#metacinema
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gregor-samsung · 4 months ago
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8½ (Federico Fellini, 1963)
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sassyfishesandscorpios · 1 year ago
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Is this metafiction?
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doublebilled · 2 years ago
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Day for Night (1973) dir. François Truffaut
Irma Vep (1996) dir. Olivier Assayas
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thegoregoregirls · 11 months ago
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In a Violent Nature
Regia – Chris Nash (2024) Ne parlavo qualche giorno fa con la mia amica Ilaria Franciotti, mentre ero ospite del suo podcast dedicato allo slasher (Ilaria in Wonderland): lo slasher è sopravvissuto fino ai giorni nostri perché ha sempre saputo rinnovarsi, mantenendo tuttavia intatta la propria natura più profonda. Insomma, è riuscito a non cambiare niente cambiando tutto. Nel 2024, mezzo secolo…
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Isn't It Romantic (2019, Todd Strauss-Schulson)
04/11/2023
Isn't It Romantic is a 2019 film directed by Todd Strauss-Schulson and written by Erin Cardillo, Dana Fox and Katie Silverman. The film stars Rebel Wilson, Liam Hemsworth, Adam DeVine and Priyanka Chopra.
The film was released in the United States on February 13, 2019 by Warner Bros. Pictures and internationally outside the United States and Canada by Netflix on its platform on February 28, 2019.
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romanceyourdemons · 2 years ago
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lmaooo did not realize scum villain vol 4 was just extras, i was reading vol 3 thinking wow cang qiong mountain is about to fall into the endless abyss and we’re not even 2/3 of the way through, i wonder how they’ll manage to raise the stakes further than this for the finale
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chez-mimich · 6 months ago
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DIAMANTI
Nel film di Ferzan Opzetek c’è una battuta, fatta da una sarta, che potrebbe passare inosservata, ma che in sostanza riassume il film quando, rivolgendosi ad una collega, dice che se la costumista Bianca Vega ha vissuto a Parigi, Londra e New York, lei è stata solo a Morlupo. In quello sperduto paese un mio zio frequentò il seminario. Ecco, se vogliamo azzardare, potremmo dire che Opzetek, che si ostina a considerarsi un regista geniale, sembra conoscere bene Morlupo ma non Parigi, Londra e New York e riesce a mettere insieme un film provinciale e raffazzonato, senza alcun sviluppo, moralista e prevedibile. Troppo severo? Può darsi, ma davvero non capisco come Ferzan Opzetek che pur sembra essere persona colta e intelligente, debba essere prigioniero del giro delle attricette da fiction, dove, paradossalmente, la più credibile sembra essere Mara Venier, nei panni della factotum della sartoria-comune femminista. La storia, per così dire, è appunto ambientata in una grande sartoria degli anni Settanta, che funge anche da casa comune di un gruppo di sarte ed è diretta da Alberta e Gabriella Canova (nemmeno i nomi sono troppo originali), dove il nutrito gruppo di sarte deve confezionare i costumi per un film seguendo le indicazioni della costumista Bianca Vega (altro nome improbabile). Il febbrile lavoro è raccontato in maniera più che prevedibile e Opzetek costruisce una galleria di personaggi altrettanto prevedibili, direi stereotipati, incentrati tutti su un panfemminismo di maniera che trova il suo elemento di spicco in una insopportabile Geppi Cucciari, molto cabarettista e poco attrice, che non rinuncia alla battuta completamente fuori luogo. Non si comprende bene se il soggetto del film sia il lavoro coniugato al femminile oppure la presa di coscienza delle donne. Probabilmente entrambe le cose, ma questa duplicità di intenti rende il film debole, confuso. Inoltre non si può non notare come Opzetek, ancora una volta, faccia il pieno di tutto il “romanismo cinematografico”, con la solita tavolata conviviale e con la presunzione di fare del metacinema, con riprese-verità sulla preparazione del film, pensando forse di aver scritto qualcosa di simile a “Sei personaggi in cerca di autore”, ma senza rendersi conto di aver girato solo una specie di fiction e nemmeno della miglior qualità. Se proprio, scavando a fondo per cercare qualcosa di positivo, potremmo dire che l’ambientazione dell’azione in una sartoria risulta essere una scelta originale, anche se il paragone con “Il filo nascosto” del geniale Paul Thomas Anderson, appare del tutto naturale e dal cui confronto, il povero Opzetek esce piuttosto malamente.
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wambsgender · 1 year ago
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had the most surreal and terrifying dream I've ever had which started off as me and a friend going to see a new Luca guadagnino film and ended with me desperately trying to say the words "three pounds" for extremely emotional plot relevant reasons. woke myself up screaming it and sat there utterly terrified to close my eyes again for fear of the consequences of uttering this incantation aloud. which for an already scary dream-film was honestly some exquisitely executed metacinema. i am so beyond impressed. creepiest bit is that i lay there for a long while thinking before i went to check the time on my phone. But I've got this horrible feeling i woke myself up yelling THREE POUNDS at 3am on the dot
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iconauta · 1 year ago
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The Magic Lantern (1903) Georges Méliès
The Magic Lantern (French: La Lanterne magique ) is a 1903 film by Georges Méliès , it is film number 520-524 in the Star Film catalog; it is a kind of homage that Georges Méliès pays to the Magic Lantern and the Commedia dell'Arte. After The Countryman and the Cinematograph and Uncle Josh at the Moving Picture Show (1902) it is one of the earliest examples of metacinema (or would it be more accurate to say metaprecinema?).
The film consists of a single scene/frame, although in those years filmmakers were beginning to use close-ups more and more casually, Méliès continues (and will continue until his last films) , to shoot the whole scene in a single frame. Méliès does not make use of editing except to achieve his special effects. Because of this, he is forced to adopt a trick that we will find in other films: instead of bringing the camera closer to objects to show us their details, Méliès enlarges objects, this explains the disproportionate size of the magic lantern.
Another example is found in this scene from the film Bluebeard, where Méliès, instead of making a close-up on the bloody key, prefers to enlarge it.
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carmenvicinanza · 11 months ago
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Justine Triet
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Justine Triet, regista e sceneggiatrice, è tra le figure più interessanti e premiate del nuovo cinema francese.
Col suo film Anatomia di una caduta, ha vinto l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale, la Palma d’oro al Festival di Cannes, due Golden Globe, un Critics Choice Award e un Premio BAFTA.
Le sue sono piccole storie che si agitano dentro la Storia. Nei suoi film cortocircuitano finzione e realtà, pubblico e privato, video arte e performance.
Nata a Fécamp, in Normansia, il 17 luglio 1978, si è laureata all’École nationale supérieure des beaux-arts di Parigi, nel 2003.
Dopo la laurea, si è fatta presto notare con le sue prime opere che hanno partecipato a diversi concorsi cinematografici. Il cortometraggio Trasverse (2004) è stato selezionato ai Rencontres Internationales Paris/Berlin e L’amour est un chien de l’enfer (2006) è stato proiettato alla Biennale d’arte contemporanea di Lione. Entrambi i film affrontano aspetti legati all’attualità sociale e politica, concentrandosi sulla “coreografia” delle manifestazioni politiche e degli assembramenti pubblici.
Sur Place, del 2007, che ha ricevuto la menzione speciale al Festival di Brive è stato inserito nelle collezioni del Centre Pompidou e del Museu Berardo di Lisbona. Girato da una finestra durante le proteste studentesche anti CPE a Parigi nel 2006, il suo sguardo è sul conflitto e sul ruolo dell’individuo all’interno di un gruppo, l’ambiguità e la visione stereotipata che i media rilanciano di questi eventi. La cittadinanza diventa protagonista pur restando una massa compatta e uniforme.
Nel 2009 ha diretto il cortometraggio-documentario Des ombres dans la maison, ambientato nella periferia di San Paolo, in Brasile, che racconta la storia del quindicenne Gustavo, della madre alcolista e dell’assistente sociale, pastore della chiesa evangelica, che deve deciderne o meno l’affidamento. Questo film rappresenta una svolta nel suo lavoro, perché pur confermando il suo interesse per i fenomeni di massa, come quelli che hanno al centro i predicatori, introduce una più marcata attenzione e un’intimità con i personaggi di cui narra la storia.
Vilaine fille, mauvais garçon, il suo primo cortometraggio di finzione ispirato nel titolo a una canzone di Serge Gainsbourg, è la storia di  due trentenni che la solitudine fa incontrare per caso a una festa, Thomas e Laetitia. Tra dramma e leggerezza, per loro è l’inizio di una notte “fuori orario” sulla strada della felicità. Il corto, nominato ai César nel 2012 ha vinto numerosi premi in vari festival francesi e internazionali, candidato all’Orso d’oro per il miglior cortometraggio, ha vinto il Prix UIP Berlin.
Il suo primo lungometraggio è stato La Bataille de Solférino del 2013, candidato ai César per la migliore opera prima, selezionato all’ACID di Cannes, Premio del Pubblico al Festival Paris Cinéma, considerato dai Cahiers du cinéma uno dei dieci film più belli dell’anno, è la storia di una giornalista che affronta la giornata delle elezioni vinte da François Hollande in Rue de Solferino, storica sede del Partito socialista francese. Girato in presa diretta tra i sostenitori che aspettano il risultato delle urne, il film si immerge nella realtà di un grande evento nazionale facendo rimbalzare la “guerra” politica con quella famigliare della protagonista che, per assicurare i servizi alla rete ha lasciato a casa le sue bambine, proprio il giorno in cui il padre separato vuole vederle. Un pezzo di metatelevisione e metacinema che fotografa angosce private e pubblici conflitti.
Anche Victoria, commedia sofisticata presentata in anteprima mondiale alla Settimana della Critica del Festival di Cannes 2016 è il ritratto di una donna complessa, contesa tra vita professionale e personale. Un film cinico e romantico sulla spirale emotiva di una donna che cade, sbaglia e si rialza, e sulle ossessioni della regista: le difficili relazioni tra i sessi, la solitudine, i figli, la giustizia, i soldi, il sesso.
Sempre a Cannes, in concorso, ha presentato Sibyl – Labirinti di donna nel 2019 a cui è seguito il pluripremiato Anatomia di una caduta del 2023, un legal drama che ha come protagonista una scrittrice sospettata della morte del marito in una remota località di montagna.
Un film appassionante, femminista, sfaccettato, intimista e pieno di colpi di scena. Un’opera di alto livello sull’ambiguità del reale. Un grande lavoro sull’infanzia rubata, violentata, sulla lotta estrema di un adolescente per riappropriarsi il più possibile di quanto stanno cercando di sottrargli. L’opera era stata anche candidata agli Oscar per la miglior regia.
Justine Triet non smette di sorprendere e di collezionare critiche positive per il suo sguardo che penetra nel profondo delle cose e delle persone, per la grandezza nel mostrare i diversi punti di vista. Un’artista che si dà tanto e che in ogni sua fatica riesce a sorprendere e incantare il pubblico.
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gregor-samsung · 8 months ago
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Sils Maria [Clouds of Sils Maria] (Olivier Assayas, 2014)
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maggiecheungs · 3 years ago
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MAN WITH A MOVIE CAMERA (1929) dir. dziga vertov
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doublebilled · 2 years ago
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Mulholland Drive (2001) dir. David Lynch
Eternal Sunshine of The Spotless Mind (2004) dir. Michel Gondry
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geminicrisis · 4 years ago
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LIVING IN OBLIVION, TOM DICILLO, 1995
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kedidirokedi · 5 years ago
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Amator a.k.a Camera Buff, dir. Krzysztof Kieślowski, 1979
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romanceyourdemons · 1 year ago
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biting and chewing on this film. tearing out large chunks of it with my teeth
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