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#un quarto di secolo?
stephpanda · 7 months
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Oggi è il mio compleanno.
25 anni. Non me li sento addosso (ma a quanto pare è sentimento comune arrivati a questo "traguardo").
Ma, a prescindere da questo, fino a ieri temevo che non sarebbe stato un bel giorno, perché qui, non ho ancora qualcuno che posso definire amico stretto (calcolando che sono una che AMA festeggiare il proprio compleanno), però mi sono ricreduta (per fortuna).
Sono tornata a casa con il sorriso.
Le mie persone del cuore (che ahimè sono a km di distanza, nella mia madre patria pugliese), mi hanno riempito comunque d'amore, ragazzi di un gruppo telegram che conosco da solo un mese, mi hanno fatto sentire importante e apprezzara, allo stesso tempo ho sentito l'amore anche da parte delle mie colleghe universitarie, che appena lo hanno scoperto (io non lo avevo detto), mi hanno SUBITO proposto di andare a fare aperitivo tutte insieme domani dopo lezione.
Alcune persone del residence mi hanno fatto gli auguri ed uno dei responsabili mi ha pure "rimproverato" perché non gliel'ho detto, perché avrebbero sicuramente trovato il modo di offrirmi qualcosa.
Insomma.. Se la Stefania di ieri (che era sull'orlo di una crisi di pianto presa dalla nostalgia e dallo sconforto), avesse saputo quello che la Stefania di ora sa, non ci avrebbe creduto.. Avrebbe pensato che era uno dei suoi soliti scenari immaginari.
Ho appena compiuto 25 anni, in una delle città più belle d'Italia, lontana da tutti gli affetti stabili (ne sento ovviamente la mancanza), con la paura ad inizio giornata di sentirmi sola e dimenticata, ed invece, nonostante il mio "festeggiare" diversamente da quello che di solito mi piace fare, sono soddisfatta ma, soprattutto, felice.🥰
Ora vado a modificare la bio di Tumblr
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thegretchenimages · 1 year
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Ho solo 25 anni. Tra due mesi 26. Perché diavolo mi fa male un’anca da tutto il giorno senza trovare pace?!?!!
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dominousworld · 2 years
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Ernst Jünger, l'Anarca del Novecento: un quarto di secolo dopo
Ernst Jünger, l'Anarca del Novecento: un quarto di secolo dopo
Videoconferenza del canale YouTube PUNTO E VIRGA, trasmesso in live streaming il giorno 15 febbraio 2023. Lista delle tracce minuto dopo minuto: 00:00 Introduzione03:53 Perché Jünger è così importante?21:23 L’esperienza della guerra di trincea35:20 La guerra di materiali e l’operaio47:58 Ernst Jünger come icona1:04:04 Ernst Jünger come autore scolastico1:14:13 Chi è il Forestaro?1:20:38 Jünger…
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gregor-samsung · 1 month
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“ A volte penso di appartenere a un’altra specie; questo pensiero che avanza in me assurdo come una mostruosità, contraddetto dall’apparenza ordinaria dei miei tratti e dalla mappa fantastica dei cromosomi, ha il potere di rasserenarmi. Nelle rare lezioni che ascoltai quando vagabondavo per le università, le uniche che ebbero il potere di incatenare la mia attenzione, richiamandomi alla coscienza strane e diverse emozioni, mostravano il mirabile codice della specie. Di esso rimanevo stupita come se la spirale della vita fosse un’altra possibile versione della chiave musicale del violino; una sorta di vibrazione sfuggita alla deflagrazione originaria da cui ogni cosa prese forma. Non volli imparare la catena di formule che, intrecciandosi in una magica danza, non ripeteva mai se stessa e con certezza assoluta custodiva l’identità unica di ogni nuova vita. Mi sembrò sempre che la riduzione di un simile prodigio all’apprendimento sterile del nome scientifico, la sua evocazione dotta e assurda nelle luce morta dei laboratori, avrebbero aperto, attirandola su noi, la catena infinita e ottusa del dolore. Bisogna essere molto ciechi per aggiungere nuove sofferenze all’eredità di dolore lasciata da chi è passato prima di noi!
Così, quando in un paese qualunque, forse nell’emisfero australe o nel silenzio dimenticato degli Incas, qualcuno ha trovato serbata la chiave della vita nel cuore indifferente di una pietra, come se questa fosse la cellula di un corpo o la memoria atomizzata dell’unica esplosione, io ho avuto la conferma di ciò che sempre pensai. Nello spartito della vita, risuoniamo tutti con un’unica nota le cui vibrazioni mutano impercettibilmente per la materia che ci accade di essere. Allo stesso modo, ho orrore dell’onnipotenza feroce, della dogmatica sordità, che traccia il confine fra ciò che è sano e il suo contrario. Tremo di fronte all’arroganza impietosa dei corpi sani, all’oscena prepotenza della loro forza; alla sicumera gloriosa con cui avanzano nell’universo pretendendo di esserne i padroni invulnerabili. Niente è più vano e folle di questa illusione: bisogna essere un po’ di pietra e d’albero; un po’ di mare e di tuono per ricordarsi la nota originaria; bisogna essere un po’ mostri per sentire risuonare la meraviglia e l’orrore di altri mondi lontani. In me vive il dubbio che l’errore genetico, da cui prendono vita creature mostruose e tenerissime; piccoli tartari con gli occhi all’insù, dalla memoria prodigiosa di Pico della Mirandola che suonano a volte come angeli, o vecchi-bambini destinati a vivere un quarto di secolo, nascosti come ragni nelle case per non offendere la proterva salute dei normali, incarni un’altra razza. O forse creature di altri spazi; abitanti di pianeti lontani, i cui frammenti vitali caddero errando, nel luogo sbagliato. Questo spiegherebbe la malinconia commovente di certi occhi fissati nel vuoto, che guardano mondi perduti e sorridono solo a essi, resistendo a tutte le seduzioni della nostra inutile umanità. La follia infine; non so se i suoi segni siano iscritti nell’abbraccio elicoidale della vita e neanche se appartenga al codice segreto di un’altra specie precipitata sulla terra. Credo piuttosto che essa sia un tramite; un sesto senso rimasto aperto per vocazione o per destino, dove le mostruosità svelano la propria origine autentica. In altri luoghi, lontani dagli orridi tavoli vivisettori che in nome della scienza profanano oscenamente i misteri della vita e della morte; in altri tempi da quelli in cui l’angoscia ci stringe a vivere, i folli furono celebrati come creature divine, nelle quali circolava libera la sapienza onnisciente. Erano tempi e luoghi dove la sadica struttura normativa che ci conculca non aveva ancora vinto, né aveva ancora sedotto l’intera umanità al peccato originario dell’invidia e alla pestilenza della sua vanità coattiva. Così essa non tollera che una creatura fugga al giogo delle rivalità fra uguali e, attraverso i mondi della follia, scelga l’identità eversiva a cui lo destinava l’unicità della sua nascita. Con un ukàse che non ammette eccezioni, l’alieno viene piegato all’annientamento dei suoi mondi e il veleno sottile dell’invidia raggiunge il suo centro creativo distruggendone le centraline. Ridotto a un’oscurità senza mostri e a un silenzio senza presagi, finalmente appartiene alla specie. “
Mariateresa Di Lascia, Passaggio in ombra, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 116-117.
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superfuji · 1 month
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De Gasperi era stato arrestato e incarcerato dal fascismo perché antifascista. E dopo la guerra aveva cacciato i comunisti dal governo perché anticomunista. Le due cose sono strettamente legate. Per lui la democrazia era, infatti, innanzitutto “Stato di diritto”. E dunque nessuno, nemmeno i rappresentanti del popolo, potevano considerarsi al di sopra della legge. Nei suoi scritti è vivido il pensiero politico cattolico. Esso però non coincide con quello della chiesa. De Gasperi non mette in discussione la sua obbedienza al papa, ma si riconnette alla Rivoluzione francese. Scrive: “La libertà politica è legata alla libertà economica, e la democrazia senza la giustizia sociale sarebbe una chimera o una truffa. Accanto a quella che fu detta democrazia formale bisogna costruire la democrazia sostanziale, riformare cioè la struttura sociale”. E continua: “Le libertà politiche fondamentali, insomma le basi del sistema rappresentativo, sono conquistate già nell’89 col concorso dei cattolici. […] È la reazione dei violenti del 1798 che interrompe l’evoluzione della democrazia e ritarda di un quarto di secolo l’avvento di un regime costituzionale di ordinaria libertà”.
La democrazia di De Gasperi
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ross-nekochan · 1 year
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Spossatezza e senso di vuoto, ormai appuntamento costante.
Diamo per l'ennesima volta la colpa al preciclo, che perdura da ormai più di una settimana senza nessun cenno delle ovaie di far finire questa messinscena.
Diciamo vabbè ma non va bene per niente, perché è da tempo che non ci sto capendo più niente. Eppure qualche anno fa, tipo a Venezia, era diventato un orologio svizzero talmente preciso che stentavo a crederci. E infatti non è durato. Ma tanto è inutile pensarci perché pure a ragionare sui possibili motivi non si arriva mica a sapere la verità. E quindi amen.
Siamo ad Ottobre, quarto mese in cui mi sono trasferita. Come corre il tempo anche se allo stesso tempo sembra già passato mezzo secolo.
Quattro mesi di tante settimane vuote. Vivere senza stimoli e obiettivi è sfiancante. Ora che mi ero preparata una sorta di tabella mentale per prendermi almeno le certificazioni linguistiche, ecco che oggi ho di nuovo ricevuto una proposta di lavoro e domani avrò il colloquio. Siamo a quota quattro o cinque. Come ogni volta sono lì che non so se sperare che mi prendano oppure no: la vita in casa è comoda, sebbene piatta e senza stimoli... ma avere un lavoro, a parte qualcosa da fare, cosa mi darebbe? Una volta divenuto loop quotidiano, non sarebbe niente altro che la stessa asettica vita con aggiunto lo stress del lavoro e del viaggio della speranza di ogni mattina che aggiungono ore lavorative non retribuite e rubate alla salute mentale.
In ambo le situazioni comunque non sono contenta. Ma quando mai lo sono, proprio io che so vedere solo il marcio delle situazioni in cui mi trovo.
Ah quanto era bella l'università: sempre piena di stimoli e di obiettivi (ovvero gli esami). Sì, ho sofferto e ho pianto, ma in fondo che vita è se non si soffre mai?
Chissà che fine faremo.
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fashionbooksmilano · 5 months
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Seta Oro Cremisi
a cura di Chiara Buss
Segreti e tecnologia alla corte dei Visconti e degli Sforza
SilvanaEditoriale, Cinisello Balsamo 2009, 192 pagine, 23x28cm, 200 ill.a colori e 10 b/n, ISBN 9788836614912
euro 45,00
Primo volume della collana Seta in Lombardia, il volume accompagna una raffinata mostra proposta dal Museo Poldi Pezzoli di Milano, dedicata ai tessuti in oro e seta che, quale bene di lusso per eccellenza, hanno contraddistinto la signoria dei Visconti e degli Sforza durante l’età rinascimentale.
Veri capolavori, che conferiscono ulteriore rilevanza all’esposizione poiché testimoni dei sorprendenti risultati di uno studio – mai fino ad ora così completo ed esaustivo - dedicato ai tessuti auro-serici lombardi del XV secolo. Un’appassionante ricerca, progettata dall’ISAL (Istituto per la Storia dell’Arte Lombarda) e condotta in collaborazione con nove istituzioni europee, che per la prima volta ha documentato con chiarezza l’eccellenza delle tecniche di lavorazione ed è pervenuta al riconoscimento di reperti tessili esistenti che mai nessuno aveva individuato.
A Milano infatti l’arte della seta nacque dalla volontà del duca Filippo Maria Visconti che fece chiamare, nel 1442, due setajoli – rispettivamente da Firenze e da Genova – i quali portarono in città le maestranze, i macchinari e le materie prime per dare avvio a una vera e propria “industria della seta”: nel volgere di un quarto di secolo, con una rapidità dunque sorprendente, tale produzione raggiunse i livelli di quelle veneziane, genovesi e fiorentine, considerate le migliori in Occidente.
Questa esposizione – attraverso sessanta oggetti tra tessuti, vesti, ricami ma anche gioielli, ritratti e opere d’arte applicate – offre dunque l’opportunità di far conoscere lo sfarzo della corte milanese, la più ricca e potente della penisola italiana nella seconda metà del Quattrocento, ma anche di illustrare le ricerche effettuate su alcuni preziosi esemplari esistenti, che, per la prima volta, hanno fornito una serie di dati estremamente interessanti tanto sui materiali usati (seta, kermes, indaco, cocciniglie, zafferano, oro, rame e argento) quanto sulle tecniche di filatura.
Il catalogo accoglie numerosi saggi che illustrano le scoperte di laboratorio e d’archivio, in una panoramica a tutto tondo che, oltre alla storia politica e artistica del ducato e alla qualità della vita a corte, esemplifica le profonde conoscenze scientifiche che accompagnavano la questa particolare produzione e, non ultimo, l’aspetto sociale della struttura artigiana milanese.
Milano, ottobre 2009 - febbraio 2010
14/04/24
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
CUM NAUFRAGIUM FECI, TUNC BENE NAVIGAVI
Ossimoro latino, forse risalente a Zenone, riproposto da Erasmo da Rotterdam (1469 - 1536) nel suo “Adagia”, 1500, (Centuria 1878) con questa formulazione:
«Nunc bene navigavi, cum naufragium feci.» «Posso dire di aver ben navigato, solo dopo aver fatto naufragio.»
Non si tratta di riferirsi al viaggio, ma al viaggio per mare, là, dove nessuna strada è tracciata e ogni rotta è possibile e ogni istante può mutare in tempesta.
Metafora drammatica.
Temuta.
Accettata.
Subita.
Agognata.
Come per ogni domanda profonda, solo portandosi fino all’estremo confine è possibile scorgere la luce della coscienza consapevole.
Così, la pittura di Turner, agli esordi dell’800, ha già nelle corde il vibrare della crisi di un secolo impetuoso, durante il quale sarà impossibile cambiare rotta per evitare la furia degli elementi.
La metafora diviene simbolo: la tempesta è la metà del piatto spezzato - σύμβολον (symbolon) - che indica l’origine e l’identità da ritrovare.
Essenza del pensiero “romantico” agli albori: esistere, è tragedia.
Il “dipinto-simbolo” racconta il senso, necessario, del vivere: prendere il mare aperto e ogni rischio che questo comporti.
Ogni rischio, anche mortale.
Pur di ricongiungersi con l’altra metà del piatto.
Rimasto ad attendere in un placido canale.
L’ossimoro, si compie.
- Joseph Mallord William Turner (1775 - 1851): “Il naufragio”, 1805, Tate Britain, Londra e “Canale di Chichester”, 1828, Tate Gallery, Londra
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L'angelo della rue de Turbigo, Parigi.
Distribuito su tre piani di un condominio al 57 di rue de Turbigo, il colossale e sorridente angelo di pietra osserva la commedia umana di Parigi che si svolge ai suoi piedi. Con le enormi ali spiegate come una moderna Vittoria Alata, le sue piume sfiorano le finestre del quarto piano dell'edificio, progettato dall'architetto Eugène Demangeat nel 1860.
Demangeat fu un attore chiave nel boom edilizio e demolitivo del XIX secolo a Parigi, orchestrato da Georges Eugène Haussmann, noto come Barone Haussmann, sotto l'egida di Napoleone III.
L'obiettivo era aerare, abbellire e unificare la città, gran parte della quale era rimasta, fino ad allora, un labirinto medievale di strade tortuose oscure e insalubri.
Al suo posto posto da più di 150 anni, l'angelo della rue de Turbigo continua a irradiare il suo fascino eccentrico.
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borbottii · 1 year
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4 sfondi di 4 giorni importanti:
- la piena sessione, il caldo che può solo emanare il cemento torinese dentro una stanza all’ottavo piano, i capelli bagnati e le gambe alzate, un libro su casi clinici neurologici, la notte che cala dolce, il cielo che si riflette nella stanza, sto bene, sento che vivo, magari ci starebbe una granita
- compleanno, un quarto di secolo, nutrirsi di cose buone e nutrirsi del buono che c’è, girovagare per Torino e atterrare sotto un noce del Caucaso, salirci sopra e stare a penzoloni, reggersi sulle proprie gambe e imparare a non farlo, celebrare un giorno che è una vita ma nulla di serio dopotutto, essere presenti, essere vivi
- lo scorcio dopo tanti km, fare un cosa perché ti andava, fare qualcosa perché ti piace, fare qualcosa anche se non l’hai programmata bene, fare qualcosa perché ti fa stare bene, fare per il gusto di scoprire, perdersi perché poi in qualche modo ci si ritrova, l’importanza degli snack nello zaino ma anche ti mangiare le more per strada, la sensazione bella di fare fatica
- fine di una sessione, il ritorno a casa per qualche settimana, adattarsi a ritmi di altri, a cibi diversi ma regole vecchie, il calore dei campi e la calma che solo qui c’è, la voglia di fare, la voglia di vivere, le cose che posso fare solo qui, le persone che posso vedere solo qui, il respiro che torna ma poi manca, il riconnettersi per poter ricominciare
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bicheco · 1 year
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Gli ambidestri
Peggio del governo Meloni che fa cassa sui poveri ci sono solo il Pd e le sue proiezioni editorial-giornalistiche, che difendono il Reddito di cittadinanza e il salario minimo solo perché il governo Meloni non li vuole. Ma fino all’altroieri li attaccavano solo perché erano bandiere “grilline”. Nel 2018-’19 il Conte-1 varò il Rdc coi voti favorevoli di M5S e Lega e quelli contrari di FI, di FdI e pure del Pd, che lo osteggiava con gli stessi argomenti oggi usati da Meloni&C. senza neppure pagare i diritti Siae. Zingaretti tuonava contro “la pagliacciata del Reddito di cittadinanza che nessuno sa cos’è”. Boccia lo definiva “una grande sciocchezza che aumenterà solo il lavoro nero. Il tema vero è come creare lavoro”. E la Camusso: “No al Reddito di cittadinanza! Quelle risorse vengano usate per trovare lavoro”. Oggi i destronzi hanno buon gioco a rinfacciare al Pd di aver detto prima di loro le stesse cose. E la risposta non può essere che allora comandava Renzi e ora c’è la Schlein: perché Renzi la guerra ai poveri la faceva allora come oggi; e soprattutto perché Zinga, Boccia e Camusso ora stanno con la Schlein. Basterebbero tre paroline: “Ci siamo sbagliati”. Che andrebbero stampate a caratteri di scatola su Repubblica, che all’epoca dipingeva il Conte-1 – il governo che più ha dato ai bisognosi in trent’anni – come una robaccia di estrema destra. Rep titolava: “Un terzo degli italiani guadagna quanto il Rdc”, che dunque andava abbassato per non far concorrenza reale ai salari da fame. E l’Espresso di Damilano: “Per gli elettori del Pd il Rdc è peggio del condono fiscale”. Ancora il 20 luglio 2022, quando Draghi attaccò i 5Stelle sul Rdc in Senato, il Pd gli votò la fiducia da solo e Rep lo santificò. Facevano così su tutto. La blocca-prescrizione Rep la chiedeva da un quarto di secolo, ma siccome la fece Bonafede diventò un obbrobrio che “calpesta i fondamenti di uno Stato di diritto”, “giustizialismo”, “barbarie”, “Inquisizione” (Cappellini, noto giureconsulto). Il Recovery quando lo lanciò Conte era una ciofeca: “È isolato in Europa”, “Non lo otterrà mai”, “Meglio i 36 miliardi del Mes”. Poi ne arrivarono 209 e tutti fischiettavano. Ora accusano Conte di non aver battuto i pugni sul tavolo per ottenere meno soldi. Il salario minimo, siccome lo proponeva il M5S e non piaceva ai sindacati, era odiato dal Pd e da Rep: grandi peana al Pnrr di Draghi che l’aveva levato dal Pnrr di Conte. Ora tifano salario minimo e rintuzzano ogni giorno gli argomenti contrari del governo, che però sono gli stessi che usavano loro. La Meloni non deve inventarsi nulla: le basta copiare gli avversari. Che, come diceva Lenin dei capitalisti, le hanno venduto la corda a cui impiccarli. Anzi, gliel’hanno regalata.
Marco Travaglio
Travaglio è implacabile perché conserva gli articoli degli altri giornali. Lui è la memoria giornalistico/politica del nostro paese, e la memoria è sempre pericolosa.
Rimarco la definizione "destronzi": 👏.
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princessofmistake · 5 months
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Basta cedere alla disperazione, lamentarsi, lagnarsi: al dolore si finisce per abituarsi. E fa male. Fa male non essere perfetti. Fa male doversi preoccupare di lavorare per mangiare e avere un tetto. E con ciò? Sarà pure ora. Questo mese finisce il mio primo quarto di secolo, vissuto all'ombra della paura: paura che mi venisse a mancare una qualche perfezione astratta. Ho spesso lottato, lottato e conquistato, non la perfezione, ma l'accettazione del mio diritto di vivere nei miei termini umani, imperfetti.
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AH COMUNQUE POPOLO DI TUMBLR
Io sono arrivata a 25 FOTTUTISSIMI ANNI ( è già passato il mio compleanno, non preoccupatevi) ma parliamo di VENTICINQUECAZZODIANNIPORCATROH.
Un quarto di secolo.
E niente.. volevo condividere questo mio momento molto sad in quanto:
•sono ancora povera
•non ho sfondato nella vita
•faccio un lavoro che mi piace ma che mi sottopaga
•vorrei ancora fucilare tutti quelli che quando guidano, non mettono le frecce e tu vorresti accelerare e prenderli sotto (se non siete del sud, non potete capire)
In ogni caso, buona giornata 🌻 ( cambierò la bio di Tumblr appena mi collegherò dal PC)
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gregor-samsung · 2 years
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“ Gli Stati Uniti d’America hanno combattuto oltre un centinaio di conflitti in due secoli e mezzo. Fra guerre mondiali e spedizioni di taglia minima, la neonazione inventata dai ribelli antibritannici ha imbracciato le armi più di ogni altra al mondo. Guerre quasi tutte vittoriose nel primo secolo e mezzo, tutte perse o non vinte dopo il 1945. L’ultima e più lunga (2001-2021) è (stata?) quella contro il terrorismo. Modello di uso a-strategico della forza in quanto sfida a un nemico indefinito e cangiante. Conflitto potenzialmente infinito, certamente invincibile. Infatti straperso con il suggello della tragica fuga dall’Afghanistan, il 15 agosto 2021, che si scoprirà prologo del 24 febbraio 2022. La Pax americana è chimera. Logica imperiale impone di distinguere fra conflitti inevitabili e inutili. I primi, strategici e di imponenti dimensioni, aprono e chiudono fasi della potenza, fissano il rango della nazione fra le altre, segnano la storia universale. Decidono. I secondi accelerano l’entropia del sistema. Derive tattiche antimperiali, che accumulandosi possono indurre negativi effetti strategici. Gli americani hanno ingaggiato e vinto cinque conflitti strategici: il primo, istitutivo dello Stato, è Guerra di indipendenza (1776-1783); il secondo, fondativo della nazione, cosiddetta Guerra di secessione (1861-1865); il terzo, contro la Spagna (1898), termina con il controllo di Cuba e l’acquisizione della prima e ultima colonia, le Filippine, di cui la repubblica non sa che fare; il quarto, Prima guerra mondiale (1917-1918), combattuto nel continente di origine, getta le basi dell’impero; il quinto, Seconda guerra mondiale (1941-1945), lo sigilla. E stabilisce la diffusa presenza militare nel mondo. Eccesso di responsabilità da cui scaturisce il rischio di logorarsi in conflitti insieme antimperiali e antinazionali, perché minano la credibilità americana nel mondo e la disponibilità della nazione a sostenerla. Rischio brillantemente gestito grazie all’antemurale sovietico, ma ormai fuori controllo. Le Forze armate americane riunite formano una massa di oltre due milioni e duecentomila soldati. Considerandone le ramificazioni, fra cui diciassette milioni di veterani più rispettive famiglie, un americano su tre ha o ha avuto a che fare con la guerra. In termini relativi, nessun’altra potenza esibisce un rapporto simile fra comunità militare e popolazione totale. Coltello a doppio taglio. Formidabile deterrente contro ogni rivale. Ma anche tentazione permanente a risolvere le controversie internazionali armi in pugno, sottoponendo il paese a stress continui, difficilmente giustificabili. Non era questa la postura auspicata dai fondatori. La disposizione alla violenza degli americani, testimoniata dalla diffusione delle armi e delle milizie armate, non è frutto dell’organizzazione dello Stato ma del temperamento bellicoso della nazione. “
Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Feltrinelli (collana Varia), novembre 2022. [Libro elettronico]
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lamiaprigione · 2 years
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a M. B.
Cara, oggi sono uscito di casa di sera tardi a respirare l’aria fresca che spirava dall’oceano. Il tramonto si spegneva sulla piccionaia come un ventaglio cinese e una nuvola si alzava come il coperchio di un pianoforte da concerto.
Un quarto di secolo fa nutrivi una gran passione per il kebab e i datteri, disegnavi a china sul block notes, canticchiavi, ti divertivi con me; ma poi ti sei messa con un ingegnere-chimico e, a giudicare dalle lettere, sei diventata straordinariamente stupida.
Ora ti vedono nelle chiese in provincia e nella metropoli alle messe funebri di amici comuni, di quelle che vanno adesso in costante successione; ed io sono felice che ci sono al mondo distanze più inconcepibili di quella tra me e te.
Non fraintendermi: alla tua voce, al corpo, al nome non mi lega più nulla. Nessuno li ha distrutti; ma per dimenticare una vita ad un uomo è necessaria, come minimo, ancora un’altra vita. Ed io ho compiuto questo destino.
Hai avuto anche tu fortuna: dove ancora, tranne forse le fotografie, continuerai a vivere senza rughe, giovane, allegra, beffarda? Poiché il tempo, scontratosi col ricordo, riconoscerà la sua impotenza. Fumo nell’oscurità ed aspiro il marciume della bassa marea.
(1989)
J. Brodskij, Versi e poemi
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orotrasparente · 1 year
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fra meno di un mese faccio 25 anni (un quarto di secolo!!!!!!) e per come girano le cose al giorno d’oggi è già un bel risultato
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