Tumgik
#casa albergo
vitadapanda · 1 year
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La mia battaglia a Napoli: sanità e sfratti
La difficile realtà di una famiglia alle prese con sfratti e problemi sanitari a Napoli #sfratti #sanitàterritoriale #Napoli #difficoltà #assistenzasociale #TRP #invalidità #pensione #accompagnamento #casaalbergo #narcisismo
Ho bisogno di fermarmi un secondo, perché sono a pezzi.Devo analizzare tutto quello che sta succedendo. Ieri sveglia alle sei del mattino, alle sette aspettavo l’infermiere che si è poi presentato verso le nove. Napoli e la sanità territoriale, ma in generale tutti i servizi, si confermano ancora vergognosi. Faccio il prelievo, non riusciva a trovare la vena, mi sono fatto non poco male. Non…
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shashashina · 11 months
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I don't hate you
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Questa storia parla di Tom Kaulitz, membro della band Tokio Hotel, li ho conosciuti recentemente, come molti della mia età credo, lo trovo davvero carino e divertente e dato che avevo un'idea per una storia l'ho messa in pratica. In questa storia Tom ha circa 20/21 anni, è ambientata nel 2010/11. Spero davvero che la mia storia vi piaccia, vi ricordo che l'inglese non è la mia lingua madre e che sto usando il traduttore, se ci sono errori fatemelo sapere così posso migliorare la storia.
Attenzione:
In questa storia ci sono piccole dosi di accenni a: alcol, sesso, bullismo e violenza, se non vi piace il genere non leggete e non criticate.
Riepilogo:
Tu e Tom non siete mai andati d'accordo, vi siete conosciuti da piccoli ed è stato odio a prima vista, tante cose sono cambiate nel tempo, tante, tranne il tuo odio per lui, o forse è cambiato anche questo?
Conteggio parole: 3.735
Io e i gemelli Kaulitz ci conosciamo da molti anni, da quando io e Bill abbiamo partecipato al programma Star Search nel 2003 e io mi sono classificato terzo. Ho sempre provato affetto per Bill, di Tom si potrebbe dire il contrario, con lui ho sempre avuto un rapporto di odio reciproco, non siamo mai andati d'accordo e abbiamo iniziato a litigare dal primo incontro, con Bill ci provava per risolvere le cose in modo pacifico. Sono passati anni dalla prima volta che ho conosciuto le gemelle e molte cose sono cambiate, tranne i continui battibecchi tra me e Tom, sono la cantante di un gruppo composto da me e altre tre ragazze, siamo i Blue Sky, abbiamo abbiamo fatto diverse tournée in tutta Europa e abbiamo collaborato con altri gruppi musicali. Adesso io e il mio gruppo siamo nel backstage del palco e tra meno di 10 minuti ci esibiremo, c'è così tanta gente e non avrei mai pensato che saremmo riusciti ad avere così tanto successo, mi batte forte il cuore, sono emozionato e spaventato all'idea Allo stesso tempo, non credo che mi abituerò mai all'idea di poter cantare le mie canzoni davanti ad un pubblico così vasto e di essere in tournée in giro per il mondo. Entriamo in scena, corriamo sul palco e il pubblico è estasiato, inizio a cantare e come sempre quando sono sul palco con i miei amici e i membri del gruppo entriamo in un mondo tutto nostro, dove l'unica cosa che conta è dare il massimo, trasmettere la nostra passione e la nostra determinazione. Sono trascorse circa due ore dall'inizio del concerto e siamo davvero stanchi ma felici di essere riusciti a dare il massimo anche oggi. Siamo all'ultima canzone e presto potremo tornare in albergo a rilassarci, potrò riprendere il film che non sono riuscito a finire ieri sera, Lyra la mia batterista ha deciso che invece di fare guardo "Le pagine della nostra vita" saremmo dovuti andare ad una festa, e lei mi ha praticamente obbligato a farlo... C'era tantissima gente alla festa e alla fine ci siamo divertiti tutti e 4 , Lyra ed Emma erano piuttosto ubriache, mentre Katie e io ci prendevamo cura di entrambe impedendo loro di fare cose stupide. Siamo arrivati ​​a casa verso le 3:00 del mattino e visto che oggi ci siamo svegliati verso le 08:00 del mattino, abbiamo tutti 5 ore di sonno, a quanto pare però diamo il massimo quando dormiamo poco, sta diventando quasi un rito per andare ad una festa la sera prima di un concerto. Il concerto è ormai finito e stiamo salutando i fan, stanno urlando i nostri nomi e dicono che ci amano, che rendiamo migliore la loro vita e questo fa piacere a tutti, andiamo nei camerini per rinfrescarci "Certo che è stato fantastico oggi, non credi?" Emma dice emozionata "Sì lo era, ma lo dici ad ogni concerto" Katie risponde con un'aria molto stanca "Certo che lo dico ad ogni concerto, ogni concerto che abbiamo fatto è stato fantastico, adoro lavorare con voi ragazze" Dice Emma avvolgendoci in un abbraccio. Entriamo nei camerini e prima di tutto vado a sciacquarmi la faccia, asciugandomi il sudore e il trucco, poi torno all'altro "Ehi ragazze, che ne dite di mangiare pizza stasera?" Suggerisco "Pizza? Ci sto". Lyra alza la mano ed Emma e Katie seguono l'esempio. Bene allora pizza sia, ci avviamo verso la macchina che ci ha accompagnato al concerto e ritorniamo in albergo, le prime a lavarsi sono Lyra e Katie, poi tocca a me. Guado sotto l'acqua calda, la sensazione è paradisiaca, l'acqua lava via non solo lo sporco ma anche i pensieri e lo stress, adoro stare in tournée, ma è faticoso e stressante. Inizio a canticchiare qualche canzone a caso, esco dalla doccia e mi metto il pigiama, mi asciugo i capelli, esco dal bagno e mi dirigo velocemente verso il mio letto e il mio computer per finire il film, vedo Emma che mi guarda con un sorrisetto la faccia "Da quanto tempo ti piace cantare le canzoni dei Tokio Hotel?" "Scusate? Di cosa state parlando?" Emma si avvicina a me e mi mostra il suo cellulare, a quanto pare mi ha filmato mentre canticchiavo sotto la doccia, solo che non mi ero accorto che fosse andata in bagno e non mi ero nemmeno accorto che stavo canticchiando le canzoni dei Tokio Hotel, non lo so. non so perché ma mi sento in imbarazzo, Emma invece ride forte vedendo come sto diventando rossa "Dimmi, chi dei Tokio Hotel ti piace di più?" chiede Emma, ​​Katie risponde per me "Dai, sappiamo tutti che le piace Tom, litigano sempre ma l'attrazione tra loro si vede da lontano" sbatto "Che dici Katie? Lo sai che lo odio , piuttosto puoi spiegarmi Emma perché diavolo entri in bagno mentre io sono sotto la doccia?" "Perché eri adorabile mentre canticchiavi distrattamente e volevo prenderti un po' in giro" risponde Emma e poi mi lancia un cuscino in faccia e tira fuori la lingua, a volte è così infantile, sia lei che Katie che non fanno altro che prendermi in giro sul mio atteggiamento nei confronti di Tom Kaulitz, ma a volte sembrano dimenticare che l'odio è reciproco e che molte volte è Tom a iniziare una rissa. È davvero insopportabile, l'unica cosa che abbiamo in comune è l'affetto sconfinato per Bill, tante volte ci siamo ritrovati a difenderlo insieme dai bulli che se la prendevano con lui. Ricordo ancora quella volta in cui, a 13 anni, degli idioti iniziarono a prendersela con Bill e Tom e io comprammo pistole ad acqua e le riempimmo di vernice indelebile e spruzzammo su di loro insieme ai loro bei vestiti firmati, poi ci fu un piccolo litigio, ma Tom e io avemmo la meglio meglio così. Mi accorgo solo adesso che Katie e Lyra stanno parlando al telefono con la pizzeria e stanno ordinando delle pizze, meno male che la serata sembra finire come speravo, ovvero in totale relax. Arriva la pizza e ceniamo, tra risate e coca cola, finiamo tutti per andare a dormire presto. Sono sul palco e canto, ma non la mia canzone, una dei Tokio Hotel, ma sono solo io, io e il pubblico, poi sento il pubblico urlare di felicità, i membri della band dei Tokio Hotel entrano sul palco e Tom si avvicina a me, mi abbraccia da dietro e inizia a cantare, non so cosa pensare , cosa diavolo c'è che non va in lui? C'è un vortice di pensieri nella mia testa, ma il più forte di tutti è che voglio ancora stare tra le sue braccia e voglio ancora godermi il suo calore. All'improvviso un suono fortissimo, la sveglia, era tutto un sogno, molto vivido, ho ancora la sensazione del suo corpo attaccato al mio, impresso sulla sua pelle. Mi costringo ad alzarmi dal letto e inizio la giornata. Passa circa un mese dal concerto e dal sogno, dopo quel sogno ne ho fatti altri simili ma ancora non ho capito il perché, Tom non mi piace, non lo sopporto, ma non mi dispiace l'idea di essere tra le sue braccia. Non lo vedo da mesi ormai, loro stanno facendo il loro tour e noi siamo nel nostro, ogni tanto parlo con Bill al telefono e ci aggiorniamo sulle notizie. Stasera c'è una festa a casa di una mia amica e le altre ragazze si stanno già preparando per andare, ma io sono indecisa, alla festa c'è il mio ex e non ci siamo lasciati bene, 8 mesi fa ho scoperto di tradirmi con una ragazza della mia città, e l'ho lasciato subito, stiamo insieme da 1 anno e mezzo, ho sofferto, ma non quanto pensavo... "Dai T/N...hai venire questa volta, sarà divertente, ci saranno un sacco di persone, non solo il tuo stronzo ex, forse puoi trovarti un ragazzo per stasera" "Lyra, davvero non voglio scopare uno sconosciuto stasera , comunque sai che non sono una troia" rispondo un po' seccata, non capisco perché da mesi mi fanno partecipare a feste su feste e vogliono darmi dei ragazzi con cui passare la notte, magari pensano che mi senta solo, in fondo solo che lì sono l'unico del gruppo a non avere una relazione in questo momento, ma non mi interessa molto, alla fine sto bene anche da solo. Ma decido che andare alla festa non è una cattiva idea, alla fine sarà una festa come tante. Mi preparo e mi pettino, indosso il mio vestito preferito, mi trucco e sono pronta, mi unisco agli altri e partiamo per la festa. Siamo arrivati ​​e siamo in piena serata, mi allontano dai miei amici per fare un giro e cercare il ragazzo che ha organizzato la festa per salutarlo, i miei amici vanno senza troppo indugio al tavolo delle bevande e nel frattempo saluta gli altri. Faccio il giro della casa enorme e saluto alcuni amici, un ragazzo mi scontra e quasi mi butta a terra, subito mi prende per la vita per non farmi cadere, ma quando entrambi capiamo con chi abbiamo a che fare, cade io a terra "Ehi imbecille, potevi evitare di buttarmi a terra" "Scusa idiota è che sono rimasto scioccato dalla tua faccia orribile e ho avuto una reazione immediata" "Io orribile? Ma ti capita di usare lo specchio ogni tanto?" "Ho almeno una dozzina di ragazze in questa casa che mi seguono, tu chi hai?" "Ehi Tom, lascia in pace T/N se non lo fai voglio aiutarla a rimettersi in piedi..." Bill appare dal nulla e per fortuna, come al solito, cerca di mediare tra me e Tom ed evitare che scoppi una guerra. Bill mi tende la mano e mi aiuta ad alzarmi, poi Spingo Tom ma non sembra aver funzionato visto che lui non si muove di un centimetro e anzi sorride.Mi accorgo solo adesso che ho davanti a me i due fratelli Kaulitz, che non vedo da mesi e che Non pensavo che ti avrei visto stasera, sorrido emozionata a Bill che apre le braccia e mi invita ad abbracciarlo, cosa che faccio subito. "Bill cavolo, mi sei mancato così tanto ma perché sei qui? Non mi avevi detto che saresti andata a questa festa, non sapevo nemmeno che fossi in città..." un mese, ci stiamo solo prendendo una pausa dal tour, mi sei mancato molto anche per la cronaca" Bill mi stringe ancora più forte prima di lasciarsi andare e sorridermi, con la coda dell'occhio vedo Tom che si allontana e va da una ragazza, sempre lo stesso Tom, non cambia mai. "Dai, hai già salutato gli altri? Gustav e Georg, dove sono?" Chiedo ancora emozionato: "Georg e Gustav erano occupati e non volevano venire alla festa, anch'io ho già salutato l'altro Blue Sky. Vuoi andare a prendere qualcosa da bere?" Bill propone e io accetto volentieri. Prendiamo qualche birra e andiamo in piscina, ci sediamo a un tavolo accanto e iniziamo a parlare del più e del meno. Poi vedo Tom ballare con una ragazza e baciarla e il mio cuore fa un balzo, affonda un po', non capisco perché, Tom è solo Tom, mi viene in mente il litigio precedente in cui diceva che aveva molte ragazze che gli correvano dietro lui dietro, è vero ha sempre avuto tante ragazze pronte a saltargli addosso e prima lo trovavo davvero ridicolo, adesso è solo fastidioso, mi irrita. Mi viene un'idea "Ehi Bill, vado a ballare, vieni con me, dai, ho bisogno di distrarmi" "Distrarti da cosa?" Non rispondo alla domanda ma lo trascino con me a ballare, inizio a muovermi e lascio che la musica porti via la mia mente e il mio corpo. Ho ballato con Bill per circa un quarto d'ora, scherzando insieme come al solito. "S/N, vado in bagno a fumare, vieni con me?" "Bill, lo sai che non posso venire in bagno con te e sai anche che non fumo, resto qui a ballare" "Ok, ci vediamo dopo" dice Bill allontanandosi da me. Sento le mani che mi afferrano la vita, Mi giro e trovo un ragazzo molto simpatico che ha tutta l'intenzione di ballare con me, ecco, anch'io ho intenzione di ballare con qualcuno. Mi giro completamente e mi ritrovo davanti al ragazzo, gli sorrido "Sai che sei bellissimo? Ti ho guardato tutta la sera e mi sembri davvero simpatico e carino" "Mi hai osservato tutta la sera, sai che è un po' inquietante?" Dico scherzando un po' "Beh, non è colpa mia se sei irresistibile" Lui si avvicina ancora di più, mi giro ancora una volta e ricomincio a ballare, le sue mani sui miei fianchi, mi tocca il corpo, non in modo fastidioso, è quasi timido nel farlo. Continuiamo a ballare, parlare, ridere e scherzare per un po' "Vuoi che ti prenda qualcosa da bere? Ho proprio bisogno di bere qualcosa" Lui chiede "Sì ok, per me va bene una birra, grazie" Si gira e lei va a prendere una birra, i miei amici che fino ad ora credevo mancassero quasi mi corrono incontro "Chi è quel bel ragazzo con cui hai ballato fino ad ora?" chiede Emma "si chiama Gabriel ed è davvero bello, ma non solo, è gentile ed educato" "Allora stasera non verrai a casa con noi, vero?" Adesso è Lyra a parlare, con un tono più malizioso del solito "Non lo so, per ora stiamo solo ballando" rispondo senza troppo impegno, passa accanto a noi il ragazzo che ha organizzato la festa "Ehi ciao ragazze, come state?" tu? Speravo che venissi, ti stai divertendo?" "Ciao Henry, stiamo benissimo, grazie per l'invito, ci stiamo divertendo molto. Comunque ti ho cercato ma non sono riuscito a trovarti da nessuna parte, dov'eri?" dico cercando di capire perché non l'ho trovato anche se l'ho cercato ovunque "ero con Michelle, è lei che lo fa, se capite cosa intendo, comunque adesso vi lascio con qualche ospite per intrattenere" Henry risponde e se ne va velocemente, sembrava proprio qualcuno che avesse appena finito di fare sesso. I miei amici mi prendono per il braccio e mi indicano una direzione, mi giro e vedo Gabriel che sta tornando con la birra "Bene, andiamo, divertiti e usa le protezioni" Katie mi dà un bacio e scompaiono tutti e tre così come erano apparsi cioè molto rapidamente. "Erano tuoi amici?" Gabriel guarda nella direzione dove sono scomparsi i miei amici e sorride "Sì, scusa è che a volte sembrano delle ragazzine" mi porge la birra e ne bevo un sorso. Sento una voce familiare e quasi soffoco per la sorpresa "S/N ciao, come stai?" Il mio ex si avvicina e mi abbraccia come se non mi avesse mai spezzato il cuore, mi ritraggo scioccata e lo guardo stupita, è accompagnato dalla ragazza con cui mi ha tradito, le parole non escono dalla mia bocca, eppure io sapeva che era qui da qualche parte, solo che fino ad ora non avevo fatto i conti con il fatto che prima o poi lo avrei rivisto... Un braccio mi cinge le spalle "Ciao stronzo, è un dolore enorme vederti, per me e per chiunque altro" , hai mai pensato di cambiare non so città? O meglio ancora continente?" Tom ha un sorriso stampato in faccia che fa quasi paura, si vede che è molto irritato, è venuto in mio soccorso, gli sono grato, non so come reagire in situazioni come questa. "Ehi Tom, non sapevo che avessi avuto una relazione con T/N, hai preso i miei avanzi?" Adesso è il mio ex che ha un sorriso stampato in faccia, uno di quei sorrisi soddisfatti, ammetto che le sue parole mi hanno ferito, mi ha chiamato avanzo, qualcosa di scartato. Tom è sempre stato un ragazzo molto impulsivo e crescendo non è cambiato, dà un pugno in faccia alla mia ex "Non osare mai più definire T/N così, è chiaro? E non avvicinarti più a lei" "Tom sembra quasi dare un altro pugno al mio ex, lo fermo in tempo, gli afferro la mano e lo trascino via scusandosi con Gabriel e gli altri accanto a noi, in tanti aiutano il povero sfortunato che ha avuto la sfortuna di innervosire Tom . Lo porto fuori "Ehi, non avevo bisogno di dargli un pugno" dico, anche se in realtà sono grato di averlo fatto "Senti, è uno stronzo e non può permettersi di chiamarti come vuole, aveva bisogno di un lezione" "Ok, sì, grazie, grazie per avermi difeso" Siamo faccia a faccia, mi sono tornati in mente quei sogni che avevo tutti, all'improvviso mi sento in imbarazzo a stargli così vicino e faccio qualche passo indietro, il problema è che proprio dietro ho una piscina e ci cado dentro, l'acqua dolce mi sveglia completamente ed esco dall'acqua per prendere aria, sento Tom ridere forte è addirittura piegato in due dalle risate, mentre io sono ancora abbastanza frastornato da tutto quello che è successo finora "Ehi imbecille, vuoi aiutarmi o no?" dico avvicinandomi al bordo "Sei un tale idiota, come hai fatto a non accorgerti che la piscina era dietro di te?" Lui mi offre la mano e mi aiuta ad uscire dall'acqua, ora mi ritrovo davanti a lui bagnato fradicio, il mio vestito lascia intravedere la biancheria intima e mi si è attaccata alla pelle diventando tesa, Tom se ne accorge, smette di ridere e lei mi lancia uno sguardo attento dalla testa ai piedi "Non pensavo che stare accanto a me ti rendesse così nervoso da cadere in una piscina..." Ha un sorriso beffardo sulle labbra e si avvicina pericolosamente, questa volta Resto fermo, non voglio dargliela vinta. E poi "Etcì, etcì" starnutisco un paio di volte e mi viene freddo, Tom si toglie la felpa e me la porge, per fortuna ha una maglietta sotto, sarebbe stato strano "Ecco, sennò ti ammali , Ed è meglio che ti togli quei vestiti bagnati" Afferro la felpa e la osservo per qualche secondo, poi lo appoggio su un tavolo accanto a loro e mi giro per togliermi il vestito bagnato, sento gli occhi di Tom sul mio corpo "Ti piace quello che vedi?" chiedo con tono sarcastico "se ti giri potrei vedere di più" "Oh no, proprio non ci penso, stasera hai già visto tante ragazze prostrarsi ai tuoi piedi e io non sarò sicuramente tra queste" " Prendo la sua felpa e me la metto, è così grande che copre esattamente quanto il mio vestito "Grazie per la felpa Tom" Mi giro e lo trovo a pochi passi da me, ha un aspetto che non avevo mai visto visto prima "Sei geloso?" Tom chiede all'improvviso "Geloso di te? E perché dovrei" "Non lo so, ma lo sono, ogni volta che ti vedo parlare con un altro ragazzo mi dà fastidio, quel ragazzo con cui ti strusciavi prima, beh, volevo prenderlo a pugni anche lui" Era geloso? Veramente? Lui? Di me? Che diritto aveva di essere geloso di me se praticamente scopava ogni ragazza che glielo permetteva? "Come puoi essere geloso di me se praticamente mi odi? E poi perché sei geloso di me se ti scopi tutte le ragazze che ti vengono incontro?" chiedo con tono sorpreso "Io non ti odio e non l'ho mai fatto, vero? Sei tu che dici che mi odia eppure non sembra o mi sbaglio?" "Io...non ti odio" "E poi per la cronaca sto solo con gli altri perché non posso averti, comunque è bello che tu non mi odi, almeno posso fare questo" Dice l'ultima parola e io bacio, sono una sorpresa momentanea, ma ricambio subito, ci metto dentro tutti i sentimenti che ho tenuto nascosti negli anni, tutta la tensione che negli anni si era accumulata tra noi esplode in questo bacio, le sue mani avvolgono le mie, la mia vita, le mie si aggrovigliano tra i suoi capelli, io gemo nel bacio e lui ne approfitta per infilare la sua lingua nella mia bocca, le nostre lingue ballano insieme e si aggrovigliano, le sue mani scendono e lui mi tocca il sedere, mi avvicino a lui godendomi la sensazione dei nostri corpi vicini, è meglio dei miei sogni. Ci stacchiamo dal bacio per riprendere fiato, ci guardiamo negli occhi e sento crescere dentro di me un sorriso sincero. "Sei bellissima, sii mia" non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere sua "Va bene, ma se sono tua, sarai mia, questo include anche il fatto che ora sei vietato alle ragazze" "Se ho te, cosa mi importa degli altri?" "Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. stasera hai già visto tante ragazze prostrarsi ai tuoi piedi e io di certo non sarò tra queste" Prendo la sua felpa e me la indosso, è così grande che copre esattamente quanto il mio vestito "Grazie per la felpa Tom" Mi giro e lo trovo a pochi passi da me, ha uno sguardo mai visto prima "Sei geloso?" chiede Tom all'improvviso "Geloso, di te? E perché dovrei" "Non lo so, ma lo sono, ogni volta che ti vedo parlare con un altro ragazzo mi dà fastidio, quel ragazzo con cui ti strusciavi prima, beh, volevo dargli un pugno anch'io" Era geloso? Davvero? Lui? Di me? Che diritto aveva di essere geloso di me se praticamente scopava ogni ragazza che glielo permetteva? "Come puoi essere geloso di me se praticamente mi odi? E poi perché sei geloso di me se ti scopi tutte le ragazze che ti vengono incontro?" chiedo con tono sorpreso "Non ti odio e non l'ho mai fatto, vero? Sei tu che dici che mi odia e tuttavia non sembra o mi sbaglio?" "Io...io non ti odio" "E poi per la cronaca sto solo con gli altri perché non posso averti, comunque è un bene che non mi odi, almeno posso fare questo" Dice l'ultima parola e mi bacio, sono una sorpresa momentanea, ma ricambio subito, mi inserisco tutti i sentimenti che ho tenuto nascosti negli anni, tutta la tensione che si era accumulata tra noi nel corso degli anni esplode in questo bacio, le sue mani avvolgono le mie, la mia vita, le mie si aggrovigliano tra i suoi capelli, io gemo nel bacio e lui ne approfitta per infilare la sua lingua nella mia bocca, le nostre lingue ballano insieme e si intrecciano, le sue mani scendono e mi tocca il sedere, io mi avvicino a lui godendomi la sensazione dei nostri corpi vicini, è meglio dei miei sogni. il bacio per riprendere fiato, ci guardiamo negli occhi e sento crescere in me un sorriso sincero."Sei bellissima, sii mia" Non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere suo "Va bene, ma se io sono tuo, anche tu sarai mio, compreso anche che adesso per le ragazze non ci sono limiti" "Se ho te, cosa mi importa degli altri? ""Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. stasera hai già visto tante ragazze prostrarsi ai tuoi piedi e io di certo non sarò tra queste" Prendo la sua felpa e me la indosso, è così grande che copre esattamente quanto il mio vestito "Grazie per la felpa Tom" Mi giro e lo trovo a pochi passi da me, ha uno sguardo mai visto prima "Sei geloso?" chiede Tom all'improvviso "Geloso, di te? E perché dovrei" "Non lo so, ma lo sono, ogni volta che ti vedo parlare con un altro ragazzo mi dà fastidio, quel ragazzo con cui ti strusciavi prima, beh, volevo dargli un pugno anch'io" Era geloso? Davvero? Lui? Di me? Che diritto aveva di essere geloso di me se praticamente scopava ogni ragazza che glielo permetteva? "Come puoi essere geloso di me se praticamente mi odi? E poi perché sei geloso di me se ti scopi tutte le ragazze che ti vengono incontro?" chiedo con tono sorpreso "Non ti odio e non l'ho mai fatto, vero? Sei tu che dici che mi odia e tuttavia non sembra o mi sbaglio?" "Io...io non ti odio" "E poi per la cronaca sto solo con gli altri perché non posso averti, comunque è un bene che non mi odi, almeno posso fare questo" Dice l'ultima parola e mi bacio, sono una sorpresa momentanea, ma ricambio subito, mi inserisco tutti i sentimenti che ho tenuto nascosti negli anni, tutta la tensione che si era accumulata tra noi nel corso degli anni esplode in questo bacio, le sue mani avvolgono le mie, la mia vita, le mie si aggrovigliano tra i suoi capelli, io gemo nel bacio e lui ne approfitta per infilare la sua lingua nella mia bocca, le nostre lingue ballano insieme e si intrecciano, le sue mani scendono e mi tocca il sedere, io mi avvicino a lui godendomi la sensazione dei nostri corpi vicini, è meglio dei miei sogni. il bacio per riprendere fiato, ci guardiamo negli occhi e sento crescere in me un sorriso sincero."Sei bellissima, sii mia" Non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere suo "Va bene, ma se io sono tuo, anche tu sarai mio, compreso anche che adesso per le ragazze non ci sono limiti" "Se ho te, cosa mi importa degli altri? ""Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. Volevo dargli un pugno anch'io." Era geloso? Davvero? Lui? Di me? Che diritto aveva di essere geloso di me se praticamente scopava ogni ragazza che glielo permetteva? "Come puoi essere geloso di me se praticamente mi odi? E poi perché sei geloso di me se ti scopi tutte le ragazze che ti vengono incontro?" chiedo con tono sorpreso "Non ti odio e non l'ho mai fatto, vero? Sei tu che dici che mi odia e tuttavia non sembra o mi sbaglio?" "Io...io non ti odio" "E poi per la cronaca sto solo con gli altri perché non posso averti, comunque è un bene che non mi odi, almeno posso fare questo" Dice l'ultima parola e mi bacio, sono una sorpresa momentanea, ma ricambio subito, mi inserisco tutti i sentimenti che ho tenuto nascosti negli anni, tutta la tensione che si era accumulata tra noi nel corso degli anni esplode in questo bacio, le sue mani avvolgono le mie, la mia vita, le mie si aggrovigliano tra i suoi capelli, io gemo nel bacio e lui ne approfitta per infilare la sua lingua nella mia bocca, le nostre lingue ballano insieme e si intrecciano, le sue mani scendono e mi tocca il sedere, io mi avvicino a lui godendomi la sensazione dei nostri corpi vicini, è meglio dei miei sogni. il bacio per riprendere fiato, ci guardiamo negli occhi e sento crescere in me un sorriso sincero."Sei bellissima, sii mia" Non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere suo "Va bene, ma se io sono tuo, anche tu sarai mio, compreso anche che adesso per le ragazze non ci sono limiti" "Se ho te, cosa mi importa degli altri? ""Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. Volevo dargli un pugno anch'io." Era geloso? Davvero? Lui? Di me? Che diritto aveva di essere geloso di me se praticamente scopava ogni ragazza che glielo permetteva? "Come puoi essere geloso di me se praticamente mi odi? E poi perché sei geloso di me se ti scopi tutte le ragazze che ti vengono incontro?" chiedo con tono sorpreso "Non ti odio e non l'ho mai fatto, vero? Sei tu che dici che mi odia e tuttavia non sembra o mi sbaglio?" "Io...io non ti odio" "E poi per la cronaca sto solo con gli altri perché non posso averti, comunque è un bene che non mi odi, almeno posso fare questo" Dice l'ultima parola e mi bacio, sono una sorpresa momentanea, ma ricambio subito, mi inserisco tutti i sentimenti che ho tenuto nascosti negli anni, tutta la tensione che si era accumulata tra noi nel corso degli anni esplode in questo bacio, le sue mani avvolgono le mie, la mia vita, le mie si aggrovigliano tra i suoi capelli, io gemo nel bacio e lui ne approfitta per infilare la sua lingua nella mia bocca, le nostre lingue ballano insieme e si intrecciano, le sue mani scendono e mi tocca il sedere, io mi avvicino a lui godendomi la sensazione dei nostri corpi vicini, è meglio dei miei sogni. il bacio per riprendere fiato, ci guardiamo negli occhi e sento crescere in me un sorriso sincero."Sei bellissima, sii mia" Non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere suo "Va bene, ma se io sono tuo, anche tu sarai mio, compreso anche che adesso per le ragazze non ci sono limiti" "Se ho te, cosa mi importa degli altri? ""Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. ci guardiamo negli occhi e sento crescere dentro di me un sorriso sincero. "Sei bellissima, sii mia" non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere sua "Va bene, ma se sono tua, sarai mia, questo include anche il fatto che ora sei vietato alle ragazze" "Se ho te, cosa mi importa degli altri?" "Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo. ci guardiamo negli occhi e sento crescere dentro di me un sorriso sincero. "Sei bellissima, sii mia" non pensavo che Tom mi avrebbe mai chiesto una cosa del genere, ma sono felice, voglio essere sua "Va bene, ma se sono tua, sarai mia, questo include anche il fatto che ora sei vietato alle ragazze" "Se ho te, cosa mi importa degli altri?" "Ok, allora sarò tuo" Lo avvicino a me e questa volta sono io a baciarlo.
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monologhidiunamarea · 3 months
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Che dire.... ora che ho firmato lo posso dire
La mia mansione ufficiale da capo ricevimento inizierà fra due settimane. Ancora la scalata è lunga e l'attesa del mio trasferimento richiede ancora un pó di tempo ma ieri io non ero a conoscenza di ciò che mi sarebbe aspettato. La Mary , Gio, Marzi , Antonio , Alessio , Marco, Laura questi solo alcuni , mi hanno letteralmente sparato i fuochi d'artificio davanti all albergo per festeggiare , poi vabbe la serata è degenerata e abbiamo capito che sono portata per tante cose ma non per il bowling 🎳. Mi sono commossa più volte durante la serata e il brindisi è stato tosto , non sono brava con i discorsi. Inutile dire che il mio personale brindisi l'ho fatto tornando a casa guardando il cielo. Chissà se saresti fiero di me.
Manca sempre qualcosa, nonostante tutto.
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ma-pi-ma · 1 year
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Questa casa non è un albergo Come ti ho creato così ti distruggo Vai a giocare ma se corri non sudare Mo che viene tuo padre ti faccio dare il resto IO TI MANDO IN COLLEGIO!
Lucyfero75
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astra-zioni · 1 year
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Questa retorica del viaggiare, ormai tutti viaggiano, amano viaggiare, roba necessaria, linfa vitale, a me ha frantumato i coglioni. Solitamente chi porta avanti questa retorica viaggia male, e per viaggiare male intendo che va due giorni da qualche parte, fa la fotina a se stesso davanti al quadro famoso, una generica foto del panorama trito e ritrito e si sente Darwin. Viaggiare è sopravvalutato ed è un lusso. Ti fai una settimana in capo al mondo durante le ferie dove ti stressi solo per riuscire a incastrare le cose “da vedere” e per dire di aver fatto o visto quello e quest’altro e ritorni più depresso di come sei partito. Per me il viaggio è darsi il tempo. Stare un mese o più in un posto. Conoscere la cultura. Vedere le periferie di una città. Stringere amicizie locali. Conoscere le cose “nascoste” e meno turistiche del posto in cui si va. Per far questo ci vogliono i soldi, naturalmente, e il tempo, due cose che scarseggiano sempre di più. Ma i viaggetti di cinque giorni instagrammabili io non li reputo viaggi, è esattamente come trovarsi sul divano di casa propria e fare un tour digitale della città in cui si è andati, sborsando lo stipendio di un mese però. E soprattutto quello che non mi piace di questa retorica è il voler scoprire nuovi posti quando il vostro sguardo rimane praticamente lo stesso, e credete che vedere la Gioconda dal vivo vi apra gli occhi e vi trasformi. Se siete imbecilli lo siete a Roma a New York e in Thailandia. Il viaggio di per sé non cambia niente nella tua persona, se per viaggio poi si intende sostare in un albergo a quattro stelle e visitare un museo per sbaglio. Io ho sempre pensato di amare viaggiare, posso dire di aver viaggiato abbastanza, eppure nell’ultimo anno ho capito che probabilmente m’ha rotto le palle. Mi causa stress e ansia, non mi godo un cazzo. I viaggi più belli che ho fatto son stati quelli totalmente inutili, in cui mi son ritrovata in città che avevo già visto turisticamente e mi son potuta dare il tempo di girare nelle periferie e vedere cose che altrimenti non avrei mai visto. In cui mi son sentita parte di quel luogo, non solo una turista. In questo senso, viaggiare può aprirti gli occhi ed essere bello. Ma se sei depresso in culo lo sei in ogni parte del globo. Detesto andare da qualche parte e dover andare proprio in quel museo a vedere proprio quel quadro con una fila chilometrica davanti come se quello stesso quadro non lo stampassero in tutte le salse, pure sui calzini del mercato. Detesto dover mangiare cibo che mi fa cagare per fare la parte di quella aperta culturalmente. Detesto imporre la mia presenza occidentale in luoghi in cui è deleteria, fonte di sfruttamento, e un insulto alla cultura locale. Detesto le esperienze standardizzate, le foto che devi fare per forza, la corsa al tempo per vedere, vedere e poi i tuoi occhi rimangono gli stessi. Preferisco il divano, il condizionatore e un buon libro. Viaggio lo stesso, a costo zero e senza sbatti. Ma non posso mica dirlo ad alta voce, per carità. Altrimenti quelli “aperti di mente” che fino all’altro ieri credevano che la Cina si trovasse in Giappone mi mangerebbero viva.
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vulnerabile · 8 months
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questa casa è un albergo per animali
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bicheco · 11 months
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Liggiene
Ho pulito talmente bene la casa che adesso non posso e non voglio sporcarla minimamente: stanotte vado a dormire in albergo.
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vitadapanda · 1 year
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Aggiornamento sfratto - L'assistente sociale "concreta"
Ha chiamato finalmente l'assistente sociale ma non faceva altro che liquidarmi dicendo che voleva parlare del "concreto".
Ieri ho mangiato la peggior pizza della mia vita, ho passato la notte in bagno, cosa che ormai è diventata prassi. Dormo poco e male, ho sempre il panzone in mano e se servisse me lo prenderei a pugni per anestetizzare il dolore. Ora di pranzo, suona il telefono. È l’assistente sociale, la buon’anima come si dice qui. Mi informa che ha trovato una possibile soluzione per i miei e cioè una…
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danilacobain · 1 year
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Ossigeno - 28
28. Parigi
Due settimane dopo la visita di Zlatan a Milano, tutti erano a conoscenza della sua nuova relazione con Sveva. Le foto di loro due che si baciavano appassionatamente sotto casa di lei avevano presto fatto il giro del mondo e qualcuno si chiedeva come mai Zlatan avesse lasciato la bellissima Megan Fox per una biondina qualsiasi. Zlatan era impegnato con la squadra e con le sue lezioni di francese con Annette; usciva poco e trascorreva la maggior parte del tempo libero a parlare a telefono con Sveva. In quei giorni aveva anche ricevuto una visita di Helena e i piccoli. Erano stati tre giorni bellissimi, aveva portato Maxi e Vincent in giro per Parigi e nei parchi divertimento. Helena invece gli aveva detto che lo trovava in splendida forma e che questa nuova aria da innamorato gli donava parecchio. Non vedeva l'ora di conoscere Sveva e Zlatan le aveva promesso che presto le avrebbe fatte incontrare. Però smaniava dalla voglia di rivedere la sua Sveva. La desiderava notte e giorno. Era nella sua stanza d'albergo con Annette quando lei telefonò. Congedò la sua insegnante di francese e si dedicò alla sua innamorata. «Ciao, principessa.» «Ciao Zlatan. Che fai?» «Ti pensavo.» «Ah, si? Non avevi lezione di francese?» «Sì... stavo appunto pensando che potresti insegnarmelo tu, il francese.» Sveva sorrise. «Potrei, sì. Vuoi che ti faccia qualche domanda per testare i tuoi progressi?»
«No! Ascolta, cosa fai questo week-end?» «Nulla.» «Perché non vieni qui, allora? Stasera?» «Stasera?» «Sveva, ho bisogno di vederti. Ho voglia di fare l'amore con te...» Sveva emise un gemito. «Ecco cosa farai: ti prepari, prendi il primo volo e vieni da me. Andiamo in albergo, facciamo l'amore e poi usciamo. Passeggiamo lungo gli Champs Elysèes, ceniamo sulla Tour Eiffel. Poi torniamo in albergo e facciamo un lungo bagno, ci rilassiamo, ci coccoliamo e facciamo di nuovo l'amore... Che ne dici?» «Potrei mai rifiutare una proposta del genere? Anche io ho voglia di vederti.» «Allora ti aspetto.» «Mais oui, mon amour.» Zlatan emise un verso soffocato. «Ripetilo.» «Cosa?» «Mon amour, lo hai detto in un modo così sensuale...» Sveva rise e Zlatan desiderò poterla stringere tra le braccia e baciarla proprio in quell'istante. «Je t'adore, mon amour.» «Sveva...» «Sì?» «Sbrigati. Ti voglio qui entro stasera.» Risero e si salutarono, poi Zlatan fece un giro di telefonate per preparare una sorpresa a Sveva.
Sveva si sedette sul divano e accese il portatile. Controllò i voli per Parigi e prenotò un posto sul primo. Fece una doccia, legò i capelli e indossò dei vestiti comodi per il viaggio, poi preparò una piccola valigia e chiamò Ignazio per avvisarlo della sua partenza. Non vedeva l'ora di raggiungere Zlatan. Anche lei desiderava tantissimo fare l'amore con lui. Desiderava la sua presenza, quando erano insieme si sentiva leggera e spensierata, amata e felice. Ingannò l'attesa leggendo una rivista di medicina e mangiando biscottini al burro. All'aeroporto c'era Zlatan ad aspettarla. Le diede un bacio sulle labbra e le prese la valigia. «Sei stanca?» era così felice che gli ridevano gli occhi. A Sveva le si riempì il cuore. «No.» «Quante volte sei stata a Parigi?» «Parecchie. La maggior parte delle volte per lavoro.» «Bene, perché ancora non conosco la città.» «Quindi mi hai fatta venire a Parigi per farti da guida turistica?» Zlatan rise. «Sveva, ma che ti salta in mente? Sai quanto me ne frega di Parigi. Soprattutto ora che ci sei tu...» le lanciò uno sguardo carico di desiderio. Sveva non resistette e lo attirò a sé per un bacio. Zlatan ricambiò e la strinse con un braccio. Era quasi ora di cena. Si diressero abbracciati verso l'auto di Zlatan, lui infilò la valigia nel portabagagli mentre Sveva si accomodava sul sedile del passeggero. Zlatan la raggiunse e accese il motore. Si girò a guardarla, lei sorrideva, bellissima, assolutamente perfetta. Gli faceva battere forte il cuore. Le poggiò una mano sulla gamba. «Sono così felice che tu sia qui...» Sveva poggiò una mano su quella di Zlatan e l'altra tra i suoi capelli. Si perse nei suoi occhi marroni, chiedendosi come avesse fatto ad innamorarsi perdutamente di lui così in fretta. Zlatan le sfiorò le labbra con le sue, poi le diede un lungo bacio lento. Si staccò, le sorrise e partì alla volta dell'hotel con il cuore colmo di gioia. In albergo, Zlatan le aprì la porta e la fece accomodare nel salottino della sua suite. «Meravigliosa» disse Sveva guardandosi intorno. «Ti trattano proprio bene, eh?» Lui le sorrise e si avvicinò per baciarla. «Dovresti venire più spesso a trovarmi.» La prese per mano e la portò nella lussuosa camera da letto con vista sulla Tour Eiffel. Sveva diede una rapida occhiata alla finestra, poi si concentrò su Zlatan che la stringeva e le baciava il collo. Lo baciò con altrettanto trasporto e si lasciò spogliare. Zlatan la spinse sul letto e cominciò ad accarezzarla dappertutto, mentre le sussurrava che era bellissima e che lo faceva impazzire. Rapidamente il fuoco della passione divampò tra loro e si ritrovarono l'uno dentro l'altra. Zlatan intrecciò le mani con quelle di Sveva ai lati della sua testa e la guardò a lungo mentre si muoveva lentamente avanti e indietro. Era innamorato perso di quella donna, avrebbe tanto voluto che si trasferisse a Parigi con lui... Fecero l'amore a lungo e quando uscirono era ormai sera. Sveva era raggiante e lui più felice che mai. Passeggiarono tranquilli per le vie principali di Parigi, poi Zlatan, come promesso, la portò a cena sulla Tour Eiffel. Si sedettero in un angolino appartato, al posto di Sveva c'era un mazzolino di rose rosse e un pacchettino rosso con un fiocco beige. Zlatan prese le rose e gliele porse, dandole un bacio sulla guancia, poi la fece sedere e le indicò la scatolina rossa. «Aprila» le disse. Sveva ebbe un palpito al cuore. «Che cos'è?» gli chiese quando anche lui si fu accomodato di fronte a lei. Zlatan sorrise. «Tranquilla Sveva, non ti sto chiedendo di sposarmi. Sarebbe troppo presto. Anche se mi piacerebbe che tu ti trasferissi qui.» Sveva prese il pacchetto e lo aprì. Si sarebbe aspettata un bracciale o una collana, ma dentro c'era una chiave. Una semplice chiave di ottone. Guardò Zlatan, intuendo subito quali fossero le sue intenzioni. «Mi stai chiedendo di venire a vivere con te?» «Sì. La chiave è di un appartamento qui vicino. Non è grandissimo ma è molto carino e il quartiere è abbastanza tranquillo, o almeno così mi hanno detto. Sono andato a vederlo l'altro giorno e ho pensato subito che sarebbe stato perfetto per noi due.» Sveva si emozionò tantissimo sentendo quelle parole. Il pensiero che Zlatan fosse andato in giro a guardare case pensando a loro due le faceva venire voglia di gettargli le braccia al collo e di riempirlo di baci. «Zlatan... sì. Sì, voglio venire a vivere con te. Tuttavia non posso lasciare il mio lavoro...» «Bè ma potresti trasferirti in qualche ospedale a Parigi, no?» «Non è così semplice, e poi tu non starai a Parigi per sempre.» «No. Hai ragione. Però Sveva, io voglio averti accanto sempre. Quando non ci sei mi sembra di impazzire.» Sveva lo guardò negli occhi e gli strinse una mano. «Dammi un po' di tempo, quando sarò a New York ti prometto che cercherò una soluzione.» Zlatan sospirò. «Va bene. Nel frattempo che sei in ferie, però...» Le fece un sorrisetto ammiccante. «Nel frattempo ci godremo la tua lussuosa suite» rispose Sveva, con un sorriso a trentadue denti. «Non vedo l'ora di provare quella magnifica vasca idromassaggio che ho visto in bagno.» «La proverai prestissimo» le promise Zlatan. Un cameriere arrivò a versargli del vino e poco dopo ne giunse un altro con i piatti. La cena proseguì allegra. Zlatan le raccontò dei posti in cui era stato da quando era a Parigi, delle sue lezioni di francese con Annette, dicendole che trovava molto difficile la lingua francese e che non gli piaceva molto.
Dopo la cena, la coppia fece ritorno in albergo. Appena entrati, Sveva avvertì nell'aria un odore di candele accese e un aroma floreale rilassante. Prima che potesse dire qualcosa, Zlatan le poggiò le mani sugli occhi e le sussurrò all'orecchio: «Ho una sorpresa per te. Vieni» «Dove mi stai portando?» «Ora lo vedrai.» La condusse fino alla porta del bagno, poi lentamente tolse le mani dagli occhi di Sveva. Lei trattenne il fiato, si girò verso Zlatan. «Wow.» La stanza era piena di candele aromatiche accese e la vasca da bagno era stata riempita di acqua e petali di rose. Zlatan sorrise soddisfatto e iniziò a spogliarla lentamente. «Sarai sicuramente stanca dopo una giornata piena. Perciò ho pensato di prepararti questo.» «Zlatan... io ti adoro» Lui scoppiò a ridere. «Certo, lo dici solo perché davanti a te c'è una jacuzzi che ti aspetta.» «Non è vero!» protestò lei mentre a sua volta lo spogliava, «Ti adoravo anche prima, ma dopo oggi, di più.» «E io che credevo mi odiassi.» «Infatti ti odio. Ma solo perché sei perfetto.» Zlatan sorrise e le diede un bacio. «Sei incredibile, lo sai? E io sono innamorato di te.» Sveva lo strinse forte e lo baciò. Certo, avrebbe dovuto dirgli che anche lei era innamorata di lui, ma non le uscirono le parole. Zlatan l'aiutò ad entrare nella vasca e si accomodò dietro di lei. Rimasero a coccolarsi un bel po’, fecero l'amore, fecero progetti per il futuro. Più tardi, quella notte, nel letto, Sveva gli promise che sarebbe rimasta qualche giorno in più. Realizzò che sarebbe stata pronta anche a lasciare il suo lavoro a New York per far si che le cose tra loro funzionassero. Capì che per lui sarebbe stata pronta a rinunciare a tutto, perché Zlatan era tutto ciò di cui aveva bisogno e tutto ciò che desiderava.
Care amiche, purtroppo questo è l’ultimo capitolo di questa FF. Nel periodo in cui la stavo scrivendo, Zlatan si era trasferito a Parigi e io ci ero rimasta talmente male da perdere completamente l’ispirazione e la voglia di scrivere. Lui era stata la mia prima musa ed ero molto depressa per la sua partenza. Solo dopo il suo ritorno, tre anni fa, ho ripreso in mano questa FF, ho modificato alcune parti e ho dato a Sveva e Zlatan il lieto fine che meritavano. La storia è diventata un libro dal titolo “Così dannatamente bello”.
Però per voi ho le FF che ho scritto su Ante Rebic e Olivier Giroud. Le pubblicherò presto. 
Grazie di avermi seguito in questo viaggio. Vi voglio bene. 
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der-papero · 2 years
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Sono al Mare del Nord, in un albergo di scappati di casa, ma con la camera che dà sul fiordo (ho sempre sognato di svegliarmi guardando il mare).
Vi farei una foto, ma non si vede un cazzo. Se ne parla domani.
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supersimetria · 2 years
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(vía Casa Albergo by Giulio Minoletti (572AR) — Atlas of Places)
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~ I tatuaggi della vita ~
Il cielo era di un azzurro pazzesco, il sole forte e il mondo intero le sembrava girare solo per lei. Si era preparata con tutta la dovizia possibile ed il risultato la lasciava davvero soddisfatta. Trucco impeccabile, la gonna cucita apposta per il suo didietro, l'incrociatina scollata al punto giusto, lo stivale con tacco alto ma comodo la facevano sentire sensuale ma a suo agio. L'avrebbe trovata più bella stavolta? Intanto lui stava macinando km per raggiungerla quella mattina e, sebbene non avevano progetti precisi oltre ad incontrarsi, le era parso ragionevole ficcare in borsa un telo mare, il suo libro, barrette al cioccolato, orari dei treni e dei traghetti, la guida turistica 1999/2000 e, conoscendolo, la certezza di evoluzioni impreviste ed imprevedibili per quella giornata. Una plausibile bugia lasciata a casa che la coprisse per almeno 18 ore e poi di corsa al terminal della stazione centrale.
Vederlo scendere dall'autobus fu il solito delirio nucleare nel suo petto. Finalmente stavolta non c'era stato nessun intoppo e non aveva sognato, anzi il sogno la stava raggiungendo su due solide gambe e sfoggiando un sorriso da schiaffi in mezzo a due fossette. Minuti interminabili di carezze e baci, quelli forti e disperati che alla fine ti lasciano formattato e senza fiato. "Vuoi un caffè?"... "No voglio te!"... Non faceva certo ridere ma a loro ridere come scemi veniva benissimo per qualsiasi cosa, ancora di più quando erano di persona invece che a telefono. "Dai davvero cosa vogliamo fare? Non possiamo restare qui tutto il giorno!?" - "Vorrei stare in un posto solo con te senza nessuno intorno. Ehm... che ne dici se prendiamo una stanza da qualche parte? Solo per stare tranquilli, ok? Solo per parlare in pace e basta...". Eccolo qua... e mo'? Lei non era un'esperta degli alberghi a ore, non ne aveva mai frequentati prima giacché si era ostinatamente "conservata" fino ad oltre i vent'anni in attesa di quello giusto, e tutti i grandi amori precedenti, chiaramente, non erano stati mai giusti abbastanza. O impossibili e intensi abbastanza come stavolta. Regioni differenti, relazioni precedenti interrotte per frequentarsi, complicazioni lavorative e familiari varie. Intanto che rifletteva, lui stava già guardando in direzione dell'hotel di lusso che sovrasta il terminal con la sua imponente struttura, e le fa l'occhiolino. "Ehm... Guarda che non è un albergo a ore"... - "Non ti preoccupare, a loro cosa importa quanto ci stiamo? Basta che paghi!" - "Costerà un botto" - "Non è un problema. Dai andiamo!" - "Tu sí pazz!" - "Mo’ adaver! E chamm fá!".
L'ingresso della hall dell'hotel era modernamente lussuoso e spropositato, enorme, quel tratto fino alla reception non finiva più, c'era qualche turista in attesa di chissà cosa, due uomini eleganti che discutevano fitto tra loro, nessun altro eppure lei si sentiva sotto i riflettori mentre lui si presentava e si occupava di tutto con disinvoltura. Lei teneva a bada l'ansia dedicando la sua attenzione alle opulente composizioni floreali disseminate qua e là. Un momento di imbarazzo alla richiesta dei documenti, l'ostentata tranquillità nel mentre raggiungevano l'ascensore e le risate liberatorie una volta dentro mentre si guardavano attraverso lo specchio, ognuno immaginando i pensieri dell'altro. Certi alberghi non hanno corridoi, ma labirinti malefici. Finalmente il numero della stanza e lei tira un sospiro di sollievo. Ma quando sente il rumore della serratura automatica che si chiude alle sue spalle il respiro si blocca e le sembra che il mondo smetta di girare. Il tempo si ferma. Lei e lui da soli, veramente, in uno spazio tutto per loro. Le volte precedenti che si erano incontrati, si erano consumati di baci e mani spudorate avevano esplorato tutto l'esplorabile, solo la mancanza di privacy aveva impedito loro di strapparsi i vestiti di dosso a vicenda. E adesso lui cosa voleva? Ma soprattutto lei cosa voleva? Lo voleva? Sì lo voleva, fanculo, cos'altro doveva aspettare ancora, cosa poteva essere più di così? "Ti aldilà" si erano detti e ridetti, come i protagonisti del libro che li aveva uniti. Seduta sul sofà cercava di sembrare rilassata, mentre lo guardava cercare della musica sul suo Nokia, e intanto studiava ogni dettaglio del suo corpo, dal collo alle gambe. Un corpo magro ma ben definito, perfettamente proporzionato tanto da iniziare a sentirsi insicura del suo, morbido, poco slanciato. Che prurito alle mani però, che voglia di toccarlo subito. E lui, che riusciva a leggerle i pensieri a distanza, figurarsi con quanta facilità li intuiva adesso. Adesso che la guardava in faccia, in quegli occhi che lui aveva definito spesso troppo grandi per poterci nascondere le bugie, le sorride e le fa "Stai tranquilla, non succederà nulla, e se succederà qualcosa sarà solo quello che vuoi tu. Vieni qua... Aidi". Uhm, una rassicurazione contraddetta dal tono della sua voce e dal modo in cui la guardava mentre lo diceva. Le sembrava come le buone intenzioni mentre scarti un cioccolatino e lo porti alla bocca promettendo solo di baciarlo. Un attimo di esitazione ma poi obbedisce, come la brava bambina che è, raggiungendolo sul letto e sedendosi sulle sue gambe. Le sue braccia la avvolgono stringendola forte prima, sciogliendosi poi, per lasciare alle mani la libertà di vagare delicatamente su di lei, fino ad alzarle il mento costringendola a guardarlo negli occhi. Lui sta dicendo cose su cose ma lei ascolta appena, risponde meno, annuisce ma è distratta dalle sensazioni, sente solo il suo calore, il suo profumo pazzesco, il piacere delle dita leggere sulla schiena, la consistenza dei muscoli durissimi sotto le mani che, ormai hanno preso vita propria e iniziano ad andare dove vogliono. Lei bacia la curva del suo collo strappandogli un rantolino ed un sorriso compiaciuto. "Te l'ho detto già che mi sei mancata?". Bacio uno."Dieci volte... .Sembra impossibile che finalmente sei qui con me". Bacio due. "Non voglio tornare dove tu non sei". Tre. Quattro. "E io non voglio che vai via". Cinque. "Vieni via con me". Sei. Sette. Otto. Senza rendersene quasi conto, scarpe e magliette sono sul pavimento. Nove. Scatta la chiusura del reggiseno. "Non coprirti sei bellissima". Dieci. Un bacio dopo l'altro le bocche lasciano le labbra e i baci si susseguono dappertutto, si assaggiano, si mordono dove le mani precedono e spogliano quel che resta da spogliare.
Era andata troppo oltre per dire ancora no, troppe promesse sussurrate, troppi sospiri condivisi al telefono, troppi se fossi lì per tirarsi indietro adesso che era veramente lì, per lei, e lei per lui, a dispetto di tutto e tutti, dei cento motivi per cui entrambi avrebbero dovuto essere altrove e non a scambiarsi la pelle. Ma non poteva sbagliare, era proprio dove doveva essere, con chi doveva essere, doveva solo lasciarsi andare. Spegnere quel cazzo di cervello e accendere i riflettori solo sul momento. Godersi quelle labbra piene e calde, lasciarle assaggiare e mordere ogni parte di lei, seguire il brivido che la scia delle sue mani lasciava ovunque e il piacere di dove sapevano sapientemente insistere, lasciarsi guidare. Lo sentiva fremere dall'urgenza ma la sua esperienza lo aiutava a resistere per aspettare lei finché spontaneamente iniziò a spingersi su di lui, a stringerlo tra le gambe, a cercarlo. "Vieni qui" le disse allora, facendola salire su di lui e poi, quando furono allineati aggiunse "Vai dolce" con il suo accento "diverso" che la faceva sempre un po' impazzire. "Così".
Quell'invasione tanto cercata, una sensazione nuova a pelle che ad ogni piccolo movimento scagliava scariche elettriche lungo il corpo e fuoco liquido nelle vene, era così semplice, istintivo, non faceva affatto male, nessuna tragedia come le avevano raccontato, anzi. Lei cedeva come burro e il piacere la invogliava a muoversi sempre un po' di più, andare sempre più a fondo. E poi d'improvviso la realizzazione. Non c'era più un dove inizio io e dove finisci tu, erano un tutt'uno, profondamente. Lui sotto di lei, occhi nei suoi, sguardo a tratti cosciente a tratti perso. "Era una sensazione maestosa". Le mani ancorate ai suoi fianchi, a tenerla quasi come se temesse che scappasse. Ma lei non sarebbe andata da nessuna parte, adesso era suo. Si sentiva un'onda e lo trascinava via. E poi lui la ribaltò diventando l'onda che trascinava lei, sempre più impetuosa, sempre più esigente. Adesso riscuoteva tutte le promesse e manteneva le sue, di farla impazzire, di farne una donna, di farla sua. E così fu, il piacere arrivò potente, propagandosi dalle viscere alla punta dei capelli e le sembrò di esplodere in tanti piccoli pezzi. All'appagamento fisico si aggiunse quello mentale di sentirsi desiderata, posseduta, mentre il suo nome veniva sussurrato sulla pelle come in una preghiera prima e urlato poi.
Quando il respiro torna regolare, riprendono forma i contorni del mondo circostante, il lampadario e il gessetto finemente elaborato che gli faceva da contorno sul soffitto, il colore delle pareti, l'armadio, la finestra da cui il sole cercava di insinuare qualche raggio attraverso le fessure della tenda non chiusa perfettamente, il copriletto blu chissà come e quando finito tutto di lato a terra, la musica che si diffondeva dal Nokia a basso volume, dove un artista del momento cantava "dimmi perché non so di sbagliato che c'è ora che ti sto amando baby". Lui metà sul fianco metà su lei, sudato, nudo, la guardava in modo indecifrabile. Qualcosa si stava facendo strada nella testa di lei e lo ricacciò indietro subito. Cose da pensare domani. "Dovevamo solo parlare in pace, eh?". Lui rise piano, facendo apparire quelle fossette che rendevano il suo sorriso da schiaffi, ma non disse niente e lei aggiunse "in effetti ci siamo detti abbastanza..." e continuó ad accarezzarlo ed a fissare nella mente ogni dettaglio del suo contorno.
Il tempo girò le lancette noncurante di loro, dei discorsi, dei problemi, dei progetti e fu subito di nuovo ora di sistemarsi e rivestirsi. Dei loro universi in collisione non rimase che una piccola macchia sul lenzuolo, che fece incrociare i loro sguardi, ma non seguirono commenti. Andarono via di corsa verso l'autobus che attendeva già in moto. "Ti aldilà" disse lui senza voce attraverso il finestrino, lei lesse le labbra e capì restando lì a guardare finché il suo volto e l'autobus furono fuori dalla portata dei suoi occhi. Lui era come un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti, intenso, ipnotico, colorato, e anche se era destinato a durare poco, dentro c’era tutta l’intensitá, le emozioni, di cui lei aveva bisogno.
Tutto era al suo posto e il cielo non era crollato. Anche il rumore delle chiavi che aprivano la porta e il saluto di sua madre era quello di sempre. Si guardò allo specchio, le sue mani, la sua bocca, le sue gambe erano sempre le stesse. Solo gli occhi le sembravano cambiati, nel lago nocciola c'era un luccichio in fondo in fondo diverso da quello di prima. E come diceva lui, erano troppo grandi per nasconderci le bugie, ma non ebbe il coraggio di essere onesta con se stessa. Non in quel momento che "si sentiva profondamente infelice, ma in modo distaccato, come se la sua vita appartenesse a qualcun'altro".
La sua taciuta premonizione era corretta, proprio come i protagonisti del libro, Alex e Aidi, erano predestinati a perdersi. Lo sapevano già ma si erano illusi di non essere costretti alla fine a trovare"tutti e due un posto fuori dal libro". La vita è sempre forte, ti trascina dove dice lei anche quando non vuoi e non sempre, soprattutto quando si è giovani, si ha la forza di contrastarla, le spalle non sono ancora abbastanza larghe. Ma almeno s'erano vissuti abbastanza intensamente da ricordarsi, nel bene o nel male, nelle sensazioni forti condivise e con nessun altro replicate, nelle notti in bianco passate al telefono, nella musica che si erano dedicati, nei libri che si erano scambiati, nelle frasi cifrate diventate tatuaggi, tutta la vita.
"E lui non aveva mai amato così tanto, poiché si ama davvero, forse, solo nel ricordo".
Almeno per lei è stato così.
@conilsolenegliocchi 🐞
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COSE CHE VORREI SDOGANARE
Possiamo sdoganare che se al ristorante avanza cibo, non c'è niente di cui vergognarsi a portarsi a casa gli avanzi, anche senza avanzare la puerile scusa "Sa, è per il mio cane"?
Possiamo sdoganare che il modo migliore di stirare i vestiti è piegarli appena asciutti e poi ammassarli, di modo che si stirino da soli ad opera della forza di gravità?
Possiamo sdoganare che quando in albergo hai la colazione a buffet, in realtà vale come mezza pensione perché poi ti fai due panini da avvolgere nel tovagliolo e portarti via con nonchalance, salutando il personale con il più falso dei sorrisi?
Possiamo sdoganare i calzini sempre spaiati, il buco sulla maglietta, andare al cinema da soli?
E ancora: possiamo sdoganare la tristezza e la stanchezza, togliere loro di dosso la nomea di debolezze, o dobbiamo tutti essere sempre allegri e performativi?
Possiamo sdoganare il non farcela, il non avere per forza successo, il fallimento, o siamo tutti primi della classe senza errori nel proprio percorso e senza cadute nel proprio correre?
Possiamo sdoganare l'imperfezione, il difetto palese, il dettaglio fuori posto, o ci vogliamo tutti perfetti e precisi, che è solo un altro modo di dire falsi e affettati?
Possiamo sdoganare il non avere idea di cosa faremo e saremo, l'indecisione, l'imbarazzo della scelta, o vogliamo credere alla favola del tutto sotto controllo, delle scalette programmate, del già deciso in partenza?
I guru del "Se vuoi, puoi" ci vorrebbero tutti pieni di autostima e motivati, artefici del nostro destino, e sicuramente c'è chi ci riesce: ma vogliamo sdoganare che è anche ok non avere la più pallida idea di chi siamo e dove stiamo andando?
Lo dico perché, nel caso non ve ne foste accorti, là fuori è pieno di ragazze e ragazze che si sentono dei falliti, a sentirsi così.
E invece sdoganiamo tutte queste cose: se no possono pensare che la vita sia solo sole e sorrisi.
Li priveremmo, così, della bellezza della notte, e soprattutto della gioia di attraversarla per cercare la propria alba.
#enricogaliano
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voracita · 8 months
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Piccole dosi di acido per bucarsi lo stomaco.
L'Italia è queste piccole cose qua.
Scena 1. Mattina molto presto, sportelli Cup. Clicco sulla macchinetta che eroga i numeri, ma la voce che mi interessa non funziona. Per non far aspettare gli altri dietro di me, clicco "altri servizi". Mi chiamano subito (ero il primo in assoluto). Allo sportello, mi dicono: "doveva cliccare l'altra voce" (quella che non funziona). Penso a quanta gente si divertono a mortificare con questi rimproveri senza senso.
Scena 2. Lavoro, poco dopo. Parliamo di cose molto delicate, perciò resto sul vago. Persone anziane e in condizioni difficili. Mi permetto di far notare al mio "superiore", davanti alla persona, un errore del superiore - errore che costringerebbe quella persona a tornare a casa senza ottenere ciò che le spetta. Il mio "superiore" mi porta di là e mi cazzia pesantemente. Non perchè io abbia torto, ma perchè ho osato contraddirlo davanti ad altri. Verrà poi fuori che avevo ragione, ma che la persona è stata costretta, per colpa di quell'errore, a una serie di disagi inutili. Il superiore si scusa con me, ma io non me ne faccio niente di queste scuse tardive, e nemmeno quella persona anziana e in difficoltà.
Scena 3, in breve. Passeggio sul lungomare, come ho fatto tante altre volte, ma qui il lungomare non esiste più perchè è stato divorato dal mare e dall'erosione, negli anni. Sono perciò costretto a passare attraverso i vari stabilimenti balneari, alle spalle degli ombrelloni, per raggiungere un'altra parte del lungomare dove lo stesso torna più ampio e asfaltato. Ebbene a un certo punto trovo uno sbarramento invalicabile che non c'era mai stato prima. Unico modo per passare di là: a nuoto, letteralmente, perchè anche la battigia è inaccessibile. Chiamo la polizia, mi dicono che ho torto e che devo tornare indietro e rinunciare alla mia passeggiata. Il tratto chiuso è in concessione a una sorta di albergo che si fa chiamare "casa spirituale" ed è gestito da un prete. Di lì non si passa, dice la polizia che hanno diritto a sbarrare tutto da tutti i lati. "Come qualsiasi stabilimento", ma in realtà nessuno stabilimento può farlo, loro sì, perchè sono preti.
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mazza-italo · 1 year
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tappa 15
Tappa 15   Da   Voghera  a   Carrù
Distanza: 152 km    tempo complessivo: 8 ore 01 min   ascesa 805 m
anche questa tappa una di trasferimento,  un po di salite attorno ad Alessandria (colline), attorno ad Asti e  per salire a Carrù, tempo buono, caldo a tratti, vento modesto, traffico scarso, strade abbastanza buone.
Ultima tappa del viaggio perchè per domani sono previsti temporali sulla provincia di Cuneo, sono già vicino a casa, strade conosciute e quindi poche ragioni per pedalare sotto la pioggia,
Così la Iride mi viene a prendere al casello autostradale di Carrù, previsto incontro alle 16.00.
Passata la notte al albergo Corona di Voghera, molto sui generis, molto decadente, ma per il week end non si trova nulla: vorrei sapere quali sono le attrattive di Voghera e dintorni di questa stagione per rendere tutto sold out per gli hotel. Ma tant'è.
Anche oggi decido di tenermi alla larga delle strade principali, sempre su stradine  in mezzo ai campi (asfaltate) che mi hanno fare un po' di colline per lasciare fuori Alessandria.
Passato attraverso posti conosciuti per lavoro ( Felizzano, Quattordio, nessun rimpianto) un po di turbolenza attraversando Asti, stradine in periferia e poi su, lungo il Tanaro.
Alba tagliata fuori, come Bra e Cherasco, poi la strada di fondovalle del Tanaro fino a Farigliano e poi l'ultima salita a Carrù. Arrivato verso le 15.00 mi fermo al ristorante Il Bue Grasso per una ben meritata birra, aspetto poco la Iride, anche lei in anticipo.
Fine della avventura, quest'anno più corta (molto) del solito ma molto più travagliata. Un segnale?
Alla fine sono stati 1.673km con un dislivello di 13.491m: veramente niente di spettacolare, 800km in meno del piano e circa 16.000m di dislivello. Vedremo il futuro cosa ci riserva.
Mi spiace molto per quelli che hanno fatto fatica a seguirmi: Tumblr è cambiato, non me ne ero accorto, adesso è più complicato, bisognerà trovare qualcosa più semplice per il futuro.
Comunque grazie mille a quelli che ci hanno provato.
Un caro saluto a tutti.
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lasvocesdelosotros · 2 years
Text
octubre 2022
01
Mio marito morí a Roma nelle carceri di Regina Coeli, pochi mesi dopo che avevamo lasciato il paese. Davanti all’orrore della sua morte solitaria, davanti alle angosciose alternative che precedettero la sua morte, io mi chiedo se questo è accaduto a noi, a noi che compravamo gli aranci da Girò e andavamo a passeggio nella neve. Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m’è sfuggito per sempre, solo adesso lo so.
 Natalia Ginzburg
  02
La mia amica qualche volta dice che è stufa di lavorare, e vorrebbe buttar la vita ai cani. Vorrebbe chiudersi in una bettola a bere tutti i suoi risparmi, oppure mettersi a letto e non pensare piú a niente, e lasciare che vengano a levarle il gas e la luce, lasciare che tutto vada alla deriva pian piano. Dice che lo farà quando io sarò partita. Perché la nostra vita comune durerà poco, presto io partirò e tornerò da mia madre e dai miei figli, in una casa dove non mi sarà permesso di portare le scarpe rotte. Mia madre si prenderà cura di me, m’impedirà di usare degli spilli invece che dei bottoni, e di scrivere fino a notte alta. E io a mia volta mi prenderò cura dei miei figli, vincendo la tentazione di buttar la vita ai cani. Tornerò ad essere grave e materna, come sempre mi avviene quando sono con loro, una persona diversa da ora, una persona che la mia amica non conosce affatto.
 Natalia Ginzburg
   03
La natura essenziale della città è la malinconia: il fiume, perdendosi in lontananza, svapora in un orizzonte di nebbie violacee, che fanno pensare al tramonto anche se è mezzogiorno; e in qualunque punto si respira quello stesso odore cupo e laborioso di fuliggine e si sente un fischio di treni.
 Natalia Ginzburg
 04
Non c’era nessuno di noi. Scelse, per morire, un giorno qualunque di quel torrido agosto; e scelse la stanza d’un albergo nei pressi della stazione: volendo morire, nella città che gli apparteneva, come un forestiero.
 Natalia Ginzburg
 05
I suoi versi risuonano al nostro orecchio, quando ritorniamo alla città o quando ci pensiamo; e non sappiamo neppure piú se siano bei versi, tanto fanno parte di noi, tanto riflettono per noi l’immagine della nostra giovinezza, dei giorni ormai lontanissimi in cui li ascoltammo dalla viva voce del nostro amico per la prima volta: e scoprimmo, con profondo stupore, che anche della nostra grigia, pesante e impoetica città si poteva fare poesia.
 Natalia Ginzburg
 06
Non sarà necessario lasciare il letto. Solo l’alba entrerà nella stanza vuota. Basterà la finestra a vestire ogni cosa D’un chiarore tranquillo, quasi una luce. Poserà un’ombra scarna sul volto supino. I ricordi saranno dei grumi d’ombra Appiattati cosí come vecchia brace Nel camino. Il ricordo sarà la vampa Che ancor ieri mordeva negli occhi spenti.
 Natalia Ginzburg
 07
Ogni occhiata che torna, conserva un gusto Di erba e cose impregnate di sole a sera Sulla spiaggia. Conserva un fiato di mare. Come un mare notturno è quest’ombra vaga Di ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora E ogni sera ritorna. Le voci morte Assomigliano al frangersi di quel mare.
 Natalia Ginzburg
 08
un occhio che ci dimentica subito, non appena lasciamo il brevissimo raggio della sua iride.
 Natalia Ginzburg
 09
Nel paese della malinconia, il pensiero è sempre rivolto alla morte. Non teme la morte, assomigliando l’ombra della morte alla vasta ombra degli alberi, al silenzio che è già presente nell’anima, perduta nel suo verde sonno.
 Natalia Ginzburg
 10
Nada es más misterioso, para el hombre, que el espesor de su propio cuerpo. Y cada sociedad se esforzó, en un estilo propio, por proporcionar una respuesta singular a este enigma primario en el que el hombre se arraiga. Parecería que el cuerpo no se cuestiona. Pero, a menudo, la evidencia es el camino más corto del misterio. El antropólogo sabe que «en el corazón de la evidencia —según la hermosa fórmula de Edmond Jabés— está el vacío», es decir, el crisol del sentido que cada sociedad forja a su manera, evidente sólo para la mirada familiar que ella misma provoca. Lo que es evidente en una sociedad asombra en otra, o bien no se lo comprende. Cada sociedad esboza, en el interior de su visión del mundo, un saber singular sobre el cuerpo: sus constituyentes, sus usos, sus correspondencias, etcétera. Le otorga sentido y valor. Las concepciones del cuerpo son tributarias de las concepciones de la persona. Así, muchas sociedades no distinguen entre el hombre y el cuerpo como lo hace el modo dualista al que está tan acostumbrada la sociedad occidental. En las sociedades tradicionales el cuerpo no se distingue de la persona. Las materias primas que componen el espesor del hombre son las mismas que le dan consistencia al cosmos, a la naturaleza. Entre el hombre, el mundo y los otros, se teje un mismo paño, con motivos y colores diferentes que no modifican en nada la trama común (capítulo 1).
 David Le Breton
 11
NIEBLA
 La única niebla
endémica de mi ciudad
es la lluvia;
la llevo como un suéter gris
entre texturas de otra gente
y estampados.
 Mi única niebla,
la de la espera bajo cualquier techo,
de coches ciegos, lentos
bajo el chubasco,
me siembra cataratas en el ojo,
esconde los contornos.
 Es el punto inmóvil
al centro del trompo,
no me moja, me rodea,
esfera al vacío
yo adentro,
gris apenas, suéter grueso
con su olor a húmedo.
 Es la gasa que impide
que mi propia sangre me hiera.
 (Aurelia Cortés Peyrón)
  12
EMPALAGARSE
 es alargarse en algo
que anega
 el paladar
como un relámpago
de azúcar
 o de grasa
que lo surca
y lo rasga.
 Es la flaca
paradoja
de saber
 que saber
es un sabor
que no se aprende:
 en cambio,
se desprende,
se desaprende
 y muda
a su medida;
es pulga
 peligrosa,
pura
pulpa
 y papel
prensil
de las palabras
 que purga
la atención,
la descalabra
 y hurga.
No la rompe;
la sopla.
 No la burla:
la labra
porque la abre
 y la revuelve.
Empalagarse
es alojarse,
 alegre,
entre el diente
y la lengua:
 es cuchara
que escucha,
que pesa
 porque espesa
y se clava
porque endulza.
 (Ezequiel Zaidenwerg)
  13
THINGS EXPOSED TO THE AIR
 Say sugar has a mouth. How would I taste
in it? Like sweat, like lake water, like dust
from a ceiling fan, like the lowest leaves
of the squash plant, like how soft and yellow
they are, like oil, like badly sharpened knives,
like hail just after it pelts the yard, snow
just before it melts? Thank god it doesn't.
Have a mouth, I mean. Though maybe my scent
still saturates it like a mood, covert
and everywhere. This is the mistake
of leaving things exposed to the air, I say
to my daughter. It's not fair. And it's why
I don't need to read the climate change report.
When I brush her hair, the world smells like smoke.
 (Claire Wahmanholm)
  14
El dualismo contemporáneo opone el hombre y el cuerpo. Las aventuras modernas del hombre y de su doble hicieron del cuerpo una especie de alter ego. Lugar privilegiado del bienestar (la forma), del buen parecer (las formas, body-building, cosméticos, productos dietéticos, etc), pasión por el esfuerzo (maratón, jogging, windsurf) o por el riesgo (andinismo, «la aventura» , etc). La preocupación moderna por el cuerpo, en nuestra «humanidad sentada», es un inductor incansable de imaginario y de practicas. «Factor de individualización», el cuerpo duplica los signos de la distinción, es un valor.
 David Le Breton
 15
È inutile credere che possiamo guarire di vent’anni come quelli che abbiamo passato. Chi di noi è stato un perseguitato non ritroverà mai piú la pace. Una scampanellata notturna non può significare altro per noi che la parola «questura». Ed è inutile dire e ripetere a noi stessi che dietro la parola «questura» ci sono adesso forse volti amici ai quali possiamo chiedere protezione e assistenza. In noi quella parola genera sempre diffidenza e spavento. Se guardo i miei bambini che dormono penso con sollievo che non dovrò svegliarli nella notte e scappare. Ma non è un sollievo pieno e profondo. Mi pare sempre che un giorno o l’altro dovremo di nuovo alzarci di notte e scappare, e lasciare tutto dietro a noi, stanze quiete e lettere e ricordi e indumenti.
 Natalia Ginzburg
  16
LA MATA (fragmento)  Añade La Mata:  Para quienes volvieron: un manojo de flores del totumo, piñuelas con sus pulpas jugosas, su tomento estrellado de blanco color. Estas flores de pétalos carnosos, vainillas, olorosas durante la noche, y también otras flores furiosas, expertas en la desobediencia: varias flores del pico de loro, las espinas que rasgan la piel escondidas. Una invasión de trinitarias, un desfile coronado por sépalos persistentes. Unas con cáliz, que acompaña al fruto, otras estériles; también racimos de flores amarillas del bombito, de la flor de la bajagua, de esa flor que se llama amor que zumba, racimos abundantes, retoñadas de sí.
 (Eliana Hernández Pachón)
 17
Il mio mestiere è quello di scrivere e io lo so bene e da molto tempo. Spero di non essere fraintesa: sul valore di quel che posso scrivere non so nulla. So che scrivere è il mio mestiere.
 Natalia Ginzburg
 18
Una volta sofferta, l’esperienza del male non si dimentica piú. Chi ha visto le case crollare sa troppo chiaramente che labili beni siano i vasetti di fiori, i quadri, le pareti bianche. Sa troppo bene di cosa è fatta una casa. Una casa è fatta di mattoni e di calce, e può crollare. Una casa non è molto solida. Può crollare da un momento all’altro. Dietro i sereni vasetti di fiori, dietro le teiere, i tappeti, i pavimenti lucidati a cera, c’è l’altro volto vero della casa, il volto atroce della casa crollata.
 Natalia Ginzburg
 19
Tenevo un taccuino dove scrivevo certi particolari che avevo scoperto o piccoli paragoni o episodi che mi ripromettevo di mettere nei racconti. Nel taccuino scrivevo per esempio cosí: «Egli usciva dal bagno trascinandosi dietro come una lunga coda il cordone dell’accappatoio». «Come puzza il cesso in questa casa, – gli disse la bambina. – Quando ci vado, io non respiro mai, – soggiunse tristemente». «I suoi riccioli come grappoli d’uva». «Coperte rosse e nere sul letto disfatto». «Faccia pallida come una patata sbucciata». Tuttavia ho scoperto che difficilmente queste frasi mi servivano quando scrivevo un racconto. Il taccuino diventava una specie di museo di frasi, tutte cristallizzate e imbalsamate, molto difficilmente utilizzabili. Ho cercato infinite volte di ficcare in qualche racconto le coperte rosse e nere o i riccioli come grappoli d’uva e non m’è mai riuscito. Il taccuino dunque non poteva servire. Ho capito allora che non esiste il risparmio in questo mestiere. Se uno pensa «questo particolare è bello e non voglio sciuparlo nel racconto che sto scrivendo ora, qui c’è già molta roba bella, lo tengo in serbo per un altro racconto che scriverò», allora quel particolare si cristallizza dentro di lui e non può piú servirsene.
 Natalia Ginzburg
 20
Ho scoperto allora che ci si stanca quando si scrive una cosa sul serio. È un cattivo segno se non ci si stanca. Uno non può sperare di scrivere qualcosa di serio cosí alla leggera, come con una mano sola, svolazzando via fresco fresco. Non si può cavarsela cosí con poco. Uno, quando scrive una cosa che sia seria, ci casca dentro, ci affoga dentro proprio fino agli occhi; e se ha dei sentimenti molto forti che lo inquietano in cuore, se è molto felice o molto infelice per una qualunque ragione diciamo terrestre, che non c’entra per niente con la cosa che sta scrivendo, allora, se quanto scrive è valido e degno di vita, ogni altro sentimento s’addormenta in lui. Lui non può sperare di serbarsi intatta e fresca la sua cara felicità, o la sua cara infelicità, tutto s’allontana e svanisce ed è solo con la sua pagina, nessuna felicità e nessuna infelicità può sussistere in lui che non sia strettamente legata a questa sua pagina, non possiede altro e non appartiene ad altri e se non gli succede cosí, allora è segno che la sua pagina non vale nulla.
 Natalia Ginzburg
 21
Quando uno scrive un racconto, deve buttarci dentro tutto il meglio che possiede e che ha visto, tutto il meglio che ha raccolto nella sua vita. E i particolari si consumano, si logorano a portarseli intorno senza servirsene per molto tempo. Non soltanto i particolari ma tutto, tutte le trovate e le idee.
 Natalia Ginzburg
 22
in quell’epoca ho visto una volta passare per strada un carretto con sopra uno specchio, un grande specchio dalla cornice dorata. Vi era riflesso il cielo verde della sera, e io mi son fermata a guardarlo mentre passava, con una grande felicità e il senso che avveniva qualcosa d’importante.
 Natalia Ginzburg
 23
What is static if not the sound of the universe's grief? Anywhere static reigns.
 (J. Estanislao Lopez)
 24
EL PUESTO DEL GATO EN EL COSMOS
 Uno siempre se equivoca cuando habla del gato.
Se le ocurre por ejemplo que junto a la ventana
el gato se ha planteado en el fondo de los ojos
un posible fracaso en la noche cercana.
Pero el gato no tiene un porvenir que lo limite.
A uno se le ocurre que medita, espera o mira algo
y el gato ni siquiera siente al gato que hay en él.
¿Cómo admitir detrás del movimiento de la cola
una motivación, un juicio o un conocimiento?
El gato es un acto gratuito del gato.
El que aventure una definición debería
proponer sucesivas negaciones al engaño del gato.
Porque el gato, por lo menos el gato de la casa,
particular, privado e individuo hasta las uñas,
comprometido como está
al vicio de nuestro pensamiento
ni siquiera es un gato, estrictamente hablando.
 (Joaquín Giannuzzi)
  25
En el fondo del mar, realmente al fondo, los humanos vemos en blanco y negro, como algunas aves.
[...]
Orden. Desapareció tu especie. Pero cuando nadie las ve, las islas toman la forma de tu nombre.
(Isabel Zapata)
 26
SOMETHING
 Something went wrong.
That’s what the machine
says when I call to say
my paper didn’t arrive.
Machines are trained
by people, so they’re
smart, they know a thing
or fifty trillion. Did you miss
your Sunday delivery?
it asks. I did, I say. I
miss everything, I say,
because it’s a machine and
it has to listen, or at least
it has to not hang up
without trying to understand
why I called, which means
trying to correct what
went wrong. Let me
see if I got this right,
the voice says, you
missed your Sunday paper?
Yes, I say, but also I
miss my childhood and fairy
tales, like Eden. I miss sweet
Rob Roys with strangers.
I’m sorry, the machine says.
I’m having trouble understanding.
Did you miss today’s paper?
Yes, I say, but that’s not
the half of it. Sometimes
I just feel like half
of me, and even that
feels like too much. I’m
having trouble understanding,
the machine repeats, its
syllables halted, as if
trying to mimic an empath.
I’m having trouble understanding
too, I say. I used to understand
so much: photosynthesis, the
human heart, I’d even
memorized the Krebs cycle,
but now all I remember
is lifting the golden coil
of the kitchen phone to maneuver
under my mother’s conversations.
It was like lifting
the horizon. There’s
a silence, and the machine
asks: Are you still there? In
a few words, please describe
your issue. Where do I begin
being a minimalist? Time,
I say, I’ve got a problem
with that. Also, loss, and
attachment. That’s pretty
much it, and the news in its sky-
blue sleeve is meant to be
a distraction, isn’t it? I ask.
More silence, and then:
You miss your mother?
a voice asks. It’s
a human voice.
Me too, she says.
(Andrea Cohen)
 27
(Otro mito habitual sobre la inmigración: que no tenía vuelta atrás. Y, en realidad, eran muchos los que no encontraban en sus nuevos lugares lo que buscaban y se volvían, derrotados o aliviados, a sus viejos.)
Caparrós
 28
Si Ñamérica es el territorio de las mezclas, la mezcla de aquella zona es peculiar: allí las distintas culturas europeas se mezclaron como nunca habrían podido mezclarse en sus lugares de origen y dieron origen a una cultura nueva: Borges, Boca Juniors, el rubio pobre, la milanesa a la napolitana y el franfruter y las once, la chantada.
(Yo, con perdón, soy eso: hijo de un español que llegó, jovencito, tras la Guerra Civil porque sus padres debieron exiliarse derrotados, y una argentina cuyos padres eran un judío polaco y la hija de un judío ruso recién llegados a esas playas. Ser argentino, está claro, es una forma de la mezcla más imprevisible. Durante décadas nos creímos, por venir de esos cruces, menos ñamericanos; no entendíamos que éramos justamente lo contrario: que éramos ñamericanos por mezclados, porque la mezcla es la marca decisiva de Ñamérica.)
Caparrós
 29
La frontera es el lugar donde un estado empieza: donde te dice de aquí p’allá estoy yo, donde te dice no te creas; donde te dice mando. La frontera es la primera línea de defensa y ataque de un estado. La frontera es un modelo de estos tiempos: una de esas creaciones arbitrarias, fruto de los poderes, que se empeñan en vendernos como algo natural, eterno. Otro efecto de la publicidad: de este lado estamos nosotros y allí, a unos metros, están ellos —y ellos son otros, radicalmente otros porque están unos metros más allá. Es sorprendente que la patraña de las patrias —la patriaña— sea tan poderosa como para convencernos de esa farsa.
Caparrós
 30
(Hay algo irreal, casi hilarante, en ver cien metros de agua y saber que esa tierra que hay del otro lado es otro mundo, que usan otra moneda, siguen a otros jefes, gritan otros goles, y que tantos que quieren, de este lado, no consiguen entrar: tan allí mismo, tan lejano.)
Caparrós
 31
finora mi è successo sempre di scrivere in fretta e delle cose piuttosto brevi: e a un certo punto m’è sembrato anche di capire perché. Perché ho dei fratelli molto maggiori di me e quando ero piccola, se parlavo a tavola mi dicevano sempre di tacere. Cosí mi ero abituata a dir sempre le cose in fretta in fretta, a precipizio e col minor numero possibile di parole, sempre con la paura che gli altri riprendessero a parlare tra loro e smettessero di darmi ascolto. Può darsi che sembri una spiegazione
  Natalia Ginzburg
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