Tumgik
#metti una notte
angelap3 · 4 months
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Ho riso così tanto che lo voglio condividere a tutti voi.
😂😅
POESIA:
Quanto sono felice amore mio!
Presto saremo sposati:😍
colazione a letto,
un buon succo e pane tostato.
Con uova strapazzate,
tutto pronto in anticipo.
esco io, verso l'ufficio,
tu veloce al mercato....
Beh, tra solo mezz'ora
devi andare al lavoro,
e sicuramente lascerai
tutto già ben sistemato...
Sai bene che, mi piace cenare presto...
Questo sì, non dimenticarlo mai, che io torno molto stanco sai...
Di notte, teleseries,
cinemateca, comico....
Non andremo mai a fare shopping,
né ristoranti costosi,
né spendere i soldi,
né sprecare stanze...
Cucerai per me,
solo cibo fatto in casa...
Io non sono, come le persone
che gli piace mangiare fuori...
Non credi, cara,
che saranno giorni gloriosi?😍
... non dimenticare che molto presto sarò il tuo amante marito....😍
RISPOSTA SCRITTA DA LEI
Quanto sei sincero amore mio! 🥰
Che tempismo le tue parole!🙏
Ti aspetti tanto da me,
che mi sento intimidita😳
Non so fare le uova strapazzate,
come la tua adorata mamma
Mi brucia il pane tostato...
di cucina non so niente.
A me piace dormire
quasi tutta la mattina,
shopping, shopping,
con la Mastercard dorata...
Bere tè o caffè
in qualche bella piazza,
comprare tutto di design
e i vestiti molto costosi...
Concerti di Luis Miguel
cene a La Guacamaya,
i miei viaggi a Punta Cana
a passare la stagione...
Pensaci bene, 🤔
c'è ancora tempo...
la chiesa non è pagata.😬
Restituisco il mio vestito,
E tu il tuo vestito da sera.😬
E domenica presto
per iniziare la settimana
Metti un annuncio sul giornale,
con un testo ben evidenziato:
"GIOVANE E BRAVO UOMO
CERCA UNA SCHIAVA,
PERCHÉ LA SUA EX FUTURA MOGLIE,
IERI LO HA MANDATO A FAN....CULO
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 11 months
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E poi il silenzio... I rumori nella stanza... Li sento dietro di me... Sento i tuoi passi riecheggiare nella mia testa... La paura... La voglia... Il sesso che si bagna... Sentirsi sfiorare... La bocca che si asciuga... Mille emozioni vissute al buio... Quel buio che hai dentro di te e che vuoi farmi assaggiare... Sono in attesa... Fammi sentire chi sei... Fammi capire cosa vuoi... Raccontami le tue paure... I tuoi cancri... Sono la tua spiaggia desolata e arida... Metti il tuo seme del peccato in me e guardalo sbocciare... Fiorirà sotto alle tue fredde mani come una rosa nera che piange di dolore... Quel dolore così intenso che fa tremare... Che fa godere oltre ogni limite... Che fa ansimare... Che ci unisce... Che ci rende un unica stella nella notte dei nostri cuori soli... Che ci fa brillare in questa oscurità che ci avvolge... Emozioni che ci rendono schiavi dei nostri demoni... E che solo assieme sappiamo liberare...
~ Virginia ~
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libero-de-mente · 3 months
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𝗜𝗟 𝗦𝗔𝗕𝗔𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗔𝗧𝗨𝗥𝗔𝗡𝗗𝗢
𝗣𝗿𝗼𝗹𝗼𝗴𝗼
- Papà domani mattina mi accompagneresti in auto a scuola?
- Certo Gabriele, se vuoi. Perché questo cambio di programma?
- Eh, metti che la TEB - (metropolitana leggera a cielo aperto della nostra città) - sia in ritardo o abbia un guasto. Non voglio rischiare il giorno del mio esame finale.
- Giusta osservazione, cercare sempre la via sicura. Ti accompagnerò io.
𝟮𝟵 𝗴𝗶𝘂𝗴𝗻𝗼
La notte è stata insonne per lui, l'ho sentito alzarsi più di una volta.
Quelle notti dove sai che il giorno dopo ti giocherai un altro passo importante nel proseguimento della scuola. La chiusura della settimana degli esami per la maturità.
Un lustro di fatiche, incomprensioni, colpi di genio, inaspettati metodi di studio, che l'esperienza scolastica gli ha fatto trovare. I voti alti, le cadute, i pugni dati sulla scrivania, la voglia di recuperare con rabbia e di esserci riuscito alla grande. I sorrisi, quelli di quando mi annunciava di un voto alto che, forse, neanche lui si aspettava.
Credo che lui non lo sapesse, ma stava guardando gli occhi di un padre che credeva in lui e si aspettava tutto ciò.
Gli amici, le compagnie mai nate per quel maledetto virus che per molto tempo lo ha imprigionato a casa.
Era un 4 marzo, si aspettava la primavera per poter tornare ad assaporare le compagnie nel parco pubblico. Invece arrivò una terribile notizia, come se gli studenti fossero soldati e che dovessero andare in guerra. Chiusi nelle trincee (case) per colpa di un nemico invisibile. Così quell'acronimo DAD divenne di uso quotidiano.
La rinascita. Le amicizie che si consolidano, gli amori adolescenziali. Così puri, scanzonati e forse mai impegnativi.
Questa mattina il viaggio verso la scuola, a un certo punto, è diventata una processione. File di ragazzi vestiti eleganti, per un appuntamento che svolterà la loro vita. Tailleur, completi e tante camicie bianche.
A un semaforo, mentre si attendeva il verde, noto questa ragazza. Tratti sudamericani che richiamano le nobili dinastie delle civiltà precolombiane. Vestita di tutto punto, con un mazzo di fiori tenuto sotto braccio mentre con le mani teneva aperto un grande quaderno con gli appunti. Mentre camminava a testa alta stava ripetendo a voce alta la sua: "dichiarazione volontaria di prendere a tutti i costi quel diploma, con un voto alto".
Probabilmente non potendola accompagnare a scuola, qualcuno, le ha donato quel mazzo di fiori come un rituale di buona sorte.
Era bellissima, volevo dirle dal finestrino quando mi stava passando vicino: "andrà tutto bene, sarai magnifica".
Ma non sapevo come avrebbe reagito, se per sorridere allentando la tensione o arrabbiandosi perché le avrei fatto perdere la concentrazione. Così glielo detto col cuore.
Arrivati a scuola il saluto, l'abbraccio. Le parole che non gli ho detto per non caricarlo di ansia, ma che ho tutte qui nel mio cuore.
La promessa. Quella di mandarmi un messaggio su WhastApp appena avrà finito il suo esame.
Sto scrivendo questo post proprio mentre lui sta raccontando, spiegando, gesticolando e impegnandosi per chiudere un percorso scolastico che lo vedrà, da subito, in pista per l'Università.
A volte mi fermo a pensare quanto possa essere stato un pessimo padre. Poi penso al fatto che i miei figli sono tutto quello che avrei voluto essere io. Loro ci sono riusciti. Forse noi genitori, alla fine, non siamo stati poi così male.
p.s. stavo per postare questo mio pensiero. Quando su WhastApp appare questo messaggio: "finitoo🥹🥹🥹"
Ho fatto click di invio di questo post con gli occhi lucidi, non riuscendo più a leggere per le lacrime. Adesso scusatemi ma devo levarmi dagli occhi tutte quelle soddisfazioni che non ho mai avuto, ma che sono riuscito a far avere a chi conta più della mia stessa vita.
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anonpeggioredelmondo · 4 months
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La ricetta del pane
@finestradifronte ha chiesto che condividessi la ricetta del pane, e io sono in imbarazzo, perché in realtà è una cosa disarmantemente semplice.
Tipo: prendi mezzo kg di farina, un citto in più di un quarto di litro di acqua, un cucchiaino di sale e un paio di cucchiai di olio.
Prima di impastare sciogli nell'acqua un po' di lievito fresco, tipo sei grammi (un quarto del panetto standard), ma ne puoi mettere anche molto meno, quando faccio la pizza uso un quarto di panetto su 2 kg di farina.
Mescoli il tutto e impasti con le mani finché non senti che la massa è perfettamente liscia e amalgamata, servono una decina di minuti, poi lasci lievitare anche tutta la notte, anche se dovesse "sgonfiarsi" per eccesso di lievitazione non è un problema.
Rimpasti e dai la forma, in questo caso ho fatto una baguette cicciotta, e rimetti a lievitare per due - tre ore.
Trascorso questo tempo, pratichi una incisione profonda un paio di cm per tutta la lunghezza della forma e metti in forno già caldo a 230 - 240 gradi per una quarantina di minuti.
L'unica accortezza è fare lievitare l'impasto in un contenitore chiuso, a riparo dall'aria, in modo che non si secchi la superficie.
C'è di bello che il pane può non venire esattamente come pensavi venisse, ma è sempre pane ed è sempre buono, il resto lo fa l'esperienza.
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smokingago · 1 month
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🍀
Stai bene da sola, ma da sola soffri tanto. Non lo ammetteresti mai, ma si vede da come sei gentile con chiunque, anche con chi non lo merita per niente. Vuoi che le persone ti vogliano bene, e per quanto tu cammini con l’aria di chi non ha bisogno di nessuno tu hai costantemente bisogno di qualcuno. Paure sconfinate e piedi piccolissimi che non ti permettono di scappare abbastanza lontano. Lontana non ci sai andare, poi ti manca l’aria e non sai che fare, ti piace l’Italia, ma non è l’Italia che ti piace, sono quelle dieci o undici persone in tutto senza le quali non sapresti andare avanti, perché ci metti anni ad affezionarti a qualcuno, ma dopo è per sempre. O insomma, quasi. Come tutte le cose belle.
Mi fai sorridere quando dici che non credi agli amori infiniti e poi ti trovo commossa di fronte a un cartone animato che avrebbe dovuto far ridere. Tu non piangi mai perché sei delusa, quando sei delusa urli. Quando piangi è perché speri, speri e non vuoi ammetterlo. Sperare ti ferisce, in qualche modo. Credi che non sia da te, così piangi guardando film comici e ti giustifichi dicendo che non sai davvero come mai, “è da quando sono piccola che mi succede”. E ora come sei? Ti senti grande?
Ti piace la notte e ti piacciono le canzoni che non si usan più e i modi di dire che non si usan più. Tutto in te è sincero, perfino il modo di vestire e di pronunciare le parole. Perfino il modo di respirare. Non ti controlli, non ci riesci e credi che sia un male, invece è meraviglioso, sei un fiore selvatico, uno di quei fiori che non si può cogliere ma solo guardare. Profumi molto, se tu fossi un ricordo saresti l’odore delle lenzuola appena lavate, se tu fossi in me ti ameresti come gli uccellini amano volare, di un amore necessario. Se tu fossi in me ti ameresti per non morire.
Sono qui che ti guardo, assomigli ad una poesia che nessuno mi dedicherà mai, una di quelle poesie che a leggerle pensi che sarebbe stupendo se qualcuno ti vedesse in quel modo e ti amasse così tanto, invece niente, ma non per questo sei meno bella, non per questo, mai.
Susanna Casciani
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ORO - Quando ti senti sola
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gregor-samsung · 1 year
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“ Fine di luglio. Una mattina metti il naso fuori: Genova è deserta. Tutti partiti nella notte? Spazi immensi, vuoto, nel tremore dell’aria calda si distinguono lontanissimi palazzi. Tutto è fermo, come una lucertola sul muro. Silenzio: in collina arriva il rumore del mare e il grido dei gabbiani. Rari turisti intenditori in cerca di qualcosa. Ma ecco, qualcosa accade: vecchie persiane, chiuse da mesi, si aprono, stanze, buie da mesi, si illuminano, dimenticate serrature cigolano. È questo il momento in cui Gino, Elisa, Enzo e gli altri prendono coraggio, aprono le porte e scendono in strada. Camminano sui marciapiedi, siedono sulle panchine, parlano da soli ai crocicchi, studiano i semafori, chiamano i gatti. Vestiti nei modi piú strani, chi con l’impermeabile, chi col maglione, chi con gli scarponi da montagna, chi con le ciabatte da mare. È un’esplosione, come quella delle lumache dopo la pioggia. La città è loro. Padroni per un giorno. Io, scorrazzando in Vespa, mi accorgo che ne conosco pochi. La città è piena di persone che non esistono. Fine di agosto. Tornano dalle vacanze file di auto piene di sbadigli. In pochi giorni le lumache riscivolano nei buchi. Chi non le ha viste, non le rivedrà piú. “
Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi (collana Super ET), 2021¹; pp. 66-67.
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canesenzafissadimora · 5 months
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ARRIVERÀ
Arriverà, fidati.
Arriverà e scoprirai quanto sia facile respirare e ridere nello stesso tempo.
Perché lo noto che in questo brutto periodo, spesso, trattieni il respiro per non crollare a piangere.
Che guardi di fronte a te, ma in verità non vedi nulla. Che lo sguardo è vuoto perché, invece, la testa è piena. Piena di pensieri, piena di ansie. Ma credimi, arriverà la svolta.
Come la luce del giorno dopo l’oscurità della notte.
Come la primavera con i suoi profumi e i colori, dopo la rigidità dell’inverno.
Come sentire la canzone che ami, dopo aver girato a lungo i canali della radio.
Come un abbraccio dato da chi pensavi distante da te. Come quando si chiarisce con una persona a cui si tiene, ma che un’incomprensione aveva allontanato. Come l’acqua fresca e rigenerante che scorre sul viso e sul corpo dopo aver fatto una lunga e affannata corsa. Come, forse, queste parole che ti servivano dopo aver creduto che tutto fosse ineluttabile. Perché ricorda, nulla è per sempre, ma nemmeno nulla è perduto. Arriverà e sarà splendido. Ora metti tutta la forza che hai per scovare il sole oltre alle nuvole, per cogliere quel raggio di luce in mezzo alla tempesta...
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"Riflessioni per Rinascere"- Simona Bianchera
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filorunsultra · 6 months
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SciaccheTrail TRC Expedition 2024
Ogni anno c'è il weekend di Sciacche, e ogni anno c'è un pezzo su questo blog intitolato così (qui il primo, qui il secondo). Ah, avvertenza: ho scritto di getto e senza rileggere. Lo faccio quasi sempre su questo blog (mai altrove, beninteso). Poi ci ritorno sopra nei giorni successivi. Cosa imperdonabile, lo so, ma qui mi permetto sciatterie altrove vietate. Facile insomma che se rileggete un articolo dopo qualche tempo, cambi qualcosa.
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Io, la Chri, Pass, Marta e Amanda Basham, durante un'intervista per Coltellate all'Alba, la domenica mattina, al negozio del Nic e la Chri di Manarola.
Dunque, partiamo dall'inizio. L'anno scorso, il giorno dopo la gara, io e il Pass ci recammo a Riomaggiore per la conferenza stampa di presentazione di una nuova distanza, la 100k, che si sarebbe aggiunta alla classica 47k. Andammo alla presentazione e c'era già un'idea di percorso, l'idea: unire il mare all'entroterra, da cui, parrebbe, provengano le vere origini dei popoli delle Cinque Terre. Qualche mese fa il Nic mi invitò a correrla e io intelligentemente rifiutai (perché continuo a essere convinto che non riuscirei a preparare una 100k dura per fine marzo). Il Pass invece ci credeva e si è iscritto, e io sono andato a fargli da pacer, un po' per lui, un po' per la gara, a cui, comunque, in qualche modo avrei voluto partecipare. Un anno dopo sono a Cognola, dopo una corsa in Argentario e una pastasciutta a Povo (che in primavera suscita ancora più nostalgia), con il Metti e la Marta, ad aspettare la Leti che esca di casa tutta trafelata dopo aver "smontato" il turno in comunità. Comunque la strada per Monterosso è lunga e brutta e la Cisa fa davvero schifo. Alla fine arriviamo all'imbrunire, trovando il Pass nel suo furgone, parcheggiato nel carissimo parcheggio sul mare a Monterosso, cercando di dormire in vista dell'imminente parenza. Andrea è qui dal giorno prima e ha già ritirato il pettorale, così accompagniamo Marta a ritirare il suo, trovando il Nic già completamente andato (lo dice lui) ma galvanizzato dal weekend che sta per iniziare. Poi andiamo a mangiarci una pizza in paese, dove ci sono seduti anche Kathrin Goetz e suo marito, e dove soprattutto incontriamo il grande Jacopo Bozzoli che avevo visto l'ultima volta al Morenic e sono super contento di rivedere. Dopo la pizza torniamo in macchina ad aiutare il Pass a prepararsi lo zaino.
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I letti per la prima notte: la Leti sopra, nel tendalino, io sotto, nel furgone, Marta e Metti nella macchina del Metti. Il Pass non c'è perché è in gara e la sua partenza è a Riomaggiore a mezzanotte. Dopo aver fatto lo zaino, la Marta va a letto, visto che il giorno dopo deve correre la sua prima ultra e ha programmato di svegliarsi esageratamente presto per fare colazione. Prima che parta, io, il Pass e la Leti ci chiudiamo in furgone per ammazzare il tempo guardando il documentario di Jeff Browning a Moab 240 (Jeff è il mito del Pass). Poi lo accompagniamo alla stazione di Monterosso per prendere il treno che lo porterà alla partenza a Riomaggiore, ad appena 13 minuti di treno più in là. Non glielo dico, ma ho programmato di svegliarmi verso l'una e mezza di notte per vederlo passare al suo 17esimo chilometro a Monterosso, così io e la Leti andiamo a letto per provare a dormire. Due ore dopo la sveglia suona ed è orribile. Mi metto le Birkenstock e vado al ristoro, dove i primi devono ancora passare. In generale i tempi stimati sono tutti più lenti e così passa un'ora prima che Andrea arrivi. Poi alla fine distinguo la sua corsa sbucare dall'oscurità e gli chiedo come va. Ha scavigliato un paio di chilometri prima, si fa una fasciatura ma per il resto sta bene; è contento di vedermi e faccio con lui un chilometro fino al parcheggio. Torno a dormire. La seconda sveglia è dannatamente presto, appena quattro ore dopo. Facciamo la prima colazione e poi accompagniamo Marta alla partenza. Ci sono Kuba, Mau e la Raffaella Ressico, sono contento di vederli. Nel frattempo mi arriva un messaggio dal Pass che dice di aver scavigliato di nuovo, ha perso una ventina di posizioni ed è rimasto solo, percepisco che sia vicinissimo a ritirarsi ma non glielo chiedo: se sta male sarà lui stesso a dirmelo, ma non sarò io a dargli l'idea. Intanto la 47k parte e io, il Metti e la Leti andiamo a fare una seconda colazione. Poi loro partono di corsa verso Manarola, io resto in macchina e poi prendo un treno, per raggiungerli, prezzo di 5 euro (per fare circa 8 minuti di treno). A Manarola la Marta passa in sesta posizione e sta benissimo, siamo contenti di vederla e le facciamo un po' di tifo, forse troppo perché affronta le scalette dopo il paese con eccessivo entusiasmo. Mangiamo un panino vegetariano di rara bontà e riprendiamo il treno per Monterosso.
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Qui iniziano i casini: il primo treno che prendiamo non ferma in paese e così ci ritroviamo a Levanto. Il controllore non ci fa la multa e per pura casualità non mi controlla il biglietto che non ho, perché non avevo fatto a tempo a farlo in stazione. A Levanto dobbiamo aspettare venti minuti e iniziamo a pensare di non riuscire ad arrivare in tempo alla aid station di Riccò del Golfo, dove dovrei iniziare a fare da pacer al Pass. Quando arriviamo finalmente a Monterosso spostiamo tutte le cose della Marta nel furgone del Pass, con l'idea di prendere la macchina del Metti con cui la Leti dovrebbe accompagnarmi a Riccò, mentre Metti resterebbe in paese per aspettare l'arrivo della Marta. Saliamo finalmente in macchina, la Leti gira la chiave ma la macchina non si accende. Proviamo un paio di volte ma la batteria è chiaramente andata. Nel frattempo il Metti si è aperto una gamba contro un pezzo di ferro arrugginito che spunta da terra nel parcheggio, ma non ha tempo per preoccuparsene e non gli fa nemmeno tanto male. Andiamo in cerca di un paio di cavi e dopo dieci minuti finalmente li troviamo in un bar vicino, ma non funzionano. L'unica è andare col furgone del Pass, che però la Leti non si sente di guidare. Così chiudiamo tutto, rispostiamo le borse, abbassiamo il tendalino, e io e il Metti partiamo. Il furgone del Pass non ha benzina e i freni sono andati, ma in qualche modo, tra incidenti e tornanti, arriviamo a Riccò. Scendo al volo e il Metti riparte. Da qui le nostre strade si dividono. Una volta tornato indietro, mi racconteranno, il Metti avrebbe chiesto una medicazione ai medici della gara, poi sarebbe andato al pronto soccorso di Levanto, pagando altri 5 euro di biglietto del treno (nelle Cinque Terre il biglietto costa sempre 5 euro, che tu faccia una o cinque fermate, sempre 5 euro). In ospedale gli avrebbero fatto la profilassi antitetanica chiedendogli consenso soltanto dopo avergliela iniettata. Nel frattempo avrebbero trovato altri cavi con cui far partire l'auto. Il buon Tommi Maggiolo, un nostro amico ligure che abbiamo conosciuto alle Group Runs del mercoledì, aveva deciso di raggiungerci da Chiavari per vederci arrivare. Non aveva calcolato gli scioperi dei treni e così sarebbe rimasto bloccato a Monterosso e costretto a dormire con noi in furgone la notte successiva.
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Nel frattempo alla aid station di Riccò del Golfo aveva iniziato a piovere. La Chri era arrivata ma del Pass ancora nessuna traccia. Resto ad aspettarlo lì per delle mezz'ore quando finalmente lo vedo comparire nel tracking della gara e decido di andargli in contro. Riesce a correre in salita ma gli fa male la caviglia. Si cambia, mangia qualcosa, e ripatiamo. I primi chilometri dopo la aidstation sono i migliori che avremmo trovato nei successivi 40. Il tempo fa schifo e, ammettiamolo, anche il paesaggio. Comunque proseguiamo, inseguendo il fantasma della Chri 10 minuti avanti a noi (solo poi sarebbero diventate mezz'ore, e infine ore). La prima discesa sembra il Vietnam, è piena di fango e il sentiero non è davvero un sentiero. Raggiungiamo finalmente il ristoro di Biassa e poi affrontiamo il Telegrafo, che non tarda ad arrivare. Superata quell'ultima cima e il relativo ristoro, ritorniamo sul versante del mare, da cui risbucano dalle nuvole gli ultimi raggi di sole della giornata. Il tramonto arriva definitivamente a Riomaggiore: il Pass è carico e sente profumo di arrivo, ma è ancora lunga, 8 chilometri più lunga di quello che avremmo immaginato. Addenta comunque le salite di Riomaggiore e di Manarola, ma le discese sono un'interminabile agonia. La caviglia gli fa male e le rocce bagnate dall'umidità del giorno sono diventate delle saponette. La discesa da Volastra è forse il pezzo peggiore della 47k, quando lo si affronta con appena 40 chilometri sulle gambe, figurarsi con 80 e una caviglia malmessa. Ciononostante, arriviamo a Corniglia. Da qui a Vernazza dovrebbe essere veloce ma non lo è. Inizio a guardare l'ora poco prima di arrivare in paese, conto di fargli tirare dritto il ristoro per chiudere sotto le 24 ore, ma quando scorgo un'altra ansa della costa da dover superare mi convinco che non ce la possiamo fare. Ogni chilometro è interminabile e Andrea non si capacita di come possano esserlo: è normale amigo, gli dico. Le gare lunghe sono così. Ci sono due tipi di ultra, quelle in cui, grossomodo, la media è di 10km/h, e cioè quelle in cui tendenzialmente corri, chilometro più chilometro meno, e ci sono quelle da 5km/h, in cui cammini. Puoi andare più lento o più veloce ma grossomodo la media è quella. Ne mancano più di 6, e al nostro passo significa due ore. Così affrontiamo l'ultima discesa a Vernazza e poi quella fino a Monterosso. Terribile resta terribile, ma è l'ultima. Sul sentiero a picco sul mare, illuminato solo dalla luna e dalla sua frontale semiscarica (di quattro che ne avevamo, solo quella che mi aveva prestato il Metti era rimasta accesa, e io mi ero ritrovato a correre gli ultimi 20km senza frontale) — sul sentiero a picco sul mare, dicevo, illuminato dalla luna, fermo il Pass e gli faccio notare la bellezza del momento: siamo solo io e lui, di notte, con la luna piena, a guardare la scogliera sotto di noi. Lui è sbudellato e non sono certo che se ne accorga, ma ci tengo a farglielo notare perché spesso quando soffriamo non riusciamo del tutto a assaporare le cose belle. E in alcuni momenti anche io avrei voluto avere qualcuno accanto che mi distogliesse dalla gara e dalla sofferenza e mi facesse guardare quel pezzo di mondo coi suoi occhi. Sussurra qualcosa di sconfortato, si ripete che è ancora eterna: gli dico che lo è, che soffrirà ancora, ma che domani mattina sarà la persona più felice del mondo.
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Nel frattempo i nostri cellulari si sono scaricati e siamo completamente isolati dal mondo. L'ultimo chilometro è lunghissimo e talmente lungo che nemmeno l'adrenalina riesce ad accorciarlo. Così tratteniamo il respiro, poi prendiamo le scalette sul mare, e infine arriviamo in paese. Il gonfiabile d'arrivo è stato smontato e c'è solo un bellissimo archetto di rami di vite e pampini. L'arrivo è intimo: ci sono Metti, Leti, Marta, Tommi, Nic e la Chri, che dopo essere arrivata è rimasta ad aspettare gli ultimi, da buona americana. Mangiamo un sacco al luculliano terzo tempo della gara, in cui siamo rimasti solo noi. L'orologio segna mezzanotte e mezza, il paese è deserto. Ci raccontiamo le storie della giornata, di quanto sia stata bellissima e orribile. Di quanto il Pass sia stato un duro a chiuderla, mosso da un solo sentimento: il desiderio. Ha chiuso SciaccheTrail 100 perché ci teneva da morire, per il Nic, per la Chri, per chi si è sbattuto a organizzarla. Voleva farlo e lo ha fatto, scavando nel profondo. Dio se ha scavato, posso garantirlo. Così raccattiamo le nostre cose e ci incamminiamo per quell'ultimo chilometro tra l'arrivo e il parcheggio. Ci facciamo la doccia e andiamo a letto: io e la Leti nel tendalino, e il Pass e Tommi di sotto.
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La mattina è dolce e il Pass è la persona più felice del mondo, come avevo detto. Salutiamo quattro volte il Tommi che per quattro volte ci saluta per andare a prendere il treno, per poi tornare indietro ogni volta constatando che anche quello è stato annullato. Facciamo colazione e poi Tommi se ne va davvero. Raccattiamo le cose e andiamo a Manarola dove abbiamo un appuntamento con Amanda Basham e sua sorella, il Nic e la Chri per cercare di registrare un podcast che non abbiamo preparato. Non sono mai entrato nel negozio del Nic perché di solito la domenica è chiuso e l'unico momento in cui avrei il tempo è dopo la gara: di per sé è molto carino e accogliente anche se ora è invaso dagli scatoloni. Facciamo l'intervista e parliamo di cose che non ricordo, poi andiamo a mangiare nello stesso posto in cui abbiamo mangiato il giorno prima. Spendiamo in modo irragionevole e mangiamo in modo irragionevole. Poi ripartiamo: Riomaggiore, Spezia, Cisa, Parma, Modena-Brennero. Io e il Pass ci stiamo addormentando e siamo rimasti solo io e lui, ancora una volta. Sono contento perché questo pellegrinaggio ormai per tradizione è nostro. Parliamo di tante cose, animatamente, felici, concordi. Sono contento, anche lui e adesso lo sa. Ci vediamo l'anno prossimo.
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alexjcrowley · 1 year
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Roba fin troppo niche ma ho realizzato che idealmente Alfred è L'Armadillo di Bruce Wayne (sì, L'Armadillo di Zerocalcare) e, a me che mi diverto con poco, questa cosa fa morire dalle risate.
Cioè immaginate Gordon che fa partire il batsegnale alle 3 di notte e Bruce che si veste da Batman chiedendo ad Alfred il suo supporto tecnico mentre Alfred, giustamente, stava dormendo, e gli risponde "Sì, sì, Master Bruce, mo te raggiungo col coso, come se chiama, er coso dai...ah, sí, te raggiungo cor cazzo".
Alfred che spiega a Bruce la tecnica segreta del "se beccamo" per parlare con Selina.
Bruce che torna a casa alle 5 del mattino col costume da pipistrello, distrutto dopo una notta a inseguire Catwoman, e Alfred che lo accoglie con "Hai scopato?" "No" "Sei cintura nera di come se schiva la vita"
Bruce che si lamenta dei problemi che affliggono la sua vita da miliardario e Alfred che gli risponde "Guarda che mi sa che è peggio annà a lavorà in cantiere, così, a occhio".
La reazione di Alfred a Bruce Wayne che sceglie di diventare Batman è "Te l'hai indagata 'sta cosa co' un professionista? Che quando una cosa po anna' liscia, te te metti a fa i numeri da circo per farla veni' a sangue e merda?"
Bruce che sta a rispiegare ad alta voce la sua tragic backstory e Alfred che gli fa "Ma perchè m'hai attaccato 'sta pippa, per famme sanguina' l'orecchie? Io già a so' 'sta storia, so' il maggiordomo tuo, te ricordi, sì?"
Bruce che fa tutti i suoi monologhi epici sul bene, sul male, sulla giustizia, e Alfred che gli risponde "Guarda, è uno spunto interessante, però nun mo o devi di' a me, anzi sai che facciamo ora? Lo segnaliamo a un amico mio, che pensa un po' è proprio la persona preposta a raccogliere queste idee. Lo sai chi è? STOCAZZO"
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isjoen · 2 months
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Vabe visto che sono costretta a stare qua in vacanza in mezzo al nulla con i miei parenti, allora vi beccherete tutte le mie lamentele su cose stupide ma che nella mia vita diventano trigger assurdi. Avere a che fare con la mia famiglia consiste nel:
- non avere privacy, per niente.
- non avere il diritto di non avere fame.
- non avere il diritto di avere troppa fame.
- non poter piangere perché vogliono sapere tutto (e questo si ricollega alla privacy).
- non poter mostrare alcun sentimento perché poi sei pesante.
- non poterti vestire comoda perché altrimenti sei sciatta.
- non poter aver dimenticato un vestito a casa perché altrimenti fai solo spendere soldi per roba che non metti mai (però io vorrei sapere dove metto la roba di un mese dentro un bagaglio a mano).
- non poter volere silenzio perché esiste solo il loro modo di parlare e quindi non si può fare diversamente, però tu non devi urlare.
- non poter avere ritmi diversi dai loro (ritmo veglia sonno, quantità di cibo, orari dei pasti, tempo per prepararsi) perché sei lento e scansafatiche. Però ti avvisano all’ultimo minuto per tutto.
- non poter fare le cose per testa stessa perché devi sempre correre per loro, devi sempre fare un passo indietro per loro (esempio: io entro in doccia, vado a prendere il pettine e mi viene detto “dai io non ci metto niente, vado prima io”).
- non poter pensare a te stessa perché loro si arrabbiano se tu stai male, non puoi stare male, altrimenti stanno male loro.
Quindi reprimi tutto e la notte non dormi così puoi piangere, puoi fumare, puoi scrivere, puoi respirare. Poi domani di nuovo un’altra prova di sopravvivenza e la cosa più triste è che loro non si accorgono di niente, perché non vogliono affrontare il dolore con te e quindi non lo percepiscono, per loro sei solo “un po’ nervosa” e ti prendono anche in giro. Devi solo sorridere perché quella è una versione di te più accettabile quindi tu sei responsabile se solo sono felici, tristi o a disagio.
Immaginate vivere così per 30 anni e comprenderete perché io viva praticamente una doppia vita.
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nottidasuicidio · 1 year
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in una notte afosa e insonne mi rigiro nel letto, ho un macigno nello stomaco ma non riesco a parlarne con nessuno. Tu mi guardi da lontano, ci siamo cacciati dalle nostre vite però tu ancora mi guardi e mi metti like per dirmelo: forse mi avresti scritto, ma dopo la mia ultima reazione hai preferito di no.
è notte, fa caldo, sudo e respiro male. non riesco più ad aprirmi con nessuno da quando non ci sei più. Ti scrivo io allora “ho bisogno di parlarti”. E tu mi rispondi subito “ehi, come stai?”.
non lo so nemmeno io come sto, mi sento quasi di essere stato in apnea per questi mesi. Tu ti sei lasciata, mi dici, e il bastardo del mio cuore pensa di avere una possibilità però hai già un nuovo amore: in fondo tu fai questo, non sai stare da sola, vai di fiore in fiore.
realizzo che la persona che amo non esiste, è solo una mia idea: sorrido amaro. però ho ancora bisogno di parlarti, di aprirmi con qualcuno.
lo faccio, mi viene naturale, tu mi ascolti e ribatti e torno a respirare. parliamo anche di noi, un po’ ti scusi per quello che mi hai fatto, un po’ c’è una malinconia velata: parliamo dei film che dovevamo vedere, delle cose che ci siamo detti, delle cose che abbiamo fatto.
parliamo della nostra ultima conversazione, quando ti ho detto che non sono tuo amico e te lo ridico: per me sei indefinibile, sei la stronza che mi ha spezzato il cuore ma per cui continua a battere.
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libero-de-mente · 6 months
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Oggi è sabato, non un sabato qualunque come cantava Sergio Caputo. Questo sabato è quello che sta tra il venerdì Santo e la domenica di Pasqua. Scendendo le scale condominiali incontro il bimbo, quello che abita sotto "Il Signore che sta su"*. Cioè me. Lo incontro come sempre, vista la tenera età, con la madre. - Pecchè sei qui te? - mi chiede appena mi vede - Ehm, dove dovrei essere scusami? - Ma tu sei molto - "Molto"? - Si molto in cloce, ieri all'olatolio ho visto la "Via Cucis", Gessù è molto in cloce - Aaaah, si certo. Ma poi sono risorto, non te lo hanno detto? - Si ma lunedì oggi è sabato - Si hai ragione, ma sai questa notte ci sarà il passaggio all'ora legale. Così ho anticipato! Metti che il lunedì, avendo perso un'ora di sonno, tutti siano mezzi addormentati (leggasi rincoglioniti). E se non mi riconoscessero? Di sicuro io ci rimmarrei male.
Capisco che non ha compreso bene questo passaggio, quello dell'ora legale, dimenticandomi che il bimbo vive ancora quel periodo di vita in cui, degli orari, non gliene frega assolutamente nulla.
Il bimbo mi guarda con un punto interrogativo stampato in fronte, io guardo sua madre cercando un punto esclamativo sulla sua fronte. Lei tenendosi una mano sulla bocca, per non scoppiare a ridere, guarda suo figlio come se avesse l'emoji del cuore su tutto il volto.
- Cosa hai visto durante la Via Crucis? - gli chiedo per interrompere il momento di stallo - Che ti hanno dato tante botte, ma tante - facendo il segno con la manina di un pugno che colpisce Lo guardo con tenerezza, quando di botto mi dice - Ma tu folse non sei Gessù, tu sei Babbo Natale.
La madre non regge, come una diga che collassa esplode. Sono fragorose le risate. Saluto e finisco di scendere le scale. Conscio che la mia peluria sta sbiancando e che no, ma proprio no, non comprerò nessuna colomba pasquale. Meglio investire il tempo in una sana camminata. Per perdere qualche chilo.
Dalla Passione di Cristo a Cristo che pressione ci è voluto davvero poco. La prova costume questo anno solo con l'intelligenza artificiale.
* vedere post precedenti
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benzedrina · 1 year
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La mia sconfitta personale più grande è quando mi ritiro in macchina per le 2/3 e devo girare 30 minuti abbondanti alla ricerca di un posto. Di quelle sconfitte tanto sofferte in cui vorrei fermarmi in mezzo alla strada e dire al primo che mi viene a bussare al finestrino "mi è concesso piangere?". Perché è quello che vorrei fare, piangere perché non posso farci nulla, perché non posso manco dare la colpa al capitalismo, ma manco alla fortuna se quello davanti a me con un suv ha trovato posto perché un tizio ha lasciato il posto libero proprio ora. Io al decimo giro, quello con il suv invece al suo primo giro. Perché a una certa a girare intorno li riconosci i disperati come te, ti diventano quasi fratelli, tanto da voler scendere, preparare un tavolo e sentire perché pure loro si ritirano a quest'ora. Che poi non è che vivo in una grande città dove i posti se ti ci metti te li puoi inventare, o in una piccola città dove c'è ne sono in abbondanza. Vivo in quel limbo di città con circa 100k abitanti che a trovare posto a prescindere devi faticare ma di notte non puoi manco improvvisare, devi solo soffrire. Desidero ora l'implosione come gesto catartico e simbolico nei confronti di chi ha fatto l'urbanistica, di chi ha alzato piani ma ha ristretto ste strade senza traccia di alberi ma solo asfalto e mattoni, per non parlare che a contare i passi carrabili e i posti dei disabili ne esci pazzo, sono numeri oltre la decina in ogni strada. Che poi la serata non è stata chissà cosa, nulla di epico o incredibile. Siamo andati in un'altra città, io e te, che per carità, non stavamo da soli da mesi, mi hai parlato di questo nuovo tizio che t'ha appeso per mesi e ieri ti sei accorta che era meglio lasciar stare tutto, abbiamo mangiato qualcosa e il tempo è passato. Potevamo anche stare a casa, sarebbe stata la stessa cosa, e invece no, devo imprecare per un posto. Non che mi aspettassi chissà cosa, mesi di vuoto e poi ritorni, e io ho imparato a viverle senza aspettative ste cose.
Infine ho parcheggiato sulle strisce blu, domani prima delle 9 devo spostare la macchina, e nel tornare a casa c'era un posto bellissimo proprio a 2 passi, ma la macchina è lontana e sicuro se torno indietro qualcuno disperato come me parcheggia in questo bellissimo posto libero.
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Pasta sfoglia: non è così difficile farla in casa!
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INGREDIENTI:
Per il pastello di farina:
150 g di farina “0”
25 g di burro morbido 
60 g di acqua
10 g di aceto di vino bianco
Per il burro da incasso:
125 g di burro
PROCEDIMENTO:
In una ciotola, o su un piano di lavoro, disponi la farina a fontana e metti al centro il burro morbido, l’acqua e l’aceto;
Amalgama il burro ai liquidi e poi inizia a incorporare la farina pian piano fino a formare un impasto e lavoralo per circa cinque minuti. Poi forma una pallina leggermente schiacciata, avvolgilo nella pellicola e mettilo in frigorifero per almeno una notte;
Tirate fuori dal frigo il burro e fatelo ammorbidire per cinque minuti, poi disegnate un quadrato di 14 cm per lato su un foglio di carta da forno;
Tagliate il burro a pezzi e disponeteli sulla carta da forno nel perimetro del quadrato. Poi ripiegate la carta da forno sul burro e stendete il burro fino a ottenere un quadrato dello spessore di un paio di millimetri. Poi mettete il burro in frigorifero per una notte;
Il giorno dopo riprendete l’impasto di farina e fategli un’incisione a croce, ripiegate poi i lembi verso l’esterno e stendete la pasta per formare un quadrato grande il doppio del panetto di burro (25/28 cm per lato);
Girate il quadrato di pasta per avere davanti a voi un rombo e mettete al centro il quadrato di burro, poi ripiegate gli angoli della pasta per chiudere il burro all’interno;
Stendete il tutto per formare un rettangolo poi giratelo in orizzontale e fate la prima piega da tre: prendete il lato sinistro della pasta e ripiegatelo un po’ oltre la metà del rettangolo, poi prendete l’altro lembo di pasta e ripiegatelo sopra;
Mettete il tutto su un vassoio infarinato, coprite bene con la pellicola e fate riposare per 5 minuti in freezer e per 55 minuti in frigorifero;
Quando l’impasto sarà riposato dovrete fare la piega da 4: stendete l’impasto avendo cura di tenere la parte aperta sul lato destro e formate un rettangolo e giratelo in orizzontale facendo attenzione a tenere il lato dell’apertura verso l’alto. Poi prendete un lembo e piegatelo un po’ oltre la metà e unite l’altro facendoli combaciare perfettamente. Ripiegate poi il tutto chiudendo a libro.
Avvolgete tutto nella pellicola e fate riposare, come prima, in freezer e in frigorifero.
Passato il tempo di riposo ripetete la piega da tre e poi, sempre dopo il riposo, la piega da 4. Fate riposare altre 3 ore e a questo punto potrete utilizzare la sfoglia.
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georgeeyre · 7 months
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Data, era notte.
Metti una sera a cena. Mi hai regalato un gioiello, uno di quelli segreti, uno di quelli che solo tu avresti potuto vedere
-Voglio che lo metti questa sera-
Così ho fatto, niente se e niente ma, ciò che dici faccio. Mi hai osservato durante la cena, hai sorriso ai miei movimenti, mi hai imitato guardandomi con la coda dell'occhio mentre parlavi coi tuoi amici. Eri felice, allegro, io con te.
È stato quando siamo entrati in macchina che hai infilato la mano sotto la mia gonna e mi hai toccato Hai sorriso al mio non portare intimo, hai sorriso nel vedere le tue dita fradice.
-Toccati ma non godere-
-Conta, vediamo se stai diventando brava-
Sono arrivata al limite più volte, mi sono fermata, ancora e ancora.
Hai fermato l'auto, mi hai guardato.
-Godi-
Ho goduto guardandoti, ho goduto sentendo quel plug , ho goduto con te che mi pizzicavi il clitoride.
Eri bello mentre mi guardavi
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melancomine · 2 years
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TEASING | peter parker x lettrice
trama: peter parker è il tuo migliore amico, ti sta tenendo nascosti piacevoli segreti ma li stai per scoprire tutti questa notte
pairing: peter parker x lettrice (mi riferisco a tasm ma può essere qualsiasi pp se lo desideri)
avvertenze: smut esplicito, sesso non protetto
word count: 2,7k
masterlist | wattpad
Questa sera fa particolarmente fresco a New York City, il tempo perfetto per un tè, una copertina e un film in streaming. Ma c’è una cosa che ti sta distraendo dalle immagini cruente di Alien, ovvero il disordine. Non riesci proprio a sopportare che la scrivania abbia ancora lo scompiglio dello studio del pomeriggio. Metti in pausa il film e ti alzi. Chiudi e raccogli i libri su cui hai passato ore e ore a memorizzarne le pagine e li riponi al loro posto, nella libreria. Le biro e gli evidenziatori nel portapenne e stavi per tornare a letto quando ti accorgi che una delle cornici appese al muro è storta. Appena noti che la foto in questione è quella del tuo diploma, inevitabilmente un sorriso scappa dalle tue labbra.
Sei felice, spensierata, emozionata e a condividere quel momento importantissimo per voi con le toghe blu è Peter Parker, il tuo migliore amico e spalla su cui puoi sempre contare. Peter Parker… Sei innamorata di lui dal momento in cui i vostri sguardi si sono incrociati per la prima volta a scuola. Lui un po’ goffo, imbranato, se ne andava in giro con lo skateboard e in un modo o nell’altro faceva sempre cadere qualcosa. Ma è questo che ti piace di lui. La sua spontaneità, il suo essere vero.
All’improvviso, un rumore alla finestra. Ti giri di scatto per vedere che un’ombra si sta muovendo da dietro le tende. Hai paura, tanta paura. Il tuo cuore inizia a battere fortissimo, ma pensi che è meglio avere il sangue freddo per qualsiasi evenienza. Cerchi l’oggetto più pesante che ti possa capitare sottomano e trovi una candela. Una candela?!
Ti avvicini lentamente alla finestra e con una mano sposti la tenda. Sei pronta a scaraventare quella profumatissima candela in testa all’intruso quando… ”Spider-Man?!” Esclami.
Cosa ci fa il più famoso e amato supereroe di New York sul tuo davanzale? Sei confusa, ma eccitata. Il mondo si ferma e il tuo cuore continua a battere veloce, non più per la paura ma per l’emozione.
”Calmati, calmati, per favore!” Il ragazzo con il costume ti fa segno di rimanere in silenzio, non vuole che qualcuno ti senti. Entra completamente nella tua stanza e tu lasci cadere la candela. Spider-Man posa una mano sulla tua bocca e l’altra dietro la nuca. Il tuo respiro si regolarizza. Quel tocco ti dà conforto. Rimanete in quella posizione per alcuni secondi, l’uomo ragno sta aspettando che ti sia rilassata completamente e tu ne approfitti per ammirarlo. Non ti è mai capitato di ritrovartelo così vicino. La sua tuta ha dei piccoli strappi qua e là ed è macchiata probabilmente di sangue. Il scintillio degli occhi di plastica della maschera non ti permette di vedere i suoi sotto di essa, riesci solamente a specchiartici.
”Non volevo irromperti in casa, ma non sapevo dove andare.”
Spider-Man ti lascia andare e ti allontani di un passo. ”Perché qui?” Domandi, con aria perplessa. Lui sembra perfettamente a suo agio in questa stanza, tanto da recarsi nel tuo bagno privato, aprire il secondo cassetto del lavandino e prendere il tuo kit del pronto soccorso. Ti stai chiedendo come faccia a sapere dove tieni quella roba. 
Spider-Man ti passa la scatola e tu la prendi, ma il tuo sguardo è ancora più confuso di un attimo fa.
”Prometti di non agitarti.” L’uomo ragno mette in avanti le mani come se fossi una belva da domare. Lentamente, si toglie la maschera. In quella frazione di secondo pensi che sia meglio non guardarlo, per proteggere la sua identità segreta, ma lui sta compiendo quel gesto per infrangere questa etica. 
”Peter?!” I tuoi occhi si spalancano. ”Cosa- Ma quindi- TU?!” Farfugli qualcosa ma hai un uragano di emozioni dentro lo stomaco e non riesci a formare una frase di senso compiuto.
Ecco perché conosceva dove tieni i medicinali. Qui c’è già stato.
Spide… o meglio, Peter Parker si accascia sul divanetto davanti alla finestra e ti rivolge il suo solito caldo e amichevole sorriso che in un certo senso riesce a far sciogliere quella tempesta che hai dentro. 
Lo guardi meglio e noti che perde sangue dal naso e da un taglietto sul labbro. ”Ma tu sei ferito.” In mano hai ancora il kit del pronto soccorso quindi ti accomodi di fianco a lui sul divano verde e prendi gli oggetti necessari per pulirlo e disinfettarlo.
”Dovresti vedere quegli altri.” Ridacchia il ragazzo con il costume rosso e blu. ”Cinque ragazzi se la stavano prendendo con un povero fattorino. Ho fatto vedere loro le buone maniere ma mi hanno rincorso e non potevo scappare all’infinito quindi… Eccomi qui. Tranquilla, non mi hanno visto entrare. Per fortuna abiti all’ultimo pia- Ah! Piano!” Un urletto stridulo esce dalla sua bocca quando il batuffolo impregnato di disinfettante tocca la ferita che ha sul labbro.
”Hai lottato contro una lucertola gigante e ti lamenti di questo micro taglietto?” La cosa ti fa inevitabilmente ridere.
”Guarisco in fretta, ma brucia lo stesso.” Peter fa cadere la testa sullo schienale del divano e ti guarda mentre lo curi. Le sue iridi marroni sono stracolme di dolcezza e passano dai tuoi occhi alle tue labbra, bagnate dalla punta della lingua che fai uscire ogni volta che ti concentri.
”Lo sospettavo, comunque.” Sospiri. Conosci troppo bene Peter e hai capito che ti stava nascondendo qualcosa. Quelle fughe in piena notte e quei giorni passati a non sentirvi erano troppo loschi. Vederlo con quella tuta, ti fa salire un brivido freddo lungo la schiena che improvvisamente si trasforma in una calda e piacevole sensazione nello stomaco. Ti piace, tantissimo.
”Non mi dire.” Ti stuzzica ironicamente Peter per poi tornare serio per un attimo. ”Mi fido di te. Ciecamente. Ecco perché sono qui, sei l’unica su cui posso contare.” 
Appena finisci di pulirgli il viso, butti per terra i batuffoli di cotone usati e metti da parte il kit. Stai per alzarti quando Peter ti afferra un polso con delicatezza. ”Torna qui.” Dice, tirandoti verso di lui. Sei nuovamente seduta, ma il tuo amico non ha intenzione di lasciarti. Tu non riesci a opporre resistenza, quindi ti lasci cullare dalle sue mani quando una di queste si appoggia sulla tua guancia accaldata.
”Sono contenta che ti sia aperto con me. Significa tanto.” Ringrazi Peter per aver confidato con te il suo più grande segreto, nonostante i rischi che corre.
I vostri visi sono incredibilmente vicini. Peter riesce a percepire il tuo battito accelerato con il suo senso sviluppato da supereroe. A cosa fare adesso ci sta pensando da una vita intera. Con il pollice ti accarezza lo zigomo e la mano scende verso la nuca e ti avvicina ancora di più. I vostri nasi si stanno sfiorando. Rimanete così, con le labbra che quasi si toccano ma ancora non si incontrano. I vostri respiri si uniscono.
”Peter…” Sussurri. Quella lontananza ti sta torturando. Perché non si decide a baciarti? La verità è che anche lui sta fremendo, ma vuole capire se sta facendo la cosa giusta.
”Sì?” Sussurra a sua volta. 
”Non farmelo dire.” Sorridi ma stai tremando.
Peter ti guarda negli occhi, che nel frattempo sono diventati lucidi di desiderio e con la debole luce dei lampioni che viene da fuori si nota più facilmente. ”Voglio sentirtelo dire.”
Potresti morire di infarto. ”Baciami, ora.”
Le vostre labbra finalmente si incontrano in quello che sembra essere uno spettacolo di fuochi d’artificio. Peter è così delicato ma anche così passionale, questo bacio sta riempiendo la stanza con rumori bagnati e ansimi pesanti. La sua mano scivola verso la tua clavicola, scoprendola dalla sottile spallina della canottiera bianca che indossi come pigiama. Peter ama come il tuo corpo reagisce al suo contatto e sorride nel bacio quando sente i brividi salirti lungo la schiena.
Le vostre forme si fanno più vicine. L’uomo ragno prende di nuovo il controllo della situazione e ti fa sdraiare, la sua figura esile in mezzo alle tue gambe. Con un braccio regge il suo peso appoggiato di fianco alla tua testa, l’altro lo usa per abbracciarti la vita. Sussulti quando senti una dura presenza affermarsi attraverso il suo attillato costume di spandex e sbattere contro la tua intimità.
Le tue mani si trasferiscono dallo stringere i suoi capelli castani e arruffati a cercare la zip nascosta dietro la tuta. La trovi e la tiri giù, lo aiuti a togliersela e quando si allontana per riuscire meglio nel vostro intento, ”Tienila.” Mormori, così Peter l’abbassa il necessario per mostrare il suo torace liscio e i suoi addominali. Sul fianco destro noti che ha un grosso ematoma probabilmente derivante dalla scazzottata di prima.
Ti sollevi per toglierti la canottiera che in quel momento vi sembra un grande ostacolo. Non porti il reggiseno, per questo i tuoi capezzoli si irrigidiscono per l’improvvisa aria fresca. Peter si china per lasciarti dei baci umidi sul collo, sulle spalle, infine sul tuo seno. Inarchi la schiena per cercare più contatto con l’altra persona. Lui lo prende come indizio e con una mossa veloce fa scivolare i tuoi pantaloni larghi felpati lungo le gambe, fino a toglierli completamente e lasciare scoperto il tuo intimo per niente sexy e soprattutto con disegnati sopra dei cuoricini. Ma è Peter Parker, hai condiviso il liceo con lui, tanti pianti e tante risate, e non ti vergogni affatto di quelle mutandine.
Il percorso di baci di Peter continua fino ad arrivare al tuo ombelico, poi si allontana. Ti sta guardando negli occhi con il respiro pesante, studia ogni particolare del tuo volto, te lo accarezza, con il pollice traccia il contorno delle tue labbra. Le dita dell’altra mano stanno sfiorando i tuoi fianchi e il ventre. L’indice e il medio si fanno strada verso il tessuto di quelle ridicole mutandine e da sopra di esso inizia ad accarezzare il tuo sesso, o meglio, a stuzzicarti, perché quel tocco è talmente leggero da essere a malapena percepito, come uno straziante solletico, una tortura, perché ne vuoi di più e non te ne dà, ma è questo che ti fa eccitare. Questa delicatissima e lentissima carezza, insieme al suo sguardo che punge su di te.
Il tuo corpo si sta contorcendo sotto di lui e questo fa impazzire Peter. Decide che questa sofferenza è troppa anche per lui, per cui, finalmente, ti spoglia delle mutandine e riposiziona le dita nell’esatto punto di prima, ma questa volta con più decisione e maggiore pressione. ”Sei eccitata, lo sento.” Dice Peter riferendosi al fatto che lì sotto sei talmente bagnata e calda da far quasi squagliare la stoffa del divano. Annuisci e ti lecchi le labbra. ”Allora dimmelo. Dimmi quanto mi vuoi.”
”Ti prego Peter, ne voglio di più.” Ansimi e lui ti risponde con l’indice che si inserisce completamente dentro la tua apertura, seguito poi anche dal medio. Le dita dell’uomo ragno si stanno muovendo su e giù contro le tue pareti e inizi a gemere oscenamente. Il ragazzo si china nuovamente per cercare le tue labbra e ti bacia appassionatamente, strozzando i tuoi gemiti. Gli stai stringendo, quasi tirando, i capelli. Sei vicina all’orgasmo. Peter continua, più veloce, inoltre friziona con il palmo contro il tuo clitoride pulsante di eccitamento. Ci sei quasi. Lui lo sa. Si stacca dal bacio per leccarti il collo e le clavicole e il suo respiro caldo contro la tua pelle esposta ti fa provare sensazioni uniche. Raggiungi l’apice del piacere e Peter lo capisce dal tuo grido - soffocato per non svegliare i coinquilini - di piacere e per le gambe che stringono il suo corpo esile ma muscoloso.
Spider-Man ti solleva per i fianchi con neanche un minimo di difficoltà, infondo ha la super forza, e ti porta su di lui. Siete entrambi seduti, lui appoggiato allo schienale del divano e tu sopra le sue gambe. Hai le guance e il naso rosso, per non parlare delle labbra, sembra che ti sia messa il rossetto talmente sono gonfie e scarlatte. I tuoi capelli sono un disordine totale. Questo è l’aspetto dell’orgasmo. 
”Tu non sai che effetto mi stai facendo. Ho aspettato troppo a lungo.” Ti sussurra sulla bocca, finendo la frase poi con un bacio. Le tue braccia sono ancorate dietro il suo collo e le sue girovagano sulla tua schiena.
È il tuo turno di stuzzicare quel carnefice che ti ha fatto contorcere dal piacere, ma non riesci, devi averlo subito tutto per te. Accarezzi i suoi pettorali nudi e con qualche vecchia cicatrice e le tue mani si perdono sotto la parte inferiore della tuta rossa e blu che, grazie alle tue istruzioni, ha ancora addosso. La sua erezione reagisce pulsando con il tuo contatto. La prendi in mano e la liberi dalla tuta attillata. Ti aiuti con le gambe per muoverti contro di essa, sfregando i due sessi insieme. Peter fa cadere la mandibola e si lascia scappare un piccolo gemito. Rallenti dal strusciarti sulla sua presenza sudato fino a fermarti. Lui afferra il suo pene e lo indirizza dentro di te, lentamente. Il piccolo gemito si trasforma in un profondo sospiro e la stessa cosa vale per te. La sua grande presenza al tuo interno ti fa strizzare gli occhi e aprire la bocca.
Il rumore della pelle delle tue cosce che sbatte contro le sue coperte dal costume di spandex si confonde con quello dei versi di piacere che riecheggiano nella stanza. Appoggi entrambe le mani sulle sue spalle toniche per aiutarti con i saltelli quando Peter ti afferra per i fianchi, ti solleva leggermente ed inizia lui a spingersi verso di te. Sa perfettamente quello che deve fare e questa cosa piace sia a te che a lui. Il comando.
”Guardami.” Geme Peter e ti prende il collo con una mano, le dita ti stanno stringendo le guance, obbligandoti ad aprire di più la bocca. Rispondi al suo incoraggiamento e con un’espressione di piena goduria obbedisci. ”Brava, piccola.”
”Continua così. Ancora.” Mormori. Ti è molto difficile parlare in questo momento. Sei nel pieno del tuo secondo orgasmo e ci è vicinissimo anche Peter. Quei movimenti stanno facendo rimbalzare il tuo seno a qualche centimetro dalla sua faccia, il tuo culo trema quando colpisce le sue cosce. Peter sta memorizzando tutti questi particolari, come le tue sopracciglia corrugate che creano delle piccole rughe sulla fronte, gli occhi socchiusi che lo ammirano con desiderio.
”Voglio sentire. Tutto quanto. Voglio che- voglio che tu venga dentro di me.”
Peter cambia velocemente posizione, senza mai fermarsi dallo scoparti, e ti ribalta. La tua schiena è a contatto con il divano e la sua mano ancora aggrappata al suo viso. Gli stringi il braccio con le mani. Peter porta l’altra mano sul tuo gluteo sinistro e ti piega la gamba in modo che il ginocchio sia vicino al tuo corpo per sprofondare dentro di te e farti provare più piacere. Ti agguanta il culo e lo strizza talmente forte che ti lascia il segno.
”Sì, ti prego.” Lo stai implorando. Il modo in cui lo supplichi, non solo a parole ma anche con l’espressione, fa girare la testa a Peter, che non resiste un secondo di più, e con un ultima e forte spinta viene copiosamente dentro di te.
Appoggia la sua fronte contro la tua e ci lascia un leggero bacio, aspetta che i vostri respiri si regolarizzino per far uscire il suo pene arrossato da te, lasciandosi dietro una scia di liquido seminale che ti sporca il divano. Si rimette seduto e tu lo segui, la tua testa sulla sua spalla. Peter ti afferra una guancia e ti obbliga a guardarlo, poi unisce nuovamente le vostre labbra in un bacio, questa volta più dolce, più stanco.
Quando entrambi i vostri cuori ricominciano a battere normalmente, Peter si riveste della tuta da Spider-Man e tu fai lo stesso ma solo con i pantaloni felpati, lasciando libero il tuo seno. 
Dal pavimento prendi la maschera che aveva lasciato qualche momento fa, la guardi, poi la indossi. ”Come mi sta?” Chiedi, facendo qualche ironica mossa da supereroe. ”Ciao! Sono il tuo amichevole Spider-Man di quartiere, come posso aiutarti oggi?” Ridacchi e fai ridere anche Peter dalla tenerezza.
Lui ti osserva, ti studia, una visione quasi eterea, hai addosso la sua maschera ma la parte sopra del tuo corpo è ancora nuda. Sei splendida.
”Dove si comprano i costumi da supereroe?” Domandi sorridendo, Peter non può vederlo attraverso la maschera ma lo percepisce.
”L’ho fatto io.” Si vanta il ragazzo.
”Davvero? Come?”
Peter si avvicina al tuo viso coperto e solleva la maschera quel tanto che serve per scoprirti le labbra. ”Stai zitta.” Sussurra prima di baciarti di nuovo.
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