#ossario

[disease]

BIG HANDS // GIRDE MAYE/ASTERE [OSSARIO 12″, 2021]

[pietroalviti]

Ceccano, chiusa la cappella del cimitero

Non è stata aperta neppure per l’ottavario dei morti. Ci riferiamo all’antica cappella del cimitero monumentale di Ceccano, al di sotto della quale, dalla cripta, c’è l’accesso all’ossario, che conserva le ossa dei ceccanesi che fino all’impero napoleonico, inizio del 1800, erano sepolti nelle fosse comuni delle chiese. Le persone anziane ricordano che fino a qualche decennio fa, nell’ottavario…

[madoyaka]

Dettaglio dell’ossario al Sacrario militare della prima guerra mondiale sul Monte Pasubio. • Detail of the ossuary at the Military Memorial Monument of the First World War on Mount Pasubio. • パスビオ山にある第一次世界大戦戦没者追悼の納骨堂のディテール。 •• ©︎ @zobeidesart ••• #sacrario #sacrariomilitare #ossario #ossariodelpasubio #pasubio #montepasubio #vallidelpasubio #dolomiti #guerra #primaguerramondiale #monumento #teschio #ossa #military #memorial #memorialmonument #ossuary #war #firstworldwar #skull #bones #パスビオ #戦争 #第一次世界大戦 #戦没者追悼 #頭蓋骨 #骨 #cerchio #circle #円 (presso Ossario del Pasubio) https://www.instagram.com/p/CnUJNc4vg6d/?igshid=NGJjMDIxMWI=

[gregor-samsung]

“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini. Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava ��il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno. — No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.

Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle. — Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori. — Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto! Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “

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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.

[blacklotus-bloog]

Non li svestivamo, non avevamo nulla con cui cambiarli, in fondo era giusto fossero sepolti con la divisa che avevano onorato. Apro i lembi del lenzuolo e scopro il suo viso. Come è giovane. Vorrei consolarlo, scaldarlo, eliminare quel pallore. "Puoi fargli una carezza" dice don Nereo. Alla fine lo accarezzo questo ragazzo abbandonato dalla vita, mentre don Nereo gli pettina i capelli. Io poi gli lavo le mani e il viso con un panno intinto nell'acqua di fonte. Faccio finta di non notare i sentieri chiari che le lacrime hanno aperto sugli zigomi. Li cancello e lo consegno al Paradiso. Avrà sofferto? Mettiamo in ordine la divisa, ricomponiamo le mani, le intrecciamo, sistemiamo il cappello con la penna sul petto. Mia madre diceva: "La vita è la morte sono affidate alle donne". Sul Pal Piccolo c'è chi ha perso un figlio e chi l'amato sposo. In questo due donne sono uguali: due grembi vuoti.

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ILARIA TUTI - Fiore di Roccia

Tempio ossario di Timau, Udine

NO REBLOG

4 novembre: PRESENTE

[innocentlymacabre]

Due North [Part 1]: 8 Brook Way

30.07.21 | Part 0

Fantasy meets slice-of-life in the secretive, wonderous, and oddity-rich lives of the residents of Due North

8 Brook Way currently held the form of a picturesque cottage, the likes of which can be found front and centre of just about every children’s book. It was quaint, simultaneously large and small, and somehow smelled wonderfully of fresh baked cookies even empty. It had taken on several forms over its extremely long life, several far more interesting than the one it currently donned, but its walls were presently abuzz with murmurs of excitement nonetheless.

8 Brook Way was no longer empty, and its new residents, Alberto Zecca and Isabella Autin, fawned over the shape it had taken for them. A tree, the type of which eluded every botanist that had ever attempted to classify it, stood guard from the backyard garden, its branches graciously extending to the perimeter, keeping time with the wind. It sang with the wind, hundreds of voices chiming in to make one, beautiful harmony that wafted throughout town, a siren call rumoured to be able to lift the spirits of those in mourning or even heal a broken heart. Ivy crawled across the bounding walls, weaving into its very make, and small, almost imperceptible paw prints and claw marks were pressed on top. The ivy snaked and stretched underground, far further down than anyone had ever explored, secrets resting on its every strand.

8 Brook Way was the only house in its vicinity, forming a sort of block of its own, and Brook Way was the closest street to the house, rather than the one it was on. The actual Brook Way skipped the number eight, an oddity that had led to several confused new postmen. Alberto and Isabella didn”t mind the confusion in the slightest – in fact, Alberto said it was one of the endless positives that came with the house.

Having moved in only a few hours ago, the pair were lounging on a chesterfield sofa that came with the house, in the otherwise almost unfurnished living room. The full moon shone brilliantly through the glass wall opposite them, the silver light falling delicately on each surface. Beyond it lay a presently untended garden, the moon’s light dipping and diving between its weeds and many, many secrets that Number 8 couldn’t wait for the residents to uncover.

It seemed though, it would have to wait. Tonight, the residents stayed indoors, unknowingly nested amidst the liveliest walls in the house.

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“I really don’t want to cook tonight,” Alberto complained.

“Yeah, I’m too tired too,” Isabella agreed. “What about that diner we passed on the way in? Something with an O,” she said, desperately trying to picture the wooden sign jutting out of the doorway. “Oh, it’s no use. We went by so quickly, the only thing I remember is that it was painted blue and green.”

“What about pizza? There’s always pizza.”

“But…diner!” Isabella protested, always having adored a good diner. “Come on, let’s just walk around town. It’s a small place, we’re bound to find it eventually.”

Alberto begrudgingly conceded, which is how they found themselves face to face with a man in a suspiciously large trench coat, asking for directions after having gone down three long, wrong roads. Isabella suspected he was hiding snakes under that coat, judging by the suspicious hissing sounds interspersing his speech, but the fact that said speech seemed to be exclusively rhymes annoyed her more. His confusing aid, if you could even call it that, led them to yet another wrong street.

They did, of course, eventually make it to the diner – “Ossario’s! I told you it had an O!” – after being seemingly guided by a particularly friendly dog. As they approached the establishment, Alberto thought he saw the paint of the building shimmering and changing colour slightly but dismissed it as hunger (and slight annoyance at Isabella’s insistence on eating at the diner, if he was honest).

The woman behind the wrap-around counter introduced herself as Alecia Ossario, the owner of the diner. If you passed her on the street, she would most likely end up as nothing more than a face you see in a dream and wake up trying to place. Yet, for some indescribable reason, both Alberto and Isabella couldn’t help but be drawn to her, intrigued by the notion of her very existence. The room’s light seemed to bend around her, respectfully leaving her untouched; but rather than leave her shrouded in the dark, she shimmered as she moved.

“I’m Isabella and he’s Alberto. We just moved in.”

“Berto and Bella – how sweet! I didn’t know number eight had gone to such a lovely couple,” Alecia said with a smile. She smiled with her eyes, her genuineness probably the only reason Bella noticed them. She couldn’t be sure because it really wasn’t the sort of thing you saw very often, but she swore she saw her eyes change colour.

“Oh! Oh, no,” Berto countered, a little tired of the same song and dance over and over again. “We’re not a couple.”

“Definitely not,” Bella picked up, easing him of the burden of explanation. “He’s a writer, and I’m an artist, so we can both work from wherever we want, as long as his editor and my gallery get something every now and then. “Wherever we want” just so happens to coincide, so we moved in together to save money.”

Alecia seemed impressed and asked a little about their work, Bella noticing each time her eyes changed colour, before segueing into their orders.

“We’re starved,” Bella blurted out before Berto had a chance to ask for a menu. “Whatever can be made the fastest.”

“Burgers and chips coming right up,” Alecia noted, turning to the kitchen.

The moment she was out of earshot, Bella pulled Berto in close. “Dude! Did you see –”

“Her eyes?” Berto interjected, nodding vigorously. “Yeah, I saw ‘em too. You know what else? I saw the paint on the outside change colour too.”

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thanks for reading! this is a seven-part series I'll be releasing week-on-week. if you'd rather not wait, you can grab the whole thing here for the low low price of one (1) email address! it’s a big, 33-page PDF, so you’ll get plenty of bang for your non-buck - whatcha waiting for?

Update: PART 2

my writing is entirely reader-supported, so I’d be thrilled if you could drop a coin or two into my tip jar! :) annnnnd I may or may not slip a couple of for-your-eyes-only book bundles under the table as a little thanks ;)

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[carmenvicinanza]

Irma Bandiera

https://www.unadonnalgiorno.it/irma-bandiera/

Passeranno i morti, ma resteranno i sogni.

Irma Bandiera, nome di battaglia Mimma, è stata una partigiana italiana seviziata, accecata e trucidata dai nazifascisti, una delle eroine simbolo della lotta di tante donne impegnate nella Resistenza.

Nacque l’8 aprile 1915 a Bologna, in una famiglia benestante, suo padre Angelo era capomastro edile  oppositore del regime durante la dittatura. Sua madre si chiamava Argentina Manferrati e aveva una sorella di nome Nastia.

Aveva anche un fidanzato, Federico, militare a Creta che venne fatto prigioniero dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943 e rimase disperso dopo che la nave su cui era imbarcato per il trasferimento in Germania venne bombardata e affondò al porto del Pireo. Vane furono le ricerche per ritrovarlo.

Iniziò ad aiutare i soldati sbandati dopo l’armistizio e a interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista.

A Funo, dove andava a trovare i parenti, conobbe uno studente di medicina, Dino Cipollani, il partigiano Marco che la spinse a entrare nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna.

Il 5 agosto 1944 i partigiani uccisero un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere. Cominciò una tremenda rappresaglia che vide coinvolta anche la partigiana Mimma, che aveva trasportato delle armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. Venne arrestata mentre si trovava a casa dello zio, la sera del 7 agosto e rinchiusa nelle scuole di San Giorgio,  isolata dal resto dei suoi compagni. Venne poi portata a Bologna dove, per sei giorni e sei notti venne ferocemente seviziata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti, che arrivarono ad accecarla con una baionetta, per farla parlare, ma lei non ha mai rivelato i nomi delle sue compagne e compagni di lotta.

I familiari la cercarono dappertutto sperando di trovarla in vita, la giovane resistette alle torture fino alla fine ma venne fucilata e poi finita con alcuni colpi di pistola al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa dei suoi genitori, il 14 agosto 1944.

Il suo cadavere venne lasciato esposto per un giorno intero, come monito, fino a quando i parenti non riuscirono a riprenderselo.

Portata all’Istituto di Medicina Legale, un custode, amico della Resistenza, scattò le foto del suo viso devastato dalle torture.

In suo onore, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi  Irma Bandiera. A lei venne intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).

La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 pubblicò un foglio volante, stampato in clandestinità, nel quale si ricordava il senso altamente patriottico del sacrificio di Irma incitando i bolognesi a intensificare la lotta contro i nazifascisti.

È sepolta nel Monumento Ossario ai Caduti Partigiani della Certosa di Bologna ed è ricordata nel Sacrario di Piazza Nettuno e nel Monumento alle Cadute Partigiane a Villa Spada.

A Bologna, nella via che porta il suo nome è deposta una lapide che reca scritto: “Il tuo ideale seppe vincere le torture e la morte. La libertà e la giovinezza offristi per la vita e il riscatto del popolo e dell’Italia. Solo l’immenso orgoglio attenua il fiero dolore dei compagni di lotta. Quanti ti conobbero e amarono nel luogo del tuo sacrificio a  perenne ricordo posero”.

Il suo assassinio, compiuto anche per scoraggiare pericolosi tentativi di emulazione, finì per produrre l’effetto contrario e tante donne seguirono il suo esempio e si unirono alla battaglia per la liberazione dell’Italia.

Ci sono strade che portano il suo nome in vari comuni italiani.

Riconosciuta partigiana alla fine della guerra venne decorata con la Medaglia d’Oro al Valor Militare, insieme ad altre 18 partigiane.

«Prima fra le donne bolognesi a impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.»

“È nella Resistenza – ha dichiarato Marisa Rodano alla Camera dei deputati in occasione del 70° anniversario della Liberazione – che le donne italiane, quelle di cui Mussolini aveva detto ‘nello stato fascista la donna non deve contare‘; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare, la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari, entrano impetuosamente nella storia e la prendono nelle loro mani. Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto – indipendenza, libertà, pace – e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare”.

[miuarchiv]

A fellow reader asked about the burial location of WS so a bit of searching was done. His name couldn’t be found in the online search system of Turin cemeteries. Here’s the result obtained through submitting the historical research application form:

According to the archives of Cimitero Monumentale di Torino, WS was buried there on April 2, 1952. Since they held no further records it can only be deduced that his remains were moved to the collective burial (ossario comune) under la Grande Croce.

The original email translated by Google:

Good morning,

in our archives it appears that Walter Schellenberg, who died at the age of 41, was buried in the Monumental Cemetery on April 2, 1952 in the East field of the third extension in pit no. 1763.

We have no later transcriptions so we deduce that the remains were collected and placed in a common ossuary (collective burial) which is located under the Great cross of the Primitivo field.

[lamilanomagazine]

Tarvisio, Udine. Commemorazione dell'80° anniversario dell'eccidio di 12 militari dell'Arma in località Malga Bala

Tarvisio, Udine. Commemorazione dell'80° anniversario dell'eccidio di 12 militari dell'Arma in località Malga Bala. Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Teo Luzi, ha preso parte alla solenne cerimonia di commemorazione in occasione dell’80° anniversario dell’eccidio dei 12 Carabinieri trucidati a Malga Bala (ora Slovenia) e decorati con Medaglia d’Oro al Merito Civile “alla memoria”. Tra le autorità presenti anche i parenti dei Caduti, il Ministro per i rapporti con il Parlamento dott. Luca Ciriani, il vice Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia dott. Mario Anzil, il Prefetto di Udine dott. Domenico Lione, il Sindaco di Tarvisio Renzo Zanette, l’Ispettore Regionale dell’Associazione Nazionale Carabinieri Generale di Corpo d’Armata Michele Cristoforo Ladislao ed il Delegato Interregionale dell’Associazione Nazionale Forestali, nonché i delegati della rappresentanza militare e delle associazioni professionali a carattere sindacale. Dopo la funzione religiosa presso la Chiesa “Santi Pietro e Paolo”, officiata dal Parroco di Tarvisio e concelebrata dal Cappellano Militare della Legione Carabinieri “Friuli Venezia Giulia”, sono stati resi gli Onori ai Caduti da un reparto in armi, a cui si sono uniti i gonfaloni dei Comuni di Tarvisio e del Canal del Ferro, i medaglieri e i labari delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma. Una corona d’alloro è stata inoltre deposta all’interno del Tempietto Ossario che custodisce le spoglie di 7 dei 12 Carabinieri trucidati. Era il 23 marzo 1944, quando due militari dell’Arma del Distaccamento fisso a protezione della centrale idroelettrica di Bretto di Sotto sono aggrediti sulla strada del ritorno da due partigiani, mentre altri circondano la caserma, irrompendo all’interno armi in pugno. I 12 carabinieri catturati, costretti a portare a spalla tutto il materiale trafugato dal presidio, si incamminano lungo un percorso boscoso in salita, per giungere nella distante Malga Bala. Il tragitto è intervallato da rare soste, di cui l’ultima la sera del 24 marzo, presso una stalla dell’altipiano di Logje (853 m s.l.m.), all’interno della quale viene loro somministrato un minestrone con l’aggiunta di soda caustica, che provoca immani sofferenze. La mattina successiva i prigionieri percorrono l’ultimo tratto di strada che li separa dal luogo dell'eccidio, un casolare sito su un pianoro, Malga Bala dove i 12 Carabinieri vengono barbaramente trucidati. Il Comandante Generale ha ricordato come "Malga Bala è un presidio della memoria, dove raccogliere il sentimento di quanti riconoscono quei drammatici avvenimenti come parte integrante della nostra storia nazionale e che deve essere spiegata alle nuove generazioni. In questi territori - crocevia di cultura italiana, austriaca e slovena - le nuove generazioni stanno sviluppando un comune senso di appartenenza in una regione che trova nell’ampio spettro di presenze, etnie, lingue, storie, culture, tradizioni, la sua preziosa e feconda peculiarità. Questa è anche l’Italia proiettata in Europa, nella prospettiva di una pace duratura e di una convivenza sicura." Al termine della cerimonia il Comandante Generale, insieme al Sindaco, alle Autorità e ai familiari dei caduti, ha visitato la mostra documentale e fotografica sui dodici carabinieri, curata dal giornalista Antonio Russo e allestita nella sala polifunzionale della canonica della Chiesa “Santi Pietro e Paolo”, mentre all’interno della Torre Medievale ha avuto luogo l’esposizione di uniformi e calendari storici dell’Arma dei Carabinieri risalenti al periodo 1940-1944, che riproducono l’ufficio del Comandante della Stazione del tempo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article

[dddcl-archive]

Houses No: 962 The Creeks Location: East Hampton, NY Year: 1970 Designed by: Alfonso Ossorio ‌ When artist Alfonso Ossorio died at the age of 74 in 1990, he left behind a remarkable legacy of art, diaries, photographs, letters and other historic materials documenting a lifetime of artistic and cultural activity. Ossorio acquired The Creeks, a 60 acre estate designed by Grosvenor Atterbury on Georgica Pond in East Hampton, NY from the Herter family in 1952. Here, Ossario Alfonso exhibited works he collected of his colleagues like Jean Dubuffet and Jackson Pollock as well as the work of Willem de Kooning, Lee Krasner and Clyfford Still, among others. The brilliantly graphic design of the pool was dreamed up in 1970 by the American-Filipino artist who is a master of abstract expressionism. It occupies what was once the artist’s home in East Hampton, Long Island—now the Ossorio Foundation. The pool itself is painted black to allow the water to reflect the ever-changing sky above, while the red and blue Harlequin print that surrounds it symbolises faith, hope, and charity. Ossorio Foundation today is a splendid gallery space where scholars, collectors and other visitors could come to experience and study the depth of Ossorio’s lifetime of work. ‌ 📸 Photos by JC Raulston Arboretum and @elephantmagazine

Via Haus_oft

[neshvev]

Ossario commemorativo dei caduti slavi di Barletta (BAT), 1970

Monumento funebre progettato dallo scultore croato Dušan Džamonja in memoria partigiani jugoslavi caduti durante la prima e seconda guerra mondiale. La struttura si sviluppa su due livelli sovrapposti: il primo è costituito da elementi verticali in calcestruzzo armato che rappresentano steli funerarie di varie forme, disposte in serie radiale su una pianta ellittica; al centro delle steli si apre un lucernario circolare per l'illuminazione del livello inferiore, ovvero la cripta. A questa vi si accede attraverso una scalinata in granito. Oltre la cripta si accede ad una terrazza sull'Adriatico che collega idealmente il sepolcro con la costa slava.

Cappella priamdidale cimitero monumentale di Barletta, 1868 (architetto Sponsilli)

[norise-feliceserino]

Octavio Paz

USTICA Il susseguirsi dei soli d’estate, la successione del sole e le sue estati, tutti i soli, il solo, il sole di soli, divenuto ormai osso caparbio e lionato, nubi tempestose di materia raffreddata. Pugno di pietra, pigna di lava, ossario, non terra, nemmeno isola, rupe dirupata,  pesca petrosa, goccia di sole pietrificata. Di notte s’ode il respiro delle cisterne, l’ansito…

[robertofontana1991]

disillusione

[come mi affaccio vedo l’indecenzaentrante la finestrae una notevole non trascendenzaspinta dall’onda – è demenza incantevole –una stucchevole nuvola lunagenti palazzi e stelle tutti attornomi oscura e intanto vaindipendente:avvolge e la città si fa latente appena e già mi scordose si avvicina ma sono sordo al vorticenoioso a cui assisto sempre ogni mattina radiosa sulla terra che è un ossario –…

[delectablywaywardbeard-blog]

Nell'ossario della chiesa Sant'Agostino la storia di Sassari

(ANSA) – SASSARI, 13 FEB – Uno studio scientifico internazionale su migliaia di ossa umane ritrovate in un ossario della chiesa di Sant’Agostino, a Sassari, svelerà aspetti finora sconosciuti della popolazione che visse tra il 1633 e 1810.    L’ossario è stato rinvenuto anni fa in una cripta scavata sotto la cappella del Gremio dei Viandanti, antica corporazione professionale che risale al 1.400…

[innocentlymacabre]

Due North [Part 3]: Into the Thick of It, Part I

14.08.21 | Part 2

Fantasy meets slice-of-life in the secretive, wonderous, and oddity-rich lives of the residents of Due North

The quiet early morning moon washed Alecia Ossario in its silvery tinge. She was dressed in black from head to toe, turtleneck covered with a leather jacket with far too many pockets to even be possible on top and jeans and lace-up boots on the bottom, save for her hair which had decided green was the way to go tonight. She made a mental note to tell Jasper to bring the delivery time a couple hours ahead, so she doesn’t have to be up when the only other people awake are the aquatics, gnomes, and faeries. Still, primetime for client scouting.

The silence of the night was broken only by the faint sound of an approaching car, thrumbling slowly down the end of the road. It purred along almost noiselessly, but on this particular night, nothing else, not a frog or an angry moth (those things could work up a real racket when they wanted) stirred even in the slightest, and no music from a water sprite afterparty rung through the night (If there’s one thing those guys know, it’s how to party, Alecia thought to herself), making it the loudest sound for miles.

Its busted headlights illuminated only a few feet of the winding road in front of it, something that Alecia thought was a touch risqué, especially considering she quite valued the cargo, and the side lines were more amphibian than she would have liked. She spun her fingers by her side, weaving a little light in between her slender fingers and let it fall in front of the car. Grateful for the light, it steered a bit more steadily before coming calmly to a stop a few feet in front of Alecia.

The driver turned the engine off and stepped out. A black boot hit the ground first, a tiny spark flying off, before a jaunty, dapper man stepped out. He had a dark trench coat draped over a brown suit and a half-buttoned olive-green shirt. He rounded out the sombreness with a yellow scarf and topped it all off with a top hat balanced on his head, tilted precariously to one side. His face belonged to a much younger man, all save for the eyes, which betrayed his true age.

“Alecia!” he exclaimed. “How you doing, darling?”

“Just fine, J, just fine. You should really get that headlight fixed, ya know.”

“Yeah, you know how it is. Always something in the way.”

“Uh huh. Well, shall we get down to business?”

“Always so quick on the draw, Alecia. If I didn’t know better, I’d think you didn’t like me very much,” he jested, leading the way to the back of the car nonetheless.

“Who said I liked ya? I do like what you’re carrying though, if that helps,” she said, winking.

Jasper mimed being shot in the heart with a laugh, then opened the trunk; Alecia twiddled her fingers and redirected the light from the road to the trunk to get a better view. Two plastic-wrapped packages, roughly the size of sacks of flour, gleamed in her light, boasting colourful pills packed to the brim, threatening to spill and scatter across the pavement.

“Jasper, plastic? I thought we’d already had this conversation, come on.”

“I know, I know, sorry. Last-minute complication leaving me with no choice. Won’t happen again, don’t worry.”

Alecia huffed. “Fine. Leave it with me. If a satyr drops by, I’ll throw it in as a “gesture of good faith”.”

Producing a knife from one of her jacket pockets, Alecia made a small, sharp cut in the packaging of one of the two, scooping up the pills before they could hit the ground. She crushed the edge of one of them and sucked on the produced powder, testing its strength and pocketing the rest.

“What? Still don’t think I’m good for it?”

“I don’t think you’re smart enough for it, J. Twice now you’ve been duped into bringing me candy. Not even the good kind. Ended up giving it away with meals at the diner both times.”

“Hey, twice in – shit, how long has it been? Whatever. Twice in however many years is still pretty damn good!” he protested.

“Yeah, well, I’d just like to make sure it’s not thrice. But yeah, you’re good for it this time.” She reached into another pocket and produced a wad of cash. Jasper took it with an exaggerated bow, Alecia’s response to which was to roll her eyes, and unloaded the two packages before closing the trunk and walking back to the driver’s seat.

“Fix that headlight, J,” Alecia called out. “Can’t count on me for light on your other routes.”

“Bye Alecia!” came the singsong reply as he sped off into the night.

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↝✧↝

Berto, true to himself woke up well after noon. Bella, most untrue to herself, woke up even after him, having chosen to finish moving in after dinner the previous night. After a decidedly most undignified wake up, as Bella had so elegantly put it, Berto dragged the pair of them to a bookshop simply named Deluca’s. He raved about it the entire way there, claiming it was half the reason he moved to Due North at all.

Large glass double doors stood front and centre, opposite the canal that ran through the town. Small tables lined the two storefronts it occupied, its wonderfully comfortable light spilling out onto the pavement in front. Postcards hung from near invisible strings, each one unlike its neighbours, boasting fantastical narratives and landscapes dipping in and out of reality.

Overlapping scents floated around inside, books, new and old, mingling lively with fresh-baked cakes and pastries; the quietest music, soft around the edges, piggybacked on the aromas. Rows of books lined the front half of the store, some simply stacked on shelfs, some on painted carousels, others on platters hanging from the ceiling, and still other, ludicrously expensive ones, behind glass cases. The latter half boasted the most impressive patisserie either one of Berto or Bella had seen (“And I did a year in Paris!” Bella remarked). Lines of pastries, macaroons, puffs, breads, doughnuts, waffles, and more streaked down the enormous glass casing, leaving the two of them instantly famished, despite having eaten only half an hour ago.

Alia Deluca herself manned the counter, introducing herself proudly. It wasn’t arrogant pride, Berto noted silently, even though, looking around, she had every right to be. Rather, it was indulgent and her smile warm and welcoming, inviting you to enjoy with her.

Bella ordered a black coffee with a plain muffin and Berto, with a little more than a little difficulty, managed to ask for a strawberry tart and an iced coffee. Bella thought she glimpsed something vaguely bear-like in the kitchen while placing her order, but then kicked herself for making fun of someone’s body.

“Such a vanilla order,” Berto chided once they were seated. The sun was shining, a light breeze was blowing, and the riverbank glittered with fish merrily making their way about, so they took a table outside.

“What? Afraid I embarrassed you in front of your new little friend?”

“What?” Berto cried incredulously.

“Oh please, you could barely make it to the end of that order!”

“I’m sure I have no idea what you’re talking about,” he firmly negated, smiling slightly nonetheless.

Bella would have perhaps been less focused on teasing Berto if they had sat inside. For all the attention they spent on the bookshop itself, they had completely neglected the patrons, a mere glance at whom would have proved to be a rather useful introduction for the oncoming evening.

Dotted across the tables and mingling amongst the books were people of all sorts. Faries, harpies, and other small, winged creatures were either sat at tiny tables hanging from the ceiling, enjoying appropriately sized coffees and breads, or zipped around through the shop, their own light mixing comfortably with Deluca’s’ ambiance.

At a table on the ground, sat an elf and a dwarf dressed for two completely different occasions. The elf was clad in colourless clothes, black from the top to bottom, save for a red and white striped scarf. The dwarf, on the other hand, looked like he would be right at home amongst the stars of Milan’s fashion week (if, you know, they allowed people standing at half the average human height). A white shirt was tucked into burgundy trousers with a chequered blue jacket buttoned up on top. He completed the ensemble with a small yellow scarf tied around his neck, half tucked into his shirt, half falling out gracefully on top of it. Their coffees had gotten cold and were instead signing rapidly at each other and pointing to places on maps strewn across the table, apparently amid a high-stakes discussion.

Another was occupied by a donsy of gnomes, chattering across enough servings of biscuits and cups of tea to go around two per gnome and still have more to spare. They were a little lounder than Alia would have liked for a bookshop crowd, but they ate a lot and tipped heartily so she didn’t mind them all too much.

Cats floated around the books section of the store, merrily browsing Alia’s collection. Only their heads were visible at any one point, the rest of their limbs operating invisibly, and even they puffed in and out of visibility. Contrary to what one would have thought, the cats had exemplary hygiene standards: these cats didn’t shed nor drool and if they happened to somehow make a mess of things, they could magic it away along with themselves. Of course, their little disappearing act gave their kind the ability to be very, very good thieves (Alia had even met a few, thankfully not at her own place though) but the clowder that frequented Deluca’s spent a small fortune every month on books and then spent hours talking to her about them – they were her favourite customers.

Berto and Bella would have met all these people and more, if only they had sat inside, and would maybe even have been advised not to cross a minotaur’s territory, even by accident. Instead, all they saw were the fish, scales gleaming in the sun as they dipped in and out of the water, swimming merrily along the canal.

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Update: PART 4

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