se quel giorno avessi pensato a Mardocheo!". Il giovine che passeggiava nella sua camera, nervosamente, era una vivente smentita alla nostra teoria sui nomi. Si chiamava Battista e non era diventato un vecchio e fedele servitore. Era diventato, invece, caso strano per un Battista, semplicemente un giovine timido. Come mai? Mistero. O, forse, scherzi del caso. Si tratta, comunque, dell'eccezione che conferma la regola. Ci sono regole fatte di sole eccezioni: sono confermatissime. Battista, detto anche Raggio di Sole, s'era alzato tardi e aveva trovato un tempo piovigginoso. Non aveva nulla da fare. Ma pensò d'aver fatto tardi per tutto e che non gli restava altro da fare che uccidersi. Per dir la verità, non era la prima volta che gli frullava per il capo l'idea di uccidersi. Anzi, quest'idea gli veniva spesso quando s'alzava. Aggiungiamo, per la cronaca, che gli veniva specialmente la domenica. È straordinario il numero delle persone che s'ammazzerebbero la domenica. Chi sa perché. Forse perché è festa e c'è più tempo libero. Del resto, sarebbe un modo come un altro d'impiegar la domenica. Specialmente quei pomeriggi piovosi delle domeniche invernali, quando non si sa dove andare, ci si alza tardi e non c'è più tempo di far nulla, perché si fa subito notte; e si sente dal cortile un pianoforte che suona musica tedesca. Ah, questi musicisti tedeschi! Ne hanno di mancati suicidi sulla coscienza! Vi siete mai domandati, in questi pomeriggi, come avreste impiegato la domenica? E non v'è mai balenata in mente l'idea d'un vuoto spaventoso d'una solitudine tremenda, d'una inutilità disperata e senza rimedio, d'un ritardo fantastico? E non v'è mai venuto il pensiero di riempire questo vuoto con un colpo di rivoltella? No? Tanto peggio per voi. A parte la domenica, in generale è straordinario il numero delle persone che pensano al suicidio; e, bisogna aggiungere, che non si uccidono. Si può dire che tutti ci abbiano pensato almeno una volta. Raggio di Sole era uno di quelli che ci pensano soltanto. Finì di vestirsi e, mentre suonava mezzogiorno, uscì, deciso a mangiarsi in un sol giorno tutto il suo patrimonio. Per attuare questo proposito, che avrebbe spaventato Pierpont Morgan, comperò un panino e, deponendo tutto il proprio avere nelle mani di un salumiere, gli disse di dargli tutto quello che poteva. Avute quattro fette di salame, si recò ai giardini pubblici, a quell'ora deserti, e si diresse verso una panchina, dove era seduto un giovinotto robusto. Questi aveva un'aria dimessa, ma non priva d'una certa distinzione, che gli derivava dalla sua scarpa destra; e doveva interessarsi molto ai fatti del passato, poiché era immerso nella lettura d'un giornale di qualche mese prima. Cavò di tasca e accese un mozzicone di sigaretta, senza interromper la lettura, e non s'accorse di Battista, neppure quando questi cerimoniosamente, prima di prender posto, gli chiese permesso. Appena seduto, Battista, con un'aria soddisfatta e una fame da lupi, tirò fuori l'involto del pane e del salame. Per mezzo d'un temperino, spaccò il panino e se lo pose delicatamente sui ginocchi. Poi guardò le quattro fette di salame ad una ad una contro luce e, con tenerezza materna, le liberò delle loro pelli, badando di non danneggiarle e ingoiando ogni tanto un po' di saliva. Quindi cominciò a deporle nell'interno del panino; cercava di lasciare scoperto quanto meno spazio gli riuscisse, dimostrando, nei limiti del possibile, le singolari risorse della sua ingegnosità. Ciò fatto, guardò il pane e il salame con la gioia dell'artista che mira l'opera propria. (La quale gioia, in verità, è una leggenda; noi non conosciamo che artisti i quali mirano con rabbia l'opera propria. ) Sorridendo, ricongiunse le due meta del panino; con la carta che avvolgeva il pane e il salame, improvvisò un tovagliolo e se lo mise sui ginocchi. Mentre s'accingeva soddisfatto a dare il primo morso al suo pranzo, fermò la mano e il panino a mezz'aria: « Vuol favorire? » disse al vicino. Questi alzò il capo dal giornale, s'accorse per la prima volta di Battista. « Grazie », mormorò. Prese il panino e ne fece un sol boccone. Cominciava a cadere una pioggerella sottile. Come sono belli i giardini pubblici sotto la pioggia, quando dai prati si leva un pigro vapore, le siepi di mortella sono lavate di fresco, i crisantemi nelle aiuole sono gonfi, gli alberi gocciolano e il piccolo lago grigio e gremito di birilli d'acqua! Allora le panchine di legno sono fradice e i lombi delle ninfe marmoree grondano. Non passa nessuno. Sola, nei vialetti coperti di ghiaia, s'avanza leggera la pioggia, sottile sottile, signora del luogo, tamburella le grandi foglie delle piante acquatiche e crepita sulle foglie secche, che un gelido vento ha rapito agli alberi stecchiti; penetra nel segreto dei boschetti, ondeggia come una larga cortina sui prati che s'avvallano, bagna le staccionate di sughero, gocciola intorno al chiosco deserto. «Attenzione!» pensò Raggio di Sole, che s'era messo a camminare. Passava in un vialetto una bellissima ragazza. Bisogna saper scegliere le donne che si possono abbordare. Ci son giorni che se ne incontrano cento e giorni che non se ne incontra nessuna. Generalmente, se ne incontrano di più quando s'è in compagnia di un'altra donna. Perciò non sapremmo abbastanza raccomandare di andare a caccia di donne in compagnia d'un'altra donna. Bisogna, poi, tener presente che quasi ogni donna, in certi momenti, è favorevolmente disposta verso l'avventura, bisogna saper essere per lei, in quei momenti, lo sconosciuto che non compromette e che non si rivedrà domani. In certi casi, basterà essere lo sconosciuto che versa una piccola somma. In massima, le donne che camminano frettolose non si trovano nello stato d'animo descritto. E nemmeno quelle che sono in compagnia d'un uomo. Le altre, seguitele. E fate capir loro, immediatamente, che le state seguendo. È inutile seguirle di nascosto. Si sconsiglia risolutamente di rivolgere la parola a una donna, finché ella non vi abbia guardato almeno una volta. Se ella affetta di non accorgersi di voi, che le camminerete vicino, precedetela di qualche passo, voltatevi ogni tanto, aspettatela, guardandola e cercando di farvi notare e, sopra tutto, di non perdere di vista, tra la folla, l'oggetto amato. Le donne sono tutte un poco pazze. Spesso tengono a lungo un contegno enigmatico, per esplodere a un tratto con pari probabilità, in atti ostili o cordiali. Perciò il cacciatore sia tenace e cauto nello stesso tempo. Sperimenti l'occhiolino. Una delle cose che trattengono spesso la donna dal dare chiari segni di simpatia è il timore di passare per frivola di fronte allo stesso uomo che la segue. Per questo, il cacciatore deve mostrarsi rispettoso e contentarsi di semplici indizi. Non pretenda ne aspetti - e questo non avviene che in rari casi - che la donna gli sorrida. Basterà capire che ella si mette in condizione di facilitargli la conquista. Appena il maschio si sarà formata questa convinzione se, per esempio, la femmina rallenta il passo, se lo guarda con la coda dell'occhio, se si ferma davanti a una vetrina se imbuca una via meno affollata - agisca rapido e deciso. Entriamo cosi nella seconda fase - la più delicata - della conquista. L'uomo si avvicinerà alla donna misurerà il suo passo su quello di lei e, a meno che la strada non sia deserta, non farà nessun gesto che possa essere notato dai passanti; non si toglierà il cappello, non saluterà, ma avrà l'aria d'essere in compagnia della signora. La solita frase: «Permette che l'accompagni?» è sciocca e dannosa. Non avviene quasi mai che una donna risponda subito sì, anche se questo sia nei suoi desideri. Una personale esperienza ci induce a consigliare questa frase, che vuol esser pronunziata a bassa voce e con l'aria più naturale, come si stesse continuando una conversazione: « Dove va?». Può darsi che la donna non risponda. Anzi, è molto probabile che non risponda. All'accorgimento del cacciatore, il capire se quel silenzio e momentaneo o decisivo. Può darsi che la donna dia uno schiaffo. Allontanarsi in fretta. Può darsi che dica: «A casa ». Allora, educatamente, garbatamente, con tono insinuante, le si chiederà il permesso d'accompagnarla, aggiungendo che, però, si desidera non metterla in imbarazzo nel caso ci sia la probabilità d'incontrare un parente, un fidanzato, o addirittura un marito. Lo spirito informatore di questa norma è l'opportunità di evitare scene spiacevoli. Liberati da questo timore, basterà mostrarsi modestamente spiritosi e molto ingenui, per giungere alla totale conquista dell'oggetto desiderato. Tener sempre presente questa norma generale: è indispensabile dare alla donna l'illusione d'averla conquistata. Raggio di Sole conosceva bene queste regole, ma la sua timidezza lo metteva nell'impossibilità di applicarle, anche perché la ragazza era a cavallo. Ogni giorno ella passava nel viale solitario bagnato dalla notturna pioggia, sotto gli alberi gocciolanti. Raggio di Sole l'aspettava nascosto dietro un albero, col cuore in tumulto. Poi le faceva la cavalletta e andava a nascondersi dietro un altro albero per vederla passare ancora. E poi raggiungeva un terzo albero e poi un quarto, infradiciandosi e inzaccherandosi nel traversare i prati di corsa. Ogni mattina arrivava in anticipo ai giardini e, graffiandosi le mani tra i cespugli bagnati, coglieva un mazzolino di fiori, ma gli mancava sempre il coraggio d'offrirlo alla sconosciuta. Finché quel giorno, vincendo la timidezza, si fece in mezzo al viale, sbarrò il passo all'amazzone, e, col cappello teso, fece una riverenza al cavallo, che s'impennò. «Ma non si vergogna di mettere sotto il muso del cavallo un cappello simile? » strillò l'amazzone. Mentre lei s'allontanava al trotto, Raggio di Sole considerò il proprio cappello. Impresentabile. Si ricordava tempi migliori, ma come lontani ! Quando stava attaccato, con la falduccia dalla piega caratteristica, gli somigliava, e Battista l'avrebbe detto una parte di se stesso. Ma non c'era tempo da perdere; urgeva sostituirlo con un cappello bellissimo. Ma il denaro? Raggio di Sole andò ad offrire una sua novella al direttore d'un giornale. « Sentiamo di che si tratta », gli disse questi; «per l'appunto abbiamo bisogno di racconti a fondo psicologico, i soli che oggi piacciano al pubblico.» Raggio di Sole ne riferì un sunto. « Giravo il mondo in cerca di fortuna e a Londra riuscii a trovar lavoro. Si trattava di far da mostra a una trattoria, mangiando a quattro ganasce in vista del pubblico. Quello dell'uomo che mangia per pubblicità è un mestiere altrettanto comune a Londra, quanto, purtroppo, sconosciuto presso di noi. Ma era un lavoro da negri. Pensi: mangiare senza interruzione durante nove o dieci ore al giorno, per guadagnare una miseria. Una miseria tale che, quando la sera tornavo stanco a casa, spesso non trovavo neppure la tavola apparecchiata. E dovevo accontentarmi, il più delle volte, di un semplice caffelatte, che era tutta la mia cena. Finalmente, non resistendo a questa vita di stenti, chiesi al proprietario della trattoria che mi aumentasse il salario, oppure mi diminuisse il lavoro. E, poiché non ottenni né l'una cosa né l'altra, mi dimisi. Che vuole, quello che guadagnavo non mi bastava neppure per comperarmi un boccone di pane e...» Il direttore gli fÈ cenno di tacere e restò pensieroso per qualche minuto. « Non si scoraggi », disse, alla fine. « Faccia un bel colpo: scopra un delitto, descriva un ambiente inaccessibile, mi porti un'intervista clamorosa, qualcosa da far chiasso. » Per istrada, Raggio di Sole si scervellava: gli ambienti inaccessibili non gli sorridevano; delitti da scoprire non ce n'erano; restavano le interviste clamorose. Ma con chi? Sulla piazza non si trovava l'ombra d'un re o d'un imperatore in incognito, i vecchi briganti usciti dopo quarant'anni dalla galera erano irreperibili, i personaggi bizzarri erano stati sfruttati da tempo e il pubblico non ne voleva sentir parlare, nessuna celebre mondana aveva deciso di ritirarsi in un convento, e nei bassifondi della città non si trovava uno sventratore degno di considerazione. Battista non sapeva a che santo votarsi e si mise a girare per le strade, in cerca almeno d'un bambino scacciato di casa da genitori d'una crudeltà incredibile. Ma, purtroppo, i bambini non avevano serie ragioni di dolersi dei loro parenti. A un tratto, il giovane trasalì. Aveva scorto, tra la folla uno di quegli ostinati camminatori che compiono l'inutile e impressionante sfacchinata di girare il mondo a piedi: calzettoni, ginocchi nudi, tascapane, occhiali e cartello con l'indicazione: Giro del mondo a piedi. Era l'intervista. Battista si presentò e l'invitò a cena (s'era fatto fare un prestito) in un ristorante dove non volle aggredir subito con le domande il commensale. Aspettò d'essere alla frutta e qui insinuò abilmente un: « È stanco? ». « No », rispose il globe-trotter, che pareva un tipo di poche parole. « Non è stanco », mormorò il giovane, prendendo appunti. E, per fargli sciogliere lo scilinguagnolo, ordinò dei liquori. Quindi fece cadere il discorso sui vari paesi del mondo, nella speranza che l'altro desse la stura alle impressioni personali. Ma, poi che quegli lo lasciava dire, limitandosi a tracannare le bevande spiritose, finì per attaccarlo di fronte, sul tema: curiosità di viaggio. « Ha consumato, finora, molte paia di scarpe? » « Purtroppo » rispose il globe-trotter « si: un paio di paia all'anno. » « Non è molto. Forse sono scarpe speciali? » « Le scarpe che portano tutti. » « Chi sa che sofferenze per i suoi poveri piedi! Lei farà un grande uso di cerotti. » « Non ne ho mai avuto bisogno. » « Ha perduto molti chili di peso, da che è in viaggio? » « Nemmeno uno. » « È, talvolta, caduto affranto, verso sera, sull'orlo della strada? » « Mai. » « Ha avuti spiacevoli incontri? » « Nessuno, per fortuna. » « Nemmeno un cane randagio? » « Nemmeno un cane. » « Avventure pericolose?... » « Nessuna. » « È stato costretto a pernottare in aperta campagna, o, magari, nel cuore di qualche foresta, accendendo il fuoco per tener lontane le fiere? » « Ho sempre dormito a letto. » « È stato mai raccolto, morto di fame, di stanchezza e di freddo, in qualche casolare sperduto nella solitudine sterminata? » « Mai. » « Malattie? » « Qualche raffreddore. » « Ha bisogno di riposo? » « Sono fresco come una rosa. » Battista considerò con ammirazione quell'uomo straordinario, per il quale il giro del mondo a piedi era una bazzecola. « Ma sa che lei è un fenomeno? » disse. « Non s'era mai dato il caso d'un globe-trotter che non accusasse nessuna delle conseguenze d'una così faticosa impresa. È un fatto che non si spiega. » Il globe-trotter accese uno dei sigari offertigli da Raggio di Sole, tracannò un altro bicchierino di liquore. « Si spiega benissimo » disse. « Io sono un globe-trotter che ha cominciato il giro del mondo da mezz'ora. Sono uscito di casa mezz'ora fa - la mia casa è dirimpetto a questa trattoria - e, poiché ho avuto la fortuna d'incontrarla, ho fatto una prima tappa: finora ho percorso soltanto dieci metri. Con permesso. » Il globe-trotter s'alzò e, caricatosi lo zaino in ispalla, proseguì il giro del mondo a piedi.
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tmnotizie · 5 years
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GROTTAMMARE -Da sempre il capoluogo emiliano esprime l’avanguardia dell’arte italiana; nasce da qui l’appellativo  Bologna “la dotta”, volto ad affermare l’eccellenza culturale impressa nel dna dei suoi abitanti. L’umorismo italiano ne è esempio, trovando da sempre terreno fertile nei locali della città delle cento torri.
Francesco Guccini, Gigi&Andrea, Giuseppe Giacobazzi, Giovanni Cacioppo e Fabio De Luigi: grandi show man del nostro tempo che proprio grazie al cabaret in Emilia debuttarono nel mondo dello spettacolo italiano.
Riscoprendo questa prestigiosa tradizione, la show girl e cantante Silvia Parma ha sapientemente rifondato l’arte della risata bolognese, ideando il festival “Ridan a Bologna” ed arrangiando al meglio l’ottava edizione,  in collaborazione con l’Associazione Lido degli Aranci.
Nella giornata di giovedi 24 Ottobre, il vivace  Circolo Benassi ha visto la partecipazione della storica realtà grottammarese in veste di giurata di qualità, grazie  alla sua trentennale esperienza nel mondo del cabaret italiano. Special guest dello spettacolo il noto cantautore Andrea Mingardi.
L’artista, che vanta indimenticabili partecipazioni al Festivalbar e Sanremo, nonché un brillante rapporto autoriale con la grande Mina, ha deliziato il pubblico presente in sala con il meglio del suo repertorio musicale e cabarettistico: accompagnato al piano dal maestro Maurizio Tirelli ha spaziato tra folclore bolognese, amore calcistico per il Bologna  e presentazione dei suoi nuovi progetti musicali.
Insieme agli amici grottammaresi ha decretato la vittoria del giovane Francesco Porcu,  talentuoso umorista sardo; a completare il podio il trio Ricomincio da Tre e la cabarettista Francesca Falchi.
Presenti nel parter di giuria il tenore Cristiano Cremonini, che ha regalato stupende emozioni interpretando Caruso di Lucio Dalla, l’ attore Ettore Palcaldi, Maurizio Grano, Luciano Manzalini del duo comico Gemelli Ruggeri e Federica Mazzoni presidente  della Commissione Cultura del Comune di Bologna.
Soddisfazione da parte degli associati Alessandro Ciarrocchi,  Floriano Tavoletti e Giuseppe Cameli presenti alla kermesse.
“Con la trasferta felsinea concludiamo la programmazione 2019. Una stagione intensa e ricca di soddisfazioni, in una programmazione rinnovata e diversificata: dal cabaret al teatro amatoriale, dal music show dedicato a San Valentino al format talent che omaggia i nostri concittadini, dalla rassegna di magia alle preziose collaborazioni con Il Comitato Stazione, Presepe Vivente e San Aureliano. Ringraziamo il Sindaco Enrico Piergallini e l’ amministrazione comunale, lo staff dell’ Ufficio Cultura ed il nostro amato e numeroso pubblico, incessante sostenitore e motivatore della nostra passione per l’ arte italiana”.
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calabriawebtvcom · 5 years
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PREMIO CACCURI: A CARLO COTTARELLI
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PREMIO CACCURI: A CARLO COTTARELLI
Il Maestro: “È possibile crescere davvero solo nutrendosi di cultura autentica, così come avviene da anni con il Premio Letterario Caccuri”
E’ stato Carlo Cottarelli con “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, edito da Feltrinelli, a vincere l’edizione 2019 del Premio Letterario Caccuri, sezione Saggistica.
A Cottarelli è stata assegnata la “Torre D’Argento”,  l’opera realizzata dal maestro orafo Michele Affidato, diventata il simbolo del premio che da diversi anni ospita gli intellettuali più influenti del nostro paese.
Un vero e proprio evento, organizzato dall’associazione culturale Accademia dei Caccuriani, composta da oltre 400 associati provenienti da tutta Italia. Pari merito per gli altri finalisti, ovvero Emma D’Aquino con “Ancora un giro di chiave.
Nino Marano: una vita fra le sbarre” (Baldini+Castoldi), Massimo Franco con “C’era una volta Andreotti. Ritratto di un uomo, di un’epoca e di un Paese” (Solferino) ed Enrico Letta con “Ho imparato.
In viaggio con i giovani sognando un’Italia mondiale” (il Mulino). I quattro saggi arrivati in finale sono stati selezionati da un comitato scientifico presieduto da Giordano Bruno Guerri e sono stati votati da una giuria nazionale e da una popolare, composte in totale da 110 giurati.
Nel corso dei cinque giorni della manifestazione, che si è svolta a Caccuri tra il 6 ed il 10 agosto, sono stati inoltre assegnate altri Torri d’Argento, come il Premio Caccuri per il giornalismo a Paolo Pagliaro, il Premio Caccuri per la tv a Rita Dalla Chiesa e il Premio Caccuri per la Musica a Michele Zarrillo. Esordio assoluto per il Premio Caccuri Letteratura e Sport, assegnato alla commissario tecnico della Nazionale di calcio femminile Milena Bertolini, con il libro “Quelli che il calcio e…” Aliberti), che è stato consegnato sul palco al ct dal maestro Affidato, il Premio Caccuri per il Giornalismo d’Inchiesta al conduttore di Report Sigfrido Ranucci e il Premio Caccuri Opera Prima a Luciano Basile con il libro “ll successo, il denaro o la felicità?” (Mondadori).
Premio speciale Alessandro Salem attribuito a Jan Slangen, già capitano delle Frecce Tricolori, un riconoscimento molto importante che nelle passate edizioni è stato assegnato a personaggi come Alessandro Profumo, Paolo Mieli, Carmen Lasorella, Antonio Azzalini, Michele Placido, Ferruccio de Bortoli e Massimo Cacciari. Un messaggio particolare è arrivato invece ai ragazzi di Caccuri, una benedizione che difficilmente dimenticheranno: “Ai ragazzi di Caccuri, ringraziandovi per la vostra testimonianza. Continuate avanti così… lasciando le vostre tracce sulla storia.
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodica e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me” ha scritto Papa Francesco incidendole sul libro “Dio è Giovane” (Piemme Editore) che il dottor Carlo Musso, nuovo cittadino onorario del Comune di Caccuri, ha consegnato al Sindaco Marianna Caligiuri e a tutti i Caccuresi.
A Carlo Musso è stata consegnata simbolicamente la chiave della città di Caccuri, una creazione realizzata sempre dal maestro Michele Affidato. La serata finale è stata condotta nella suggestiva location del castello di Caccuri da Massimo Giletti e da Mary De Gennaro.“Il Premio Caccuri – commenta Michele Affidato – è ormai diventato un punto di riferimento nel panorama culturale italiano.
I finalisti di quest’anno confermano il grande livello raggiunto dal premio.
A noi il compito di  realizzare la “Torre d’Argento”, simbolo di una manifestazione che attraverso la cultura ha aperto le porte della nostra terra ai più grandi scrittori e pensatori contemporanei, ospiti nelle varie edizioni della kermesse.
È possibile crescere davvero solo nutrendosi di cultura autentica, così come avviene da anni al Premio Caccuri. Ho creduto fin da subito in questo progetto portato avanti con sacrificio, passione e grande professionalità da Adolfo Barone, Roberto De Candia e Olimpio Talarico che, nonostante vivano lontano dalla loro terra, hanno mantenuto saldo il legame con le loro radici”.
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